COSIMO GALASSO
ETICA & AMBIENTE
Sistema produttivo - Consumo sostenibile
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
INDICE
Presentazione
Pag. 3
Introduzione
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1. – L’AMBIENTE: ASPETTI SOCIO-CULTURALI E POLITICI-ECONOMICI
7
2. - AMBIENTE – UOMO – RISORSE
2.1
Riflessi ambientali
Le principali cause dell’inquinamento
2.2
2.3
I gas serra
2.4
Le emissioni in atmosfera
2.5
I cambiamenti climatici
2.6
Il grande buco
2.7
Lo smog fotochimico
2.8
Effetti sulla salute
2.9
L’energia solare e l’ambiente
2.10
Le fonti rinnovabili
11
3.- L’ EDUCAZIONE AMBIENTALE: DA UN’EDUCAZIONE PER LA CONSERVAZIONE
DEL PATRIMONIO NATURALE ALL’EDUCAZIONE PER LA SOSTENIBILITÀ ……
21
4.- PRODUZIONE - CONSUMO – COMPORTAMENTI ………………………………………………
24
5.- L’ALLARME DELL’ONU ALLA CONFERENZA DI PARIGI 2007 ……………………………….
29
6.- CONCLUSIONI …………………………………………………………………………………………
36
Bibliografia ……………………………………………………………………………………………..
38
Allegato
Risparmiare energia in casa - Opuscolo ENEA
2
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Presentazione
Il lavoro di Cosimo Galasso risulta estremamente interessante
proprio perché adatto alla diffusione nel mondo della scuola di
valori culturali e etici che riguardano il tema dell’educazione
ambientale. E’ indubbio che il tema dell’educazione ambientale
rappresenta nella cultura e nella politica contemporanea e lo sarà
sempre di più nel futuro uno dei nodi cruciali della politica di
sviluppo economico e sociale dei prossimi decenni. E’ evidente che
il pianeta sembra soffrire di un irreversibile degrado ambientale, le
cui cause sono abbastanza chiare. Il dominio tecnologico
dell’ambiente sta portando a un lento e non controllabile danno
ecologico e, soprattutto, del clima. E’ un problema questo, molto
trattato dalle politiche mondiali di sviluppo negli organismi
internazionali. Si tratta del tema centrale dello sviluppo economico
del pianeta nei prossimi decenni. Non è possibile prevedere quelle
che saranno le scelte dei decisori politici. L’auspicato adeguamento
di tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti, al trattato di Kyoto, la
ricerca di energie rinnovabili e una politica di risparmio energetico e
del bene primario dell’acqua saranno fattori centrali non solo per lo
sviluppo economico ma per la stessa sopravvivenza del pianeta. In
effetti l’uso della tecnologia industriale che ha determinato questa
situazione negativa deve essere, per così dire, rovesciato nei
prossimi decenni. Bisogna utilizzare le tecnologie industriali per
trasformare l’ambiente in modo positivo, provando innanzitutto a
limitare l’inquinamento atmosferico e a progettare alcuni percorsi
di sviluppo sostenibile. La dimensione etica e civica risulta, in
questa prospettiva, fondamentale. Non si può costruire un mondo
migliore se non si migliorano i legami etici e solidaristici. Una etica
civile da sviluppare trasversalmente nella scuola rappresenta, forse,
la risposta più significativa alle problematiche dello sviluppo
sostenibile nel mondo contemporaneo. Solo legando i problemi etici
a quelli politici e educativi si può tentare di costruire una coscienza
sociale e etica dal basso che spinga le istituzioni a migliorare le
politiche culturali e sociali per il cittadino ponendo l’ambiente al
centro dei problemi politici del futuro. Il lavoro di Galasso è
meritorio proprio per avere posto con chiarezza una tematica così
complessa proponendola per l’aggiornamento degli insegnanti.
Giuseppe Spadafora
3
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Introduzione
L’uomo ritiene di aumentare a dismisura la produzione nel nostro pianeta, che
ha portato indubbiamente molti effetti positivi sulla vita della gente, accrescendo
benessere e comodità. Ma ha avuto anche effetti negativi; effetti che derivano forse
tutti dal fatto che potendo disporre in pochi decenni di molte risorse che la Terra
aveva accumulato in milioni di anni, l’uomo ha dimenticato che se non si vogliono
esaurire le scorte occorre ricostruirle man mano che vengono consumate. Ha così
cominciato a sostituire al suo antico rispetto per la natura la violenza su di essa.
I quattro girasoli
Van Gogh (Otterlo, Kröller-Müller Museum)
In un momento delicato per il nostro ecosistema ambientale, la visione che il
pittore olandese Vincent Van Gogh ci ha lasciato nel quadro i Quattro girasoli,
(Parigi - Agosto-Settembre, 1887- Olio su tela, 60 x 100 cm) è alquanto
raccapricciante per ciò che potrebbe accadere realmente sul nostro pianeta. I quattro
fiori appassiti, maestosi a distanza ravvicinata, poggiano su steli aridi già recisi e,
come per ribellarsi alla minaccia di dover marcire, distendono i brevi petali che
guizzano come fiammelle. L’artista ci trasmette un messaggio nella sua visione
esistenziale: gli oggetti diventano simboli, segni di chissà quale sofferenza che si
deve cercare prima di tutto nel pittore stesso. Il dipinto non rappresenta certamente il
degrado ambientale in chiave antropologica, ma si può prevedere lo scenario di un
possibile futuro con l’occhio dell’artista, che scandaglia il presente nella
trasfigurazione di una sofferenza personale, tanto da vederne inconsapevolmente
anche il limite che lo supera. Facendo un paragone col vino, sarebbe come se un
giorno una famiglia di agricoltori trovasse per caso nelle cantine una grande scorta di
vini accumulati dai nonni. Da quel momento decide si basare la fortuna e il benessere
della famiglia solo sulla vendita di tale scorte. Così smette di curare e coltivare i
vigneti andando incontro a sicura rovina. Quando poi qualcuno vedrà il fondo delle
botti, non ci sarà certo da cercare nuove botti in cantina, ma bisognerà dar mano alle
zappe e riprendere la cura dei vigneti.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Una ricerca molto interessante, di Silvia Pérez-Vitoria [1], economista, sociologa e
documentarista del gruppo di <<L’Ecologiste>>, affronta la questione, di cui si parla
pochissimo, che è invece di primaria importanza e riguarda i contadini, di cui la studiosa,
nel compendio Il ritorno dei contadini, parla del nostro passato e del nostro futuro, del
nostro rapporto con la natura, e non solo di “classe sociale” che è stata alla base
dell’economia mondiale per secoli anzi per millenni, in quanto il progresso ha sconvolto un
equilibrio millenario.
Fino alla seconda metà del Novecento, erano i contadini, sia che si trattasse di
“coltivatori diretti” o di braccianti, di mezzadri o affittuari, secondo contatti che cambiavano
spesso di regione in regione, a essere rilevanti nei settori delle attività lavorative, ed erano,
in Italia come altrove, la parte dominante della popolazione. Altresì, la loro cultura era
simile in tutto il mondo. Grandi romanzi e importanti film hanno raccontato adeguatamente
questo mondo autentico della vita delle campagne: dal libro Fontamara, negli anni trenta
del secolo scorso, letto persino in India, a testi di autori come Tolstoj, Reymont, Verga,
Zola, Carlo Levi e registi come Mizoguchi, Kirosawa, Ray, Olmi. ...
Si può ben dire che il mondo era contadino, e che alla base del vivere sociale c’era un
legame di tutti con la terra, diretto o indiretto. La rottura di questo legame è stata
traumatica, e lo è ancora in una gran parte del pianeta. Nel libro molto efficace nella
descrizione di questa classe sconfitta - da cui, più o meno direttamente, proveniamo - la
studiosa mette in evidenza la distruzione delle civiltà contadine, delle guerre ai contadini
portate dal progresso, e cioè dalle scelte di modelli di sviluppo fatte dalle classi dirigenti,
dalla distruzione, più massiccia e organizzata, praticata nei paesi della ex Unione
Sovietica al cinico colonialismo in Africa, America Latina e Asia.
In nome del progresso si è distrutto un ordine e si sono annichiliti saperi secolari,
sostituiti dalla specializzazione dei terreni, dalla meccanizzazione, dalla sostituzione di
prodotti chimici a quelli naturali, con conseguenze immense sull’ambiente e
sull’alimentazione, si può dire, sul Dna e il modo di ragionare di noi “post-moderni”.
Il ritorno dei contadini è uno studio molto utile ed efficace nel riassumere questa storia e
le sue conseguenze, anche se l’azione educativa, da sola non basta a risolvere problemi
concreti, e tanto meno l’ indicazione proposta dalla studiosa per un radicale e rapido
cambiamento di rotta, da cui dipenderanno in futuro la nostra alimentazione, il nostro
ambiente, il nostro stile di vita, la nostra cultura.
Oggi che incombono scelte decisive sul futuro del pianeta, in quanto lo svuotamento e la
desertificazione delle campagne si traducono nelle crescita informe delle megalopoli
extraeuropee, si pone il problema di un modello di società misto tra tradizione e modernità.
Il ritorno al passato, “il ritorno dei contadini”, pertanto, fa parte di un equilibrio da ristabilire
tra uomo e natura, ma le soluzioni attuali e di minoranza sono comunque insufficienti, non
bastano in quanto sono dettate dalla necessità e non dalla scelta, che richiede lo sforzo
comune e convergente di contadini e cittadini, che si riconoscano reciprocamente piuttosto
che annullarsi in una massa amorfa e indistinta.
Sempre più spesso si ripropone la tematica del “declino del capitalismo” e si
diffonde l’opinione che la forma attuale della produzione economica il “capitalismo”,
appunto, stia distruggendo la Terra, ma questa diagnosi controversa sostenuta – sia
dagli specialisti economisti sia dagli studiosi in ogni disciplina – è priva di valore
scientifico. Bisogna d’altro canto considerare però la crescente preoccupazione circa
l’esaurimento dei combustibili fossili, destinato a precipitare nella crisi più grave mai
vissuta dalle società industriali avanzate.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Questo spettro ha già spinto a nuove guerre - dopo un lungo periodo di relativa
quiete - e ci ha messo di colpo di fronte una verità nascosta troppo a lungo: abbiamo
sempre più bisogno di energia ma non sappiamo come fare per ottenerla, visto che, in
ogni caso, più se ne produce, più ne occorre. Però, prima, bisogna puntare a un
contenimento dei consumi, al risparmio, all’efficienza energetica, parole chiave che
non sono contemplate nella politica occidentale. Nella nostra società globalizzata si
arriva alla contraddizione dei Suv (Sport Utility Vehicle), che consumano un litro di
benzina per fare due chilometri, mentre 2 miliardi di persone non hanno accesso alla
corrente elettrica: si può immaginare un paradosso più dissonante di questo? Forse
per la prima volta, oggi si palesa realmente l’aspetto sostanziale che contrappone
l’economia all’ecologia: l’uomo esaurisce risorse e fonti energetiche naturali a un
ritmo insostenibile e continua a incrementare esponenzialmente i consumi e i bisogni
indotti. Se la parte povera del mondo volesse oggi consumare come quella ricca, il
pianeta sarebbe già nel baratro. Il problema energetico è uno specchio dell’umanità
odierna e testimonia chiaramente come gli uomini mal si confrontino con il concetto
di limite e danzino noncuranti sull’orlo dell’abisso.
L’umanità si trova, per la prima volta, ad affrontare il pericolo di esaurimento
di importanti scorte; è necessario, pertanto, dare una risposta alla seguente domanda:
l’attuale civiltà è resa possibile solo dal consumo delle riserve naturali accumulate ed
è quindi destinata a finire quando fra non molti decenni le scorte finiranno? Oppure
usando le moderne tecnologie e conoscenze, per rendere più efficienti i processi
naturali, è possibile mantenere l’attuale livello di benessere ed anzi accrescerlo
utilizzando solo le risorse cosiddette rinnovabili, cioè quelle che la natura mette di
volta in volta a nostra disposizione?
L’energia solare non può essere considerata semplicemente come una fonte
secondaria, o integrativa, ma come la fonte energetica cui l’umanità deve tendere,
considerando ogni altra soluzione come strumento per raggiungere questo obiettivo.
Nella condizione attuale, alla luce delle contraddizioni della produzione e del
consumo di energia, nonché dello sfruttamento di tutte le risorse messe a disposizione
dalla natura per la nostra sopravvivenza, è giunto il momento di cambiare strada.
E’ fondamentale, pertanto, che ognuno si assumi le proprie responsabilità con
la consapevolezza di ristabilire l’equilibrio tra uomo e natura, per un modello di
società che tenga conto del nostro passato, dove tradizione e modernità possano
aiutarci a modificare il nostro stile di vita - in una società sempre più multi-etnica senza per questo farci dimenticare le nostre comuni radici, la Terra.
Note
[1] Silvia Pérez-Vitoria, Il ritorno dei contadini Ed. Jaca Book Milano, 2007.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
1 – L’Ambiente: aspetti socio-culturali e politici-economici
La tecnica sta portandosi al centro e alla guida della nostra civiltà perché le grandi
forze di pensiero e di vita della tradizione occidentale vanno ritirandosi ai margini. Si tratta
di un evento decisivo e tipico della nostra epoca. E tuttavia, nel più lontano passato
dell’Occidente accade qualcosa che, di tale evento, può essere considerato una sorta di
anticipazione. I più antichi e profondi maestri del pensiero – quali Anassimandro,
Parmenide, Eraclito, Anassagora, Empedocle – considerati sofisti (“sofista”
originariamente significava “sapiente”, “dotto”, “esperto” ) percepiscono, sia pure in
modo diverso e persino contrapposto, che la realtà non può avere un significato unitario e
immutabile, ma è un continuo fluire dove si scontrano forze inconciliabili e dove dunque
prevale la forza che è più potente perché è più intelligente, la forza della tecnica. (E’ da
notare che con il termine sofistica la nostra cultura non allude più a quell’atteggiamento di
apparente sapienza e reale e cavillosa povertà spirituale e concettuale che Platone
intendeva smascherare, condannare e bandire). Se i sofisti non possono ancora concepire
la tecnica come dominio della natura da parte della conoscenza fisico-matematica, essi
vedono però già nella tecnica la capacità di dominare gli animi (“psicagogia”). La loro è
tecnica della persuasione, con la quale si possono guidare gli individui, i gruppi sociali, gli
Stati. La sofistica sarà sommersa dalle successive grandi forme (da Platone a Hegel) della
volontà di dare al mondo un senso stabile e unitario; ma è indubbio che quando oggi ci
volgiamo alla sofistica abbiamo già il sentore del clima culturale del nostro tempo. Non per
nulla Nietzsche è schierato con i sofisti, contro Platone. Ricordando la sentenza di
Protagora, uno dei più celebri tra i sofisti, che <<l’uomo è misura (métron) di tutte le
cose>> nell’indicare la parola (métron), lo studioso M. Untersteiner traduce <<l’uomo è il
dominatore di tutte le cose>> (in quanto le cose di cui possiamo parlare e in cui possiamo
vivere sono quelle della nostra esperienza). (I sofisti, di Mario Untersteiner, 1949, 2a ed.
B. Mondatori, 1996). Con questa traduzione si mette in chiaro come l’intento di Protagora
sia di affermare che l’uomo non sottostà a limiti eterni e intrasgredibibili, ma è, appunto,
forza dominatrice guidata dalla ragione, si che, in questo senso profondo, l’uomo è
tecnica, sostenendo pure che la genitrice della sofistica è la tragedia greca, e in particolare
Eschilo. E sebbene Platone condanna sia Eschilo sia i sofisti, Eschilo non sta dalla parte
dei sofisti e di Nietzsche. Invece per il filosofo E. Severino – che non concorda con il
parere di Untersteiner - Eschilo vede nella tecnica l’espressione più radicale della
prevaricazione che rende empio l’uomo; egli pensa che Dio, per quanto avvolto
dall’enigma, salvi l’uomo dall’angoscia generata dal dolore e dalla morte. Altrimenti,
perché l’Orestea – l’unica trilogia che ci è rimasta di Eschilo – dovrebbe finire con una
Festa? (Emanuele Severino, Il Destino della Tecnica ed. Rizzoli, pag. 32, 1998).
Nel saggio citato, lo stesso Severino sostiene:<<E’ illusorio credere che ci si possa
sottrarre ai diritti della tecnica sino a che ci si mantiene all’interno della cultura che nella
civiltà occidentale conduce inevitabilmente dal pensiero greco alla dominazione della
tecnica>> (op. cit.). Oppure come sostiene Martin Heidegger ne La questione della tecnica
(1953), la tecnica, nella sua essenza, non è qualcosa di cui l’uomo possa disporre e dal
cui dominio possa salvarsi. <<Ormai, solo un dio ci può salvare>>, egli dice. Ma la gran
questione incomincia a questo punto.
Perché l’uomo non può disporre del disvelamento della manifestazione delle cose?
Perché la tecnica non può impadronirsi e far funzionare lo stesso apparire del mondo? Se
il capitalismo distrugge la Terra, distrugge se stesso. Oggi la scienza economica afferma
l’inseparabilità di economia e ecologia e l’uomo giustifica tutto con la prevedibilità dei
propri atti. Ma siamo tutti delle macchine, dunque tutto è prevedibile?
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Esistono, al contrario, ragioni intrinseche di imprevedibilità di tutto quello che
avviene, tanto nell’ambiente quanto fra gli esseri viventi. Esistono forze sempre più
consistenti – anche all’interno del mondo capitalistico – che spingono il capitalismo ad
assumere uno scopo che non sia più costituito soltanto dal profitto, ma include anche la
salvezza Terra. In campo scientifico molti ritengono che l’innovazione tecnologica, e il
conseguente uso di forme alternative non inquinanti di energia, renderà possibili, insieme,
la sopravvivenza del capitalismo e la sopravvivenza della Terra. In molti sostengono che il
capitalismo non è la tecnica, e che nella tecnica, non nel capitalismo, lo “spirito
prometeico” trova la propria incarnazione più potente. La vita non è autosufficiente, ma è
legata ad un sistema complesso che chiamiamo ambiente. Tanto stretto è il rapporto tra
vita individuale e ambiente che, se cambia l’ambiente, cambiano anche le forme di vita.
Naturalmente gli uomini possono adattarsi a vivere in ambienti diversi. Molte specie si
sono estinte e altre si sono affermate al loro posto. Se non vogliamo fare la fine dei
dinosauri, dobbiamo capire che non possiamo alterare il nostro ambiente vitale. Il buco
nell’ozono, i mutamenti climatici, il discioglimento dei poli, sembrano in fondo delle
catastrofi astratte. Nessuno le vede, nessuno di noi le tocca.
I grandi e cruciali cambiamenti economici che hanno segnato la storia dell’umanità
sono avvenuti nel momento in cui i nuovi regimi energetici convergevano con nuovi regimi
comunicativi. Allorché si produce questa convergenza, la società è ristrutturata in modalità
del tutto inedite. Per esempio, l’avvento della tecnologia del vapore alimentata dal carbone
fu simultaneo all’avvento della stampa e produsse la Prima Rivoluzione Industriale.
Facendo uso delle modalità comunicative di più antica data e delle forme orali di scambio
delle informazioni sarebbe stato impossibile progettare e soprattutto attuare quello
sviluppo vertiginoso fatto di ritmi, velocità, flussi, densità e connettività dell’attività
economica, reso possibile dai motori a vapore alimentati a carbone. Alla fine del XIX
secolo e all’inizio del XX l’avvento del telefono coincise con l’introduzione del petrolio e del
motore a combustione interna, che insieme costituirono il meccanismo di comando e di
controllo che avrebbe dato vita alla Seconda Rivoluzione Industriale. Negli anni Novanta
ha avuto nel campo delle comunicazioni un’importante rivoluzione. I personal computer,
Internet, il World Wide Web e le tecnologie per comunicare in modalità wireless hanno
messo in contatto tra loro i sistemi nervosi centrali di oltre un miliardo di persone sulla
Terra alla velocità della luce. Sebbene le nuove rivoluzioni del software e delle
comunicazioni abbiano già iniziato ad accrescere la produttività in ogni settore industriale,
il loro potenziale è lungi dal potersi dire pienamente realizzato. La creazione di un regime
di energia rinnovabile, unitamente alla tecnologia delle celle a combustibile alimentate a
idrogeno e a reti elettriche intelligenti spalanca le porte all’avvento della Terza Rivoluzione
Industriale, che dovrebbe avere un potente effetto di moltiplicatore economico nel XXI
secolo tanto quanto l’ebbero l’introduzione del carbone e la tecnologia del vapore nel XIX
secolo e il petrolio e il motore a combustione interna nel XX secolo.
L’etica per l’ambiente non riguarda allora poteri astratti e insondabili, che è il
comodo alibi di un male contro il quale non esiste rimedio. La parola "etica" viene dal
greco ethos e vale come "comportamento comune". Quindi un comportamento comune
comporta grandi scelte collettive e occorre innanzi tutto molta più sensibilità. Attualmente
l’uomo è talmente virtualizzato che si dimentica di essere vivo. Gli esseri umani non sono
macchine, essenzialmente. La macchina, per esempio, è viva finché è un progetto nella
testa degli uomini. Una volta che il progetto si realizza l’oggetto-macchina diventa morto.
Al contrario dell’essere umano, la macchina non è capace di cambiare da sé né di reazioni
che non siano attinenti alla sua meccanica. È un oggetto, non un soggetto.
8
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
D’altra parte gli esseri viventi reagiscono. Sono diversi dalle altre cose, dalle cose
inanimate, dalla materia che essi realizzano e non vivente in genere. Ciò significa che
essere vivi equivale ad essere soggetti, a cambiare continuamente e ad essere in
interazione con gli altri. Attualmente si fa di tutto per privare l’uomo delle sensazioni e per
rendere ogni cosa virtuale, meccanica, inanimata. Dal punto di vista della soggettività da
ritenere spaventoso. Il problema dell’ambiente è oggi vissuto troppo astrattamente da
ognuno di noi. Eppure le catastrofi ambientali avvengono con le stesse regole cui
obbediscono i nostri singoli organismi. Ogni uomo è in grado di alterare l’ecosistema
generale, alterando il proprio. La grande catastrofe è determinata da tante piccole
catastrofi, quali possono essere l’uso che noi facciamo degli antibiotici o il consumo
eccessivo di energia, causa prima del cosiddetto effetto serra. L’uomo pertanto si deve
educare a non alterare il proprio ecosistema e, al contempo, ad essere vivo, a
comprendere il significato della vita e a gioire di essa. Perché si comprenda che ogni
singolo comportamento può influire sugli equilibri esistenti nell’ecosistema si deve parlare
alla collettività. E’ necessario che l’educazione ambientale venga insegnata nelle scuole.
Tuttavia l’educazione ambientale va distinta dalla mera descrizione ambientale. Essendo
l’ambiente l’insieme delle condizioni fisiche in cui si svolge la vita degli organismi, dunque
di tutti gli esseri viventi, l’educazione ambientale attiene più al sentirsi parte e al rispetto di
questo sistema aperto. L’individuo si avvede dei danni procurati all’ambiente solo quando
si rende conto di essere dentro all’ambiente, di essere intriso lui stesso di ambiente, come
l’ambiente è intriso di lui, perché l’ambiente è intriso di umanità. Non esiste oramai un
ambiente naturale al mondo. Ogni tipo di ambiente, terrestre o subacqueo, ha conosciuto
l’intervento dell’uomo. L’individuo pertanto si deve sentire dentro all’ambiente e deve
cominciare a preservarlo e a difenderlo.
Sempre più spesso si sente parlare di mutamenti genetici. Da ritenersi
assolutamente errato, da un punto di vista etico, è mutare gli esseri umani in modo elitario.
Anzitutto perché tutti gli esseri viventi sono dei soggetti, con la loro libertà e la loro dignità.
La trasformazione genetica dell’individuo implica una brevetto del gene, assolutamente
inaccettabile. Se è brevettato il gene, deve risultare brevettato l’organismo che vi è dentro.
Un bambino differenziato geneticamente è già brevettato dall’esterno, è già proprietà di
altri. Altra cosa è l’inserimento di un gene in linea somatica nel corpo di un organismo
carente di cellule germinali, o per meglio definire la componente genetica di talune
manifestazioni patologiche. Tale inserimento non si differenzierebbe affatto dalla
somministrazione di farmaci in modo permanente. Altrettanto si dica per le conquiste della
genetica agronomica, atte a combattere la fame nel mondo e a rispondere alle necessità
dell’uomo migliorandone le caratteristiche fisiologiche e la capacità riproduttiva. In questo
caso l’etico si misura sulla base dell’analisi dei costi e dei benefici. I regni animale, umano
e vegetale, devono pertanto essere tutelati nella loro capacità di essere soggetti, e anche
sul piano della dignità personale. La manipolazione genetica è la manifestazione più
estrema di una volontà di dominio che l’uomo si arroga nei riguardi della natura. Le visioni
filosofiche o religiose in tal senso sono spesso figlie dello spirito del tempo, o, come anche
si dice in tedesco, dello "Zeitgeist". C’è da dire che già nella Bibbia sono presenti diverse
versioni del rapporto dell’uomo con la natura. Sembra quasi, in taluni passi dell’Antico
Testamento, che l’uomo, su incarico di Dio, sia arrivato sulla Terra per prendersi cura della
natura e dare un nome agli animali e alle piante. Con l’avvento della tecnica più che della
scienza, dalla Rivoluzione Industriale in poi, l’uomo ha cominciato ad osservare il mondo
molto più di prima. Si è legata questa trasformazione alla crescita illimitata dell’economia,
che deve essere giustificata anche filosoficamente.
9
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Fondamentalmente l’uomo, come Prometeo, il mitico cugino di Zeus che passa per
colui che ha creato i primi uomini modellandoli con creta, pensa di sapere come è fatto il
mondo, e ritiene dunque di essere in grado con il proprio cervello di partorire un progetto e
di estrofletterlo sul mondo in modo da plasmare quest’ultimo e da essere sicuro di tutte le
conseguenze di questo suo plasmare. Inizialmente l’uomo identificava nella macchina tutto
ciò che era altro da sé e finiva col predire che l’essere umano era l’unico ente vivente.
Attualmente, con i risultati dell’ingegneria genetica, l’uomo è arrivato a produrre una
diversità filosofica opposta, secondo la quale l’uomo oggettivizza sé stesso attraverso
processi di auto-modificazione in cui l’altro da sé è appunto l’uomo stesso. L’uomo,
attraverso la manipolazione del genoma umano, ritiene di poter concludere che il
comportamento umano è meccanico, genetico, determinato fin dalla nascita. Ritiene di
poter derivare da queste sue scoperte tutta una serie di vantaggi. L’uomo ritiene di
aumentare indefinitamente la produzione nel nostro pianeta - cosa, tra l’altro,
materialmente impossibile - sulla scorta di una concezione filosofica che giustifica la non
vita, più che la vita stessa. Attualmente l’uomo giustifica tutto con la prevedibilità dei propri
atti: siamo tutti delle macchine, dunque tutto è prevedibile. Esistono, al contrario, ragioni
intrinseche di imprevedibilità di tutto quello che avviene, tanto nell’ambiente quanto fra gli
esseri viventi. Molte catastrofi ambientali si verificano ogni qualvolta non si tiene conto che
l’ambiente è vita. Per ambiente deve essere inteso l’insieme delle condizioni fisiche,
chimiche, e biologiche in cui si svolge la vita degli organismi. L’uomo dell’antichità, che
praticava questa armonia, considerava la natura come una sorta di divinità, come
qualcosa da venerare. Attualmente la natura è passata da essere una divinità a essere un
oggetto, uno strumento per produrre ricchezza. C’è di nuovo una virtualizzazione del
mondo: una cosa non ha valore in quanto tale se non ha un valore d’uso. Il valore d’uso di
un bene rappresenta il profitto che se ne trae. Si pensi già alle immani catastrofi ambientali
provocate dai Maya, in nome del mais, per esempio.
L’uomo dimostra ancora una volta di non essere cosciente dei ritorni delle azioni che
compie. Gli esseri viventi, e la terra tutta, reagiscono alle azioni dell’uomo come potrebbe
reagire un essere umano. Privare l’Amazzonia del suo patrimonio arboreo significa
aumentare l’effetto serra, e così il numero dei temporali e delle alluvioni. Il problema
ambientale è ancora molto sottovalutato. È l’individualismo che spinge l’uomo moderno ad
attuare i propri comportamenti "non etici" nei riguardi della natura. Sia gli aborigeni
d’Australia sia le antiche popolazioni amerinde autoctone si prendevano cura delle cose
anche per se stessi. Si uccidevano tanti bisonti quanti occorrevano per la comunità, ma in
modo da riservarne ancora per gli anni successivi. Vigeva, tra gli Indiani d’America, un
codice "non scritto" antropocentrico, ma non individualista. Una specie, come quella
umana, di sei miliardi di individui, è niente in confronto ai microrganismi. Bisogna riservare
un maggiore rispetto e un po’ di umiltà verso tutto il resto, sapendo che senza il resto
anche l’uomo è destinato a finire. L’uomo è dotato di un cervello altamente sviluppato, che
lo pone dentro numerosissime nozioni e al centro di un’evoluzione culturale, che gli
consente di realizzare un archivio di informazioni molto arricchito. L’uomo trasmette a voce
molte più cose e molto più rapidamente di quanto non faccia con il DNA. Partorire progetti
equivale a modificare il mondo esterno, proiettandoli sulla materia che è all’esterno.
L’ecosistema è preservato solo se l’uomo sta dentro alla natura e la considera come parte
di sé. Con la Seconda Rivoluzione Industriale muta anche l’atteggiamento dell’uomo, più
teso a "virtualizzare" il mondo e a non giustificare la "vita". Il cervello umano contiene
infinitamente più informazioni del nostro DNA. Proprio per un fatto materiale, di spazio,
l’acido desossiribonucleico, costituente i cromosomi, non può contenere tutti i pensieri e le
informazioni umane. Gli ecosistemi, al contrario, sono unità funzionali in grado di contenere
molte più informazioni, oltre che determinare i fattori ambientali interagenti.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
2 - AMBIENTE – UOMO – RISORSE
2.1 - RIFLESSI AMBIENTALI
Nel corso della storia l’uomo ha sempre utilizzato le risorse a propria disposizione in
modo pressoché indiscriminato, senza curarsi minimamente delle particolari ricadute
ambientali che poteva avere la sua presenza nell’ambito dei vari cicli naturali. La
distruzione e l’inquinamento ambientale sono sempre andati di pari passo con l’evoluzione
della cosiddetta civiltà.
Un tempo la popolazione umana era comunque molto meno rappresentata e l’impatto
ambientale risultava praticamente ininfluente, almeno in ambito globale. Ora, purtroppo,
l’enorme incremento demografico e l’addensamento abitativo in alcune specifiche zone
comporta un’azione inquinante a livello locale e mondiale notevolmente più elevata,
estremamente preoccupante e spesso particolarmente nociva sia per l’uomo sia per
l’ambiente.
I fenomeni che oggi maggiormente ci preoccupano sono :
- I gas serra e i loro effetti sull'ambiente e sul clima
- Le piogge acide
- Il Buco dell'Ozono
- Lo Smog fotochimico
L’utilizzo incontrollato delle risorse energetiche ha contribuito a danneggiare la salute del
nostro pianeta in quanto è noto che l’impiego delle fonti energetiche tradizionali è tra le
principali cause dell’inquinamento ambientale, i cui costi, in generale, vengono considerati
esterni all’economia del settore energetico e per questo non possono che essere pagati
dalla società, sotto forma di tasse o di una riduzione della qualità di vita. Intervenire si può,
attraverso:
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
•l’individuazione dei fattori di pressione;
•il monitoraggio della loro evoluzione;
•l’individuazione di valide ed adeguate soluzioni
alternative;
•la promozione di comportamenti pro attivi ed
innovativi per un uso sostenibile delle risorse.
Su
tali
premesse
è
fondamentale
un
comportamento etico per diffondere nei giovani
una consapevole cultura sulle tematiche
ambientali, in particolare del comparto energetico,
attività antropica ad elevato impatto ambientale.
Viene, in particolar modo, colpita l’atmosfera, patrimonio comune dell’ umanità.
L’attenzione si focalizza sulle emissioni dei gas serra climalteranti.
2.2 - LE PRINCIPALI CAUSE DELL’INQUINAMENTO
Gli inquinanti vengono solitamente distinti in due gruppi principali: quelli di origine
antropica, cioè prodotti dall’uomo, e quelli naturali.
I contaminanti atmosferici, possono anche essere classificati in primari cioè liberati
nell'ambiente come tali (come ad esempio il biossido di zolfo ed il monossido di azoto) e
secondari (come l’ozono) che si formano successivamente in atmosfera attraverso
reazioni chimico-fisiche.
A prescindere dalla loro origine, gli inquinanti
vengono distinti in primari e secondari. Primari
sono gli inquinanti che vengono immessi
direttamente nell’ambiente in seguito al processo
che li ha prodotti. Gli inquinanti secondari sono
invece quelle sostanze che si formano dagli
inquinanti primari (sia antropogenici che naturali)
a seguito di modificazioni di varia natura causate
da reazioni che, spesso, coinvolgono l’ossigeno
atmosferico e la luce. I principali inquinanti
primari sono quelli emessi nel corso dei processi
di combustione di qualunque natura, cioè il monossido di carbonio, il biossido di carbonio,
gli ossidi di azoto (principalmente sottoforma di monossido di azoto), le polveri e gli
idrocarburi incombusti. Nel caso in cui i combustibili contengano anche zolfo, si ha inoltre
emissione di anidride solforosa.
2.3- I GAS SERRA
L’effetto serra è quel fenomeno per il quale si ha un riscaldamento del pianeta per
effetto dell’azione dei cosiddetti gas serra, presenti nell’aria a concentrazioni relativamente
basse.
Il protocollo di Kyoto ha individuato i principali 6 gas serra:
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
•ANIDRIDE CARBONICA (CO2)
•Metano (CH4)
•Protossido di azoto(N2O)
•Idrofluorocarburi (HFC)
•Perfluorocarburi (PFC)
•Esafluoruro di zolfo (SF6)
I gas serra permettono alle radiazioni solari di passare attraverso l’atmosfera mentre
ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla
superficie della Terra e dalla bassa atmosfera (il calore riemesso); in pratica si comportano
come i vetri di una serra e favoriscono la regolazione ed il mantenimento della
temperatura terrestre ai valori odierni.
Questo processo è sempre avvenuto naturalmente e fa sì che la temperatura della Terra
sia circa 33°C più calda di quanto lo sarebbe senza la presenza di questi gas. Ora,
comunque, si ritiene che il clima della Terra sia destinato a cambiare perché le attività
umane stanno alterando la composizione chimica dell’atmosfera. Le enormi emissioni
antropogeniche di gas serra stanno causando un aumento della temperatura terrestre
determinando, di conseguenza, dei profondi mutamenti a carico del clima sia a livello
planetario che locale. Prima della Rivoluzione Industriale, l’uomo rilasciava ben pochi gas
in atmosfera, ma ora la crescita della popolazione, l’utilizzo dei combustibili fossili e la
deforestazione contribuiscono non poco al cambiamento nella composizione atmosferica.
2.4 - LE EMISSIONI IN ATMOSFERA
Dall’inizio della Rivoluzione Industriale, la concentrazione atmosferica dell’anidride
carbonica è aumentata del 30% circa, la concentrazione del gas metano è più che
raddoppiata e la concentrazione dell’ossido nitroso (N2O) è cresciuta del 15%.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Inoltre dati recenti indicano che le velocità di crescita delle concentrazioni di questi gas,
anche se erano basse durante i primi anni ’90, ora sono comparabili a quelle
particolarmente alte registrate negli anni ’80. Se le emissioni globali di CO2 fossero
mantenute come in questi ultimi anni, le concentrazioni atmosferiche raggiungerebbero i
500 ppm per la fine di questo secolo, un valore che è quasi il doppio di quello preindustriale (280 ppm). Il problema viene ulteriormente complicato dal fatto che molti gas
serra possono rimanere nell’atmosfera anche per decine o centinaia di anni, così il loro
effetto può protrarsi anche per lungo tempo. Come si può vedere dai grafici la
concentrazione dei principali gas serra è aumentata in maniera esponenziale a partire
dall'avvento della Rivoluzione Industriale.
Quali le cause di tale incremento?
Le cause di tale incremento possono facilmente individuarsi da un lato nell'uso di
combustibili fossili nei processi di combustione del settore produzione energia settore “non
energia”, e del settore trasporti stradali , e dall'altro nella costante diminuzione del
patrimonio boschivo con conseguente calo dell’azione clorofilliana.
Una miniera di carbone inattiva ormai da decenni a Ribolta, in provincia di Grosseto,
potrebbe ospitare il primo deposito italiano di anidride carbonica (Co2), il gas responsabile
dell’effetto serra, prodotto in grande quantità dalle centrali termoelettriche che bruciano
combustibili fossili.
La tecnica di cattura dell’anidride carbonica e in fase di sviluppo e oggi è possibile
bloccare il rilascio del Co2, catturandolo prima che esca dalle ciminiere, e spingerlo a
grandi profondità nel sottosuolo, nei pozzi petroliferi esauriti, nelle miniere di carbone
abbandonate o nelle formazioni di rocce porose sature di acqua salata, senza inquinare.
Il sequestro del Co2 è una soluzione comunque temporanea nell’attesa di eliminare del
tutto l’impiego dei combustibili fossili.
2.5 - I CAMBIAMENTI CLIMATICI
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Il clima del nostro pianeta è dinamico e si sta ancora modificando da quando la
Terra si è formata. Le fluttuazioni periodiche nella temperatura e nelle modalità di
precipitazione sono conseguenze naturali di questa variabilità. Vi sono comunque delle
evidenze scientifiche che fanno presupporre che i cambiamenti attuali del clima terrestre
stiano eccedendo quelli che ci si potrebbe aspettare a seguito di cause naturali.
L’aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera sta causando un
corrispondente incremento della temperatura globale della Terra. Le rilevazioni effettuate
hanno dimostrato che negli ultimi 15 anni del XX° secolo vi sono stati i 10 anni più caldi di
tutto il periodo; il 1998 è stato l’anno più caldo in assoluto. Inoltre si ritiene che la
temperatura media globale superficiale possa aumentare di 0,6-2,5°C nei prossimi 15anni
e di 1,4-5,8°C nel secolo in corso, pur con significative variazioni regionali.
Al momento, l’incremento risulta maggiore per quanto riguarda le temperature minime che
stanno aumentando ad una velocità che è doppia di quelle massime. Il riscaldamento è
maggiore nelle aree urbane sia a causa dei cambiamenti che si sono verificati nelle
coperture dei terreni che per il consumo di energia che avviene nelle aree densamente
sviluppate (fenomeno conosciuto come “isole di calore”).
2.6 - IL GRANDE BUCO
La stratosfera terrestre contiene una concentrazione relativamente alta di ozono,
un gas costituito da tre atomi di ossigeno (O3) e che rappresenta un vero e proprio
schermo nei confronti delle pericolose radiazioni ultraviolette (raggi UV) provenienti dal
sole. Ogni anno, durante la primavera dell’emisfero australe, la concentrazione dell’ozono
stratosferico nell’area situata in prossimità del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni
naturali. Purtroppo, a causa degli inquinanti rilasciati in atmosfera, sin dalla metà degli
anni settanta questa periodica diminuzione è diventata sempre più grande, tanto da
indurre a parlare del fenomeno come del “buco dell’ozono”. Recentemente si è
comunque individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona
al polo Nord, sopra il Mare Artico, fatto che potrebbe preludere alla formazione di un altro
buco dalla parte opposta.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
La presenza dei vari inquinanti prodotti dall’uomo ha profondamente alterato i naturali
meccanismi di formazione dell’ozono stratosferico. I composti ODS nell’alta atmosfera
causano infatti una lenta ma graduale degradazione dell’ozono, in modo particolarmente
vistoso nell’area sopra l’Antartide. In questa zona durante l’inverno australe (in MaggioGiugno) il Polo Sud si trova completamente immerso nelle tenebre. Nella media e bassa
stratosfera si rende così evidente l’azione di una forte corrente circumpolare chiamata
vortice polare. Questo vortice isola le grandi masse d’aria posizionate sopra il polo che
per l’assenza dei raggi solari e per la mancanza di scambi termici con altre masse d’aria
diventano sempre più fredde. Quando la temperatura raggiunge gli 80°C sotto lo zero si
formano delle nubi di acido nitrico triidrato e di acqua ad alto contenuto di acido nitrico
(normalmente presente in fase gassosa) chiamate nubi stratosferiche polari PSC (Polar
Stratospheric Clouds).Queste nubi costituiscono la superficie catalitica ideale per la
formazione di tutta una complicata serie di reazioni che comporta la degradazione dei vari
composti ODS e la liberazione di molecole biatomiche di Cloro (Cl2) e Bromo (Br2).
All’insorgere della Primavera australe (Ottobre-Novembre) l’azione dei raggi del sole
provoca la dispersione delle nubi stratosferiche polari e la scissione delle molecole
biatomiche di cloro e bromo in singoli atomi altamente reattivi. L’improvvisa comparsa e
liberazione di questi atomi provoca l’inizio di una catena di reazioni catalitiche che
comporta la degradazione dell’ozono e la comparsa del cosiddetto “buco dell’ozono”.
2.7 - LO SMOG FOTOCHIMICO
Lo smog fotochimico è un particolare inquinamento dell’aria che si produce nelle
giornate caratterizzate da condizioni meteorologiche di stabilità e di forte insolazione. Gli
ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC), emessi nell’atmosfera da molti
processi naturali od antropogenici, vanno incontro ad un complesso sistema di reazioni
fotochimiche indotte dalla luce ultravioletta presente nei raggi del sole; il tutto porta alla
formazione di ozono (O3), perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoil nitrato (PBN), aldeidi
e centinaia di altre sostanze. Tali inquinanti secondari vengono indicati col nome collettivo
di smog fotochimico perché sono generati da reazioni chimiche catalizzate dalla luce e
costituiscono la componente principale dello smog che affligge molte città ed aree
industrializzate.Questo particolare smog si può facilmente individuare per il suo
caratteristico colore che va dal giallo-arancio al marroncino, colorazione dovuta alla
presenza nell’aria di grandi quantità di biossido di azoto. I composti che costituiscono lo
smog fotochimico sono sostanze tossiche per gli esseri umani, per gli animali ed anche
per i vegetali, inoltre sono in grado di degradare molti materiali diversi per il loro forte
potere ossidante.
Da notare che il termine smog
deriva dall’unione di due parole
inglesi: smoke (cioè fumo) e fog
(nebbia). Inizialmente questa parola
faceva riferimento esclusivo ad un
tipo
di
inquinamento
particolarmente diffuso nel passato:
lo smog industriale, detto anche
smog classico. Questo smog, di
colore grigio-nerastro, era frequente
nelle ore prossime all'alba, in
condizioni di bassa insolazione,
bassa velocità del vento e
temperatura prossima a 0°C; quindi era più comune nella stagione autunnale ed invernale.
16
EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Veniva prodotto quando il fumo ed il biossido di zolfo liberati nel corso della combustione
del carbone si combinavano con la nebbia ed era talmente tossico da provocare decine di
migliaia di morti ogni anno.
A partire dagli anni ’50, l’utilizzo di altri combustibili fossili e di altre fonti energetiche, come
la nucleare o l’idroelettrica, ha ridotto di molto la frequenza e la gravità dei fenomeni di
smog industriale. In ogni caso l’impiego dei vari combustibili fossili costituisce ancora un
pericolo per la salute dell’uomo e per l’integrità dell’ambiente a causa della possibilità che
si instauri il fenomeno dello smog fotochimico, la forma d’inquinamento più diffusa nelle
grandi città del pianeta.
2.8 - EFFETTI SULLA SALUTE
L’inquinamento atmosferico comporta spesso numerose conseguenze a carico
della salute, soprattutto nei casi in cui si verifichi un brusco innalzamento delle
concentrazioni dei comuni contaminanti dell’aria (inquinamento acuto). In questi casi,
l’aumentata esposizione a vari irritanti atmosferici provoca la riduzione della funzionalità
polmonare, l’aumento delle malattie respiratorie nei bambini, gli attacchi acuti di bronchite
e l’aggravamento dei quadri di asma; il tutto comporta un forte incremento nel numero dei
decessi fra le persone più sensibili a determinati inquinanti, come gli anziani o le persone
affette da malattie respiratorie e cardiovascolari.
Famosi sono alcuni casi che si verificarono il secolo scorso: a Londra, ad esempio, fra il 5
ed il 9 dicembre 1952 morirono più di 4000 persone già sofferenti di malattie polmonari a
causa di una densa coltre di smog che ristagnava
in città.
L’effetto dell’inquinamento a bassi livelli e per
lungo tempo risulta invece più subdolo e difficile
da individuare. Si presume che provochi a breve
termine disagio, irritazione, tossicità specifica,
affezioni respiratorie acute e, in rari casi,
mortalità, soprattutto fra gli anziani affetti da
patologie croniche cardiovascolari o respiratorie.
Gli effetti a lungo termine causati da una
esposizione
ad
inquinanti
presenti
a
concentrazioni relativamente basse non sono
ancora completamente chiari; in ogni caso si ritiene che fra i vari effetti vi sia la comparsa
di malattie polmonari croniche aspecifiche (come la bronchite cronica, l’asma e
l’enfisema), la formazione di varie neoplasie maligne (cancro polmonare, leucemie) ed un
aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie
Il buco dell’ozono ed in generale la diminuzione dell’ozono stratosferico non
rappresentano al momento un rischio immediato per la salute dell’uomo. Questo,
comunque, se le dimensioni del fenomeno non sono destinate a crescere ulteriormente,
nel qual caso la situazione potrebbe diventare drammatica. L’ozono agisce infatti
schermando la maggior parte delle pericolose radiazioni UV-B provenienti dal sole ed un
drastico aumento delle radiazioni ultraviolette anche nelle zone popolate della terra
potrebbe causare danni impensabili.
Alcuni studi teorizzano che una diminuzione dell’1% dell’ozono colonnare possa
comportare un aumento delle radiazioni ultraviolette a livello del suolo pari all’1,2%. I raggi
UV-B sono in grado di attaccare e danneggiare molecole come il DNA e l’RNA, così se
l’esposizione a questi raggi diviene eccessiva, si possono sviluppare sia dei melanomi che
altri tipi di cancro della pelle.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
L’aumento delle temperature a causa del
riscaldamento
globale
provocato
dall’incremento della concentrazione dei
gas serra nell’atmosfera può comportare sia
effetti diretti che indiretti per la salute
dell’uomo.
Le temperature estremamente calde
aumentano soprattutto i rischi fisici a carico
delle persone che presentano problemi
cardiaci. Questi soggetti sono più vulnerabili
perché in condizioni termiche più elevate il
sistema cardiovascolare deve lavorare in
modo maggiore per mantenere la
temperatura corporea stabile. Il clima più caldo comporterebbe inoltre una maggiore
frequenza dei colpi di calore ed un aumento della diffusione dei problemi respiratori.
Le temperature più elevate aumentano inoltre la concentrazione dell’ozono a livello del
suolo, favorendone la formazione. Le statistiche sulla mortalità e sui ricoveri ospedalieri
dimostrano chiaramente che la frequenza delle morti aumenta nei giorni particolarmente
caldi, in modo particolare fra le persone molto anziane e fra i malati di asma.
2.9 – L’ENERGIA SOLARE E L’AMBIENTE
I processi di estrazione, trasporto ed uso delle fonti tradizionali di energia, fossili e
nucleare producono numerosi guasti ambientali. E’ improbabile che si perda il controllo del
funzionamento di una centrale nucleare: ma se ciò avvenisse, si produrrebbe una
catastrofe. Ed è un problema ambientale grave quello dell’eliminazione dei materiali
radioattivi di scarto, prodotti nei processi di lavorazione ed utilizzazione dei combustibili
nucleari. Anche l’uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) è
accompagnato da effetti negativi sull’ambiente.
Gli inquinamenti chimici, dovuti alla diffusione nell’atmosfera e nell’ambiente di sostanze
velenose o comunque dannose alla vita, come ad esempio i composti dello zolfo, sono
molto pericolosi. Questi inquinamenti, in linea di principio, se non trascurati, sono
eliminabili usando opportuni depuratori. Vi è però un inquinamento che si accompagna
all’uso dei combustibili e che non è in alcun modo eliminabile: è il cosiddetto
“inquinamento termico”. Esso deriva da due principali fenomeni. Il primo è che
trasformando un combustibile in qualunque altra forma di energia si produce calore, che
viene immesso nell’ambiente. Il secondo è che, bruciando combustibile, si producono fumi
che per quanto puliti contengono comunque almeno un gas di scarto: l’anidride carbonica;
questo gas, pur non essendo velenoso, produce quando è presente nell’atmosfera una
cappa, che per effetto serra non consente al calore di disperdersi al di fuori dell’atmosfera.
L’inquinamento termico a livello locale danneggia l’ambiente, provocando uno squilibrio
fra le varie specie viventi e l’ambiente naturale, ma successivamente accumulandosi
sull’intero pianeta diventa “inquinamento termico globale”, che a certi livelli, consumando
sempre più energia, produrrà effetti disastrosi. Lo scioglimento del ghiaccio dei poli e
l’innalzamento del livello dei mari saranno la conseguenza di tale effetto, che cambierà
l’assetto dell’intero pianeta.
L’energia solare, invece, produce inquinamenti nel caso si decidesse di installare sulla
Terra tanti collettori da coprire tutte le necessità energetiche dell’umanità, ma
l’inquinamento termico prodotto sarebbe tuttavia minore di quello che l’uomo ha già
prodotto con tutti gli interventi artificiali che ha effettuato sul territorio.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Un uso molto esteso dell’energia solare, per rifornire le case di acqua calda, di elettricità,
e per riscaldarle in inverno - se si hanno a disposizione i tetti delle case e le parete
orientate verso sud - potrà soddisfare meglio la maggior parte delle necessità di energia
delle abitazioni.
Per tutte le altre applicazioni però è necessario occupare vaste estensioni di terreno. Se,
ad esempio, si volesse produrre con i dispositivi fotovoltaici tutta l’energia elettrica che
oggi si consuma in Italia, sarebbe necessario utilizzare circa 12.000 chilometri quadrati di
superficie. In Considerazione che esistono terreni improduttivi e abbandonati, questi
territori potrebbero diventare “campi” produttivi se utilizzati con lo scopo di fornire, in
futuro, energia solare.
2.10 - LE FONTI RINNOVABILI
Lo sviluppo dei Paesi industrializzati e tecnologicamente avanzati, negli ultimi
decenni del XXº secolo, si è basato su uno spreco di materie prime e di fonti di energia
accumulata dal pianeta in milioni di anni.
Fra non molto sarà necessario modificare vita e organizzazione sociale; l’uso
appropriato dell’energia solare, la più importante risorsa che abbiamo a disposizione, sarà
pertanto uno degli elementi decisivi di questo cambiamento. Come si è visto, l’energia
solare può essere usata per riscaldare acqua a bassa temperatura e per riscaldare le case
in inverno. Ciò può essere fatto utilizzando tecniche ed apparecchiature che sono già oggi
ala portata dei progettisti e delle industrie. Al riscaldamento di ambienti e di acqua è
dedicata una grossa fetta dei consumi energetici, ma per utilizzare l’energia solare, in
modo da diminuire i consumi di energia tradizionale, bisogna apportare modifiche in quasi
in ogni abitazione ed è, altresì, indispensabile possedere una specifica preparazione
tecnica per fare le giuste valutazioni che guidino al miglior uso di questa energia.
Nell'ottica di un uso intelligente delle risorse energetiche si colloca lo sfruttamento delle
risorse rinnovabili. Queste, almeno allo stato attuale della tecnologia, non possono
sostituire totalmente i prodotti petroliferi, ma possono proficuamente rimpiazzarli o
integrarli in diverse applicazioni.
La caratteristica principale delle fonti rinnovabili è la loro dispersione: questa è
contemporaneamente punto di forza, in quanto in tutte le località si possono sfruttare
l'energia solare ed eolica, ed elemento limitante, in quanto la "concentrazione" di energia è
ridotta. Un problema non trascurabile di alcune tipologie di impianti, principalmente quelli
solari ed eolici, è rappresentato dalla necessità di installare i dispositivi all'esterno, con
possibili effetti negativi dal punto di vista dell'impatto visivo. Una accurata progettazione
dell'inserimento e la scelta di captatori meno "visibili" riescono ad attenuare il problema,
ma sicuramente non ad eliminarlo. Diventa inoltre estremamente importante definire quale
aspetto dell'impatto sull'ambiente tutelare maggiormente: da una parte la presenza
localizzata di elementi antiestetici, dall'altra la consueta utilizzazione dei combustibili fossili
cui conseguono le modificazioni climatiche generate dalle emissioni inquinanti.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Infine è interessante sottolineare una peculiarità degli impianti alimentati da energie
rinnovabili: l'utilizzo delle fonti energetiche sempre disponibili localmente consente di
evitare "black out" improvvisi dovuti all'impossibilità dei rifornimenti o al danneggiamento
delle reti di distribuzione. Un esempio di quanto può capitare si è rivelato in occasione
della recente alluvione: si sono verificati dei guasti alla rete elettrica di alimentazione di
interi paesi, i quali sono sprofondati nella più completa oscurità. In queste condizioni una
seppur minima illuminazione, ad esempio tramite lampioni fotovoltaici, è fondamentale per
consentire sia l'evacuazione più rapida che l'arrivo dei soccorsi più agevole. Questi
lampioni essendo autonomi garantiscono l'illuminazione in ogni occasione, e pertanto una
loro installazione è giustificabile non soltanto per il risparmio energetico che si ottiene ma
soprattutto per la maggiore sicurezza che ne deriva.
Il 28 settembre 2003, alle ore 3,20 del mattino, l’Italia si è trovata al buio: è il grande
BLACK OUT, che ha fermato il Paese provocando incidenti, danni, panico, e,
conseguenze che, pur non tragiche, hanno colpito l’intera popolazione. Da ciò si è potuto
constatare l’impossibilità di mantenere l’attuale sistema di produzione energetica, che
riguarda non solo l’Italia ma tutte le Nazioni del mondo, e che a tale scopo la ricerca
scientifica e tecnologica è concentrata a proporre nuove soluzioni alternative, che
riguardano <<l’energia del futuro>>, e, tra queste, il <<NUCLEARE PULITO>>.
Le ricerche puntano fondamentalmente su due ambiti: un diverso metodo di fusione e la
fusione nucleare.
Per quanto riguarda la fusione, dal 1998 Italia, Francia e Spagna hanno dato
l’incarico ad un gruppo di ricercatori per studiare un metodo in grado di risolvere i due
principali problemi del nucleare <<tradizionale>>: lo smaltimento delle scorie e il rischio di
incidenti.
Sul fronte della fusione con il progetto <<ITER>> si proverà a realizzare il primo reattore a
fusione nucleare, che potrebbe rappresentare, per i suoi sostenitori, l’energia del futuro,
pulita e a basso costo. Il progetto per la costruzione, in Francia, del reattore sperimentale
a fusione nucleare ITER, per cui è previsto un costo di circa dieci miliardi di euro, è stato
messo a punto nel quadro delle ricerche di nuove fonti di energie pulite.
L’obiettivo di ITER è di dimostrare la fattibilità della produzione di energie attraverso una
reazione di fusione simile, per molti versi, a quella che avviene nel sole.
La “fusione” di nuclei atomici con enorme produzione di energia “pulita” avviene ad
altissime temperature all’interno di un gigantesco “anello” elettromagnetico. Ma, a
differenza dell’energia nucleare che ha bisogno di uranio arricchito e che genera (come
“scorie”) il pericolosissimo plutonio, questo procedimento utilizza come combustibile il
deuterio, che si ricava dall’acqua di mare e non dovrebbe produrre scorie inquinanti.
Se il procedimento avrà successo e, quando, se ne dimostrerà possibile un uso
“industriale” ne risulterà una fonte energetica praticamente infinita, a basso costo e ad un
minimo tasso di inquinamento. Potrebbe essere la fine dell’era del petrolio.
Risulta ben chiaro, pertanto, che si ha un urgente bisogno di trovare nuove strategie per
uscire dall’era monopolizzata dal petrolio, una soluzione capace di garantire alla civiltà un
futuro.
Energie fornite dalle centrali al carbone, dai classici impianti nucleari, dalle sabbie
petrolifere ecc., le quali risultano altamente inquinanti, che bruciando emettono ingenti
quantità di biossido di carbonio, nel giro di qualche anno potrebbero lasciare il posto alle
nuove tecnologie, le quali annunciano, altresì, l’era dell’Idrogeno, e da cui scaturirà una
rivoluzione sociale e politica, rendendo obsoleti: petrolio, carbone e nucleare.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
3 – L’ EDUCAZIONE AMBIENTALE: da un’educazione per la conservazione del
patrimonio naturale all’educazione per la sostenibilità
La consapevolezza dei limiti delle risorse naturali ed ambientali e quindi
l’assunzione del concetto di vulnerabilità, e del rischio che esse possano divenire critiche
fino alla soglia del degrado irreversibile, ha reso necessaria l’adozione di nuove strategie
per la protezione dell’ambiente e per la promozione di una nuova sensibilità collettiva.
L’educazione ambientale fornisce gli strumenti di lettura e comprensione dell’ambiente e
delle sue valenze, per un recupero delle risorse naturali esistenti dallo stato di degrado e
sfruttamento attuale e per una corretta fruizione da parte dell’uomo, in modo da
conservarne l’esistenza e l’integrità.
Nel concetto di educazione ambientale è intrinseco non soltanto l’obiettivo di conoscere
l’ambiente e di agire nell’ambiente, ma anche e soprattutto quello di proteggere l’ambiente.
L’educazione ambientale ha, dunque, tra le sue finalità formative, non solo lo studio
didattico e l’esperienza didattica nell’ambiente, ma in particolare la protezione
dell’ambiente attraverso l’educazione, ovvero l’attività educativa a favore dell’ambiente.I
livelli di sviluppo dell’educazione all’ambiente, da intendersi come stadi successivi di
approfondimento, possono essere così riassunti:
- Studio sull’ambiente;
- Attività nell’ambiente;
- Attività per l’ambiente
Studio sull’ambiente Approccio disciplinare nei confronti dell’ambiente dove prevale
l’aspetto formativo che è affidato alla conoscenza d’elementi, meccanismi e relazioni;
prevale l’aspetto logico, conoscitivo e sistematico.
Attività nell’ambiente Esperienze sul campo con laboratori didattici, contatto diretto con
l’ambiente;
prevale l’aspetto sperimentale e sensoriale;
oltre alle competenze per la soluzione dei problemi è necessario sviluppare atteggiamenti
di interesse e capacità di valutazione, attitudini decisionali.
Attività per l’ambiente Iniziative per la trasmissione di valori e comportamenti compatibili
per l’ambiente e finalizzate ad aumentare il livello di qualità (esempio: raccolta
differenziata di prodotti pericolosi ai fini di un corretto smaltimento o recupero).La comunità
internazionale ha da tempo avviato una serie di conferenze sul tema dell’educazione
ambientale per promuoverne i principi e rendere consapevoli governi e opinione pubblica
sulla necessità di sviluppare cultura e consapevolezza dei problemi ambientali. La finalità
comune, condivisa sugli obiettivi di educazione ambientale, è il miglioramento della qualità
dell’ambiente e della vita di tutti, attraverso la sensibilizzazione della popolazione verso i
fattori critici dei sistema produttivo e lo sviluppo sostenibile, e la partecipazione dei cittadini
ai processi di soluzione, sollecitando un senso di responsabilità personale nella gestione
del conflitto tra sviluppo socio-economico e integrità dell’ambiente di vita.
L’educazione ambientale nasce, in tutto il mondo ed anche in Italia, esclusivamente
come educazione per la difesa e conservazione della natura: la prima “C
Convenzione per la
preservazione in stato naturale di flora e fauna” sottoscritta a livello internazionale anche
dall’Italia, risale al 1933.
Le principali tappe:
21
EDUCAZIONE AMBIENTALE
1965
1972
1975
1977
1987
1992
1992
1997
1997
Cosimo Galasso
Conferenza di Bangkok
Conferenza di Stoccolma
La Conferenza di Belgrado
Dichiarazione di Tbilisi
Congresso Unesco – Unep a Mosca
Congresso mondiale di Toronto;
Conferenza dell’ONU di Rio de Janeiro o “Summit della Terra”
Dichiarazione di Salonicco
Carta dei principi di Fiuggi per l’educazione ambientale.
1965 – Il concetto di educazione ambientale è citato, tra i primi documenti internazionali,
nella Conferenza di Bangkok sulla Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali,
come strumento per la conservazione del patrimonio naturale.
1972 - L’aspetto naturalistico tende ad essere superato già nel documento che segue alla
Conferenza di Stoccolma dell’ONU del 1972 che, attraverso i suoi 27 principi si richiama
la necessità di un’educazione ai problemi ambientali attraverso il senso di responsabilità di
individui, società e collettività per la protezione e il miglioramento dell’ambiente nella sua
piena dimensione umana al fine di garantire progresso e sviluppo anche alle generazioni
future.
1975 – La Conferenza Unisco-Unep di Belgrado, nel documento “Schema mondiale per
l’educazione ambientale”, attribuisce in modo deciso un carattere sociale all’educazione
ambientale che deve trasmettere valori etici per una rielaborazione del rapporto tra uomo
e suo simile e tra uomo e natura. E’ sottolineata la multidisciplinarietà dell’educazione
ambientale e valorizzato il suo aspetto sociale, che, investendo l’ambiente di vita,
coinvolge le persone nei loro bisogni primari di sopravvivenza, salute e qualità della vita.
1977 – Nella 1ª Conferenza intergovernativa mondiale sul tema viene sottolineata
l’importanza strategica dell’educazione ambientale con la Dichiarazione di Tbilisi. In
questo contesto vengono definiti i seguenti paradigmi teorici dell’educazione ambientale:
- globale;
- multidisciplinare;
- impartita a tutte le età ed a ogni livello di educazione formale ed informale;
- rivolta a tutta la comunità:
- capace di connettere la conoscenza all’azione attraverso un processo di assunzione
della responsabilità;
- stimola la presa di coscienza individuale per “dare il senso della continuità che collega
l’atto di oggi alle conseguenze di domani”;
- dimostra l’interdipendenza tra comunità nazionali e la necessità del principio di
solidarietà tra l’intera umanità.
E’ sottolineata inoltre l’importanza che l’educazione ambientale può avere nel
rinnovamento del processo educativo.
1987 – Congresso Unesco-Unep a Mosca: l’educazione ambientale deve essere
orientata ai problemi concreti dell’ambiente umano in una prospettiva interdisciplinare che
tenga conto della complessità. E’ riconosciuta l’importanza di una presa di coscienza
collettiva poiché solo la modifica dei comportamenti della maggioranza della
popolazione attraverso una libera e cosciente interiorizzazione dei valori positivi per
l’ambiente può portare ad una soluzione duratura dei problemi.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
1992 - Conferenza dell’ONU su “Ambiente e Sviluppo” di Rio de Janeiro o “Summit della
Terra” e Congresso mondiale di Toronto per l’educazione ambientale e la
comunicazione si ambiente e sviluppo. Nel documento di Agenda 21, elaborato a seguito
della Conferenza delle Nazioni Unite, un intero capitolo dedicato al tema (cap. 36)
stabilisce che l’educazione ambientale è uno strumento per la promozione dello sviluppo
sostenibile e per aumentare la capacità delle popolazioni di affrontare questioni ambientali
e di sviluppo. L’educazione viene così identificata come strumento primario per
promuovere sistemi di vita e di produzione sostenibili, al fine di garantire un uso delle
risorse distribuito equamente tra i popoli e tra le generazioni presenti e future.
1997 - La Dichiarazione di Salonicco, è stata adottata dai rappresentanti di
organizzazioni governative e non governative (ONG), provenienti da 90 Paesi presenti
alla Conferenza Internazionale <<Ambiente e Società: educazione e sensibilizzazione per
la sostenibilità>>, organizzata a Salonicco dall’UNESCO. L’Educazione Ambientale, così
come concepita sulla base delle raccomandazioni di Tbilisi e come si è evoluta fino a
permeare l’intero campo di azione delle indicazioni contenute nell’Agenda 21 ed enunciate
dalle maggiori Conferenze delle Nazioni Unite, deve essere intesa come educazione
verso la sostenibilità. Ciò comporta che può essere considerata come educazione per
l’ambiente e la sostenibilità. La Conferenza internazionale dell’ UNESCO dà ancora ampio
spazio alla necessità di un rapido e radicale cambiamento di consumi e modelli di
produzione; tra le raccomandazioni è ribadita la necessità di investire nell’educazione per
promuovere uno sviluppo sostenibile, attraverso un processo di partecipazione e di
apprendimento collettivo che coinvolge governi, autorità locali, università, imprese,
consumatori, mezzi di informazione; inoltre si sottolinea il ruolo della comunità scientifica
nell’assicurare che i contenuti dell’educazione ambientale, intesa come educazione verso
la sostenibilità, siano basati su dati certi e aggiornati. Il riordinamento dell’educazione nel
suo complesso, così come enunciato nel Capitolo 36 dell’Agenda 21, non può essere
raggiunto dalla sola Comunità scolastica.
1997 – La “Carta dei principi per l’educazione ambientale”, elaborata a Fiuggi da
rappresentati dei Ministeri dell’Ambiente e della Pubblica Istruzione, rappresenta il primo
documento del genere in Italia e si rivolge ai cittadini di ogni età come alla Pubblica
Amministrazione, alla imprese come ai lavoratori, alle scuole come alle agenzie educative
del territorio. La carta propone orientamenti alla ricerca, alla riflessione, al confronto,
evidenziando l’importanza della diffusione, qualificazione e socializzazione della scelte
pubbliche volte allo sviluppo sostenibile e, non ultimo, si integra con il processo di
rinnovamento delle strutture educative del sistema formativo.
Ogni individuo ha un ruolo importante e insostituibile per l’Educazione Ambientale e per il
mantenere, salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente:
• quale cittadino singolo e protagonista di movimenti collettivi e associativi;
• quale produttore di beni e servizi, di rischi, inquinamento e rifiuti;
• quale consumatore di beni, di servizi e di risorse esauribili in forme diseguali.
4 -Produzione - Consumo – Comportamenti
Per la prima volta, infatti, si vede non lontano il pericolo di esaurimento di importanti
risorse. E’ quindi necessario dare una risposta alla seguente domanda: la moderna civiltà
è resa possibile solo dal consumo delle risorse naturali accumulate ed è quindi destinata a
finire quando fra non molti decenni le scorte finiranno? Oppure usando le moderne
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
tecnologie e conoscenze per rendere più efficienti i processi naturali è possibile mantenere
l’attuale livello di benessere ed anzi accrescerlo utilizzando solo le risorse cosiddette
rinnovabili, cioè quelle che la natura mette man mano a nostra disposizione?
Cambiare subito
Appare chiaro che è necessario modificare profondamente la politica energetica e il
sistema energetico tutto: cioè il sistema di approvvigionamento, distribuzione e uso
dell’energia. E’ anche chiaro in quali direzioni è necessario indirizzare tali modifiche.
La prima esigenza è quella che va sotto il nome di “differenziazione delle fonti “. Oggi il
soddisfacimento della stragrande maggioranza dei nostri fabbisogni energetici (per
trasporti, riscaldamento, produzione di energia elettrica, processi industriali) è basato
sull’uso di derivati del petrolio. Solo un quinto dei consumi nazionali sono coperti da fonti
diverse: legna, carbone, gas naturale, energia nucleare, energia ricavata dall’acqua (o
idroelettrica), ecc. La commissione Europea, per quanto riguarda la produzione
energetica, ha imposto all’Italia una riduzione secca delle emissioni industriali di anidride
carbonica, per il periodo 2008 – 2012. La riduzione del 6,3% delle emissioni imposta dalla
UE tocca circa 1200 industrie italiane, ma oltre la metà riguarda impianti termoelettrici a
gasolio o a carbone, con una spesa di 600 milioni di euro all’anno. Sulla base del
protocollo di Kyoto [1] - entrato in vigore il 16 febbraio 2005 - il trattato internazionale
sottoscritto l’11 dicembre 1997 da oltre 160 paesi in occasione della Convenzione
dell’ONU sui cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, pone il limite coerente con
gli impegni previsti che non dovrà superare i 195,8 milioni di tonnellate all’anno di anidride
carbonica (CO2). Per la riduzione del gas serra, il trattato prevede, fra l’altro, l’obbligo per
tutti i paesi industrializzati di operare una drastica riduzione - nel periodo 2008 20012 delle emissioni di biossido di carbonio in una misura non inferiore al 5,2%, rispetto alle
emissioni registrate nel 1990. Con il piano del commercio delle emissioni, l’Unione
europea (UE), stabilendo il tetto massimo di gas di produzione industriale per ogni Stato,
torna sul programma, in tema di variazione climatica (European Climate Change
Programme), lanciato nel 2000 dalla Commissione europea, con l’obiettivo di accelerare le
procedure di applicazione del protocollo di Kyoto.
[1] { Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici (trattato internazionale 1997) }
{ Il protocollo di Kyoto è lo strumento più importante per combattere i cambiamenti climatici. Esso
contiene l'impegno di gran parte dei paesi industrializzati a ridurre mediamente del 5% le emissioni
di alcuni gas ad effetto serra, responsabili del riscaldamento del pianeta.
Dopo lunghi lavori preparatori, l'11 dicembre 1997 è stato adottato a Kyoto il Protocollo di Kyoto.
La Comunità europea ha firmato il protocollo il 29 aprile 1998. Nel dicembre 2001, il Consiglio
europeo di Laeken ha confermato che era volontà dell'Unione che il Protocollo di Kyoto entrasse in
vigore prima del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (26 agosto - 4
settembre 2002). Per raggiungere questo obiettivo, la decisione approva il protocollo a nome della
Comunità. Gli Stati membri si sono impegnati a depositare i loro strumenti di ratifica
contemporaneamente alla Comunità e, per quanto possibile, prima del 1° giugno 2002.
L'allegato II della decisione riporta gli impegni di limitazione e riduzione delle emissioni convenuti
dalla Comunità e dai suoi Stati membri per il primo periodo di impegno (2008 - 2012).
Il contenuto del protocollo
Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas ad effetto serra:
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
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Cosimo Galasso
biossido di carbonio (CO2);
metano (CH4);
protossido di azoto (N2O);
idrofluorocarburi (HFC);
perfluorocarburi (PFC);
esafluoro di zolfo (SF6).
Esso rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il riscaldamento planetario perché
contiene obiettivi vincolanti e quantificati di limitazione e riduzione dei gas ad effetto serra.
Globalmente, gli Stati inclusi nell'allegato I della convenzione quadro si impegnano a ridurre le loro
emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990.
L'allegato B del protocollo contiene gli impegni quantificati sottoscritti dagli Stati contraenti.
Tra il 2008 e il 2012 gli Stati membri dell'Unione devono ridurre collettivamente le loro emissioni di
gas ad effetto serra dell'8%.
Per il periodo anteriore al 2008, gli Stati contraenti si impegnano ad ottenere entro il 2005 concreti
progressi nell'adempimento degli impegni assunti e a fornirne le prove.
Gli Stati contraenti possono utilizzare il 1995 come anno di riferimento per le emissioni di HFC,
PFC e SF6.
Per raggiungere questi obiettivi, il Protocollo propone una serie di mezzi di azione:
•
•
rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni (miglioramento
dell'efficienza energetica, promozione di forme di agricoltura sostenibili, sviluppo di fonti di
energia rinnovabili, ecc.);
cooperare con le altre parti contraenti (scambi di esperienze o di informazioni,
coordinamento delle politiche nazionali per migliorarne l'efficacia attraverso meccanismi di
cooperazione, quali i diritti di emissione, l'attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo
pulito) }.
Consumi e sprechi
La possibilità di vivere una vita confortevole è fortemente condizionata dalla disponibilità
di energia.
L’energia artificiale ci illumina di sera, nelle case e nelle città; ci riscalda in inverno, ci
consente di muoverci rapidamente e senza sforzo. Le macchine ci aiutano nel nostro
lavoro, ed utilizzando energia artificiale prendono su di sé gran parte della fatica che nel
passato gravava pesantemente sull’uomo, e in particolare sulle classi sociali meno forti.
Anche la diffusione dell’informazione e della cultura è condizionata dalla disponibilità di
energia; senza di essa, la possibilità di ascoltare notizie o musica, di vedere immagini di
attualità e di arte, di leggere giornali e libri, sarebbe inesistente, o privilegio di una piccola
minoranza.
Per un Paese industrializzato, il problema energetico è secondo per importanza al
solo problema alimentare; la stabilità economica, l’occupazione, la pace sociale, la stessa
indipendenza politica dipendono di fatto dalla capacità di dare una risposta adeguata alle
proprie esigenze energetiche.
Ghiacci polari che fondono, uragani che migrano dai tropici all’artico, acqua dolce sempre
più scarsa, risorse energetiche e minerarie verso l’esaurimento, popoli affamati, epidemie
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
globali in agguato, squilibrio crescente tra ricchi e poveri, una marea di rifiuti che rischia di
travolgerci. Sono tante le catastrofi che incombono sul futuro del pianeta e di fronte a
questi scenari la politica sembra impotente.
L’obiettivo degli accordi di Kyoto per limitare il riscaldamento globale dovuto ai gas ad
effetto serra è sempre più lontano: l’anidride carbonica nell’atmosfera nell’ultimo secolo è
passata da 290 a 380 parti per milione e ormai aumenta al ritmo di 2 parti all’anno.
La desertificazione avanza, le grandi foreste arretrano. Riciclare la carta di una caramella
sembra poco, ma basta pensare che per ogni abitante della Terra equivalente a 7 miliardi
circa di carte di caramelle per farle bisogna abbattere un pioppeto. Con motori elettrici di
nuova generazione, elettrodomestici di classe A e più spazio alle energie rinnovabili:
eolico e biomasse, si possono risparmiare, con queste misure, 6 milioni di tonnellate di
CO2, cioè la metà dei tagli richiesti dall’Unione Europea e si evita di far gravare tutto sul
prezzo delle bollette.
La Terra è una astronave che corre intorno al Sole, per non perdere la rotta ognuno deve
fare la sua parte.
Ecco alcune importanti regole da tenere in conto:
Isolare la casa
Un terzo dell’energia consumata nel mondo serve a riscaldare o a rinfrescare gli
ambienti. In questo campo quasi non c’è limite al risparmio. Esistono edifici climatizzati a
energia zero semplicemente sfruttando in modo razionale l’esposizione al sole, pareti di
vetro ora trasparente ora riflettente, correnti d’aria create grazie alla differenza di
temperatura tra lato illuminato e lato in ombra, pannelli solari termici. Ma anche i doppi
vetri permettono di risparmiare il 20 per cento sulla spersa di riscaldamento. Coibentare le
pareti dà un altro contributo importante.
D’inverno ogni grado in più rispetto ai 20 gradi regolamentari fa crescere del 7-8 per cento
il consumo di energia. D’estate lo stesso discorso vale per la refrigerazione quando la
differenza di temperatura tra interno ed esterno supera i 5 gradi.
In media gli edifici del nostro paese hanno un fabbisogno energetico annuo di 240
kilowattora per metro quadrato mentre gli edifici ad alta efficienza energetica ne richiedono
da 20 a 50.
Apparecchi elettrici
Le nostre case sono piene di apparecchi in standby che consumano elettricità 24 ore su
24 anche se li usiamo sì e no due sere per settimana. Il telecomando fa pagare la pigrizia
di non alzarsi dalla poltrona. Videoregistratori, televisori, decoder satellitari e della tv
digitale, lettori Dvd, computer, stampanti e impianti hi-fi in standby assorbono dal 30 al 40
per cento dell’energia richiesta quando sono in funzione, nell’arco della loro vita
consumano molta energia nell’attesa che nel funzionamento e messi insieme fanno il 70
per cento della nostra bolletta elettrica.
L’istituto Fraunhofer-Forscher per l’innovazione calcola che in Italia si consuma energia
equivalente a una centrale da 1.000 megawatt. Negli Stati Uniti otto reattori nucleari
devono lavorare soltanto per gli apparecchi in standby.
In Europa i divoratori di energia sono, nell’ordine, televisori e impianti stereo quasi alla
pari (2.770 gigawattora all’anno), telefoni fissi e portatili (1.420 GWh), videoregistratori
(1.182), computer (1.165), stampanti (652). Tre miliardi di euro si potrebbero risparmiare
abolendo lo standby. Anche le aziende però dovrebbero fare la loro parte progettando
apparecchi che senza connessione alla rete tengano in memoria i comandi di
configurazione.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Cambiare le lampadine
L’illuminazione assorbe il 20 per cento dell’elettricità prodotta nel mondo.
Rischiarare le nostre case richiede il 13 per cento del consumo elettrico e l’otto per cento
delle spese fisse di una famiglia. Molte lampade sono ancora a filamento incandescente,
tecnologia che risale alla seconda metà dell’ottocento. Queste lampade trasformano in
luce meno del 5 per cento dell’energia di partenza. Sostituendole con lampade compatte a
fluorescenza significa ottenere la stessa illuminazione spendendo un quinto in energia, e
quindi in euro, cosa che in tre anni compensa il loro maggiore costo. In 10 mila ore una
lampadina fluorescente da 15 W (pari a una incandescenza da 75 W) fa risparmiare 600
kilowattora evitando l’emissione di 320 kg di anidride carbonica Nel mondo, lampade più
efficienti richiederebbero 650 centrali elettriche in meno, evitando l’emissione di 700
milioni di tonnellate di carbonio nell’atmosfera all’anno. I Led, diodi a emissione luminosa
che consumano ancora meno e durano 10 volte più delle lampade a fluorescenza, le quali
durano già 5 volte di più di quelle a filamento incandescente, saranno le lampadine del
futuro. E se incominciassimo a usarli? Quanto all’illuminazione pubblica, in Italia, solo
mettendo il cappuccio ai lampioni risparmieremmo 200 milioni di euro all’anno e
riscopriremmo l’esistenza delle stelle.
Scoprire l’acqua tiepida
Lo scaldabagno elettrico è il più inefficiente: è assurdo bruciare gas o petrolio per
scaldare acqua per fare elettricità che poi usiamo per scaldare altra acqua. Due terzi
dell’energia si perdono lungo la strada. Installando quelli a gas conta poi anche il modo di
usarli. La temperatura La doccia ha un costo energetico che è un quarto della vasca da
bagno e pure la temperatura, ogni grado in più costa: perché scottarsi quando è preferibile
dell’acqua tiepida, magari prodotta con pannelli termici?
Scegliere buoni elettrodomestici
Più di metà dei consumi domestici di elettricità se ne va negli elettrodomestici, che
complessivamente sono responsabili di un quinto delle emissioni mondiali di anidride
carbonica. Lavatrici, piatti, forni e frigoriferi di ultima generazione in classe A consumano
fino al 70 per cento di meno di quelli degli Anni 80. Altri risparmi si ottengono collocando il
frigo in un angolo fresco della cucina e sbrinandolo spesso. Le incrostazioni di ghiaccio
agiscono come una coperta che ostacola il raffreddamento.
Usare l’auto con intelligenza
Nel mondo un quarto dell’energia serve a far girare il sistema dei trasporti. Questi da soli
bruciano due terzi della produzione annuale di petrolio. L’uso della macchina che spesso è
utilizzata da una sola persona, sarebbe opportuno in questo caso utilizzare il treno, il tram,
l’autobus. E se si viaggia in autostrada a 120 km/h a 120 anziché a 130 riduce il consumo
di carburante di un litro ogni 100 km, con 7 euro di risparmio ogni 500 chilometri.
Chiudere i rubinetti
Fatta uguale a 100 litri tutta l’acqua del mondo, quella potabile starebbe in cucchiaino.
La sete (1,2 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua pulita) è oggi un problema
più grave della fame. Al quale è strettamente legata, perché senza acqua non c’è
agricoltura.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Per ottenere un chilo di cereali occorrono 1.500 litri di acqua: per un kg di carne di manzo,
15 mila. I due terzi dei cereali in Europa e negli Stati Uniti sono destinati all’allevamento
del bestiame. Quei cereali sfamerebbero due miliardi di persone. Pur senza rinunciare alla
carne, è bene ricordare queste cifre quando si va a fare la spesa. In un prossimo futuro
sarà necessario separare la rete dell’acqua potabile da quella per altri usi. Un goccia che
si perde dal rubinetto riempie un bicchiere in 15 minuti; sono 10 mila litri in un anno, contro
i mille che beviamo!
Riciclare i rifiuti
Lasciati a se stessi, i rifiuti sono causa di inquinamento e di costi ormai insostenibili.
Selezionati e gestiti con intelligenza diventano una risorsa vitale, o almeno non vanno a
contaminare l’ambiente. I computer contengono oro, rame e altri metalli preziosi. Un
chilogrammo di rifiuti organici fornisce 300 grammi di composto utile come concime. Gli
imballaggi rappresentano il 20-30 per cento del prezzo di biscotti, latte, zucchero.
Riciclando la carta ognuno di noi può salvare un albero all’anno. Le lattine di alluminio
sono un concentrato di materia prima preziosa e di energia che è servita per estrarre il
metallo dal minerale grezzo (bauxite). Un discorso simile vale per il vetro. Le bottiglie di
plastica diventano indumenti di paile. Il mercurio contenuto nelle batterie non deve finire
nell’ambiente: quello di una batteria a pastiglia è sufficiente a inquinare 400 litri di acqua e
un metro cubo di terra per mezzo secolo, e ogni anno nel mondo si fabbricano 10 miliardi
di queste batterie.
La promozione ecologica di alcune compagnie petrolifere (i dettagli dei consigli:
www.eni.it/efficienza energetica) si inquadrano in una nuova strategia che punta sulle
ricerche nelle energie rinnovabili dove, in particolare, il colosso Agip intende investire 350
milioni di euro nei prossimi 4 anni. Di rilievo c’è che l’Eni, un’azienda che produce e vende
metano, sostiene campagne pubblicitarie sensibilizzando i consumatori d’energia a
“risparmiare senza sprecare”. Di positivo c’è anche che si sollecitano le imprese ad
investire sul solare e sui biocarburanti sicuri.
I gesti quotidiani per risparmiare, individuati dal singolare dossier dell’Eni, calcolano con
precisione i risparmi, ma per le grandi imprese resta, comunque, la sfida nella scelta
ecologica e nell’innovazione piuttosto che l’inquinamento; scelte importanti che il governo
di ogni Paese dovrà sostenere per migliorare l’ambiente.
Un altro importante passo è pure la strategia, approvata di recente a Bruxelles dai
leader europei, che prevede come primo grande obiettivo la riduzione delle emissioni di
gas serra del 20% entro il 2020. Un impegno che sarà portato come esempio di fronte alla
comunità internazionale nei negoziati sull’era post-Kyoto, i cui effetti scadono nel 2012, e
che permetterà all’Europa di proporre un target ai paesi più industrializzati ancora più
ambizioso: un taglio del 30% delle emissioni. A questi impegni si aggiunge quello di
portare al 20% la quota di fonti rinnovabili nel mix energetico dell’Unione europea, con
l’obiettivi differenziati, tra i singoli paesi, secondo criteri che terranno conto delle specificità
di ogni capitale e del suo mix energetico, permettendo nello sviluppo delle fonti rinnovabili
anche la scelta di ricorrere al nucleare tra le energie a basse emissioni di CO2, per quelle
regioni poco ventose che non potranno sviluppare l’eolico, o che non hanno superficie
agricole per coltivare i biocarburanti.
5 - L’ALLARME DELL’ONU ALLA CONFERENZA DI PARIGI 2007
Nessuno oramai pensa che le risorse del pianeta siano infinite e tanto meno che gli
allarmi climatici degli ultimi vent’anni siano un’amena banalità.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Duemilacinquecento scienziati di tutto il mondo hanno lavorato al quarto rapporto
dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate changes).
In tale rapporto, presentato a Parigi, i dati parlano da soli: la temperatura del pianeta è
aumentata di 0,74 gradi negli ultimi cento anni ed è destinata a crescere più in fretta del
previsto (da un minimo di 1,1 gradi se le emissioni di gas serra saranno basse a ub
massimo di 6,4 gradi se, invece, saranno alte); il livello dei mari è cresciuto, dal 1961 al
2003, di 1,8 millimetri all’anno ed è destinano ad aumentare nei prossimi cento anni da
28a 35 centimetri, mentre il riscaldamento di alcuni oceani si è esteso fino a 3000 metri di
profondità; dal 1978, inoltre, l’estensione media del ghiaccio marino artico si è ridotta del
2,7 per cento ogni dieci anni, infine, è aumentata l’intensità degli eventi estremi come
cicloni tropicali, tempeste tropicali ed extratropicali, alluvioni, siccità, ondate di caldo e di
freddo.
“Negli ultimi cento anni la temperatura media globale è aumentata di 0,74 gradi, ma
mentre nei decenni passati saliva a un tasso di circa 0,06 gradi per decennio, negli
ultimi 50 anni il tasso è stato di 0,13 gradi ed è arrivato ultimamente a 0,25” come
sostiene Vincenzo Ferrara, uno dei maggiori esperti di clima del CNR; e Sergio
Castellari dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia - che ha lavorato al rapporto
dell’IPCC per l’Italia - spiega che “i fattori naturali che possono aver causato dei
cambiamenti climatici dal 1750 a oggi sono:
variabilità solare, meteoriti, eruzioni vulcaniche e meccanismi interni di mutabilità
climatica, ma durante questi 250 anni non si sono verificati impatti da meteoriti tali
da influenzare il clima, le eruzioni vulcaniche hanno causato conseguente a breve
termine (pochi anni) e l’attività solare ha avuto un impatto minore (più 0,12 watt per
metro quadro) rispetto a quello provocato dalle attività umane (più 3,0 watt per
metro quadro ”
Che la responsabilità principale dell’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera
dipende dall’attività umana è un dato accertato.
Questi sono i dati del primo dei tre rapporti dell’IPCC dedicato alle basi scientifiche dei
cambiamenti climatici. Gli altri che saranno presentati nel corso dell’anno a Bruxelles e a
Bangkok, tratteranno delle opzioni di adattamento, cioè la situazione attuale dei sistemi
naturali e umani nei vari Paesi, la loro vulnerabilità e la possibilità di intervento e, infine,
dei diversi scenari possibili di “mitigazione”, cioè di riduzione dei gas serra.
Proposte concrete al Governo Italiano per un “piano di adattamento” , inteso come un
insieme di opere di difesa e migliore utilizzo del suolo, delle acqua , delle coste e delle
montagne, sono in atto di elaborazione dai migliori scienziati italiani e vari esperti del
settore.
Gli interventi non sono più rimandabili, considerato che i cambiamenti climatici stanno già
provocando una serie di emergenze da non sottovalutare.
Ad esempio – secondo Giampiero Maracchi, ordinario di Climatologia all’Università di
Firenze, - “la tendenza ad avere estati molto calde crea problemi non solo alla salute
umana ma influenza anche la produzione di latte e provoca il diffondersi di molte patologie
delle piante e degli animali. Senza contare le nostre risorse idriche.
Le precipitazioni troppo intense e fuori stagione impediscono alle falde di ricaricarsi. Ma
non bisogna pensare che il surriscaldamento del pianeta provochi principalmente caldo
ovunque. Paradossalmente l’Europa rischia il gelo polare: se si dovessero sciogliere i
ghiacci della Groenlandia, infatti, tutta quell’acqua dolce nell’oceano inciderebbe sulla
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
corrente del Golfo che assicura il nostro clima temperato. E la temperatura si
abbasserebbe di circa 7 gradi”
Chirac – che a maggio 2007 conclude il Suo mandato di Presidente dei Francesi - nel
suo discorso d’esordio alla conferenza di Parigi, con tono enfatico, dice: “Il pianeta soffre...
La natura soffre... Siamo sull’orlo dell’ irreversibile...” [...] Per tentare di arrestare lo
squilibrio ecologico è necessaria una rivoluzione, anzi una “tripla rivoluzione” da aprire e
combattere su tre fronti. Se “una trasformazione radicale dei nostri modi di produzione e
consumo” ne è la condizione prima, a completarla, anzi a consentirla, occorre però una
“rivoluzione culturale”, capace di imporre tra l’altro una diversa contabilizzazione della
ricchezza, che contempli e integri anche la qualità ambientale. Ma una trasformazione
dell’economia di tale portata è resa possibile solo dalla “rivoluzione delle coscienze”, cioè
dalla liberazione degli individui dai comportamenti acquisiti e dai modelli imposti, cioè
dall’ideologia dell’ iperconsumo (e del produttivismo quindi, della competitività, della
crescita, del Pil, di tutti i totem del nostro tempo): solo così si rimettono in causa le basi
stesse della macchina economica, e può trovare spazio la “crescita zero” come possibile
risposta alla sfida ecologica. E’ a questo punto che s’impone la terza rivoluzione, quella
dell’agire politico. Ma l’estrema difficoltà dell’impresa e la sua dimensione planetaria
esigono una conduzione internazionale [...]
La Conferenza di Parigi ha dato retta al presidente della Francia. Una “United Nations
Environmental Organization” è stata già virtualmente istituita. Un “gruppo pioniere” di stati,
tra cui tutti i membri dell’Unione Europea, si è costituito allo scopo di sollecitare le
inevitabilmente non brevi procedure per il varo della commissione. Esperti di varia natura e
provenienza (dal grande sociologo Edgard Morin all’economista inglese Nicholas
Stern, autore di un allarmante rapporto sul costo della crisi ecologica, ad Al Gore
che in Usa sta spopolando con il suo documentario ambientalista “Inconvenient
Truth”) sono mobilitati ad affiancarla, e nel frattempo hanno lanciato un loro “Appello da
Parigi”, onde risvegliare le torpide coscienze politiche. E tuttavia che cosa concretamente
seguirà a tutto ciò, non è facile dire, o piuttosto si possono fare previsioni non proprio
entusiasmanti. Non solo gli Usa come sempre si sono tirati fuori, ma tutt’altro che positive
sono le posizioni dei paesi terzi, Cina, India, Stati africani, esitanti quando non
decisamente contrari sia a far parte della Commissione, sia ad accettarne rigide normative
per la salvaguardia degli ecosistemi, al massimo disposti a considerare come consultivo il
nuovo organismo. E gli industriali già alzano la voce contro la produzione di auto a livelli
obbligati di emissione di CO2, mentre più che mai si fa sentire il sempre più folto gruppo
favorevole al rilancio del nucleare.
Il discorso di Chirac, il suo accorato invito a un radicale mutamento di approccio alla
dimensione economica del nostro esistere, non pare aver lasciato traccia significativa. E
nemmeno la Conferenza di Parigi nel suo complesso sembra aver prodotto nella
collettività reale consapevolezza della situazione ambientale. Decine di comunicati
gareggiavano nella descrizione di scenari agghiaccianti e avvertivano come i rapporti
scientifici precedenti fossero stati di eccessiva prudenza, per cui è prevedibile che la
temperatura aumenti fino a 4.5° entro il secolo, che l’innalzamento dei mari tocchi i 45cm,
che migliaia di chilometri di coste finiscano sott’acqua, che milioni di persone siano
costrette a fuggirne.
I ghiacciai dell’Everest si ritirano di 9 metri all’anno. A confermare la criticità della
situazione si sommano, alle denunce degli ambientalisti, le analisi degli studiosi sia di
Pechino sia delle Nazioni Unite. Il consulto mette sensibilità politiche diverse sulla
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
medesima lunghezza d’onda. Nessuno ha la forza di contestare le evidenze del degrado. I
cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno lasciato il segno. Una fetta imponente del
ghiacciaio Rongbuk, il più esteso sul versante Nord è scomparsa, sciolta. Era una delle
“riserve” più poderose e ricche per le acque che discendevano a valle. Dal 1966 la ritirata
nel suo lato Est è stata di 170 metri, addirittura di 270 metri nel suo corpo centrale,
rispettivamente di 5,5 e 8,7 metri all’anno. Dal 1997 il Rongbuk ha persino accelerato la
velocità di distruzione-autodistruzione. Gli scienziati – e tutti gli esperti che tengono sotto
osservazione questo immenso e splendido paradiso della Terra - affermano che, se
l’attuale trend dovesse avanzare senza incontrare ostacoli nei prossimi tre decenni
(all’incirca nel 2040) l’80% delle nevi eterne dell’Himalaya sarà dissolto a causa
dell’inquinamento e delle conseguenti ricadute sulle temperature. L’impatto, in assenza di
interventi e di rimedi in grado di contenere le emissioni di gas, sarà spaventoso innanzi
tutto sugli equilibri dell’altopiano del Qinghai-Tibet ma poi dell’Asia intera in quanto è da
qui che si alimentano i grandi fiumi del continente: lo Yangtze (il Fiume Azzurro), il Fiume
Giallo, il Mekong, il Gange, l’Indo. I ghiacciai dell’Himalaya sono le fonti primarie del
patrimonio idrico dell’area, la sorgente di vita e di lavoro di centinaia di milioni di abitanti
della terra. Qualora esse si esaurissero le conseguenze ricadrebbero sulla società cinese,
indiana, pakistana, poi ancora sul Vietnam, la Cambogia, la Thailandia, il Laos.
...Il quadro che tracciano le ricerche e le osservazioni compiute di recente (due spedizioni
sulle vette del monte Everest e una alle sorgenti del Fiume Giallo) non lasciano margini di
dubbi. La documentazione è rilevante e precisa. Le temperature sull’Everest sono
aumentate dal 1960 al 1980 di 0,6 gradi centigradi e dal 1980 a oggi di un altro grado. L’82
per cento dei ghiacciai sul versante cinese è in notevole diminuzione. E più si sale più il
riscaldamento risulta di gravità superiore. C’è una situazione di allarme vero, immediato in
una delle zone più suggestive del pianeta. Ma la Cina (il mondo intero) non ha ancora
scelto a chi dare retta: se a coloro che predicano una crescita economica più controllata e
sostenibile o a coloro che ritengono che la strada da percorrere, pur di competere, sia
sempre e soltanto quella di una scalata senza freni e limiti. Tre spedizioni scientifiche
hanno certificato lo stato di salute dell’Everest, mentre il “gigante” è lì che soffre, aspetta e
si scioglie.
Il destino di molti ghiacciai montani è quindi già segnato. In altri Paesi come la Bolivia, il
Perù e l’India, milioni di persone la cui vita oggi dipende dalle acque di fusione sei
ghiacciai, che vengono usate per l’irrigazione, come acqua potabile o per produrre energia
idroelettrica, rimarrebbero a secco. Nel frattempo, se il riscaldamento globale continuasse
agli stessi ritmi, molte coste verrebbero sommerse. Se le parti più esposte del ghiaccio
che ricopre la Groenlandia e l’Antartide svanissero, il conseguente innalzamento del livello
del mare potrebbe sommergere centinaia di migliaia di chilometri quadrati di terra,
costringendo decine di milioni di persone ad abbandonare le loro case. La soglia di
temperatura che determinerebbe un drastico innalzamento del livello del mare è vicina, ma
molti ricercatori pensano che siamo in tempo per fermare questo processo, riducendo
drasticamente il consumo di carbone, petrolio e gas che determina il riscaldamento
climatico. Quel che è chiaro, ormai quasi a tutti, è che altri 50 anni di questo stile di vita ci
condurranno a un punto di non ritorno. Le dichiarazioni della comunità scientifica
mondiale, secondo cui tutto questo è senza dubbio alcuno conseguenza delle attività
umane, sono ripetute e concordi.
Appena spenti i riflettori sulla Conferenza di Parigi (febbraio 2007) tutto parrebbe
caduto nell’oblìo. Ogni notizia del genere, dagli schermi televisivi e dai programmi
radiofonici, come dalle prime pagine dei giornali, sembra essere caduta nel vuoto. Le
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
rarissime eccezioni dei giornali ci raccontano di un “medieval warming” che colpì l’Europa
nei primi anni del millennio scorso, a consolarci dei guai attuali con le “bizzarrie
climatiche”, oppure affermano che non serve il “terrorismo climatico”.
[…] In compenso continuano ad abbondare le notizie economiche improntate a sincero
ottimismo. In Usa il Pil è aumentato del 3.5, in Cina del 10.7, e anche da noi l’ultimo
quadrimestre ha registrato una ripresa dei consumi, benché il governatore della Banca
d’Italia Draghi con vigore sostenga la necessità di una maggiore crescita. La Fiat ha in
programma la produzione di 46 nuovi modelli di auto, che prevede la vendita di
centoventimila (120.000) unità all’anno. La Cina, avida di energia e materie prime, sbarca
trionfalmente in Africa. Praga e Budapest accettano l’installazione di rampe per missili
americani. Preoccupa un poco, è vero, l’ipotesi di un Opec del gas, patrocinata dal
presidente russo Putin. Esalta invece il progetto di un tunnel sottomarino che consenta
l’attraversamento dello Stretto di Gibilterra a secco, a 1700 metri di profondità.[…]
Certamente in questa cornice non poteva mancare l’ambiente. “La difesa dell’ambiente
è la nuova frontiera dello sviluppo”, - ha dichiarato di recente un noto leader dei verdi
italiani -. La General Motors sta puntando attivamente sull’idrogeno per la macchina del
futuro, mentre altri industriali dello stesso settore stanno lavorando sul mais come biocombustibile a emissioni zero. Su treni e mezzi pubblici si orientano invece con fervore
molte compagnie dell’acciaio. In sessanta città d’Europa l’alta velocità trova sempre più
frequenti applicazioni anche nei trasporti locali. Fatturati da capogiro vengono realizzati
con i nuovi business di neve artificiale per lo sci e di erba artificiale per il calcio. E anche i
produttori di biciclette se la cavano niente male, essendo le due ruote al centro della
vulgata verde, che a gran voce, insieme alla chiusura del rubinetto mentre ci si lavano i
denti e allo spegnimento della spia rossa della tv, prescrive, sollecita rottamazione del
vecchio frigo, della veccia lavatrice, ecc., ovviamente allo scopo di risparmiare energia.
A questo modo, per il momento, parrebbe richiudersi la parabola del problema ambiente.
Ma non è così. Lo scenario che si presenta, a lungo ignorato, anzi “rimosso” per l’infinita
molteplicità delle sue manifestazioni, ma soprattutto della sua radicale incompatibilità con
l’intero impianto economico, sociale e culturale della società capitalistica, assume
nondimeno dimensioni giganti, con dati denunciati con la massima attendibilità dalla
scienza mondiale e, altresì, esperienze direttamente sperimentate da ognuno di noi in
modo più o meno grave. Tuttavia ciò che si tenta oggi è di ridimensionare il fenomeno,
assimilarlo alla patologia del sistema che ne è causa.
Solo in questo modo accettandone anzi valorizzandone la presenza, capovolgendone il
senso da problema a risorsa: “la buona crescita” è l’ultimo ossimoro coniato a Parigi; “Let
green pay”, dicono in America: l’ambiente, facciamolo fruttare.
L’UE in ogni caso ha lanciato l’allarme: Europa a rischio disastro. Il riscaldamento
globale potrebbe costare all’ Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70
anni. E’ impietoso lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla
Commissione europea e pubblicato oggi dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare
pochi margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del terrore.
Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce Bruxelles,
l’effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti a passi veloci. Le
prime avvisaglie del clima bizzarro, d’altra parte, sono sotto gli occhi di tutti.
Le possibili conseguenze per l’Europa, secondo il rapporto, investono un po’ ogni settore
e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l’Italia in prima
fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un’ agricoltura più
generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue
evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della
temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi.
In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni
anno a causa del caldo, mentre l’innalzamento del livello del mare causerebbe danni per
un valore di miliardi di euro. Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi),
quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071. Il
quadro più grave riguarda proprio l’ Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe essere
destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a causa, si legge nel
rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori dovuti al
cambiamento di clima".
Ma lo studio non risparmia flora e fauna: "piante e animali tipici di certe aree geografiche
moriranno o si sposteranno verso altre zone". Il riscaldamento porterà ovviamente anche
all’ innalzamento del livello del mare che, secondo lo studio della Commissione europea,
potrebbe crescere fino a un metro con costi ingenti per far fronte al fenomeno. Già nel
2020, in caso di innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al
disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del secondo scenario
(+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe crescere a 42,5 miliardi nel
2080. Ma il riscaldamento globale non risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori
come la pesca. Dal rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di
pesce verso le aree più a Nord. E c’é poi il problema delle inondazioni, sempre più intense
un po’ in tutta Europa. In proposito l’ allarme riguarda soprattutto i grandi bacini fluviali,
come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto sentire i suoi effetti interessando con
gravi danni circa 240.000 persone. E il turismo? Nota dolente ancora una volta per l’Italia e
per gli altri Paesi del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze
drammatiche del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno
trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d’affari di circa 130 miliardi di euro. Se
non si porrà fine all’ effetto serra, ammonisce lo studio, entro i prossimi 70 anni quel
turismo mediterraneo non ci sarà più, per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova
riviera europea si sposterà inevitabilmente molto più a Nord.
"Prima della fine di questo secolo, miliardi di noi moriranno e le ultime persone che
sopravvivranno si troveranno nell’Artico, dove il clima resterà tollerabile". Il catastrofico
annuncio arriva da una fonte autorevole: James Lovelock. Il celebre scienziato inglese,
guru dell’ambientalismo, negli anni ’70 concepì la teoria di Gaia, il sistema attraverso il
quale la Terra si auto-regolamenta in modo da continuare a fornire le condizioni adatte alle
forme di vita che la abitano.
L’allarme lanciato dallo scienziato non potrebbe essere più inquietante: nel suo nuovo
libro, ’’The Revenge Of Gaia’’ (’’La vendetta di Gaia’’), Lovelock afferma che ormai è
troppo tardi per fermare il surriscaldamento globale e che sugli esseri umani si sta per
abbattere una catastrofe di dimensioni peggiori di quanto finora si era previsto.
Il suo approccio olistico allo studio del ‘’sistema Terra ’’ è del tutto unico: anziché
studiare singoli fattori indicativi dei cambiamenti climatici, Lovelock analizza come l’intero
sistema di controllo del nostro pianeta si comporta una volta messo sotto pressione.
Grazie a questo approccio, lo scienziato è riuscito ad identificare una miriade di
meccanismi di reazione e controreazione che finora sono serviti a mantenere la Terra ad
una temperatura più o meno fresca. Ora che il delicato equilibrio di Gaia è stato spezzato,
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
conclude Lovelock, questi stessi meccanismi serviranno invece a rendere la Terra
insopportabilmente calda. Lo scienziato si sofferma su due esempi. In primo luogo, i
ghiacci dei Poli sono finora serviti a riflettere i raggi solari, deflettendo così il calore. Con il
loro scioglimento, la scura superficie degli Oceani aumenterà immagazzinando così più
calore. Il secondo esempio riguarda invece le polveri prodotte dalle industrie, che
ricoprono con un sottile velo tutto l’emisfero settentrionale. Queste producono un
fenomeno noto come ’’oscuramento globale ’’, che mantiene basse le temperature in
maniera artificiale, impedendo che tutti i raggi solari raggiungano la superficie del pianeta.
Ma con una riduzione dell’attività industriale e della produzione di gas inquinanti questa
coltre potrebbe scomparire velocemente, causando un improvviso aumento delle
temperature.
Secondo Lovelock è ormai troppo tardi per evitare la catastrofe. Anziché appellarsi ai
governi mondiali affinché si impegnino nella lotta all’effetto serra, lo scienziato consiglia
invece di prepararsi al peggio e di cercare modi per assicurare la sopravvivenza della
razza umana, prima che essa si trasformi in "una caotica calca governata da signori della
guerra". Tra le più scioccanti proposte contenute nel suo nuovo libro, vi è quella di "una
guida per i superstiti dei cambiamenti climatici", per aiutarli a sopravvivere dopo il totale
crollo della società umana. Scritta non in forma elettronica, ma "in forma cartacea e con
inchiostro durevole", e dovrà contenere tutto il sapere scientifico basilare accumulato in
migliaia di anni, come la posizione della Terra nel sistema solare ed il fatto che batteri e
virus causano malattie infettive. Insomma un’ultima traccia dopo "la fine del mondo che
conosciamo".
Il recente studio di Luigi Cortesi (L’umanità al bivio. Il Pianeta a rischio e
l’avvenire dell’uomo, Odradek, 2007) è una meditata analisi sul rapporto di causa ed
effetto tra deregulation dell’attività economica e crisi ecologica.
Con l’intensificarsi degli allarmi sulle incombenze climatiche che gettano ombre cupe sul
destino dell’umanità è il segno inequivocabile che anche all’interno di settori
dell’establishment si fanno strada preoccupazioni non contingenti per lo stato fisico del
pianeta.
Il ripetersi di lesioni ed eventi catastrofici nella biosfera sembra finalmente determinare
nell’opinione più vasta un’attenzione meno superficiale ed episodica, facendo intravedere
una volontà di ognuno di porre argini all’uso irresponsabile di risorse e natura.
È infatti chiaro che il modello economico vigente ha intaccato in profondità le capacità
«omeostatiche» della natura, cioè la sua attitudine ad assorbire in modo indolore le
quantità esorbitanti di veleni prodotti, e che lo «scambio» con le attività umane vede
infliggere all’ambiente «perdite secche» che comprometteranno in modo irreversibile il
futuro delle specie, quella umana inclusa.
È il caso dello storico Luigi Cortesi, già impegnato nell’ambito della peace-research, da
quando con l’installazione degli «euromissili» nel 1979, sviluppò un percorso di analisi
sulla «condizione atomica» e sulla drammatica novità planetaria da essa imposta, sulla
scia delle appassionate, «visionarie» e inascoltate meditazioni del Günther Anders di
Diario di Hiroshima.
Fecondissimo e drammaticamente urgente orizzonte di ricerca, oggi riproposto
nell’ultimo libro dello storico, l’autore non deflette dalla denuncia del carattere sistemico
del precipizio ambientale odierno, né pensa ingenuamente che esso sia contenibile e
gestibile entro le coordinate di una “governance continuista”, implicando, al contrario, la
rimessa in campo e l’attualizzazione di un’istanza trasformativa. Il testo contiene anche
un’appendice, che richiama l’altro, importante libro di Luigi Cortesi, Storia e catastrofe, del
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
1984, la cui coerenza e drammatica attualità possono anche positivamente impressionare,
nella lucida e precoce individuazione delle tendenze di medio - lungo periodo e delle radici
«eziologiche» della deriva attuale.
Sono i frutti, analizza Cortesi, «di una rottura del patto con la natura (...) entro il quale si
è svolta tutta la storia umana», della «potenza terribile di una prassi sregolata che ha
come riferimenti il profitto e la crescita, l’avere e non l’essere». Alla quale afferiscono
parecchie complicità, non ultime quelle dei media che «non hanno comunque messo in
chiaro la relazione tra deregulation dell’attività economica e deregulation dei rapporti con
l’ambiente». E nella quale viene a tragica evidenza una costituiva e amorale attitudine ad
un «uso inumano degli esseri umani» come della natura, dispiegata come rifiuto di
qualsivoglia cultura del limite e cieca disponibilità ad un esito distruttivo generale.
E’ contro questo esito nichilista che occorre mobilitare l’altra parte dell’umanità, Ed è qui
che «l’etica della responsabilità di Max Weber deve cedere il passo al "principio
responsabilità" di Hans Jonas». Perché, come dice Cortesi, «l’uomo che si salva non è lo
yesman del sistema, ma un ’’apocalittico consapevole ’’ e quindi un ribelle».
La scienza e la tecnica, a questo punto di svolta dell‘umanità, sapranno trovare un
modo per uscire dalla crisi con tutti i mezzi e risorse a disposizione?
E’ il caso dell’utilizzazione dell’energia marina che ha potenzialità immense. Le sole onde,
rese produttive al cento per cento, offrirebbero il doppio dell’energia consumata ogni anno
nel mondo. Vento sopra il pelo dell’acqua, onde in superficie, maree e correnti in
profondità sono protagonisti, di recente, a Civitavecchia alla Conferenza europea sulle
fonti marine rinnovabili, organizzata da Owemes (Offshore wind and other marine
renewable energies in Mediterranian and European seas) in collaborazione con l’Enea.
Alle fonti marine tradizionali si aggiungono tecniche nuove. La differenza di salinità fra le
acqua dei fiumi e quella dei mari in prossimità della foce, per esempio, può essere
sfruttata per generare elettricità. Così come la differenza di temperatura fra il fondo del
mare e l’acqua in superficie. Fra qualche decennio le fonti di energia alternativa potranno
diventare fondamentali.
In Italia, da poco tempo, si è raggiunto un importante traguardo collegando alla rete
elettrica nazionale un generatore che sfrutta le correnti marine. La turbina Kobold,
ancorata allo sterro di Messina, al largo di Ganzirri, produce 40 kilowatt (come una piccola
automobile) con due metri al secondo di corrente. Un esemplare gemello sta per essere
installato in Indonesia e alimenterà alcune isole prive di collegamento con la rete elettrica.
Tra le fonti di energia marina oggi solo l’eolico si avvicina a livelli di economicità. La patria
delle “wind farms” in mare aperto rimane la Danimarca, seguita da Gran Bretagna e
Svezia. Ma anche l’Italia sta studiando i siti più adatti per ottenere energia dalle brezze.
Come spiega Gaetano Gaudiosi, ingegnere dell’Enea, occorrono zone ventilate e dal
fondale poco profondo e, rispetto a vent’anni fa, quando i primi impianti eolici offshore
vennero installati a livello sperimentale in Danimarca, questo tipo di energia è cresciuta
raggiungendo gli 800 megawatt in tutta Europa, sufficiente per alimentare cinquecentomila
abitazioni. Per ora ci sono soltanto progetti sperimentali, ma per il futuro, costi
permettendo, curando il metabolismo della Terra, potremo riscoprire quello che poeti e
filosofi chiamavano il “respiro della vita”.
6 –CONCLUSIONI
Non è ancora possibile quantificare esattamente le conseguenze degli attuali
sistemi di produzione e consumo sugli equilibri naturali, presenti e futuri, data la
complessità delle interrelazioni che caratterizzano il funzionamento dei cicli della biosfera.
Esiste tuttavia la consapevolezza, ai vari livelli istituzionali, della necessità di ridurre sia lo
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
sfruttamento delle risorse naturali non rinnovabili, sia il carico inquinante, entro i limiti di
autodepurazione delle matrici ambientali (acqua, aria, suolo).
Il sistema produttivo è stato posto di fronte alla necessità di produrre con minore
impatto sull’ambiente e utilizzando una minore quantità di risorse, considerata la
limitatezza di queste. Di fronte ai problemi ambientali le imprese stanno cominciando a
muoversi attraverso processi di riduzione e ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse e
producendo beni “certificabili” con etichetta ecologica. I sistemi di gestione ambientale e la
certificazioni ecologiche sono strumenti del sistema produttivo che si interfacciano
continuamente con il mondo dei consumatori. E di conseguenza il consumo sostenibile
è quello corrispondente al concetto elaborato dalla Commissione per lo Sviluppo
Sostenibile (CSD 1995) come “l’utilizzo di prodotti e servizi” atti a rispondere alle esigenze
fondamentali ed apportare un miglioramento nella qualità di vita ed in grado allo stesso
tempo di minimizzare sia l’utilizzo delle risorse naturali e di materiali tossici sia l’emissione
di rifiuti e prodotti inquinanti nel corso del loro intero ciclo di vita, in modo da non mettere
in pericolo il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future”.
Per L’UNEP (Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite) consumo sostenibile
significa consumare diversamente. Il Programma – pur tutelando le esigenze di natura
economica – lo identifica nei seguenti caratteri:
Divisibile: tale da soddisfare i bisogni i bisogni essenziali di tutti;
Costruttivo: tale da creare nuove capacità;
Socialmente responsabile: tale da non compromettere il benessere di altri;
Sostenibile: tale da non ipotecare la libertà di scelta delle generazioni future.
E’ necessario quindi sviluppare modelli di vita più sostenibili, parallelamente all’adozione
da parte del sistema produttivo di strumenti di gestione ambientale. Ciò significa introdurre
il concetto che “il miglioramento dell’ambiente non dipende solo dalla soluzione dei grandi
problemi planetari, ma anche dall’adozione di una serie di comportamenti quotidiani legati
alla consapevolezza individuale”.
I comportamenti sostenibili possono perciò essere adottati quotidianamente dai
cittadini attraverso, ad esempio, l’uso di mezzi di trasporti pubblici, l’acquisto di prodotti
ecologici certificati e di prodotti a basso impatto ambientale o l’utilizzo di prodotti
alternativi. Oltre a consumare prodotti sostenibili, è possibile consumare in modo
sostenibile, ad esempio riducendo l’acquisto di beni, riciclando gli scarti e avviando il
superfluo alla raccolta differenziata.
Gli strumenti che consentono l’attuazione di tali processi sono essenzialmente:
a) L’Agenda 21;
b) La valutazione di impatto ambientale;
c) Gli strumenti di adesione volontaria.
a) L’Agenda 21
Il principale documento sottoscritto alla conferenza delle Nazioni Unite
sull’Ambiente e lo Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, sintetizza le azioni
specifiche e le strategie che i paesi firmatari si impegnano ad attuare per il conseguimento
degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel cap. 28 si afferma che “dal momento che molti
dei problemi e delle strategie delineate in Agenda 21 hanno origine dalle attività locali, la
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EDUCAZIONE AMBIENTALE
Cosimo Galasso
partecipazione e la cooperazione delle autorità locali sarà un fattore determinante nel
perseguimento degli obiettivi di Agenda 21”, individuando in tal modo gli enti locali di tutto
il mondo come strumenti essenziali di realizzazione di una propria Agenda locale e fonti di
adeguamento della legislazione, dell’educazione e del controllo ambientale.
b) La valutazione di impatto ambientale (VIA)
E’ una procedura amministrativa che prevede la realizzazione di uno studio di
impatto ambientale per le opere pubbliche; la VIA analizza tecnicamente, secondo un
approccio sistemico, le interrelazioni tra l’opera e l’ambiente stesso in cui viene inserita
confrontando diverse localizzazioni e soluzioni progettuali. Consente l’effettiva
partecipazione dei cittadini nei processi decisionali relativi alla realizzazione di opere e
progetti pubblici con potenziali ricadute dannose per l’ambiente. Assicura che in ogni fase
siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e
l’autorità competente e consente alle amministrazioni locali, ai gruppi di interesse, al
pubblico, la facoltà di prendere visione del progetto e dei risultati dello studio, e di
partecipare al processo decisionale.
c) Gli strumenti di adesione volontaria
Sono sistemi di analisi e gestione dell’intero ciclo produttivo per la riduzione
dell’impatto ambientale. Il sistema produttivo è infatti tra i principali fattori di pressione
sull’ambiente. La Comunità Europea, con l’obiettivo di proporre iniziative innovative e
costruttive rispetto ad un precedente approccio di politica ambientale a carattere
impositivo, ha approvato il Regolamento n. 1836/93 che permette l’adesione volontaria
delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di ecogestione e di audit
(EMAS – Environmental Management and Audit Scheme). Strumento analogo al
regolamento EMAS è costituito dalla norma ISO 14000 sulla qualità ambientale.
In modo complementare a questi sistemi di gestione ambientale delle imprese, i sistemi di
valutazione di beni di consumo e di servizi analizzano l’impatto ambientale generato
durante l’intero ciclo di produzione e di vita, dall’estrazione delle materie prime, all’uso del
prodotto/servizio ed eliminazione come rifiuto; l’obiettivo finale di questa metodologia di
analisi è il riconoscimento al prodotto di una certificazione con etichetta ecologica
(Ecolabel).
Educare dunque i cittadini a prendersi cura dell’ambiente in cui vivono, al fine di
tutelarlo rispetto a possibili danni, ha implicazioni etiche poiché si incide sulla
comprensione da parte degli esseri umani del loro vivere in un ecosistema e di concorrere
alla tutela della specie migliorando le condizioni in cui essa si può perpetuare. Cittadini
sensibili diventano i principali soggetti di tutela di tutto quanto può incidere sull’ambiente,
agendo appropriatamente e controllando le azioni intraprese da altri soggetti ed organismi.
L’educazione agisce sulle conoscenze, sulle abilità e sugli atteggiamenti delle persone e
consente, di conseguenza, a queste ultime – di fronte a determinate situazioni – di
scegliere ed adottare comportamenti appropriati. Tali comportamenti, se positivi ed
efficaci, hanno alta probabilità di costituire modelli per le altre persone che in qualche
modo
interagiscono e, quindi, a loro volta “educano”.
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Allegato:
Risparmiare energia in casa - Opuscolo ENEA
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