zione sui libri. Quello ohe disse con sagacità, ed anche con un po'
di ironia bonaria, in un suo opuscolo potrebbe valere come segno
compendioso del suo abito di ricerca : « Specimen... Vibonensium
Inscriptionum instituimus, ne amplius editae mendis foedatae
eruditorum manibus oberrent, et novae lucem videant clariorem,
cura, studioque diligenti exaratae. In explicationibus erimus breves,
nihil extraneum miscebimus, nihil superfluum... ».
Egli fu il primo nel secolo X I X , o uno dei primi, ad occuparsi
di alcuni letterati meridionali del '400, '500, e '600 ; a scoprire e
pubblicare di loro cose sconosciute o del tutto ignorate, come dei
Petrucci, del Galateo, di M. A. Epicuro o di altri accademici pontaniani , del Campanella. Qualche erudito e critico posteriore lo citò
soltanto di straforo, pur arrivando a identiche conclusioni . Lo
stesso gli accadde per l'illustrazione di leggende di monete .
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VITI CAPIALBI... Inscriptionum
Vibonensium, Specimen. Napoli,
MDCCCXLV ; p. 2.
V. Memorie di Butilio Zeno e Aurelio Bienato Napoli, 1848,
p. 31 : « Mase Aquosa, Francesco Puccio, Francesco Scala, il Canteo, il Pontano, Clemente Gattola, il Conte d'Alife... ed altri coltissimi ingegni... son menzionati dal Petrucci ne' sonetti ; e di tutti
penso, quando che sia, darne le memorie, che ho raccolte, e tuttogiorno vo raccogliendo ».
Della omissione da parte del Minieri Riccio, e quindi del Pèrcopo, del risultato al quale era pervenuto il Capialbi a proposito
del cognome di M..A. Epicuro, tratterò in altra sede. Eccone, intanto, un'altra più curiosa. Stanislao d'Aloe ristampò nel 1859,
com'è noto, La congiura de' baroni... del PORZIO, con l'aggiunta, fra
l'altro, di ventidue sonetti e una cansona, tratti da un manoscritto
risultato poi di poesie e prose di G. A. PETRUCCI. Il Perito, La congiura dei baroni
Bari, 1926, p. 159 e sgg., afferma che il primo a
dare alle stampe qualcuno dei sonetti fu il D'Aloe. L a cosa non è
del tutto esatta, perché il Capialbi aveva già pubblicato nel 1848,
Memorie cit., p. 22 e p. 30, due sonetti, il L X X V I e l ' L X X X I I ;
nel 1849, Epistole... Napoli, p. 337 il son. X V , e a p . 264 il son. X X X V ,
gli ultimi sette versi. Il D'Aloe cita la seconda opera del Capialbi
due volte ; una, per criticarlo circa l'attribuzione delle poesie suddette al padre, Antonello, piuttosto che al Aglio. In altra occasione
cercherò di provare che tutto quello che il Capialbi aveva raccolto,
annotato e pubblicato degli accademici pontaniani, passò quasi per
intero nelle opere del D'Aloe, del Minieri Riccio e anche del Pércopo,
quantunque nessuno si fosse riferito a lui, onde il suo nome rimase
travolto nell'oblio, fino al Perito, che non conobbe i suoi lavori.
Altra omissione (chiamiamola così, eufemisticamente !) è
quella che riguarda una moneta di Ipponio. Fin dal 1820 e 1824 il
Capialbi aveva letto in essa IIANAINA e non AANAINA ; v'. Epistole, cit. p. 49 e sgg. ; finché nel 1841 (e 1843) il MILLINGEN, Oonsiderations sur la Numism. d. l'Anc. Ital.,
pp. 56-75, se ne attribuì
quella interpretazione ; v. anche PAULY-WISSOWA, B. E., X X X V I ,
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zione sui libri. Quello ohe disse con sagacità, ed anche con un po` di