IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
Luglio 2011 - n° 85
SOMMARIO
LE LETTERE DI CORRADO AUGIAS
2151 - Lo Stato, la Chiesa e la "conversione" di Cavour
2152 - Se la Chiesa “salva” solo i fedeli di serie A
2153 - I diritti delle minoranze
2154 - Province e porcellum, il PD si è smarrito
2155 - Quando l’inutile terapia diventa tortura
2156 - I cattolici e il biotestamento
2157 - Le contraddizioni della Chiesa
2158 - I veri nemici della legge sull´omofobia
2159 - Quello che i creazionisti non dicono
ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA
2160 - Vattimo: Italia colonizzata dal Vaticano - di Claudio Tanari
2161 - Italia: 63% favorevole all’eutanasia
2162 - Nel paese che ha smarrito la fede tradizionale - di Giancarlo Zizola
2163 - La fiera dell’ossimoro in quattro paradossi - di Michele Ainis
2164 - Tre domande sulla laicità - di Salvatore Rizza
2165 - Un libro: la vita inaspettata - di Raffaele Liucci
LA LEGGE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO
2166 – Perché l’ultima parola sia la mia: appello
2167 - Il testamento biologico? Per i vivi è eutanasia - di Carmelo Palma
2168 - Chi vuole rubarci la vita - di Stefano Rodotà
2169 - Raccoglieremo firme per il referendum - di Mina Welby
2170 - Testamento biologico, politica, referendum – di Giorgio Grossi
2171 - Perché i referendum sulla bioetica sono sbagliati - di Simone Pollo
2172 - I padroni della vita - di Maria Novella De Luca
2173 - Siamo noi i padroni della nostra vita - di Umberto Veronesi
2174 - Eutanasia del Parlamento - di Furio Colombo
2175 – Biotestamento: il diritto di decidere - di Gianni Cuperlo
2176 - Sul fine vita meglio non legiferare - di Pierluigi Castagnetti
2177 - Ddl Calabrò è crudele e imporrà nuove sofferenze ai cittadini
2178 - Siamo senza parole, le abbiamo finite tutte - Consulta di bioetica
2179 - Contro la libertà (e la logica) - di Cinzia Sciuto
2180 - Siamo liberi solo se morti (e non sempre) - di Fabrizio Tassi
2181 - Soffocati dal sondino oscurantista - di Maria Mantello
2182 - L’ultima volontà espropriata - di Stefano Rodotà
2183 - Comunicato stampa AIDEF
2184 - Perché l'ultima parola sia la mia: 2° appello
2185 - La legge truffa sul fine vita - di don Paolo Farinella
NOTIZIE DALL’ESTERO
2186 - Svizzera: confermata legge sul suicidio assistito – di Urs Geiser
2187 – GB: suicidio irrazionale e morte volontaria – di Anne Dettmer
2188 – GB: suicidio assistito in diretta sul web
NOTIZIE DALLA ASSOCIAZIONE
2189 - LiberaUscita scrive alla gazzetta di Modena
2190 - Incredibile Roccella!
PER SORRIDERE…
2191 - Le vignette di Staino – il Governo merita l’accanimento terapeutico
2192 – Padre, stacca il sondino..
2193 - Le vignette di Maramotti – Papa e Tedesco…
2151 - LO STATO, LA CHIESA E LA "CONVERSIONE" DI CAVOUR - DI C. AUGIAS
da: la Repubblica di venerdì 1 luglio 2011
Egregio Augias, lei si è occupato di recente della morte di Cavour e della sorte del frate che
gli dette l'assoluzione. Ho letto un libro molto bello sull'argomento: Il confessore di Cavour
(Manni ed.) di Lorenzo Greco. È in forma di romanzo ma riporta, con dovizia di particolari,
l'episodio della sospensione a divinis del frate, don Luigi Marocco (fra Giacomo da Poirino,
amico dello scomunicato Cavour), per avere somministrato al conte i sacramenti in punto di
morte, e le pressioni a cui fu sottoposto dalle gerarchie vaticane perché fornisse una versione
"pilotata e concordata" dei fatti, che mettessero in rilievo almeno una supposta (e mai
avvenuta ... ) resipiscenza di Cavour medesimo, in punto di morte, per le sue azioni politiche
per l'unità d'Italia.
Il coraggiosissimo frate non si piegò. Aderendo totalmente al dettato evangelico e ai doveri
della sua condizione di sacerdote restò fermo nel rivendicare la correttezza del suo operato.
Lido Pacciardi - Collesalvetti (Li) - [email protected]
Risponde Corrado Augias
La Fondazione Cavour, presidente Mario Garavelli, vice presidente Nerio Nesi, ha sede nel
settecentesco castello Cavour di Santena (To) e svolge un prezioso lavoro di
documentazione e memoria non solo su uno dei massimi uomini politici che il nostro Paese
abbia avuto ma più in generale su numerosi aspetti politici ed economici del Risorgimento.
Cavour non ebbe l'irruenza generosa di Garibaldi, non conobbe i febbrili ideali di Mazzini, la
sua fu l'opera faticosa e lenta di una politica che si coagulò piuttosto lentamente attorno
all'idea di unificare la penisola tutta intera.
Il libro citato dal signor Pacciardi (pubblicato nel maggio 2010) è nato dal ritrovamento di un
documento prezioso: lo scritto autografo dove fra Giacomo da Poirino racconta il suo viaggio
a Roma convocato dal Sant'Uffizio e la successiva condanna da parte dell'Inquisizione. Si
arrivò a dire che il generoso frate, amico di Cavour, era riuscito in punto di morte a far
rinnegare al conte una politica che si sarebbe inevitabilmente conclusa, di lì a nove anni
(Cavour morì cinquantenne nel 1861) con la presa di Roma dopo aver aperto a cannonate
una breccia nelle mura aureliane all'altezza di porta Pia.
In una nota conclusiva al suo libro Lorenzo Greco scrive di aver scelto la forma del racconto
nel ricostruire la figura di don Luigi Marocco «che è come dire di una interpretazione morale e
insieme di una ricostruzione letteraria che ci può forse far sentire ancora più vicini eventi e
personaggi su cui giova ancora tornare a riflettere».
Una leggenda opposta vuole invece che, in punto di morte il Conte abbia ripetuto la sua
esortazione direttamente a fra Giacomo: «Frate, frate ricorda: libera Chiesa in libero Stato».
Più o meno siamo rimasti lì.
2152 - SE LA CHIESA “SALVA” SOLO I FEDELI DI SERIE A - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di domenica 3 luglio 2011
Dott. Augias, avere fede è un dono. L'insegnamento del Cristo è un faro nel disordine morale
e sociale di questo secolo. Vorrei, da credente, che si tornasse a una fede autentica mai
contusa con superstizione o atteggiamenti bacchettoni. Poche settimane fa c'è stata l'omelia
del pontefice sulla diatriba tra convivenza e matrimonio. Parole severe, che mi hanno ferito.
Condivido una vita ispirata ai valori cattolici con una splendida donna, ma sono un peccatore.
Per Benedetto XVI la convivenza è figlia di una mentalità secolarizzata che la propone come
preparatoria o sostitutiva del matrimonio. Le coppie di fatto non incarnano il valore unico e
insostituibile delle nozze. Tutto vero, credo. Eppure di fronte ai continui anatemi contro coppie
di fatto e divorziati vacillo. Mi chiedo perché la Chiesa non stigmatizzi il comportamento dei
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politici, presunti difensori della famiglia, con divorzi alle spalle, compagne più giovani e
annullamenti ottenuti dalla Sacra Rota; come possa concedere al pluridivorziato Berlusconi di
fare il testimone alle nozze cattoliche della Carfagna e comunicarsi.
Le foto del premier che accoglie il corpo di Cristo non riesco a capirle. Ci saranno forse
separati o conviventi di serie A e di serie B. Non vorrei che si finisse, sempre e solo, per
additare come peccatori taluni soggetti senza capire le ragioni oggettive di quelle scelte. I figli,
vero coronamento dell'insegnamento cattolico, in questa Italia che vive di precarietà e sudore
sono un lusso che non tutti si possono permettere.
Roberto Schioppa - Roma
Risponde Corrado Augias
Non ci avevo pensato: il pluridivorziato Berlusconi, bestemmiatore per gioco
(contestualizzato). alle nozze della Carfagna era da un punto di vista religioso fuori luogo.
Perché fosse lì e chiaro. Purtroppo lo è anche il perché la sua presenza sia stata tollerata.
Ricevo continuamente lettere di fedeli cattolici che mi onorano confidandomi i loro turbamenti
religiosi. Posso commentare le loro parole solo dal'esterno, per dir così.
ll professor Vito Mancuso, e altri come lui, avrebbero titolo per entrare nel merito
dell'argomento. Io posso solo vedere le cose da un'ottica politica. La quale mi suggerisce che
esistono davvero fedeli di serie A e quelli di serie B, forse anche quelli di C. Differenze che
pesano non agli occhi della Chiesa come corpo mistico, sì però per la Chiesa come
organismo politico. Facciamo il caso che il celebrante delle nozze Carfagna avesse detto:
presidente, non posso darle la Comunione perché lei è un peccatore non pentito. Ha
dichiarato pubblicamente che lei è fatto così, che questi sono i suoi gusti e che non può farci
niente. Per cortesia esca da questa chiesa.
È immaginabile una scena del genere? In termini di dottrina direi di sì.
Perché non lo è in termini pratici?
2153 - I DIRITTI DELLE MINORANZE - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 6 luglio 2011
Il concetto di "minoranza" non è semplice come sembra. Non bisogna pensare solo alle
minoranze (o maggioranze) parlamentari, ma a tutte le varie minoranze che coesistono in una
società: politiche certo, ma anche etniche, religiose, sociali, sessuali, linguistiche. Gli studiosi
sono d´accordo, in linea di massima, su questo principio: una società è tanto migliore quanto
più riesce a conciliare le varie minoranze, compresi i rapporti di queste con la maggioranza.
Se i rapporti politici maggioranza-minoranza sono importanti, ancora di più lo sono i diritti
degli individui o dei gruppi minoritari. Questi diritti sono spesso definiti oltre che dalla
sensibilità propria di un luogo e di un´epoca, da concezioni morali o religiose (o entrambe)
prevalenti in un momento dato in una certa società, i romani la chiamavano "communis
opinio". Poiché le morali e le religioni sono numerose, è concreto il pericolo che una
maggioranza voglia imporre la sua visione morale come imperativa per tutti.
Viene da qui un principio che comincia a farsi strada a partire dal Settecento: i diritti delle
minoranze vanno tutelati.
Il pensatore francese Alexis de Tocqueville (1805-1859) è stato tra i primi (se non il primo in
assoluto) ad occuparsi di questo particolare aspetto della convivenza democratica. Nel suo
famoso saggio La democrazia in America, Tocqueville (Raymond Aron lo considera uno dei
fondatori della sociologia) descrive la società americana nonché i meccanismi della sua
democrazia largamente improntata a criteri di uguaglianza. Ovviamente li apprezza ma non si
nasconde i pericoli. Scrive: «Vedo chiaramente nell´eguaglianza due tendenze: una che porta
la mente umana verso nuove conquiste e l´altra che la ridurrebbe volentieri a non pensare
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più. Se a tutte le varie potenze che hanno impedito o ritardato lo slancio della ragione umana,
i popoli democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il male non avrebbe
fatto che cambiare carattere». Compare qui l´espressione "potere assoluto della
maggioranza", altre volte indicata come "tirannia della maggioranza", centro di ogni riflessione
sulle "minoranze".
Tocqueville era di educazione liberale, dunque apprezzava la democrazia moderna come si
andava lentamente configurando anche in una parte dell´Europa. Per questo si poneva il
problema dell´equilibrio tra la libertà degli individui (tanto più se esponenti di una minoranza)
e il potere, sia pur democratico, dello Stato. Una sua efficace metafora per indicare la
"tirannia della maggioranza" resa possibile dall´uguaglianza democratica è la seguente:
«Quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m´importa di sapere
chi è che mi opprime né sono più disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un
milione di braccia me lo porge».
Con quali strumenti dunque si possono tutelare le minoranze? Per tentare di rispondere è
necessario riportare alla memoria alcuni criteri di funzionamento della complessa equazione
maggioranza/minoranza.
Tutti gli organismi collettivi, da un´assemblea di condominio in su, si basano sulla regola
generale che le decisioni vengono prese a maggioranza. Ma poiché esistono diversi tipi di
maggioranze, esistono di conseguenza anche diversi tipi di minoranze. Una maggioranza è
semplice quando una proposta ottiene un numero di voti superiore a quelli di ogni altra
proposta. Mettiamo per ipotesi una piccola assemblea composta di venti individui nella quale
siano state avanzate quattro diverse proposte. La prima proposta ottiene 8 voti, la seconda 7,
le rimanenti 3 e 2. Vince la prima proposta anche se con un´apparente ingiustizia dal
momento che il numero dei dissenzienti è chiaramente superiore: 12 contro 8. Se però la
regola era un voto a maggioranza semplice gli 8 voti uniti bastano per battere i 12 divisi.
Nella pratica sono previsti anche altri tipi di maggioranze. C´è maggioranza relativa quando
un´opzione viene appoggiata della metà più uno dei votanti. Nel nostro esempio, se sui 20
membri previsti ne sono presenti 18: 10 contro 8. La maggioranza relativa è utilizzata in
Parlamento per le deliberazioni ordinarie.
L´art. 64 della Costituzione detta: «Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non
sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a
maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale». La
maggioranza è assoluta quando ottiene la metà più uno dei voti non dei presenti ma degli
aventi diritto. Nell´esempio dei famosi 20, almeno 11 voti.
C´è poi il caso delle maggioranze dette "qualificate" o "speciali" per decisioni di particolare
importanza che devono rispondere a un certo quorum prefissato: 3/5, 2/3, 3/4 eccetera.
Esco dal comodo esempio della piccola assemblea di condominio per passare alla realtà. I tre
referendum celebrati di recente, hanno visto una percentuale di votanti pari al 57 per cento.
Di quel 57, il 95 per cento s´è dichiarato a favore dell´abrogazione delle leggi in discussione.
Se invece del 57 avesse votato il 49 per cento, i referendum non sarebbero stati validi. Ma il
95 per cento del 49 per cento, al netto degli astenuti fisiologici, sarebbe stata comunque la
maggioranza degli elettori reali. Il cui parere però sarebbe risultato ininfluente data la regola
del quorum. Un precedente ancora più esplicito è il referendum fallito del 18 aprile 1999
sull´abrogazione della quota maggioritaria. Alla consultazione parteciparono il 49,7% degli
elettori che si espressero al 91 per cento in favore del «sì» al cambiamento. In quel caso
mancarono 150 mila voti per raggiungere il quorum. Mancarono però solo in apparenza
perché come poi si scoprì ad alzare il quorum avevano contribuito liste "gonfiate".
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Ciò che voglio ribadire è che stabilire i concetti di maggioranza e di minoranza è una
faccenda complicata. Anzi, più che complicata opinabile e cioè, data la materia, politica. Già
da questi cenni si può capire quanto avesse ragione Tocqueville. La volontà della
maggioranza, che può addirittura diventare una finta maggioranza, può facilmente
trasformarsi in tirannia e violenza soprattutto quando si tratta di decisioni che riguardano non
le linee generali di una politica ma quella delicatissima materia che sono i diritti degli individui.
2154 - PROVINCE E PORCELLUM, IL PD SI È SMARRITO – DI CORRADO AUGIAS
Caro Augias, sono delusa e sfiduciata per il comportamento del Pd. Da quando sono in età
ho sempre votato a sinistra. Ora questa sinistra non la capisco più. Dopo due segnali forti
(amministrative e referendum), il Pd invece di mettersi con tempestività e magari anche
entusiasmo a capo della nuova onda ricomincia a guardarsi I'ombelico e a fare i distinguo.
Due esempi gravi: uno è la proposta di referendum suìl'abolizione della attuale legge
elettorale (la Porcelìum), firmata da nomi di tutto rispetto. E cosa fa il Pd? Prende le distanze
cominciando con i soliti distinguo. Ma perché? Non sarebbe stato meglio abrogare la
Porcellum subito e poi migliorare nel tempo la vecchia legge elettorale che è sempre meglio
di quella in vigore?
Poi: la recente astensione sul voto per la soppressione delle Province. Sono anni che si dice
che rappresentano un costo inutile, che servono solo ad aumentare le sedie politiche, e Ia
Bindi se ne esce che non è così che si devono modificare. Ma che succede? Ho bisogno di
una parola di conforto per capire.
Grazia Balini - [email protected]
Risponde Corrado Augias
Nessuna parola di conforto. Diciamolo: piccoli calcoli di convenienza, stupidità politica. La
quale, al netto dell'invettiva, significa non capire il momento che il Paese sta vivendo, la
straordinaria opportunità che dopo 17 anni di sonno si offrirebbe a un partito d'opposizione
con la testa sulle spalle e l'attenzione concentrata non sulle alchimie di corrente o sui posti da
spartirsi ma su ciò che i cittadini vogliono (questa sì la parte migliore, intendo la più sveglia).
Non c'è solo la storia delle province c'è anche quella del testamento biologico, una legge
chiaramente incostituzionale e comunque inapplicabile (come Ia famigerata 40/2004 sulla
procreazione assistita) ma in concreto un'altra occasione persa sapendo bene come la pensa
la maggioranza degli italiani (i sondaggi sono unanimi).
L'avvocato Maria Braggion ([email protected]) mi segnala un altro caso: «E' entrato in
vigore un decreto legge che vanifica il principio di esenzione da spese processuali e di bollo
per chi propone ricorsi al giudice del lavoro. Il governo inibisce ai poveri cristi la facoltà di
ricorrere alla giustizia se il datore di lavoro li licenzia o nega la retribuzione. Bersani non ha
detto una parola».
Domenico Starna ([email protected]): «Perché l'opposizione non comincia ossessivamente
a perorare la causa del dimezzamento del numero dei parlamentari e l'eliminazione delle
Province per mostrare la diversità e la credibilità di una politica migliore?».
È proprio vero: Quos perdere vult deus dementat. In questi giorni ne abbiamo avuto prove
abbondanti, a destra e a sinistra.
Siamo bolliti, o forse fritti.
2155 - QUANDO L’INUTILE TERAPIA DIVENTA TORTURA – DI CORRADO AUGIAS
Caro Augias, come rianimatore di terapia intensiva garantisco che siamo accerchiati da
richieste di trattamento verso pazienti cronici che nulla avrebbero da guadagnare con Ie
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nostre terapie ultrainvasive. Al più qualche settimana di torture per sollevare la coscienza di
un familiare o medico.
Da cristiano mi accorgo con tristezza che i più accaniti sono proprio coloro che si professano
"cattolici", "di grande fede", pronti a sacrificare la dignità e la libertà di un loro caro pur di
vedere un tracciato Ecg in movimento, come se l'Aldilà non esistesse. Mi addolora la
contrapposizione credenti non credenti. Sono certo che se ci fosse adeguata assistenza
domiciliare, o presso strutture per cure palliative e maggiori rimedi contro il dolore,
diminuirebbero le persone che chiedono di morire, dico di morire e non di essere lasciati
morire, cosa ben diversa. Si potrebbe risparmiare molto nelle spese per la sanità che ha un
impatto sul PiI di circa il 7%. E si potrebbe spendere meglio ottimizzando risorse e
abbassando sprechi.
Credo che all'interno di ogni schieramento politico, si dovrebbe cercare di costruire consenso
verso una riforma sanitaria, che cambi gli schemi di assistenza domiciliare integrando
maggiormente il medico di famiglia non più libero professionista di lusso, ma anche lui
veramente al servizio del servizio sanitario nazionale, che ponga fine al dualismo negli
ospedali di intramoenia extra moenia.
Marco Santini - La Spezia - [email protected]
Risponde Corrado Augias
La lettera indicava anche altre riforme possibili. Ho doluto tagliare per lo spazio sembrandomi
comunque evidente il punto di vista: una barcollante maggioranza parlamentare pronta a
votare qualsiasi cosa, invece di dedicarsi a una riforma vera, sostenibile e possibile, ha
imposto alla maggioranza effettiva degli italiani (i sondaggi sono unanimi) una legge sul
testamento biologico violenta, dettata non dalla preoccupazione di venire incontro alle
preoccupazioni dei cittadini ma dalla volontà di obbedire alle gerarchie vaticane. Altro non
vedo.
Mi rifiuto di credere che un'assemblea che il 5 aprile ha votato (nella sua gran parte) per dire
che sì, Ruby poteva davvero essere la nipote di Mubarak, sia stata mossa da preoccupazioni
d'altro tipo, men che mai etiche. Ecco un'altra legge in parte incostituzionale e in parte
inapplicabile di fatto, come la famigerata 40/2004 sulla procreazione assistita già in parte
smantellata dai tribunali.
Cento i pretesti accampati per giustificare il voto. Le sole parole sincere sono scappate al
cattolico Giuseppe Fioroni (Pd): «La vita è un bene indisponibile». Eccolo il punto vero,
nascosto tra cento motivazioni di comodo. Vita "indisponibile" sì ma solo per chi la ritiene un
dono divino.
E i poveretti che vorrebbero poter disporre almeno della propria carcassa?
2156 - I CATTOLICI E IL BIOTESTAMENTO - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di sabato 16 luglio 2011
Caro Augias, ho vissuto accanto a mio padre in sala di rianimazione per cinque mesi. Lui
immobile dipendente in ogni suo movimento dagli infermieri e da noi famigliari.
Tracheotomizzato, attaccato ad un respiratore senza il quale i suoi polmoni non avrebbero più
funzionato perché forse Dio aveva deciso che la sua vita era giunta al termine. Nutrito con
una macchina che pompa il "cibo" predigerito nell'intestino attraverso un buco nell'addome.
Sottoposto ogni giorno a una gastroscopia e a una broncoscopia per un totale di circa 300
endoscopie. Incapace di parlare, ogni giorno prelievi, iniezioni, trattamenti, trasfusioni, lastre,
tac. Lucidissimo, ha lottato sino all'ultimo come un leone. Cattolico credente, ha pregato da
solo, insieme alle sue figlie e a sua moglie (noi recitavamo le preghiere lui muoveva le
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labbra), insieme al nostro Padre Spirituale, un frate che l'ha accompagnato con dolcezza,
pazienza e fatica nel suo calvario.
Voleva guarire, credeva nella scienza, non si sarebbe mai sognato di rifiutare le cure. Eppure,
qualche ora prima di andarsene, quando di lui non era rimasto che un mucchietto d'ossa,
incapace anche di muovere la testa, nei suoi occhi ancora vigili ho letto la rassegnazione al
volere di Dio, la consapevolezza che questa lotta forsennata per strappare in modo disumano
qualche giorno, mese di vita era una lotta degli uomini, non riguardava Dio. Per chi crede in
Cristo e nel Vangelo, la morte non è la fine della vita. E' un trapasso a una vita più completa,
quella dello spirito.
Cosa c'è di religioso e di cristiano nel disporre della vita altrui? La decisione di lasciarsi
andare alla fine naturale della vita è personale, intima, spirituale, religiosa; un abbandono
cristiano tra le braccia di quel Dio nel quale crediamo, o, per chi non crede in Dio, un
abbandonarsi al fluire della Natura, del tempo, della vita stessa. Questa legge non ha nulla di
cristiano, una legge inutile, una prevaricazione sull'uomo e su Dio, un insulto ai cristiani,
cattolici e non, ai credenti in altre religioni, agli atei, alla libertà civile.
Oggi mio padre avrebbe compiuto 71 anni, è morto 7 mesi fa. In memoriam.
L. Catastini
Risponde Corrado Augias
Curo da più di dieci anni questa rubrica, ho letto e pubblicato lettere su quasi ogni argomento.
Il racconto della signora Catastini mi ha commosso. Ci vuole molta crudeltà per far approvare
una legge come quella sul testamento biologico con la sua ferocia, la sua povera visione
meccanicistica della vita, come se la vita stesse tutta nell'animazione di alcuni organi e nella
capacità di certe macchine di tenerli in movimento. Io, non cattolico, ho una concezione un
po' più spirituale della nostra povera esistenza.
Mi consola solo il pensiero che quella legge è comunque destinata a fallire.
2157 - LE CONTRADDIZIONI DELLA CHIESA - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di domenica 24 luglio 2011
Caro Augias, leggo che il cardinale Bertone si dedica all'organizzazione di un nuovo partito
(demo) cristiano. Però il cardinale non è un semplice "cristiano”, è il segretario di Stato
vaticano, il che equivale alla carica di primo ministro di uno stato straniero. Come se il
principe di Monaco si dedicasse ad organizzare in Italia un partito, magari per il gioco
d'azzardo o per la diffusione dei circhi. Nessuno nega alla chiesa di esporre le proprie idee in
uno Stato laico, ma sembrerebbe opportuno salvare almeno la forma.
Franco Ajmar, Genova – [email protected]
Risponde Corrado Augias
Il quesito del signor Ajmar è in teoria giusto. Nel XXI secolo non esiste la possibilità nel
mondo occidentale che non un semplice prete ma il capo del governo di uno Stato estero
immagini di poter organizzare un partito nel paese che lo ospita. Quesito giusto dunque, ma
appunto in teoria; neIl’esperienza storica le cose stanno diversamente. Non parlo di quando il
papa deteneva un grande potere militare, politico, territoriale con uno stato enorme che
andava da Gaeta ai confini della Serenissima, ma di anni molto più recenti. Sul finire della
seconda guerra mondiale, di fronte allo sfacelo delle istituzioni e al pericolo sovietico, furono
gli Alleati a insistere perché la Santa Sede s'impegnasse anche sul piano politico nella
ricostruzione dell'Italia. Per nostra fortuna, a capo della Dc fu a lungo un cattolico laico come
De Gasperi, ma c'era già allora un disegno unificatore sotto I'egida della Chiesa. Su un piano
ancora più generale gioca la doppia natura della Chiesa che è spirituale e politica. Gioca
I'enorme bisogno di denaro che il Valicano ha per tenere in piedi un'organizzazione
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complicata, con molte ambizioni e molto personale. Da ciò la necessità di poter contare su
governi (italiani) due volte affidabili: dal punto di vista economico e da quello che più sembra
interessare oggi, cioè i temi detti etici o bioetici: fecondazione, testamento biologico, coppie di
fatto, omosessualità eccetera. Queste necessità spingono la Chiesa sul doppio binario della
dottrina e della convenienza.
Alcuni lettori mi fanno notare l'ultima ambiguità. Enrico Superina: “A Piergiorgio Welby furono
negati i funerali religiosi, in quanto egli aveva preteso di disporre di un dono, la vita, che per la
Chiesa è non disponibile. Quindi, anche al signor Cal avrebbero dovuto essere negate le
esequie religiose”. Silvano Stoppa: “Bene ha fatto la Chiesa a concedere a Mario Cal, braccio
destro di Don Verzè, un funerale cristiano. Normalmente la Chiesa lo nega a chi si toglie la
vita”. Deduco da ciò che leggo che una "normalità" dottrinale non esiste. I funerali religiosi dei
suicidi (Requiescant) dipendono non dalla pietà ma dallo status del defunto e dalle
convenienze connesse.
2158 - I VERI NEMICI DELLA LEGGE SULL´OMOFOBIA – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di sabato 30 luglio 2011
Gentile Augias, la Camera ha di nuovo respinto un provvedimento contro l'omofobia.
Spiegazione: "Proprio perché gli omosessuali sono cittadini come gli altri, non si vede perché
un'aggressione debba essere punita con leggi speciali". Se io vengo pestato, non è che mi
faccia meno male di quanto lo faccia a un omosessuale. Ma il problema non è quello; il
discorso è che gli omosessuali vengono spesso aggrediti proprio in quanto tali. La probabilità
che un omosessuale venga aggredito è di gran lunga superiore rispetto a quanto avviene per
gli eterosessuali: ai motivi per cui chiunque può essere picchiato o addirittura ucciso, si
aggiunge la discriminazione sessista per cui l'introduzione dell'aggravante per omofobia
tende proprio a rendere gli omosessuali "un po' più uguali" a tutti gli altri.
Tanti politici cattolici non sono certo così stupidi o ingenui da non capire un discorso così
elementare. L'ipotesi reale è sempre la stessa; non fare nulla che in qualche modo sia
sgradito al Vaticano.
Manfredi Quatraro - [email protected]
Risponde Corrado Agias
Oltre all'atto in sé, umilia, nel voto contro le discriminazioni sessiste, l'ipocrisia degli
argomenti, il principale dei quali era quello che il signor Quatraro richiama.
Rocco Buttiglione, per esempio: «Si attribuiscono ad alcuni cittadini più diritti che ad altri,
perché si ritiene sia un risarcimento per torti del passato, o perché si vuole favorire uno stile
di vita giudicato positivo e da diffondere. Il principio della "discriminazione positiva" contiene il
pericolo di fare venire meno l'uguaglianza». Una norma di tutela diventa, in forza di un giro
capzioso di tipo "scolastico" (nel senso della filosofia) addirittura l'incentivo a diffondere uno
stile di vita. Orrore! In realtà il principio è già previsto dalla carta di Nizza (7 dicembre 2000)
recepita dal nostro ordinamento, dove si stabilisce che tutelare la libertà d'una tendenza
sessuale, quale che sia, non rappresenta discriminazione. Norme analoghe esistono negli
Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia, in alcuni länder tedeschi.
Quanto all'uguaglianza il filosofo del diritto Ronald Dworkin (N.Y. University), nel saggio Virtù
sovrana. Teoria dell'uguaglianza (Feltrinelli, 2002) lavora sul concetto che esistono almeno
due "uguaglianze". Una che tratta gli uomini "come se fossero uguali"; una che li tratta con
equità "a partire dalle loro effettive differenze". Se un individuo o un gruppo subiscono un
pregiudizio che li rendono di fatto diseguali, allora serve una reverse discrimination (una
discriminazione al contrario) che ristabilisca l'uguaglianza violata.
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Su questo avrebbero dovuto discutere i nostri legislatori. Se ne avessero avuto la capacità.
Invece di tagliare un altro dei sempre più deboli legami col mondo civilizzato.
2159 - QUELLO CHE I CREAZIONISTI NON DICONO - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di domenica 31 luglio 2011
Caro Augias, la scienza scopre che un bel numero di differenti specie umane hanno
convissuto per migliaia di anni, addirittura incrociandosi fra diversi. Dal momento che i
creazionisti affermano che l'uomo è stato creato a immagine di Dio, gli altri tipi di ominidi
come li spieghiamo? Diverse immagini divine o diverse divinità? I sostenitori di un "disegno
intelligente" potranno sostenere che anche i diversi tipi di ominidi erano stati programmati?
Scendendo terra terra, i leghisti come spiegheranno che tra "diversi" ci si incrocia
tranquillamente e presumo con passione senza che, per questo, l'umanità ne soffra?
La razza umana è una sola, le culture e le tradizioni sono tante, gli scambi e gli incroci
portano bellezza e arricchimento. Poi ci sono alcuni religiosi tradizionalisti e combattenti
conservatori che odiano tutto questo. Come in Norvegia, dove i termini "malattia mentale" e
"fondamentalismo" sono sembrati tragicamente coincidere.
Fabio Della Pergola - [email protected]
Risponde Corrado Augias
C'è un bel libro sull'argomento sollevato dal signor Della Pergola: La vita inaspettata di Telmo
Pievani (Filosofia della Scienza, Milano-Bicocca) pubblicato da Raffaello Cortina. Pievani
descrive "un'evoluzione che non ci aveva previsto", cioè una serie di casualità, contingenze,
biforcazioni che rendono la storia umana complessa e casuale. Per esempio, nel 2008 in
Siberia sono stati trovati i resti fossili di un nostro antenato fino a quel momento sconosciuto,
l'homo di Denisova.
Il tempo profondo, scrive Pievani, è "pieno di ipotesi di vite alternative che hanno fallito per
ragioni forse non sempre connesse a una loro inadeguatezza". Vale anche per gli ominidi: "In
almeno una fase della nostra storia evolutiva ci siamo ritrovati in pochi: bande sparse di
ominini, mobili e intraprendenti, ma con numeri che oggi rasenterebbero il rischio estinzione".
Avremmo dunque potuto non esserci, così come avrebbe potuto esserci una specie molto
diversa dalla nostra. Gli hominina sono passati per sperimentazioni adattative durate milioni
di anni nelle quali è difficile "rintracciare una qualche tendenza inevitabile, una direzione una
traiettoria privilegiata, una freccia del tempo". Siamo invece "figli contingenti di "sola storia",
cioè di una sequenza di eventi irripetibili e generosi". Quanto al "disegno intelligente" basta
leggere come le vespe per assicurare la sopravvivenza delle loro uova, le iniettino nel ventre
di un bruco dopo averlo temporaneamente paralizzato con una puntura. Al dischiudersi, i
"neonati" divorano il bruco dall'interno senza ucciderlo, portandolo lentamente ad una morte
atroce. Se c'è un "disegno intelligente", s'è scritto, è quello di un sadico.
(La rubrica di Augias sospende per alcune settimane. Riprenderà da martedì 6 settembre).
2160 - VATTIMO: ITALIA COLONIZZATA DAL VATICANO - DI CLAUDIO TANARI
da: www.cronachelaiche.it di martedì 28 giugno 2011
«Il problema dell’Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione
portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici».
A volte nel mare magnum dell’informazione, cartacea e non, capita di imbattersi in
affermazioni di una chiarezza, di una semplicità, di una sintesi disarmanti.
E’ il caso della frase appena citata: l’autore è il filosofo torinese Gianni Vattimo, eurodeputato
IdV, intervistato il 26 giugno da Diego Longhin per La Repubblica intorno al riconoscimento
legale delle unioni gay nello stato di New York.
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Di fronte alla festa di piazza al Greenwich Village il giornalista evocava la cupa desolazione
delle polemiche sulla pubblicità Ikea di qualche tempo fa: «Il problema è l’intreccio tra
l’arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi principi come principi di diritto
naturale. Non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul finevita, sul divorzio».
E non si tratta nemmeno di una presunta egemonia culturale cattolica: se interpellati, gli
italiani esprimono opinioni molto “aperte” su diritti civili e temi etici. Sulla legalizzazione delle
unioni gay, ad esempio, (che avrebbe una positiva ricaduta anche sulle unioni di fatto delle
coppie etero) i sondaggi parlano chiaro, anche sul dissenso di gran parte del mondo cattolico
rispetto ai niet della gerarchia vaticana.
Qual è lo scoglio, dunque? «Il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco,
preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa». Ad
oggi, a rappresentare in Parlamento e nel dibattito politico un’area laica in crescita non è dato
intravedere nessun Cuomo o Obama; solo voci isolate – peraltro autorevoli – come quella di
Sergio Chiamparino, che ha lo scorso anno simbolicamente celebrato le nozze fra due
lesbiche, o quella dell’oncologo Umberto Veronesi, che pochi giorni fa ha espresso posizioni
coraggiose sull’amore omo. Il resto è, malinconicamente, silenzio.
Quando non triste, sconcertante appiattimento sui valori della Curia: è il caso del Sindaco di
Bologna Virginio Merola.
Troncare, sopire. La stessa intervista di Vattimo, che in un paese appena più civile avrebbe
aperto un dibattito niente male, ha cozzato contro il muro di gomma della sudditanza
confessionale. Da noi – su famiglia e diritti – fa testo il Sottosegretario Giovanardi.
2161 - ITALIA: 63% FAVOREVOLE ALL’EUTANASIA
da: Aduc salute n° 26/2011 del 30 giugno 2011
Il 79% degli italiani dichiara di preferire la propria casa come luogo dove trascorrere l'ultima
parte della propria vita. E il 63% si dice favorevole all'eutanasia.
Questi i dati più importanti emersi da un'indagine condotta (ai primi di aprile) da Tns Italia per
la Fondazione Ant Italia Onlus, che dal 1978 offre assistenza socio-sanitaria gratuita a
domicilio ai malati di tumore, e porta avanti progetti di prevenzione oncologica, di ricerca e
formazione.
Ant si batte per l'eubiosia fino all'ultimo respiro - dal greco antico eu e bios, ovvero 'buona
vita' - che indica 'l'insieme delle qualità che conferiscono dignità alla vita' e dà il nome al
progetto di ospedalizzazione domiciliare gratuita della Fondazione. La ricerca voleva anche
indagare sul giudizio degli italiani nei confronti dell'eutanasia.
"Dal momento in cui è nata, Ant si è posta il problema dell'eutanasia e di ridurre la sofferenza
dei malati di tumore - afferma Franco Pannuti, fondatore di Ant - Noi consideriamo in ogni
occasione la vita un valore sacro e inviolabile: attraverso l'assistenza completa erogata
gratuitamente giorno e notte ai nostri sofferenti e alle loro famiglie, siamo contro ogni
accanimento terapeutico e qualsiasi forma di abbandono e isolamento, anche nei momenti
più critici della malattia".
La ricerca è stata condotta su un campione di 1.000 maggiorenni, rappresentativi della
popolazione italiana di differenti aree geografiche. Ebbene, per la maggior parte del campione
intervistato (79%) il proprio domicilio rappresenta il luogo preferito per trascorrere l'ultima
parte dell'esistenza. Non sono riscontrabili differenze rilevanti per genere e per aree
geografiche: tra le diverse fasce d'età, questa preferenza è leggermente più marcata tra gli
over 44 anni (83%) rispetto agli 'under 35 anni' (74%).
Tra i minori di 35 anni si registra inoltre la maggior preferenza nei confronti dell'ospedale
tradizionale (13% rispetto all'8% della fascia 35-44 anni e al 4% dei maggiori 44 anni).
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L'indagine ha poi evidenziato una prevalenza dell'opinione favorevole circa la tematica
dell'eutanasia: il 63% degli individui si è espresso a favore, contro il 22% che si è dichiarato
contrario, mentre il 15% non è stato in grado di esprimere un parere. "Non sono emerse
rilevanti differenze per genere e per fasce di età, mentre l'analisi per aree geografiche ha
messo in luce alcune peculiarità territoriali", prosegue la nota.
Se il Centro e Nord Italia hanno evidenziato infatti tendenze simili, il Sud ha mostrato invece
un favore meno marcato sulla tematica (favorevoli 55%), e una più elevata presenza di
persone che non hanno espresso un parere (20%).
2162 - NEL PAESE CHE HA SMARRITO LA FEDE TRADIZIONALE - DI G. ZIZOLA
da: la Repubblica di giovedì 7 luglio 2011
Prendiamo con le molle qualsiasi proposta analitica a rischio di "determinismo geografico"
che dia figura al credo religioso, succede ovunque che gli atteggiamenti verso il bisogno
religioso, il Vangelo e i suoi testimoni non coincidano con quelli più contenuti e non di rado
anche critici sulla Chiesa, i dogmi, l'autorità e l'istituzione. Certo, il religioso non segue, nella
sua estrema e inafferrabile complessità, uno schema prestabilito Nord-Sud. Ma i dati sono
quelli che sono, e non sono solo italiani: i grossi numeri del cristianesimo crescono sempre
più a Sud, in Africa e in Asia, e in questo viaggio si ritrovano da qualche tempo per compagni
anche i cattolicesimi delle grandi aree della cristianità storica del Nord che la crisi sta
riducendo rapidamente a minoranze all'interno di società secolarizzate.
È un fenomeno globale che scuote ovunque la più potente religione del pianeta. Ma questa
discesa verso i nuovi centri del cristianesimo – che ha oggi i due terzi dei suoi aderenti in
Africa, Asia e America Latina (una proporzione che dovrebbe aumentare al 75% entro il 2025)
– non sembra sufficiente a giustificare senza riserve l'ipotesi di un secco o tendenziale
squilibrio tra il Nord liberale e il Sud conservatore.
Un'ipotesi che lascerebbe alle Chiese del Sud il distintivo di contenitore di una sacca
residuale di cattolicesimo subculturale, tradizionalista, carismatico, miracolistico o forse anche
celebrato popolarmente in superstizioni e magie, oppure in una lettura fondamentalista della
Bibbia.
Troviamo anche al Nord, del resto, espressioni "sudiste" di cattolicesimo, e troviamo ovunque
questa nuova eresia di un cattolicesimo post-cristiano, che rielabora un'identità religiosa di
tipo etnico e destorificato, che nuota fra altari a Padre Pio e liturgie celtiche al dio Po, tra
riferimenti mitologici pre-cristiani e caccia agli immigrati, lasciando da parte la figura del
Samaritano come qualificativa del cristianesimo, più della messa della festa comandata. E
serpeggia ovunque, sulle macerie di un cattolicesimo rimasto troppo pigramente fissato sulla
sua forma tridentina, un modello di religione da "atei devoti" che continua imperterrita il
tentativo di integrare Dio come chiave di volta del sistema borghese, del tutto funzionale agli
interessi dei poteri dominanti. La stessa fede in Dio finisce per essere ridotta, in questo
contesto culturale, a distintivo identitario, un modo per rivestire gli interessi col manto
religioso, ciò che rende possibile - è accaduto - invocare il nome di Dio e la difesa delle "radici
cristiane" dell'Europa per giustificare politiche oltraggiose verso il prossimo, il forestiero, il
povero, l'immigrato, il Rom, il diverso. Una deriva pubblica che rivela le lacune e i ritardi
dell'evangelizzazione in un paese sedicente "cattolico". Sono fenomeni sufficienti a rendere
sospetto il culto come indicatore affidabile dell'appartenenza cristiana.
È precisamente questo viluppo contraddittorio che viene chiamato in causa dal collasso delle
strutture della cristianità stabilita, che pure continua imperterrita ad autocelebrarsi sul ciglio
del burrone. La Chiesa che affiora da questi grafici è una grande e gloriosa istituzione
fortemente stanca e assopita sulla propria potenza burocratica, ma che è coinvolta suo
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malgrado in un processo di mutazione storica dovuta più ancora ai cambiamenti sociologici e
culturali che ai problemi interni dell'istituzione. Fine di un cristianesimo di mera tradizione
sociale che si accumula sull'indifferenza religiosa: è un paesaggio che si allarga anche in
Italia. Declino delle pratiche religiose, riflusso delle osservanze, de-istituzionalizzazione della
religione a confronto con la cultura dell'individuo. Per analoghi sintomi in Francia, Danièle
Hervieu-Léger coglieva, più che una disfatta assoluta, la tendenza a ricomporre briciole e
pezzi del dispositivo cattolico in "nuove combinazioni di senso,che hanno poco a che vedere
con l'apparato cattolico".
Nella stessa direzione, il gesuita Bartolomeo Sorge coglieva la crisi religiosa come un
segnale della fine del "regime di cristianità": la sovrapposizione tra fede e politica, trono e
altare, spada e crocifisso aveva caratterizzato i secoli "costantiniani" ma ora essa "appare
definitivamente superata", sia sul piano storico (a seguito dei processi di secolarizzazione) sia
su quello teologico (per il Concilio Vaticano II). In questo approccio la crisi è vista come
strumento di purificazione, riporta la Chiesa all'originaria forma minoritaria di "piccolo gregge".
Le spoliazioni cui è obbligata, e sulle quali si mostra indecisa, sono solo all'inizio.
Padre Sorge lamenta che la comunità ecclesiale non si sia ancora rassegnata a mollare
l'osso, anzi "si continua come se nulla fosse accaduto", come se la gente fosse ancora tutta
credente ed evangelizzata, come se i valori morali cristiani fossero condivisi dalla stragrande
maggioranza.
Finché la devastazione obbligherà la Chiesa ad aprire gli occhi e a capire che solo liberandosi
dalle sicurezze temporali potrà tornare ad annunciare liberamente il Vangelo. Del resto lo
stesso Ratzinger non aveva dubbi, in un'intervista del 1997, a suggerire di abbandonare l'idea
di chiesa nazionale o di massa: "Davanti a noi è probabile che ci sia un'epoca diversa diceva - in cui il cristianesimo verrà a trovarsi nella situazione del seme di senape, un gruppo
di piccole dimensioni, apparentemente ininfluenti, che tuttavia vivono intensamente contro il
male e portano nel mondo il bene".
2163 - LA FIERA DELL’OSSIMORO IN QUATTRO PARADOSSI - DI MICHELE AINIS
da: il Corriere della Sera di mercoledì 13 luglio 2011
Nel gran teatro di Montecitorio ieri è andato in scena Eugène Ionesco, il maestro dell’assurdo.
Non tanto perché i nostri deputati si lambiccassero il cervello in esercizi filosofici, mentre là
fuori tremavano le Borse. Nemmeno per la singolare concezione dell’urgenza che ispira il
Parlamento: il Senato ci ha messo 17 mesi per votare il ddl Calabrò sul testamento biologico,
la Camera ne ha fatti passare altri 14 prima di discuterlo, adesso — chissà perché — lo sprint
finale. Ma il paradosso non è soltanto esterno, non è un effetto della congiuntura. No, abita
all’interno della legge, come una tenia dentro l’intestino. Anzi: a metterli in fila, i paradossi
sono almeno quattro.
Primo: le motivazioni. Quelle dettate in aprile dal presidente del Consiglio, con una lettera ai
suoi parlamentari. Sarebbe meglio non farla questa legge (Berlusconi dixit), sarebbe
preferibile lasciare un vuoto normativo; ma siccome poi i giudici decidono lo stesso, ci
toccherà turare il vuoto. E in quale altro modo dovrebbero mai comportarsi, poveri cristi? Il
nostro ordinamento non ammette lacune: se un magistrato lascia cadere nel silenzio
un’istanza processuale, risponderà di denegata giustizia.
Secondo: i contenuti. A dir poco schizofrenici, dal momento che promettono un diritto nell’atto
stesso in cui lo negano. Ma l’acrobazia verbale sta nelle definizioni. In particolare questa:
alimentazione e idratazione forzata non costituiscono terapie (dunque rifiutabili), bensì «forme
di sostegno vitale» (dunque irrinunciabili). E perché le terapie mediche sono sostegni mortali?
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Terzo: i destinatari. L’emendamento Di Virgilio li restringe ai pazienti in «accertata assenza di
attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale»: in pratica, i morti. Ma la nuova legge non
s’indirizza neanche ai medici, dato che nei loro riguardi il testamento biologico non è del tutto
vincolante. E allora che lo scriviamo a fare?
Quarto: i limiti. L’emendamento Barani-Binetti ha stabilito che possono indicarsi soltanto i
trattamenti sanitari accettati, non quelli rifiutati. Insomma dimmi ciò che vuoi, taci su ciò che ti
fa orrore. Sennonché la nostra identità si configura proprio a partire da quanto respingiamo:
come recita un celebre verso di Montale, «codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non
siamo, ciò che non vogliamo». E poi, con il progresso vorticoso delle tecnologie mediche,
come diavolo potremmo immaginare oggi la cura che ci salverà domani? Speriamo almeno
che le Camere, insieme alla legge, ci regalino una palla di vetro.
È questa fiera dell’ossimoro, questo circo degli equivoci, che ha infine generato un
testamento biologico profondamente illogico. Anche a costo di divorziare dai Paesi liberali
(Usa, Svizzera, Inghilterra, Germania e via elencando), dove vige una facoltà anziché un
divieto. Anche a costo di sfidare l’impopolarità (il 77%degli italiani è sfavorevole: Eurispes
2011). Anche a costo d’infliggere una ferita alla laicità delle nostre istituzioni, per obbedire ai
desideri della Chiesa. Come ha scritto su queste colonne (1° maggio 2011) Umberto
Veronesi, come prima di lui osservava Indro Montanelli, la dottrina ecclesiastica dovrebbe
impegnare i chierici e i fedeli, non l’universo mondo. Anche perché altrimenti il sondino di
Stato bisticcia con la Costituzione, oltre che con la logica. E i punti di frizione sono di nuovo
quattro, come i cavalieri dell’Apocalisse.
Primo: l’art. 32 della Carta repubblicana disegna la salute come un diritto, non già come un
dovere.
Secondo: la medesima norma permette trattamenti sanitari obbligatori, purché per legge e in
nome dell’interesse generale. È il caso delle vaccinazioni, per arginare i rischi del contagio;
ma di quale infezione era portatrice Eluana Englaro, quale minaccia al prossimo reca il
moribondo?
Terzo: questa legge attenta anche alla privacy, che nel suo nucleo concettuale garantisce la
libertà degli individui rispetto all’oppressione dei pubblici poteri.
Quarto: ne resta infine vittima l’art. 33, che protegge la libertà degli uomini di scienza, e quindi
degli stessi medici. Insomma lo Stato non può imporre agli ingegneri le regole per costruire
un ponte, né stabilire come si curino i malati (Corte costituzionale, sentenza n. 382 del 2002).
Ecco, sarebbe preferibile un po’ più rispetto, per i medici, per i giudici, per il popolo dolente
dei malati. Sarebbe meglio abbandonare questa legge imperativa, affidandosi a un giudizio
reso caso per caso. Dopotutto ogni caso è diverso, ciascuno ha la sua legge. E dopotutto
vale pur sempre l’aforisma di Thoreau: «Se il governo decide su questioni di coscienza, allora
perché mai gli uomini hanno una coscienza?».
2164 - TRE DOMANDE SULLA LAICITÀ - DI SALVATORE RIZZA (*)
da: adista notizie n. 60
In un Paese come l’Italia dove la linea divisoria tra clericalismo e laicismo è così sottile da
permettere frequenti e reciproche incursioni, la “laicità” è sempre sotto scacco e un obiettivo
sempre da raggiungere. La cronaca dei giorni scorsi ha registrato un avvenimento, di per sé
poco rilevante, ma tuttavia significativo: in un vertice segreto, il card. Bertone ha incontrato
un gruppo di politici cattolici al fine di costituire una sorta di Democrazia Cristiana rediviva (v.
notizia pagina 3). All’incontro erano presenti anche alcuni esponenti di organismi ecclesiali
(Focolarini, Compagnia delle Opere, Scout, Acli, Movimento cristiano lavoratori, Sant’Egidio).
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Rivolgo quindi tre domande rispettivamente al card. Bertone, ai politici e agli organismi
ecclesiali.
- Il segretario di Stato non è nuovo a queste sortite: nei mesi scorsi ha partecipato ad una
cena in casa di Bruno Vespa, presente Berlusconi ed altri, con finalità analoghe. È probabile
che nel prossimo futuro vengano reiterate altre iniziative. Ma a che titolo il Segretario dello
Stato Vaticano si occupa di ‘faccende’ politiche di un altro Stato? E, ancora di più, a che titolo
un esponente della Chiesa interferisce nelle questioni attinenti la politica di uno Stato ‘laico’?
Il card. Bertone vuole ‘clericalizzare’ l’attività laica della politica? O è la continuazione della
lotta interna alla Chiesa, tra Ruini e Bertone, passando per la Cei, per affermare un primato
nei confronti del potere politico e così gestire il rapporto con la politica operando quella
mediazione in passato operata dalla Dc?
- La seconda domanda è per i politici intervenuti all’incontro: premessa la legittimità delle loro
scelte, a che scopo cercano la benedizione del cardinale? A parte Pisanu, nel cielo politico
italiano Buttiglione, Cesa, Binetti, Fioroni, Bonanni e altri partecipanti non brillano di
particolare luce e non si sa con quale autorevolezza possano pensare di ricostituire un partito
dei cattolici. Sturzo, De Gasperi, Moro erano cattolici e politici di ben diversa pasta! Mai
avrebbero rinunziato alla loro ‘laica’ autonomia, pur nel rispetto della Chiesa e delle gerarchie.
Il Codice di Camaldoli, a cui pretendono di riferirsi, era nato con ben altri intenti e promosso
da personaggi che prepararono il “cattolicesimo democratico”. Non è sufficiente la legittima
nostalgia di un mondo ormai passato per affermare quei valori che, oggi più di ieri, passano
per la libera scelta e condivisione di uomini disposti ad animare le istituzioni nel libero e
rispettoso confronto con altri uomini della medesima o diversa fede, cultura e visione di
mondo. La politica è ‘affare’ di cittadini non necessariamente connotati per le appartenenze
religiose o ideologiche, ma appassionati al bene comune e alla democrazia. Come i “cattolici
democratici”.
-.La terza domanda è rivolta agli esponenti delle organizzazioni ecclesiali, presenti
all’incontro: la denominazione ‘ecclesiale’ colloca tali organismi tutti interni alla vita della
Chiesa, facendo partecipi gli aderenti, da laici, alla missione pastorale della Chiesa stessa.
Ciò non toglie, anzi è auspicabile, che da cittadini partecipino alla costruzione di una società
giusta, equa, solidale e per la costruzione del ’bene comune’: ma in nome proprio e in
autonomia, senza coinvolgere la Chiesa. Si prepara forse un nuovo ‘collateralismo’? Il
cardinale, i politici e gli organismi ecclesiali forse dimenticano che il mondo è cambiato e
viviamo tutti in una società multiculturale, multireligiosa e laica. Lo sanno i ‘nostri’? O, forse,
hanno nostalgia del tempo passato e desiderano restaurarlo? Sarebbe un bel guaio!
(*) Università Roma Tre
Assistenza religiosa negli ospedali della regione Piemonte
da: aduc salute n° 29/2011
La Giunta regionale del Piemonte ha riapprovato questa mattina il “protocollo per il
miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l'interruzione volontaria di
gravidanza”. La decisione dell'esecutivo di Roberto Cota arriva dopo che il Tar ha bocciato la
precedente delibera che introduceva i volontari pro-vita nei consultori, giudicandola lesiva
della legge 194.
Il nuovo protocollo allarga i criteri per l'introduzione dei volontari nelle strutture pubbliche del
Piemonte. Nella prima versione infatti si chiedeva alle associazioni solo di “comprendere nello
statuto la finalità di tutela della vita fin dal concepimento”, ed era stato proprio questo il punto
contestato dal Tar. Nell'attuale versione, i criteri imposti alle associazioni si estendono al fatto
di “essere iscritte in uno degli appositi registri regionali o provinciali” e alla finalità della tutela
della vita dal concepimento si affianca o sostituisce la richiesta di avere svolto “attività
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specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e la tutela del neonato, oppure il possesso
di un'esperienza almeno biennale nel sostegno alle donne e alla famiglia”.
Con la nuova delibera, la Giunta ritiene di avere recepito le osservazioni contenute nella
sentenza del Tar del Piemonte del 15 luglio scorso sui requisiti che devono avere le
associazioni di volontariato per entrare nell'elenco delle aziende sanitarie.
“In questo modo - commenta Cota - manteniamo un impegno che ci eravamo assunti. Il
protocollo costituisce un atto importante per l'attuazione delle norme previste dalla legge 194
sul rispetto delle donna e dei suoi diritti di scelta responsabile della maternità, di tutela della
vita e di alternativa all'interruzione volontaria di gravidanza”.
(*) – Professore all’Università di Roma
2165 - UN LIBRO: LA VITA INASPETTATA - DI RAFFAELE LIUCCI
da: spogli.blogspot.com di venerdì 8 luglio 2011
È un libro da raccomandare agli esperti di alieni, che quasi sempre li dipingono con fattezze
umanoidi. Forse più nanerottoli di noi, con quattro dita invece che cinque, una testolina
glabra, ma comunque assai simili all’homo sapiens. Soltanto illusioni, specchio di un
antropomorfismo perverso. Se anche ci fosse vita su altri pianeti, essa avrebbe assunto
forme per noi inimmaginabili.
Come ci ha spiegato il grande Stephen J. Gould – il vero nume tutelare dell’ultimo lavoro del
filosofo della scienza Telmo Pievani, La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che non ci
aveva previsto, presso Cortina – se riavvolgessimo il nastro dell’evoluzione, otterremmo uno
scenario radicalmente diverso da quello attuale. L’uomo non ci sarebbe più. Ogni processo
evolutivo è infatti una «sequenza di eventi irripetibili e generosi».
Se, per esempio, 60 milioni di anni fa un meteorite non avesse polverizzato i dinosauri ,
dando il via libera ai mammiferi, forse oggi, al nostro posto, ci sarebbero dei magnifici rettili
piumati. Più che figli di Dio, noi umani siamo figli di quel meteorite.
Pievani ha scritto un libro stuzzicante e irriverente. Non piacerà a quanti – teologi e filosofi
della storia – assegnano una nicchia privilegiata all’uomo nell’universo. Corbellerie! Fra 5
miliardi di anni, prima di esplodere, il Sole si espanderà e inghiottirà la terra. La biosfera,
probabilmente, si sarà già esaurita da tempo. E il bipede? Si estinguerà entro qualche
migliaio d’anni, come il 99 per cento delle specie che l’hanno preceduto («Allegria!», direbbe
Mike Bongiorno).
In un grande libro che abbracciasse l’intera parabola del nostro pianetino (i 4,5 miliardi di anni
già trascorsi e i 5 che ci attendono), l’homo sapiens non troverebbe spazio neppure in una
nota a piè di pagina. Assai più rilevanti di lui sono stati i batteri e altri organismi unicellulari.
Insomma, dobbiamo farcene una ragione. Siamo il frutto della contingenza, l’esito di
«un’evoluzione che non ci aveva previsto». Ma scoprire che nessuna mano invisibile ha mai
guidato le nostre sorti, non significa precipitare nell’orrido del nichilismo, come sentenziano i
sacerdoti più corrucciati. La nostra vita, infatti, può avere un senso anche se non è
incastonata in un disegno che la trascende. Perché siamo noi a costruirla, giorno dopo
giorno, in un mix «di libertà e di conseguente responsabilità morale» (Gould).
La storia siamo noi.
2166 - PERCHÉ L’ULTIMA PAROLA SIA LA MIA: APPELLO
L’associazione “Democrazia esigente” di Milano ha pubblicato su l’Unità di martedì 5 luglio
2011 il seguente appello sul testamento biologico. Come associazione, LiberaUscita ha
aderito. I soci ed i simpatizzanti possono aderire singolarmente inviando una email a
“[email protected]”.
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Uniamo la nostra voce agli appelli che in questi mesi hanno invocato “meglio nessuna legge
che questa pessima legge”. Continuiamo a informare, dialogare, mobilitare. La Camera, a
maggioranza, ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità e la richiesta di sospensione su un
testo che nega i principi di base di una Dichiarazione anticipata di fine vita. Ora siamo al
momento decisivo. Mai un governo si era spinto a fare un uso così cinico di una materia tanto
delicata che richiede autonomia e senso del limite della politica. Una legge davvero saggia e
mite deve tutelare due diritti: quello alla salute anche come bene comune e quello
all’autodeterminazione di ogni individuo in relazione alle cure e terapie alle quali accedere.
Questa tutela si fonda su alcune premesse irrinunciabili:
• Il rispetto del consenso informato del paziente.
• Il riconoscimento della volontà, scritta e ripetuta nel tempo, di non essere sottoposto a forme
di accanimento o a tecniche lesive della propria dignità nel caso di uno stato vegetativo
permanente e della incapacità irreversibile di intendere e di volere.
• La coerenza della norma con i principi sanciti nella Costituzione agli articoli 2, 3, 13 e 32
oltre che con l’articolo 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti del cittadino malato.
La nostra Carta difende sia chi voglia essere accompagnato con qualunque tecnica fino
all’ultimo momento, sia chi maturi la convinzione di voler interrompere ogni terapia ritenuta
inutile. La legge in discussione alla Camera nega in radice tali premesse. Sottrae alla persona
la responsabilità di giudicare cosa sia compatibile con la propria dignità. Offende il codice
deontologico medico. Impone sempre e comunque idratazione e nutrizione artificiali.
Sequestra la libertà e la maturità del singolo. Sono norme violente e sconosciute al resto
d’Europa, indipendentemente dal colore politico dei governi. Siamo convinti che nessuno,
soprattutto se fragile o in una condizione di solitudine, debba essere abbandonato a se
stesso nel momento della sofferenza, della cura e della morte. Crediamo nell’alleanza
terapeutica tra medici, famiglie e affetti. Ma in quel momento indicibile di confine, l’ultima
parola deve essere la “mia” o quella del mio fiduciario. C’è una differenza tra l’espressione
“lasciami morire”, in quella che considero la mia dignità, la mia convinzione o la mia fede e il
messaggio “fammi morire” che può aprire la via a forme inaccettabili di eutanasia. Su queste
basi difenderemo le nostre ragioni nella società e nelle istituzioni in nome del valore della
Persona e di una comunità solidale.
PRIMI FIRMATARI
Barbara Pollastrini, Salvatore Veca, Bianca Beccalli, Maurizio Ferrera, Remo Bodei, Eva
Cantarella, Elena Cattaneo, Michele Salvati, Umberto Veronesi, Gian Enrico Rusconi, Moni
Ovadia, Fabrizio Onida, Bice Biagi, Michele Serra, Salvatore Bragantini, Stefano Fassina,
Gianni Cuperlo, Ignazio Marino, Giovanna Rosa, Luigi Manconi, Salvatore Settis, Antonio
Panzeri, Marilisa D’Amico, Roberto Cornelli, Matteo Orfini, Francesca Zajczyk, Paolo
Fontanelli, Aurelio Mancuso, Sandra Zampa, Susanna Cenni, Margherita Lazzati, Paolo
Corsini, Vittorio Angiolini, Giorgio Marinucci, Massimo Clara, Riccardo Levi, Arianna
Cavicchioli, Carmela Rozza, Mariangela Rustico, Ivana Bartoletti, Giorgio Cazzola, Franco
Mirabelli, Ivan Scalfarotto, Fausto Ghidini, Giuliana Manica, Ferruccio Capelli, Luigi Duse,
Paola Concia, Vito Ripoli, Lisa Noja, Bianca Gabrielli, Sergio Poggio, Fabio Arrigoni, Marilena
Adamo, Angelo Zucchi, Ilaria Cova, Ardemia Oriani, Lucia Codurelli, Laura Froner, Elena
Buscemi, Grazia Pagano, Romana Bianchi, Carlo Porcari, Manuela Ghizzoni, Silvana Pervilli,
Olga Di Serio D’Antona, Cinzia Capano, Doris Lo Moro, Antonio Devoto, Oriano Giovannelli,
Pippo Civati, Luciano Pizzetti, Maino Marchi, Franca Chiaromonte, Amalia Schirru,
Giuseppina Tonani, Marta Battioni, Edoardo Borruso, Laura Specchio, Arianna Censi, Diana
De Marchi, Laura Specchio, Giancarlo Pagliai, Giuseppina Borruso, Giulia Piroli, Sergio Cati,
Cesare Menta, Bruno Cassani, Elisabetta Asinaro, Veronica Gavazzi, Fabrizio Rivadossi,
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Piero Rostagno, Teresa Poggi Salani, Firenze Poggi, Lucio Misso, Licia Badesi, Gabriella
Bona, Gennaro Nappa.
2167 - IL TESTAMENTO BIOLOGICO? PER I VIVI E’ EUTANASIA - DI CARMELO PALMA
da: www.libertiamo.it di mercoledì 6 luglio 2011
Ieri alla Camera dei Deputati, in un pomeriggio oscuro in cui le ombre del tramonto della
legislatura si stendevano pesanti, lasciando spazio ai presagi di una fine imminente più che di
un clamoroso ricominciamento, è ripresa la discussione della legge sul fine vita. Sembra che
lo faccia apposta, il Cav.: quanto più prova, senza neppure riuscirci, di vendere l’anima al
diavolo per conquistarsi uno scampolo di onnipotenza, sempre finisce a doverne sciacquare
le vesti nell’acqua santa del fariseismo politico.
La discussione non ha riservato sorprese. Tutti a tenere le posizioni e a proseguire una
tenzone che ingombra e umilia i lavori del Parlamento da almeno due anni, nel disperato
tentativo, da una parte, di aver ragione della morte di Eluana e dall’altra di frapporre freni ed
ostacoli alla rivincita che una larga maggioranza vorrebbe consumare contro quell’assassino
di suo padre. Ma in realtà una novità c’è e neppure piccola. Proviamo a spiegarla nel modo
più semplice.
Durante la prima lettura del disegno di legge, al Senato, si era previsto che le cosiddette
dichiarazioni anticipate di trattamento assumessero rilievo nel momento in cui fosse stato
“accertato che il soggetto in stato vegetativo non è più in grado di comprendere le
informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze e per questo motivo non può
assumere decisioni che lo riguardano.”
Con il che implicitamente si stabiliva che la legge riguardasse poche migliaia di persone in
tutta Italia. Non nel senso che il diritto di dettare direttive anticipate venisse precluso a tutti gli
altri, ma che solo a chi era in stato vegetativo fosse riconosciuto, per così dire, il diritto di far
valere la decisione, pur nei limiti della natura non vincolante della volontà dichiarata e di
quella funestamente “obbligatoria” dei trattamenti di idratazione e alimentazione forzata. Tutti
gli altri – temporaneamente o permanentemente “incapaci” – si potevano attaccare al tram.
Durante l’esame del provvedimento alla Commissione affari sociali della Camera, era stato lo
stesso relatore Di Virgilio ad estendere la previsione normativa. Le direttive avrebbero
assunto rilievo – pur con i limiti sostanziali stabiliti al Senato – per chiunque si fosse trovato
“nell’incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le
sue conseguenze”.
E si era trattato di un’estensione logica nelle premesse, ma illogica nelle conseguenze,
perché il vestitino normativo confezionato per Eluana e contro suo padre, non sarebbe servito
per scongiurare decisioni, per così dire, cripto-eutanasiche, quando il malato non fosse stato
come Eluana e ad essere stato anticipatamente rifiutato non fosse stato un trattamento
straordinario e “cronicizzato” come l’alimentazione forzata. La legge avrebbe “impedito” a
Eluana di morire, ma non avrebbe scongiurato la possibilità che un medico scrupolosamente
obbediente alle direttive del paziente si astenesse dal curare con una terapia antibiotica la
bronchite di un demente in discreta salute.
Che dunque il testo uscito dal Senato – nel suo particolarissimo impianto Eluana-centrico –
non potesse essere esteso a tutti gli “incapaci” senza che dall’ampliamento derivassero effetti
potenzialmente paradossali, lo avevano compreso ed evidenziato da mesi importanti studiosi.
Il governo e la maggioranza ci hanno messo circa un anno per rendersene conto, ma alla fine
ci hanno messo una toppa. E che toppa.
Ieri il relatore Di Virgilio, dopo avere – come detto – allentato le maglie della legge, ha deciso
di stringerle nuovamente in modo serrato. Dal poco al niente, passando per il troppo. La
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platea dei “beneficiari” del provvedimento – quelli che non solo possono dettare le proprie
volontà, ma possono, in teoria, anche farle valere – si limita ora a quanti si trovino in uno
stato di incapacità permanente “per l’accertata assenza di attività cerebrale integrativa
cortico-sottocorticale”.
2168 - CHI VUOLE RUBARCI LA VITA - DI STEFANO RODOTÀ
da: la Repubblica di giovedì 7 luglio 2011
I moribondi di Palazzo Montecitorio stanno per approvare una legge ideologica, violenta,
bugiarda, sgrammaticata, incostituzionale. È la legge sul testamento biologico, altrimenti detta
«dichiarazioni anticipate di trattamento». E faccio esplicito riferimento a un classico della
critica parlamentare – I moribondi del Palazzo Carignano - scritto nel 1862 da Ferdinando
Petruccelli della Gattina.
La maggioranza parlamentare sempre più delegittimata per gli scandali che l´attraversano,
per l’impunita vocazione a secondare ogni pretesa del suo Capo, per la distanza abissale dal
rispetto dovuto ai cittadini pretende di impadronirsi della vita stessa delle persone. Non si
cura dei documenti analitici mandati a tutti i senatori e deputati da più di cento giuristi che
mostrano i gravi limiti tecnici della legge. Disprezza l’opinione pubblica perché, come da anni
ci dicono le periodiche rilevazioni dell´Eurispes, il 77% degli italiani è favorevole al diritto di
decidere liberamente sulla fine della vita. Mentre ripetono la sempre più mendace formula
"non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani", il presidente del Consiglio e la sua
docilissima schiera mettono le mani sul corpo di ciascuno di noi.
La legge è ideologica e violenta, quintessenza di un dispotismo etico che vuole imporre a tutti
il parzialissimo, controverso punto di vista di una sola parte a chi ha convinzioni, fedi, stili di
vita diversi. Afferma la «indisponibilità» della vita: ma questa è una affermazione in palese
contrasto con l´ormai consolidato diritto al rifiuto e alla sospensione delle cure, che in
moltissimi casi è già stato esercitato con la consapevolezza che si trattava di una decisione
che avrebbe portato alla morte. Nega il diritto di rifiutare trattamenti come l’alimentazione e
l’idratazione forzata, escludendone il carattere terapeutico in contrasto con l’opinione delle
società scientifiche e con l´evidenza della pratica medica. Riflette un fondamentalismo
cattolico incomprensibile: il muro alzato dalle gerarchie vaticane contrasta clamorosamente,
ad esempio, con l’apertura mostrata dalla Conferenza episcopale tedesca. Varcate le Alpi,
quel che lì è materia di legittimo dibattito pubblico improvvisamente diventa questione di
fede?
È bugiarda, perché il suo titolo – che si richiama al consenso informato, all’alleanza
terapeutica tra medico e paziente, alla rilevanza delle dichiarazioni fatte dalla persona per
decidere consapevolmente sul come morire – è clamorosamente contraddetto dal contenuto
delle singole norme. Il consenso della persona è sostanzialmente vanificato, perché le sue
dichiarazioni non hanno valore vincolante e non possono riguardare questioni essenziali
come quelle dell’alimentazione e dell’idratazione forzata. L’alleanza terapeutica si risolve
nello spostamento del potere della decisione tutto nella direzione del medico. Le
«dichiarazioni anticipate di trattamento» sono vere macchine inutili, frutto di un delirio
burocratico che impone faticose procedure alla fine delle quali vi è il nulla, visto che sono
prive di ogni forza vincolante.
Siamo di fronte ad una vera "legge truffa", ad un testo clamorosamente incostituzionale.
Legittimi punti di vista non possono essere trasformati in norme che si impongono alla volontà
delle persone violando i loro diritti fondamentali. La discrezionalità del legislatore, in questi
casi, è esclusa esplicitamente dall’articolo 32 della Costituzione: «la legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». E la Corte Costituzionale ha
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riconosciuto il diritto della persona di «disporre del proprio corpo»; ha severamente escluso
che il legislatore possa arrogarsi il ruolo del medico e dello scienziato: e soprattutto ha
affermato in modo nettissimo che l’autodeterminazione è un "diritto fondamentale" della
persona. Proprio quell’autodeterminazione che il voto della Camera vuole cancellare.
Questo scempio si sta consumando nel più assoluto silenzio. Perché l´opposizione, oltre ad
impegnarsi in una purtroppo vana battaglia di emendamenti, non ha praticato nemmeno per
un minuto un ostruzionismo che avrebbe almeno avuto la funzione di informare l´opinione
pubblica del gravissimo scippo che si sta consumando a danno di tutti? Il Pd continua a
rimanere prigioniero delle sue divisioni interne, che sono divenute un ostacolo alla cultura e
alla ragione? Perché persiste il timore di dispiacere alle gerarchie vaticane, non al ricco e
aperto mondo dei cattolici? Perché, soprattutto, a nulla è servita la lezione delle elezioni
amministrative e dei referendum che mostrano una società viva, reattiva, alla quale bisogna
fare appello tutte le volte che sono in questione i diritti fondamentali delle persone?
Ricordo una volta di più Montaigne: «la vita è un movimento ineguale, irregolare, multiforme».
La legge deve abbandonare la pretesa di impadronirsi d’un oggetto così mobile, sfaccettato,
legato all’irriducibile unicità di ciascuno. Quando ciò è avvenuto, libertà, dignità e umanità
sono state sacrificate e gli ordinamenti giuridici hanno conosciuto una inquietante
perversione.
Non a caso «la rivoluzione del consenso informato» nasce come reazione alla pretesa della
politica e della medicina di impadronirsi del corpo delle persone, che ha avuto nell’esperienza
nazista la sua manifestazione più brutale. L’autoritarismo non si addice alla vita, né nelle sue
forme aggressive, né in quelle «protettive». Riconoscere l’autonomia d’ogni persona, allora,
non significa indulgere a derive individualistiche, ma disegnare un sistema di regole che
mettano ciascuno nella condizione di poter decidere liberamente.
Commento: Per restare sul tema, ricordiamo che in altra occasione il prof. Rodotà aveva
scritto: «Non siamo soltanto di fronte ad una legge “truffa”, ma all’abbandono del lungo
cammino che, partito dalle esperienze tragiche delle tirannie del Novecento che si erano
violentemente impadronite dei corpi delle persone, era approdato all’affermazione netta della
essenzialità del consenso dell’interessato. La persona, considerata prima come oggetto del
potere politico e sottomessa alla volontà del medico, trovava così la sua libertà, la sua
pienezza di soggetto morale».
Come lui, anche noi ci siamo chiesti come sia possibile che un Capo di Governo malato di
“sondaggite” non tenga conto del fatto che la maggioranza degli italiani sono favorevoli al
diritto di decidere liberamente sulla fine della loro vita.
A nostro avviso la risposta nasce dal vigente sistema elettorale.
Il “bipolarismo”, infatti, mentre da una parte consente agli elettori di scegliere direttamente il
Primo ministro e la coalizione di Governo senza le estenuanti, successive mediazioni fra
partiti, dall’altra si presta, come è successo in Italia per il sostanziale equilibrio fra i due poli, a
vittorie elettorali con soli 24.000 voti di scarto.
Tale situazione ha conferito di fatto alla Chiesa cattolica, la quale può contare su oltre 27.000
parrocchie, il potere di esercitare una notevole pressione su ambedue le coalizioni. Con
risultati ben superiori a quelli che riusciva ad ottenere ai tempi della prima Repubblica
attraverso il solo Partito della Democrazia Cristiana, la quale per governare doveva mediare
con i partiti laici (vedasi divorzio ed aborto).
Consapevole di ciò, l’attuale Presidente del Consiglio non ha esitato a dichiarare
pubblicamente che «su temi etici e scuole cattoliche terrà conto delle indicazioni della
gerarchia ecclesiastica». In altri termini, il capo del Governo di una Repubblica laica ha fatto
proprio il principio dettato dal capo di una Chiesa: "Il diritto di Dio viene prima del diritto degli
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uomini", anche se ciò contrasta con la Costituzione italiana e con le norme i internazionali che
il Governo per primo dovrebbe rispettare.
Forse è giunto il momento che anche i laici - credenti, non credenti o agnostici che siano - si
organizzino e facciano sentire la loro voce se vogliono affermare la democrazia in un Paese
diviso in due con un sistema bipolare.
Giampietro Sestini
Commento: Ricorda Giampietro Sestini nel suo messaggio che Berlusconi ha dichiarato che
«su temi etici e scuole cattoliche terrà conto delle indicazioni della gerarchia ecclesiastica».
Fra le indicazioni ricevute dalla "gerarchia ecclesiastica", evidentemente, oltre quella sul
testamento biologico c’è anche quella che i privilegi economici della Chiesa non vanno
toccati, neppure se il bilancio dello Stato è in pericolo, se le pensioni diminuiscono, se il costo
della vita, la benzina, il gas e la luce aumentano continuamente, se i giovani non trovano
lavoro e se lo trovano non riusciranno comunque a maturare una pensione decente, se gli
aumenti contrattuali e le assunzioni sono bloccati, se non ci sono soldi sufficienti per scuola e
università, per ospedali, per le forze dell’ordine, per carceri dignitose, per lo smaltimento dei
rifiuti, per la ricostruzione di L’Aquila, per i centri di accoglienza immigrati, per la pulizia delle
città, per i partiti politici, ecc. ecc. ecc.
Infatti, fra i tanti tagli e sacrifici imposti da un Governo che continua a dichiarare di non voler
“mettere le mani nelle tasche degli italiani”, guarda caso non figura quella norma privilegiata
che consente anche alla Chiesa cattolica di incassare indebitamente l’8 per mille dell’IRPEF
dei cittadini che NON hanno espresso alcuna destinazione.
Giorgio Grossi
Commento: Giro quanto pervenuto, che condivido.
Sandro Masini
2169 - RACCOGLIEREMO FIRME PER IL REFERENDUM - DI MINA WELBY
Intervista di Caterina Pasolini – da: la Repubblica di venerdì 8 luglio 2011
«Sono inorridita» dice Mina Welby. È lapidaria la moglie di Piergiorgio che per anni ha seguito
l´avanzare della malattia che ha trasformato il suo compagno da un uomo pieno di interessi e
di passioni nel sognatore imprigionato in un corpo immobile, violato dai tubi per nutrirlo e farlo
respirare.
Legge sbagliata?
«Chiedevamo solo di poter scegliere: se continuare a vivere ad ogni costo o smettere le cure
e morire in pace. Volevamo la possibilità di lasciar scritte le nostre volontà per quando non
avremmo avuto le parole per affermarle. Invece con questa legge ci hanno trattato come
merce di scambio: le nostre vite, il nostro diritto sembra valere poco o nulla per questo
governo».
Governo disattento?
«Contano più gli accordi per ottenere il plauso della chiesa e nuove maggioranze. E così sulla
nostra fine, sui nostri ultimi istanti, ora decideranno altri. Hanno tolto la libertà di scelta a noi,
ma anche ai medici sui quali pende il codice penale».
Ora che farete?
«Da martedì come associazione Luca Coscioni andremo in piazza, raccoglieremo firme per
un referendum che cancelli questa vergogna, organizzeremo ricorsi. E tutti i cittadini di buona
volontà andranno dai notai a lasciare i loro testamento come segno di protesta. Perché
questa è una scelta di vita non di morte».
Scelta di vita?
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«Sì. Piero poteva muovere solo gli occhi, era nutrito da un sondino nella pancia, respirava
con ventilatore automatico. Per lui che amava la vita quella non era più un´esistenza degna di
essere vissuta. Io avrei voluto tenerlo accanto a me per sempre. Ma il mio era egoismo, la
vita era sua, lui doveva decidere non altri. Così il mio più grande atto d´amore è stato
lasciarlo andare».
Come?
«Per ottenere il diritto a staccare il ventilatore, nel dicembre del 2006, ci siamo rivolti ai
giudici, ai tribunali, perché chi lo aiutava non venisse accusato di omicidio. Se ci fosse stata
una legge sul testamento biologico come esiste negli altri paesi, Piero se ne sarebbe andato
prima e con meno sofferenza. Con mio grande dolore, ma nel rispetto della sua volontà».
Commento. Come motivato nelle notizie seguenti, non siamo d’accordo sull’iniziativa di indire
un referendum sul tema del testamento biologico. LiberaUscita
2170 - TESTAMENTO BIOLOGICO, POLITICA, REFERENDUM – DI GIORGIO GROSSI
La Camera ha approvato un ddl sul testamento biologico che è contro la Costituzione e
contro l'opinione della stragrande maggioranza degli italiani.
I veri motivi, al di là delle dichiarazioni populiste dei responsabili, sono essenzialmente due:
ottenere la copertura della Chiesa in occasione delle prossime elezioni (non dimentichiamo
che l'Italia è politicamente spaccata a metà) e dividere il campo avverso: prima di tutto il
"terzo Polo", che si è spaccato dopo essere appena nato, ma anche il PD, dove alcuni
deputati cattolici hanno dimostrato di non essere laici, o "maturi", come direbbe Prodi (ma
anche De Gasperi).
Non considerano, gli "strateghi" berlusconiani, che la vicenda contribuirà a far aumentare la
protesta e il cambiamento del vento verrà alimentato dai prossimi, ulteriori sacrifici imposti
agli italiani da un Governo che fino a ieri dichiarava che la crisi non ci riguarda e che non
avrebbe mai messo "le mani nelle tasche degli italiani".
Il fatto positivo è che il ddl, già pessimo e anticostituzionale, è stato anche peggiorato: se sarà
convertito in legge dal Senato diverrà un'arma formidabile nelle mani dei laici per ottenerne
l'annullamento da parte della Suprema Magistratura.
Per carità, senza ricorrere al referendum, che potrebbe non raggiungere il quorum vista la
sicura opposizione della Chiesa (vedasi legge sulla fecondazione assistita).
Giorgio Grossi – socio di LiberaUscita
Commento. La conclusione del nostro socio Giorgio Grossi ci deve far riflettere, prima di
assumere iniziative per un referendum che potrebbe rivelarsi controproducenti.
Infatti dobbiamo considerare che:
- la legge, come noi sosteniamo, è anticostituzionale perché è contro l'art. 13 e l'art. 32. Su
tali infrazioni è competente a giudicare la Corte Costituzionale. Al limite, se anche il
referendum dovesse confermare la legge, spetterebbe sempre alla Suprema Corte
pronunciarsi su eventuali ricorsi;
- gli ultimi referendum hanno ottenuto il quorum perché vertevano su problemi di carattere
generale (nucleare ed acqua) e di natura politica anti-Berlusconi (legittimo impedimento) ma
anche perché sono stati appoggiati (almeno i primi due) dalla Chiesa, che su tali argomenti
non ha potuto tirarsi indietro;
- se dovessimo andare al referendum SOLTANTO sul testamento biologico, trattandosi di un
solo argomento e per di più osteggiato dalla Chiesa, non è affatto sicuro che otterremo il
quorum.
Credo che sia per tutti questi motivi che i radicali - notoriamente fautori dell'istituto
referendario sino all'esagerazione - hanno deciso di non proporlo.
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Giampietro Sestini
Commento. Caro Giampietro, concordo completamente con la tua risposta. Sono convinto
anch'io che un referendum sarebbe un suicidio politico e non farebbe altro che allontanare
ulteriormente la soluzione di questo pasticcio. Confido maggiormente sulla rivolta in atto da
parte di enti, associazioni e singoli esponenti della cultura e dell'informazione. Una rivolta
davvero trasversale (vedi il recente articolo sul Corriere, scritto da un supporter del PDL fuori
dai gangheri per questa legge). E' in atto persino una sorta di rivolta da parte degli ordini dei
medici. Mi informano che la FNPMCeO sta organizzando una assemblea nazionale per
contrastare la legge. Il presidente della società degli anestesisti rianimatori ha diramato una
nota nella quale, al di là dei contenuti etici, afferma che la determinazione della lesione
sottocorticale è virtualmente impossibile e che i parametri indicati nella legge sono
inapplicabili.
Forse quello che non può il senso civico e l'onestà politica lo potrà ottenere la vergogna.
Chissà. Io sono sempre più indignato con questo paese.
Ciao,
Franco Toscani (socio onorario di LiberaUscita)
2171 - PERCHÉ I REFERENDUM SULLA BIOETICA SONO SBAGLIATI - DI S. POLLO
da: www.cronachelaiche.it di venerdì 15 luglio 2011
Dopo il voto favorevole della camera al ddl Calabrò, la sua definitiva conversione in legge al
Senato appare estremamente probabile. In questa circostanza, si sono intensificate le voci
provenienti da associazioni laiche e da qualche formazione politica che ventilano la possibilità
di un referendum abrogativo. In materia di bioetica, il nostro Paese ha già fatto esperienza di
un referendum del genere nel 2005, quando il tentativo di abrogare la legge 40/2004 sulla
procreazione assistita andò fallito principalmente per la propaganda della Chiesa cattolica in
favore dell’astensionismo e per un impegno a dire poco timido delle forze politiche
progressiste. Sebbene non possa essere considerato del tutto negativamente (milioni di
italiani si espressero con un voto contro le posizioni cattoliche incarnate nella legge 40), di
fatto quel referendum poté essere utilizzato dai sostenitori della legge per rivendicare il
sostegno della maggioranza degli italiani. Tuttavia, grazie alle corti e ai tribunali che l’hanno
smantellata pezzo a pezzo, oggi della legge 40 resta poco o niente.
I recenti risultati dei referendum sui temi della privatizzazione dell’acqua, del nucleare e del
legittimo impedimento probabilmente possono rafforzare nei promotori la convinzione che
questa volta la battaglia potrebbe essere vinta. Ma procedere a un referendum contro la
legge sul testamento biologico sarebbe sbagliato, come fu sbagliato nel caso della legge 40.
Non si tratta di ragioni tattiche, dettate dalla paura di perdere ancora un altro referendum sui
temi della bioetica. Si tratta di ragioni squisitamente di contenuto. I diritti che sono al centro
delle questioni bioetiche e che sono stati così bistrattati dal nostro Parlamento non sono
materia di decisione popolare. Così come il Parlamento non dovrebbe, a colpi di
maggioranza, cancellare l’inalienabile sovranità «su se stesso e il proprio corpo» di ogni
individuo, così tale questione non può essere affidata alla volontà popolare. Certo, si può dire
che il referendum il diritto sul proprio corpo intende ripristinarlo, mentre il Parlamento lo
cancella. Ma non basta: fare di inalienabili diritti materia di referendum rafforza comunque la
convinzione che su questi temi la volontà popolare possa essere discriminante.
Su tali questioni, invece, non decidono le maggioranze. I diritti negati dalla legge 40 e dalla
futura legge sul testamento biologico sono conquiste delle società liberali che sono
incorporati nella nostra Costituzione. Non sono materia di voto, né per abrogarli né per
sostenerli. Se sarà approvata, la legge sul testamento biologico dovrà essere smantellata
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dalle corti e dalle sentenze, così come è stato per la legge 40. I «laici», la società civile, i
partiti che vorranno farlo dovrebbero contribuire a questa battaglia di diritto, sostenere ricorsi,
appellarsi alle istituzioni europee e così via. Sui diritti fondamentali non si raccolgono firme:
se si spera che una maggioranza possa sostenerli, si entra in una logica pericolosa e si
accetta la possibilità che altre maggioranze li abroghino.
2172 - I PADRONI DELLA VITA - DI MARIA NOVELLA DE LUCA
da: la Repubblica di venerdì 8 luglio 2011
Una legge che decide sul come e il quando. Sui confini della vita e della morte. Sul domani di
chi si ritrova ad un tratto prigioniero della malattia, della disabilità, del dolore. Del non essere
più padrone delle proprie funzioni più semplici. E dunque senza voce, guidato, condotto,
imboccato, vestito, portato per mano, in braccio, seppure con amore e rispetto. Legato ad una
macchina, ad un respiratore, ad un sondino, ad una carrozzina, ad un letto. La legge sul
biotestamento che la Camera approverà (probabilmente) tra feroci polemiche la prossima
settimana, racconta tutto questo. Legifera su tutto questo. Ossia sul diritto a vivere o morire di
persone incatenate ad una condizione senza speranza. E ci sono voluti vent´anni di dibattiti,
15 di battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge.
Alla fine si è arrivati a un testo che la maggioranza definisce "storico" e l´opposizione e gran
parte del mondo scientifico ritiene invece "mostruoso". Perché come ha sintetizzato in una
battuta cruda eppure efficace il segretario del Pd Pierluigi Bersani, è questo ciò che dice il
legislatore: «Ti libererò dalla tecnica, dalle macchine e dai tubi soltanto quando sarai
morto…».
Non c´è spazio né per la scelta né per la libertà del paziente nell´attuale testo sulle
"Dichiarazioni anticipate di trattamento", che vieta la sospensione dell´idratazione e della
nutrizione ai pazienti anche in stato terminale, prevede che il malato possa indicare soltanto i
trattamenti a cui vuole essere sottoposto in caso di perdita di coscienza ma non quelli che
rifiuta. Ma soprattutto, ed è l´elemento chiave, restringe la possibilità di utilizzare le
"Dichiarazioni anticipate di trattamento" soltanto quando il paziente si trovi nello stato di
"morte corticale". «In realtà – spiega Maria Antonietta Coscioni, co-presidente
dell´Associazione radicale che prende il nome da suo marito Luca, affetto da sclerosi laterale
amiotrofica e morto nel febbraio del 2006, dopo una lunga battaglia per i diritti civili dei malati
- questo è un testo deciso due anni fa, nel giorno della morte di Eluana Englaro, il 9 febbraio
del 2009, quando il partito pro-life del centro destra ma non solo, decise che i giudici non
potevano né dovevano più decidere se fosse legittimo o meno interrompere la nutrizione e
l´alimentazione di una persona in stato vegetativo». Come Eluana appunto. Che pure era
stata bella e forte e aveva più volte ripetuto che per lei quello "stato" non poteva chiamarsi
vita. Ma chi può e deve decidere della nostra vita? Può la politica sancire per legge il diritto a
vivere o a morire?
È lunga la storia del dibattito sul Biotestamento in Italia, ha diviso partiti e coscienze, il primo
documento del Comitato Nazionale di Bioetica è del 1995, sull´onda di una discussione già
attiva da anni in tutta Europa, con alcuni stati come la Danimarca che fin dal 1992 si erano
dotate di una legge sul cosiddetto "living will", che dava cioè la possibilità ad alcune categorie
di malati terminale di chiedere l´interruzione delle cure e del nutrimento.
«In tutti i pareri del Comitato di Bioetica – racconta il ginecologo Carlo Flamigni, che ne è
tuttora membro – pur con un grande lavoro di sintesi tra laici e cattolici restava sempre aperta
una porta alla libertà di scelta del paziente. Nel 2003, nel 2005, fino al 2008 quando però le
cose sono cambiate, l´influenza del Vaticano si è fatta più forte, ed è passata la tesi che
l´alimentazione e l´idratazione fossero non terapia ma cure dovute per alleviare la
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sofferenza….Tesi confutate da tutte le società scientifiche, eppure anche tra quelle posizioni
già restrittive, e il testo che vedo oggi in Parlamento c´è una grande differenza. È come se di
fatto si volesse fare una legge per renderla inapplicabile».
Una legge fatta di no dunque, sulla scia della legge 40 sulla fecondazione assistita, e sulla
quale già si annuncia non soltanto un referendum, ma anche una valanga di ricorsi dei malati
ai tribunali, e di sentenze che potrebbero, esattamente come per la legge 40, smantellarne
l´intero impianto. Eppure, come precisa il medico e senatore Ignazio Marino, «il 90% degli
italiani in realtà vorrebbero semplicemente poter scegliere». Decidere cioè se «utilizzare ogni
tipo di tecnica presente e futura, ogni tipo di trattamento e cura pur in una condizione
terminale - dice Marino, che tiene a precisare la sua fede cattolica – oppure poter decidere di
interrompere lo stato di sofferenza in cui si trovano. Io so che molti cattolici condividono il mio
pensiero, l´obiettivo del legislatore di destra, con una legge che autorizza le dichiarazioni
anticipate di trattamento soltanto quando il paziente è praticamente morto, è quello di far
fallire la legge sul Biotestamento. Quanti italiani andranno a depositare il loro testamento
biologico, rinnovandolo ogni tre anni, sapendo che tanto l´ultima parola è del medico e che la
loro voce non conta? Forse – conclude Marino anche lui con una battuta grottesca – forse a
questo punto la maggioranza dovrebbe introdurre un emendamento che sancisca per legge il
divieto di morire, introducendo magari l´obbligo di cure per i deceduti…».
Eppure, al di fuori della battaglia politica, e con toni pacati, c´è chi questa legge la difende. E
la sua voce va ascoltata, perché Mario Melazzini, oncologo famoso e oggi presidente
dell´Aisla, l´Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, la malattia la vive sulla propria
pelle. Aveva poco più di 40 anni Mario Melazzini, sposato felicemente e con tre figli, quando
nel 2002 gli viene diagnosticata la Sla. Da medico Melazzini diventa paziente, attraversa il
dolore, la disperazione, la paura, la sofferenza, la voglia di morire prima di ritrovarsi in
carrozzina, del tutto dipendente dall´aiuto degli altri. «Invece ad un certo punto – racconta
Melazzini – ho deciso che volevo e potevo convivere con la malattia, che volevo e potevo
essere nutrito con un sondino, non la ritengo una violazione del mio corpo, da sempre mi
occupo dei malati più gravi, quelli oncologici, nessuno mi ha mai chiesto di aiutarlo ad
"andare via". I malati vogliono essere curati, l´unica loro paura è quella di essere
abbandonati. Ritengo indispensabile che in Italia ci sia una legge sul fine vita, e ritengo giusto
non interrompere l´idratazione e la nutrizione, che sono strumenti di supporto vitale per non
inasprire le sofferenze dei malati e non sono certo cure. E difendo anche il ruolo decisionale
del medico, che si fa carico del paziente, e di fronte ad alcune scelte può anche dire no…
Perché magari dal momento in cui il malato ha scritto le proprie volontà a quando la malattia
si manifesta potrebbero essere arrivate nuove terapie, nuovi farmaci che possono aiutare
quel paziente non a prolungare la sua sofferenza, ma a stare meglio. E il medico deve agire».
Melazzini ha scelto. Molti altri pazienti non possono scegliere perché da tempo hanno perso il
dono della lucidità o perché invece quel loro volere non possono esprimerlo, imprigionati in
corpi senza voce e senza più forze. Da mesi in realtà gli stessi medici, e soprattutto i
rianimatori, esprimono le loro perplessità su questo testo di legge (inasprito anche rispetto
alle altre versioni votate dal centrodestra) al ministro Fazio, di fronte ad un corpus di norme
che li rende enormemente responsabili. Racconta un medico anestesista di un famoso
nosocomio romano: «Ci sono pazienti che si attaccano anche all´ultimo soffio di vita, altri che
invece te lo chiedono con la voce, con gli occhi, con le mani: voglio la pace, voglio andare
via…Non sarebbe giusto che potessero scegliere?».
2173 - SIAMO NOI I PADRONI DELLA NOSTRA VITA - DI UMBERTO VERONESI
da: la Repubblica di venerdì 8 luglio 2011
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Per chi esprime il pensiero laico della società civile, al di fuori delle ideologie e delle fedi, i
sentimenti di fronte alla legge sul biotestamento in via di approvazione alla Camera sono
essenzialmente due: stupore e incredulità. Non capiamo come può il Parlamento prendere
decisioni che calpestano i diritti individuali tutelati dalla Costituzione, quale quello,
fondamentale, di decidere come vivere e come non vivere. E inoltre non crediamo che lo
possa fare. Capiamo invece che il dibattito sulla vita, la sua qualità e la sua fine, passa
attraverso dilemmi etici e filosofici, oltre che medico-scientifici, che la politica non riesce a
trattare, e capiamo dunque la difficoltà per ogni singolo parlamentare nel dare un voto in
piena consapevolezza e coscienza su questa materia.
Per questo la maggioranza di noi chiede di fermare l´iter legislativo, nella convinzione che
l´assenza di una legge sia un male minore rispetto a una cattiva legge. La mancanza di una
normativa permetterebbe a tutti, medici e cittadini, malati e famigliari, di comportarsi nel modo
più appropriato, caso per caso, rispettando così al massimo l´unico punto fermo: la volontà
della persona e la sua inviolabile dignità. Ci consideriamo un Paese civile e abbiamo fiducia
nella nostra capacità di scelta come individui e come comunità. Inoltre siamo aiutati da
strumenti condivisi anche a livello internazionale, come il nuovo codice di deontologia medica
e la Convenzione di Oviedo sui diritti del malato. È vero che molti giuristi e molti medici, e io
per primo, avevano auspicato una legge sul testamento biologico, come forma di tutela
ulteriore della volontà della persona ed estensione naturale del Consenso Informato, già
norma in Italia. Ma i fatti ci hanno purtroppo dimostrato che i tempi non sono maturi: ci siamo
paradossalmente ritrovati di fronte ad un disegno di legge che, unico caso nelle democrazie
avanzate, nega l´autodeterminazione dell´individuo.
Per capire il peso morale e intellettuale del tema del "fine vita", non è necessario fermarsi a
meditare sulla morte. Tutti amiamo la vita, segretamente sogniamo l´immortalità e preferiamo
rimuovere il pensiero della fine. Sono convinto però che la maggioranza di noi adulti è stato
sfiorato da una situazione in cui ha percepito il pericolo di vita o si è domandato dove si
colloca, per ognuno, l´asticella di quella vita che vale la pena di essere vissuta. Questo è il
cuore del problema, così intimo, su cui il Parlamento si appresta a legiferare nel modo
peggiore possibile: appropriandosi del potere di decidere per noi che cosa fare della nostra
vita. Per esempio è stato approvato il "semplice" divieto di qualunque forma di eutanasia. Io
mi chiedo però se i parlamentari conoscono il significato stesso del termine eutanasia. Esiste
il lasciar morire (sospendere le terapie), l´aiutare a morire (aumentare le dosi di farmaco
sapendo di anticipare la fine) e il far morire (indurre la morte quando richiesta).
Giuridicamente c´è una grande differenza, ma eticamente no. Tutti e tre questi atti hanno lo
stesso risultato: soddisfare il desiderio di una persona di mettere fine a una vita che egli
giudica insopportabile per il dolore e non più dignitosa. Il legislatore dovrebbe dunque
specificare cosa intende. Ad esempio il lasciar morire è ammesso anche dalla Chiesa: questo
fu il caso infatti di papa Wojtyla ed anche l´aiutare a morire è stato considerato legittimo da
papa Pio XII, come appare nel suo discorso al Congresso nazionale degli anestesisti del
1957.
Il testamento biologico, poi, è ancora più confuso. È nato come strumento di
autodeterminazione, per dare la possibilità ai cittadini di dire no, se lo desiderano, alla vita
artificiale: lo stato vegetativo permanente in cui un corpo può restare indefinitamente senza
coscienza, senza vista, senza udito, senza gusto, appunto come una pianta. La legge attuale,
invece, rendendo obbligatoria l´idratazione e alimentazione artificiale, che sono le condizioni
di mantenimento dello stato vegetativo, di fatto ci impone la vita artificiale, che lo vogliamo o
no. Tutto il mondo civile ha scelto un criterio per semplificare la complessità delle scelte che
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riguardano la vita individuale: la volontà della persona. In molti, in Italia, pensiamo che
dovremmo adottarlo anche noi.
2174 - EUTANASIA DEL PARLAMENTO - DI FURIO COLOMBO
da: il Fatto di domenica 10 luglio 2011
E’difficile immaginare giorni più squallidi di questi in Parlamento, mentre è in discussione una
penosa legge che vieta ai cittadini, in modo dettagliato e poliziesco, ogni possibilità di
scegliere e dichiarare in anticipo come, in una situazione di fine vita, vorrebbero morire, se
con le macchine o affidati al decorso della natura e del buon medico. Dimenticate il buon
medico. "Il medico non può prendere in considerazione Indicazioni del paziente orientate a
cagionare la morte". Ricorderete che era quello che Piergiorgio Welby disperatamente
chiedeva, non perché innamorato del suicidio ma perché travolto dalla pena delle terapie
obbligatorie . C'è, qualcuno che non vorrebbe una buona cura ,se quella cura ci fosse? Qui
stiamo parlando del confine estremo, ma la spensierata maggioranza del Parlamento, Lega
Nord inclusa (quella che si immagina tutto buon senso e famiglia), va via come il vento a
votare " proibito", " impossibile", " impedito", " mai e poi mai", come se fosse in discussione
una dieta.
E via a votare che "il parere espresso dal collegio dei medici non è vincolante per il medico
curante, il quale non è tenuto a porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di
carattere scientifico e deontologico". Ecco introdotta la obiezione di coscienza sul corpo
sofferente del povero inconscio. Ed ecco che cosa si intende per "convinzioni di carattere
scientifico e deontologico": "l'alimentazione e la idratazione, nelle diverse forme in cui la
scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e
fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita."
Inutilmente medici del livello scientifico e della esperienza professionale di Umberto Veronesi
e di Ignazio Marino, che sono membri del Parlamento, hanno spiegato in ogni sede che non è
vero, sostenuti dalla scienza medica del mondo . Che cosa volete che conti di fronte al
ricettario della dottoressa onorevole Binetti, psichiatra sfuggita alla sua specializzazione e
autrice del comma 5, art.3 della legge ancora beffardamente intitolata "Disposizioni in materia
di alleanza terapeutica, di consenso Informato, e di dichiarazioni anticipate di trattamento"?
Priva di ogni preoccupazione al mondo, salvo di piacere al Vaticano (parte antica e retrograda
di una potente burocrazia che per il momento tiene bloccato e sotto minaccia il sentimento
della pietà), la maggioranza della Camera dei Deputati va avanti spedita e vota senza
pensieri e senza un minimo di riflessione e di coerenza anche questa conclusione dell'articolo
3, comma 5:" Esse (alimentazione e idratazione) non possono formare oggetto di
dichiarazione anticipata di trattamento". La vendetta contro Eluana Englaro continua. A
quanto pare per questa gente (votano tutti, compunti e lieti, come se capissero che cosa
stanno facendo, oltre che compiacere Il monsignore, come se sapessero quanta sofferenza
stanno preparando soprattutto per i più poveri e i meno assistiti) a quanto pare, per questa
gente uguaglianza vuol dire avere diritto tutti alla stessa sorte: dicano le macchine, e non
l'amore e la scienza medica, quanto può durare un corpo oltre la vita finita e quanto deve
patire un essere umano morente per essere in linea col catechismo.
Ma l'ipocrisia di una così pesante imposizione legislativa sui cittadini è detta bene nel comma
2 dell'articolo 1. Sentite, e riflettete almeno per un istante sulle parole che seguono (e intanto
pensate a Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Luca Coscioni): " La presente legge garantisce
politiche sociali ed economiche volte alla presa in carico del paziente, dei soggetti incapaci di
intendere e di volere e della loro famiglia".
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Prima di esclamare "con che coraggio si permettono di dire queste cose, in questi giorni?"
andate avanti, all'articolo 9, comma 4: " Dal presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All'attuazione del medesimo si provvede
nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente."
Voglio ricordare ancora, per un momento, il titolo di questa legge triste e bugiarda:
"Disposizioni in materia di alleanza terapeutica...". Alleanza, qui, significa imposizione,
obbligo, sottomissione.
Come avete visto, tutto ciò che ha a che fare con il testamento biologico, così come è inteso
nelle società libere e democratiche, dove I cittadini sono rispettati, che siano vivi, morti o sul
punto di morire, è proibito in questa legge. E' giusto ricordare che Pd e IDV fanno opposizione
continua. Ma il Pd - nonostante la invocazione di Bersani, "per favore, in nome del'umanità
fermatevi!" - è diviso e Indebolito dall'equivoco religioso. Non c'è niente di religioso, in questa
legge spietata. E per fortuna ci sono cattolici appassionati e convinti che lo vedono bene e lo
testimoniano. Però la barricata di resistenza è composta dalle centinaia di emendamenti dei
sei deputati radicali eletti nel Pd. Li ho firmati tutti, almeno per lasciare una traccia: la civiltà è
passata alla Camera dei Deputati nei giorni tristi del fondamentalismo vaticano.
E’ passata ma non ha potuto fermarsi.
2175 – BIOTESTAMENTO: IL DIRITTO DI DECIDERE - DI GIANNI CUPERLO
da: l’Unità di lunedì 7 luglio 2011
Alla vigilia di un voto rivelatosi per loro una debacle, persino del testamento biologico la
maggioranza si era spinta a fare un’arma di campagna elettorale. Per fortuna l’elettorato si è
mostrato assai più maturo della destra. Ma adesso siamo al dunque e domani salvo sorprese
la Camera licenzierà una legge ideologica, incostituzionale e lesiva della dignità della
persona. L’arbitrio maggiore è in una norma che sottrae al malato la responsabilità di
decidere a quali terapie sottoporsi nel caso di una condizione irreversibile di incoscienza e di
incapacità di intendere e di volere. Sul punto il testo prevede una soluzione irrazionale e in
aperto contrasto col principio del rispetto della persona umana sancito dall’articolo 32 della
Costituzione. Come altri, penso anch’io che la relazione di ciascuno con la fine della vita non
sia, in termini legali e sul piano materiale, un fatto soltanto individuale. Molti elementi
concorrono a fissare quella relazione: i legami affettivi, il rapporto fiduciario con i medici,
l’ambito della ricerca. Su di un piano parallelo, abbiamo alle spalle un tempo storico durante il
quale sia l’ordinamento giuridico che la deontologia medica, e aggiungo il maturare della
coscienza civile, hanno affermato una serie di acquisizioni. Ne cito almeno tre. Il diritto al
consenso informato. La inviolabilità dell’individuo in rapporto a eventuali terapie. E infine,
profonda eredità del ‘900, la dignità del soggetto e il rigetto di qualsiasi concezione dello Stato
tale da trasferire l’esistenza individuale nella disponibilità di un potere esterno all’individuo
stesso.
Il rispetto di queste acquisizioni è parte di una idea contemporanea della democrazia e dello
stato di diritto mentre nulla ha a che fare con un presunto relativismo morale. Se queste sono
le premesse, quando si ragiona su una buona legge in materia di fine vita non è in
discussione una concezione del vivere e del morire, aspetto che attiene alle convinzioni
soggettive o collettive di comunità civili e religiose. Lo ricordo perché se il traguardo della
politica è condurre i diversi convincimenti morali a un assoluto senza distinzioni l’esito non
potrà che essere di tipo autoritario e questo perché a seconda dei rapporti di forza si
determinerebbe l’imposizione di un’etica sulle altre, il che in una democrazia non può mai
accadere. Quindi, almeno in democrazia, per quanti sono chiamati a scrivere le leggi il tema
non è riversare nella regola la propria concezione della vita o della dignità del vivere.
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Compito dei legislatori è individuare una norma che in ragione della sua universalità
garantisca a ogni persona il diritto a vedere rispettata la propria dignità quando in discussione
siano la sua vita, il suo giudizio sulla propria esistenza e la decisione su di sé. Purtroppo è
esattamente su questo punto che la legge del governo esprime tutta la propria arroganza. Nel
sottrarre, con una logica prescrittiva, il corpo del malato alla persona del malato. In questa
scissione insensata tra il potere dello Stato sul corpo e la riduzione della coscienza a fattore
non vincolante nelle decisioni della persona c’è la contraddizione di una normazione
regressiva. Ma è esattamente ciò che loro intendono fare in violazione delle norme
costituzionali, dei principi sanciti in una serie di trattati e protocolli internazionali e, infine, in
aperto contrasto con un criterio di umanità.
Potrei citare a sostegno le sentenze della Consulta a partire dal diritto della persona di
“disporre del proprio corpo”, ma stiamo alla sostanza e al fatto che le relazioni tra il malato, i
suoi affetti più cari e le strutture mediche che lo hanno in carico non possono in alcun caso
sottrarre a me, e dunque alla singola persona, la decisione responsabile sulla mia vita e su
ciò che io considero compatibile con la mia dignità. Qui c’è il punto delicato che riguarda il
tema della vita come bene indisponibile. Ora, la formula sembra dotata di una sua forza
oggettiva ma non è così. Sulla base delle leggi esistenti non è così.
Quando un malato, cosciente delle conseguenze, rifiuta una terapia egli esercita il diritto a
disporre della propria vita. E ciò accade dinanzi al rifiuto di un’amputazione o di una
trasfusione. In quella scelta – sofferta, tragica, ma libera – vi è la forza di un diritto mite che
non sottrae alla persona la possibilità di decidere ciò che è più giusto per sé. Dunque non è
vero che la vita in sé sia un bene indisponibile in termini assoluti. È vero, invece, che la vita di
ogni singola persona non è un bene disponibile ad altri che a sé medesima. Come la legge
stabilisce. Come il diritto prevede. Come la nostra civiltà ha riconosciuto. Ed è una questione
di principio dalla quale discendono due snodi decisivi: il carattere vincolante della Dat e il
ruolo riconosciuto del fiduciario laddove tra la dichiarazione anticipata e il momento di
un’eventuale decisione terapeutica sia trascorso un tempo tale da esigere una attualizzazione
della volontà del soggetto.
In tanti, nei mesi passati, hanno denunciato i rischi di una legge impietosa e hanno spiegato
che a fronte di una brutta legge sarebbe preferibile non legiferare. In molti siamo d’accordo e
ci batteremo per questo. Ma tanto più i riflettori vanno accesi perché la questione entra ora
nell’ultimo miglio ed è bene che queste voci si levino alte. Come ha fatto l’appello promosso
dall’Associazione “Democrazia Esigente” pubblicato nei giorni scorsi su l’Unità, sottoscritto da
personalità, operatori, parlamentari e che in modo equilibrato rivendica un sussulto di dignità
da parte del Parlamento.
Sarebbe un errore grave se la politica, per ragioni di convenienza, chinasse gli occhi di fronte
a uno sbrego di civiltà e a uno strappo tale nella tradizione più elevata del nostro pensiero
laico e costituzionale.
E allora se è vero – ed è vero – che nel paese il vento sta cambiando, facciamolo capire
anche da una battaglia così decisiva e che molto dirà sull’Italia di domani.
2176 - SUL FINE VITA MEGLIO NON LEGIFERARE - DI PIERLUIGI CASTAGNETTI
da: l’Unità di lunedì 11 luglio 2011
Domani la Camera approverà la legge sulle cosiddette Dat. Una legge confusa e sbagliata in
sé, e sbagliata perché viene fatta. Io sono tra quelli che pensano che sul “fine vita” non debba
esserci una legge. Nessuna legge. La morte infatti è, come si dice, la parte più difficile e
importante della vita e appartiene tutta intera alla persona. Ogni morte è singolare, lo è anche
negli eventi drammatici che possono colpire una intera collettività. Anche in quel caso si
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celebra l’incontro di una persona con la sua propria morte. Chi ne è esterno, è inevitabile e
giusto che rimanga tale. Per questo ritengo assurdo legiferare e giuridicizzare il fine vita come
evento astratto e generale. Credo che basti dire ciò che l’ordinamento già afferma: No
all’anticipazione e no al ritardo, No all’eutanasia e no all’accanimento terapeutico.
Sono convinto che il letto del paziente terminale diventi, a prescindere dalle ragioni di fede
che possono esserci o non esserci, il luogo sacro in cui arde l’ultima drammatica domanda
“Perché Signore…fino a quando? “, al quale chi vi si accosta, nel dolore e nel mistero,
avverte tutto il rischio, il peso e la violenza di una possibile invasività della tecnica e della
legge. Sì, perché anche la legge, quando pretende di prevedere e imbrigliare tutte le
circostanze che inevitabilmente le sfuggono, può diventare invasiva e ingiusta. Queste sono
le ragioni per cui io, insieme ad altri colleghi, ritengo sarebbe saggio, siamo ancora in tempo,
fermarsi e non legiferare. Vi è infatti una etica del limite anche per il legislatore. Scriveva molti
anni fa il filosofo del diritto Jacques Ellul: “Un eccesso di diritto e rivendicazione giuridica
sfocia in una situazione nella quale al termine, il diritto stesso diventa inesistente”. Stiamo
vivendo tempi infatti in cui, la norma positiva statale o metastatale, tende sempre più a
definire ogni aspetto della vita sociale, occupando territori che, fino a poco tempo fa, erano
governati dall’etica dei comportamenti e del buon senso, e ciò spesso avviene anche con
l’oggettiva complicità di tanti credenti che rischiano in buona fede di scivolare verso una vera
e propria idolatria della legge, della forza delle legge per garantire la virtù. È un esercizio
difficile per il legislatore e il politico misurarsi con il limite, con ciò che non può fare e persino
con ciò che non può impedire, ma, come esortava Pietro Scoppola, dovremmo amare la
politica “Come disegno per il futuro, come valutazione razionale del possibile e come
sofferenza per l’impossibile”.
Vi sono temi, osservava ancora A.C. Jemolo, che la legge può solo lambire, e la morte è
senz’altro tra questi. So benissimo – ho ascoltato nel dibattito in aula di questi giorni tanti
colleghi che pure mi dicevano di condividere la mia posizione contro l’ipotesi di una qualsiasi
legge che ora sarebbe necessario intervenire a causa di quella sentenza creativa della corte
di cassazione sul caso Englaro. Anch’io sono convinto che quella sia stata una sentenza
creativa, che è andata cioè oltre il dettato dell’articolo 101 della costituzione, e pure mi
permetto di osservare che, se questa sentenza ha potuto esserci in presenza delle previsioni
che il nostro codice penale fa agli articoli 575 (contro l’omicidio), 579 (contro l’omicidio del
consenziente), 580 (contro l’istigazione e l’aiuto al suicidio), 593 (contro l’omissione di
soccorso), non sarà per una norma in più che si riuscirà ad evitare ciò che si giudica
negativamente. Anche per questo il parlamento dovrebbe fermarsi e riflettere sull’opportunità,
anzi sulla necessità di riconoscere per sé limiti che non possono essere valicati poiché non
tutto è riconducibile e disciplinabile dalla legge, non tutto appartiene alla disponibilità della
politica.
Questa materia in particolare appartiene tutta intera alla relazione umana e dolente che
attiva, proprio quando è giunto il momento in cui si contano le ore e i minuti, una vera e
propria alleanza spirituale e terapeutica fra il paziente, i suoi familiari o i suoi fiduciari e il
medico. È li che si prendono le ultime decisioni, nel rispetto del paziente, delle sue volontà e
del diritto di accogliere la morte perché anche la morte va saputa accogliere con la dignità
che neppure il mistero del dopo può comprimere.
2177 - DDL CALABRO' E' CRUDELE E IMPORRA' NUOVE SOFFERENZE AI CITTADINI
Comunicato stampa del Coordinamento Laico Nazionale – martedì 12 luglio 2011
“Le associazioni aderenti al Coordinamento Laico Nazionale sono portatrici di diverse opzioni
filosofiche, esistenziali e confessionali, eppure unite dai seguenti principi: difendere e
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rispettare l'autodeterminazione terapeutica, diritto soggettivo e perfetto; difendere la laicità
delle Istituzioni, con la consapevolezza che è questa la premessa ineludibile per il rispetto di
tutte le molteplici diversità presenti nella società italiana, sempre più plurale”.
“Fermo restando che tutti hanno diritto alle cure e all'assistenza, l'articolo 32 della
Costituzione riconosce ad ogni singola persona il diritto di non curarsi, anche se tale condotta
può esporla al rischio della morte”.
“La volontà espressa dalla persona, doverosamente informata, è il presupposto della stessa
liceità del trattamento sanitario, che per sua natura ricomprende anche l'alimentazione e
l'idratazione forzata, in quanto presuppone l'intervento di sanitari e della somministrazione di
farmaci. Se alcune cautele sono ovviamente necessarie, esse attengono unicamente alla
verifica della reale volontà della persona (testamento biologico) e alle garanzie che essa sia
attuata. Il consenso espresso dall'individuo è infatti l'unico presupposto per la liceità
dell'attività del medico, al quale non è riconosciuto un generico diritto di curare a prescindere
dalla volontà dell'ammalato”.
“Se il diritto all'autodeterminazione terapeutica viene riconosciuto in maniera indiscutibile a chi
è in grado di intendere e di volere, negarlo a chi ha perso queste capacità significa
disconoscere il suo essere “una persona”. Significa negare la condizione di individuo a coloro
che hanno perso le capacità intellettive e volitive. Significa spogliarli dei loro diritti, calpestare
la loro dignità e disconoscere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.
“Il solo pensiero che la violenza di un trattamento sanitario possa essere imposto ad una
persona anche in presenza d'una esplicita volontà contraria dovrebbe giustamente
spaventarci da un lato e, dall'altro, stimolarci alla ribellione civile. E senza dubbio questa
violenza va definita come inutile e crudele”.
“Per questi motivi con fermezza diciamo no al ddl Calabrò, con la consapevolezza che la vita
del diritto e il diritto a una vita e a un fine-vita autodeterminato s'intrecciano
indissolubilmente”.
Maurizio Cecconi e Cinzia Gori
Portavoci del Coordinamento Laico Nazionale
Associazioni aderenti al Coordinamento Laico Nazionale
Academia Philosophiae Naturalis
AldES - Associazione Laica di Etica Sanitaria
Arcigay Roma
Arcigay Valle d'Aosta
Associazione Azimuth
Associazione Culturale Altrevie
Associazione Culturale Civiltà Laica
Associazione Culturale Itinerari Laici
Associazione Difesa Consumatori e dei Diritti Civili
Associazione Diritti e Torti
Associazione Famiglie Arcobaleno
Associazione Forum Donne Giuriste
Associazione Laicità e Diritti
Associazione La Meridiana
Associazione Libera Uscita
Associazione Per Eluana
Associazione radicale Adelaide Aglietta
Associazione radicale Certi Diritti
Associazione radicale Valdostana "Loris Fortuna"
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Associazione Viottoli
Centro di Documentazione, Ricerca e Studi sulla Cultura Laica Piero Calamandrei
Circolo Liberalsocialista "Carlo Rosselli"
Comitato Altavoce
Comitato Laici Trentini
Comitato Piero Gobetti
Consulta di Bioetica
Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Napoletana per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Provincia di Pesaro Urbino per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Triestina per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Valle d'Aosta per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Verbano-Cusio-Ossola per la Laicità delle Istituzioni
COOGEN – Coordinamento Genitori Nidi Materne Elementari Medie
Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni
Coordinamento Torino Pride LGBT
CRIDES - Centro romano d'iniziativa per la difesa dei diritti nella Scuola
Democrazia Laica
Fondazione Critica Liberale
Fondazione Religionsfree
Iniziativa Laica
Liberacittadinanza
Liberi di Decidere
Movimento Radical Socialista
Per l'Umana Stagione
Rete Laica Bologna
Società di Cremazione di Mantova
Società di Cremazione di Novara
Società di Cremazione di Udine
UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
YWCA/UCDG – Unione Cristiana delle Giovani
Media
Cattolicesimo reale
Cronache Laiche
Informare per Resistere
Italialaica.it
L'Ateo
LucidaMente – Rivista di cultura ed etica civile
No God - Atei per la laicità degli Stati
Non Credo
Quaderni Laici
UAAR Ultimissime
Verità Laica
2178 - SIAMO SENZA PAROLE, LE ABBIAMO FINITE TUTTE - CONSULTA DI BIOETICA
Comunicato della Consulta di bioetica – 13 luglio 2011
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Siamo sbigottiti e ormai senza parole. Gli appelli alla razionalità non sono valsi a nulla e la
Camera ha approvato una legge iniqua e senza pietà.
Come è noto il mandante della legge è la gerarchia della Chiesa cattolica, che si rivela essere
(come al solito) sostenitrice di una posizione contro la libertà e l'umanità.
Non ci resta che rimboccarci le maniche e riprendere il lavoro di ricostruzione morale per
riaffermare l'autodeterminazione.
Maurizio Mori - presidente
2179 - CONTRO LA LIBERTA’ (E LA LOGICA) - DI CINZIA SCIUTO
da: www.micromega.it di mercoledì 13 luglio 2011
Quando venne approvata da questo governo l’infame legge che obbligava i medici a
denunciare gli immigrati non in regola, in moltissimi ospedali e ambulatori vennero affissi
volantini con su scritto: «Noi curiamo, non denunciamo». Speriamo che un simile sussulto di
dignità e deontologia professionale colga nuovamente i medici e che in tutte le terapie
intensive, in tutti i reparti che ospitano malati in condizioni molto gravi, ma anche in tutti gli
studi medici, gli ambulatori, i consultori venga scritto a caratteri cubitali: «Noi curiamo, non
torturiamo».
Perché a questo saranno obbligati i medici che non vorranno violare la nuova legge contro il
testamento biologico, approvata ieri alla Camera (e che dovrà adesso tornare in Senato,
poiché a Montecitorio sono state approvate delle modifiche, perggiorative, al testo già
passato a Palazzo Madama). Una legge che è in realtà un cavallo di Troia per introdurre nel
nostro ordinamento alcuni (assurdi e impraticabili) divieti circa i comportamenti da adottare
quando si è alla fine della propria vita, completamente dipendendenti dagli interventi medici
per continuare a vivere.
Il DDL Calabrò era già una pessima legge. Ieri i nostri deputati sono riusciti nell’ardua
impresa di peggiorarla. Introducendo delle norme che non solo sono completamente contrarie
al rispetto della libertà personale e di coscienza, ma spesso anche del tutto prive di logica e di
un pur minimo senso. Prendiamo la norma più clamorosa – non a caso voluta dall’ineffabile
onorevole Binetti – che prescrive che nelle «dichiarazioni anticipate di trattamento» (Dat) si
potranno dare «orientamenti» solo sulle terapie che si vogliono accettare mentre nulla si potrà
dire su che quelle che si vogliono rifiutare. L’assurdità della norma è palese ad ogni essere
pensante, categoria di cui evidentemente la Camera è carente. Nessuno – neanche un
medico, figuriamoci un qualunque cittadino – può prevedere di quali cure avrà bisogno in un
futuro e in una condizione assolutamente indeterminati. E poi, cosa vuol dire? Che tutto
quello che non è espressamente accettato nelle Dat è vietato? Oddio, e se nelle Dat non c’è
scritto che accetto una trasfusione di sangue che succede? Non me la fanno? Allora, bisogna
che in queste Dat siano espressi in maniera chiara, esplicita e dettagliatissima tutti gli
interventi medici possibili e immaginabili, fino al prelievo per le analisi del sangue.
Ovviamente le cose non stanno così. La norma è stata pensata esclusivamente per impedire
che in un testamento biologico degno di questo nome qualcuno osi scrivere quello che NON
vuole, che poi sarebbe l’unica ragione per farlo.
Ricapitoliamo: le Dat non sono obbligatorie; nelle Dat si possono solo dare orientamenti e non
esprimere precise volontà; le Dat non sono vincolanti; nelle Dat non si può dire quello che
non si vuole; e soprattutto dalle Dat sono esclusi nutrizione e idratazione artificiali. Ma allora,
perché si dovrebbero fare? Non era molto più semplice – e anche meno costoso, visto che di
queste Dat bisognerà tenere un registro – una legge di un solo articolo che recitasse: «Il
paziente non ha nessuna voce in capitolo su come deve vivere e morire»? Non è una
provocazione, è esattamente il contenuto della odiosa legge.
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La quale prevede anche una ciliegina sulla torta. Nel caso in cui le Dat non prevedano la
nomina di un fiduciario, la nuova legge stabilisce che il compito del fiduciario sia svolto dai
familiari «indicati dal Codice civile». Un modo subdolo per escludere dalle decisioni sul fine
vita i conviventi.
Una legge che, parola di Sacconi, «riafferma il primato del Parlamento rispetto ai
provvedimenti creativi della magistratura». Qualcuno dica a Sacconi che i «provvedimenti
creativi» della magistratura non sono dei capricci fantasiosi di qualche giudice, ma la normale
prassi griurisdizionale: il giudice «crea» sempre una norma particolare, applicando le norme
generali ai casi individuali. E con questa legge, a essere affermato non è certo il primato del
Parlamento sui giudici (che, per di più, si troveranno a dover far fronte a una valanga di ricorsi
per mettere delle pezze di buon senso a una legge tecnicamente assurda). Semmai, afferma
l’arbitrario e violento primato dell’oscurantismo sulla libertà.
2180 - SIAMO LIBERI SOLO SE MORTI (E NON SEMPRE) - DI FABRIZIO TASSI
da: www.micromega.it di mercoledì 13 luglio 2011
Mi fanno tenerezza quelli convinti che Dio sia dalla loro parte. Che una qualche Entità
Sovrannaturale stia combattendo la sua battaglia contro il Male attraverso gente come la
Binetti e Buttiglione, Giovanardi e il cardinal Bertone, Eugenia Roccella e Magdi Cristiano
Allam. Sarebbe un dio in stato confusionale. Privo del benché minimo senso dell’umorismo.
Un dio piccolo piccolo, che agli uomini preferisce i caporali (ah, santo Totò!), e non ha
imparato nulla dalla storia del mondo (teocratico per ovvi motivi, un tempo monarchico
convinto, oggi si accontenta di Lupi, Fioroni e Casini).
Mi fanno paura quelli convinti di battersi per la Verità e la Vita, soprattutto se manovrano
consensi e votano leggi demenziali, come quella sul testamento biologico, in cui si dice che
possiamo decidere cosa fare della nostra vita, del nostro corpo, della nostra libertà, solo se il
medico è d’accordo («Gli orientamenti espressi dal soggetto nella sua dichiarazione
anticipata di trattamento sono presi in considerazione dal medico curante che, sentito il
fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno») e,
sostanzialmente, solo se siamo già morti (il bio-testamento viene applicato solo per chi è
«nell’incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le
sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa corticosottocorticale»).
Farebbe anche ridere, una cosa del genere, se non fosse così disumana, grottesca, infame,
violenta. In questo momento non bisogna avere paura delle parole. Di chiamare le cose con il
loro nome. Anche, volendo, di appellarsi a un dio più ragionevole (più spirituale?) di quello a
cui fanno riferimento i talebani della Vita (tutti gli altri, ovviamente, sono per la Morte, Dio non
ama le sfumature), i neo-materialisti cattolici che misurano l’esistenza in base ai parametri
biologici (hanno segretamente smesso di credere nell’anima e nella coscienza individuale), i
devoti che non riescono a distinguere tra il Vaticano e il Regno dei Cieli.
Cosa passa per la testa di chi dichiara (Eugenia Roccella) che questa legge «tutela la dignità
della vita umana»? Esistesse davvero quella parodia del divino (praticamente una
bestemmia) a cui fanno riferimento certi politici nostrani, non potrebbe accettare un
ribaltamento della realtà così sfacciato e offensivo (cosa c’è di dignitoso in un corpo violato da
tubi e buoni propositi “cristiani” contro la sua volontà, in nome dello Stato e della Chiesa?
L’idratazione e l’alimentazione artificiale saranno obbligatori senza se e senza ma, contro
ogni logica anche medica, oltre che etica).
MI fanno incazzare quelli che dicono “l’abbiamo fatto per Eluana”. Come se il modo migliore
per onorare la sua memoria fosse quello di obbligarci per legge a vivere il suo stesso martirio.
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Cos’è, una specie di vendetta postuma (diabolica)? Un anticipo di purgatorio in Terra per i
miscredenti? Un’occasione di santificazione offerta a famigliari e amici dei non-più-vivi-nonancora-morti? Il bello è che si riempiono la bocca di “legge naturale”, “famiglia naturale”,
“morale naturale”.
Ci spieghino cosa c’è di naturale in uno stato vegetativo permanente letteralmente creato
dalla tecnologia medica (è tecnologia anche la procreazione assistita, che è sì al servizio
della vita, ma viola la legge del dio cattolico-vaticano: o lui, ultimamente, si sta spiegando
male, oppure i suoi interpreti hanno qualche problema di comprensione). Ci aiutino anche a
capire perché in questo benedetto (?) Paese ogni spazio di libertà civile ed etica va strappato
coi denti, attraverso battaglie ideologiche laceranti, manifestazioni indignate, referendum
epocali (lo sanno anche loro come la pensa la maggioranza degli italiani, credenti compresi).
Questo però ce lo devono spiegare soprattutto i cattolici del Pd che si sono girati dall’altra
parte. C’è ancora qualcuno tra loro convinto che la “coscienza cristiana” vada imposta per
legge? Che è meglio mettere tutti sotto tutela giuridico-morale, piuttosto che lasciare ai
cittadini la possibilità di scegliere con la propria testa (la propria fede o non fede, la propria
filosofia di vita) e magari “sbagliare”?
2181 - SOFFOCATI DAL SONDINO OSCURANTISTA - DI MARIA MANTELLO
da: www.micromega.it di mercoledì 13 luglio 2011
Si sta chiudendo il cerchio per negare il diritto ad essere proprietari della propria vita sempre.
Il ddl Calabrò avanza a grandi tappe e per essere liberati dal sondino di Stato bisognerà che
l'organismo sia definitivamente ‘andato’. E quindi non più in grado di assorbire alimentazione
e aerazioni artificiali. Quelle che il ddl Calabrò, onde evitare altri fastidiosi casi Englaro,
esclude dai trattamenti sanitari. Insomma il sondino sarà lo spettro che sovrasterà ognuno,
perché tutti potremo trovarci nella condizione di diventare ostaggio di intubazioni e
macchinari, costretti a sopravvivere in una condizione di tortura. Di non vita. Contro la nostra
volontà. E a niente varranno le volontà anticipate sul fine vita, perché considerate
“orientamenti” da prendere in considerazione per altro solo se si è in stato vegetativo
irreversibile, fatto coincidere con “l’assenza di attività cerebrale integrativa corticosottocorticale”.
È questa la patente di ‘scientificità’ dell’emendamento passato alla Camera, che ribadisce
sempre e comunque il fatto che la decisione se staccare il sondino spetta ad una terna di
medici (anestesista, neurologo, specialista) “designati dalla direzione sanitaria della struttura
di ricovero”, con l’aggiunta del medico curante del paziente. Evidentemente in strutturale
ruolo minoritario. E non c’è da dormire tranquilli per questo ruolo decisionale dato alle
amministrazioni sanitarie dove si è ricoverati, se si pensa al fatto che ad occuparsi di lunghe
degenze e di malati terminali sono per lo più le cliniche cattoliche, dove i dipendenti (medici
compresi) per contratto devono aderire all’impostazione ideologica del loro datore di lavoro: il
Vaticano.
Del resto è proprio la conferenza episcopale ad essere la più soddisfatta, come si legge dalle
colonne del quotidiano dei vescovi: «La legge in corso di approvazione sottrae
l’autodeterminazione del volere all’arbitrio eutanasico, rapportandola alle ragioni
dell’intelligenza, che sono le ragioni del bene morale della vita e della sua inviolabilità». Non
staremo qui a ricordare la vecchia riproposizione che una siffatta affermazione evidenzia nella
pretesa di inglobare intelligenza – scelta – volontà nel confessionalismo di una chiesa che
delle vite e sulle vite pretende di avere l’appalto. Ma abbiamo il dovere categorico (razionale)
di denunciare con forza che questa è una legge che sacrifica al precetto il diritto dei cittadini
alla propria autodeterminazione e mette sotto scacco la sovranità dello Stato, tradendone il
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valore laico e con esso il diritto umano non negoziabile di essere ognuno il proprietario
dell’unica vita concreta che abbiamo a disposizione con certezza. E nella quale – proprio
come la Costituzione repubblicana stabilisce – siamo anche liberi di scegliere a quali
trattamenti sanitari sottoporci.
Berlusconi e la sua “maggioranza” parlamentare l’avevano promessa al Vaticano questa
legge. L’avevano messa in sordina dopo le sconfitte alle amministrative e ai referendum. Ma
ecco che proprio dopo quelle sconfitte, alla ricerca di benedizioni di riscatto e nel mercimonio
delle assoluzioni, vogliono affrettarsi a concludere. Ecco allora la fretta di sfornarla dalla
Camera questa legge. Prima della chiusura estiva. Così da poterla offrire sull’altare degli
scambi simoniaci a settembre, quando finalmente tornerà al Senato, che già l’aveva
approvata a prima botta.
Così, in autunno gli italiani, oltre ai problemi del lavoro, della scuola, della casa, si troveranno
anche sfrattati nel proprio corpo da una legge anticostituzionale, ma in perfetta linea con la
politica di un governo che proclama le libertà per le caste e le nega ai cittadini. Un governo
che ha bisogno di sudditi e di controllori delle loro coscienze. Ma che deve fare i conti col fatto
che i giochetti degli “Unti dal Signore”, forse, non fanno più presa. Soprattutto se gestiti da chi
nomina il nome di Dio invano. O da chi in nome di questo Dio pretende di far credere ad
esempio ad un malato di sla o di tumore, che vivere intubati è volontà di Dio.
2182 - L’ULTIMA VOLONTÀ ESPROPRIATA - DI STEFANO RODOTA’
da: la Repubblica di mercoledì 13 luglio 2011
Pessima giornata, ieri, per la civiltà giuridica di questo paese. Pessima giornata per la
legittimazione sociale del Parlamento, che si allontana vertiginosamente dalle persone, da
anni favorevoli quasi all´80% al diritto di ciascuno di decidere liberamente sulle modalità del
morire.
Questo ci dice il voto con il quale la Camera dei deputati ha approvato le norme sulle
"dichiarazioni anticipate di trattamento" che espropriano ciascuno di noi del potere di decidere
sul morire. Non è ancora una legge della Repubblica, perché il testo dovrà di nuovo essere
esaminato dal Senato. Ma, dopo che si è riusciti a peggiorare un testo orribile già all´origine,
ogni speranza che i senatori possano avere qualche ripensamento sembra del tutto
infondata.
Al posto della volontà della persona compare ormai, violenta e invadente, quella del
legislatore.
Perdiamo il diritto all´autodeterminazione, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 438
del 2008, ha riconosciuto come diritto fondamentale della persona. Si esclude, infatti, che la
persona possa liberamente stabilire quali siano i trattamenti che intende rifiutare qualora, in
futuro, si trovi in situazione di incapacità. Le sue dichiarazioni non hanno valore vincolante,
vita e corpo della persona sono sottratti al governo dell´interessato e affidate a regole
autoritarie, alla pretesa del legislatore di farsi scienziato, ed alla decisione del medico. La
persona scompare, altri soggetti compaiono al suo posto. La dignità nel morire è cancellata.
Invece di rispettare la persona quando riflette sul momento più difficile e intimo della sua
esistenza, si dà voce ad uno spirito vendicativo, esplicitamente dichiarato da quelli che hanno
attribuito al testo votato ieri la funzione di chiudere la fase aperta dalla decisione della Corte
di Cassazione nel caso di Eluana Englaro.
Una rivincita contro una sentenza definita "giacobina" (quale approssimazione culturale in
questo modo di esprimersi!), mentre si è trattato di una sentenza così accuratamente
argomentata da mettere la nostra giurisprudenza al livello della miglior riflessione giuridica
internazionale su questi temi.
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Ieri, al contrario, ci siamo allontanati dall´Europa e dal mondo, spinti dal medesimo, cieco
furore ideologico che ha prodotto la pessima legge sulla procreazione assistita, che la Corte
costituzionale ha dichiarato illegittima in alcuni dei suoi punti più significativi e di cui si
occuperà anche la Corte europea dei diritti dell´uomo.
Questo è il destino al quale va incontro la legge sul testamento biologico. Ed è inquietante
che nel dibattito parlamentare siano state usate parole quasi intimidatorie, quando si detto
che sarebbe un brutto giorno per la democrazia quello in cui la Corte costituzionale decidesse
contro la maggioranza del Parlamento, una volta investita del giudizio sulla nuova legge.
Possibile che ogni volta si debba ricordare ai parlamentari che le corti costituzionali sono
appunto "giudici delle leggi", che hanno proprio il compito di vegliare sul rispetto dovuto dal
Parlamento alla Costituzione? Possibile che ignorino che la discrezionalità del legislatore
incontra limiti precisi in particolare quando sono in questione la vita, la salute, la dignità della
persona?
La verità è che il testo votato ieri non chiuderà le polemiche, ma avvierà una lacerante
stagione di conflitti. Si è detto che si voleva sottrarre ai giudici il potere di decidere sulla vita.
Accadrà il contrario, perché siamo di fronte a norme che apriranno la via a contestazioni, a
ricorsi, a eccezioni di incostituzionalità.
Si è imposta una logica che rende le persone prigioniere proprio di quelle costrizioni dalle
quali, con un testo semplicemente ricognitivo del diritto all´autodeterminazione, avrebbero
potuto liberarsi. Si corre il rischio di vie traverse, di sotterfugi. Esattamente il contrario della
lezione civile di Beppino Englaro, che ha accettato la via aspra e lunga della legalità, e che
ieri, per questo, è stato insultato nell´aula di Montecitorio. Si incentiverà il terribile "turismo
eutanasico" verso altri paesi, un cammino che già più d´uno ha cominciato dolorosamente a
percorrere.
Questi sono i frutti amari dell´ideologia, della pretesa di sottomettere ai propri convincimenti
"le vite degli altri", proprio quelle che dovrebbe essere massimamente rispettate. E´ quel che
accade in tutti i paesi che hanno approvato leggi in questa materia, è quel che hanno fatto,
con vera carità cristiana, la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio delle Chiese
evangeliche nell´opuscolo con il quale hanno dato ai fedeli le istruzioni sul testamento
biologico, che legittimano quasi tutto quello che in Italia viene vietato.
Ma questo è pure il frutto amaro di un bipolarismo distruttivo, di una cieca obbedienza di
parlamentari ormai senza relazione alcuna con il mondo che li circonda, di una appartenenza
imposta dal fatto che il loro destino personale e politico è solo nelle mani del padrone della
maggioranza.
Nella vituperata Prima Repubblica la civiltà del confronto non venne meno neppure nella
discussione di leggi assai più dirompenti per i problemi di fede che ponevano, come quelle sul
divorzio e, soprattutto, sull´aborto. Oggi che si prospetta il ritorno di un partito cattolico, con
imprimatur cardinalizio, la vicenda del testamento biologico non è l´auspicio migliore.
2183 - COMUNICATO STAMPA AIDEF
da: www.dwsistnzaterapeutica.it di mercoledì 13 luglio 2011
Dopo l’approvazione ieri alla Camera della legge sul testamento biologico, dalle pagine del
sito web www.desistenzaterapeutica.it, l’Associazione Italiana per le Decisioni di Fine vita
(AIDeF) lancia l’allarme:
“Martedì 12 luglio 2011 alla Camera - si legge - è stata approvata la proposta di legge sul
cosiddetto "testamento biologico" (Atto Camera n. 2350 - Disposizioni in materia di alleanza
terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento). Riteniamo continua il testo - che questa sia una legge anticostituzionale, antideontologica e
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antiscientifica che priva i cittadini della libertà di scegliere a quali cure essere sottoposti, priva
di valore le direttive anticipate in condizioni di emergenza/urgenza e rende obbligatoria la
nutrizione artificiale, non più considerata un trattamento sanitario.”
Dal febbraio 2009, sul sito dell’AIDeF è attiva la raccolta di centinaia di sottoscrizioni per far
presente ai Parlamentari che una legge sul testamento biologico non deve essere
anticostituzionale, antiscientifica e antideontologica.
“Come Associazione ci siamo sempre battuti per il diritto alla libertà di cura che è sancito
dalla Costituzione - afferma il dott. Cristiano Samueli, Presidente AIDeF - inoltre siamo
sempre stati convinti che il testamento biologico deve per forza rifarsi ad evidenze scientifiche
e per questo abbiamo organizzato Simposi nazionali, Convegni e Conferenze. Evidentemente
- continua Samueli - bisogna che ci impegniamo ancora di più a portare avanti le informazioni
sulle problematiche del fine vita perché avendo votato molti Parlamentari italiani a favore di
una legge come questa, si può dedurre che ci sia una scarsa conoscenza della questione.”
“Chiedo che al Senato, dove ora torna il decreto – conclude il Presidente AIDeF – ci sia più
lungimiranza e che non venga approvata definitivamente una legge che è contro i più
elementari diritti civili di ogni cittadino.”
2184 - PERCHE’ L'ULTIMA PAROLA SIA LA MIA: 2° APPELLO
Dopo l’approvazione del ddl Calabrò da parte della Camera dei Deputati, il manifesto-appello
lanciato il 5 luglio da “Democrazia esigente” è stato aggiornato. Come associazione,
LiberaUscita ha aderito. I soci ed i simpatizzanti possono aderire singolarmente inviando una
email a “[email protected]”.
La Camera a maggioranza ha votato una legge autoritaria e discriminatoria. E’ stata prodotta
una ferita profonda alla Costituzione e al rispetto della dignità della persona e della sua
libertà.
Lo ripetiamo, “meglio nessuna legge che questa pessima legge”. Ora la discussione ritorna al
Senato e bisogna moltiplicare gli appelli e le mobilitazioni per cambiare una legge che di fatto
annulla la possibilità stessa di una dichiarazione anticipata di fine vita. Mai un governo si era
spinto a fare un uso così cinico di una materia tanto delicata che richiede autonomia, senso
del limite della politica e uno sguardo laico.
Una legge saggia e mite deve tutelare due diritti: quello alla salute anche come bene comune
e quello all’autodeterminazione di ogni individuo in relazione alle cure e terapie alle quali
accedere.
Questa tutela si fonda su alcune premesse irrinunciabili:
Il rispetto del consenso informato del paziente.
Il riconoscimento della volontà, scritta e ripetuta nel tempo, di non essere sottoposto a forme
di accanimento o a tecniche lesive della propria dignità nel caso di uno stato vegetativo
permanente e della incapacità irreversibile di intendere e di volere.
La coerenza della norma con i principi sanciti nella Costituzione agli articoli 2, 3, 13 e 32 oltre
che con l’articolo 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti del cittadino malato. La nostra
Carta difende sia chi voglia essere accompagnato con qualunque tecnica fino all’ultimo
momento, sia chi maturi la convinzione di voler interrompere ogni terapia ritenuta inutile.
La legge licenziata dalla Camera nega in radice tali premesse. Sottrae alla persona la
responsabilità di giudicare cosa sia compatibile con la propria dignità. Offende il codice
deontologico medico. Impone sempre e comunque idratazione e nutrizione artificiali.
Sequestra la libertà e la maturità del singolo. Sono norme violente e sconosciute al resto
d’Europa, indipendentemente dal colore politico dei governi.
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Siamo convinti che nessuno, soprattutto se fragile o in una condizione di solitudine, debba
essere abbandonato a se stesso nel momento della sofferenza della cura e della morte.
Crediamo nell’alleanza terapeutica tra medici, famiglie e affetti, ma in quel momento indicibile
di confine la parola vincolante deve essere la “mia” o quella del mio fiduciario.
C’è una differenza tra l’espressione “lasciami morire”, in quella che considero la mia dignità,
la mia convinzione o la mia fede e il messaggio “fammi morire” che può aprire la via a forme
inaccettabili di eutanasia.
Su queste basi difenderemo le nostre ragioni nella società e nelle istituzioni in nome del
valore della Persona e di una comunità solidale.
Per la mia dignità.
Per il rispetto degli altri.
2185 - LA LEGGE TRUFFA SUL FINE VITA - DI DON PAOLO FARINELLA (*)
da: il Fatto Quotidiano di venerdì 15 luglio 2011
La vendetta è compiuta. Il Parlamento al soldo di Bertone e, in questo caso anche della Cei,
si è vendicata di Beppino Englaro e della sentenza della Corte di cassazione che ha
riconosciuto la liceità di porre fine ad un dramma disumano che vita non era perché essere un
vegetale non è più vita da essere umano. Il Parlamento ha votato una legge infame che
obbliga il medico a staccare la spina solo se «è accertata assenza di attività cerebrale», cioè
quando l’individuo ormai è morto.
E’ un delirio da qualsiasi punto di vista la si guardi e gli pseudo-legislatori non se ne rendono
conto, o, se se ne rendono conto, sono doppiamente colpevoli perché la loro scelta, anzi,
imposizione, è un atto di protervia, un sopruso, una violenza non solo della coscienza, ma
anche di quella «legge naturale» con la quale tanto spesso fanno i gargarismi per placare gli
spasmi della loro ingordigia ideologica. La legge è un atto contro la magistratura che viene
esautorata completamente e senza una riforma costituzionale. Il parlamento venduto aggira e
svuota anche l’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana».
Il cardinale Angelo Bagnasco ha detto che «la legge non è una legge “cattolica”, ma
rappresenta un modo concreto per governare la realtà e non lasciarla in balia di sentenze che
possono a propria discrezione emettere un verdetto di vita o di morte». Questa è la prova che
essa è una prova di forza tra il potere religioso che agisce per interposto Parlamento e un
Parlamento che non rappresenta più nessuno. In caso di referendum, questa legge-truffa
verrebbe spazzata via all’unanimità.
Imporre la nutrizione e l’idratazione forzate, a prescindere dalla volontà dell’individuo,
significa non rispettare la natura, la quale, se non vi fosse accanimento meccanico,
accompagnerebbe a morte naturale con più mitezza e più rispetto. In questo modo si
prolunga all’infinito una sofferenza, anche disumana, fine a se stessa, altro che rispetto della
vita. Se fosse rispetto della vita, allora tutti costoro che hanno firmato questa legge o che
l’hanno voluta o che hanno contribuito ad averla, dovrebbero, se fossero coerenti, armarsi di
borraccia e saccoccia e andare in Africa, in India, in Italia, in Cina… nel mondo e, testo alla
mano, dovrebbero obbligare con la forza tutti coloro che muoiono di fame e di sete a lasciarsi
nutrire e a idratarsi.
Il diavolo è anche umoristico, a volte. La legge che impone di sospendere le cure quando uno
è ormai morto, è stata varata quasi contemporaneamente all’approvazione della legge
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finanziaria, una vergognosa ammucchiata a tarallucci e vino tra maggioranza e opposizione.
Questa legge uccide l’Italia, affama i pensionati, violenta i bambini, le donne, gli operai, i
poveri, i malati, i vecchi e lo stesso governo fa varare una legge per «difendere la vita». No,
non c’è più religione, non vi sono nemmeno le stagioni e Dio se ne è andato nel deserto a
squagliarsi al sole, sgomento da tanto cinismo omicida. I cardinali invece plaudono, beoti.
Se non fanno questo, vuol dire che quella legge vale solo per affermare chi comanda in Italia
e non per salvare una sola vita. Senza tenere presente che volere costringere a restare in vita
apparente, ad ogni costo, è anche un atto che contraddice, per i cristiani, la risurrezione e la
vita oltre la morte. Se costoro che si trastullano con i principi cattolici fossero almeno religiosi,
dovrebbero correre verso la morte che è «il luogo» dell’incontro con il Signore della vita,
anche e specialmente oltre la morte. Se fossero religiosi dovrebbero pregare di morire, loro,
perché il desiderio di Dio dovrebbe folgorarli. Invece prendiamo atto che vogliono imporre a
tutti di piangere in questa valle di lacrime e vorrebbero pure che anche i non credenti vi
piangano cantando.
(*) Don Paolo Farinella è parroco a Genova
2186 - SVIZZERA: CONFERMATA LEGGE SUL SUICIDIO ASSISTITO – DI URS GEISER
da: World right-to-die news del 29 giugno 2011. Traduzione per L.U. di Alberto Bonfiglioli
Il Governo svizzero non introdurrà regolamenti specifici sul suicidio assistito organizzato, ma
estenderà le misure di stimolo alle cure palliative e alla prevenzione del suicidio. Questa
decisione é l’ultimo passo verso la conclusione della controversia sull’attuale ordinamento del
diritto a morire, il cosiddetto turismo del suicidio.
Il ministro della Giustizia, Simonetta Sommaruga ha affermato che il Gabinetto é convinto che
i possibili abusi possono essere affrontati con l’attuale legislazione. Una revisione di
quest’ultima potrebbe dare un avallo ufficiale alle organizzazioni che offrono servizi per il
suicidio assistito, ha affermato Sommaruga nella sua conferenza stampa di mercoledì u.s.,
aggiungendo che la decisione presa non significa che le autorità preposte allenteranno i
controlli sulla rigorosa osservanza dell’ordinamento esistente.
Sommaruga ha informato sulle misure adottate sia per la prevenzione del suicidio sia per
facilitare le cure palliative, per favorire l’autodeterminazione della persona. Spetta alle autorità
cantonali assicurare che l’attuale legislazione sia rigorosamente osservata.
Secondo l’attuale ordinamento, il suicidio assistito in Svizzera é ammesso soltanto per
persone sufficientemente informate con piena capacità d’intendere e di volere. L’anestetico
sodio pentobarbital può essere dispensato solo dietro prescrizione medica e può essere
immagazzinato sotto rigoroso controllo. Una persona che incita o che aiuti attivamente
qualcuno a suicidarsi è passibile di una condanna fino a cinque anni di carcere.
Sommaruga ha ricordato l’alta emotività che ha caratterizzato le deliberazioni sul suicidio
assistito, riconoscendo al dibattito politico il merito del chiarimento, anche se questo non ha
prodotto cambiamenti significativi della legge. Ha ritenuto fondamentale che la gente sia
consapevole delle regole che, in particolare, devono rispettare i medici, e della possibilità di
azioni penali. Il rispetto di tali regole è essenziale per garantire sia la prevenzione del suicidio
sia il diritto all’autodeterminazione.
Il ministro dell’Interno ha ricevuto il mandato di studiare misure che estendano il programma
di cure palliative dopo il 2012 e di aumentare l’impegno nel trattamento dei pazienti affetti da
diverse forme di depressione.
Le notizie sulle persone che vanno in Svizzera per morire hanno acceso un vivace dibattito,
particolarmente nella Gran Bretagna, dove esiste l’ordinamento dell’eutanasia più rigoroso in
Europa. Ciò ha contribuito a fare pressione sui parlamentari svizzeri per una revisione
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dell’attuale legge. Nel passato decennio il ministro della giustizia ha preso in esame diverse
scelte. Nell’ultimo tentativo del Governo, del mese di novembre scorso, sono state avanzate
delle proposte per disciplinare il funzionamento delle associazioni che danno assistenza al
suicidio, quali Exit e Dignitas. Comunque, secondo l’Ufficio Sanitario Federale, il numero dei
casi di turismo per suicidio assistito è diminuito da 195 del 2006 a 97 del 2010. Invece, il
numero di presunti suicidi assistiti di persone residenti in Svizzera è aumentato, nello stesso
periodo, da 150 a 257.
Le principali organizzazioni svizzere di assistenza al suicidio, Exit e Dignitas, hanno accolto
favorevolmente la decisione del Governo. Secondo Exit, tale decisione garantisce il diritto
all’autodeterminazione. Quest’organizzazione, che fornisce I suoi servizi soltanto a residenti
in Svizzera, ha dichiarato che continuerà ad applicare rigorosamente le attuali linee guida,
osservando un elevato standard di qualità. Il suo vice-presidente Bernhard Sutter ha
affermato che é convinto che il risultato del referendum di Zurigo ha contribuito alla decisione
presa dal Governo. Difatti il voto del mese di maggio nel cantone di Zurigo ha respinto
massicciamente la proposta di iniziative tese a proibire o restringere il turismo per il suicidio
assistito.
Dignitas, che offre i sui servizi ai cittadini di ogni nazionalità che vengono in Svizzera con
l’intenzione di porre fine alla loro vita, si è dichiarata disponibile a collaborare con le autorità
nei programmi di prevenzione del suicidio. Ludwig Minelli, fondatore di Dignitas ha segnalato
che i casi di abuso di suicidio assistito in Svizzera sono estremamente rari.
2187 – GB: SUICIDIO IRRAZIONALE E MORTE VOLONTARIA – DI ANNE DETTMER
Lettera da Londra, pubblicata su World right-to-die news list del 12 luglio 2011
Confesso che ogni volta che qualcuno solleva la questione delle regole e delle definizioni di
buon senso, si stringe un nodo nel mio stomaco. Posso vedere che tutti quelli che si
oppongono a qualsiasi forma di autoeliminazione sperano di riuscirci mediante una corsa
legislativa a ostacoli.
Se io decidessi che il dolore, l’indegnità o semplicemente la miseria sono diventati per me
intollerabili, non m’interessa spiegare le mie ragioni, le mie logiche o il mio livello di tolleranza
per riuscire ad accedere a ciò che considero uno dei più fondamentali diritti umani: il diritto a
mettere fine alla propria vita.
Mi fa digrignare i denti quando qualcuno che soffre un grave menomazione o malattia
esprime con entusiasmo il suo amore per la vita, con frasi quali: “Voglio vivere ogni secondo
di ogni minuto di ogni ora”… Rispetto il loro sentire e credere, ma non rispetto la loro totale
intolleranza nei confronti dei miei diritti che di fatto m’impone di saltare come una foca per
ottenere il mio pesce.
Quanto prima arriveremo alla conclusione che é l’individuo a decidere sulla propria fine, tanto
più rapidamente saremo consapevoli che siamo tutti diversi: è questo il punto fondamentale.
Non faremo mai una prevenzione del suicidio se alcuni si attribuiscono il diritto di giudicare le
decisioni di fine vita degli altri.
Vorrei una minore interferenza nelle scelte altrui. Niente di più.
2188 – GB: SUICIDIO ASSISTITO IN DIRETTA SUL WEB
da: www.laicitacontroblogspot.com di mercoledì 27 luglio 2011
Londra. Alki David, miliardario britannico proprietario del sito internet BattleCam.com, ha
deciso di trasmettere in diretta via web il suicidio assistito di un malato terminale, un russo
identificato col nome di Nikolai Ivanisovic.
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L'uomo, affetto da un tumore al cervello, riceverà una iniezione letale somministrata da un
medico; secondo quando riferito dallo stesso David al sito Avn.con, gli spettatori di BattleCam
potranno decidere se assistere o no alla trasmissione attraverso un "sistema di voto"
incorporato nel sito.
La richiesta di trasmettere l'evento in streaming sarebbe giunta dalla stessa famiglia del
paziente, alla quale David aveva prestato assistenza economica; lo stesso Nikolai,
intervistato nella località - rimasta segreta - dove risiede, ha ringraziato il miliardario per la
sua generosità: "Dopo la mia morte la mia famiglia potrà continuare a vivere in prosperità".
2189 - LIBERAUSCITA SCRIVE ALLA GAZZETTA DI MODENA
La nostra Presidente nazionale, prof. Maria Laura Cattinari, ha inviato al Direttore della
Gazzetta di Modena, città ove Lei risiede, la seguente lettera.
“Gent. direttore Ramenghi,
C'è chi ha a cuore la persona e la sua libertà e chi ha a cuore il controllo della persona dal
suo concepimento alla sua morte naturale o artificiale che sia. Sono questi i due veri
schieramenti che si fronteggiano esprimendosi contro o a favore del progetto di Legge sul
testamento biologico che, davvero, pare sarà licenziato dall'aula di Montecitorio martedì 12
luglio.
Il relatore Domenico Di Virgilio assicura che alla Camera si può contare su ampie
convergenze trasversali perché, ci tiene a sottolinearlo, il testo non ha un'impostazione
confessionale. Sarà, ma ricordiamo bene che l'apertura della CEI al testamento biologico, da
sempre prima esecrato, venne solo all'indomani delle sentenze sui casi Welby ed Englaro ed i
paletti allora indicati furono due: le dichiarazioni di fine vita non dovevano essere vincolanti
ma semplici desiderata e alimentazione ed idratazione artificiali forzate non dovevano
rientrare tra i trattamenti rinunciabili. Tutto questo troviamo nel testo di legge che sta per
essere approvato.
Non si dirà mai abbastanza quanto questa legge sia liberticida ed incostituzionale, violenta e
crudele. Una legge che contrappone medico ed assistito rendendo di fatto impossibile
quell'alleanza terapeutica che vorrebbe esaltare.
Contro questa legge si sono espressi i medici con l'appello "io non costringo curo" che ha
raccolto più di 10.000 sottoscrittori, contro si sono schierati più di cento insigni giuristi che
hanno inviato a senatori e deputati documenti analitici sui gravi limiti tecnici della legge,
contro si sono espresse le società scientifiche in campo medico che hanno ripetutamente
dichiarato che alimentazione ed idratazione artificiali sono a tutti gli effetti trattamenti medici e
che indispensabile è il consenso della persona per poter essere avviati, contro si è espressa
l'opinione pubblica che da anni risulta essere al 77% favorevole al diritto di decidere
liberamente sulla fine della vita.
Ma i "moribondi di palazzo Montecitorio" (v. articolo del prof. Stefano Rodotà su Repubblica
del 7 luglio) pare davvero che martedì 12 luglio licenzieranno questo testo che, se mai
diventerà legge (è indispensabile un nuovo passaggio in Senato), si impadronirà del nostro
corpo e ci porrà, ancora una volta, fuori dall'Europa.
Davanti a tanto scempio a sorreggerci rimane la granitica certezza che tutto questo dispendio
di energie e di denaro pubblico, finalizzato solo a conculcare la nostra libertà, anche se
dovesse raggiungere l'obiettivo desiderato, sarà stato vano perché la società civile, che ha
saputo mobilitarsi in difesa dell'acqua, dell'ambiente e del diritto, saprà reagire: il referendum
abrogativo è già alle porte”.
Maria Laura Cattinari
Presidente LiberaUscita
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Associazione nazionale, laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
2190 - INCREDIBILE ROCCELLA!
Da: Costantino Fiorucci - [email protected] – 14.7.2011
Ho letto una dichiarazione del sottosegretario Eugenia Roccella rilasciata al quotidiano La
Stampa che recita: "Si vorrebbe il diritto a morire pagato dal Servizio Sanitario Nazionale".
E' stupefacente! Il sottosegretario si preoccupa dei conti malandati dello Stato mettendo in
secondo piano il punto centrale della questione: la libertà di un malato sofferente, perché di
questo stiamo parlando, a scegliere di vivere o morire con dignità. Libertà di scelta! Dove non
c'è liberta non c'è democrazia e non c'è civiltà. C'è bisogno di rispettare tutti: quello che, in
linea con i suoi principi religiosi e morali, sceglie di vivere e quello che invece, sceglie di
chiudere il cerchio, coerentemente con i suoi principi, diversi dal primo. Dobbiamo renderci
conto che viviamo in un mondo multiculturale, multietnico e con molteplici religioni, dove a
fianco del cattolico vive un islamista o un buddista o un ateo.
Se l'onorevole Roccella ha veramente a cuore il Servizio Sanitario Nazionale e non la dignità
dei cittadini dovrebbe provare e fare un po' di conti sulla miriade di truffe che ogni giorno si
perpetrano ai loro danni.
E' di qualche giorno fa un articolo che evidenziava come nel biennio 2009/2010 ammontano a
2 miliardi di euro le truffe al S.S.N e solo nel triennio 2008/2010 la Guardia di Finanza ha
denunciato all'autorità giudiziaria 7.149 persone, per lo più operatori sanitari. E questo
governo, con la legge attuale sul Testamento biologico, dà al medico, sottraendolo al
paziente, il potere di scelta sulla sua sorte.
Ci si preoccupa di negare il diritto a morire, distraendo con il costo. Mi permetto di far notare
all'onorevole Roccella che il costo di un kit per l'eutanasia, in paesi più civili del nostro, si
aggira fra i 60 ed i 100 euro massimi. Che mantenere un paziente in coma che aveva
precedentemente espresso il diritto a morire nelle sue DAT divenute, all'indomani del DDL
Calabrò, inefficaci ed inservibili, costa molto, molto di più. Con il beneplacito delle strutture
sanitarie. Una stima dei costi sostenuti nel primo anno, arriva a 155.000 euro, pari a 516 euro
al giorno, per poi contrarsi a 186 euro, per complessivi 67.100 euro all'anno, per l'assistenza
continua sia in ambito ospedaliero che domiciliare. E sono cifre non aggiornate, calcolate per
difetto. Come si evince, il costo dell'assistenza (non voluta) di un malato in coma irreversibile
è piuttosto elevato. Prendendo, come esempio, il caso di Eluana Englaro e tralasciando le
spese di giudizio, comunque anche quelle pagate dai cittadini, proviamo a calcolare il costo
dell'assistenza (ribadisco, non voluta ma imposta dallo Stato) di quasi 17 anni di calvario:
67.100 x 17 = 1.140.700 A voi devo sembrarvi cinico. Ridurre la vita a mera ragioneria!
All'onorevole Roccella suppongo di no. Una che ti fà la cresta per 100 euro su un milione!
Meditate gente, meditate...
Costantino Fiorucci
Da: Maria Di Chio - [email protected] – 14.7.2011
Penso che le argomentazioni usate sul costo per il servizio sanitario, e quindi per noi tutti,
dell'assistenza ad un paziente in stato vegetativo persistente siano quelle che noi non
dovremmo mai usare, sono una specie di boomerang, che si ritorcono contro la nostra causa,
anche perché sono uguali a quelle usate sotto il nazismo per convincere della ragionevolezza
del programma di eutanasia. Così come sono uguali quelle che sostengono che la più grande
prova di amore verso una persona consista nell' aiutarla a morire, quando malata irreversibile
lo richieda. Perciò prudenti su questo aspetto! Infatti non possiamo nasconderci fra noi che,
quando il testamento biologico sarà operativo, in qualunque forma esso sia, se ad esso
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aderiranno milioni di persone, per la nostra sanità sarà un notevole risparmio, tanto
necessario visto i costi sempre crescenti già insostenibili per lo Stato.
Quanti sono i medici di convinzioni religiose così severe e ferme da non volere esaudire le
volontà del paziente? Pochissimi, visto come è ormai variegato, progressista e democratico il
mondo cattolico (tipo Bindi e Turco per intenderci). I medici in passato temevano le
conseguenze legali di certi comportamenti, oltre ad essere senz'altro più fedeli al giuramento
di Ippocrate. Ora il panorama giuridico (la sentenza Englaro è un precedente che fa norma, fa
opinione e incide sui convincimenti morali), la sensibilità morale, i costumi sono molto
cambiati. Quindi negli ospedali, case di riposo, lungo degenze saranno ben contenti di
assecondare le volontà del paziente, sia espresse personalmente in forma scritta o orale, sia
interpretate dall'amorevole famiglia.
Prevedo che ben presto dovremo preoccuparci non dell'accanimento terapeutico, ma
dell'abbandono terapeutico nei riguardi di anziani troppo anziani e di malati terminali o
irreversibili. Io l'ho già sperimentato sulla mia pelle nei riguardi dei miei genitori novantenni,
morti in ospedale, abbandonati e trascurati lì dove credevo li avrebbero assistiti al meglio. E
così gli altri anziani della mia famiglia ce li siamo tenuti stretti a casa, assistiti in modo
oneroso a nostre spese, perché potessero morire serenamente nel loro letto, al momento
giusto, senza inutili prolungamenti, ma anche senza rapida morte da abbandono.
Maria Di Chio
Da: Giampietro sestini – [email protected] – 14.7.2011
Cara Maria, nessuno di noi ha mai solamente pensato di sostenere il diritto a morire con
dignità in quanto farebbe risparmiare spese allo Stato. Ma quando si legge sulla stampa che
un responsabile di Governo afferma esattamente il contrario, ossia che bisogna negare tale
diritto perché sarebbe "pagato" dal Servizio sanitario, allora è comprensibile che qualcuno
dimostri, cifre alla mano, come stanno effettivamente le cose.
Ed è quello che ha inteso fare il ns. simpatizzante Costantino Fiorucci.
Cari saluti.
Giampietro Sestini
Da: Costantino Fiorucci - [email protected] – 14.7.2011
E' proprio quello che ho voluto mostrare, caro Giancarlo Sestini, con la mia lettera
apertamente polemica nei confronti di un governo ipocrita, che da un lato vuole dimostrare di
preoccuparsi della salute dei cittadini e dall'altro taglia le spese sanitarie. Così si muore
nell'attesa di un ricovero (due giorni fa è morto l'ennesimo paziente che era stato rifiutato 4
volte dagli ospedali) oppure si muore perché il primario di turno ha deciso che bisogna
aumentare gli interventi chirurgici anche se non sono necessari e magari qualche paziente
viene meno ma il bilancio della clinica e quello del chirurgo con i suoi accoliti sono assicurati
(lo scandalo della Clinica S. Rita di Milano).
Ha, oltretutto, ragione anche la sig.ra Maria Di Chio quando si preoccupa delle varie
argomentazioni. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti la distanza siderale che separa la vita reale
dai politici asserragliati nel fortino del potere. Quando un governo vara il DDL Calabrò senza
minimamente preoccuparsi di quello che vuole il 70% dei cittadini è chiaro che non
rappresenta più il popolo. Rappresenta il Potere. Il Potere contro il Popolo. Ci sarà pure un
motivo se in questo periodo si fa un gran parlare di caste. Voi avete mai sentito parlare della
casta degli operai? Io no.
Meditate gente, meditate...
Costantino Fiorucci
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2191-LE VIGNETTE DI STAINO–IL GOVERNO MERITA L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO
2192 - PADRE STACCA IL SONDINO..
2193 - LE VIGNETTE DI MARAMOTTI – PAPA E TEDESCO…
LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.
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