A cura del Comitato di Redazione, con supervisione della prof. Rita Gaviraghi e con la straordinaria collaborazione di Matteo Rainieri! (1IAT) per l’impostazione grafica O T S E S I D SEI Che c’importa se ci chiamano ‘banditi’ Sommario: N°6 Anno VII Maggio 2015 [email protected] [email protected] Che c’importa se ci chiamano ‘banditi’ “IL PITTORE” Pag. 1 Pag. 2 GIOVANI ALIANTI E LA "RICONCILIAZIONE Pag. 3 L’ANGOLO DEL Pag. 4 DIRITTO: IL TFR AMBROGIO MAURI Pag.5 Pag.6 Salve a tutti, sono un ex studente del Carlo Alberto e inizio subito chiedendo perdono al signor Guido Petter per aver ingiustamente usato il titolo di un suo libro. solitamente, è di due, anche per ragioni di sicurezza, poiché non esiste il rischio zero e, in ogni caso, si parla di ambienti abbastanza grandi e, spesso, poco curati. Da quasi un anno, ormai, ho deciso di iniziare a fare sport, ma per il calcio ho i piedi storti, per il tennis non ho abbastanza resistenza, per le arti marziali non ho abbastanza forza e il tennistavolo mi annoia. Perciò ho deciso di fare soft-air. C’è anche una parte poetica nel soft-air: Ci sono le colazioni improbabili (ricordo di aver fatto una notturna e, il mattino dopo, Redbull e cioccolato per colazione), le risate con i compagni, l’odore di bosco, di fumo e l’aria fresca (gelida d’inverno!). C’è il fango che ti sporca la mimetica, il giocare le notturne e guardare l’alba il mattino seguente, il continuo chiedere acqua e cibo a chiunque stia giocando, il festeggiare le vittorie offrendo da bere agli sconfitti e festeggiare le sconfitte offrendo da bere ai vincitori. Che vi frega? Immagino nulla, ma importa a me spiegarvi un paio di cose. Sedetevi, aprite le orecchie o, meglio, gli occhi e leggete. Il soft-air (‘giochi di guerra’, in italiano) è uno sport, purtroppo non riconosciuto dal CONI, in cui si fa, detto in parole povere, la guerra. Alcuni lo reputano solo uno stupido gioco, altri un passatempo. Noi un impegno che, come ogni impegno, alla lunga dà dei risultati. Si pratica, solitamente, in ambito boschivo o urbano (vecchi capannoni in disuso, case abbandonate, ecc.); si gioca mediante delle ASG (Air Soft Gun), armi ad aria compressa, o delle AEG (Airsoft Electrical Gun), armi a funzionamento elettrico; ci si veste in mimetica e si cammina tanto. Davvero tanto. Ma non è tutto qui. Ci sono regole da rispettare, cose da scoprire e progetti da portare a termine, ci sono sacrifici da fare per prendere questo o quel fucile. Ci sono persone da conoscere, idee da ascoltare, sogni da realizzare. Ci sono i SoftGunner, non i soldati. Ho visto molte, troppe partite di calcio finire nei modi peggiori, dove non si capiva più la differenza tra chi picchiava e chi subiva. Ho visto partite di tennis finire con le racchette distrutte e tornei di tennistavolo dove i giocatori si insultavano a vicenda. Ho visto invece solo un caso di violenza nelle partite a cui ho partecipato e si è risolto con le scuse, un paio di birre e la promessa di farsi valere sul campo, non fuori da questo. Orbene, spesso mi son sentito dire, anche dai coetanei, di essere ‘un guerrafondaio, un violento, un assassino e un terrorista’, ma adesso mi sono davvero rotto e quindi vi spiegherò cosa è davvero il soft-air. Non amiamo la guerra e non la consideriamo giusta, non abbiamo differenze di lingua, colore o credo, non ci crediamo superiori rispetto a chi pratica altri sport, non rechiamo danno nemmeno al più piccolo degli animali, non simpatizziamo per nessuna associazione terroristica. Il soft-air non è un semplice sport, per molti di noi è qualcosa di molto simile a una religione, a un credo: bisogna alzarsi presto la domenica mattina, vestirsi di tutto punto, prepararsi mentalmente alla giornata e uscire per andare a incontrare gente che magari non vedi per tutta la settimana. Siamo stanchi di essere coperti di insulti, di essere obbligati a non poter parlare civilmente del nostro sport, di dover continuamente spiegare che ripudiamo la guerra in ogni sua forma e che mai e poi mai parteggeremo in un esercito. Al contrario di altri sport, il soft-air è un gioco di squadra e posa le fondamenta sul rispetto delle regole, degli avversari e dei compagni. Giocando con pallini di plastica del diametro di circa mezzo centimetro risulta, infatti, abbastanza difficile essere sicuri di aver colpito il nemico e sta a lui “dichiararsi” e uscire dalla partita. Se non ti dichiari, non vieni ucciso, picchiato o espulso, semplicemente ti becchi un paio di maledizioni e la volta dopo verrai definito “Highlander” e subirai molti più colpi (anche dopo che ti sarai dichiarato, probabilmente). Il minimo dei membri in giro, Ci piacciono le armi, ma solo quelle finte, e ci piace mascherarci dietro un nome in codice. Il mio è NERD. E ne vado più che fiero. Perché scrivo quest’articolo, vi starete chiedendo. Riccardo ‘Nerd’, Softair player Numero 6 Pagina 2 Sei di Sesto_Maggio 2015 Chi avrebbe mai potuto immaginare che nella nostra scuola ci fosse un pittore? Non si tratta di un semplice appassionato del disegno, no…. Stiamo parlando di qualcuno che ha fatto sue diverse tecniche di pittura, che realizza quadri e che con questi organizza diverse mostre. Noi ne siamo venute a conoscenza pochi giorni fa e, per presentarlo a tutti voi, gli abbiamo fatto una breve intervista. Quindi ecco a voi, Adolfo De Turris, impiegato dell’ufficio delle Risorse Umane al piano terreno. [Elisa Bernardi, Ilaria Di Maria e Ambra Van Liederkerke, 4AL] Elisa, Ilaria e Ambra (Intervistatrici): Da quanti anni lavora in questa scuola? (I): Come si può definire il suo stile? Adolfo: Sono circa 23 anni, prima come bidello nel plesso B e poi nell’ufficio “Risorse Umane”. (A): Il mio stile è… quello di non averne, in modo tale da raggiungere in profondità il mio io interiore. Questa è una grande lotta. (I): A che età ha cominciato a dipingere ed appassionarsi a questa arte? Che preparazione artistica ha avuto? A: Alla scuola media ho preso coscienza di essere particolarmente portato, per cui di seguito ho frequentato il Liceo Artistico e successivamente ho fatto l’Accademia di Brera a Milano, anche se solo per un anno. Mi sono ritirato e poi sono andato da un maestro qui a Samarate che si chiama Giovinazzo, dove ho imparato le tecniche pittoriche antiche come la pittura fiamminga. (I): Quale tecnica pittorica usa prevalentemente? (A): Principalmente dipingo con olio su tela (I): Ha gia’ fatto molte mostre? Riesce a vendere i suoi quadri? (A): Ho fatto molte mostre tra cui al Castello Sforzesco, a Roma, Modena, Cordignano, Vicenza, Galliate, Berlino e ne sto facendo una a Firenze. I consensi sono abbastanza buoni, ma per le vendite non è un momento felice poiché ultimamente il mercato dell’arte è fermo. Vendono bene solo le grandi firme, mentre per i pittori non ancora affermati è un momento critico. (I): Qual è il motivo principale che la porta a dipingere? (A): Sicuramente per esprimermi, per lasciare un segno del mio passaggio, per poter comunicare sensazioni e sentimenti, per poter dare anche agli altri, perché anche questa è una forma di dare, qualche emozione, qualche gioia. La cosa più bella per un artista è quando riesce a dare un’emozione a un’altra persona, facendo qualcosa di nuovo, di non visto prima. Così hai raggiunto il tuo scopo. Al di là delle vendite, del consenso, la più grande gioia di un artista sta nel dare un’emozione, dare un momento di “poesia”. (I): Che cosa vuole comunicare con i suoi quadri? (A): Con i miei dipinti, con le mie creazioni, io voglio comunicare emozioni. Voglio comunicare quella poesia che oggi giorno, in questo mondo così cervellotico ed intellettualizzante, non c’è più. (I): A cosa si ispira nel dipingere i suoi quadri? (A): Io sono partito dal cubismo e il mio primo amore è stato Picasso, ma a un certo punto ho deciso di spogliarmi di tutto ciò che ho visto e che ho imparato per poter essere completamente me stesso. Ho deciso di partire dal niente per creare i miei quadri per potermi esprimere al meglio, senza filtri e senza protezioni culturali. Inizialmente mi sono trovato a disagio, in dubbio su cosa sarebbe venuto fuori, ma poi ho capito che non è importante perché ciò che conta è essere semplicemente se stessi. (I): I suoi sono quadri molto enigmatici e pieni di simboli. Come possono essere interpretati? (A): Nonostante io mi metta a lavorare in modo pulito, senza filtri, è inevitabile che il vissuto, il già visto nella vita, nella storia dell’arte o alla televisione, venga fuori con questi simboli che stanno a indicare la nostra vita di tutti i giorni. E’ molto difficile stabilire a cosa si riferisca un segno, una forma, e a cosa pensassi nel momento mentre lo dipingevo. A distanza di tempo, nemmeno io ricordo più, era solo lì al momento. (I): Abbiamo visto molte ali nei suoi quadri. Che cosa simboleggiano? (A): Il desiderio del volo, della libertà. Anche nella pittura classica le ali sono una forma usata moltissimo. (I): Anche Pinocchio è una figura ricorrente. Perchè? (A): Pinocchio è l’eterno bambino che c’è in noi. Su Pinocchio si potrebbero dire tantissime cose. Semplicemente dico che dentro di noi c’è sempre quel bambino, anche da adulti, anche da vecchi. Io lo considero come un mio grande amico e questa amicizia può continuare perché non cerco di soffocarlo. Numero 6 Sei di Sesto_Maggio 2015 Pagina 3 GIOVANI ALIANTI E LA "RICONCILIAZIONE" Giovedì 5 Marzo si è tenuta presso il Teatro Apollonio di Varese la conferenza conclusiva della XIV edizione del progetto Giovani Alianti dal titolo A scuola di riconciliazione. Il progetto riguardava il tema della riconciliazione affrontato in tre modi diversi: riconciliazione con se stessi e gli altri, tra vittime e carnefici, tra popoli. Il primo è stato affrontato durante la conferenza dalla professoressa di psicologia sociale all'università del Sacro Cuore di Milano Elena Marta, il secondo da Marcella Reni, presidente dell'organizzazione Prison Fellowship Italia Onlus e da Mario Congiusta, fondatore dell'Associazione Gianluca Congiusta creata dopo la morte del figlio 10 anni fa, ed il terzo da Giacomo Crespi educatore della Barabba's Clowns Onlus. Al progetto hanno partecipato 12 istituti di cui 9 della città di Varese, uno di Castellanza, uno di Pomigliano d'Arco in provincia di Napoli, ed il nostro istituto. I ragazzi dei vari istituti sono saliti sul palco ed hanno presentato i loro lavori della durata massima di dieci minuti ciascuno, realizzati usando strumenti di comunicazione come filmati multimediali, danze o musiche, che dovevano rappresentare ciò che avevano appreso sull'argomento. Per il nostro istituto hanno partecipato la classe 1BL e la classe 2CL già vincitrice di una targa premio per il progetto Giovani Alianti dell'anno scorso. Gli alunni hanno affrontato il tema della "riconciliazione con gli altri", hanno seguito un corso di lettura espressiva ed in seguito creato un audiolibro per non vedenti tratto dal libro del tedesco Fred Uhlman L'amico ritrovato. La storia si basa sull'amicizia di due ragazzi tedeschi durante l'epoca fascista. Il primo, Hans, un sedicenne tedesco di origine ebrea, il secondo, Konradin, figlio di una nobile famiglia tedesca. A causa del' odio che i genitori di Konradin provano per gli ebrei, i due sono costretti a separarsi. Dopo diversi anni, Hans riceve un opuscolo con un elenco di ragazzi appartenenti alla sua vecchia scuola che sono morti a causa della guerra e tra questi nomi trova quello di Konradin, scoprendo che era stato giustiziato per essere implicato nel complotto per uccidere Hitler. Così, dopo diciassette anni, Hans scopre che anche Konradin non approvava quello che Hitler faceva al popolo ebreo e che anche lui aveva subìto con gran sofferenza il loro distacco, imposto dai genitori a causa di un'ideologia che nemmeno lui approvava, e questo porta Hans a riconciliarsi, anche se solo in modo spirituale, con l'amico ormai morto. Il percorso intrapreso per realizzare questo lavoro è servito a capire quanto sia importante riuscire a riconciliarsi con noi stessi, con gli altri e con i popoli che ci circondano. Serravalle Caterina e Tessarolo Matteo 2CL Numero 6 Pagina 4 Sei di Sesto_Maggio 2015 L’ANGOLO DEL DIRITTO: IL TFR Emiliano lavora nell'azienda di Salvatore, che si occupa di programmazione informatica. Quando Salvatore scopre che Emiliano non è in possesso delle certificazioni necessarie per svolgere quel lavoro e di un titolo di studio qualificante lo licenzia, ma si rifiuta di liquidargli il TFR. Emiliano cita in giudizio l'ex datore di lavoro per avere il TFR che Salvatore ha trattenuto considerandolo un risarcimento danni per aver perso un appalto in seguito alla scoperta della non idoneità di Emiliano a svolgere il lavoro. Nell'emettere sentenza il giudice deve prendere in considerazione il diritto al TFR. L'art. 2120 codice civile dispone che "in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore ha diritto ad un trattamento di fine rapporto lavoro". Il fatto che l'articolo dica "in ogni caso" significa che il TFR deve essere corrisposto anche in caso di licenziamento giustificato, trattandosi di una quota di retribuzione differita. Quindi, Emiliano ha diritto al suo TFR, tuttavia Salvatore ha subìto un danno ingiusto a causa della condotta di Emiliano, quindi può chiedere il risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2043 c.c. ("qualunque fatto doloso o colposo, che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.") La Corte di Cassazione, con sentenza numero 7337 del 2004, ha ritenuto configurabile la compensazione impropria: se un credito e un debito hanno come origine il medesimo rapporto (nel caso in esame il rapporto di lavoro subordinato) questi possono annullarsi a vicenda In seguito ad un accertamento contabile, il credito (la richiesta di risarcimento danni avanzata da Salvatore) potrà compensarsi col debito che lo stesso ha nei confronti di Emiliano (la liquidazione del TFR). Pertanto la domanda di Emiliano sarà respinta. Il trattamento di fine rapporto lavoro (TFR oTFRL) è una quota di retribuzione differita, annualmente accantonata a norma dell'art. 2120 c.c. Il TFR maturato nel corso dell'anno si determina dividendo la retribuzione del lavoratore per 13, 5 (media tra la 14esima e la 13esima mensilità) e sommandovi la quota di rivalutazione del debito TFR accantonato negli esercizi precedenti; tale rivalutazione si determina tenendo conto della variazione dell'indice ISTAT sulla qualità della vita. Il lavoratore, dipendente del settore privato, in seguito alla riforma del 1 gennaio 2007, può decidere se destinare il TFR a forme pensionistiche complementari o di lasciarlo presso l'azienda. Le forme pensionistiche complementari, o fondi pensione, vanno ad integrare la pensione, erogata al raggiungimento dell'età pensionabile in base alle settimane di contributi previdenziali versati presso le casse dell'INPS, il TFR depositato presso le casse aziendali invece costituisce una sorta di finanziamento interno. Ultima riforma relativa al TFR è quella apportata dal Dpcm n°29 del 20/02/2015, che introduce la possibilità, a partire da aprile, per i lavoratori dipendenti da almeno sei mesi e che non abbiano vincolato o ceduto il TFR a garanzia di contratti di prestito, di vederselo erogato unitamente alla retribuzione mensile. Il Dpcm prevede che siano esclusi i lavoratori del settore agricolo e i dipendenti domestici. La possibilità di avere il TFR in busta paga scadrà il 30 giugno 2018. L'obiettivo di tale innovazione è far fluire maggior reddito nelle tasce dei lavoratori, in modo da far "ripartire" l'economia. Per avere il TFR in busta paga il richiedente dovrà pagare un "prezzo": il TFR liquidato mensilmente sarà sottoposto a tassazione ordinaria, tramite applicazione dell'IRPEF (al contrario di quanto succede al momento della sua liquidazione per termine del rapporto di lavoro: in questo caso viene sottoposto a tassazione separata, con aliquote più basse di quelle IRPEF). La manovra potrebbe efficacemente rilanciare l'economia, ma anche mettere in difficoltà le piccole imprese: in seguito alla riforma del gennaio 2007 il TFRL maturato in imprese con meno di 50 dipendenti viene depositato presso le casse aziendali e usato per finanziare l'attività d'impresa. Dovendolo erogare in busta paga si creerebbe un duplice problema per tali imprese: non solo non potrebbero più disporre di una fonte di finanziamento, ma dovrebbero far fronte anche ad un problema di liquidità e quindi ricorrere a prestiti, pertanto il Governo ha previsto particolari facilitazioni all'accesso al credito da parte delle aziende che si troveranno a dover affrontare tale problema. Andrea Garavello 5 AFM Numero 6 Sei di Sesto_Maggio 2015 Pagina 5 Ancora sul caso di Ambrogio Mauri: dopo la bella conferenza evento del 27 febbraio, riceviamo e volentieri pubblichiamo alcune lettere di ringraziamento da parte della famiglia. ‘Carissimi Ragazzi e Ragazze, ‘Carissimi Ragazzi e Ragazze, a distanza di alcuni giorni dal nostro incontro, l 'emozione che mi avete fatto provare è ancora vivissima. Come promesso ho portato i fiori che mi avete donato, a papà e ho riferito in dettaglio a mamma quanto avvenuto. Desidero farvi sapere che oltre i contenuti, ho apprezzato molto i dettagli, anche i più piccoli, che avete curato nell'organizzare la conferenza. È stato un incontro proficuo sotto tutti i punti di vista. Uno scambio reciproco di energia necessaria per vivere al meglio la vita quotidiana e mantenere alta la positività nei pensieri e nelle azioni. A nome di tutta la famiglia Mauri un ringraziamento sincero e profondo che non vuole essere una formalità, ma l'espressione di un sentimento di gratitudine verso giovani così per bene che rappresentano il futuro della nostra Italia. Un grosso in bocca al lupo per la vostra carriera scolastica e un incoraggiamento a mantenere intatta la sensibilità che avete dimostrato di avere’. Vi contatto nuovamente per informarvi che ho avuto l'occasione di far vedere il video realizzato da Voi per raccontare la storia di Ambrogio Mauri. È accaduto presso la scuola media inferiore Fare di Lissone dove ho incontrato sette terze medie che stanno facendo un percorso sulla legalità. Ebbene: tutti attenti, coinvolti e anche commossi. Mi avete facilitato molto nell'approcciare studenti così giovani. Ho spiegato loro che il lavoro è stato realizzato da studenti più adulti che hanno voglia di aiutare i più piccoli a crescere insieme a loro e che simbolicamente passano il testimone che deve essere custodito e difeso. Li ho fatti sentire importanti perché anche loro meritano attenzione e considerazione. Ho colto nei loro occhi lo stupore di una sorpresa inattesa ma senz'altro gradita. Voglio informarVi anche che ci sono alcune persone a me molto care, alcune delle quali hanno conosciuto da vicino mio padre, che attendono di poter visionare la registrazione del nostro incontro. Costanza Zorloni, Roberta, Carlo e Umberto Mauri. Sì, Ragazzi e Ragazze. Vi ho fatto molta pubblicità perché lo meritate. La domanda più ricorrente che mi son sentita fare è stata: ‘Ma veramente hanno organizzato tutto quello che stai raccontando? Ci son ragazzi così? Chissà come sarebbe contento tuo papà!’ Se in futuro avrò l'occasione di andare in altre scuole, Vi do la mia parola che l'incontro si aprirà sempre con il vostro video. Mi è sembrato importante restituirVi in parte l'emozione che mi avete regalato quella mattina e soprattutto farvi sapere che il vostro impegno non è stato fine a se stesso ma ha aiutato e aiuterà altri a formare una coscienza e, (ricordate?), una autostima civica. Un caro saluto a tutti Voi. Ad maiora!’ Roberta Mauri Numero 6 Sei di Sesto_Maggio 2015 Pagina 6 Il Sei di Sesto è lieto di annunciare che, per meriti indiscussi e per la collaborazione fattiva più volte fornita, la professoressa Anna Gelosia è nominata Capo Redattore Anziano. Anzianità d'esperienza, si intende: che significa 'valore aggiunto'