22 ottobre 2014 Non è fantascienza. Tra i benefit aziendali la possibilità di congelare gli ovociti alle dipendenti Alcune grandi multinazionali aggiungono un singolare servizio ai benefit aziendali: la possibilità di congelare gli ovociti per le dipendenti. In questo modo potrebbero dedicarsi alla carriera più serenamente e rimandare la gravidanza a momenti di maggiore stabilità. “Una notizia che aiuta a rendere più conosciuta questa tecnica” dice il Dott. Filippo Maria Ubaldi, Direttore Clinico del centro GENERA della Clinica Valle Giulia di Roma “che trova attualmente la sua più importante applicazione nelle donne che sono a rischio di perdere la fertilità non per ragioni sociali ma per ragioni mediche (pazienti oncologiche e donne affette da endometriosi o a rischio di fallimento ovarico precoce). Bisogna però fare chiarezza sulle reali possibilità che ci si deve aspettare dal congelamento degli ovociti. Tutto dipende dall’età della donna al momento della crioconservazione e dal numero di ovociti che vengono conservati. La tecnica è quindi altamente consigliabile nelle donne giovani perché queste pazienti hanno generalmente un’ottima riserva ovarica e quindi una maggiore probabilità di ottenere un buon numero di ovociti dalla stimolazione ormonale e una preservata qualità genetica delle uova. Il ‘social freezing’ rappresenta un opportunità in più ma non è l’alternativa a fare i figli da giovani. Per meglio informare le donne su questa opportunità abbiamo realizzato una guida gratuita che dà informazioni scientificamente corrette e accessibili a tutte le persone che siano interessate all’argomento”. L’opuscolo messo a punto dagli specialisti del centro Genera di Roma, composto da 20 domande e le relative risposte, è nato per informare sia le donne che i diversi specialisti spesso carenti in informazione sulle più recenti tecniche di conservazione dei gameti sia maschili che femminili. L’opuscolo offre informazioni semplici e comprensibili su quali siano le principali indicazioni alla crioconservazione ovocitaria, ne spiega le diverse tecniche e le statistiche rispetto alle percentuali di successo di ottenimento di una gravidanza futura. Venti domande in cui si spiega con chiarezza anche in che modo le terapie oncologiche mettano a rischio la fertilità e specifica come tale rischio dipenda da fattori diversi: dall’età al momento della diagnosi e all’inizio della terapia, al tipo e al dosaggio della chemio sino all’esposizione e alla dose della radioterapia, situazioni nelle quali la crioconservazione degli ovociti e consigliata sempre. “Il limite di età per il congelamento dei propri ovociti ad esempio si aggira intorno ai 38 anni e nella guida si possono trovare indicazioni sulle indagini necessarie per la valutazione della riserva ovarica e le modalità di prelievo degli ovociti. Esauriente anche il dato relativo alla quantità di ovociti per avere le maggiori possibilità di ottenere una gravidanza: almeno otto per ottenere un tasso di gravidanza cumulativo intorno al 40% ma più sono ovviamente meglio è. A tale scopo si può programmare anche una seconda stimolazione ovarica se si ha il tempo a disposizione. La possibilità di avere una gravidanza termine dopo la guarigione? Le stime dicono che le probabilità di ottenere un bambino dopo lo scongelamento degli ovociti arrivino al 40% in donne entro i 38 anni, intorno al 10% delle donne più adulte. Un recente modello statistico basato su diversi studi scientifici (*) mostra come con soli 6 ovociti scongelati si prevede un 30% di possibilità di ottenere un bambino che nasce purché la tecnica di congelamento sia stata effettuata in donne con età <30 anni. L’autoconservazione degli ovociti è quindi altamente consigliabile nelle donne giovani perché queste pazienti hanno non solo una preservata qualità genetica delle uova ma anche generalmente un ottima riserva ovarica e quindi una maggiore probabilità di ottenere un buon numero di ovociti dalla stimolazione ormonale. Negli Stati Uniti per il “social freezing” si fanno fino a 3 cicli di stimolazione in modo da ottenere un grande numero di ovociti (20-30) e quindi aumentare le future possibilità di successo. La possibilità di preservare la fertilità delle donne è ancora poco conosciuta sia dai medici che dalle pazienti eppure è ormai una tecnica validata dalle più importanti società scientifiche internazionali come ASCO e ASRM. L’Italia è all’avanguardia nel settore della medicina riproduttiva in generale e della crioconservazione ovocitaria. Sono migliaia ogni anno le donne a rischio di perdere la loro capacità riproduttiva, sia a causa di malattie oncologiche come il tumore della mammella, dell’ovaio e dell’utero, sia per malattie ginecologiche come l’endometriosi severa il cui trattamento chirurgico determina un danno in circa il 15% dei casi. Rischiano di non poter coronare il desiderio di un figlio anche l’1% di italiane che vanno in menopausa precocemente, un esercito di 60mila giovani donne, ma anche quelle che necessitano di terapie che possono interferire con la loro fertilità. “Eppure esiste ancora un grave deficit informativo” prosegue il Dott. Ubaldi “La donna che riceve la diagnosi di malattia tumorale ben di rado viene informata della possibilità di perdere la capacità di procreare a causa della chemioterapia e della radioterapia, aspetto che si spiega in parte con la priorità di salvarle la vita. Eppure le nuove linee guida internazionali invece suggeriscono che le pazienti debbano essere informate e che la possibilità di parlare con un medico esperto di medicina della riproduzione debba essere sempre proposto”. Il documento sarà reso disponibile gratuitamente attraverso il sito www.generaroma.it al link http://www.generaroma.it/images/genera_conoscere_per_scegliere.pdf scaricabile in PDF