ComoCronaca
20 Sabato, 16 aprile 2011
27 maggio 1859. Il ritorno di un eroe
Como e Giuseppe Garibaldi
In città 11 anni dopo la sua
cacciata il condottiero
vi trovò un clima ben
diverso. La cronaca
della battaglia a cura
del prevosto di S. Agata
G
ià si è detto come, al primo
apparire di Garibaldi nei pressi
della città quel 6 agosto 1848,
Como lo avesse invitato ad
allontanarsi il più presto, per timore di
attirare qui la furia devastatrice delle
truppe austriache, che rientravano
vittoriose dalla prima campagna di
guerra. Undici anni dopo, la sera del 27
maggio, dopo la vittoria dei Cacciatori
delle Alpi a S. Fermo, lo scenario fu ben
diverso. Per descrivere cosa successe in
città – a scanso di accuse di retorica fuori
tempo – sarà meglio lasciare la parola a
una persona non sospetta, vale a dire a
don Callisto Grandi, che fu prevosto di S.
Agata, attingendo dall’ormai introvabile
opuscolo “San Fermo ed il suo santuario
in Vergosa sopra Como”.
La lapide su Casa Rovelli
che ricorda il pernottamento
di Garibaldi il 27 maggio 1859.
Forse entro il 27 maggio
p.v. meriterebbe di essere
”rimessa in onore”,
non per retorica,
ma per rispetto della storia.
A chi tocca l’iniziativa?
Da pagina 32 si legge: “La notte era
calata ... Il capitano Cenni seguito da
pochi dei più coraggiosi, giunto al
Molinello, si spinge fino alla Caserma
di Santa Teresa: il polacco Alessandro
Sadowschi, vistala aperta, vi entra,
la visita e la trova vuota: uscito dalla
caserma, osservata una donna spiare
dalle griglie di casa Verga, le grida: Fuori
i lumi, fuori i lumi.
Chi sono loro?
Soldati di Garibaldi.
Viva Garibaldi!
L’entusiasmo si desta in Borgovico e
si propaga rapido alla città: gli evviva
salgono al cielo: Sadowschi, Vitali
di Roma, Osio di Milano, primi dei
Cacciatori delle Alpi entrano in Como: li
seguono subito Cavanna e Vespignani.
Il capitano Cenni s’avanza pel Borgovico,
e seguito dal grosso del corpo dei
Cacciatori delle Alpi, sotto gli ordini
dei colonnelli Medici e Cosenz, entra
trionfante in Como, ed il nostro
canonico Barella, teste di vista, scrive: ‘I
Cacciatori delle Alpi entrano in Como
Già il 27-28 marzo 1862
da Porta Sala (ora Porta Garibaldi) fra
la gioia indescrivibile dei cittadini,
nello stesso punto (= momento) in cui
l’Austriaco se ne usciva da Porta Torre
(ora Porta Vittoria) e per sempre’.
La città si illuminò, le campane del
Duomo suonarono a festa: ovunque
si gridava: viva Garibaldi, fuori i lumi.
L’entusiasmo toccava il sommo, anzi
raggiungeva il delirio.
Garibaldi entra nell’esultante regina del
Lario alle ventidue del 27 maggio 1859;
modera l’entusiasmo, perché il nemico
era ancora alle porte; perciò vuole si
cessi dal suonare a festa, ed ordina che
si suoni a stormo; fa custodire le strade
di San Rocco, di S. Giuseppe in Valleggio
e di San Martino; munisce di chiuse via
Milano.
Ai primi albori del 28, essendosi
l’inimico prima della mezza notte
ritirato su Monza e Cantù, conducendo
ostaggio il nostro Filippo Rienti, i
Cacciatori delle Alpi occuparono la
Camerlata”.
Ma la vittoria del 27 maggio (quella
notte il generale fu ospitato in casa
del marchese Rovelli in Piazza Volta)
non chiuse le operazioni di Garibaldi a
Como. Egli, con grande sorpresa di tutti,
la sera del 28 ordinò che l’indomani
la brigata si mettesse in marcia da
Camerlata per Olgiate. Egli con i suoi
si portava nel Varesotto verso il lago
Maggiore, per poter continuare con
maggiore sicurezza la sua missione di
molestare il fianco destro nemico tra
Laveno, Varese e Como.
In città si temette, però, il rientro degli
austriaci comandati dal terribile tenente
maresciallo Karl Urban, tanto che il
vescovo mons. Giuseppe Marzorati,
con alcuni notabili della città, si portò
a Camerlata (dove faceva capolinea
la ferrovia, che riportava le truppe
nemiche) per interporre i suoi buoni
uffici e scongiurare rovinose vendette.
Fu allora che il regio commissario Emilio
Visconti-Venosta mandò a Garibaldi,
che si trovava a S. Ambrogio Olona, quel
pressante messaggio recapitato dalla
marchesina Giuseppina Raimondi,
accompagnata da don Luigi Giudici,
vicario del prevosto di Fino a Socco
(nativo di Nesso, già perseguito come
patriota dalla polizia austriaca nel
1848-49), affinché tornasse in difesa
della città. Fu quello, nel pomeriggio
di mercoledì 1 giugno 1859, il primo
incontro tra lei e l’eroe dei due mondi;
l’ultimo sarebbe stato il martedì 24
gennaio 1860, fino a un’ora dopo il
famoso matrimonio, con tutto quello
che ne seguì, che risparmiamo di
raccontare.
Garibaldi, sotto scrosci di temporale, il
2 giugno si mise in marcia con i suoi da
Induno Olona, e passando per Arcisate,
Ligurno, Rodero, Casanova, Uggiate,
Trevano, Drezzo, Paré, Cavallasca e San
Fermo, alle ventidue rientrò a Como,
trattenendosi fino al giorno 5, quando
partì per Lecco, Bergamo e il Bresciano.
La tradizione popolare ricorda alcune
soste su quel percorso: una nell’abitato
di Uggiate, dove fino a qualche decennio
fa si conservava la panchina di pietra su
cui si sarebbe seduto; l’altra in località
Parpöla al quadrivio della Valmulini,
dove fece chiamare il parroco di Drezzo
don Giuseppe Butti, che lo guidò verso
Parè.
scorcio
sul museo
garibaldi
Altri ritorni
del condottiero
S
L’ultima presenza di
eguiranno altri ritorni di
Garibaldi in città. Il 27Garibaldi a Como porta
28 marzo 1862 il generale
la data del 1866. Si stava
inserisce nel suo “giro
trionfale” in Lombardia una
preparando la terza guerra
prima venuta a Como, con
d’indipendenza...
visita, a mezzogiorno del 28,
alla Scuola Castellini, con sede
allora in Villa Terzaghi a Camerlata, nei pressi della
rimaneva sempre
stazione ferroviaria, dove è arrivato il giorno prima.
un “sorvegliato
Martedì 27 maggio 1862 torna per essere presente
speciale”
ai festeggiamenti per l’anniversario della vittoria di
del governo
S. Fermo. Proveniente da Lecco è accolto dal prefetto
piemontese, e
Valerio, partecipa nel santuario di S. Fermo alla messa
pertanto cercavano
per i caduti e alla commemorazione della battaglia. La
di evitare appunto
sera, cena in Prefettura, poi a teatro. Il 28 è presente
“incidenti
alle manifestazioni in città: tiro al bersaglio (vicino
diplomatici”
al SS. Crocifisso), rivista delle scuole, spettacolo di
dandosi malati.
circo. Manda il generale Missori a portare i suoi saluti
L’ultima presenza
al vescovo Marzorati, che è (o si è dato) malato. Chi
di Garibaldi a Como fu nel 1866. Si stava preparando
scrive non ha indagato tra le carte, per verificare le
la terza guerra di indipendenza. Per decreto regio del
circostanze sulla salute del vescovo. Sta di fatto che
6 maggio fu ammessa la cooperazione di volontari
anche a Cremona il 5 aprile precedente, era stato
con l’esercito regolare. Garibaldi si mosse subito ad
Garibaldi in persona a recarsi in visita al vescovo
arruolare volontari. L’11 giugno da Caprera sbarcava
Novasconi, perché era malato. I casi sono due: o
a Genova, da dove partiva per Milano e prima delle
Garibaldi “portava iella” ai vescovi quando lui arrivava,
tre del pomeriggio era già a Como, perché come
o diplomazia voleva che i vescovi non si esponessero
“quartiere generale” di ammassamento dei volontari,
in pubblico a “fare tappezzeria” dietro Garibaldi, che
con cui sarebbe partito per il Trentino, aveva scelto la
Caserma S. Francesco. Egli fu ospitato allora in casa
Olginati, già Rezzonico, dov’era nato il conte Bolza,
capo della polizia austriaca negli anni ’20-30. Ironia
della sorte o nemesi storica: quella stessa casa con
testamento olografo in data 3 gennaio 1928 fu lasciata
da donna Carlotta Olginati al comune di Como, con
“obbligo assoluto” di destinarla a museo da intitolarsi a
Giuseppe Garibaldi.
Mario Mascetti/9
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