COSIMO GALASSO ETICA & AMBIENTE Sistema produttivo - Consumo sostenibile EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso INDICE Presentazione Pag. 3 Introduzione 4 1. – L’AMBIENTE: ASPETTI SOCIO-CULTURALI E POLITICI-ECONOMICI 7 2. - AMBIENTE – UOMO – RISORSE 2.1 Riflessi ambientali Le principali cause dell’inquinamento 2.2 2.3 I gas serra 2.4 Le emissioni in atmosfera 2.5 I cambiamenti climatici 2.6 Il grande buco 2.7 Lo smog fotochimico 2.8 Effetti sulla salute 2.9 L’energia solare e l’ambiente 2.10 Le fonti rinnovabili 11 3.- L’ EDUCAZIONE AMBIENTALE: DA UN’EDUCAZIONE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO NATURALE ALL’EDUCAZIONE PER LA SOSTENIBILITÀ …… 21 4.- PRODUZIONE - CONSUMO – COMPORTAMENTI ……………………………………………… 24 5.- L’ALLARME DELL’ONU ALLA CONFERENZA DI PARIGI 2007 ………………………………. 29 6.- CONCLUSIONI ………………………………………………………………………………………… 36 Bibliografia …………………………………………………………………………………………….. 38 Allegato Risparmiare energia in casa - Opuscolo ENEA 2 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Presentazione Il lavoro di Cosimo Galasso risulta estremamente interessante proprio perché adatto alla diffusione nel mondo della scuola di valori culturali e etici che riguardano il tema dell’educazione ambientale. E’ indubbio che il tema dell’educazione ambientale rappresenta nella cultura e nella politica contemporanea e lo sarà sempre di più nel futuro uno dei nodi cruciali della politica di sviluppo economico e sociale dei prossimi decenni. E’ evidente che il pianeta sembra soffrire di un irreversibile degrado ambientale, le cui cause sono abbastanza chiare. Il dominio tecnologico dell’ambiente sta portando a un lento e non controllabile danno ecologico e, soprattutto, del clima. E’ un problema questo, molto trattato dalle politiche mondiali di sviluppo negli organismi internazionali. Si tratta del tema centrale dello sviluppo economico del pianeta nei prossimi decenni. Non è possibile prevedere quelle che saranno le scelte dei decisori politici. L’auspicato adeguamento di tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti, al trattato di Kyoto, la ricerca di energie rinnovabili e una politica di risparmio energetico e del bene primario dell’acqua saranno fattori centrali non solo per lo sviluppo economico ma per la stessa sopravvivenza del pianeta. In effetti l’uso della tecnologia industriale che ha determinato questa situazione negativa deve essere, per così dire, rovesciato nei prossimi decenni. Bisogna utilizzare le tecnologie industriali per trasformare l’ambiente in modo positivo, provando innanzitutto a limitare l’inquinamento atmosferico e a progettare alcuni percorsi di sviluppo sostenibile. La dimensione etica e civica risulta, in questa prospettiva, fondamentale. Non si può costruire un mondo migliore se non si migliorano i legami etici e solidaristici. Una etica civile da sviluppare trasversalmente nella scuola rappresenta, forse, la risposta più significativa alle problematiche dello sviluppo sostenibile nel mondo contemporaneo. Solo legando i problemi etici a quelli politici e educativi si può tentare di costruire una coscienza sociale e etica dal basso che spinga le istituzioni a migliorare le politiche culturali e sociali per il cittadino ponendo l’ambiente al centro dei problemi politici del futuro. Il lavoro di Galasso è meritorio proprio per avere posto con chiarezza una tematica così complessa proponendola per l’aggiornamento degli insegnanti. Giuseppe Spadafora 3 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Introduzione L’uomo ritiene di aumentare a dismisura la produzione nel nostro pianeta, che ha portato indubbiamente molti effetti positivi sulla vita della gente, accrescendo benessere e comodità. Ma ha avuto anche effetti negativi; effetti che derivano forse tutti dal fatto che potendo disporre in pochi decenni di molte risorse che la Terra aveva accumulato in milioni di anni, l’uomo ha dimenticato che se non si vogliono esaurire le scorte occorre ricostruirle man mano che vengono consumate. Ha così cominciato a sostituire al suo antico rispetto per la natura la violenza su di essa. I quattro girasoli Van Gogh (Otterlo, Kröller-Müller Museum) In un momento delicato per il nostro ecosistema ambientale, la visione che il pittore olandese Vincent Van Gogh ci ha lasciato nel quadro i Quattro girasoli, (Parigi - Agosto-Settembre, 1887- Olio su tela, 60 x 100 cm) è alquanto raccapricciante per ciò che potrebbe accadere realmente sul nostro pianeta. I quattro fiori appassiti, maestosi a distanza ravvicinata, poggiano su steli aridi già recisi e, come per ribellarsi alla minaccia di dover marcire, distendono i brevi petali che guizzano come fiammelle. L’artista ci trasmette un messaggio nella sua visione esistenziale: gli oggetti diventano simboli, segni di chissà quale sofferenza che si deve cercare prima di tutto nel pittore stesso. Il dipinto non rappresenta certamente il degrado ambientale in chiave antropologica, ma si può prevedere lo scenario di un possibile futuro con l’occhio dell’artista, che scandaglia il presente nella trasfigurazione di una sofferenza personale, tanto da vederne inconsapevolmente anche il limite che lo supera. Facendo un paragone col vino, sarebbe come se un giorno una famiglia di agricoltori trovasse per caso nelle cantine una grande scorta di vini accumulati dai nonni. Da quel momento decide si basare la fortuna e il benessere della famiglia solo sulla vendita di tale scorte. Così smette di curare e coltivare i vigneti andando incontro a sicura rovina. Quando poi qualcuno vedrà il fondo delle botti, non ci sarà certo da cercare nuove botti in cantina, ma bisognerà dar mano alle zappe e riprendere la cura dei vigneti. 4 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Una ricerca molto interessante, di Silvia Pérez-Vitoria [1], economista, sociologa e documentarista del gruppo di <<L’Ecologiste>>, affronta la questione, di cui si parla pochissimo, che è invece di primaria importanza e riguarda i contadini, di cui la studiosa, nel compendio Il ritorno dei contadini, parla del nostro passato e del nostro futuro, del nostro rapporto con la natura, e non solo di “classe sociale” che è stata alla base dell’economia mondiale per secoli anzi per millenni, in quanto il progresso ha sconvolto un equilibrio millenario. Fino alla seconda metà del Novecento, erano i contadini, sia che si trattasse di “coltivatori diretti” o di braccianti, di mezzadri o affittuari, secondo contatti che cambiavano spesso di regione in regione, a essere rilevanti nei settori delle attività lavorative, ed erano, in Italia come altrove, la parte dominante della popolazione. Altresì, la loro cultura era simile in tutto il mondo. Grandi romanzi e importanti film hanno raccontato adeguatamente questo mondo autentico della vita delle campagne: dal libro Fontamara, negli anni trenta del secolo scorso, letto persino in India, a testi di autori come Tolstoj, Reymont, Verga, Zola, Carlo Levi e registi come Mizoguchi, Kirosawa, Ray, Olmi. ... Si può ben dire che il mondo era contadino, e che alla base del vivere sociale c’era un legame di tutti con la terra, diretto o indiretto. La rottura di questo legame è stata traumatica, e lo è ancora in una gran parte del pianeta. Nel libro molto efficace nella descrizione di questa classe sconfitta - da cui, più o meno direttamente, proveniamo - la studiosa mette in evidenza la distruzione delle civiltà contadine, delle guerre ai contadini portate dal progresso, e cioè dalle scelte di modelli di sviluppo fatte dalle classi dirigenti, dalla distruzione, più massiccia e organizzata, praticata nei paesi della ex Unione Sovietica al cinico colonialismo in Africa, America Latina e Asia. In nome del progresso si è distrutto un ordine e si sono annichiliti saperi secolari, sostituiti dalla specializzazione dei terreni, dalla meccanizzazione, dalla sostituzione di prodotti chimici a quelli naturali, con conseguenze immense sull’ambiente e sull’alimentazione, si può dire, sul Dna e il modo di ragionare di noi “post-moderni”. Il ritorno dei contadini è uno studio molto utile ed efficace nel riassumere questa storia e le sue conseguenze, anche se l’azione educativa, da sola non basta a risolvere problemi concreti, e tanto meno l’ indicazione proposta dalla studiosa per un radicale e rapido cambiamento di rotta, da cui dipenderanno in futuro la nostra alimentazione, il nostro ambiente, il nostro stile di vita, la nostra cultura. Oggi che incombono scelte decisive sul futuro del pianeta, in quanto lo svuotamento e la desertificazione delle campagne si traducono nelle crescita informe delle megalopoli extraeuropee, si pone il problema di un modello di società misto tra tradizione e modernità. Il ritorno al passato, “il ritorno dei contadini”, pertanto, fa parte di un equilibrio da ristabilire tra uomo e natura, ma le soluzioni attuali e di minoranza sono comunque insufficienti, non bastano in quanto sono dettate dalla necessità e non dalla scelta, che richiede lo sforzo comune e convergente di contadini e cittadini, che si riconoscano reciprocamente piuttosto che annullarsi in una massa amorfa e indistinta. Sempre più spesso si ripropone la tematica del “declino del capitalismo” e si diffonde l’opinione che la forma attuale della produzione economica il “capitalismo”, appunto, stia distruggendo la Terra, ma questa diagnosi controversa sostenuta – sia dagli specialisti economisti sia dagli studiosi in ogni disciplina – è priva di valore scientifico. Bisogna d’altro canto considerare però la crescente preoccupazione circa l’esaurimento dei combustibili fossili, destinato a precipitare nella crisi più grave mai vissuta dalle società industriali avanzate. 5 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Questo spettro ha già spinto a nuove guerre - dopo un lungo periodo di relativa quiete - e ci ha messo di colpo di fronte una verità nascosta troppo a lungo: abbiamo sempre più bisogno di energia ma non sappiamo come fare per ottenerla, visto che, in ogni caso, più se ne produce, più ne occorre. Però, prima, bisogna puntare a un contenimento dei consumi, al risparmio, all’efficienza energetica, parole chiave che non sono contemplate nella politica occidentale. Nella nostra società globalizzata si arriva alla contraddizione dei Suv (Sport Utility Vehicle), che consumano un litro di benzina per fare due chilometri, mentre 2 miliardi di persone non hanno accesso alla corrente elettrica: si può immaginare un paradosso più dissonante di questo? Forse per la prima volta, oggi si palesa realmente l’aspetto sostanziale che contrappone l’economia all’ecologia: l’uomo esaurisce risorse e fonti energetiche naturali a un ritmo insostenibile e continua a incrementare esponenzialmente i consumi e i bisogni indotti. Se la parte povera del mondo volesse oggi consumare come quella ricca, il pianeta sarebbe già nel baratro. Il problema energetico è uno specchio dell’umanità odierna e testimonia chiaramente come gli uomini mal si confrontino con il concetto di limite e danzino noncuranti sull’orlo dell’abisso. L’umanità si trova, per la prima volta, ad affrontare il pericolo di esaurimento di importanti scorte; è necessario, pertanto, dare una risposta alla seguente domanda: l’attuale civiltà è resa possibile solo dal consumo delle riserve naturali accumulate ed è quindi destinata a finire quando fra non molti decenni le scorte finiranno? Oppure usando le moderne tecnologie e conoscenze, per rendere più efficienti i processi naturali, è possibile mantenere l’attuale livello di benessere ed anzi accrescerlo utilizzando solo le risorse cosiddette rinnovabili, cioè quelle che la natura mette di volta in volta a nostra disposizione? L’energia solare non può essere considerata semplicemente come una fonte secondaria, o integrativa, ma come la fonte energetica cui l’umanità deve tendere, considerando ogni altra soluzione come strumento per raggiungere questo obiettivo. Nella condizione attuale, alla luce delle contraddizioni della produzione e del consumo di energia, nonché dello sfruttamento di tutte le risorse messe a disposizione dalla natura per la nostra sopravvivenza, è giunto il momento di cambiare strada. E’ fondamentale, pertanto, che ognuno si assumi le proprie responsabilità con la consapevolezza di ristabilire l’equilibrio tra uomo e natura, per un modello di società che tenga conto del nostro passato, dove tradizione e modernità possano aiutarci a modificare il nostro stile di vita - in una società sempre più multi-etnica senza per questo farci dimenticare le nostre comuni radici, la Terra. Note [1] Silvia Pérez-Vitoria, Il ritorno dei contadini Ed. Jaca Book Milano, 2007. 6 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso 1 – L’Ambiente: aspetti socio-culturali e politici-economici La tecnica sta portandosi al centro e alla guida della nostra civiltà perché le grandi forze di pensiero e di vita della tradizione occidentale vanno ritirandosi ai margini. Si tratta di un evento decisivo e tipico della nostra epoca. E tuttavia, nel più lontano passato dell’Occidente accade qualcosa che, di tale evento, può essere considerato una sorta di anticipazione. I più antichi e profondi maestri del pensiero – quali Anassimandro, Parmenide, Eraclito, Anassagora, Empedocle – considerati sofisti (“sofista” originariamente significava “sapiente”, “dotto”, “esperto” ) percepiscono, sia pure in modo diverso e persino contrapposto, che la realtà non può avere un significato unitario e immutabile, ma è un continuo fluire dove si scontrano forze inconciliabili e dove dunque prevale la forza che è più potente perché è più intelligente, la forza della tecnica. (E’ da notare che con il termine sofistica la nostra cultura non allude più a quell’atteggiamento di apparente sapienza e reale e cavillosa povertà spirituale e concettuale che Platone intendeva smascherare, condannare e bandire). Se i sofisti non possono ancora concepire la tecnica come dominio della natura da parte della conoscenza fisico-matematica, essi vedono però già nella tecnica la capacità di dominare gli animi (“psicagogia”). La loro è tecnica della persuasione, con la quale si possono guidare gli individui, i gruppi sociali, gli Stati. La sofistica sarà sommersa dalle successive grandi forme (da Platone a Hegel) della volontà di dare al mondo un senso stabile e unitario; ma è indubbio che quando oggi ci volgiamo alla sofistica abbiamo già il sentore del clima culturale del nostro tempo. Non per nulla Nietzsche è schierato con i sofisti, contro Platone. Ricordando la sentenza di Protagora, uno dei più celebri tra i sofisti, che <<l’uomo è misura (métron) di tutte le cose>> nell’indicare la parola (métron), lo studioso M. Untersteiner traduce <<l’uomo è il dominatore di tutte le cose>> (in quanto le cose di cui possiamo parlare e in cui possiamo vivere sono quelle della nostra esperienza). (I sofisti, di Mario Untersteiner, 1949, 2a ed. B. Mondatori, 1996). Con questa traduzione si mette in chiaro come l’intento di Protagora sia di affermare che l’uomo non sottostà a limiti eterni e intrasgredibibili, ma è, appunto, forza dominatrice guidata dalla ragione, si che, in questo senso profondo, l’uomo è tecnica, sostenendo pure che la genitrice della sofistica è la tragedia greca, e in particolare Eschilo. E sebbene Platone condanna sia Eschilo sia i sofisti, Eschilo non sta dalla parte dei sofisti e di Nietzsche. Invece per il filosofo E. Severino – che non concorda con il parere di Untersteiner - Eschilo vede nella tecnica l’espressione più radicale della prevaricazione che rende empio l’uomo; egli pensa che Dio, per quanto avvolto dall’enigma, salvi l’uomo dall’angoscia generata dal dolore e dalla morte. Altrimenti, perché l’Orestea – l’unica trilogia che ci è rimasta di Eschilo – dovrebbe finire con una Festa? (Emanuele Severino, Il Destino della Tecnica ed. Rizzoli, pag. 32, 1998). Nel saggio citato, lo stesso Severino sostiene:<<E’ illusorio credere che ci si possa sottrarre ai diritti della tecnica sino a che ci si mantiene all’interno della cultura che nella civiltà occidentale conduce inevitabilmente dal pensiero greco alla dominazione della tecnica>> (op. cit.). Oppure come sostiene Martin Heidegger ne La questione della tecnica (1953), la tecnica, nella sua essenza, non è qualcosa di cui l’uomo possa disporre e dal cui dominio possa salvarsi. <<Ormai, solo un dio ci può salvare>>, egli dice. Ma la gran questione incomincia a questo punto. Perché l’uomo non può disporre del disvelamento della manifestazione delle cose? Perché la tecnica non può impadronirsi e far funzionare lo stesso apparire del mondo? Se il capitalismo distrugge la Terra, distrugge se stesso. Oggi la scienza economica afferma l’inseparabilità di economia e ecologia e l’uomo giustifica tutto con la prevedibilità dei propri atti. Ma siamo tutti delle macchine, dunque tutto è prevedibile? 7 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Esistono, al contrario, ragioni intrinseche di imprevedibilità di tutto quello che avviene, tanto nell’ambiente quanto fra gli esseri viventi. Esistono forze sempre più consistenti – anche all’interno del mondo capitalistico – che spingono il capitalismo ad assumere uno scopo che non sia più costituito soltanto dal profitto, ma include anche la salvezza Terra. In campo scientifico molti ritengono che l’innovazione tecnologica, e il conseguente uso di forme alternative non inquinanti di energia, renderà possibili, insieme, la sopravvivenza del capitalismo e la sopravvivenza della Terra. In molti sostengono che il capitalismo non è la tecnica, e che nella tecnica, non nel capitalismo, lo “spirito prometeico” trova la propria incarnazione più potente. La vita non è autosufficiente, ma è legata ad un sistema complesso che chiamiamo ambiente. Tanto stretto è il rapporto tra vita individuale e ambiente che, se cambia l’ambiente, cambiano anche le forme di vita. Naturalmente gli uomini possono adattarsi a vivere in ambienti diversi. Molte specie si sono estinte e altre si sono affermate al loro posto. Se non vogliamo fare la fine dei dinosauri, dobbiamo capire che non possiamo alterare il nostro ambiente vitale. Il buco nell’ozono, i mutamenti climatici, il discioglimento dei poli, sembrano in fondo delle catastrofi astratte. Nessuno le vede, nessuno di noi le tocca. I grandi e cruciali cambiamenti economici che hanno segnato la storia dell’umanità sono avvenuti nel momento in cui i nuovi regimi energetici convergevano con nuovi regimi comunicativi. Allorché si produce questa convergenza, la società è ristrutturata in modalità del tutto inedite. Per esempio, l’avvento della tecnologia del vapore alimentata dal carbone fu simultaneo all’avvento della stampa e produsse la Prima Rivoluzione Industriale. Facendo uso delle modalità comunicative di più antica data e delle forme orali di scambio delle informazioni sarebbe stato impossibile progettare e soprattutto attuare quello sviluppo vertiginoso fatto di ritmi, velocità, flussi, densità e connettività dell’attività economica, reso possibile dai motori a vapore alimentati a carbone. Alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX l’avvento del telefono coincise con l’introduzione del petrolio e del motore a combustione interna, che insieme costituirono il meccanismo di comando e di controllo che avrebbe dato vita alla Seconda Rivoluzione Industriale. Negli anni Novanta ha avuto nel campo delle comunicazioni un’importante rivoluzione. I personal computer, Internet, il World Wide Web e le tecnologie per comunicare in modalità wireless hanno messo in contatto tra loro i sistemi nervosi centrali di oltre un miliardo di persone sulla Terra alla velocità della luce. Sebbene le nuove rivoluzioni del software e delle comunicazioni abbiano già iniziato ad accrescere la produttività in ogni settore industriale, il loro potenziale è lungi dal potersi dire pienamente realizzato. La creazione di un regime di energia rinnovabile, unitamente alla tecnologia delle celle a combustibile alimentate a idrogeno e a reti elettriche intelligenti spalanca le porte all’avvento della Terza Rivoluzione Industriale, che dovrebbe avere un potente effetto di moltiplicatore economico nel XXI secolo tanto quanto l’ebbero l’introduzione del carbone e la tecnologia del vapore nel XIX secolo e il petrolio e il motore a combustione interna nel XX secolo. L’etica per l’ambiente non riguarda allora poteri astratti e insondabili, che è il comodo alibi di un male contro il quale non esiste rimedio. La parola "etica" viene dal greco ethos e vale come "comportamento comune". Quindi un comportamento comune comporta grandi scelte collettive e occorre innanzi tutto molta più sensibilità. Attualmente l’uomo è talmente virtualizzato che si dimentica di essere vivo. Gli esseri umani non sono macchine, essenzialmente. La macchina, per esempio, è viva finché è un progetto nella testa degli uomini. Una volta che il progetto si realizza l’oggetto-macchina diventa morto. Al contrario dell’essere umano, la macchina non è capace di cambiare da sé né di reazioni che non siano attinenti alla sua meccanica. È un oggetto, non un soggetto. 8 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso D’altra parte gli esseri viventi reagiscono. Sono diversi dalle altre cose, dalle cose inanimate, dalla materia che essi realizzano e non vivente in genere. Ciò significa che essere vivi equivale ad essere soggetti, a cambiare continuamente e ad essere in interazione con gli altri. Attualmente si fa di tutto per privare l’uomo delle sensazioni e per rendere ogni cosa virtuale, meccanica, inanimata. Dal punto di vista della soggettività da ritenere spaventoso. Il problema dell’ambiente è oggi vissuto troppo astrattamente da ognuno di noi. Eppure le catastrofi ambientali avvengono con le stesse regole cui obbediscono i nostri singoli organismi. Ogni uomo è in grado di alterare l’ecosistema generale, alterando il proprio. La grande catastrofe è determinata da tante piccole catastrofi, quali possono essere l’uso che noi facciamo degli antibiotici o il consumo eccessivo di energia, causa prima del cosiddetto effetto serra. L’uomo pertanto si deve educare a non alterare il proprio ecosistema e, al contempo, ad essere vivo, a comprendere il significato della vita e a gioire di essa. Perché si comprenda che ogni singolo comportamento può influire sugli equilibri esistenti nell’ecosistema si deve parlare alla collettività. E’ necessario che l’educazione ambientale venga insegnata nelle scuole. Tuttavia l’educazione ambientale va distinta dalla mera descrizione ambientale. Essendo l’ambiente l’insieme delle condizioni fisiche in cui si svolge la vita degli organismi, dunque di tutti gli esseri viventi, l’educazione ambientale attiene più al sentirsi parte e al rispetto di questo sistema aperto. L’individuo si avvede dei danni procurati all’ambiente solo quando si rende conto di essere dentro all’ambiente, di essere intriso lui stesso di ambiente, come l’ambiente è intriso di lui, perché l’ambiente è intriso di umanità. Non esiste oramai un ambiente naturale al mondo. Ogni tipo di ambiente, terrestre o subacqueo, ha conosciuto l’intervento dell’uomo. L’individuo pertanto si deve sentire dentro all’ambiente e deve cominciare a preservarlo e a difenderlo. Sempre più spesso si sente parlare di mutamenti genetici. Da ritenersi assolutamente errato, da un punto di vista etico, è mutare gli esseri umani in modo elitario. Anzitutto perché tutti gli esseri viventi sono dei soggetti, con la loro libertà e la loro dignità. La trasformazione genetica dell’individuo implica una brevetto del gene, assolutamente inaccettabile. Se è brevettato il gene, deve risultare brevettato l’organismo che vi è dentro. Un bambino differenziato geneticamente è già brevettato dall’esterno, è già proprietà di altri. Altra cosa è l’inserimento di un gene in linea somatica nel corpo di un organismo carente di cellule germinali, o per meglio definire la componente genetica di talune manifestazioni patologiche. Tale inserimento non si differenzierebbe affatto dalla somministrazione di farmaci in modo permanente. Altrettanto si dica per le conquiste della genetica agronomica, atte a combattere la fame nel mondo e a rispondere alle necessità dell’uomo migliorandone le caratteristiche fisiologiche e la capacità riproduttiva. In questo caso l’etico si misura sulla base dell’analisi dei costi e dei benefici. I regni animale, umano e vegetale, devono pertanto essere tutelati nella loro capacità di essere soggetti, e anche sul piano della dignità personale. La manipolazione genetica è la manifestazione più estrema di una volontà di dominio che l’uomo si arroga nei riguardi della natura. Le visioni filosofiche o religiose in tal senso sono spesso figlie dello spirito del tempo, o, come anche si dice in tedesco, dello "Zeitgeist". C’è da dire che già nella Bibbia sono presenti diverse versioni del rapporto dell’uomo con la natura. Sembra quasi, in taluni passi dell’Antico Testamento, che l’uomo, su incarico di Dio, sia arrivato sulla Terra per prendersi cura della natura e dare un nome agli animali e alle piante. Con l’avvento della tecnica più che della scienza, dalla Rivoluzione Industriale in poi, l’uomo ha cominciato ad osservare il mondo molto più di prima. Si è legata questa trasformazione alla crescita illimitata dell’economia, che deve essere giustificata anche filosoficamente. 9 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Fondamentalmente l’uomo, come Prometeo, il mitico cugino di Zeus che passa per colui che ha creato i primi uomini modellandoli con creta, pensa di sapere come è fatto il mondo, e ritiene dunque di essere in grado con il proprio cervello di partorire un progetto e di estrofletterlo sul mondo in modo da plasmare quest’ultimo e da essere sicuro di tutte le conseguenze di questo suo plasmare. Inizialmente l’uomo identificava nella macchina tutto ciò che era altro da sé e finiva col predire che l’essere umano era l’unico ente vivente. Attualmente, con i risultati dell’ingegneria genetica, l’uomo è arrivato a produrre una diversità filosofica opposta, secondo la quale l’uomo oggettivizza sé stesso attraverso processi di auto-modificazione in cui l’altro da sé è appunto l’uomo stesso. L’uomo, attraverso la manipolazione del genoma umano, ritiene di poter concludere che il comportamento umano è meccanico, genetico, determinato fin dalla nascita. Ritiene di poter derivare da queste sue scoperte tutta una serie di vantaggi. L’uomo ritiene di aumentare indefinitamente la produzione nel nostro pianeta - cosa, tra l’altro, materialmente impossibile - sulla scorta di una concezione filosofica che giustifica la non vita, più che la vita stessa. Attualmente l’uomo giustifica tutto con la prevedibilità dei propri atti: siamo tutti delle macchine, dunque tutto è prevedibile. Esistono, al contrario, ragioni intrinseche di imprevedibilità di tutto quello che avviene, tanto nell’ambiente quanto fra gli esseri viventi. Molte catastrofi ambientali si verificano ogni qualvolta non si tiene conto che l’ambiente è vita. Per ambiente deve essere inteso l’insieme delle condizioni fisiche, chimiche, e biologiche in cui si svolge la vita degli organismi. L’uomo dell’antichità, che praticava questa armonia, considerava la natura come una sorta di divinità, come qualcosa da venerare. Attualmente la natura è passata da essere una divinità a essere un oggetto, uno strumento per produrre ricchezza. C’è di nuovo una virtualizzazione del mondo: una cosa non ha valore in quanto tale se non ha un valore d’uso. Il valore d’uso di un bene rappresenta il profitto che se ne trae. Si pensi già alle immani catastrofi ambientali provocate dai Maya, in nome del mais, per esempio. L’uomo dimostra ancora una volta di non essere cosciente dei ritorni delle azioni che compie. Gli esseri viventi, e la terra tutta, reagiscono alle azioni dell’uomo come potrebbe reagire un essere umano. Privare l’Amazzonia del suo patrimonio arboreo significa aumentare l’effetto serra, e così il numero dei temporali e delle alluvioni. Il problema ambientale è ancora molto sottovalutato. È l’individualismo che spinge l’uomo moderno ad attuare i propri comportamenti "non etici" nei riguardi della natura. Sia gli aborigeni d’Australia sia le antiche popolazioni amerinde autoctone si prendevano cura delle cose anche per se stessi. Si uccidevano tanti bisonti quanti occorrevano per la comunità, ma in modo da riservarne ancora per gli anni successivi. Vigeva, tra gli Indiani d’America, un codice "non scritto" antropocentrico, ma non individualista. Una specie, come quella umana, di sei miliardi di individui, è niente in confronto ai microrganismi. Bisogna riservare un maggiore rispetto e un po’ di umiltà verso tutto il resto, sapendo che senza il resto anche l’uomo è destinato a finire. L’uomo è dotato di un cervello altamente sviluppato, che lo pone dentro numerosissime nozioni e al centro di un’evoluzione culturale, che gli consente di realizzare un archivio di informazioni molto arricchito. L’uomo trasmette a voce molte più cose e molto più rapidamente di quanto non faccia con il DNA. Partorire progetti equivale a modificare il mondo esterno, proiettandoli sulla materia che è all’esterno. L’ecosistema è preservato solo se l’uomo sta dentro alla natura e la considera come parte di sé. Con la Seconda Rivoluzione Industriale muta anche l’atteggiamento dell’uomo, più teso a "virtualizzare" il mondo e a non giustificare la "vita". Il cervello umano contiene infinitamente più informazioni del nostro DNA. Proprio per un fatto materiale, di spazio, l’acido desossiribonucleico, costituente i cromosomi, non può contenere tutti i pensieri e le informazioni umane. Gli ecosistemi, al contrario, sono unità funzionali in grado di contenere molte più informazioni, oltre che determinare i fattori ambientali interagenti. 10 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso 2 - AMBIENTE – UOMO – RISORSE 2.1 - RIFLESSI AMBIENTALI Nel corso della storia l’uomo ha sempre utilizzato le risorse a propria disposizione in modo pressoché indiscriminato, senza curarsi minimamente delle particolari ricadute ambientali che poteva avere la sua presenza nell’ambito dei vari cicli naturali. La distruzione e l’inquinamento ambientale sono sempre andati di pari passo con l’evoluzione della cosiddetta civiltà. Un tempo la popolazione umana era comunque molto meno rappresentata e l’impatto ambientale risultava praticamente ininfluente, almeno in ambito globale. Ora, purtroppo, l’enorme incremento demografico e l’addensamento abitativo in alcune specifiche zone comporta un’azione inquinante a livello locale e mondiale notevolmente più elevata, estremamente preoccupante e spesso particolarmente nociva sia per l’uomo sia per l’ambiente. I fenomeni che oggi maggiormente ci preoccupano sono : - I gas serra e i loro effetti sull'ambiente e sul clima - Le piogge acide - Il Buco dell'Ozono - Lo Smog fotochimico L’utilizzo incontrollato delle risorse energetiche ha contribuito a danneggiare la salute del nostro pianeta in quanto è noto che l’impiego delle fonti energetiche tradizionali è tra le principali cause dell’inquinamento ambientale, i cui costi, in generale, vengono considerati esterni all’economia del settore energetico e per questo non possono che essere pagati dalla società, sotto forma di tasse o di una riduzione della qualità di vita. Intervenire si può, attraverso: 11 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso •l’individuazione dei fattori di pressione; •il monitoraggio della loro evoluzione; •l’individuazione di valide ed adeguate soluzioni alternative; •la promozione di comportamenti pro attivi ed innovativi per un uso sostenibile delle risorse. Su tali premesse è fondamentale un comportamento etico per diffondere nei giovani una consapevole cultura sulle tematiche ambientali, in particolare del comparto energetico, attività antropica ad elevato impatto ambientale. Viene, in particolar modo, colpita l’atmosfera, patrimonio comune dell’ umanità. L’attenzione si focalizza sulle emissioni dei gas serra climalteranti. 2.2 - LE PRINCIPALI CAUSE DELL’INQUINAMENTO Gli inquinanti vengono solitamente distinti in due gruppi principali: quelli di origine antropica, cioè prodotti dall’uomo, e quelli naturali. I contaminanti atmosferici, possono anche essere classificati in primari cioè liberati nell'ambiente come tali (come ad esempio il biossido di zolfo ed il monossido di azoto) e secondari (come l’ozono) che si formano successivamente in atmosfera attraverso reazioni chimico-fisiche. A prescindere dalla loro origine, gli inquinanti vengono distinti in primari e secondari. Primari sono gli inquinanti che vengono immessi direttamente nell’ambiente in seguito al processo che li ha prodotti. Gli inquinanti secondari sono invece quelle sostanze che si formano dagli inquinanti primari (sia antropogenici che naturali) a seguito di modificazioni di varia natura causate da reazioni che, spesso, coinvolgono l’ossigeno atmosferico e la luce. I principali inquinanti primari sono quelli emessi nel corso dei processi di combustione di qualunque natura, cioè il monossido di carbonio, il biossido di carbonio, gli ossidi di azoto (principalmente sottoforma di monossido di azoto), le polveri e gli idrocarburi incombusti. Nel caso in cui i combustibili contengano anche zolfo, si ha inoltre emissione di anidride solforosa. 2.3- I GAS SERRA L’effetto serra è quel fenomeno per il quale si ha un riscaldamento del pianeta per effetto dell’azione dei cosiddetti gas serra, presenti nell’aria a concentrazioni relativamente basse. Il protocollo di Kyoto ha individuato i principali 6 gas serra: 12 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso •ANIDRIDE CARBONICA (CO2) •Metano (CH4) •Protossido di azoto(N2O) •Idrofluorocarburi (HFC) •Perfluorocarburi (PFC) •Esafluoruro di zolfo (SF6) I gas serra permettono alle radiazioni solari di passare attraverso l’atmosfera mentre ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie della Terra e dalla bassa atmosfera (il calore riemesso); in pratica si comportano come i vetri di una serra e favoriscono la regolazione ed il mantenimento della temperatura terrestre ai valori odierni. Questo processo è sempre avvenuto naturalmente e fa sì che la temperatura della Terra sia circa 33°C più calda di quanto lo sarebbe senza la presenza di questi gas. Ora, comunque, si ritiene che il clima della Terra sia destinato a cambiare perché le attività umane stanno alterando la composizione chimica dell’atmosfera. Le enormi emissioni antropogeniche di gas serra stanno causando un aumento della temperatura terrestre determinando, di conseguenza, dei profondi mutamenti a carico del clima sia a livello planetario che locale. Prima della Rivoluzione Industriale, l’uomo rilasciava ben pochi gas in atmosfera, ma ora la crescita della popolazione, l’utilizzo dei combustibili fossili e la deforestazione contribuiscono non poco al cambiamento nella composizione atmosferica. 2.4 - LE EMISSIONI IN ATMOSFERA Dall’inizio della Rivoluzione Industriale, la concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica è aumentata del 30% circa, la concentrazione del gas metano è più che raddoppiata e la concentrazione dell’ossido nitroso (N2O) è cresciuta del 15%. 13 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Inoltre dati recenti indicano che le velocità di crescita delle concentrazioni di questi gas, anche se erano basse durante i primi anni ’90, ora sono comparabili a quelle particolarmente alte registrate negli anni ’80. Se le emissioni globali di CO2 fossero mantenute come in questi ultimi anni, le concentrazioni atmosferiche raggiungerebbero i 500 ppm per la fine di questo secolo, un valore che è quasi il doppio di quello preindustriale (280 ppm). Il problema viene ulteriormente complicato dal fatto che molti gas serra possono rimanere nell’atmosfera anche per decine o centinaia di anni, così il loro effetto può protrarsi anche per lungo tempo. Come si può vedere dai grafici la concentrazione dei principali gas serra è aumentata in maniera esponenziale a partire dall'avvento della Rivoluzione Industriale. Quali le cause di tale incremento? Le cause di tale incremento possono facilmente individuarsi da un lato nell'uso di combustibili fossili nei processi di combustione del settore produzione energia settore “non energia”, e del settore trasporti stradali , e dall'altro nella costante diminuzione del patrimonio boschivo con conseguente calo dell’azione clorofilliana. Una miniera di carbone inattiva ormai da decenni a Ribolta, in provincia di Grosseto, potrebbe ospitare il primo deposito italiano di anidride carbonica (Co2), il gas responsabile dell’effetto serra, prodotto in grande quantità dalle centrali termoelettriche che bruciano combustibili fossili. La tecnica di cattura dell’anidride carbonica e in fase di sviluppo e oggi è possibile bloccare il rilascio del Co2, catturandolo prima che esca dalle ciminiere, e spingerlo a grandi profondità nel sottosuolo, nei pozzi petroliferi esauriti, nelle miniere di carbone abbandonate o nelle formazioni di rocce porose sature di acqua salata, senza inquinare. Il sequestro del Co2 è una soluzione comunque temporanea nell’attesa di eliminare del tutto l’impiego dei combustibili fossili. 2.5 - I CAMBIAMENTI CLIMATICI 14 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Il clima del nostro pianeta è dinamico e si sta ancora modificando da quando la Terra si è formata. Le fluttuazioni periodiche nella temperatura e nelle modalità di precipitazione sono conseguenze naturali di questa variabilità. Vi sono comunque delle evidenze scientifiche che fanno presupporre che i cambiamenti attuali del clima terrestre stiano eccedendo quelli che ci si potrebbe aspettare a seguito di cause naturali. L’aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera sta causando un corrispondente incremento della temperatura globale della Terra. Le rilevazioni effettuate hanno dimostrato che negli ultimi 15 anni del XX° secolo vi sono stati i 10 anni più caldi di tutto il periodo; il 1998 è stato l’anno più caldo in assoluto. Inoltre si ritiene che la temperatura media globale superficiale possa aumentare di 0,6-2,5°C nei prossimi 15anni e di 1,4-5,8°C nel secolo in corso, pur con significative variazioni regionali. Al momento, l’incremento risulta maggiore per quanto riguarda le temperature minime che stanno aumentando ad una velocità che è doppia di quelle massime. Il riscaldamento è maggiore nelle aree urbane sia a causa dei cambiamenti che si sono verificati nelle coperture dei terreni che per il consumo di energia che avviene nelle aree densamente sviluppate (fenomeno conosciuto come “isole di calore”). 2.6 - IL GRANDE BUCO La stratosfera terrestre contiene una concentrazione relativamente alta di ozono, un gas costituito da tre atomi di ossigeno (O3) e che rappresenta un vero e proprio schermo nei confronti delle pericolose radiazioni ultraviolette (raggi UV) provenienti dal sole. Ogni anno, durante la primavera dell’emisfero australe, la concentrazione dell’ozono stratosferico nell’area situata in prossimità del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni naturali. Purtroppo, a causa degli inquinanti rilasciati in atmosfera, sin dalla metà degli anni settanta questa periodica diminuzione è diventata sempre più grande, tanto da indurre a parlare del fenomeno come del “buco dell’ozono”. Recentemente si è comunque individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona al polo Nord, sopra il Mare Artico, fatto che potrebbe preludere alla formazione di un altro buco dalla parte opposta. 15 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso La presenza dei vari inquinanti prodotti dall’uomo ha profondamente alterato i naturali meccanismi di formazione dell’ozono stratosferico. I composti ODS nell’alta atmosfera causano infatti una lenta ma graduale degradazione dell’ozono, in modo particolarmente vistoso nell’area sopra l’Antartide. In questa zona durante l’inverno australe (in MaggioGiugno) il Polo Sud si trova completamente immerso nelle tenebre. Nella media e bassa stratosfera si rende così evidente l’azione di una forte corrente circumpolare chiamata vortice polare. Questo vortice isola le grandi masse d’aria posizionate sopra il polo che per l’assenza dei raggi solari e per la mancanza di scambi termici con altre masse d’aria diventano sempre più fredde. Quando la temperatura raggiunge gli 80°C sotto lo zero si formano delle nubi di acido nitrico triidrato e di acqua ad alto contenuto di acido nitrico (normalmente presente in fase gassosa) chiamate nubi stratosferiche polari PSC (Polar Stratospheric Clouds).Queste nubi costituiscono la superficie catalitica ideale per la formazione di tutta una complicata serie di reazioni che comporta la degradazione dei vari composti ODS e la liberazione di molecole biatomiche di Cloro (Cl2) e Bromo (Br2). All’insorgere della Primavera australe (Ottobre-Novembre) l’azione dei raggi del sole provoca la dispersione delle nubi stratosferiche polari e la scissione delle molecole biatomiche di cloro e bromo in singoli atomi altamente reattivi. L’improvvisa comparsa e liberazione di questi atomi provoca l’inizio di una catena di reazioni catalitiche che comporta la degradazione dell’ozono e la comparsa del cosiddetto “buco dell’ozono”. 2.7 - LO SMOG FOTOCHIMICO Lo smog fotochimico è un particolare inquinamento dell’aria che si produce nelle giornate caratterizzate da condizioni meteorologiche di stabilità e di forte insolazione. Gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC), emessi nell’atmosfera da molti processi naturali od antropogenici, vanno incontro ad un complesso sistema di reazioni fotochimiche indotte dalla luce ultravioletta presente nei raggi del sole; il tutto porta alla formazione di ozono (O3), perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoil nitrato (PBN), aldeidi e centinaia di altre sostanze. Tali inquinanti secondari vengono indicati col nome collettivo di smog fotochimico perché sono generati da reazioni chimiche catalizzate dalla luce e costituiscono la componente principale dello smog che affligge molte città ed aree industrializzate.Questo particolare smog si può facilmente individuare per il suo caratteristico colore che va dal giallo-arancio al marroncino, colorazione dovuta alla presenza nell’aria di grandi quantità di biossido di azoto. I composti che costituiscono lo smog fotochimico sono sostanze tossiche per gli esseri umani, per gli animali ed anche per i vegetali, inoltre sono in grado di degradare molti materiali diversi per il loro forte potere ossidante. Da notare che il termine smog deriva dall’unione di due parole inglesi: smoke (cioè fumo) e fog (nebbia). Inizialmente questa parola faceva riferimento esclusivo ad un tipo di inquinamento particolarmente diffuso nel passato: lo smog industriale, detto anche smog classico. Questo smog, di colore grigio-nerastro, era frequente nelle ore prossime all'alba, in condizioni di bassa insolazione, bassa velocità del vento e temperatura prossima a 0°C; quindi era più comune nella stagione autunnale ed invernale. 16 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Veniva prodotto quando il fumo ed il biossido di zolfo liberati nel corso della combustione del carbone si combinavano con la nebbia ed era talmente tossico da provocare decine di migliaia di morti ogni anno. A partire dagli anni ’50, l’utilizzo di altri combustibili fossili e di altre fonti energetiche, come la nucleare o l’idroelettrica, ha ridotto di molto la frequenza e la gravità dei fenomeni di smog industriale. In ogni caso l’impiego dei vari combustibili fossili costituisce ancora un pericolo per la salute dell’uomo e per l’integrità dell’ambiente a causa della possibilità che si instauri il fenomeno dello smog fotochimico, la forma d’inquinamento più diffusa nelle grandi città del pianeta. 2.8 - EFFETTI SULLA SALUTE L’inquinamento atmosferico comporta spesso numerose conseguenze a carico della salute, soprattutto nei casi in cui si verifichi un brusco innalzamento delle concentrazioni dei comuni contaminanti dell’aria (inquinamento acuto). In questi casi, l’aumentata esposizione a vari irritanti atmosferici provoca la riduzione della funzionalità polmonare, l’aumento delle malattie respiratorie nei bambini, gli attacchi acuti di bronchite e l’aggravamento dei quadri di asma; il tutto comporta un forte incremento nel numero dei decessi fra le persone più sensibili a determinati inquinanti, come gli anziani o le persone affette da malattie respiratorie e cardiovascolari. Famosi sono alcuni casi che si verificarono il secolo scorso: a Londra, ad esempio, fra il 5 ed il 9 dicembre 1952 morirono più di 4000 persone già sofferenti di malattie polmonari a causa di una densa coltre di smog che ristagnava in città. L’effetto dell’inquinamento a bassi livelli e per lungo tempo risulta invece più subdolo e difficile da individuare. Si presume che provochi a breve termine disagio, irritazione, tossicità specifica, affezioni respiratorie acute e, in rari casi, mortalità, soprattutto fra gli anziani affetti da patologie croniche cardiovascolari o respiratorie. Gli effetti a lungo termine causati da una esposizione ad inquinanti presenti a concentrazioni relativamente basse non sono ancora completamente chiari; in ogni caso si ritiene che fra i vari effetti vi sia la comparsa di malattie polmonari croniche aspecifiche (come la bronchite cronica, l’asma e l’enfisema), la formazione di varie neoplasie maligne (cancro polmonare, leucemie) ed un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie Il buco dell’ozono ed in generale la diminuzione dell’ozono stratosferico non rappresentano al momento un rischio immediato per la salute dell’uomo. Questo, comunque, se le dimensioni del fenomeno non sono destinate a crescere ulteriormente, nel qual caso la situazione potrebbe diventare drammatica. L’ozono agisce infatti schermando la maggior parte delle pericolose radiazioni UV-B provenienti dal sole ed un drastico aumento delle radiazioni ultraviolette anche nelle zone popolate della terra potrebbe causare danni impensabili. Alcuni studi teorizzano che una diminuzione dell’1% dell’ozono colonnare possa comportare un aumento delle radiazioni ultraviolette a livello del suolo pari all’1,2%. I raggi UV-B sono in grado di attaccare e danneggiare molecole come il DNA e l’RNA, così se l’esposizione a questi raggi diviene eccessiva, si possono sviluppare sia dei melanomi che altri tipi di cancro della pelle. 17 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso L’aumento delle temperature a causa del riscaldamento globale provocato dall’incremento della concentrazione dei gas serra nell’atmosfera può comportare sia effetti diretti che indiretti per la salute dell’uomo. Le temperature estremamente calde aumentano soprattutto i rischi fisici a carico delle persone che presentano problemi cardiaci. Questi soggetti sono più vulnerabili perché in condizioni termiche più elevate il sistema cardiovascolare deve lavorare in modo maggiore per mantenere la temperatura corporea stabile. Il clima più caldo comporterebbe inoltre una maggiore frequenza dei colpi di calore ed un aumento della diffusione dei problemi respiratori. Le temperature più elevate aumentano inoltre la concentrazione dell’ozono a livello del suolo, favorendone la formazione. Le statistiche sulla mortalità e sui ricoveri ospedalieri dimostrano chiaramente che la frequenza delle morti aumenta nei giorni particolarmente caldi, in modo particolare fra le persone molto anziane e fra i malati di asma. 2.9 – L’ENERGIA SOLARE E L’AMBIENTE I processi di estrazione, trasporto ed uso delle fonti tradizionali di energia, fossili e nucleare producono numerosi guasti ambientali. E’ improbabile che si perda il controllo del funzionamento di una centrale nucleare: ma se ciò avvenisse, si produrrebbe una catastrofe. Ed è un problema ambientale grave quello dell’eliminazione dei materiali radioattivi di scarto, prodotti nei processi di lavorazione ed utilizzazione dei combustibili nucleari. Anche l’uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) è accompagnato da effetti negativi sull’ambiente. Gli inquinamenti chimici, dovuti alla diffusione nell’atmosfera e nell’ambiente di sostanze velenose o comunque dannose alla vita, come ad esempio i composti dello zolfo, sono molto pericolosi. Questi inquinamenti, in linea di principio, se non trascurati, sono eliminabili usando opportuni depuratori. Vi è però un inquinamento che si accompagna all’uso dei combustibili e che non è in alcun modo eliminabile: è il cosiddetto “inquinamento termico”. Esso deriva da due principali fenomeni. Il primo è che trasformando un combustibile in qualunque altra forma di energia si produce calore, che viene immesso nell’ambiente. Il secondo è che, bruciando combustibile, si producono fumi che per quanto puliti contengono comunque almeno un gas di scarto: l’anidride carbonica; questo gas, pur non essendo velenoso, produce quando è presente nell’atmosfera una cappa, che per effetto serra non consente al calore di disperdersi al di fuori dell’atmosfera. L’inquinamento termico a livello locale danneggia l’ambiente, provocando uno squilibrio fra le varie specie viventi e l’ambiente naturale, ma successivamente accumulandosi sull’intero pianeta diventa “inquinamento termico globale”, che a certi livelli, consumando sempre più energia, produrrà effetti disastrosi. Lo scioglimento del ghiaccio dei poli e l’innalzamento del livello dei mari saranno la conseguenza di tale effetto, che cambierà l’assetto dell’intero pianeta. L’energia solare, invece, produce inquinamenti nel caso si decidesse di installare sulla Terra tanti collettori da coprire tutte le necessità energetiche dell’umanità, ma l’inquinamento termico prodotto sarebbe tuttavia minore di quello che l’uomo ha già prodotto con tutti gli interventi artificiali che ha effettuato sul territorio. 18 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Un uso molto esteso dell’energia solare, per rifornire le case di acqua calda, di elettricità, e per riscaldarle in inverno - se si hanno a disposizione i tetti delle case e le parete orientate verso sud - potrà soddisfare meglio la maggior parte delle necessità di energia delle abitazioni. Per tutte le altre applicazioni però è necessario occupare vaste estensioni di terreno. Se, ad esempio, si volesse produrre con i dispositivi fotovoltaici tutta l’energia elettrica che oggi si consuma in Italia, sarebbe necessario utilizzare circa 12.000 chilometri quadrati di superficie. In Considerazione che esistono terreni improduttivi e abbandonati, questi territori potrebbero diventare “campi” produttivi se utilizzati con lo scopo di fornire, in futuro, energia solare. 2.10 - LE FONTI RINNOVABILI Lo sviluppo dei Paesi industrializzati e tecnologicamente avanzati, negli ultimi decenni del XXº secolo, si è basato su uno spreco di materie prime e di fonti di energia accumulata dal pianeta in milioni di anni. Fra non molto sarà necessario modificare vita e organizzazione sociale; l’uso appropriato dell’energia solare, la più importante risorsa che abbiamo a disposizione, sarà pertanto uno degli elementi decisivi di questo cambiamento. Come si è visto, l’energia solare può essere usata per riscaldare acqua a bassa temperatura e per riscaldare le case in inverno. Ciò può essere fatto utilizzando tecniche ed apparecchiature che sono già oggi ala portata dei progettisti e delle industrie. Al riscaldamento di ambienti e di acqua è dedicata una grossa fetta dei consumi energetici, ma per utilizzare l’energia solare, in modo da diminuire i consumi di energia tradizionale, bisogna apportare modifiche in quasi in ogni abitazione ed è, altresì, indispensabile possedere una specifica preparazione tecnica per fare le giuste valutazioni che guidino al miglior uso di questa energia. Nell'ottica di un uso intelligente delle risorse energetiche si colloca lo sfruttamento delle risorse rinnovabili. Queste, almeno allo stato attuale della tecnologia, non possono sostituire totalmente i prodotti petroliferi, ma possono proficuamente rimpiazzarli o integrarli in diverse applicazioni. La caratteristica principale delle fonti rinnovabili è la loro dispersione: questa è contemporaneamente punto di forza, in quanto in tutte le località si possono sfruttare l'energia solare ed eolica, ed elemento limitante, in quanto la "concentrazione" di energia è ridotta. Un problema non trascurabile di alcune tipologie di impianti, principalmente quelli solari ed eolici, è rappresentato dalla necessità di installare i dispositivi all'esterno, con possibili effetti negativi dal punto di vista dell'impatto visivo. Una accurata progettazione dell'inserimento e la scelta di captatori meno "visibili" riescono ad attenuare il problema, ma sicuramente non ad eliminarlo. Diventa inoltre estremamente importante definire quale aspetto dell'impatto sull'ambiente tutelare maggiormente: da una parte la presenza localizzata di elementi antiestetici, dall'altra la consueta utilizzazione dei combustibili fossili cui conseguono le modificazioni climatiche generate dalle emissioni inquinanti. 19 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Infine è interessante sottolineare una peculiarità degli impianti alimentati da energie rinnovabili: l'utilizzo delle fonti energetiche sempre disponibili localmente consente di evitare "black out" improvvisi dovuti all'impossibilità dei rifornimenti o al danneggiamento delle reti di distribuzione. Un esempio di quanto può capitare si è rivelato in occasione della recente alluvione: si sono verificati dei guasti alla rete elettrica di alimentazione di interi paesi, i quali sono sprofondati nella più completa oscurità. In queste condizioni una seppur minima illuminazione, ad esempio tramite lampioni fotovoltaici, è fondamentale per consentire sia l'evacuazione più rapida che l'arrivo dei soccorsi più agevole. Questi lampioni essendo autonomi garantiscono l'illuminazione in ogni occasione, e pertanto una loro installazione è giustificabile non soltanto per il risparmio energetico che si ottiene ma soprattutto per la maggiore sicurezza che ne deriva. Il 28 settembre 2003, alle ore 3,20 del mattino, l’Italia si è trovata al buio: è il grande BLACK OUT, che ha fermato il Paese provocando incidenti, danni, panico, e, conseguenze che, pur non tragiche, hanno colpito l’intera popolazione. Da ciò si è potuto constatare l’impossibilità di mantenere l’attuale sistema di produzione energetica, che riguarda non solo l’Italia ma tutte le Nazioni del mondo, e che a tale scopo la ricerca scientifica e tecnologica è concentrata a proporre nuove soluzioni alternative, che riguardano <<l’energia del futuro>>, e, tra queste, il <<NUCLEARE PULITO>>. Le ricerche puntano fondamentalmente su due ambiti: un diverso metodo di fusione e la fusione nucleare. Per quanto riguarda la fusione, dal 1998 Italia, Francia e Spagna hanno dato l’incarico ad un gruppo di ricercatori per studiare un metodo in grado di risolvere i due principali problemi del nucleare <<tradizionale>>: lo smaltimento delle scorie e il rischio di incidenti. Sul fronte della fusione con il progetto <<ITER>> si proverà a realizzare il primo reattore a fusione nucleare, che potrebbe rappresentare, per i suoi sostenitori, l’energia del futuro, pulita e a basso costo. Il progetto per la costruzione, in Francia, del reattore sperimentale a fusione nucleare ITER, per cui è previsto un costo di circa dieci miliardi di euro, è stato messo a punto nel quadro delle ricerche di nuove fonti di energie pulite. L’obiettivo di ITER è di dimostrare la fattibilità della produzione di energie attraverso una reazione di fusione simile, per molti versi, a quella che avviene nel sole. La “fusione” di nuclei atomici con enorme produzione di energia “pulita” avviene ad altissime temperature all’interno di un gigantesco “anello” elettromagnetico. Ma, a differenza dell’energia nucleare che ha bisogno di uranio arricchito e che genera (come “scorie”) il pericolosissimo plutonio, questo procedimento utilizza come combustibile il deuterio, che si ricava dall’acqua di mare e non dovrebbe produrre scorie inquinanti. Se il procedimento avrà successo e, quando, se ne dimostrerà possibile un uso “industriale” ne risulterà una fonte energetica praticamente infinita, a basso costo e ad un minimo tasso di inquinamento. Potrebbe essere la fine dell’era del petrolio. Risulta ben chiaro, pertanto, che si ha un urgente bisogno di trovare nuove strategie per uscire dall’era monopolizzata dal petrolio, una soluzione capace di garantire alla civiltà un futuro. Energie fornite dalle centrali al carbone, dai classici impianti nucleari, dalle sabbie petrolifere ecc., le quali risultano altamente inquinanti, che bruciando emettono ingenti quantità di biossido di carbonio, nel giro di qualche anno potrebbero lasciare il posto alle nuove tecnologie, le quali annunciano, altresì, l’era dell’Idrogeno, e da cui scaturirà una rivoluzione sociale e politica, rendendo obsoleti: petrolio, carbone e nucleare. 20 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso 3 – L’ EDUCAZIONE AMBIENTALE: da un’educazione per la conservazione del patrimonio naturale all’educazione per la sostenibilità La consapevolezza dei limiti delle risorse naturali ed ambientali e quindi l’assunzione del concetto di vulnerabilità, e del rischio che esse possano divenire critiche fino alla soglia del degrado irreversibile, ha reso necessaria l’adozione di nuove strategie per la protezione dell’ambiente e per la promozione di una nuova sensibilità collettiva. L’educazione ambientale fornisce gli strumenti di lettura e comprensione dell’ambiente e delle sue valenze, per un recupero delle risorse naturali esistenti dallo stato di degrado e sfruttamento attuale e per una corretta fruizione da parte dell’uomo, in modo da conservarne l’esistenza e l’integrità. Nel concetto di educazione ambientale è intrinseco non soltanto l’obiettivo di conoscere l’ambiente e di agire nell’ambiente, ma anche e soprattutto quello di proteggere l’ambiente. L’educazione ambientale ha, dunque, tra le sue finalità formative, non solo lo studio didattico e l’esperienza didattica nell’ambiente, ma in particolare la protezione dell’ambiente attraverso l’educazione, ovvero l’attività educativa a favore dell’ambiente.I livelli di sviluppo dell’educazione all’ambiente, da intendersi come stadi successivi di approfondimento, possono essere così riassunti: - Studio sull’ambiente; - Attività nell’ambiente; - Attività per l’ambiente Studio sull’ambiente Approccio disciplinare nei confronti dell’ambiente dove prevale l’aspetto formativo che è affidato alla conoscenza d’elementi, meccanismi e relazioni; prevale l’aspetto logico, conoscitivo e sistematico. Attività nell’ambiente Esperienze sul campo con laboratori didattici, contatto diretto con l’ambiente; prevale l’aspetto sperimentale e sensoriale; oltre alle competenze per la soluzione dei problemi è necessario sviluppare atteggiamenti di interesse e capacità di valutazione, attitudini decisionali. Attività per l’ambiente Iniziative per la trasmissione di valori e comportamenti compatibili per l’ambiente e finalizzate ad aumentare il livello di qualità (esempio: raccolta differenziata di prodotti pericolosi ai fini di un corretto smaltimento o recupero).La comunità internazionale ha da tempo avviato una serie di conferenze sul tema dell’educazione ambientale per promuoverne i principi e rendere consapevoli governi e opinione pubblica sulla necessità di sviluppare cultura e consapevolezza dei problemi ambientali. La finalità comune, condivisa sugli obiettivi di educazione ambientale, è il miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita di tutti, attraverso la sensibilizzazione della popolazione verso i fattori critici dei sistema produttivo e lo sviluppo sostenibile, e la partecipazione dei cittadini ai processi di soluzione, sollecitando un senso di responsabilità personale nella gestione del conflitto tra sviluppo socio-economico e integrità dell’ambiente di vita. L’educazione ambientale nasce, in tutto il mondo ed anche in Italia, esclusivamente come educazione per la difesa e conservazione della natura: la prima “C Convenzione per la preservazione in stato naturale di flora e fauna” sottoscritta a livello internazionale anche dall’Italia, risale al 1933. Le principali tappe: 21 EDUCAZIONE AMBIENTALE 1965 1972 1975 1977 1987 1992 1992 1997 1997 Cosimo Galasso Conferenza di Bangkok Conferenza di Stoccolma La Conferenza di Belgrado Dichiarazione di Tbilisi Congresso Unesco – Unep a Mosca Congresso mondiale di Toronto; Conferenza dell’ONU di Rio de Janeiro o “Summit della Terra” Dichiarazione di Salonicco Carta dei principi di Fiuggi per l’educazione ambientale. 1965 – Il concetto di educazione ambientale è citato, tra i primi documenti internazionali, nella Conferenza di Bangkok sulla Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali, come strumento per la conservazione del patrimonio naturale. 1972 - L’aspetto naturalistico tende ad essere superato già nel documento che segue alla Conferenza di Stoccolma dell’ONU del 1972 che, attraverso i suoi 27 principi si richiama la necessità di un’educazione ai problemi ambientali attraverso il senso di responsabilità di individui, società e collettività per la protezione e il miglioramento dell’ambiente nella sua piena dimensione umana al fine di garantire progresso e sviluppo anche alle generazioni future. 1975 – La Conferenza Unisco-Unep di Belgrado, nel documento “Schema mondiale per l’educazione ambientale”, attribuisce in modo deciso un carattere sociale all’educazione ambientale che deve trasmettere valori etici per una rielaborazione del rapporto tra uomo e suo simile e tra uomo e natura. E’ sottolineata la multidisciplinarietà dell’educazione ambientale e valorizzato il suo aspetto sociale, che, investendo l’ambiente di vita, coinvolge le persone nei loro bisogni primari di sopravvivenza, salute e qualità della vita. 1977 – Nella 1ª Conferenza intergovernativa mondiale sul tema viene sottolineata l’importanza strategica dell’educazione ambientale con la Dichiarazione di Tbilisi. In questo contesto vengono definiti i seguenti paradigmi teorici dell’educazione ambientale: - globale; - multidisciplinare; - impartita a tutte le età ed a ogni livello di educazione formale ed informale; - rivolta a tutta la comunità: - capace di connettere la conoscenza all’azione attraverso un processo di assunzione della responsabilità; - stimola la presa di coscienza individuale per “dare il senso della continuità che collega l’atto di oggi alle conseguenze di domani”; - dimostra l’interdipendenza tra comunità nazionali e la necessità del principio di solidarietà tra l’intera umanità. E’ sottolineata inoltre l’importanza che l’educazione ambientale può avere nel rinnovamento del processo educativo. 1987 – Congresso Unesco-Unep a Mosca: l’educazione ambientale deve essere orientata ai problemi concreti dell’ambiente umano in una prospettiva interdisciplinare che tenga conto della complessità. E’ riconosciuta l’importanza di una presa di coscienza collettiva poiché solo la modifica dei comportamenti della maggioranza della popolazione attraverso una libera e cosciente interiorizzazione dei valori positivi per l’ambiente può portare ad una soluzione duratura dei problemi. 22 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso 1992 - Conferenza dell’ONU su “Ambiente e Sviluppo” di Rio de Janeiro o “Summit della Terra” e Congresso mondiale di Toronto per l’educazione ambientale e la comunicazione si ambiente e sviluppo. Nel documento di Agenda 21, elaborato a seguito della Conferenza delle Nazioni Unite, un intero capitolo dedicato al tema (cap. 36) stabilisce che l’educazione ambientale è uno strumento per la promozione dello sviluppo sostenibile e per aumentare la capacità delle popolazioni di affrontare questioni ambientali e di sviluppo. L’educazione viene così identificata come strumento primario per promuovere sistemi di vita e di produzione sostenibili, al fine di garantire un uso delle risorse distribuito equamente tra i popoli e tra le generazioni presenti e future. 1997 - La Dichiarazione di Salonicco, è stata adottata dai rappresentanti di organizzazioni governative e non governative (ONG), provenienti da 90 Paesi presenti alla Conferenza Internazionale <<Ambiente e Società: educazione e sensibilizzazione per la sostenibilità>>, organizzata a Salonicco dall’UNESCO. L’Educazione Ambientale, così come concepita sulla base delle raccomandazioni di Tbilisi e come si è evoluta fino a permeare l’intero campo di azione delle indicazioni contenute nell’Agenda 21 ed enunciate dalle maggiori Conferenze delle Nazioni Unite, deve essere intesa come educazione verso la sostenibilità. Ciò comporta che può essere considerata come educazione per l’ambiente e la sostenibilità. La Conferenza internazionale dell’ UNESCO dà ancora ampio spazio alla necessità di un rapido e radicale cambiamento di consumi e modelli di produzione; tra le raccomandazioni è ribadita la necessità di investire nell’educazione per promuovere uno sviluppo sostenibile, attraverso un processo di partecipazione e di apprendimento collettivo che coinvolge governi, autorità locali, università, imprese, consumatori, mezzi di informazione; inoltre si sottolinea il ruolo della comunità scientifica nell’assicurare che i contenuti dell’educazione ambientale, intesa come educazione verso la sostenibilità, siano basati su dati certi e aggiornati. Il riordinamento dell’educazione nel suo complesso, così come enunciato nel Capitolo 36 dell’Agenda 21, non può essere raggiunto dalla sola Comunità scolastica. 1997 – La “Carta dei principi per l’educazione ambientale”, elaborata a Fiuggi da rappresentati dei Ministeri dell’Ambiente e della Pubblica Istruzione, rappresenta il primo documento del genere in Italia e si rivolge ai cittadini di ogni età come alla Pubblica Amministrazione, alla imprese come ai lavoratori, alle scuole come alle agenzie educative del territorio. La carta propone orientamenti alla ricerca, alla riflessione, al confronto, evidenziando l’importanza della diffusione, qualificazione e socializzazione della scelte pubbliche volte allo sviluppo sostenibile e, non ultimo, si integra con il processo di rinnovamento delle strutture educative del sistema formativo. Ogni individuo ha un ruolo importante e insostituibile per l’Educazione Ambientale e per il mantenere, salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente: • quale cittadino singolo e protagonista di movimenti collettivi e associativi; • quale produttore di beni e servizi, di rischi, inquinamento e rifiuti; • quale consumatore di beni, di servizi e di risorse esauribili in forme diseguali. 4 -Produzione - Consumo – Comportamenti Per la prima volta, infatti, si vede non lontano il pericolo di esaurimento di importanti risorse. E’ quindi necessario dare una risposta alla seguente domanda: la moderna civiltà è resa possibile solo dal consumo delle risorse naturali accumulate ed è quindi destinata a finire quando fra non molti decenni le scorte finiranno? Oppure usando le moderne 23 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso tecnologie e conoscenze per rendere più efficienti i processi naturali è possibile mantenere l’attuale livello di benessere ed anzi accrescerlo utilizzando solo le risorse cosiddette rinnovabili, cioè quelle che la natura mette man mano a nostra disposizione? Cambiare subito Appare chiaro che è necessario modificare profondamente la politica energetica e il sistema energetico tutto: cioè il sistema di approvvigionamento, distribuzione e uso dell’energia. E’ anche chiaro in quali direzioni è necessario indirizzare tali modifiche. La prima esigenza è quella che va sotto il nome di “differenziazione delle fonti “. Oggi il soddisfacimento della stragrande maggioranza dei nostri fabbisogni energetici (per trasporti, riscaldamento, produzione di energia elettrica, processi industriali) è basato sull’uso di derivati del petrolio. Solo un quinto dei consumi nazionali sono coperti da fonti diverse: legna, carbone, gas naturale, energia nucleare, energia ricavata dall’acqua (o idroelettrica), ecc. La commissione Europea, per quanto riguarda la produzione energetica, ha imposto all’Italia una riduzione secca delle emissioni industriali di anidride carbonica, per il periodo 2008 – 2012. La riduzione del 6,3% delle emissioni imposta dalla UE tocca circa 1200 industrie italiane, ma oltre la metà riguarda impianti termoelettrici a gasolio o a carbone, con una spesa di 600 milioni di euro all’anno. Sulla base del protocollo di Kyoto [1] - entrato in vigore il 16 febbraio 2005 - il trattato internazionale sottoscritto l’11 dicembre 1997 da oltre 160 paesi in occasione della Convenzione dell’ONU sui cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, pone il limite coerente con gli impegni previsti che non dovrà superare i 195,8 milioni di tonnellate all’anno di anidride carbonica (CO2). Per la riduzione del gas serra, il trattato prevede, fra l’altro, l’obbligo per tutti i paesi industrializzati di operare una drastica riduzione - nel periodo 2008 20012 delle emissioni di biossido di carbonio in una misura non inferiore al 5,2%, rispetto alle emissioni registrate nel 1990. Con il piano del commercio delle emissioni, l’Unione europea (UE), stabilendo il tetto massimo di gas di produzione industriale per ogni Stato, torna sul programma, in tema di variazione climatica (European Climate Change Programme), lanciato nel 2000 dalla Commissione europea, con l’obiettivo di accelerare le procedure di applicazione del protocollo di Kyoto. [1] { Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici (trattato internazionale 1997) } { Il protocollo di Kyoto è lo strumento più importante per combattere i cambiamenti climatici. Esso contiene l'impegno di gran parte dei paesi industrializzati a ridurre mediamente del 5% le emissioni di alcuni gas ad effetto serra, responsabili del riscaldamento del pianeta. Dopo lunghi lavori preparatori, l'11 dicembre 1997 è stato adottato a Kyoto il Protocollo di Kyoto. La Comunità europea ha firmato il protocollo il 29 aprile 1998. Nel dicembre 2001, il Consiglio europeo di Laeken ha confermato che era volontà dell'Unione che il Protocollo di Kyoto entrasse in vigore prima del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (26 agosto - 4 settembre 2002). Per raggiungere questo obiettivo, la decisione approva il protocollo a nome della Comunità. Gli Stati membri si sono impegnati a depositare i loro strumenti di ratifica contemporaneamente alla Comunità e, per quanto possibile, prima del 1° giugno 2002. L'allegato II della decisione riporta gli impegni di limitazione e riduzione delle emissioni convenuti dalla Comunità e dai suoi Stati membri per il primo periodo di impegno (2008 - 2012). Il contenuto del protocollo Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas ad effetto serra: 24 EDUCAZIONE AMBIENTALE • • • • • • Cosimo Galasso biossido di carbonio (CO2); metano (CH4); protossido di azoto (N2O); idrofluorocarburi (HFC); perfluorocarburi (PFC); esafluoro di zolfo (SF6). Esso rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il riscaldamento planetario perché contiene obiettivi vincolanti e quantificati di limitazione e riduzione dei gas ad effetto serra. Globalmente, gli Stati inclusi nell'allegato I della convenzione quadro si impegnano a ridurre le loro emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. L'allegato B del protocollo contiene gli impegni quantificati sottoscritti dagli Stati contraenti. Tra il 2008 e il 2012 gli Stati membri dell'Unione devono ridurre collettivamente le loro emissioni di gas ad effetto serra dell'8%. Per il periodo anteriore al 2008, gli Stati contraenti si impegnano ad ottenere entro il 2005 concreti progressi nell'adempimento degli impegni assunti e a fornirne le prove. Gli Stati contraenti possono utilizzare il 1995 come anno di riferimento per le emissioni di HFC, PFC e SF6. Per raggiungere questi obiettivi, il Protocollo propone una serie di mezzi di azione: • • rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni (miglioramento dell'efficienza energetica, promozione di forme di agricoltura sostenibili, sviluppo di fonti di energia rinnovabili, ecc.); cooperare con le altre parti contraenti (scambi di esperienze o di informazioni, coordinamento delle politiche nazionali per migliorarne l'efficacia attraverso meccanismi di cooperazione, quali i diritti di emissione, l'attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo pulito) }. Consumi e sprechi La possibilità di vivere una vita confortevole è fortemente condizionata dalla disponibilità di energia. L’energia artificiale ci illumina di sera, nelle case e nelle città; ci riscalda in inverno, ci consente di muoverci rapidamente e senza sforzo. Le macchine ci aiutano nel nostro lavoro, ed utilizzando energia artificiale prendono su di sé gran parte della fatica che nel passato gravava pesantemente sull’uomo, e in particolare sulle classi sociali meno forti. Anche la diffusione dell’informazione e della cultura è condizionata dalla disponibilità di energia; senza di essa, la possibilità di ascoltare notizie o musica, di vedere immagini di attualità e di arte, di leggere giornali e libri, sarebbe inesistente, o privilegio di una piccola minoranza. Per un Paese industrializzato, il problema energetico è secondo per importanza al solo problema alimentare; la stabilità economica, l’occupazione, la pace sociale, la stessa indipendenza politica dipendono di fatto dalla capacità di dare una risposta adeguata alle proprie esigenze energetiche. Ghiacci polari che fondono, uragani che migrano dai tropici all’artico, acqua dolce sempre più scarsa, risorse energetiche e minerarie verso l’esaurimento, popoli affamati, epidemie 25 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso globali in agguato, squilibrio crescente tra ricchi e poveri, una marea di rifiuti che rischia di travolgerci. Sono tante le catastrofi che incombono sul futuro del pianeta e di fronte a questi scenari la politica sembra impotente. L’obiettivo degli accordi di Kyoto per limitare il riscaldamento globale dovuto ai gas ad effetto serra è sempre più lontano: l’anidride carbonica nell’atmosfera nell’ultimo secolo è passata da 290 a 380 parti per milione e ormai aumenta al ritmo di 2 parti all’anno. La desertificazione avanza, le grandi foreste arretrano. Riciclare la carta di una caramella sembra poco, ma basta pensare che per ogni abitante della Terra equivalente a 7 miliardi circa di carte di caramelle per farle bisogna abbattere un pioppeto. Con motori elettrici di nuova generazione, elettrodomestici di classe A e più spazio alle energie rinnovabili: eolico e biomasse, si possono risparmiare, con queste misure, 6 milioni di tonnellate di CO2, cioè la metà dei tagli richiesti dall’Unione Europea e si evita di far gravare tutto sul prezzo delle bollette. La Terra è una astronave che corre intorno al Sole, per non perdere la rotta ognuno deve fare la sua parte. Ecco alcune importanti regole da tenere in conto: Isolare la casa Un terzo dell’energia consumata nel mondo serve a riscaldare o a rinfrescare gli ambienti. In questo campo quasi non c’è limite al risparmio. Esistono edifici climatizzati a energia zero semplicemente sfruttando in modo razionale l’esposizione al sole, pareti di vetro ora trasparente ora riflettente, correnti d’aria create grazie alla differenza di temperatura tra lato illuminato e lato in ombra, pannelli solari termici. Ma anche i doppi vetri permettono di risparmiare il 20 per cento sulla spersa di riscaldamento. Coibentare le pareti dà un altro contributo importante. D’inverno ogni grado in più rispetto ai 20 gradi regolamentari fa crescere del 7-8 per cento il consumo di energia. D’estate lo stesso discorso vale per la refrigerazione quando la differenza di temperatura tra interno ed esterno supera i 5 gradi. In media gli edifici del nostro paese hanno un fabbisogno energetico annuo di 240 kilowattora per metro quadrato mentre gli edifici ad alta efficienza energetica ne richiedono da 20 a 50. Apparecchi elettrici Le nostre case sono piene di apparecchi in standby che consumano elettricità 24 ore su 24 anche se li usiamo sì e no due sere per settimana. Il telecomando fa pagare la pigrizia di non alzarsi dalla poltrona. Videoregistratori, televisori, decoder satellitari e della tv digitale, lettori Dvd, computer, stampanti e impianti hi-fi in standby assorbono dal 30 al 40 per cento dell’energia richiesta quando sono in funzione, nell’arco della loro vita consumano molta energia nell’attesa che nel funzionamento e messi insieme fanno il 70 per cento della nostra bolletta elettrica. L’istituto Fraunhofer-Forscher per l’innovazione calcola che in Italia si consuma energia equivalente a una centrale da 1.000 megawatt. Negli Stati Uniti otto reattori nucleari devono lavorare soltanto per gli apparecchi in standby. In Europa i divoratori di energia sono, nell’ordine, televisori e impianti stereo quasi alla pari (2.770 gigawattora all’anno), telefoni fissi e portatili (1.420 GWh), videoregistratori (1.182), computer (1.165), stampanti (652). Tre miliardi di euro si potrebbero risparmiare abolendo lo standby. Anche le aziende però dovrebbero fare la loro parte progettando apparecchi che senza connessione alla rete tengano in memoria i comandi di configurazione. 26 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Cambiare le lampadine L’illuminazione assorbe il 20 per cento dell’elettricità prodotta nel mondo. Rischiarare le nostre case richiede il 13 per cento del consumo elettrico e l’otto per cento delle spese fisse di una famiglia. Molte lampade sono ancora a filamento incandescente, tecnologia che risale alla seconda metà dell’ottocento. Queste lampade trasformano in luce meno del 5 per cento dell’energia di partenza. Sostituendole con lampade compatte a fluorescenza significa ottenere la stessa illuminazione spendendo un quinto in energia, e quindi in euro, cosa che in tre anni compensa il loro maggiore costo. In 10 mila ore una lampadina fluorescente da 15 W (pari a una incandescenza da 75 W) fa risparmiare 600 kilowattora evitando l’emissione di 320 kg di anidride carbonica Nel mondo, lampade più efficienti richiederebbero 650 centrali elettriche in meno, evitando l’emissione di 700 milioni di tonnellate di carbonio nell’atmosfera all’anno. I Led, diodi a emissione luminosa che consumano ancora meno e durano 10 volte più delle lampade a fluorescenza, le quali durano già 5 volte di più di quelle a filamento incandescente, saranno le lampadine del futuro. E se incominciassimo a usarli? Quanto all’illuminazione pubblica, in Italia, solo mettendo il cappuccio ai lampioni risparmieremmo 200 milioni di euro all’anno e riscopriremmo l’esistenza delle stelle. Scoprire l’acqua tiepida Lo scaldabagno elettrico è il più inefficiente: è assurdo bruciare gas o petrolio per scaldare acqua per fare elettricità che poi usiamo per scaldare altra acqua. Due terzi dell’energia si perdono lungo la strada. Installando quelli a gas conta poi anche il modo di usarli. La temperatura La doccia ha un costo energetico che è un quarto della vasca da bagno e pure la temperatura, ogni grado in più costa: perché scottarsi quando è preferibile dell’acqua tiepida, magari prodotta con pannelli termici? Scegliere buoni elettrodomestici Più di metà dei consumi domestici di elettricità se ne va negli elettrodomestici, che complessivamente sono responsabili di un quinto delle emissioni mondiali di anidride carbonica. Lavatrici, piatti, forni e frigoriferi di ultima generazione in classe A consumano fino al 70 per cento di meno di quelli degli Anni 80. Altri risparmi si ottengono collocando il frigo in un angolo fresco della cucina e sbrinandolo spesso. Le incrostazioni di ghiaccio agiscono come una coperta che ostacola il raffreddamento. Usare l’auto con intelligenza Nel mondo un quarto dell’energia serve a far girare il sistema dei trasporti. Questi da soli bruciano due terzi della produzione annuale di petrolio. L’uso della macchina che spesso è utilizzata da una sola persona, sarebbe opportuno in questo caso utilizzare il treno, il tram, l’autobus. E se si viaggia in autostrada a 120 km/h a 120 anziché a 130 riduce il consumo di carburante di un litro ogni 100 km, con 7 euro di risparmio ogni 500 chilometri. Chiudere i rubinetti Fatta uguale a 100 litri tutta l’acqua del mondo, quella potabile starebbe in cucchiaino. La sete (1,2 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua pulita) è oggi un problema più grave della fame. Al quale è strettamente legata, perché senza acqua non c’è agricoltura. 27 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Per ottenere un chilo di cereali occorrono 1.500 litri di acqua: per un kg di carne di manzo, 15 mila. I due terzi dei cereali in Europa e negli Stati Uniti sono destinati all’allevamento del bestiame. Quei cereali sfamerebbero due miliardi di persone. Pur senza rinunciare alla carne, è bene ricordare queste cifre quando si va a fare la spesa. In un prossimo futuro sarà necessario separare la rete dell’acqua potabile da quella per altri usi. Un goccia che si perde dal rubinetto riempie un bicchiere in 15 minuti; sono 10 mila litri in un anno, contro i mille che beviamo! Riciclare i rifiuti Lasciati a se stessi, i rifiuti sono causa di inquinamento e di costi ormai insostenibili. Selezionati e gestiti con intelligenza diventano una risorsa vitale, o almeno non vanno a contaminare l’ambiente. I computer contengono oro, rame e altri metalli preziosi. Un chilogrammo di rifiuti organici fornisce 300 grammi di composto utile come concime. Gli imballaggi rappresentano il 20-30 per cento del prezzo di biscotti, latte, zucchero. Riciclando la carta ognuno di noi può salvare un albero all’anno. Le lattine di alluminio sono un concentrato di materia prima preziosa e di energia che è servita per estrarre il metallo dal minerale grezzo (bauxite). Un discorso simile vale per il vetro. Le bottiglie di plastica diventano indumenti di paile. Il mercurio contenuto nelle batterie non deve finire nell’ambiente: quello di una batteria a pastiglia è sufficiente a inquinare 400 litri di acqua e un metro cubo di terra per mezzo secolo, e ogni anno nel mondo si fabbricano 10 miliardi di queste batterie. La promozione ecologica di alcune compagnie petrolifere (i dettagli dei consigli: www.eni.it/efficienza energetica) si inquadrano in una nuova strategia che punta sulle ricerche nelle energie rinnovabili dove, in particolare, il colosso Agip intende investire 350 milioni di euro nei prossimi 4 anni. Di rilievo c’è che l’Eni, un’azienda che produce e vende metano, sostiene campagne pubblicitarie sensibilizzando i consumatori d’energia a “risparmiare senza sprecare”. Di positivo c’è anche che si sollecitano le imprese ad investire sul solare e sui biocarburanti sicuri. I gesti quotidiani per risparmiare, individuati dal singolare dossier dell’Eni, calcolano con precisione i risparmi, ma per le grandi imprese resta, comunque, la sfida nella scelta ecologica e nell’innovazione piuttosto che l’inquinamento; scelte importanti che il governo di ogni Paese dovrà sostenere per migliorare l’ambiente. Un altro importante passo è pure la strategia, approvata di recente a Bruxelles dai leader europei, che prevede come primo grande obiettivo la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% entro il 2020. Un impegno che sarà portato come esempio di fronte alla comunità internazionale nei negoziati sull’era post-Kyoto, i cui effetti scadono nel 2012, e che permetterà all’Europa di proporre un target ai paesi più industrializzati ancora più ambizioso: un taglio del 30% delle emissioni. A questi impegni si aggiunge quello di portare al 20% la quota di fonti rinnovabili nel mix energetico dell’Unione europea, con l’obiettivi differenziati, tra i singoli paesi, secondo criteri che terranno conto delle specificità di ogni capitale e del suo mix energetico, permettendo nello sviluppo delle fonti rinnovabili anche la scelta di ricorrere al nucleare tra le energie a basse emissioni di CO2, per quelle regioni poco ventose che non potranno sviluppare l’eolico, o che non hanno superficie agricole per coltivare i biocarburanti. 5 - L’ALLARME DELL’ONU ALLA CONFERENZA DI PARIGI 2007 Nessuno oramai pensa che le risorse del pianeta siano infinite e tanto meno che gli allarmi climatici degli ultimi vent’anni siano un’amena banalità. 28 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Duemilacinquecento scienziati di tutto il mondo hanno lavorato al quarto rapporto dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate changes). In tale rapporto, presentato a Parigi, i dati parlano da soli: la temperatura del pianeta è aumentata di 0,74 gradi negli ultimi cento anni ed è destinata a crescere più in fretta del previsto (da un minimo di 1,1 gradi se le emissioni di gas serra saranno basse a ub massimo di 6,4 gradi se, invece, saranno alte); il livello dei mari è cresciuto, dal 1961 al 2003, di 1,8 millimetri all’anno ed è destinano ad aumentare nei prossimi cento anni da 28a 35 centimetri, mentre il riscaldamento di alcuni oceani si è esteso fino a 3000 metri di profondità; dal 1978, inoltre, l’estensione media del ghiaccio marino artico si è ridotta del 2,7 per cento ogni dieci anni, infine, è aumentata l’intensità degli eventi estremi come cicloni tropicali, tempeste tropicali ed extratropicali, alluvioni, siccità, ondate di caldo e di freddo. “Negli ultimi cento anni la temperatura media globale è aumentata di 0,74 gradi, ma mentre nei decenni passati saliva a un tasso di circa 0,06 gradi per decennio, negli ultimi 50 anni il tasso è stato di 0,13 gradi ed è arrivato ultimamente a 0,25” come sostiene Vincenzo Ferrara, uno dei maggiori esperti di clima del CNR; e Sergio Castellari dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia - che ha lavorato al rapporto dell’IPCC per l’Italia - spiega che “i fattori naturali che possono aver causato dei cambiamenti climatici dal 1750 a oggi sono: variabilità solare, meteoriti, eruzioni vulcaniche e meccanismi interni di mutabilità climatica, ma durante questi 250 anni non si sono verificati impatti da meteoriti tali da influenzare il clima, le eruzioni vulcaniche hanno causato conseguente a breve termine (pochi anni) e l’attività solare ha avuto un impatto minore (più 0,12 watt per metro quadro) rispetto a quello provocato dalle attività umane (più 3,0 watt per metro quadro ” Che la responsabilità principale dell’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera dipende dall’attività umana è un dato accertato. Questi sono i dati del primo dei tre rapporti dell’IPCC dedicato alle basi scientifiche dei cambiamenti climatici. Gli altri che saranno presentati nel corso dell’anno a Bruxelles e a Bangkok, tratteranno delle opzioni di adattamento, cioè la situazione attuale dei sistemi naturali e umani nei vari Paesi, la loro vulnerabilità e la possibilità di intervento e, infine, dei diversi scenari possibili di “mitigazione”, cioè di riduzione dei gas serra. Proposte concrete al Governo Italiano per un “piano di adattamento” , inteso come un insieme di opere di difesa e migliore utilizzo del suolo, delle acqua , delle coste e delle montagne, sono in atto di elaborazione dai migliori scienziati italiani e vari esperti del settore. Gli interventi non sono più rimandabili, considerato che i cambiamenti climatici stanno già provocando una serie di emergenze da non sottovalutare. Ad esempio – secondo Giampiero Maracchi, ordinario di Climatologia all’Università di Firenze, - “la tendenza ad avere estati molto calde crea problemi non solo alla salute umana ma influenza anche la produzione di latte e provoca il diffondersi di molte patologie delle piante e degli animali. Senza contare le nostre risorse idriche. Le precipitazioni troppo intense e fuori stagione impediscono alle falde di ricaricarsi. Ma non bisogna pensare che il surriscaldamento del pianeta provochi principalmente caldo ovunque. Paradossalmente l’Europa rischia il gelo polare: se si dovessero sciogliere i ghiacci della Groenlandia, infatti, tutta quell’acqua dolce nell’oceano inciderebbe sulla 29 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso corrente del Golfo che assicura il nostro clima temperato. E la temperatura si abbasserebbe di circa 7 gradi” Chirac – che a maggio 2007 conclude il Suo mandato di Presidente dei Francesi - nel suo discorso d’esordio alla conferenza di Parigi, con tono enfatico, dice: “Il pianeta soffre... La natura soffre... Siamo sull’orlo dell’ irreversibile...” [...] Per tentare di arrestare lo squilibrio ecologico è necessaria una rivoluzione, anzi una “tripla rivoluzione” da aprire e combattere su tre fronti. Se “una trasformazione radicale dei nostri modi di produzione e consumo” ne è la condizione prima, a completarla, anzi a consentirla, occorre però una “rivoluzione culturale”, capace di imporre tra l’altro una diversa contabilizzazione della ricchezza, che contempli e integri anche la qualità ambientale. Ma una trasformazione dell’economia di tale portata è resa possibile solo dalla “rivoluzione delle coscienze”, cioè dalla liberazione degli individui dai comportamenti acquisiti e dai modelli imposti, cioè dall’ideologia dell’ iperconsumo (e del produttivismo quindi, della competitività, della crescita, del Pil, di tutti i totem del nostro tempo): solo così si rimettono in causa le basi stesse della macchina economica, e può trovare spazio la “crescita zero” come possibile risposta alla sfida ecologica. E’ a questo punto che s’impone la terza rivoluzione, quella dell’agire politico. Ma l’estrema difficoltà dell’impresa e la sua dimensione planetaria esigono una conduzione internazionale [...] La Conferenza di Parigi ha dato retta al presidente della Francia. Una “United Nations Environmental Organization” è stata già virtualmente istituita. Un “gruppo pioniere” di stati, tra cui tutti i membri dell’Unione Europea, si è costituito allo scopo di sollecitare le inevitabilmente non brevi procedure per il varo della commissione. Esperti di varia natura e provenienza (dal grande sociologo Edgard Morin all’economista inglese Nicholas Stern, autore di un allarmante rapporto sul costo della crisi ecologica, ad Al Gore che in Usa sta spopolando con il suo documentario ambientalista “Inconvenient Truth”) sono mobilitati ad affiancarla, e nel frattempo hanno lanciato un loro “Appello da Parigi”, onde risvegliare le torpide coscienze politiche. E tuttavia che cosa concretamente seguirà a tutto ciò, non è facile dire, o piuttosto si possono fare previsioni non proprio entusiasmanti. Non solo gli Usa come sempre si sono tirati fuori, ma tutt’altro che positive sono le posizioni dei paesi terzi, Cina, India, Stati africani, esitanti quando non decisamente contrari sia a far parte della Commissione, sia ad accettarne rigide normative per la salvaguardia degli ecosistemi, al massimo disposti a considerare come consultivo il nuovo organismo. E gli industriali già alzano la voce contro la produzione di auto a livelli obbligati di emissione di CO2, mentre più che mai si fa sentire il sempre più folto gruppo favorevole al rilancio del nucleare. Il discorso di Chirac, il suo accorato invito a un radicale mutamento di approccio alla dimensione economica del nostro esistere, non pare aver lasciato traccia significativa. E nemmeno la Conferenza di Parigi nel suo complesso sembra aver prodotto nella collettività reale consapevolezza della situazione ambientale. Decine di comunicati gareggiavano nella descrizione di scenari agghiaccianti e avvertivano come i rapporti scientifici precedenti fossero stati di eccessiva prudenza, per cui è prevedibile che la temperatura aumenti fino a 4.5° entro il secolo, che l’innalzamento dei mari tocchi i 45cm, che migliaia di chilometri di coste finiscano sott’acqua, che milioni di persone siano costrette a fuggirne. I ghiacciai dell’Everest si ritirano di 9 metri all’anno. A confermare la criticità della situazione si sommano, alle denunce degli ambientalisti, le analisi degli studiosi sia di Pechino sia delle Nazioni Unite. Il consulto mette sensibilità politiche diverse sulla 30 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso medesima lunghezza d’onda. Nessuno ha la forza di contestare le evidenze del degrado. I cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno lasciato il segno. Una fetta imponente del ghiacciaio Rongbuk, il più esteso sul versante Nord è scomparsa, sciolta. Era una delle “riserve” più poderose e ricche per le acque che discendevano a valle. Dal 1966 la ritirata nel suo lato Est è stata di 170 metri, addirittura di 270 metri nel suo corpo centrale, rispettivamente di 5,5 e 8,7 metri all’anno. Dal 1997 il Rongbuk ha persino accelerato la velocità di distruzione-autodistruzione. Gli scienziati – e tutti gli esperti che tengono sotto osservazione questo immenso e splendido paradiso della Terra - affermano che, se l’attuale trend dovesse avanzare senza incontrare ostacoli nei prossimi tre decenni (all’incirca nel 2040) l’80% delle nevi eterne dell’Himalaya sarà dissolto a causa dell’inquinamento e delle conseguenti ricadute sulle temperature. L’impatto, in assenza di interventi e di rimedi in grado di contenere le emissioni di gas, sarà spaventoso innanzi tutto sugli equilibri dell’altopiano del Qinghai-Tibet ma poi dell’Asia intera in quanto è da qui che si alimentano i grandi fiumi del continente: lo Yangtze (il Fiume Azzurro), il Fiume Giallo, il Mekong, il Gange, l’Indo. I ghiacciai dell’Himalaya sono le fonti primarie del patrimonio idrico dell’area, la sorgente di vita e di lavoro di centinaia di milioni di abitanti della terra. Qualora esse si esaurissero le conseguenze ricadrebbero sulla società cinese, indiana, pakistana, poi ancora sul Vietnam, la Cambogia, la Thailandia, il Laos. ...Il quadro che tracciano le ricerche e le osservazioni compiute di recente (due spedizioni sulle vette del monte Everest e una alle sorgenti del Fiume Giallo) non lasciano margini di dubbi. La documentazione è rilevante e precisa. Le temperature sull’Everest sono aumentate dal 1960 al 1980 di 0,6 gradi centigradi e dal 1980 a oggi di un altro grado. L’82 per cento dei ghiacciai sul versante cinese è in notevole diminuzione. E più si sale più il riscaldamento risulta di gravità superiore. C’è una situazione di allarme vero, immediato in una delle zone più suggestive del pianeta. Ma la Cina (il mondo intero) non ha ancora scelto a chi dare retta: se a coloro che predicano una crescita economica più controllata e sostenibile o a coloro che ritengono che la strada da percorrere, pur di competere, sia sempre e soltanto quella di una scalata senza freni e limiti. Tre spedizioni scientifiche hanno certificato lo stato di salute dell’Everest, mentre il “gigante” è lì che soffre, aspetta e si scioglie. Il destino di molti ghiacciai montani è quindi già segnato. In altri Paesi come la Bolivia, il Perù e l’India, milioni di persone la cui vita oggi dipende dalle acque di fusione sei ghiacciai, che vengono usate per l’irrigazione, come acqua potabile o per produrre energia idroelettrica, rimarrebbero a secco. Nel frattempo, se il riscaldamento globale continuasse agli stessi ritmi, molte coste verrebbero sommerse. Se le parti più esposte del ghiaccio che ricopre la Groenlandia e l’Antartide svanissero, il conseguente innalzamento del livello del mare potrebbe sommergere centinaia di migliaia di chilometri quadrati di terra, costringendo decine di milioni di persone ad abbandonare le loro case. La soglia di temperatura che determinerebbe un drastico innalzamento del livello del mare è vicina, ma molti ricercatori pensano che siamo in tempo per fermare questo processo, riducendo drasticamente il consumo di carbone, petrolio e gas che determina il riscaldamento climatico. Quel che è chiaro, ormai quasi a tutti, è che altri 50 anni di questo stile di vita ci condurranno a un punto di non ritorno. Le dichiarazioni della comunità scientifica mondiale, secondo cui tutto questo è senza dubbio alcuno conseguenza delle attività umane, sono ripetute e concordi. Appena spenti i riflettori sulla Conferenza di Parigi (febbraio 2007) tutto parrebbe caduto nell’oblìo. Ogni notizia del genere, dagli schermi televisivi e dai programmi radiofonici, come dalle prime pagine dei giornali, sembra essere caduta nel vuoto. Le 31 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso rarissime eccezioni dei giornali ci raccontano di un “medieval warming” che colpì l’Europa nei primi anni del millennio scorso, a consolarci dei guai attuali con le “bizzarrie climatiche”, oppure affermano che non serve il “terrorismo climatico”. […] In compenso continuano ad abbondare le notizie economiche improntate a sincero ottimismo. In Usa il Pil è aumentato del 3.5, in Cina del 10.7, e anche da noi l’ultimo quadrimestre ha registrato una ripresa dei consumi, benché il governatore della Banca d’Italia Draghi con vigore sostenga la necessità di una maggiore crescita. La Fiat ha in programma la produzione di 46 nuovi modelli di auto, che prevede la vendita di centoventimila (120.000) unità all’anno. La Cina, avida di energia e materie prime, sbarca trionfalmente in Africa. Praga e Budapest accettano l’installazione di rampe per missili americani. Preoccupa un poco, è vero, l’ipotesi di un Opec del gas, patrocinata dal presidente russo Putin. Esalta invece il progetto di un tunnel sottomarino che consenta l’attraversamento dello Stretto di Gibilterra a secco, a 1700 metri di profondità.[…] Certamente in questa cornice non poteva mancare l’ambiente. “La difesa dell’ambiente è la nuova frontiera dello sviluppo”, - ha dichiarato di recente un noto leader dei verdi italiani -. La General Motors sta puntando attivamente sull’idrogeno per la macchina del futuro, mentre altri industriali dello stesso settore stanno lavorando sul mais come biocombustibile a emissioni zero. Su treni e mezzi pubblici si orientano invece con fervore molte compagnie dell’acciaio. In sessanta città d’Europa l’alta velocità trova sempre più frequenti applicazioni anche nei trasporti locali. Fatturati da capogiro vengono realizzati con i nuovi business di neve artificiale per lo sci e di erba artificiale per il calcio. E anche i produttori di biciclette se la cavano niente male, essendo le due ruote al centro della vulgata verde, che a gran voce, insieme alla chiusura del rubinetto mentre ci si lavano i denti e allo spegnimento della spia rossa della tv, prescrive, sollecita rottamazione del vecchio frigo, della veccia lavatrice, ecc., ovviamente allo scopo di risparmiare energia. A questo modo, per il momento, parrebbe richiudersi la parabola del problema ambiente. Ma non è così. Lo scenario che si presenta, a lungo ignorato, anzi “rimosso” per l’infinita molteplicità delle sue manifestazioni, ma soprattutto della sua radicale incompatibilità con l’intero impianto economico, sociale e culturale della società capitalistica, assume nondimeno dimensioni giganti, con dati denunciati con la massima attendibilità dalla scienza mondiale e, altresì, esperienze direttamente sperimentate da ognuno di noi in modo più o meno grave. Tuttavia ciò che si tenta oggi è di ridimensionare il fenomeno, assimilarlo alla patologia del sistema che ne è causa. Solo in questo modo accettandone anzi valorizzandone la presenza, capovolgendone il senso da problema a risorsa: “la buona crescita” è l’ultimo ossimoro coniato a Parigi; “Let green pay”, dicono in America: l’ambiente, facciamolo fruttare. L’UE in ogni caso ha lanciato l’allarme: Europa a rischio disastro. Il riscaldamento globale potrebbe costare all’ Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. E’ impietoso lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e pubblicato oggi dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare pochi margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del terrore. Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce Bruxelles, l’effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti a passi veloci. Le prime avvisaglie del clima bizzarro, d’altra parte, sono sotto gli occhi di tutti. Le possibili conseguenze per l’Europa, secondo il rapporto, investono un po’ ogni settore e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l’Italia in prima fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un’ agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse. 32 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l’innalzamento del livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro. Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071. Il quadro più grave riguarda proprio l’ Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe essere destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a causa, si legge nel rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori dovuti al cambiamento di clima". Ma lo studio non risparmia flora e fauna: "piante e animali tipici di certe aree geografiche moriranno o si sposteranno verso altre zone". Il riscaldamento porterà ovviamente anche all’ innalzamento del livello del mare che, secondo lo studio della Commissione europea, potrebbe crescere fino a un metro con costi ingenti per far fronte al fenomeno. Già nel 2020, in caso di innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del secondo scenario (+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe crescere a 42,5 miliardi nel 2080. Ma il riscaldamento globale non risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori come la pesca. Dal rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di pesce verso le aree più a Nord. E c’é poi il problema delle inondazioni, sempre più intense un po’ in tutta Europa. In proposito l’ allarme riguarda soprattutto i grandi bacini fluviali, come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto sentire i suoi effetti interessando con gravi danni circa 240.000 persone. E il turismo? Nota dolente ancora una volta per l’Italia e per gli altri Paesi del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze drammatiche del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d’affari di circa 130 miliardi di euro. Se non si porrà fine all’ effetto serra, ammonisce lo studio, entro i prossimi 70 anni quel turismo mediterraneo non ci sarà più, per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova riviera europea si sposterà inevitabilmente molto più a Nord. "Prima della fine di questo secolo, miliardi di noi moriranno e le ultime persone che sopravvivranno si troveranno nell’Artico, dove il clima resterà tollerabile". Il catastrofico annuncio arriva da una fonte autorevole: James Lovelock. Il celebre scienziato inglese, guru dell’ambientalismo, negli anni ’70 concepì la teoria di Gaia, il sistema attraverso il quale la Terra si auto-regolamenta in modo da continuare a fornire le condizioni adatte alle forme di vita che la abitano. L’allarme lanciato dallo scienziato non potrebbe essere più inquietante: nel suo nuovo libro, ’’The Revenge Of Gaia’’ (’’La vendetta di Gaia’’), Lovelock afferma che ormai è troppo tardi per fermare il surriscaldamento globale e che sugli esseri umani si sta per abbattere una catastrofe di dimensioni peggiori di quanto finora si era previsto. Il suo approccio olistico allo studio del ‘’sistema Terra ’’ è del tutto unico: anziché studiare singoli fattori indicativi dei cambiamenti climatici, Lovelock analizza come l’intero sistema di controllo del nostro pianeta si comporta una volta messo sotto pressione. Grazie a questo approccio, lo scienziato è riuscito ad identificare una miriade di meccanismi di reazione e controreazione che finora sono serviti a mantenere la Terra ad una temperatura più o meno fresca. Ora che il delicato equilibrio di Gaia è stato spezzato, 33 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso conclude Lovelock, questi stessi meccanismi serviranno invece a rendere la Terra insopportabilmente calda. Lo scienziato si sofferma su due esempi. In primo luogo, i ghiacci dei Poli sono finora serviti a riflettere i raggi solari, deflettendo così il calore. Con il loro scioglimento, la scura superficie degli Oceani aumenterà immagazzinando così più calore. Il secondo esempio riguarda invece le polveri prodotte dalle industrie, che ricoprono con un sottile velo tutto l’emisfero settentrionale. Queste producono un fenomeno noto come ’’oscuramento globale ’’, che mantiene basse le temperature in maniera artificiale, impedendo che tutti i raggi solari raggiungano la superficie del pianeta. Ma con una riduzione dell’attività industriale e della produzione di gas inquinanti questa coltre potrebbe scomparire velocemente, causando un improvviso aumento delle temperature. Secondo Lovelock è ormai troppo tardi per evitare la catastrofe. Anziché appellarsi ai governi mondiali affinché si impegnino nella lotta all’effetto serra, lo scienziato consiglia invece di prepararsi al peggio e di cercare modi per assicurare la sopravvivenza della razza umana, prima che essa si trasformi in "una caotica calca governata da signori della guerra". Tra le più scioccanti proposte contenute nel suo nuovo libro, vi è quella di "una guida per i superstiti dei cambiamenti climatici", per aiutarli a sopravvivere dopo il totale crollo della società umana. Scritta non in forma elettronica, ma "in forma cartacea e con inchiostro durevole", e dovrà contenere tutto il sapere scientifico basilare accumulato in migliaia di anni, come la posizione della Terra nel sistema solare ed il fatto che batteri e virus causano malattie infettive. Insomma un’ultima traccia dopo "la fine del mondo che conosciamo". Il recente studio di Luigi Cortesi (L’umanità al bivio. Il Pianeta a rischio e l’avvenire dell’uomo, Odradek, 2007) è una meditata analisi sul rapporto di causa ed effetto tra deregulation dell’attività economica e crisi ecologica. Con l’intensificarsi degli allarmi sulle incombenze climatiche che gettano ombre cupe sul destino dell’umanità è il segno inequivocabile che anche all’interno di settori dell’establishment si fanno strada preoccupazioni non contingenti per lo stato fisico del pianeta. Il ripetersi di lesioni ed eventi catastrofici nella biosfera sembra finalmente determinare nell’opinione più vasta un’attenzione meno superficiale ed episodica, facendo intravedere una volontà di ognuno di porre argini all’uso irresponsabile di risorse e natura. È infatti chiaro che il modello economico vigente ha intaccato in profondità le capacità «omeostatiche» della natura, cioè la sua attitudine ad assorbire in modo indolore le quantità esorbitanti di veleni prodotti, e che lo «scambio» con le attività umane vede infliggere all’ambiente «perdite secche» che comprometteranno in modo irreversibile il futuro delle specie, quella umana inclusa. È il caso dello storico Luigi Cortesi, già impegnato nell’ambito della peace-research, da quando con l’installazione degli «euromissili» nel 1979, sviluppò un percorso di analisi sulla «condizione atomica» e sulla drammatica novità planetaria da essa imposta, sulla scia delle appassionate, «visionarie» e inascoltate meditazioni del Günther Anders di Diario di Hiroshima. Fecondissimo e drammaticamente urgente orizzonte di ricerca, oggi riproposto nell’ultimo libro dello storico, l’autore non deflette dalla denuncia del carattere sistemico del precipizio ambientale odierno, né pensa ingenuamente che esso sia contenibile e gestibile entro le coordinate di una “governance continuista”, implicando, al contrario, la rimessa in campo e l’attualizzazione di un’istanza trasformativa. Il testo contiene anche un’appendice, che richiama l’altro, importante libro di Luigi Cortesi, Storia e catastrofe, del 34 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso 1984, la cui coerenza e drammatica attualità possono anche positivamente impressionare, nella lucida e precoce individuazione delle tendenze di medio - lungo periodo e delle radici «eziologiche» della deriva attuale. Sono i frutti, analizza Cortesi, «di una rottura del patto con la natura (...) entro il quale si è svolta tutta la storia umana», della «potenza terribile di una prassi sregolata che ha come riferimenti il profitto e la crescita, l’avere e non l’essere». Alla quale afferiscono parecchie complicità, non ultime quelle dei media che «non hanno comunque messo in chiaro la relazione tra deregulation dell’attività economica e deregulation dei rapporti con l’ambiente». E nella quale viene a tragica evidenza una costituiva e amorale attitudine ad un «uso inumano degli esseri umani» come della natura, dispiegata come rifiuto di qualsivoglia cultura del limite e cieca disponibilità ad un esito distruttivo generale. E’ contro questo esito nichilista che occorre mobilitare l’altra parte dell’umanità, Ed è qui che «l’etica della responsabilità di Max Weber deve cedere il passo al "principio responsabilità" di Hans Jonas». Perché, come dice Cortesi, «l’uomo che si salva non è lo yesman del sistema, ma un ’’apocalittico consapevole ’’ e quindi un ribelle». La scienza e la tecnica, a questo punto di svolta dell‘umanità, sapranno trovare un modo per uscire dalla crisi con tutti i mezzi e risorse a disposizione? E’ il caso dell’utilizzazione dell’energia marina che ha potenzialità immense. Le sole onde, rese produttive al cento per cento, offrirebbero il doppio dell’energia consumata ogni anno nel mondo. Vento sopra il pelo dell’acqua, onde in superficie, maree e correnti in profondità sono protagonisti, di recente, a Civitavecchia alla Conferenza europea sulle fonti marine rinnovabili, organizzata da Owemes (Offshore wind and other marine renewable energies in Mediterranian and European seas) in collaborazione con l’Enea. Alle fonti marine tradizionali si aggiungono tecniche nuove. La differenza di salinità fra le acqua dei fiumi e quella dei mari in prossimità della foce, per esempio, può essere sfruttata per generare elettricità. Così come la differenza di temperatura fra il fondo del mare e l’acqua in superficie. Fra qualche decennio le fonti di energia alternativa potranno diventare fondamentali. In Italia, da poco tempo, si è raggiunto un importante traguardo collegando alla rete elettrica nazionale un generatore che sfrutta le correnti marine. La turbina Kobold, ancorata allo sterro di Messina, al largo di Ganzirri, produce 40 kilowatt (come una piccola automobile) con due metri al secondo di corrente. Un esemplare gemello sta per essere installato in Indonesia e alimenterà alcune isole prive di collegamento con la rete elettrica. Tra le fonti di energia marina oggi solo l’eolico si avvicina a livelli di economicità. La patria delle “wind farms” in mare aperto rimane la Danimarca, seguita da Gran Bretagna e Svezia. Ma anche l’Italia sta studiando i siti più adatti per ottenere energia dalle brezze. Come spiega Gaetano Gaudiosi, ingegnere dell’Enea, occorrono zone ventilate e dal fondale poco profondo e, rispetto a vent’anni fa, quando i primi impianti eolici offshore vennero installati a livello sperimentale in Danimarca, questo tipo di energia è cresciuta raggiungendo gli 800 megawatt in tutta Europa, sufficiente per alimentare cinquecentomila abitazioni. Per ora ci sono soltanto progetti sperimentali, ma per il futuro, costi permettendo, curando il metabolismo della Terra, potremo riscoprire quello che poeti e filosofi chiamavano il “respiro della vita”. 6 –CONCLUSIONI Non è ancora possibile quantificare esattamente le conseguenze degli attuali sistemi di produzione e consumo sugli equilibri naturali, presenti e futuri, data la complessità delle interrelazioni che caratterizzano il funzionamento dei cicli della biosfera. Esiste tuttavia la consapevolezza, ai vari livelli istituzionali, della necessità di ridurre sia lo 35 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso sfruttamento delle risorse naturali non rinnovabili, sia il carico inquinante, entro i limiti di autodepurazione delle matrici ambientali (acqua, aria, suolo). Il sistema produttivo è stato posto di fronte alla necessità di produrre con minore impatto sull’ambiente e utilizzando una minore quantità di risorse, considerata la limitatezza di queste. Di fronte ai problemi ambientali le imprese stanno cominciando a muoversi attraverso processi di riduzione e ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse e producendo beni “certificabili” con etichetta ecologica. I sistemi di gestione ambientale e la certificazioni ecologiche sono strumenti del sistema produttivo che si interfacciano continuamente con il mondo dei consumatori. E di conseguenza il consumo sostenibile è quello corrispondente al concetto elaborato dalla Commissione per lo Sviluppo Sostenibile (CSD 1995) come “l’utilizzo di prodotti e servizi” atti a rispondere alle esigenze fondamentali ed apportare un miglioramento nella qualità di vita ed in grado allo stesso tempo di minimizzare sia l’utilizzo delle risorse naturali e di materiali tossici sia l’emissione di rifiuti e prodotti inquinanti nel corso del loro intero ciclo di vita, in modo da non mettere in pericolo il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future”. Per L’UNEP (Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite) consumo sostenibile significa consumare diversamente. Il Programma – pur tutelando le esigenze di natura economica – lo identifica nei seguenti caratteri: Divisibile: tale da soddisfare i bisogni i bisogni essenziali di tutti; Costruttivo: tale da creare nuove capacità; Socialmente responsabile: tale da non compromettere il benessere di altri; Sostenibile: tale da non ipotecare la libertà di scelta delle generazioni future. E’ necessario quindi sviluppare modelli di vita più sostenibili, parallelamente all’adozione da parte del sistema produttivo di strumenti di gestione ambientale. Ciò significa introdurre il concetto che “il miglioramento dell’ambiente non dipende solo dalla soluzione dei grandi problemi planetari, ma anche dall’adozione di una serie di comportamenti quotidiani legati alla consapevolezza individuale”. I comportamenti sostenibili possono perciò essere adottati quotidianamente dai cittadini attraverso, ad esempio, l’uso di mezzi di trasporti pubblici, l’acquisto di prodotti ecologici certificati e di prodotti a basso impatto ambientale o l’utilizzo di prodotti alternativi. Oltre a consumare prodotti sostenibili, è possibile consumare in modo sostenibile, ad esempio riducendo l’acquisto di beni, riciclando gli scarti e avviando il superfluo alla raccolta differenziata. Gli strumenti che consentono l’attuazione di tali processi sono essenzialmente: a) L’Agenda 21; b) La valutazione di impatto ambientale; c) Gli strumenti di adesione volontaria. a) L’Agenda 21 Il principale documento sottoscritto alla conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, sintetizza le azioni specifiche e le strategie che i paesi firmatari si impegnano ad attuare per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel cap. 28 si afferma che “dal momento che molti dei problemi e delle strategie delineate in Agenda 21 hanno origine dalle attività locali, la 36 EDUCAZIONE AMBIENTALE Cosimo Galasso partecipazione e la cooperazione delle autorità locali sarà un fattore determinante nel perseguimento degli obiettivi di Agenda 21”, individuando in tal modo gli enti locali di tutto il mondo come strumenti essenziali di realizzazione di una propria Agenda locale e fonti di adeguamento della legislazione, dell’educazione e del controllo ambientale. b) La valutazione di impatto ambientale (VIA) E’ una procedura amministrativa che prevede la realizzazione di uno studio di impatto ambientale per le opere pubbliche; la VIA analizza tecnicamente, secondo un approccio sistemico, le interrelazioni tra l’opera e l’ambiente stesso in cui viene inserita confrontando diverse localizzazioni e soluzioni progettuali. Consente l’effettiva partecipazione dei cittadini nei processi decisionali relativi alla realizzazione di opere e progetti pubblici con potenziali ricadute dannose per l’ambiente. Assicura che in ogni fase siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e l’autorità competente e consente alle amministrazioni locali, ai gruppi di interesse, al pubblico, la facoltà di prendere visione del progetto e dei risultati dello studio, e di partecipare al processo decisionale. c) Gli strumenti di adesione volontaria Sono sistemi di analisi e gestione dell’intero ciclo produttivo per la riduzione dell’impatto ambientale. Il sistema produttivo è infatti tra i principali fattori di pressione sull’ambiente. La Comunità Europea, con l’obiettivo di proporre iniziative innovative e costruttive rispetto ad un precedente approccio di politica ambientale a carattere impositivo, ha approvato il Regolamento n. 1836/93 che permette l’adesione volontaria delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di ecogestione e di audit (EMAS – Environmental Management and Audit Scheme). Strumento analogo al regolamento EMAS è costituito dalla norma ISO 14000 sulla qualità ambientale. In modo complementare a questi sistemi di gestione ambientale delle imprese, i sistemi di valutazione di beni di consumo e di servizi analizzano l’impatto ambientale generato durante l’intero ciclo di produzione e di vita, dall’estrazione delle materie prime, all’uso del prodotto/servizio ed eliminazione come rifiuto; l’obiettivo finale di questa metodologia di analisi è il riconoscimento al prodotto di una certificazione con etichetta ecologica (Ecolabel). Educare dunque i cittadini a prendersi cura dell’ambiente in cui vivono, al fine di tutelarlo rispetto a possibili danni, ha implicazioni etiche poiché si incide sulla comprensione da parte degli esseri umani del loro vivere in un ecosistema e di concorrere alla tutela della specie migliorando le condizioni in cui essa si può perpetuare. Cittadini sensibili diventano i principali soggetti di tutela di tutto quanto può incidere sull’ambiente, agendo appropriatamente e controllando le azioni intraprese da altri soggetti ed organismi. L’educazione agisce sulle conoscenze, sulle abilità e sugli atteggiamenti delle persone e consente, di conseguenza, a queste ultime – di fronte a determinate situazioni – di scegliere ed adottare comportamenti appropriati. Tali comportamenti, se positivi ed efficaci, hanno alta probabilità di costituire modelli per le altre persone che in qualche modo interagiscono e, quindi, a loro volta “educano”. 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