dossier dialogo farmaci sui TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA (TOS) IN MENOPAUSA Dossier realizzato a cura di: S. Adami (primario reumatologo), F. Bodini (MMG), M. Font (Farmacista) “Le ovaie, dopo lunghi anni di servizio, non sono capaci di concludere le loro funzioni nella veneranda età della senescenza, ma si irritano e trasmettono queste irritazioni ai gangli addominali, che a loro volta le fanno giungere al cervello producendo alterazioni del tessuto cerebrale: ne consegue nervosismo estremo o addirittura insorge un’esplosione di vera irragionevolezza”. Quello riportato è un passo ripreso da un testo di neurologia del 1887, indubbiamente un’opinione poco gentile nei confronti della donna in menopausa, scusabile unicamente perchè frutto della scarsa conoscenza dei processi fisiologici che si manifestano e si susseguono in tale età. È però altrettanto vero che l’interesse per il periodo menopausale è un fenomeno relativamente recente. Attualmente, l’aspettativa di vita della donna nei paesi avanzati supera i 75 anni, per cui un terzo della sua esistenza è trascorso in menopausa. Cento anni fa, la maggioranza delle donne considerava la menopausa come la conclusione del ciclo vitale, e ciò per molti versi rispondeva alla verità, essendo la durata media della vita nel XIX secolo intorno ai 50 anni. Notevoli sono le conoscenze attualmente raggiunte circa le cause fisiologiche della menopausa, i sintomi di ordine organico e psicologico ad essa correlati, i possibili effetti negativi sulla sfera genito-urinaria, sulla massa ossea e sul sistema cardiovascolare, i vantaggi della terapia ormonale e i rischi ad essa connessi. Ma, purtroppo, ancora non tutto è stato chiarito. A proposito della terapia ormonale sostitutiva, sono andate delineandosi nella comunità medica e nell’opinione pubblica due posizioni ben precise e diversificate, l’una che propugna il suo impiego da parte di tutte le donne in menopausa, l’altra che invita ad una certa prudenza, a selezionare le donne soggette a particolari rischi, ad attendere i risultati di studi clinici controllati attualmente in corso. Di questa materia si occuperà il Dossier di questo numero di DsF, che comprenderà inoltre: • GLI EFFETTI DELLA TOS SU: - menopausa precoce - sintomi correlati alla menopausa - apparato cardiovascolare - apparato scheletrico - sfera cognitiva e malattia d’Alzheimer - insorgenza di tumori • Menopausa e laboratorio: alcune indicazioni • Farmaci, schemi e vie di somministrazione • Controindicazioni assolute e relative • La partecipazione della donna al processo decisionale della TOS • Le decisioni delle donne in menopausa • Le alternative: trattamenti “naturali” • Non solo farmaci • Commenti finali • Specialità in commercio corrispondenti ai principi attivi della TOS • Consumi e spesa per TOS in Italia e in un campione di 12 ULSS del Veneto n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 109 dialogo farmaci dossier sui Effetti della TOS nella menopausa precoce Una precoce comparsa della menopausa è correlata ad un aumento della probabilità di rischio per morte cardiovascolare: tanto più essa è precoce, tanto maggiore è il rischio cardiovascolare (Van der Schow, Lancet 1996 347:714-718). Anche se mancano studi clinici ade- guati che dimostrino l’entità del beneficio, è probabile che questo sottogruppo di donne possa trarre un beneficio consistente dalla TOS. Effetti della TOS sui sintomi correlati alla menopausa La TOS, disponibile fino dagli anni ‘40, allevia i sintomi legati alla menopausa. Tuttavia, i dubbi per i loro effetti collaterali e i loro rischi possono rendere incerte molte donne sulla sicurezza di questa terapia. Benefici sui sintomi correlati alla menopausa • Riduzione delle vampate e della sudorazione notturna che affliggono il 75% delle donne in menopausa. Variano in modo molto soggettivo da donna a donna, durante un periodo che può essere solo di alcuni mesi oppure di oltre 5 anni. Benché non siano una minaccia per la salute, episodi frequenti possono portare ad insonnia, irritabilità, facile affaticabilità, variazioni dell’umore. La TOS riduce il numero e la severità di questi episodi, di solito entro 1-3 mesi. Sembra che l’eliminazione di bevande alcoliche o contenenti caffeina determini una riduzione della frequenza e dell’intensità di questi sintomi. ca, con perdita del tono muscolare. In seguito a ciò, in molte donne l’uretra non riesce a mantenere l’elasticità la forza e la pressione in modo sufficiente ad impedire la fuoriuscita di urina. Questo disturbo si manifesta frequentemente dopo un colpo di tosse o uno starnuto, durante l’esercizio fisico o più in generale in seguito a movimenti bruschi. Possono intervenire secchezza, bruciore e prurito; qualche volta queste alterazioni possono causare dispareunia. Gli estrogeni ripristinano la lubrificazione vaginale e riducono la poliuria e l’incidenza dell’incontinenza urinaria. • Miglioramento dei sintomi vaginali e urinari. Durante la menopausa, la mucosa vaginale si assottiglia e diventa meno elasti- Gli effetti della TOS sull’apparato cardiovascolare La prevenzione cardiovascolare: certi nell’incertezza Solo il giudizio clinico del medico può portare ad una ragionevole scelta terapeutica, basandosi sulla valutazione avveduta della letteratura esistente e sulle caratteristiche della singola paziente informata. Om Mani Padme Hum: “mantra” - formula sacra- comunissima del buddismo tibetano. Alla formula vengono dati molteplici interpretazioni, a livelli esoterici diversi (F. Maraini. Segreto Tibet). Si rimanda alla specifica e ricca bibliografia per approfondimenti. La terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa riduce il rischio cardiovascolare del 50%: affermazione molto comune nella comunità medica. “Mantra scientifico”? È possibile definire il reale impatto sulla morbilità e mortalità cardiovascolare della terapia ormonale sostitutiva nelle donne dopo la menopausa? Come di consueto, la ricerca della risposte inizia dalla valutazione della letteratura esistente. 110 n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier dialogo farmaci sui Prevenzione primaria Effettuata solo con estrogeni La letteratura sull’argomento conta una metanalisi su 23 piccoli studi randomizzati, oltre 30 studi prospettici di coorte con gruppo di controllo, 2 metanalisi di tali studi, innumerevoli studi caso-controllo. Luogo di produzione degli studi: prevalentemente Stati Uniti, in minor misura paesi scandinavi e Gran Bretagna; nessuno di dimensioni e disegno adeguato nell’area del Sud Europa e quindi nessuno in Italia. Studio più rappresentativo: Nurses’ Health Study (Studio delle Infermiere), condotto negli Stati Uniti. Farmaci usati: prevalentemente estrogeni equini coniugati per via orale. Gli studi principali e le metanalisi basate su di essi hanno portato a stimare una riduzione del rischio cardiovascolare del 50% nelle donne che assumono estrogeni (current users), rispetto a quelle che non li prendono. La riduzione si riferisce al rischio relativo. Effettuata con associazione estro-progestinica Si contano 2 studi prospettici di ampie dimensioni ed anche studi casocontrollo. Luogo di produzione degli Studi: Stati Uniti e Svezia; nessuno in Sud Europa o in Italia. Farmaci usati: estrogeni equini coniugati (CEE) più progesterone (Nurses’ Health Study) ed estradiolo più levonorgestrel nello studio svedese per via orale. Lo Studio delle Infermiere ha arruolato e seguito per 16 anni quasi 60.000 donne in post-menopausa, che al tempo dell’arruolamento avevano un’età compresa tra 30 e 55 anni. L’importanza di questo studio sta nell’aver dimostrato che l’aggiunta del progestinico sembra non ridurre l’effetto cardioprotettivo rispetto alla sola terapia estrogenica. Prevenzione secondaria Numerosi studi osservazionali e caso controllo sostengono l’ipotesi che gli n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 estrogeni siano utili nelle donne con coronaropatia dimostrata. Luogo di produzione degli studi e farmaci usati non cambiano sostanzialmente rispetto a quanto sopra riportato. Studio HERS È il primo, e finora unico studio clinico randomizzato portato a termine sulla TOS. I suoi risultati sono stati pubblicati ad agosto nella rivista JAMA (S Hulley et al. JAMA 1998; 280 (7): 605-13). Lo scopo di tale studio era di valutare se la terapia estro-progestinica era in grado di modificare gli eventi cardiovascolari nelle donne in menopausa con coronaropatia accertata. Sono state incluse più di 2.700 donne in menopausa con utero ed età inferiore a 80 anni. L’età media è stata attorno a 67 anni. Luogo di produzione: USA. Farmaci utilizzati: 0,625 mg di estrogeni coniugati equini (CEE) più 2,5 mg di medrossiprogesterone dato una volta al giorno contro placebo. Il follow-up medio è stato poco più di 4 anni. Principali misure di risultato: incidenza d’infarto miocardico non fatale o morte per cardiopatia ischemica. Misure secondarie di risultati sono state considerate la rivascolarizzazione miocardica, l’angina instabile, tutte le cause di mortalità. Risultati: complessivamente, alla fine dello studio non sono state rilevate differenze significative tra i due gruppi, né nei risultati primari né in quelli secondari, nonostante nel gruppo trattato con TOS sia stato osservato un maggior numero di eventi cardiovascolari durante il primo anno. Non si sono osservate differenze significative nella mortalità globale o nell’incidenza di cancro, nonostante una riduzione del 11% del LDL-colesterolo e un aumento del 10% del HDL-colesterolo. Conclusioni: la terapia estro-progestinica non ha ridotto la frequenza globale di eventi cardiovascolari in donne in menopausa con coronaropatia accertata durante un periodo medio di poco più di 4 anni. La tera- pia ha aumentato la frequenza di eventi tromboembolici e di colelitiasi. Basandosi su questi dati gli autori non raccomandano l’uso della TOS per la prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica. Terapia ormonale in post-menopausa e mortalità globale I dati derivano, ancora una volta dallo Studio delle Infermiere (F Grodstein et al. N Eng J Med 1997; 336 (25): 1769-75). In media, la mortalità nelle donne che usano ormoni in post-menopausa è inferiore rispetto a quelle che non ne fanno uso; tuttavia il vantaggio si riduce con la durata della terapia (più di 10 anni). Inoltre i benefici appaiono ridotti nelle donne a basso rischio coronarico. Questo lavoro è importante per almeno due elementi: il primo è la durata della terapia; molti sostengono infatti che dovrebbe essere data per tutta la vita, ma è un’ipotesi messa fortemente in discussione da questi dati. Il secondo elemento riguarda un sottogruppo di pazienti in cui i benefici della terapia sembrano molto attenuati, cioè, le donne a basso rischio cardiovascolare. Fra queste possono essere annoverate, come popolazione, le donne italiane. (F Berrino et al. BMJ 1996; 313:687). Terapia ormonale ed anziani Esistono pochi lavori indirizzati al problema specifico dell’età. Uno dei principali è stato pubblicato recentemente (JA Cauley et al. Arch Int Med 1997; 157 (19): 2181-7). Si tratta di uno studio osservazionale su quasi 10.000 donne trattate con soli estrogeni. L’effetto protettivo è stato maggiore nelle donne di età inferiore a 75 anni; in quelle più anziane i benefici si riducono. Studi randomizzati con obiettivi intermedi C’è uno studio dal disegno solido: il PEPI. In quasi 900 donne, suddivise in 4 gruppi, sono stati sperimentati per 3 anni 4 differenti schemi terapeutici, confrontati con un 5° gruppo che assumeva placebo. Gli estrogeni, sia da soli che in associazione con progesti- 111 dialogo farmaci dossier sui nici, hanno ridotto il colesterolo LDL del 15% circa e aumentato il colesterolo HDL; i trigliceridi sono invece aumentati. Nella sostanza, gli effetti sono stati simili con tutti gli schemi: in particolare non sembrano esservi differenze fra terapia ciclica o continua. Farmaci utilizzati: CEE, progesterone acetato, progesterone micronizzato (non in vendita in Italia). Via di somministrazione: orale. Età di inclusione: 45-64 anni. Risultati: la maggior parte degli studi ha registrato una riduzione del rischio cardiovascolare dell’ordine del 35-50%, sia con soli estrogeni che con l’associazione estro-progestinica. Questa riduzione è espressa in termini di rischio relativo; riguarda prevalentemente la cardiopatia ischemica (o coronarica); è massima nelle pazienti che sono in terapia in quel momento e si riduce progressivamente nel tempo dopo la sospensione della terapia, fino ad annullarsi dopo 5 anni o più. Le voci fuori dal coro, quelle cioè che non dimostrano effetti protettivi o effetti né positivi né negativi, sono poche. C’è uno studio caso-controllo (S Sidney et al. Ann Int Med 1997; (127 (7): 501-8) e, curiosamente, una metanalisi condotta su 23 piccoli studi randomizzati (in totale poco più di 4.000 donne) (E Hemminki et al. BMJ 1997; 315 (7101):149-53. È noto, tuttavia, che le metanalisi di piccoli studi clinici randomizzati non sempre danno gli stessi risultati di studi randomizzati più ampi (Ness ACP Journal Club 1998). Per la verità, anche lo studio di Framingham (PW Wilson et al. N Eng J Med 1985; 313 (17): 1038-43), ad una prima lettura, ha documentato un rischio cardiovascolare aumentato. Tuttavia una rivalutazione successiva dei dati ha concluso che l’aumento di rischio perdeva la sua significatività tralasciando le donne di età superiore a 59 anni e quelle affette da angina. L’effetto protettivo sembrava ritrovarsi nelle donne più giovani di età compresa tra 50 e 59 anni. Come è stato scritto più sopra, è importante sottolineare che la riduzione del rischio cardiovascolare si riferisce al rischio relativo. Per tentare di capire in termini prati- 112 ci il suo significato si deve conoscere il rischio assoluto nella popolazione generale. Per una donna americana di 50 anni senza fattori di rischio (cioè con pressione, colesterolo e glicemia normali, che non abbia mai fumato, senza famigliarità per cardiopatia ischemica precoce), il rischio assoluto di sviluppare un evento coronarico nei successivi 10 anni è valutabile attorno al 3% (RM Califf et al. J Am Coll Card 1996; 27 (5): 10071019). Allora, considerando reale ed al meglio la riduzione del 50%, il rischio assoluto per quella donna varia dal 3 all’1,5% circa. O ancora in altre parole, la sua probabilità di non avere problemi coronarici sale dal 97% al 98,5% circa. Usando il Numero di Pazienti da Trattare, si può calcolare che si devono trattare da 106 a 187 donne di 50 anni per 10 anni, per prevenire un evento coronarico (HH Newnham et al. Lancet 1997; (51): S 13-6). È evidente che quanto più aumenta il rischio assoluto, tanto maggiore è il beneficio atteso. Così, ad esempio, aumentando il rischio con l’aumentare dell’età, se la terapia viene iniziata a 60 anni, il numero di pazienti da trattare per 10 anni per prevenire un evento potrebbe variare da 27 a 49 donne. I dati riportati sono derivati nella loro totalità da studi non condotti in Italia, non per esterofilia, ma perché nel nostro Paese questi numeri sono carenti o mancano del tutto. Dunque, molte decine di migliaia di donne, prevalentemente negli Stati Uniti, sono state reclutate e seguite per molti anni (fino a 16). Nonostante tutto questo, le aree grigie su questo argomento sono molto vaste, sembra anzi di poter dire che il grigio è il colore dominante. L’evidence-based medicine permette di capire tale situazione: la maggior parte, infatti, delle nostre conoscenze non deriva da studi clinici randomizzati, ma da studi osservazionali o da studi caso-controllo (e i loro limiti metodologici sono noti), né le metanalisi, condotte su questi studi, sono più affidabili. C’è un problema non risolvibile, che non deriva dall’ignoranza della letteratura, ma che dipende invece dalla natura stessa dei lavori da cui vengono tratte le informazioni. È dimostrato che gli studi osservazionali (non randomizzati) hanno selezionato le donne più sane, quelle più attente alla loro salute e agli aspetti di prevenzione generale e quelle con un livello socio-culturale più elevato. Contravvengono, quindi, al principio basilare di confrontare “il simile con il simile”. In altre parole, non si sa, e nessuno è in grado di dare una risposta, quanto della riduzione del rischio cardiovascolare nelle donne in terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa sia dovuto al trattamento farmacologico in sé e quanto, invece, sia dovuto ad altri fattori. Di fronte a questo quadro è evidente che i giudizi clinici dei medici possono essere molto diversificati. E il paradosso è che l’unica robusta certezza è l’incertezza. Terapia ormonale e ictus cerebri I dati derivano prevalentemente da studi osservazionali e sono discordanti. I maggiori sono lo studio svedese di Falkenborn e il Leisure World Study (BE Henderson et al. Arch Int Med 1991; 151 (1): 75-8), che hanno prodotto risultati positivi. In un ampio studio danese (G Boysen et al. Stroke 1988; 19 (11): 1345-53) e nello Studio delle Infermiere non è stata invece rilevata alcuna sostanziale riduzione dell’ictus. Eventi tromboembolici Nello studio HERS, che diventa di riferimento, gli eventi tromboembolici si sono manifestati sotto forma di trombosi venosa profonda (la maggioranza) ed embolia polmonare; due di questi eventi si sono rivelati fatali. Tali eventi sono avvenuti in 34 donne nel gruppo trattato (che corrisponde a 6,3 eventi/1000 donne/anno) ed in 12 donne nel gruppo placebo (2,2 eventi/1000 donne/anno); il rischio tromboembolico è rimasto elevato durante tutto il periodo di osservazione, anche se si è ridotto lievemente verso la fine dello studio. Il rischio di eventi tromboembolici nello studio HERS risulta più eleva- n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier dialogo farmaci sui to rispetto a quanto riportato da studi osservazionali precedenti; ciò può essere in parte spiegato per l’avanzata età media delle donne in studio. Conclusioni per il rischio cardiovascolare Dall’angolo del rischio cardiovascolare, si possono trarre le seguenti conclusioni: 1. non siamo in grado di stimare la riduzione del rischio cardiovascolare, considerati gli studi a disposizione; 2. l’unico studio prospettico ha coinvolto donne con età media elevata (circa 67 anni), nelle quali altri fattori di rischio non modificabili (diabete, obesità, ecc.) influenzano la tendenza alla trombosi. Inoltre, le conclusioni dell’HERS non sono applicabili in donne senza malattia coronarica nota. 3. I risultati di altri trial randomizzati, come il WELL-HART per la prevenzione secondaria che sarà completato per l’anno 2000 o il WHI in prevenzione primaria, i cui dati saranno disponibili verso il 2005, consentiranno, probabilmente di chiarire l’attuale incertezza e di trarre indicazioni certe sull’uso della TOS nella prevenzione del rischio cardiovascolare nella donna in menopausa. 4. È ancora più problematico trasferire nella pratica medica italiana i dati che derivano da lavori che hanno valutato donne sicuramente con rischio cardio- vascolare superiore rispetto a quelle italiane. Ma allora il processo decisionale del medico quale percorso dovrebbe seguire? Tradizionalmente, il medico raccomanda e prescrive ciò che ritiene utile, secondo propria scienza e coscienza. È tempo che il giudizio clinico sia basato anche sulle scelte di un paziente informato e consapevole. L’aggiornamento del medico secondo criteri espliciti e l’informazione e la partnership della paziente sono i fondamenti per una reale libertà di cura. È evidente che per raggiungere questo scopo, è necessario un medico disposto al dialogo. Effetti della TOS sull’osso La prevenzione dell’osteoporosi Introduzione L’osso è un tessuto dinamico in continuo rimaneggiamento strutturale in cui al riassorbimento osseo, ad opera degli osteoclasti, segue sempre una neoformazione, da parte degli osteoblasti. I due processi sono in costante accoppiamento per cui il bilancio osseo alla fine è in “pareggio”. La perdita ossea è il risultato di una alterazione di questo equilibrio dovuto alla prevalenza del riassorbimento osseo. Tale perdita al momento della menopausa viene amplificata per l’aumento del turnover dovuto alla carenza estrogenica. L’elevazione del turnover comporta anche la presenza di una larga proporzione di osso scarsamente mineralizzato responsabile di una perdita di massa ossea pari al 5%. La terapia estrogenica comporta la riduzione del turnover ai livelli premenopausali e ciò provoca una maggiore mineralizzazione che spiega l’aumento di massa ossea del 5% circa che si verifica all’inizio del trattamento. Tale guadagno viene tuttavia perso al momento della sospensione della terapia per il ripristino dell’aumentato turnover osseo. n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 Il reale beneficio della terapia estrogenica è rappresentato solo dalla prevenzione totale o parziale della perdita di osso che si sarebbe verificata in assenza del farmaco. Terapia dell’osteoporosi È documentato da un grande numero di studi l’effetto positivo della terapia estrogenica sostitutiva sulla massa ossea. In termini densitometrici gli estrogeni sono efficaci sia quando sono somministrati a donne da poco in menopausa, sia in soggetti anziani con osteoporosi ormai conclamata. Per quanto riguarda invece la dimostrazione dell’efficacia degli estrogeni sulla prevenzione delle fratture osteoporotiche, la letteratura è ricca di studi epidemiologici retrospettivi, ma manca a tutt’oggi uno studio longitudinale, controllato, adeguato per durata e dimensioni del campione. In realtà ne esiste solo uno pubblicato da Lufkin e coll nel 1992 (EG Lufkin et al. Ann Intern Med 1992: 117: 19). In 75 donne, con almeno una frattura vertebrale, il trattamento estro- genico per via transdermica per un solo anno riduceva il numero di eventi fratturativi vertebrali rispetto al gruppo di controllo. Ovviamente l’esiguità della casistica e degli eventi non permette di trarre alcuna conclusione. La verifica dell’efficacia della terapia estrogenica sostitutiva nel prevenire le fratture osteoporotiche rimarrà verosimilmente senza risposta per le difficoltà connesse con uno studio di questo tipo. Per questa ragione, nella comunità scientifica, si tende a postulare l’efficacia anche sulla base di studi osservazionali. L’attenzione si è così spostata sulla durata annua del trattamento e sul periodo più idoneo per avviare la terapia. Felson e coll (DT Felson et al. The New Engl J of Med 1993; 329: 11416) hanno dimostrato che per ottenere un effetto duraturo sulla massa ossea, anche in tarda età quando è maggiore il rischio di frattura, la terapia deve essere proseguita per almeno 7 anni dopo la menopausa. Couley e collaboratori (JA Cauley et al. Ann of Int Med 1995; 122: 9-16) hanno dimostrato che il trattamento ormonale si associava ad un notevo- 113 dialogo farmaci dossier sui le riduzione del rischio di frattura femorale (RR=0.60) solo nelle pazienti che stavano assumendo il farmaco (current users) da più di sette anni, mentre la protezione era non significativa per cicli di terapia più brevi o nelle pazienti che avevano interrotto il trattamento. Per quanto riguarda invece la dura- ta nel tempo degli effetti benefici dopo la sospensione del trattamento essa è incerta ma verosimilmente limitata come dimostrato di recente da Grodstein (F Grodstein et al. New England J of Med 1997; 336: 1769-1775) in cui pazienti in terapia estrogenica (users) hanno una mortalità inferiore rispetto ai soggetti che non hanno mai assun- to estrogeni (non users), ma tale effetto protettivo si riduce progressivamente con l’aumentare della durata della terapia e non è presente nei soggetti che l’hanno sospesa (past users). Quindi la massima protezione viene garantita in corso di terapia e risulta invece modesta e proporzionale alla sospensione del trattamento e alla sua durata. Effetti della TOS sulla sfera cognitiva e sul morbo di Alzheimer La terapia estrogenica comporta il miglioramento di una serie di disturbi (vampate, secchezza a livello genito-urinario ...) del climaterio che si verificano in molte donne e che provocano la comparsa di problemi neurologici e di tipo cognitivo. Tale osservazione ha dato credito all’ipotesi che il deficit estrogenico che caratterizza la menopausa possa contribuire allo sviluppo di demenza e malattia di Alzheimer. Negli ultimi anni sono stati pubblicati otto studi controllati e due studi prospettici sull’effetto della terapia estrogenica sostitutiva sullo sviluppo della malattia di Alzheimer, oggetto di una recente metanalisi (Yaffe et al, JAMA 1998; 279: 688-695), dalla quale emerge una possibile riduzione del rischio del 29% nei soggetti in terapia ormonale. Tutti questi studi presentano però problemi metodologici riguardo alle dimensioni del campione, la durata, l’assenza del gruppo di controllo. Analizzando non solo il rischio di Alzheimer, ma quello di ogni tipo di demenza, l’inclusione di donne da poco in menopausa fa sì che i risultati possano essere mascherati dalla prevalenza di semplici nevrosi climateriche. In altri studi le donne che avevano scelto la terapia ormonale sostitutiva presentavano un grado di istruzione sensibilmente superiore e quindi caratteristiche considerate protettive nei confronti della malattia di Alzheimer. Per tali motivi il possibile effetto protettivo della terapia ormonale può essere considerato incerto e non giustifica l’eventuale avvio della terapia stessa per prevenire o trattare la malattia di Alzheimer. Gli effetti della terapia ormonale sostitutiva sull’insorgenza di tumori La terapia ormonale sostitutiva è sempre stata accompagnata dal timore di un aumentato rischio di cancro dell’endometrio e della mammella. Cancro all’endometrio L’introduzione della terapia estrogenica dopo la menopausa risale agli anni ‘60. Inizialmente furono usati dosi piuttosto elevate (1,2 mg di estrogeni coniugati: ad es. Premarin) non associate a progestinici. Questa terapia induceva un importante aumento del rischio di carcinoma endo- 114 metriale (rischio relativo >4). Ciò provocò un drastico rifiuto della terapia ormonale. Studi successivi dimostrarono che questo rischio si riduceva fino ad annullarsi associando dosi adeguate di progestinici. Utilizzando la terapia ormonale in questa maniera, il rischio è apparso nei vari studi variabile e comunque entro limiti molto contenuti. In alcuni casi si è documentata addirittura una riduzione globale del rischio di carcinoma endometriale. Sino ad ora non sono stati condotti studi prospettici di adeguate dimen- sioni e durata. Lo studio più esteso è stato riportato nel 1997 sul Lancet (SSA Beresford et al. Lancet 1997; 349: 458-61). Dai risultati di tale studio emergono importanti considerazioni: 1- Nelle donne che fanno uso di estrogeni senza associare progestinici il rischio di cancro endometriale è pari a 4,0 (3,1-5,1). 2- L’associazione con progestinico in generale riduce il rischio a 1,4 (1,0-1,9), e tale effetto protettivo pare dose dipendente. Infatti nelle donne che assumono il progesti- n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier dialogo farmaci sui nico per meno di 10 gg al mese il rischio è maggiore (3,1; CI 1,75,7) mentre le donne che lo assumono per più di 10 gg (da 11 gg a 21 gg) presentano un rischio non significativamente aumentato rispetto ai controlli (1,3; CI 0,82,2). 3- Trattamenti superiori ai 60 mesi sono associati ad un aumento significativo del rischio rispetto ai controlli che non utilizzano terapia ormonale non solo nel gruppo che assume il progestinico per meno di 10gg (RR 3,7; CI 1,78,2), ma anche in quello che prevede l’associazione col progestinico per più di 10 gg. In tale gruppo il rischio relativo è pari a 2,5 (1,1-1,5). Tali risultati devono senza dubbio essere confermati da studi più ampi ma sollevano dubbi sull’opportunità di trattamenti ormonali prolungati (oltre i 5 anni) e rendono in ogni caso consigliabile un uso del progestinico per più di 10 gg a ciclo. Cancro della mammella La reale esistenza di un aumento del rischio di carcinoma della mammella in donne in terapia estrogenica o estroprogestinica a lungo termine è da tempo molto dibattuto e i risultati degli studi osservazionali sono spesso contraddittori. L’associazione tra estrogeni e tumore al seno appare biologicamente plausibile essendo le donne più a rischio quelle con menarca precoce e menopausa tardiva e nulliparità, tutte condizioni caratterizzate da una maggiore esposizione ormonale. I risultati di un esteso lavoro epidemiologico pubblicato nel 1997 (F Grodstein et al. New England J of Med 1997; 336: 1769-1775) hanno confermato l’effetto positivo degli estrogeni sulla sopravvivenza, evidenziando però come i benefici si riducano progressivamente con l’aumentare della durata del trattamento e siano minori nelle donne con basso rischio cardiovascolare. Tale effetto era imputabile principalmente all’au- mento di incidenza del cancro alla mammella nei soggetti in terapia ormonale (RR 1,43). Tale rischio era presente sia nel gruppo trattato con solo estrogeni che in quello in cui era stato aggiunto anche il progestinico. A conclusioni analoghe ha condotto pure una recente metanalisi (Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. The Lancet 1997;350: 1047-1059). Sono stati rianalizzati circa il 90% degli studi epidemiologici eseguiti per identificare i fattori di rischio per il cancro al seno. In tal modo è stata valutata una popolazione superiore alle 160.000 unità che includeva 53.000 pazienti con cancro al seno. I risultati confermano un lieve aumento del rischio di carcinoma mammario nelle donne che fanno uso di terapia ormonale sostitutiva (anche se la prognosi risulta migliore). Tale incremento cresce in relazione alla durata del trattamento e diviene evidente per trattamenti superiori ai 5 anni. Alla sospensione del trattamento il rischio tende apparentemente a ridursi fino a scomparire dopo 5 anni. Menopausa e laboratorio: alcune indicazioni a cura di: G. Bonadonna (1), Medico di Laboratorio 1) In caso di dubbio, per confermare lo stato menopausale quali test di laboratorio si possono utilizzare? Risposta: il dosaggio ematico di FSH ed estradiolo è sufficiente per confermare la diagnosi. I valori di FSH in menopausa possono avere oscillazioni ed il range di valore è piuttosto ampio; comunque, un valore di FSH >40 UI/L orienta decisamente per un esaurimento della funzione ovarica. Nell’interpretazione dei livelli di estradiolo è necessario tenere conto che essi sono espressione sia dell’attività ovarica residua che della sieroconversione periferica degli androgeni; comunque, un valore di estradiolo <40 pmol/L è espressione di un chiaro deficit funzionale ovarico. n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 2) Prima di intraprendere la terapia sostitutiva sono necessari esami di screening? Risposta: prima di intrapprendere la terapia, è necessaria una valutazione preliminare dei seguenti parametri di laboratorio: in particolare glucosio, AST, ALT, GGT, esame urine e creatinina, colesterolo totale, HDL-colesterolo, trigliceridi. Si ricorda che gli estrogeni per via orale possono determinare ipertrigliceridemia a volte importante. In merito al dosaggio di parametri emocoagulativi per la valutazione di eventuale rischio tromboembolico è opportuno premettere che tale rischio è estremamente basso (1 evento per anno per ogni 5.000 donne trattate), per cui screening generalizzati non appaiono giustificati. Solo in casi di trombofilia familiare o di storia personale di trombosi venosa profonda, è opportuno far eseguire il dosaggio di antitrombina, proteina C, proteina S, resistenza alla proteina C attivata. È comunque opportuno ricordare che l’eventuale deficit di uno dei predetti fattori non costituisce di per se controindicazione assoluta all’utilizzo della terapia sostitutiva; in tali casi infatti il rapporto rischio/beneficio va valutato caso per caso. 3) È necessario un monitoraggio di laboratorio in corso di terapia sostitutiva? Risposta: in corso di terapia è necessario tenere conto del quadro clinico completo e pertanto il monitoraggio deve essere individualizzato. Un profilo minimo deve prevedere la valutazione annuale della funziona- 115 dialogo farmaci sui lità epatica, renale e dell’assetto lipidico. Non è necessario un monitoraggio di parametri emocoagulativi in quanto le modificazioni in corso di terapia sono modeste e non tali da aumentare il rischio di eventi tromboembolici se non in individui predisposti. 4) Quale è il contributo del laboratorio per la valutazione dell’aumentato turnover osseo in menopausa? Risposta: i marcatori biochimici non sono utili per la diagnosi di osteoporosi è una diagnosi strumentale; il loro utilizzo è stato proposto nel monitoraggio della risposta terapeutica ai trattamenti antiriassorbimento osseo, anche se non vi è accordo sulla opportunità di un loro uso routinario nella pratica clinica (Blumsohnn, Ann Clin Biochem 1997; 34: 449-459). A scopo di monitoraggio, oltre al dosaggio della calciuria (da preferire il dosaggio su urine della secon- da minzione) è consigliabile dosare almeno un marcatore di neoformazione ossea (da preferire la fosfatasi alcalina ossea) ed un marcatore di riassorbimento (idrossiprolina urinaria o marcatori più recenti come piridinolina o deossipiridinolina urinaria). (1) si ringraziano per il contributo e la discussione: Eugenio Bocchin, Claudia Lo Cascio, Franco Manzato. Farmaci, schemi e vie di somministrazione Per la scelta di uno schema terapeutico di TOS, la prima e fondamentale distinzione che si deve fare è se si tratta di una donna isterectomizzata o meno. • Donne isterectomizzate: si usano i soli estrogeni. Per il trattamento sintomatico non sembrano esserci differenze sostanziali tra via orale e via transdermica. Per quanto riguarda la prevenzione a lungo termine, si rimanda a quanto scritto successivamente. • Donne con utero: all’estrogeno è obbligatorio aggiungere un progestinico allo scopo di minimizzare il rischio di cancro all’endometrio. La terapia può essere ciclica o continua: • per terapia continua s’intende la somministrazione giornaliera di estroprogestinici; • per terapia ciclica s’intende la somministrazione continua di estrogeni e la somministrazione di progestinico per 10-14 giorni (questa modalità provoca perdite mestruali). La differenza tra le due dipende dalle preferenze della singola donna: se il medico ravvisa che la ricomparsa di perdite mestruali può infastidire la donna, si deve dare la preferenza alla terapia continua. Tuttavia si deve ricordare che, specie 116 nel primo anno, anche con lo schema di terapia continua possono esservi perdite emorragiche erratiche. La via di somministrazione da preferire per la terapia preventiva è rappresentata dalla via orale, in quanto più documentata. Come effetti indesiderati, alcune donne possono manifestare sanguinamenti vaginali (che vanno sempre valutati con attenzione), cefalea, nausea, ritenzione idrica, tensione mammaria o aumento di peso. È opportuno sottoporsi a controllo mammografico periodico ed eseguire esame citologico per la cervice uterina. È inoltre consigliabile controllo periodico della pressione arteriosa ed alcuni esami di laboratorio. La via transdermica Ciò che fa la differenza tra terapia orale e non orale è che quest’ultima non subisce l’effetto di “primo passaggio epatico”. In mancanza di trial randomizzati che misurino eventi clinici rilevanti e di studi osservazionali di dimensioni e durata adeguate, gli effetti della via transdermica possono essere valutati solo sulla base di studi metabolici, che possono es- sere distinti in quattro ampie aree spesso sovrapposte: • il sistema renina-angiotensina, come obiettivo surrogato per l’ipertensione e le malattie cardiovascolari; non subendo l’effetto di primo passaggio epatico, l’estrogeno non determina la produzione di proteine epatiche, in particolare il substrato per la renina: ciò dovrebbe evitare il rischio d’ipertensione mediata da tale substrato; • il sistema coagulativo, come obiettivo surrogato per eventi tromboembolici, sia venosi che arteriosi; • il sistema lipoproteico, come obiettivo surrogato per le malattie cardiovascolari. La terapia orale può determinare ipertrigliceridemia; comunque solo la terapia estrogenica orale determina un aumento del colesterolo HDL, mentre questo effetto non è documentato per la via transdermica; • sul metabolismo glucidico sono segnalati in letteratura effetti benefici; Sulla base dei dati metabolici disponibili, è difficile definire l’effetto netto della terapia transdermica sul rischio delle arteriopatie e/o delle flebopatie. La via transdermica può essere pre- n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dialogo farmaci dossier sui ferita alla via orale in alcune situazioni cliniche particolari: • se la via orale è mal tollerata (nausea, ecc.) • anamnesi di emicrania • colelitiasi (è noto dagli studi osservazionali e dagli studi controllati che la via orale determina una frequenza di colelitiasi pressoché doppia) • epatopatie (per l’effetto di primo passaggio) • ipertrigliceridemia Si sottolinea che l’assorbimento di progesterone per via trasdermica è scarso. Crema vaginale Può alleviare la secchezza vaginale e i sintomi del tratto urinario. Non è adatta come sistema di prevenzione sull’apparato cardiovascolare e su quello osseo. Controindicazioni assolute e relative* Controindicazioni assolute all’inizio della TOS • • • • • Perdite ematiche genitali atipiche non diagnosticate Adenocarcinoma endometriale in atto K mammario, in atto o dopo intervento per stadio > T1 M0 N0 Flebiti e tromboflebiti acute, croniche e persistenti Esame pelvico con sospetto di patologia annessiale Orientamento sulla TOS La mancanza di consenso unanime all’utilizzo della TOS impedisce una strategia univoca. Si ritiene che ogni prescrizione di TOS, in queste condizioni, debba scaturire o dalla presenza di sintomi fastidiosi, e/o da rischi e patologie correlate ad ipo-estrogenismo per le quali è prevedibile un sicuro vantaggio. Naturalmente è fondamentale che la donna sia consapevole delle incertezze, e che espliciti chiaramente il suo consenso, impegnandosi a controlli ravvicinati ed adeguati. Nei casi di pregresso K mammario o endometriale la terapia può essere effettuata nell’ambito di studi clinici controllati. Condizioni per le quali non vi è consenso unanime all’indicazione della TOS • • • • • • • • • • • K mammario dopo intervento per stadio = T1 M0 N0 K endometriale I stadio dopo chirurgia adeguata Endometriosi intestinale, o del setto vagino-rettale, o con residuo dopo terapia Fibromi multipli o libroma di diametro > 5 cm, anche se asintomatico (controllo clinico con valutazione personalizzata) Ipertensione non studiata o grave Flebiti gravi pregresse Colelitiasi anche asintomatiche Storia di tromboembolie pregresse Otosclerosi Ipertrigliceridemia, limitatamente all’uso di estrogeni orali Lupus eritematoso sistemico *Definite nella 1a Conferenza Nazionale di Consenso in Scienze Ginecologiche e Ostetriche (1996) La partecipazione della donna al processo decisionale della TOS a cura di: Giuseppe Parisi, MMG Introduzione In questi ultimi anni sono comparsi un gran numero di lavori originali, review di letteratura ed editoriali sulla terapia ormonale sostitutiva (TOS), tesi a foca- lizzare i rischi e benefici di questo intervento nell’intento di guidare il medico nel processo decisionale. Nonostante le conclusioni molto spesso sottolineino quanto sia importante il parere della paziente su tale scelta, di fatto gli alberi decisionali non si articolano con le prese di posizione, i desideri, le paure delle donne (Nananda FC. JAMA 1997 Apr 9;277(14):1140-7). Il medi- n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 co è lasciato solo nel valutare e nel soppesare rischi e benefici, e sembra che solo una volta giunto alla conclusione di questo iter si svegli da questo “sonno della razionalità” e interagisca con la paziente. I fenomeni relazionali sembrano avvenire una sola volta, nel finale della consultazione, in uno spazio a sé. Il medico sembra assorbito per la massima parte dal suo dovere clini- 117 dialogo farmaci dossier sui co, e sembra che quest’ultima mossa sia un optional, qualcosa di scontato, su cui non c’è molto da dire né da insegnare. Anche la raccolta di pareri peraltro esaustiva apparsa sullo scorso numero della rivista conclude: “prerequisito è il coinvolgimento informato della donna” ma non dà nessuna indicazione su come ottenerlo, né su cosa significhi esattamente. Le prime linee-guida americane sull’argomento (ACP. Ann Intern Med 1992; 117: 1038- 1041) proclamano in sostanza “il medico sia informatore, alla donna spetta la scelta!”. Anche in questo caso pare di assistere ad una consultazione nella quale il medico segue il suo ragionamento clinico, giunge alle conclusioni, le comunica alla paziente, e quest’ultima sceglie da sola ed è padrona di tale decisione. È vero che la paziente ha un grosso influsso nel processo decisionale: infatti la prescrizione della TOS presenta una tale variabilità da far pensare che la decisione soffre dell’influsso di stereotipi culturali e soggiace al potere della paziente (Mort EA. J Fam Pract 1996 Feb;42(2):147-51). Ma non è un intervento finale, ordinato, prevedibile. Il coinvolgimento informato “Coinvolgimento informato” è un concetto difficile, in quanto è un termine descrittivo degli aspetti soggettivi di una relazione, malamente misurabile, e per di più dinamico. È più un indice di un processo relazionale che non il suo risultato finale, e non può essere descritto con una singola espressione. La consultazione, o la serie di consultazioni che conducono alla scelta della TOS, è una “danza parlata” nella quale i due protagonisti - medico e paziente - di volta in volta compaiono sulla scena o soli o insieme, si influenzano a vicenda, prendono decisioni condivise, ritornano sui loro passi, chiariscono le loro posizioni, cambiano idea, e così via. Tutto ciò avviane indipendentemente dalla configurazione relazionale prevalente, sia essa paternalistica (il medico sa cosa è bene per la paziente), sia essa informativa (il medico informa la paziente ed ella prende le decisioni) (Emanuel EJ. JAMA 1992; 267: 2221-2226), perché in questi ultimi anni i pazienti sono diventati comun- 118 que e sempre portatori di una domanda articolata, complessa e irriducibile, che eccede qualsiasi categorizzazione in modelli. Il cambiamento dei pazienti non è un fenomeno isolato, ma fa parte di un più vasto processo di evoluzione del rapporto soggetto - salute e dei sistemi sanitari. La paziente di fatto fa di testa propria, influenza le decisioni del medico, ed entra come elemento di disturbo nella macchina clinica, che purtroppo è uno strumento costruito per i soli addetti ai lavori, i medici, e non sopporta intrusioni. La questione non è quindi coinvolgere la paziente dopo averla adeguatamente informata, nella fase finale di un processo già impostato, deciso e effettuato dal medico, ma di farla entrare in ogni momento del processo, utilizzando il sapere della paziente su sé stessa. Utilizzare il sapere della donna su sè stessa I tentativi di incorporare il sapere dei pazienti nel processo decisionale sono numerosi: la letteratura sull’orientamento al paziente ne è un esempio illustre, che compie ormai più di vent’anni (Byrne PS, Long BEL. Doctor talking to patients. HMSO, London 1976 è il primo lavoro sull’argomento) ed è sostenuta da intere scuole di pensiero (McWhinney IR. A textbook of family medicine. Oxford University Press, 1989 è il testo base della scuola canadese). Più recentemente si segnala l’esistenza di linee guida che tengono conto delle preferenze del paziente in altre patologie, ad esempio nella lombalgia (Owens DK. Spine 1998 May 1;23(9):1073-1079). Nel caso della TOS è necessario coinvolgere il paziente nel processo decisionale sia perché di fatto questa è la richiesta, sia perché la situazione di incertezza del sapere medico in questo caso può giovarsi letteralmente della consulenza della paziente, che è la massima esperta delle proprie idee, aspettative, esigenze, ecc... Tenendo conto della complessità del tema trattato, che si è cercata di delineare qui sopra, si può comunque ridurre il concetto ad un’unica keyword: “patient participation”, che è definita come: “coinvolgimento del paziente nel processo decisionale riguardo ad argomenti pertinenti alla salute”. Nonostante il volume di articoli su questo tema sia cospicuo, raramente si incontra un lavoro specifico sulla partecipazione del paziente al processo decisionale nella TOS. Ciò è paradossale, se si pensa che la TOS è un argomento paradigmatico di coinvolgimento del paziente (Mort EA. J Fam Pract 1996 Feb; 42(2):147-51). La TOS come momento in un evento più ampio la menopausa La partecipazione della paziente è ancor più necessaria se si pensa che è riduttivo e falsamente semplificativo parlare di TOS, in quanto la TOS è una azione farmacologica nell’ambito di un importante avvenimento nella vita della donna: la menopausa. Il processo decisionale della TOS fonda le sua radici in una buona impostazione dei problemi della menopausa, che a sua volta è facilitata da una relazione di fiducia con il medico costruita nel tempo. Si vuol ricordare, a mo’ di esempio, l’importanza dell’attribuzione causale dei sintomi nella presa di decisione: spesso vengono attribuiti falsamente alla menopausa in quanto evento biologico e non si presta attenzione alle reti di causazione psicologica e sociale. Inoltre, le consultazioni su questo tema sono riconosciute come occasione di promozione di salute e di approfondimento delle problematiche psicosociali: anche in questo caso le modalità dell’intervento del medico influenzano decisamente la successiva richiesta di TOS o la sua gestione. Gli stereotipi culturali, gli atteggiamenti e il sesso del medico sono altri fattori determinanti (Hunter MS. Soc Sci Med 1997 Nov;45(10):1541-8 e Berman RS. J Womens Health 1997 Apr;6(2):21926 ). Come coinvolgere la donna nel processo decisionale Come coinvolgere nella TOS la donna in modo efficace e onesto? Si vogliono elencare alcuni elementi qualificanti che pur essendo concepiti specificatamente per la TOS possono essere applicati anche in altre situazioni decisionali. n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dialogo farmaci dossier sui 1. Sapere che la paziente ha i propri obiettivi nella consultazione e che questi non sono sempre espliciti. Conviene dedicare molte energie e molto tempo per identificarli perché si rischia altrimenti di dare una risposta incongrua. Ad esempio, la paziente può desiderare solo informazioni sulla TOS, e rimandare la decisione nel tempo, oppure può desiderare di non essere coinvolta nel processo decisionale. In letteratura sono descritti strumenti di indagine (questionari) sulla disponibilità alla partecipazione. È opinione comune che se non si identifica correttamente la ragione dell’incontro è alta la probabilità di un esito insoddisfacente della consultazione per ambedue i protagonisti (Arborelius E. Family Practice 1991; 8:3-9). Si può controllare la buona riuscita di questa fase chiedendosi: “Ho focalizzato adeguatamente le idee, le aspettative, le preoccupazioni della paziente e la ragione dell’incontro?”. 2. Aver chiare le proprie convinzioni, i propri preconcetti, le linee-guida seguite. La partecipazione della paziente al processo decisionale è possibile solo a patto che il medico abbia ben chiara l’ossatura che guida le proprie decisioni, i vincoli ai quali è costretto e i suoi obiettivi di minima. In caso contrario non c’è partecipazione ma imposizione del paziente, con la conseguente creazione di una relazione terapeutica perversa. Le linee - guida sulla TOS sono il presupposto cognitivo alla consultazione. Quanto più un medico sa come muoversi tecnicamente, tanto più può essere disponibile a discutere apertamente con la paziente. D’altra parte il medico non è esente da credenze, preconcetti, visioni soggettive o consuetudini inveterate nella cultura medica locale che danno sicurezza nell’azione ma possono essere discutibili (O’Connor V. Fam Pract 1996 Oct; 13 (5): 421-6) (vedi articolo a pag. 120). 3. Mettere in grado la paziente di entrare nel processo decisionale. Questa azione nel caso della TOS è di gran lunga la più importante perché, nonostante l’ostentata conoscenza, le ricerche dimostrano che le donne hanno molte incertezza e c’è molta ignoranza sulla TOS (Fox Young S. J n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 Psychosom Obstet Gynaecol 1995 Dec;16(4):215-21 e Rothert M. Exp Gerontol 1994 May-Aug;29(34):463-8), e anche i mass media non chiariscono ma confondono le idee. Annette O’Connor e i suoi colleghi del Ottawa Health Decision Centre hanno recentemente messo a punto un programma per aiutare i medici nella decisione sulla TOS (Robinson A. CMAJ 1997 Jan 15; 156(2):24850). Il programma comprende anche un’audiocassetta che la paziente può ascoltare a casa e che permette una completa informazione sull’argomento. Inoltre, la paziente può indicare su una apposita scheda la valenza soggettiva di ogni singolo rischio della TOS e riflettere a casa propria sulle decisioni da prendere. Alla consultazione successiva la discussione con il medico può così cominciare ad armi quasi pari. Informare la paziente significa chiarire anche il metodo proprio della medicina, che si fonda sulle prove, che non sono conoscenza assoluta, ma che possono anche essere confutate nel tempo. 4. Credere nella positività della partecipazione della donna al processo decisionale. Se non si è disponibili a somministrare la TOS anche quando non si è d’accordo con la donna che, adeguatamente informata dei rischi, persiste nella sua decisione, è inutile pensare di farla partecipare al processo decisionale: partecipazione significa imprevedibilità dell’esito. Tutto ciò ha ricadute sul problema della responsabilità professionale. Si deve ricordare però che uno dei vantaggi nell’eseguire i piani dei pazienti e non quelli dei medici è che la compliance è la migliore possibile in quella situazione (Rothert ML. Res Nurs Health 1997 Oct;20(5):377-87 6). Il paziente viene chiamato a partecipare in modo diverso in ognuno di questi terreni, e in particolare è cruciale differenziare la natura del PS da quella del DM. Il PS è l’identificazione della soluzione corretta ad un problema, e abbisogna di capacità specifiche disciplinari, mentre il DM presuppone che sia avvenuto un PS ma non necessariamente implica che la decisione finale si identifichi con ciò che il PS aveva stabilito: il DM si effettua unicamente sulle preferenze del decisore. Stabilire ad esempio che quella paziente potrebbe trarre vantaggio dalla TOS non significa necessariamente che si debba decidere di somministrarla. Ebbene, Deber mostra come i pazienti siano più disponibili ad aiutare il medico nel DM che non nel PS. Il DM è un processo in cui si possono riconoscere alcune fasi. Una prima fase in cui viene deciso il metodo di decisione, l’oggetto della stessa, con quali opzioni e sulla base di quali informazioni. Nella seconda fase si discutono i pro e i contro per ogni opzione, e nell’ultima fase si informa della decisione presa e si considerano gli eventuali ripensamenti (Hughes TE. Med Care 1991 Mar;29(3):297303.). È stato osservato che gli individui hanno un maggior senso di giustizia se partecipano attivamente alla fase di discussione. Inoltre, la forma di partecipazione può essere di controllo di processo (“Voice”) o controllo di decisione (“Choice”). La prima è l’abilità dell’individuo di contribuire al processo ma non di decidere, mentre la seconda è la possibilità che l’individuo entri direttamente nell’atto della decisione, ad esempio votando. Anche in questo caso gli individui hanno un maggior senso di giustizia quando controllano il processo. Conclusione 5. Distinguere in quale momento della consultazione si è disponibili ad utilizzare la partecipazione della paziente. Deber (Arch Intern Med 1996 Jul 8;156(13):1414-1420) afferma che nel parlare di partecipazione è indispensabile specificare in quale terreno. La consultazione è un processo durante il quale avvengono interazioni su numerosi terreni, da quello del Problem setting, al Problem solving (PS), al Decision making (DM). Partecipazione non è quindi un fenomeno tutto o nulla, ma una forma di vita relazionale, complessa, inserita nel processo di consultazione, che possiede dei prerequisiti forti e che non è totalmente controllabile dal medico. Per sfruttare a suo favore questo fenomeno, il medico deve sviluppare abilità relazionali, ma ancor più abilità di geometra dello spazio terapeutico. 119 dialogo farmaci dossier sui Le decisioni delle donne in menopausa Tratto da: Bandolier*, ottobre 1998 Non sarà mai facile per le donne decidere se usare o no la terapia ormonale sostitutiva per la menopausa. Nel primo periodo dopo la menopausa qualche donna può presentare pesanti problemi con le vampate e altri sintomi, per i quali l’aggiunta di estrogeni è efficace. Nonostante ciò i principali vantaggi degli estrogeni sulle ossa e sui rischi cardiovascolari sono sul lungo periodo, e devono essere confrontati con il piccolo aumento del rischio di carcinoma mammario associato all’uso di estrogeni. Il tutto è abbastanza complesso e le informazioni a disposizione delle donne sono variabili per cui suscita interesse uno studio randomizzato che esamina i diversi modi per fornire le informazioni. includeva strategie per ridurre l’influenza dei ricercatori durante l’intervista. L’analisi dei dati è stata fatta da individui che non erano a conoscenza dell’assegnamento. Esiti Sono stati valutati un’intera gamma di esiti: le scale che misurano i conflitti decisionali, la conoscenza generale sui benefici e rischi della terapia ormonale sostitutiva, l’accettazione degli aiuti decisionali e le decisioni sull’uso della terapia ormonale sostitutiva. Si sono effettuate stime realistiche sulla valutazione dei giudizi espressi dalle donne rispetto al proprio rischio, presente o futuro, di malattia coronarica, di cancro della mammella o di frattura di femore. Lo studio Questo studio ha reclutato 165 donne, almeno un anno dopo la loro menopausa con inviti, posters e annunci radiofonici. Queste donne sono state suddivise in due gruppi randomizzati per ricevere informazioni della terapia ormonale sostitutiva: un gruppo con un opuscolo educativo dell’American College of Pathologists, con la descrizione dei benefici, rischi ed effetti collaterali della terapia ormonale sostitutiva, l’altro gruppo con un aiuto decisionale progettato specificamente. Questo aiuto decisionale comprendeva un opuscolo illustrato di 32 pagine più una cassetta audio di 40 minuti che forniva informazioni sulla malattia coronarica, osteoporosi, cancro dell’endometrio e della mammella, informazioni sulle diverse terapie ormonali sostitutive, e alcuni dati per determinare il rapporto rischio beneficio personale a seconda dei rischi di ogni singola donna per questi fattori. È stato progettato per essere usato dalle donne a casa, in solo 40 minuti. La randomizzazione era corretta e Risultati Le donne che hanno usufruito dell’aiuto decisionale hanno avuto conflitti significativamente minori nel prendere decisioni, e più donne che hanno avuto l’aiuto decisionale hanno risposto di essere senza conflitti per la loro decisione. La differenza maggiore è stata sulla proporzione di donne che aveva stime realistiche sugli effetti della terapia ormonale sostitutiva nei rischi di malattia coronarica, di frattura e di cancro alla mammella (vedi grafico). Nonostante un aumento generale della conoscenza sulla terapia ormonale sostitutiva e la valutazione del rischio/beneficio di questa, non c’erano differenze nelle decisioni delle donne. In entrambi i gruppi, il 58% ha rifiutato la terapia ormonale sostitutiva, il 15% ha accettato il trattamento ed il 27% è rimasto dubbioso. Commenti Alle donne piace l’aiuto decisionale e coloro che l’hanno utilizzato l’hanno trovato più accettabile e hanno espresso un giudizio migliore sulla propria posizione personale; ha ridotto il numero di donne che sottovalutava il loro rischio basale di malattia cardiaca e soprav- Stime realistiche dei rischi e benefici della TOS dopo l’uso di aiuto decisionale e opuscolo educativo Ca mammella Frattura d’anca Malattia CV 0 20 opuscolo 40 60 80 aiuto decisionale *Bandolier: è una rivista mensile pubblicata dall’Oxford Anglia NHS Region nel Regno Unito. L’accesso a Bandolier in internet è gratuito in questo sito: http://www.jr2.ox.ac.uk:80/Bandolier. 120 n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier valutava il rischio basale di cancro mammario e i benefici e rischi della terapia ormonale sostitutiva. Da questo punto di vista si è rivelato un valido strumento educativo. Forse questo è il problema. È uno strumento educativo, ma nonostante una migliore educazione le donne non vogliono cambiare il loro atteggiamento verso la terapia ormonale sostitutiva. Ma questa non è una scelta per sempre del tipo tutto o nulla. Le donne possono ripensarci o le loro circostanze possono cambiare o possono rendersi disponibili nuovi trattamenti, quali modulatori selettivi per i recettori estrogenici. Le donne con conoscenza della terapia ormonale sostitutiva possono fare scelte diverse in futuro, e certamente saranno più fiduciose se vogliono cambiare opinione. Referenze bibliografiche A O’Connor, P Tugwell, GA Wells et al. Randomized trial of a portable, self-administered decision aid for postmenopausal women considering long-term preventive hormone replacement therapy. Medical Decision Making 1998; 18: 295-303. Le alternative: trattamenti naturali alternativi alla TOS Tratto da: Bandolier, ottobre 1998 dialogo farmaci sui Ci sono molti motivi per i quali le donne che soffrono di sintomi della menopausa non desiderano seguire la terapia ormonale sostitutiva TOS. Questi motivi possono oscillare dal vedere la menopausa come una naturale transizione al pensare che l’osteoporosi e la malattia cardiovascolare non costituiscono una particolare minaccia per loro, a non tollerare certi effetti della TOS quali la tensione mammaria o l’emorragia ciclica, o la paura del cancro. È stato spesso sottolineato che solo una piccola proporzione di donne che potrebbero eseguire il trattamento, si sottopongono a questo o almeno lo eseguono per un lungo periodo. Molte donne cercano alternative o rimedi naturali. Una recente revisione ha esaminato le pubblicazione scientifiche e laiche cercando le evidenze sull’effetto che queste alternative possano avere. Ricerca È stata fatta una vasta ricerca bibliografica usando varie banche dati, inclusa quella di una associazione di consumatori di Toronto. È stato preso in considerazione un grande numero di alternative terapeutiche: dai supplementi nutrizionali, alle erbe, all’omeopatia agli approcci fisici. Risultati Tutti i rimedi esaminati, tranne uno, n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 sono risultati privi di prove di efficacia convincenti o senza alcuna prova. Quelli che non avevano evidenze basate su studi randomizzati controllati con placebo includevano i vari rimedi con le erbe, l’omeopatia, la chiropratica, i massaggi, l’esercizio fisico, l’agopuntura e le tecniche di rilassamento. Quelli controllati con placebo, ma senza efficacia, includevano i supplementi alimentari come la vitamina E ed anche l’olio di primula. C’è, però, una storia da raccontare sui fitoestrogeni, come quelli derivati dalla soia: • Uno studio randomizzato in doppio cieco che confrontava un supplemento giornaliero di 45g di farina di soia con 45g di farina di frumento, ha evidenziato una riduzione più rapida e continua del 40% di vampate nel gruppo che assumeva farina di soia in confronto a quello che assumeva farina di frumento (25%). • Le donne giapponesi, la cui menopausa è spesso senza vampate e gli altri sintomi climaterici che affliggono le donne occidentali, eliminano nelle urine una quantità di estrogeni isoflavonoidi fino a 1000 volte superiore. • Gli effetti biologici dei fitoestrogeni (forse con solo il 2% della potenza degli estrogeni umani) sembrano essere maggiori nelle donne in menopausa quando i recettori estrogenici possono essere liberi. • Si è visto che qualche fitoestrogeno ha un effetto risparmiatore delle ossa in animali da esperimento e in qualche soggetto umano. Una montagna di fagioli? Così ci sono evidenze per i fitoestrogeni della soia grandi come una montagna di fagioli? Certo la quantità di prove di efficacia, basata per esempio su grandi trial randomizzati, è minore di quella che di solito ci aspettiamo. Ma c’è una storia da raccontare, con qualche plausibilità biologica e qualche evidenza clinica ed epidemiologica. È più importante il fatto che le donne che desiderano considerare trattamenti alternativi per i sintomi della menopausa sappiano che qualcuno si è dedicato a cercare le migliori prove di efficacia disponibili per loro. Gli isoflavonoidi estratti dalla soia sono ora disponibili in forma di capsule per essere usati come alternativa all’ingestione di grandi quantità di soia o per rinforzare le diete che hanno già qualche contenuto in soia. Referenze bibliografiche MM Seidl, DE Stewart. Alternative treatment for menopausal symptoms. Systematic review of scientific and lay literature. Canadian Family Physician 1998; 44: 1299-1308 121 dialogo farmaci dossier sui Non solo farmaci: dalla patologia alla fisiologia Nella vita della donna possiamo riconoscere 3 grandi periodi; essi, in successione, ne caratterizzano l’esistenza, guidati da sottili impulsi che partono dalla sfera ormonale ed influenzano ogni aspetto della sua totalità. Infatti ad una prima fase legata alla rapida crescita e alla trasformazione fisiologica e psicologica segue il periodo “fertile” della vita, il più attivo e interattivo in cui essa si può occupare della famiglia e delle altre attività nella sfera sociale. Il menarca e il ritmico scandire del ciclo mestruale sono rivestiti di connotazione positiva, legata alla possibilità di entrare e di rimanere con pieno diritto nel mondo adulto. I1 terzo periodo, la menopausa, inizia normalmente intorno ai 50 anni ed é caratterizzato da una nuova trasformazione che non è improvvisa e drammatica ma graduale e fisiologica, portatrice di esperienze e valori più profondi e spirituali. In realtà, questa società che tende a richiedere alla donna la massima efficienza sempre e comunque, arrivando a minimizzare il diritto di riposo e cura durante quei momenti più delicati, come i primi giorni del mestruo o la gravidanza e l’allattamento, non aiuta ad affrontare serenamente il climaterio. La menopausa é infatti troppo spesso vissuta come un momento di crisi, quasi di malattia, perché il significato che essa riveste ed i sintomi che la possono accompagnare le danno una valenza negativa, di perdita e di involuzione dolorosa che quindi può essere associata ad un disagio profondo. Forte é il timore, che a volte é vera e propria paura, che essa suscita perché essa è concepita come un cambiamento globale ed inarrestabile che segna il destino di ogni donna. La tendenza quindi é quella di negarla, di rinviarla il più possibile. Non accettando il cambiamento, ci sarà il bisogno di utilizzare tutte le risorse, tutte le energie sia fisiche che mentali per essere sempre attive, in quanto sembra indispensabile, per sentirsi ancora giovane, mantenere 122 immutato lo stato psicofisico ed emotivo. Infine, frequentemente partirà dalla donna anche la richiesta della terapia ormonale sostitutiva, interpretata erroneamente come fonte di eterna giovinezza e capace di rimandare nel tempo l’ansia e la preoccupazione che possono accompagnare il climaterio. Invece la menopausa dovrebbe essere vissuta come un cambiamento che é nella natura stessa della vita, perché solo attraverso la trasformazione c’è evoluzione e cioè crescita, maggior appagamento e realizzazione. Quindi non è la fine della femminilità ma una delle grandi tappe dell’esistenza, momento in cui si possono aprire spazi preziosi per riprogettarsi, per trovare tempo per se stesse alla ricerca di un nuovo benessere sia fisico che spirituale, per reinventare il futuro. Infatti la famiglia in questo periodo può richiedere meno cure e quindi i desideri più intimi e personali della donna possono essere facilmente realizzati: la spinta verso questa trasformazione avviene proprio dal sottile e profondo cambiamento che avviene nella sua fisiologia. La trasformazione è un fenomeno molto naturale e, poiché in natura ogni cosa ha uno scopo, la menopausa non dovrebbe essere vista come un anomalo stato di deficienza ormonale con possibili conseguenze patologiche: infatti se la fisiologia nel periodo precedente al suo inizio è in uno stato di buon equilibrio, la menopausa può essere vissuta serenamente senza nessun sintomo né fisico né psicologico. A questo punto emerge in tutta la sua importanza la figura del medico‚ perché è a lui che la donna fa riferimento per chie- dere consigli e per avere certezze. Il rapporto di fiducia che ogni donna vorrebbe instaurare con il proprio medico di famiglia è fondamentale per costruire, insieme, un progetto di salute globale che ci permetta di affrontare la menopausa nel modo più positivo possibile. Questa fiducia non solo è riposta sulle competenze specifiche e sulla sua professionalità ma anche sul ruolo di “educatore alla salute” che è l’aspetto più fondamentale del rapporto medico-paziente. Importante è infatti fare della prevenzione non solo in termini propriamente medici (indicazione per un’alimentazione corretta, una routine adeguata accompagnata da attività fisica regolare) ma come necessità di indicare alla donna la possibilità di una consapevolezza più ampia che faccia riferimento alla totalità della vita e quindi legata alla ricerca di valori interiori e di interessi ed esperienze che vadano al di là dei bisogni quotidiani e della famiglia. È importante che il medico insegni a guardare ai profondi mutamenti legati alla menopausa con serenità, con atteggiamenti mentali appropriati che permettano di apprezzare una nuova bellezza, con qualche ruga in più ma forse più vera e interiore, una sessualità più tenera ed affettuosa e una capacità di essere vicini agli altri con profonda saggezza. Anonimo/anonima n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier dialogo farmaci sui Commenti finali Il presente dossier ha come obiettivo quello di sviluppare i vari aspetti della terapia estrogenica o estroprogestinica sostitutiva (ERT/HRT): i vantaggi i rischi e l’impiego nella realtà italiana di questi farmaci. Due osservazioni emergono della revisione della letteratura consultata: la prima è che sulla ERT/HRT c’è ancora molto dibattito, o detto in altri termini, le certezze (sulla sua efficacia e sicurezza) sono scarse, la seconda (forse effetto della prima) è che la percentuale di donne in menopausa che assumono questa terapia è complessivamente basso, ed è inferiore ancora la percentuale di queste che segue la terapia in modo regolare per un tempo prolungato. Infatti, la compliance è rilevata dalla letteratura esistente come uno dei problemi importanti nell’intraprendere questa terapia. Dietro la scarsa compliance (e le differenze geografiche non sembrano determinanti) sembrano individuarsi motivi non trascurabili: l’insufficiente informazione sui vari aspetti che comporta la terapia (i benefici attesi a breve e a lungo termine, i rischi, le paure) che fanno pensare ad uno scarso coinvolgimento della paziente nella decisione d’iniziarla. È anche ipotizzabile che gli interessi della paziente non coincidano con quelli del clinico che propone la terapia. Quali sono i motivi che le donne dichiarano interessamenti per iniziare questo trattamento? Vari studi hanno indagato questo aspetto in realtà diverse: da una indagine internazionale realizzata in Francia, Germania e Regno Unito emerge che al primo posto esiste il desiderio di evitare gli effetti dell’invecchiamento e la prevenzione dell’osteoporosi (MA Limouzin-Lamothe. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 1996; 64: S21-4). Un’altra indagine nel Regno Unito conferma questi dati su un piccolo campione di donne in menopausa: il principale motivo per assumere la terapia sarebbe quello del trattamento dei sintomi della menopausa (86%), seguito dalla prevenzione n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dell’osteoporosi (nel 7% delle donne) (PJ Roberts. 1991 Br J Gen Prat 1991; 41, 421-424). In un campione britannico più allargato di donne in pre-menopausa, alla domanda su quale motivo potrebbe convincerle a prendere TOS, emergono altri fattori che possono motivarle; i più frequenti sono stati: 1) terapia consigliata dal medico; 2) la necessità di controlli medici annuali; 3) la somministrazione sotto forma di cerotti; 4) la non cancerogenicità del trattamento se assunto in modo adeguato; 5) l’eliminazione o l’attenuazione delle vampate; 6) il consiglio di una amica che ne abbia fatto uso con apprezzabili risultati; 7) l’esistenza di un test che permetta di valutare la riduzione del rischio di osteoporosi (HK Sinclair et al. Br J Gen Prat 1993; 43: 365-370). Con scarse variazioni, altri studi dimostrano motivi simili sia in classi socio-culturali particolari come le donne-medico inglesi, sia in contesti ben diversi quali l’Italia o la Turchia; per le donne-medico inglesi i motivi per i quali hanno utilizzato l’ERT/HRT risultano: più del 73% per alleviare i sintomi, il 61% per prevenire l’osteoporosi ed il 33% per la prevenzione cardiovascolare. Si è osservato, tra le pazienti che assumevano TOS, una maggiore attenzione dietetica e per l’esercizio fisico (AJ Isaacs et al. J Epidemiol Community Health 1997; 51: 373-7). In Italia, un’indagine in donne in menopausa afferenti a una clinica ginecologica, rileva che un 70% delle intervistate crede che il principale problema della menopausa sia l’osteoporosi e che la sua prevenzione sia l’obiettivo più importante raggiunto della TOS. Nonostante questo, quasi la stessa percentuale di donne (67,5%) esprime timore per un trattamento a lungo termine (G Perrone et al. Minerva Ginecol 1993; 45: 603-8). Per le donne in menopausa consultate presso un ospedale universitario della Turchia, la principale motivazione per iniziare la terapia (42%) è costituita dalle vampate, seguita dalla prevenzione dell’o- steoporosi con il 24,3%. Gli episodi emorragici sono un motivo di interruzione della terapia per il 45% delle donne (B Karakoc & M Erenus. Menopause 1998; 5: 102-106). La qualità di vita viene percepita come sensibilmente diminuita per i sintomi menopausali (E. Daly et al. BMJ 1993; 307: 836-40) e molte donne esprimono giovamento con il trattamento ormonale sostitutivo (LA Mattson et al. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 1996; 64: S 3-5). Emerge da queste indagini che la prevenzione cardiovascolare non è affatto apprezzata, come conferma anche uno studio condotto in Gran Bretagna (C Lydakis et al. Int J Clin Prat 1998; 52: 7-10). Sono invece comuni i timori per gli effetti avversi, soprattutto cancro, e per gli effetti indesiderati quali il sanguinamento periodico dovuto alla TOS. Le paure manifestate dalle donne di assumere sostanze ormonali, oppure d’interferire con un processo fisiologico normale come la menopausa, o anche dell’invecchiamento in genere, potrebbero essere indirizzate con una corretta e onesta informazione da parte dal medico (comunicando incertezze là dove ci sono) e con un vero coinvolgimento della donna nella presa di decisioni. Questa modalità pare che si faccia strada e varie proposte sono già pubblicate (PP Boggs & WH Utian. Menopause 1998; 5: 67-8; A Robinson. CMAJ 1997; 156: 248-50). Il coinvolgimento del paziente nella decisione terapeutica è comunque argomento di grande interesse che è stato sviluppato nell’articolo di pag. 117. Per quanto riguarda l’informazione, questa viene fornita dal medico soltanto parzialmente, nonostante il suo consiglio sia molto influente; anche i media giocano un ruolo importante nella percezione, da parte delle donne, dei benefici e dei rischi della TOS. In questo contesto poco informato, con delle aspettative e dei timori precisi, cosa può consigliare il medico alla donna in peri-menopausa o menopausa? 123 dialogo farmaci dossier sui PRESCRIVERE O NON PRESCRIVERE: QUESTO È IL PROBLEMA! Non esiste una semplice equazione che permetta di risolvere il problema di quando come per quanto tempo e a quali donne prescrivere la TOS. Il problema è complesso e nessuno ha risposte certe. Per giungere a conclusioni pratiche si devono applicare i consueti passaggi suggeriti dal metodo della medicina basata sulle prove di efficacia, sul ragionamento clinico del singolo medico, che conosce la letteratura e la singola donna, il cui coinvolgimento informato deve essere un prerequisito. L’analisi complessiva dai dati della letteratura esistente porta a questa sintesi: A. La TOS è efficace nell’alleviare i disturbi correlati alla menopausa; la scelta della forma farmaceutica orale o transdermica o del principio attivo e dalla modalità di somministrazione, dipendono sostanzialmente dall’esperienza del medico e dalle preferenze della donna. La via non orale potrebbe essere preferita, per condizioni particolari, dalla singola donna. B. Non è possibile definire quale sia il valore aggiunto dato dalla TOS sul rischio cardiovascolare in prevenzione primaria; questa deve ancora fondarsi sulla correzione dei fattori di rischio noti (pressione arteriosa, fumo, ipercolesterolemia, ecc.). In preven- zione secondaria, cioè nelle donne con coronaropatia accertata, la TOS non è raccomandata. B.1. Gli eventi tromboembolici sono aumentati durante la TOS. Il medico deve porre particolare attenzione nell’escludere le donne a maggior rischio per questa patologia. B.2. Per quanto riguarda l’ictus cerebri, i dati sono sostanzialmente deboli e discordanti. Sembra, comunque che, globalmente, la TOS non riduca tali eventi. C. Per quanto riguarda la prevenzione dell’osteoporosi, è sconcertante notare che le convinzioni sull’efficacia della TOS sul rischio osteoporotico derivino, per lo più, da studi sul metabolismo osseo o da studi osservazionali. Non è mai stato eseguito uno studio clinico randomizzato adeguato con l’obiettivo di ridurre le fratture: “la verifica dell’efficacia della terapia estrogenica sostitutiva nel prevenire le fratture rimarrà senza risposta per le difficoltà connesse a questo tipo di studio”. L’efficacia è, dunque, postulata più che accertata. Esistono comunque delle alternative rappresentate da esercizio fisico, calcio, vitamina D e bifosfonati in casi particolari. D. Rischi di cancro mammario: il rischio sembra di piccola entità almeno nei primi 5 anni di terapia. E. Rischio di cancro endometriale: riguarda ovviamente solo le donne con utero. È pressoché azzerato dalla somministrazione ciclica o continua di un progestinico oltre all’estrogeno. Al medico curante, che tenta di trasferire nella pratica i dati della letteratura e si chiede: quale sia mai la donna che potrebbe trarre beneficio dalla TOS, che cosa si può rispondere? Alcuni punti da tener presente per dare una risposta possono essere i seguenti: 1. La donna che è convinta di farla, dopo essere stata informata obiettivamente su ciò che si conosce, su ciò che è dubbio e su ciò che non si conosce. 2. La donna che ha sperimentato una menopausa precoce (naturale o chirurgica). 3. La donna che desidera alleviare i sintomi legati a questo particolare momento della vita. Da questo punto in poi gli estensori di questo dossier non riescono a suggerire ulteriori indicazioni che siano sostenute da buona letteratura. Dunque l’uso è prevalentemente sintomatico, sul periodo breve-medio. L’uso come terapia preventiva sul lungo termine lascia lo spazio per molti, forse troppi, dubbi. L’UTOPIA: la pratica medica organizzata come una ricerca potrebbe essere una strada per risolvere alcuni (molti?) problemi clinici. L’utopia è, dunque, che i medici pratici diventino da “consumatori di medicina basata sulle prove” a “produttori di medicina basata sulle prove”. Specialità corrispondenti ai principi attivi della TOS ESTROGENI locali orali 124 specialità principio attivo SANDRENA GEL 28 BS 1 G 0,1% VAGIFEM 15 SIST.VAG.0,025 MG COLPOGYN CREMA VAG. 30G+6AP. COLPOGYN 20 OV.VAG. 1 MG ORTHO GYNEST DEPOT 15 OVULI COLPOTROPHINE CREMA 30G+APP. COLPOTROPHINE 15 CPS VAG10MG PREMARIN CREMA DERM. 25 G PREMARIN CREMA VAG.C APPL25G ETINILESTRADIOLO 25CPR 0,1MG ETINILESTRADIOLO 25CPR 1 MG ETINILESTRADIOLO 25CPR0,01MG ETINILESTRADIOLO 25CPR0,05MG PROGYNOVA 20 CPR RIV. 2 MG OVESTIN 20 CPR 1 MG Estradiolo Estradiolo Estriolo Estriolo Estriolo Promestriene Promestriene Estrogeni Coniugati Estrogeni Coniugati Etinilestradiolo Etinilestradiolo Etinilestradiolo Etinilestradiolo Estradiolo Estriolo prezzo classe e nota 18.000 24.900 8.100 18.300 42.900 9.400 5.900 10.550 10.000 9.400 26.700 11.400 5.400 5.800 5.500 C B A A A A A C A C A C A A A n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dossier dialogo farmaci sui parenterali transdermici COLPOVIS 20 CPS 1 MG PREMARIN 20 CPR 1,25 MG PREMARIN 20 CPR 2,5 MG PREMARIN 36 CPR 0,3 MG PREMARIN 36 CPR 0,625 MG PROGYNON DEPOT IM 1 F 10 MG ESTRADIOLO AMSA IM3F 1ML 5MG EMOPREMARIN IM IV 1FL 20 MG ARMONIL 25 8 CEROTTI 2 MG ARMONIL 50 8 CEROTTI 4 MG BD 22230 DIBRA 4 CER.TRAS. CLIMARA 50 4 SISTEMI TRAN. CLIMARA 100 4 SISTEMI TRAN. DERMESTRIL 25 8 SIST.TRANS. DERMESTRIL 50 8 SIST.TRANS. DERMESTRIL 100 8 SIST.TRANS. EPIESTROL 25 8 SIST.TRANSD. EPIESTROL 50 8 SIST.TRANSD. EPIESTROL 100 8 SIST.TRANSD. ESTRADERM MX 28 8CER 25 MCG ESTRADERM MX 50 8CER. 50 MCG ESTRADERM TTS 25 6 SISTEMI ESTRADERM TTS 50 6 SISTEMI ESTRADERM TTS 100 6 SISTEMI ESTROCLIM 25 6 SISTEMI ESTROCLIM 50 6 SISTEMI ESTROCLIM 100 6 SISTEMI MENOREST 37,5 8 CEROTTI MENOREST 50 8 CEROTTI MENOREST 75 8 CEROTTI MENOREST 100 8 CEROTTI SYSTEN 6 SISTEMI TRANSD. FEMSEVEN 4 CER.TRA. 15CM2 Quinestradiolo Estrogeni Coniugati Estrogeni Coniugati Estrogeni Coniugati Estrogeni Coniugati Estradiolo Estradiolo Estrogeni Coniugati Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo Estradiolo PROGESTINICI locali PROGESTOGEL GEL 1% 30G+SIR. CRINONE 8 GEL VAG.15APP 90MG ESOLUT CREMA VAG.30G+6APPL. orali FARLUTAL 10 CPR 20 MG FARLUTAL 12 CPR 10 MG PROVERA G 12 CPR 5 MG PROVERA G 12 CPR 10 MG DUFASTON DUPHAR 10 CPR 10 MG COLPRONE 20 CPR 5 MG LUTENYL 30 CPR 5 MG PRIMOLUT NOR 30 CPR 10 MG LIVIAL 30 CPR 2,5 MG parenterali LENTOGEST IM 1 F 2ML 250 MG PROLUTON DEPOT IM 1 F 250 MG PRONTOGEST IM 3 F 100 MG Progesterone Progesterone Progesterone Medrossiprogesterone Medrossiprogesterone Medrossiprogesterone Medrossiprogesterone Didrogesterone Medrogestone Nomegestrolo Noretisterone Tibolone Idrossiprogesterone Caproato Idrossiprogesterone Caproato Progesterone ASSOCIAZIONI ESTRO-PROGESTINICHE orali KLIOGEST 28 CPR FILENA 1 BLISTER X 21 CPR FILENA 3 BLISTER X 21 CPR TRISEQUENS 28 CPR TRISEQUENS FORTE 28 CPR PREMELLE C 28 CPR 2,5 MG PREMELLE C 28 CPR 5 MG PREMPAK 28 CPR 0,625MG+12CPR PREMPAK 28 CPR 1,25 MG+12CPR FEMOSTON 2 10 28 CPR FEMOSTON 2 10 3 X 28 CPR FEMOSTON 2 20 28 CPR FEMOSTON 2 20 3 X 28 CPR NUVELLE 28 CPR RIV. CLIMEN 21 CPR transdermici ESTRACOMB TTS 4SIST.+4 SIST. Noretisterone+Estradiolo Fisso Estradiolo+Medrossiprogesterone Estradiolo+Medrossiprogesterone Noretisterone+Estradiolo Sequenziale Noretisterone+Estradiolo Sequenziale Medrossiprogesterone+Estrogeni Coniugati Medrossiprogesterone+Estrogeni Coniugati Medrogestone+Estrogeni Coniugati Medrogestone+Estrogeni Coniugati Estradiolo+Diidrogesterone Estradiolo+Diidrogesterone Estradiolo+Diidrogesterone Estradiolo+Diidrogesterone Levonorgestrel+Estradiolo Valerato Estradiolo+Ciproterone Noretisterone+Estradiolo Sequenziale n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 5.200 11.800 16.900 6.100 10.100 2.600 7.700 10.500 14.000 20.300 20.000 20.000 40.000 14.000 20.300 28.800 14.000 20.300 28.800 11.800 16.200 10.300 15.100 21.300 10.300 15.100 20.300 16.000 19.800 27.200 31.500 15.100 20.000 A C A C A A A A A A A A C A A C A A C A A A A C A A C A A C C A A 2.000 130.000 19.000 16.000 11.500 3.600 13.000 5.800 6.000 31.400 14.600 62.000 6.000 5.400 11.700 A C A C C A C A A A A C A A A 29.900 19.000 54.000 22.450 25.900 26.000 28.500 20.900 24.100 21.500 64.000 31.000 93.000 20.000 20.000 39.900 C C C C C C C C C C C C C C C C 125 dialogo farmaci dossier sui Terapia ormonale sostitutiva: consumi e spesa Analisi dei consumi in Italia ed esposizione in un campione di 12 ULSS del Veneto delle donne fra i 50 e i 60 anni, nei primi sei mesi del 1998 a cura di: F.Tosolini, G. Pilotto, S. Lopatriello, M. Mischi, M. Ferri Analisi di dati nazionali Nei primi sei mesi dell’anno 1998, la spesa nazionale per i farmaci prescrivibili con ricetta medica è stata di 11.127 miliardi. Nello stesso periodo per i farmaci somministrati nella terapia ormonale sostitutiva (TOS) sono stati spesi 102 miliardi, costituendo lo 0,9% della spesa complessiva. Grafico 1: analizzando i sottogruppi terapeutici generalmente prescritti nella TOS (estrogeni, progestinici, ed associazioni estro-progestiniche), si può notare che la spesa per gli estrogeni è stata di 53 miliardi (52%), di cui il 97% per specialità classificate in fascia A e B; per i progestinici la spesa è stata di 34 miliardi (33%), mentre per l’associazione estro-progestinici è stata di 15 miliardi (15%). Grafico 2: in particolare, tra gli estrogeni, le formulazioni transdermiche hanno costituito l’80% della spesa (42 miliardi), gli estrogeni locali il 15% e i sistemici il 5%. Il numero di donne esposte alla terapia ormonale sostitutiva (TOS) tra i 50 e i 60 anni in Italia è molto basso rispetto alla media Europea: 4,8% verso 12% (WHO Report 843, 1994). Analisi della prescrizione a carico del SSN in un campione di 12 ULSS della Regione Veneto Nel nostro campione (60% della popolazione della regione) la percentuale di donne esposte alla TOS è stata del 5,5%. La fascia di età fra i 50 e i 60 anni costituisce il 18% del campione. Grafico 3: il numero di donne di questa classe di età alle quali sono stati prescritti estrogeni, progestinici e sia estrogeni che progestinici, è spiccatamente più elevato a Padova di quanto lo sia nelle altre ULSS del Veneto (108 donne trattate ogni 126 Servizio Farmaceutico ULSS 20 - Verona e S. Adami (Reumatologo) GRAFICO 1 - Spesa in milioni di lire per estrogeni e progestinici utilizzabili nella terapia ormonale sostitutiva: dati di vendita nazionale associazioni estroprogestiniche 15.215 20.193 progestinici 13.922 51.661 estrogeni 0 10000 20000 1.350 30000 40000 50000 60000 spesa (milioni di lire) fascia AB fascia C GRAFICO 2 - Spesa in milioni di lire per estrogeni suddivisi per via di somministrazione: dati di vendita nazionale transdemici 41.945 374 1.714 orali/parentali 1.106 locali 96 7.866 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 spesa (milioni di lire) fascia C 1.000, rispetto a 31 della ULSS di Belluno). Le altre ULSS non differiscono di molto fra loro, allineandosi attorno alle 56 donne ogni 1.000. Osservando il grafico, si può notare che il numero di donne esposte ai progestinici è molto basso (in media 4 donne/1.000) mentre 17 donne/1.000 vengono mediamente trattate sia con estrogeni che con progestinici. In questa analisi sono fascia AB state considerate solo le donne alle quali sono stati prescritti estrogeni o progestinici o estro-progestinici in classe A o B; non è stato possibile rilevare se a tali donne sono stati prescritti anche farmaci in classe C: questo potrebbe spiegare il numero elevato di donne che, da questa analisi, risultano essere in trattamento solo con estrogeni. Infine, 3 donne/1.000 (il 5% delle donne nella fascia di età analizzata n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 dialogo farmaci dossier sui Tabelle 1, 2 e 3: nel campione di ULSS del Veneto, la TOS è rappresentata quasi esclusivamente dalle formulazioni transdermiche, come evidenziato anche a livello nazionale nel Grafico 2. Nel resto d’Europa il rapporto formulazioni orali/transdermiche è di 2/1. In alcuni Paesi le formulazioni transdermiche non sono rimborsate o, in altri, viene rimborsato solo l’equivalente valore della formulazione orale. In Italia solo un dosaggio su tre (100 mcg) non è a carico del SSN. GRAFICO 3 - Numero di donne/1.000 donne fra i 50-60 anni alle quali sono stati prescritti ormoni sessuali. 120 108 100 80 63 62 60 59 58 56 54 54 53 52 46 40 31 20 progestinici estrogeni Belluno Chioggia Arzignano Bussolengo Venezia Adria Vicenza Rovigo Cittadella Verona Este Padova 0 contraccettivi estrogeni e progestinici Dati di un campione di 12 ULSS del Veneto. Prescrizioni a carico del SSN. GRAFICO 4 - Numero di donne/1.000 donne, per ogni anno di età, alle quali sono stati prescritti estrogeni (sono riportati i valori medi del campione totale) 70 n. donne / 1.000 donne 62 60 50 62 57 60 56 51 49 43 40 35 31 30 25 20 10 0 6 6 8 10 9 11 10 10 12 4 5 2,1 1,7 2,2 2,2 2,5 2,3 2,4 2,3 1,7 1,6 1,9 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 50 transdermici locali trattate con ormoni sessuali), risultano essere in trattamento con contraccettivi; probabilmente si tratta di contraccezione peri-menopausale. Tabella 1: è riportato, per ogni anno di età, il numero di donne trattate con estrogeni transdermici n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998 sistemici ogni 1.000 donne; si nota che la differenza tra Padova e la media generale aumenta all’aumentare dell’età (+50% a 50 anni, +120% a 60 anni); ciò potrebbe essere influenzato dal livello culturale ed economico della popolazione e da una migliore compliance di lungo termine. Tabella 2 e 3: sono riportate, per ogni ULSS, rispettivamente le donne alle quali sono stati prescritti estrogeni sistemici e locali (come indicatore è stato utilizzato il numero di donne su 1.000 donne di età fra i 50-60 anni). Nella ULSS di Este sono state trattate con estrogeni sistemici un numero di donne superiore alla media, che comunque resta molto basso; nelle ULSS di Padova, di Venezia e di Verona sono state invece trattate con estrogeni locali (pomate, ovuli o tavolette vaginali) una percentuale di donne maggiore rispetto alle altre ULSS. Grafico 4: viene rappresentata una sintesi delle tre tabelle: per ogni anno di età delle donne, vengono riportati i valori medi del numero di donne alle quali sono stati prescritti estrogeni, nel campione delle ULSS del Veneto. L’incidenza maggiore di donne trattate con estrogeni transdermici si ha fra i 52 e i 53 anni, mentre decresce notevolmente a 59-60 anni; per gli estrogeni sistemici non si notano rilevanti differenze a seconda dell’età delle donne analizzate, mentre per gli estrogeni locali si nota un leggero incremento dopo i 60 anni. Sarebbe interessante valutare la compliance alla terapia estrogenica, mediante un’analisi retrospettiva, delle donne trattate con TOS. Dai dati riportati sopra, si può ipotizzare che si tratta, per lo più, di trattamenti di breve durata, confermando che le donne tendono a seguire la terapia solo per alleviare i sintomi della menopausa. 127 dialogo farmaci dossier sui N. donne / 1.000 donne, per ogni anno di età, alle quali sono stati prescritti estrogeni (primi 6 mesi del 1998) % di donne trattate nella fascia di età analizzata TABELLA 1 - Estrogeni per via transdermica età delle donne ULSS Padova Este Cittadella Verona Rovigo Belluno Vicenza Venezia Arzignano Adria Bussolengo Chioggia 50 76 63 50 45 60 42 45 42 49 45 45 38 51 89 67 51 58 66 56 50 47 54 50 57 56 52 100 74 51 62 77 58 58 60 50 67 51 51 53 120 71 61 63 57 57 56 48 50 54 46 49 54 115 60 63 60 45 52 62 51 57 46 44 44 55 100 57 53 54 64 61 54 51 47 48 44 46 56 105 50 55 44 45 43 43 46 43 41 39 39 57 91 38 42 44 38 35 40 39 30 32 33 23 58 83 37 41 31 26 33 26 28 29 22 23 22 59 69 32 28 29 21 34 28 26 23 20 19 17 60 55 26 20 26 17 19 19 19 20 15 25 16 50-60 9,1 5,2 4,7 4,7 4,7 4,4 4,4 4,1 4,1 3,9 3,9 3,7 media del campione 49 57 62 62 60 56 51 43 35 31 25 4,7 % di donne trattate nella fascia di età analizzata TABELLA 2 - Estrogeni per via sistemica età delle donne ULSS Este Padova Rovigo Adria Bussolengo Verona Venezia Chioggia Belluno Arzignano Vicenza Cittadella 50 1,9 2,4 0,8 2,8 2,4 2,1 1,0 2,1 1,5 1,8 2,0 0,4 51 4,7 1,7 3,9 4,4 1,8 2,2 1,5 0,5 0,9 2,9 2,5 1,3 52 2,0 3,2 0,0 1,3 2,6 2,5 1,4 0,0 2,4 1,1 1,8 0,0 53 2,3 1,6 2,1 3,9 2,7 2,8 2,3 1,9 0,6 2,2 4,6 1,3 54 0,9 2,5 1,0 4,6 4,2 3,9 1,4 0,0 0,6 1,9 3,2 1,9 55 2,3 4,1 1,9 3,4 3,4 2,8 1,6 1,1 2,3 3,8 2,4 1,2 56 4,2 1,9 3,6 3,5 3,5 1,7 1,7 1,8 1,7 4,1 3,3 1,2 57 2,9 2,3 2,4 3,1 3,8 2,8 1,5 1,7 0,6 2,0 5,2 1,5 58 3,5 2,5 2,3 2,2 4,7 2,3 1,0 1,2 0,5 3,0 3,8 1,5 59 1,3 1,6 2,3 3,0 3,9 1,6 0,9 0,6 0,6 1,5 1,9 2,0 60 3,7 2,1 1,4 5,0 4,4 1,5 0,7 2,4 2,3 2,6 1,7 1,2 50-60 0,36 0,12 0,12 0,11 0,09 0,08 0,07 0,07 0,05 0,04 0,04 0,02 media del campione 1,7 2,1 1,7 2,2 2,2 2,5 2,3 2,4 2,3 1,6 1,9 0,10 % di donne trattate nella fascia di età analizzata TABELLA 3 - Estrogeni locali età delle donne ULSS Padova Venezia Verona Adria Rovigo Cittadella Bussolengo Este Chioggia Arzignano Belluno Vicenza media del campione 128 50 5 4 5 8 3 2 5 3 3 4 4 2 51 7 7 5 2 5 6 4 3 5 5 4 3 52 8 8 7 6 3 4 3 7 3 5 4 5 53 7 9 8 3 6 5 7 6 5 5 7 6 54 9 11 10 9 10 10 6 7 6 8 7 5 55 12 12 11 5 11 10 8 8 8 8 9 11 56 11 10 13 11 11 9 12 7 6 4 5 5 57 13 14 14 18 11 11 9 10 8 13 8 6 58 15 11 12 11 15 6 9 7 12 6 14 9 59 14 11 13 11 10 14 11 7 7 7 8 7 60 15 16 14 15 8 11 8 15 16 14 7 12 50-60 1,1 1,0 1,0 0,9 0,8 0,8 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,6 4 5 6 6 8 10 9 11 10 10 12 0,8 n. 4-5 • Luglio - Agosto - Settembre - Ottobre 1998