Ente Regionale per i servizi
all’agricoltura e alle foreste
Associazione Provinciale Allevatori
sezione suinicoltori
Cremona
ATTI DEL CONVEGNO
RIDUCIAMO I COSTI
AUMENTANDO
NATALITÀ E SVEZZATI
CREMONA, 30 ottobre 2004
ELENCO PUBBLICAZIONI
E.R.S.A.F
(aggiornamento settembre 2005)
SUINICOLTURA: ATTI DI CONVEGNI
Produzione e contrattazione: nuovi orizzonti nei servizi
ai mercati suinicoli
Suini da lettiera: una vera alternativa?
Direttive CEE: nuovi vincoli per la suinicoltura o fattori di successo?
La fecondazione artificiale del suino.
Il costo di produzione del suino: conoscere.
Suino ma quanto costi?
La riproduzione della scrofa.
La riproduzione del suinetto.
L’ingrasso del suino.
Patologie globali del suino.
Strategie per contenere gli scarti
Alimentazione liquida dei suini.
1990
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
COMPARTO SUINICOLO (disponibile sul sito internet di ERSAF
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
Il mercato dei suini: produzioni e consumi
2000
2001
2002
2003
2004
2005
COMPARTO CARNI BOVINE, OVICAPRINE E AVICUNICOLE (disponibile sul sito internet di ERSAF
Il mercato delle carni bovine, ovicaprine e avicunuicole
Il mercato delle carni bovine, ovicaprine e avicunuicole
Il mercato delle carni bovine, ovicaprine e avicunuicole
2003
2004
2005
PRODOTTI AGROALIMENTARI
Atlante dei prodotti tipici e tradizionali (Libro)
Carni e salumi della Lombardia (Opuscolo)
Carta dei prodotti tipici della Lombardia (Opuscolo)
Frutta, Ortaggi e Oli della Lombardia (Opuscolo)
Latte e Formaggi della Lombardia (Opuscolo)
Luoghi e sapori di Lombardia (Libro)
Parchi e sapori di Lombardia (Libro)
Prodotti lombardi a DOP e IGP (Libro)
Sapori di stagione -Ricette di Lombardia (Opuscolo)
ARBORICOLTURA E FORESTE
Aspetti della gestione fitosanitaria degli ecosistemi forestali della Lombardia (Libro)
Castagne e castagneti delle terre lariane (Opuscolo)
Forestazione urbana della Lombardia (Libro)
Foreste di Lombardia (Opuscolo)
Gli insetti parassiti del pioppo (Opuscolo)
Gli interventi di riqualificazione ambientale lungo le sponde del fiume Mella in Comune di Brescia (Libro)
Gli uccelli del Parco del Mella (Libro)
Guida per scelta delle piante forestali in vivaio (Opuscolo)
I boschi del lago (Libro)
I tipi forestali della Lombardia – Chiave dicotomica (Libretto)
I tipi forestali della Lombardia – Inquadramento ecologico per la gestione dei boschi lombardi (Libro)
I tipi forestali della Lombardia – Manuale di formazione (Libro)
Il mio bosco (Opuscolo)
Il parco del Mella – Un’idea da coltivare
La bassa via del Garda (Opuscolo)
La castanicoltura in Lombardia (Libro)
La ricerca dei popolamenti da seme di latifoglie nella regione Lombardia (Libro)
Lo stato delle foreste lombarde (Libro)
Manuale sulla valutazione degli assortimenti legnosi ritraibili dalle specie legnose pregiate (Libro)
2
Pioppicoltura: Produzioni di qualità nel rispetto dell’ambiente (Libro)
Studi e ricerche a tutela della biodiversità delle specie forestali in Lombardia (Libro)
PEDOLOGIA E AGROMETEOROLOGIA
Anno Agrometeo 2001 (Libro + cd rom)
Carta dei suoli della Lombardia - 1:25.000 (Opuscolo + Carta)
Carta d’orientamento podologico per l’arboricoltura da legno della pianura lombarda (Opuscolo + Carta)
Climi e suoli lombardi (Libro + cd rom)
D.A.F.M.E. - Dati AgroFeno Meteo Eventi (cd rom)
Due secoli di osservazioni meteorologiche a Mantova: Aspetti scientifici e storici (Libro)
I dati del progetto DUSAF (Destinazione d’Uso dei Suoli Agricolo-Forestali) (cd)
I quaderni della ricerca n° 35 anno 2002 - 2003 (Libro)
I quaderni della ricerca n° 45 anno 2003 - 2004 (Libro)
I suoli (Libro)
L’uso degli elicotteri nella difesa fitosanitaria della vite in Oltrepo Pavese (Libro)
Suoli e Paesaggi della pianura lombarda Libro + cd rom)
Un servizio meteorologico per la Lombardia(Libro)
ALTRE PUBBLICAZIONI
Atti del Convegno regionale sulla gestione della pesca in Lombardia alla luce della recente normativa (Libro)
Gli Storioni in Lombardia (Libro)
Fecondazione artificiale dei suini (Libro)
3
E.R.S.A.F.
Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste
Associazione Provinciale Allevatori
sezione suinicoltori
Cremona
ATTI DEL CONVEGNO
RIDUCIAMO I COSTI
AUMENTANDO
NATALITÀ E SVEZZATI
Sabato 30 ottobre 2004
a cura di:
Paolo Vittorio Beccaro - Ernesto Faravelli – Cosmino G. Basile
4
INDICE
Presentazione
Pag.
6
Apertura dei lavori:
PAOLO VITTORIO BECCARO
F. MAPELLI
7
10
Relazioni:
CASIMIRO TAROCCO
COME RIEMPIRE REGOLARMENTE LE SALE PARTO
12
S. FIONI
COME AUMENTARE LA FERTILITÀ DELLA SCROFA
28
F. BERTACCHINI
COME SVEZZARE PIÙ SUINETTI
43
Conclisioni:
P. BACCOLO
72
Interventi:
73
5
PRESENTAZIONE
L'allargamento del mercato europeo e la sua mondializzazione comporta, per tutte le nostre attività,
la necessità di riorganizzare le singole fasi produttive al fine di reggere al contraccolpo delle
produzioni di paesi che godono di costo meno elevati.
In questa situazione diventa difficile immaginare un mercato favorevole che registra un aumento dei prezzi,
in quanto la concorrenza che si viene ad instaurare porta, al contrario, ad una loro riduzione.
È necessario quindi analizzare in modo dettagliato le singole fasi produttive al fine di evidenziare eventuali
errori che dovranno essere eliminati o corretti così da ottenere produzioni più elevate e conseguentemente
una riduzione dei costi fissi.
Scopo dell’incontro odierno è quello di individuare, all’interno delle varie voci di costo, le eventuali
economie attuabili tramite una più attenta gestione della produzione. In un allevamento i momenti
più significativi sono legati alla fecondazione, al parto e allo svezzamento.
La riduzione dei costi può essere ottenuta aumentando il numero di suinetti che l'allevamento può
produrre nell'anno. Ciò è possibile solo se le scrofe partoriscono regolarmente almeno 2 parti
all'anno e svezzano complessivamente almeno 21 suinetti. A tal fine è necessario analizzare
l'andamento delle gestazioni, dei parti e dello svezzamento.
Allo scopo, ad una corretta messa a punto della operatività manuale deve essere aggiunta un’attenta
sorveglianza epidemiologica.
In assenza di ciò si moltiplicheranno gli effetti negativi che portano inevitabilmente ad una
riduzione della produzione e quindi ad un aumento dei costi.
Francesco Mapelli
Presidente E.R.S.A.F.
Milano
Paolo Vittorio Beccaro
Presidente Onorario Sez. Suinicoltori
A.P.A. Cremona
6
PAOLO VITTORIO BECCARO
Presidente Onorario Sezione Suinicoltori
dell’Associazione Provinciale Allevatori di Cremona
A tutti Voi, auguro, anche a nome del consiglio della sezione suinicoltori dell’APA di Cremona il
benvenuto alla 10a edizione di ITALPIG.
In questi anni ITALPIG, con la mostra nazionale scrofette (quest’anno è la sesta edizione), e con la
mostra interprovinciale verri (quest’anno e la quinta edizione), si è consolidata divenendo ormai un
punto di riferimento per gli allevatori di suini.
Queste manifestazioni hanno sicuramente stimolato l’impegno al miglioramento genetico dei
selezionatori della nostra provincia. Il miglioramento raggiunto ci permette oggi di gareggiare senza
timori con gli allevatori di altre province riconosciute come riferimento per la selezione italiana.
ITALPIG 2004 presenta in fiera circa 90 suini di razza pura.
Quest’anno vi sono 11 allevatori che partecipano alla mostra provinciale scrofette e alla mostra
interprovinciale verri.
La manifestazione odierna è il 20°convegno promosso dalla sezione suinicoltori.
Negli anni, è diventata una tradizione e che ci ha permesso di affrontare molti argomenti, da quelli
economici a quelli tecnici, analizzandoli per i vari momenti dell’allevamento del suino.
La nostra finalità è sempre stata quella di dare ai partecipanti delle notizie tecniche che gli
permettesse di migliorare la natalità, la crescita giornaliera, l’indici di conversione. In questo è stato
attivamente partecipe per impegno e contributo sia formativo che informativo l’Ente Regionale per
i servizi all’Agricoltura e alle foreste, L’ERSAF.
Per questo porgo il mio sentito ringraziamento, anche a nome della sezione, al Presidente
dell’ERSAF, il Dr. Francesco Mapelli che è con noi e a cui spetta la Presidenza del Convegno.
Quest’anno anno partecipato alla realizzazione anche:
- Il settore Agricoltura Caccia e Pesca della Provincia di Cremona con la presenza del suo
Assessore, il Dr. G. Toscani a cui do il benvenuto tra noi.
e
- il servizio assistenza tecnica agli allevamenti dell’Associazione Regionale Allevatori Lombardi
ARAL che ringrazio per il contributo che ci permetterà di avere dal Dr. Fioni.
Ringraziamo inoltre, per aver accettato il nostro invito:
il Dr. Paolo Baccolo Direttore Generale all’Agricoltura della Regione Lombardia. Il dottor Baccolo
è venuto in questi ultimi anni ai nostri incontri, ci ha sempre portato le ultime notizie e lo abbiamo
sempre visto sensibile ai nostri problemi e di ciò Lo ringraziamo.
Il Dr. Riccardo Crotti Presidente dell’Associazione Provinciale Allevatori di Cremona. É un
allevatore, da sempre sensibile e disponibile alle problematiche dei suinicoltori, ci è sempre stato
particolarmente vicino nel promuovere le nostre realizzazioni.
Per questo ritengo giusta la sede per porgerLe un grazie a nome di tutta la sezione e degli allevatori
cremonesi e affidargli il compito di moderatore del convegno.
Desidero inoltre ringraziare per la sua presenza il Presidente dell’A.N.A.S. Dott. Emilio Sbarra.
L’incontro di oggi è squisitamente tecnico
7
Negli anni passati si è visto come i buoni risultati d’allevamento possono essere vanificati dalle
malattie che possono agire in modo diverso negli allevamenti manifestandosi in forma subdola o
eclatante, agendo su base infettiva, dismetabolica o manageriale.
Si era quindi parlato delle patologie globali del suino.
Il miglioramento delle produzioni però non è solo legato alle patologie, ma in molti casi è legato ad
un complesso di fattori dipendenti dall’ambiente e dal management con cui può anche interagire.
La capacità produttiva degli allevamenti, evidenziato soprattutto dal numero dei suinetti prodotti e
venduti, non ha importanza solo per i numeri che si possono raggiungere, ma è finalizzata
soprattutto alla riduzione dei costi.
Oggi per essere competitivi si deve essere in grado di far produrre e svezzare non meno di 21
suinetti all’anno per scrofa.
Per poter ottenere questo risultato è necessario una corretta messa a punto della operatività manuale
nella fase di fecondazione- gestazione, parto-svezzamento.
A tal fine abbiamo organizzato questo convegno
RIDUCIAMO I COSTI
AUMENTANDO NATALITÀ E SVEZZATI
É sicuramente un tema che da sempre ha interessato gli allevatori e stimolato ricercatori, studiosi e
tecnici e da chi, oltre alla ricerca, ha approfondito le conoscenze pratiche dei moderni allevamenti.
Per questo abbiamo invitato:
Il Prof. Casimiro Tarocco: Tutti conosciamo il Suo operato e conosciamo il Suo impegno per la
suinicoltura. Mi è gradito ricordare un proficuo lavoro effettuato in collaborazione negli
anni 72-74 e successivi proprio nello studio e evidenziazione dell’infertilità estiva. Un
problema che forse, ancora oggi è fonte di studio..
So che in questi anni si è dedicato in modo nel sensibilizzare il rapporto uomo animale e
ambiente animale, per questo gli abbiamo affidato il tema:
COME RIEMPIRE CON REGOLARITÀ LE SALE PARTO
Sicuramente ci porterà delle notizie utili da recepire per poi trasferirle nelle nostre attività
quotidiane.
Il Dr. S. Fioni: in questa occasione è tra noi per la prima volta. É un medico veterinario che ha
operato come tecnico del servizio assistenza tecnica agli allevamenti dell’ARAL e come
tecnico dell’APA di Cremona. In queste vesti molti di Voi avranno avuto la possibilità di
conoscerlo ed è proprio per la sua esperienza e capacità che abbiamo avuto il piacere di
invitarlo. Ci parlerà:
COME AUMENTARE LA FERTILITÀ
presentandoci dei dati originali emergenti dai controlli effettuati nelle aziende.
Il Dr. Francesco Bertacchini: è tra noi per la prima volta. Laureato in Scienze delle Produzioni
animali è un libero professionista che lavora nel settore suinicolo e ha prodotto un libro
(Manuale di allevamento suino). Gli abbiamo affidato un tema che richiede notevole
esperienza pratica:
COME SVEZZARE DI PIÙ
Argomento complesso se pensiamo alla variabilità delle stalle parto e agli interventi
manuali necessari in questo settore.
8
Dalle esposizioni dei relatori, riteniamo che Voi possiate raccogliere quelle informazioni tecnico
pratiche necessarie per cercare di risolvere eventuali problemi o cercare di capire quali sono i punti
della vostra gestione che meritano di essere approfonditi.
Nel chiudere questa mia presentazione mi sento di ricordare che i sistemi produttivi moderni
richiedono interventi rapidi, precisi e possibilmente risolutivi per cui è necessario che ogni
allevamento adotti un protocollo tecnico-operativo che permetta di raccogliere il maggior numero di
informazioni al fine di permettere un’anamnesi corretta agli eventuali problemi.
Forse a qualcuno queste raccolte di dati possono sembrare una gran perdita di tempo e non
determinanti, ma per la mia esperienza di zootecnico pratico, Vi posso garantire che solo una
corretta raccolta di informazioni possono permettere la messa a punto di protocolli operativi che
portano al raggiungimento di elevate produzioni e quindi ad una riduzione dei costi produttivi che,
oggi, sempre più diventano indispensabili.
Vi ringrazio per aver scelto di venirci ad ascoltare.
Buon lavoro.
9
FRANCESCO MAPELLI
Presidente Ente Regionale per i Servizi all’ Agricoltura e alle Foreste della Lombardia
Voglio essere breve per lasciare più spazio ai relatori che quest’anno sono tre e non due come il
solito e tutti sappiamo che con l’allungarsi dei tempi si corre il rischio di perdere attenzione e
concentrazione.
Volevo comunque fare una breve analisi sulle sfide che, a medio termine, il settore agrozootecnico
in generale e di conseguenza quello suinicolo si troverà ad affrontare e a cosa dovremo puntare
perchè le nostre produzioni possano continuare a mantenersi nel mercato.
La PAC e la globalizzazione
La prima pressione deriva dalla nuova impostazione della UE in materia di politica agricola
all’interno della comunità stessa che tende sempre più a diminuire gli importi destinati a qualsiasi
misura di sostegno alle produzioni, siano questi premi o meccanismi di sostegno al mercato.
La stessa tendenza è seguita per i rapporti commerciali con i paesi terzi che prevedono contingenti
di importazione sempre più elevati, a fronte di una progressiva diminuzione dell’importo delle
restituzioni all’esportazione e dei prelievi all’importazione.
In particolare per il settore suinicolo negli ultimi quattro anni il ricorso alle restituzioni per
alleggerire il mercato interno è stato utilizzato per quote, sia in valore sia in volume, decisamente al
di sotto del tetto previsto dagli accordi internazionali.
Tutto ciò in un quadro mondiale che vede affacciarsi prepotentemente sul mercato nuovi paesi
produttori.
Di fatto le quote di esportazione europee sono diminuite, anche in ragione della parità
EURO/Dollaro particolarmente penalizzante e della messa in atto di quote all’importazione da parte
della Russia, mentre l’importazione dai paesi terzi è sensibilmente aumentata. Nel solo 2003 il tasso
di importazione da paesi extracomunitari (in gran parte dal Brasile ma anche da Canada e USA) è
cresciuto del 22%.
Il dato tradotto in tonnellate ha un peso relativo in termini di volume ma è comunque
un’indicazione dell’aggressività con cui i tre paesi citati ed in particolar modo il Brasile cercano la
penetrazione nel mercato europeo.
I PECO e la Cina
Sempre sul fronte della concorrenza un’altra sfida da vincere, anche se non nell’immediato futuro, è
rappresentata dall’evoluzione cui andranno incontro i dieci paesi che hanno aderito in maggio
all’Unione Europea e la Cina.
É pensabile che per ancora qualche anno la produzione dei PECO verrà assorbita dall’aumento del
consumo interno e comunque tutto il settore, che al momento è strutturalmente inadeguato, sarà
rallentato da profonde ristrutturazioni.
Anche la Cina consuma quello che produce e il consumo pro capite è ancora molto basso, ma,
considerato che questo paese produce il 50% dei suini mondiali e ha un tasso annuo di crescita di
oltre il 3% si intuisce che prima o poi si affaccerà sul mercato internazionale.
Tutti i paesi citati godono di costi di produzione più bassi dei nostri.
Canada e Usa possono contare su un più basso costo per l’energia, l’alimentazione e il benessere
animale, Brasile, Cina e Peco in aggiunta possono contare anche su un minor costo della
manodopera.
Dal canto nostro siamo avvantaggiati dal cappello protettivo rappresentato dalle DOP e dalle IGP
ma per il futuro, almeno per una parte delle nostre produzioni questo tipo di protezione potrebbe
risultare insufficiente.
10
La riduzione dei costi è quindi la strategia che deve essere perseguita con tenacia per affrontare il
futuro in modo competitivo.
L’ERSAF ha seguito questa strada in più di un convegno tecnico vi ricordiamo quello sul
contenimento degli scartini e prima ancora sulla fecondazione artificiale.
A proposito di quest’ultima, proprio quest’anno abbiamo pubblicato un manuale pratico sulla
corretta esecuzione della F.A. che illustra tutta una serie di accorgimenti finalizzati ad aumentarne
il margine di successo.
Da parte nostra è stato messo un impegno notevole nel costruirlo e non abbiamo purtroppo le
risorse per renderlo disponibile gratuitamente.
Anche l’argomento che verrà trattato oggi rappresenta uno dei tasselli principali nella strategia di
riduzione dei costi. La produzione può essere aumentata aumentando la fertilità e ottenendo un
numero di suinetti maggiore da ogni singolo riproduttore e aumentando il numero di quelli che
supereranno lo svezzamento.
NOTA a parte
Prima di cedere la parola ai relatori, volevo fare un’ultima comunicazione.
Per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, in seguito al trasferimento di sede del nostro Ente, il
servizio di segreteria telefonica e di fax su richiesta relativo ai mercati suinicoli è stato interrotto.
Ci scusiamo per questo disguido, ma abbiamo incontrato una serie di ostacoli imprevisti e stiamo
lavorando per ripristinarlo speriamo presto. Il servizio ha comunque continuato ad essere
disponibile nel nostro sito INTERNET e, per gli utenti che non sono ancora dotati di questo mezzo,
i nostri uffici, se contattati, hanno provveduto a diffondere l’informazione.
11
CASIMIRO TAROCCO
già Professore all’Università di Bologna
COME RIEMPIRE REGOLARMENTE LE SALE PARTO
Se si osserva un tabulato dei parti settimanali di ogni azienda suinicola si vede come il
numero di scrofe che hanno partorito, ad eccezione di qualche azienda, sia caratterizzato da un
numero difforme di eventi, a volte meno del numero di gabbie presenti in quella settimana e
raramente in numero pari o superiore alla disponibilità.
Un esempio può essere quello riportato nella tabella 1
Settimana
Numero femmine coperte
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
Media
10
9
8
9
12
16
9
14
12
15
8
11
10
9
12
16
12 coperture/settimana
Numero femmine che hanno
partorito
8
7
6
8
10
14
7
12
10
13
6
9
9
7
10
14
83% portata al parto
Numero di suinetti svezzati
80
69
60
82
102
140
69
118
101
130
59
91
93
69
100
139
10 scrofe svezzate/settimana
Se si osserva con attenzione questa tabella il numero di coperture medio settimanale è
corretto rispetto all’obiettivo (12 coperture ogni settimana) , che con una portata al parto dell’ 83%
assicurano di riempire una sala parto di 10 gabbie.
Il problema di questo allevamento è quello di non avere tutte le settimane 12 femmine da
coprire perché in 16 settimane questo obiettivo è stato raggiunto solamente 3 volte mentre per tutte
le rimanenti si è coperto di più o di meno rispetto al target.
Questo ha avuto una palese influenza sul numero di svezzati perché la disponibilità di posti
in svezzamento è dimensionata per 100 svezzati alla settimana.
Per una regolare gestione occorrerebbe che il numero di svezzati fosse costante perché si
potrebbe adottare con successo il tutto pieno- tutto vuoto con un riempimento e svuotamento
regolari dei vari settori aziendali che si accompagnano a razionalizzazione del lavoro e diminuiti
costi di produzione.
Variabilità nel numero di svezzati per settimana
La causa maggiore di difficoltà a fare il tutto pieno - tutto vuoto è data dal diverso numero di
suinetti svezzati per settimana
Questo può essere dovuto a
12
a) differente numero di scrofe che partoriscono ogni settimana
b) differente numero di suinetti prodotti per scrofa per settimana (ad uguale percentuale di
mortalità)
c) a differente percentuale di mortalità per settimana
d) a tutti questi fattori riuniti assieme (a + b + c).
Ecco due esempi di variabilità settimanale di coperture in due allevamenti suinicoli (grafico 1 e 2).
Grafici n°1
Grafico n°2
La causa principale resta la a) cioè il differente numero di scrofe che partoriscono per settimana.
13
Allora il problema fondamentale resta quello di avere settimanalmente od ogni tot settimane quel
determinato numero di nati che si otterrà soltanto se il numero di scrofe partorienti sarà identico o
comunque assai vicino al numero di gabbie parto disponibili ad ogni banda.
L’esperienza dimostra che non è facile rispondere a questa necessità per cui è una situazione
comune quella di vedere ogni una o più settimane un numero variabile di riproduttori che entrano in
sala parto. Questo sta ad indicare che vi è una variabilità che sarà tanto maggiore quanto più sarà
casuale il numero di femmine che presentano l’estro in quella settimana di copertura.
La variabilità è una costante di ogni fenomeno biologico ma è possibile ridurla entro termini
accettabili se si procede ad una rigida programmazione della disponibilità di femmine su cui contare
ad ogni intervallo di svezzamento ( 7 giorni o multipli di 7).
Il numero di scrofe che partoriscono ogni settimana dovrebbe essere uguale al numero di gabbie
parto disponibili 115 giorni dalla copertura – concepimento (16,5 settimane dopo) oppure più
precisamente dopo 16 settimane perché la mezza settimana finale (pari a 4 – 5 giorni) è riservato
all’ingresso anticipato in sala parto per il pre-parto.
Se il numero di gabbie parto per sala è costante allora il numero di scrofe che dovrebbero partorire
ogni settimana sarà equivalente.
Sale parto a numero difforme di gabbie per settimana
Se il numero di gabbie parto per sala non fosse identico ma difforme, allora occorrerebbe
programmare i parti e quindi le coperture in maniera che il numero di parti corrisponda al numero
di gabbie disponibili 115 giorni dopo.
Il numero difforme di gabbie parto per sala porta a due inconvenienti:
a) è più difficile gestire settimanalmente il numero di coperture
b) varia la produzione di svezzati per settimana
Una programmazione di coperture in rapporto al numero disponibile di gabbie parto 16 settimane
dopo ha il vantaggio di permettere il tutto pieno – tutto vuoto e lo svantaggio di produrre un numero
diverso di svezzati per settimana
Se si programma il numero di coperture per avere un numero di svezzati equivalente nelle varie
settimane si ha il vantaggio di avere un flusso costante di suinetti ma non è possibile effettuare il
tutto pieno – tutto vuoto in maniera razionale.
Allora il numero differente di gabbie parto per le diverse sale obbliga l’allevatore a programmare
molto bene un numero di coperture variabile di volta in volta, ciò che rende difficile il tutto pienotutto vuoto ma che soprattutto scardina la regolarità di consegna di un numero costante di svezzati,
lattoni, magroni e grassi. Come si vede tutto il ciclo viene fortemente influenzato da un numero
irregolare di parti settimanali.
La necessità di avere un numero costante di soggetti alla vendita è dimostrata dal fatto che le spese
di trasporto incidono maggiormente laddove il gruppo di animali è poco numeroso, tant’è che negli
USA chi non produce un numero settimanale sufficiente di lattoni non trova il camion che venga a
caricarli perché le compagnie che ritirano gli animali fanno girare gli automezzi solamente se è
possibile riempirli con partite uniformi per peso (ed età).
14
Numero programmato di coperture
Allora la domanda che viene spontanea è la seguente: è possibile impostare il problema ci come
avere un numero di coperture settimanali che abbia il minimo di variabilità?
La risposta è affermativa facendo alcune considerazioni preliminari
Una scrofa ha un ciclo che dura 140 giorni se la lattazione dura tre settimane o 147 se l’allattamento
della prole si protrae per 4 settimane. Con una durata dell’intervallo svezzamento – calore di 5
giorni nel primo caso il ciclo dura 20 settimane e 21 nel secondo.
Se lo svezzamento di un gruppo di scrofe avviene ogni 7 giorni, la mandria può essere divisa in 20
(o 21) gruppi, vale a dire che c’è la necessità ogni settimana di avere in calore il 5 % circa
dell’intera mandria. Ne deriva che ogni settimana avremo un ciclo che dura 20 settimane (o 21) e le
femmine del primo ciclo lo riprenderanno 21 (o 22) settimane più tardi, ciclo che sarà di 16,5
settimane per la gestazione, di 3 (o 4) settimane per il parto-lattazione e di 0,5 settimane per
l’intervallo tra lo svezzamento e la ricomparsa dell’estro.
Portata al parto e numero di femmine da coprire settimanalmente
Per avere un numero costante di svezzati occorre disporre di un numero costante di scrofe in parto
per settimana, il quale dovrebbe essere equivalente al numero di gabbie parto disponibili ogni
settimana
Allora il problema è legato alla portata al parto alle cui modifiche è scarsamente sensibile il numero
di scrofe da coprire se questo è ridotto mentre diventa molto più suscettibile quanto più aumenta il
numero di femmine che formano il gruppo da coprire quella settimana.
Facciamo un esempio concreto.
Un gruppo di 12 femmine avrà lo stesso numero di soggetti in parto (10) con una portata al parto
variabile dall’82 all’88 %, mentre se il gruppo di animali da coprire dovesse riempire una sala parto
da 30 gabbie per analoghe percentuali di portata al parto si dovrebbero coprire 36-37 soggetti nel
primo caso e 34 nel secondo.
Innanzi tutto occorre definire quanti soggetti debbono essere coperti in questo allevamento che
abbiamo assunto come dimostrativo, allevamento di 250 scrofe che svezza una volta alla settimana
e che è dotato di 5 sale parto da 10 gabbie ciascuna (tabella 2).
Tabella 2 – Numero settimanale di femmine da coprire per riempire una sala parto da 10 gabbie
% di portata al parto
100
91
83
77
Numero femmine da coprire
10
11
12
13
Nel caso specifico si è visto che la % media di portata al parto è dell’83 per cui occorre coprire ogni
settimana un gruppo di femmine pari a 12.
Se si svezza una volta alla settimana significa che in un anno ci saranno 52 svezzamenti e quindi 52
blocchi di coperture settimanali.
15
Femmine da coprire
Da dove ricavare queste 12 femmine da coprire settimanalmente?
Le coperture settimanali comprendono tre categorie di femmine: le scrofe svezzate, le scrofette e le
femmine (scrofe e scrofette) di ritorno.
A queste si potrebbe aggiungere una quarta categoria rappresentate dalle “ritardatarie”, vale a dire
da soggetti che erano attesi in calore da tempo, ma la presenza dell’anestro, magari protrattesi per
settimane, non permette di prevedere il momento in cui verranno in calore. Ebbene l’improvvisa
presenza dell’estro aggiunge al gruppo di copertura un soggetto inaspettato che lo rafforzerà di un
elemento in più per quella settimana.
La presenza delle ritardatarie è così sporadica che esse non verranno considerate come elementi
fissi nella costituzione del gruppo di copertura.
Scrofe svezzate
Il numero di scrofe svezzate ogni settimana è quasi sempre identico al numero di scrofe che hanno
partorito, salvo qualcuna che è stata eliminata in sala parto, fatto questo che deve essere considerato
del tutto occasionale.
Il numero di quelle che restano per la successiva settimana di copertura dipende dalla riforma che
normalmente viene fatta allo svezzamento.
Rientra nella normalità la prassi di riformare le scrofe per età, per un determinato numero di parto,
per sterilità (ritorni in numero eccessivo), per ridotta produttività, per una mammella considerata
poco produttiva, per zoppicatura e per altri motivi che obbligano ad eliminare l’animale
dall’allevamento quali inconvenienti gravi come ad esempio il prolasso uterino.
A questo punto, se si vuole giungere ad una programmazione del numero di parti settimanale,
occorre riconsiderare la politica della riforma delle scrofe allo svezzamento, in quanto deve essere
orientata in considerazione delle necessità aziendali di copertura piuttosto che sulle caratteristiche
individuali.
Se si è prefissato che il numero di coperture settimanale è pari a 12,
occorre riformare quei soggetti per i quali non è possibile pensare che mostreranno il calore a
breve termine come quelli molto magri o con capacità vitale ridotta quali i soggetti malati
oltre ovviamente a quelli in condizione di sopravvivenza incerta.
La riforma, insomma, deve essere limitata a quegli animali per cui è problematica la
sopravvivenza o la ripresa con successo del ciclo riproduttivo.
Tutti gli altri, comprese le femmine con più o meno accentuata zoppicatura, e indipendentemente
dal livello precedente di produzione (pochi nati o ipogalassia o cattiva madre) vanno mantenuti.
La riforma dovrebbe essere fatta da chi è responsabile delle coperture e non da chi è in sala parto.
Se questo è il caso vi saranno nelle scrofe svezzate quelle che non presenteranno problemi
riproduttivi e che comunque si suppone che verranno regolarmente in calore e che, una volta
inseminate, concepiranno.
16
Per questi animali non vi è problema mentre questo insorge quando ci troveremo di fronte a soggetti
(scrofe problema) con risultati scadenti, quali pochi nati in carriera, cattive madri per elevato
numero di schiacciamenti o scarsa produzione lattifera ed infine anche la possibilità che la
copertura di quel soggetto dia origine ad un ritorno.
Scrofe svezzate problema
La stimolazione con il verro fin dal giorno dello svezzamento o comunque dal giorno successivo si
giustifica con la comparsa del calore e conseguente inseminazione in virtù del non lasciare una
gabbia parto vuota.
Se si verifica che una gabbia parto resta vuota significa non svezzare (115 + 21 giorni dopo) cioè
circa 20 settimane dopo la copertura 10 suinetti, in quanto vengono a mancare in quella settimana,
considerando le 10 possibile svezzate, un decimo dei suinetti.
Ciò significa che queste perdite vanno conteggiate come se fosse una mortalità di 10 suinetti per
ogni gabbia vuota e quindi la percentuale di mortalità dipenderà dal numero di gabbie che sono
rimaste vuote in quella settimana di parti.
Si potrebbe obiettare che le perdite per una gabbia parto vuota sono relative perché non vi è stata
spesa per l’alimentazione, però le spese generali dirette ed indirette (verri, personale, corrente
elettrica, igiene, ecc) sono rimaste integre ed incidono anche su quella gabbia. Tale gabbia resterà
vuota fino allo svezzamento e quindi considerando i 3 giorni preparto, le tre – quattro settimane di
lattazione, il periodo di vuoto sanitario resterà inoperosa per 4 – 5 settimane.
Non solo ma in caso di gabbia vuota in sala parto resta vuota una gabbietta in sala
svezzamento,manca un box od una parte di questo alla messa a terra e per chi ha il ciclo chiuso
manca un box al magronaggio e all’ingrasso.
Allora il compito primo sarà quello di non lasciare vuota nessuna gabbia parto per cui è meglio che
partorisca una scrofa con una carriera di scarsa prolificità che sarebbe stata normalmente riformata
alla svezzamento e che invece è stata coperta.
Questa scrofa ha partorito 5 suinetti anziché 10? Intanto meglio cinque che zero eppoi questa ha a
disposizione due file mammarie piene di latte per altri suinetti da adottare.
Si è coperta una scrofa cattiva madre oppure che ha avuto nella carriera precedente poco latte? Bene
, intanto questa ha partorito 10 suinetti che saranno distribuite alle altre scrofe.
C’è stata la scrofa con zoppicatura? Se si ha l’avvertenza di metterla sulla terra e di coprirla in F.A.
molto spesso guarisce e riprende normalmente la su funzione per cui è in grado di partorire
potenzialmente 10 suinetti e di allattarli regolarmente.
Concludendo, occorre
a) attuare una politica di riforma molto restrittiva
b)stimolare e coprire tutte le scrofe svezzate che abbiano la probabilità di venire in calore e
di concepire
c) pensare che una gabbia vuota in sala parto significa, se manca una unità nel numero
programmato di coperture, avere un posto vuoto per 20 settimane
17
Numero di coperture superiore al fabbisogno
Considerando che il gruppo di copertura settimanale comprende già gli eventuali soggetti di ritorno
e le scrofette introdotte per colmare i possibili vuoti dovuti al non raggiungimento del numero
programmato di coperture, è possibile che la stimolazione e l’inseminazione delle scrofe svezzate
oltre a quelle problema inducano un numero di coperture superiore rispetto a quello necessario.
Allora possono essere riformate i soggetti eccedentari da scegliere tra quelli a rischio,
cioè le scrofe – problema. Quando?
Ci sono due momenti ottimali per riformare le scrofe di riforma che non state ricoperte:
a)
riformare le scrofe alla fine della settimana di copertura, quando si evidenzia che
il numero di femmine coperte con probabilità di concepimento supera di gran
lunga il numero di coperture programmato (12 o per prudenza 13)
b)
riformare le scrofe dopo che è stata eseguita la diagnosi di gravidanza con
ecografo, per cui ci si resi conto degli eventuali ritorni e si conosce con sicurezza
quante sono le gravide
Nel primo caso vi è già stato il riassorbimento del latte nelle mammelle e la scrofa può essere
pronta per la vendita.
Nel secondo caso vi sono stati dei costi addizionali dati da
• il mangime consumato
• il seme utilizzato per la F.A.
• il costo della diagnosi di gravidanza.
Occorre considerare che il mangime consumato è servito per far aumentare di peso la scrofa e che la
gravidanza migliora l’indice di conversione per cui quanto è stato consumato in mangime è
guadagnato in peso; la spesa del seme è servita per avere questa capacità di anabolismo che frena il
catabolismo presente dopo lo svezzamento.
Inoltre 28 giorni o più di alimentazione post-copertura
sono sufficienti per far guarire l’animale dalle lesioni
che si è procurato in sala parto
(ad esempio, ulcere delle spalle, ferite dipendenti dalle strutture, lesioni ai piedi, ecc)
per cui guadagna la salute della scrofa.
Si potrebbe concludere che le scrofe di riforma, qualora non si vogliano vendere nella prima settima
post-svezzamento per assicurarsi il riassorbimento del latte, dovrebbero sempre essere coperte se si
presume che vi sia il concepimento perché questo assicura una crescita superiore ed un indice di
conversione più favorevoli rispetto alla scrofa riformata non gravida.
Scheda per la registrazione del flusso delle femmine in copertura
C’è la necessità di conoscere settimana per settimana il numero di animali disponibili per la
copertura.
18
È chiaro che ogni settimana questo numero si basa su quello delle scrofe svezzate che possono
essere recuperate per una nuova copertura.
Se le cose procedono nel migliore dei modi l’intera svezzata può essere recuperata.
Però anche in questo caso il numero di coperture è insufficiente dal momento che la portata al parto
non è il 100 %. C’è la necessità pertanto di integrare il numero obiettivo (nell’esempio riportato 12)
con altri soggetti , che non sempre sono rappresentati da animali di ritorno per cui bisogna fare
affidamento sulle scrofette.
Riepiloghiamo per comodità i principi base del ciclo riproduttivo (figura 1)
Figura 1
Per una lattazione di 3 settimane il ciclo dura 20 settimane il che significa che se ogni
settimana devo svezzare deve essere disponibile un nuovo gruppo di scrofe. Ciò significa che il 5%
della mandria dovrà essere coperto ogni settimana.
Allora il ciclo riproduttivo va seguito settimana per settimana fino alla ventesima perché
durante questo ciclo si avranno all’inizio le coperture, poi gli eventuali ritorni ed infine il periodo di
parto e lattazione come sono indicati nella figura 2.
Figura 2
Ebbene se seguiamo l’iter di un gruppo di scrofe in una qualsiasi settimana vediamo come
all’inizio ci sia il numero di soggetti che sono disponibili, alla settima 1 c’è il numero di quelli
coperti che si riduce di una o più unità in rapporto ai ritorni della terza o quarta settima o degli
aborti successivi per cui il numero dei soggetti gravidi lo si riscontra alla sedicesima settimana per
il loro ingresso in sala parto dove rimarranno fino alla ventesima, epoca in cui le femmine saranno
svezzate.
Se si fa attenzione ai ritorni ed agli aborti si osserva che alla decima settimana ,salvo
19
qualche eccezione, si conosce il numero definitivo che scrofe gravide che partoriranno. Si ha così
un’idea corretta del numero di femmine svezzate che potrebbero essere utilizzate per quel gruppo di
copertura.
Alla decima settimana di ogni gruppo diventa così evidente il numero di femmine, che in
questo caso saranno scrofette, che dovranno integrare il gruppo di svezzamento 10 settimane più
tardi.
Scrofette
Il fabbisogno in scrofette può essere fisso per gruppo oppure in numero variabile.
Il primo caso si ha quando si ha una rimonta fissa per gruppo, ad esempio del 20 %. Ciò significa
che nel nostro caso ogni settimana si aggiungeranno al gruppo delle 10’ svezzate 2 scrofette. Ciò
sarebbe valido se si riformasse due soggetti dei 12 coperti che potrebbero essere 2 scrofe da
riformare durante la gestazione o che sono ritornate o con aborto in maniera da arrivare alò parto
con 10 animali validi. E’ questa un’ipotesi che non sempre si avvera perché il numero delle
riformate o comunque non disponibili per essere ricoperte allo svezzamento non è sempre uguale
potendo essere superiore o inferiore al 20 % del gruppo.
Allora bisogna puntare su un numero variabile che dipenderà dalla situazione che si crea gruppo
per gruppo.
Prima di fare un esempio occorre dire che se la necessità di scrofette si evidenzia alla decima
settimana ci sono altre dieci settimane prima che queste siano pronte per cui c’è un lasso di tempo
di 70 giorni.
Ammesso che si ritirino scrofette di 90 – 100 kg il tempo necessario per l’isolamento e la
stimolazione permetterà in questi 70 giorni di avere due calori per cui esse saranno al momento
della copertura sessualmente mature e quindi pronte per essere coperte.
La consegna delle scrofette dovrebbe avvenire ogni due settimane se si ritira a questo peso, ma per
comodità potrebbe essere rimandata ogni 6 settimane avendo l’accortezza di ritirare soggetti a pesi
differenti (da 60 a 90 kg) in maniera da avere sempre pronte ogni settimana il numero di scrofette
necessario per completare il gruppo di copertura
Ecco l’esempio rapportato alla situazione in cui il numero di soggetti per la copertura è inferiore a
quello programmato (figura 3).
20
Fig. 3 – Schema di fabbisogno di scrofette in una settimana di copertura
Naturalmente la sicurezza del numero programmato di coperture è data dall’avere a
disposizione un numero superiore di soggetti rispetto al fabbisogno al fine di superare gli eventuali
inconvenienti quali l’anestro degli animali, la riforma anticipata, l’avvento di situazioni che
possono modificare il tasso di parto (es. caldo improvviso).
Se si acquistano soggetti a 65 kg di peso l’ordine di acquisto si farà dopo aver visto i ritorni
a
alla 3 e 4a settimana di quel ciclo. Se si procede in questo modo ci saranno 17 settimane di
adattamento e crescita, in quanto i 120 giorni di attesa si sommeranno ai 100 – 120 dell’età degli
animali facendo sì che la copertura avvenga attorno all’ottavo mese di vita.
E’ invalso l’uso, veramente encomiabile, di acquistare le scrofette a 28 – 30 giorni di vita ,
aventi un peso medio di circa 7 kg. Tali animali vengono ordinati attorno alla 10° settimana del
ciclo e saranno disponibili per la copertura alla fine del ciclo successivo, cioè quando saranno
trascorse 30 settimane. Infatti 210 giorni di adattamento e stimolazione più 30 giorni d’età all’arrivo
in azienda fanno sì che le coperture avvengano a 240 giorni circa, ad animale sufficientemente
sviluppato La figura 4 consente di avere un quadro esplicativo degli eventi per l’intera durata di un
ciclo riproduttivo della mandria.
Fig. 4- Schema di organizzazione dell’intero ciclo riproduttivo in un allevamento con una mandria
di 250 scrofe
Femmine di ritorno
È questa la terza categoria di femmine (scrofe e scrofette) che fa parte del gruppo di copertura.
Occorrerebbe tenere al minimo il numero di animali che hanno interrotto il ciclo riproduttivo per
ritorno, aborto, psedogravidanza , anestro prolungato perché la fertilità di questi – se il management
è buono - è a rischio
Questo spiega il perché la quota di femmine di ritorno dovrebbe essere inferiore al 10 % del
numero programmato di coperture per gruppo.
21
Infatti la presenza di scrofe scrofette con ritorni fa abbassare mediamente il tasso di portata al
parto del gruppo.
Quante scrofe coprire
La risposta è certamente il numero programmato per quell’azienda con quella percentuale di
fertilità.
Poiché quest’ultima non è costante vi sarà un aggiornamento continuo sia in rapporto alla fertilità
delle scrofe che delle scrofette in merito alla stagione. La percentuale di portata al parto per quel
periodo dell’anno precedente, meglio la media degli ultimi tre anni sempre per il mese di copertura,
è un’ottima guida al numero di soggetti da portare in copertura.
Comunque vi possono essere casi il cui il numero di scrofe che partoriscono è superiore rispetto a
quello programmato. Questo può succedere involontariamente come ad esempio perché la portata
al parto è stata superiore a quella attesa oppure volontariamente quando si pensa che una scrofa
gravida darà pochi nati (come si evidenziava dai parti precedenti) ed invece ne ha fatto molti o ci si
attendeva che abortisse, situazioni in cui si è mantenuto un numero di gravide superiore a quello
prestabilito.
In questi casi il numero di partorienti è superiore a quello delle gabbie parto.
Il problema si risolve svezzando dopo il colostro la scrofa che è nervosa o schiaccerà, o quella che
ha poco latte in modo che la gabbia vuota serva per quella che partorirà di li a poco (uno o più
giorni se non addirittura ad ore).
L’importante è avere il numero programmato di svezzati e non 10 suinetti per scrofa perché
l’allevamento è stato costruito per dare un numero il più possibile costante di suinetti per settimana.
Negli Stati Uniti i trasportatori si rifiutano di caricare un numero di lattoni che non riempie il
camion per cui il numero prodotto per settimana diventa prioritario rispetto a tutto.
Numero di gabbie parto difforme per sala
Può succedere che il numero di gabbie parto sia differente nelle varie sale e quindi non sia possibile
almeno teoricamente avere un numero di parti identico ogni settimana.
22
Supponiam o che un’azienda
abbia 7 sale,
3 con 15 ,
3 con 10
ed una con 25
gabbie parto
15
15
15
10
10
10
25
In questo caso si presentano due soluzioni, la prima quando il numero di gabbie parto è
facilmente riconducibile ad un numero fisso, la seconda quando invece occorre un minimo di
ristrutturazione degli ambienti per arrivare ad avere un numero fisso di gabbie parto ogni settimana.
Ecco la soluzione
Come avere un numero
identico di parti ogni
settimana?
15 +10
15 + 10
15 +10
25
23
Secondo esempio
E se avessim o invece
5 sale parto con
8, 9, 12, 6 e 12
gabbie parto ciascuna?
8
9
12
6
12
Ecco la soluzione
L a s o lu z io n e p o tre b b e
e s s e re la s e g u e n te :
6 + 6
2 + 9 + 1 n u o va 1 2 1 2
In rapporto all’entità numerica della mandria in questo secondo caso la soluzione più corretta
sembra quella di procedere a coperture che diano 12 parti settimanali. Pertanto si procederà ad una
piccola ristrutturazione che vedrà scorporate due gabbie dalla sala parto di 8 e l’aggiunta di 1 nuova
gabbia. Alla fine il risultato potrebbe essere il seguente : riduzione delle sale parto da 5 a 4 , di cui
due di 12 posti ciascuna (tra l’altro già presenti), una formata da 6 più altre sei gabbie, ed infine una
di 9 più due e più una (nuova).
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Quanto esposto può sembrare macchinoso. Non è tale, occorre una maggiore attenzione al dettaglio
e tutto diventa poi routine. Chiaramente occorre maggior impegno rispetto alla visione fatalistica
che vede gruppi di copertura formati esclusivamente dal caso, cioè dal numero di animali che
casualmente si trovano in calore quella settimana.
A mio avviso una programmazione delle coperture resta non solo un passo per una buona rendita
aziendale ma il principio da cui partire per avere una gestione razionale ed economicamente
redditizia dell’allevamento.
È possibile tutto questo?
Un esempio di un’azienda che ha sale parto da 20 gabbie è riportato nella seguente scheda dove si
vede, dopo le prime settimane per l’aggiustamento del tiro, un gruppo scrofe che oscilla attorno al
numero settimanale programmato
Sintesi Prof. Tarocco
Certamente il problema fondamentale di un allevamento suinicolo da riproduzione è quello di avere
il maggior numero di nati possibile, suinetti che dovrebbero essere sani, a rapida crescita ed in
numero elevato allo svezzamento.
25
Per una regolare gestione occorrerebbe che il loro numero fosse costante perché si potrebbe adottare
con successo il tutto pieno- tutto vuoto con un riempimento e svuotamento regolari dei vari settori
aziendali che si accompagnano a razionalizzazione del lavoro e diminuiti costi di produzione.
Allora il problema fondamentale resta quello di avere settimanalmente od ogni tot settimane quel
determinato numero di nati che si otterrà soltanto se il numero di scrofe partorienti sarà identico o
comunque assai vicino al numero di gabbie parto disponibili ad ogni banda.
L’esperienza dimostra che non è facile rispondere a questa necessità per cui è una situazione
comune quella di vedere ogni una o più settimane un numero variabile di riproduttori che entrano in
sala parto. Questo sta ad indicare che vi è una variabilità che sarà tanto maggiore quanto più sarà
casuale il numero di femmine che presentano l’estro in quella settimana di copertura.
Le coperture settimanali comprendono tre categorie di femmine:le scrofe che sono state svezzate
pochi giorni prima, gli animali con ritorni in estro e le scrofette.
Le cause di variabilità sono essenzialmente legate all’insufficiente disponibilità o all’eccesso di
soggetti di una, di due e di tutte tre le categorie in maniera da non raggiungere o superare quel
numero programmato di coperture che con una determinata portata al parto permetterebbe di
occupare tutte le gabbie presenti quella settimana.
La necessità di avere un numero costante di soggetti alla vendita è dimostrata dal fatto che le spese
di trasporto incidono maggiormente laddove il gruppo di animali è poco numeroso, tant’è che chi
non produce un numero settimanale sufficiente di lattoni non trova il camion che venga a caricarli
perché le compagnie che ritirano gli animali fanno girare gli automezzi solamente se è possibile
riempirli con partite uniformi per peso (ed età).
La domanda che viene spontanea è la seguente: è possibile impostare il problema ci come avere un
numero di coperture settimanali che abbia il minimo di variabilità?
La risposta è affermativa (facendo alcune considerazioni preliminari).
Naturalmente la sicurezza del numero programmato di coperture è data dall’avere a disposizione un
numero superiore di soggetti rispetto al fabbisogno al fine di superare gli eventuali inconvenienti
quali l’anestro degli animali, la riforma anticipata, l’avvento di situazioni che possono modificare il
tasso di parto (es. caldo improvviso).
Se manca una scrofa al parto è come se vi fossero stati 10 suinetti morti con ripercussioni pesanti su
tutta la filiera perché è rimasta inutilizzata una gabbia che ha un costo di ammortamento elevato, è
rimasta vuota una gabbietta in sala svezzamento, un box di messa a terra, con spazi vuoti al
magronaggio e all’ingrasso.
A mio avviso una programmazione delle coperture resta non solo un passo per una buona rendita
aziendale ma il principio da cui partire per avere una gestione razionale ed economicamente
redditizia dell’allevamento.
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STEFANO FIONI
Veterinario APA Cremona, specialista suini ARAL
COME AUMENTARE LA FERTILITÀ DELLA SCROFA
II successo di un allevamento di suini da riproduzione dipende dalla efficienza dei riproduttori
allevati.
Nel corso dell’allevamento la gestione delle scrofe soprattutto durante la fase riproduttiva e di parto è
soggetta ad alcuni punti critici che vanno sempre considerati con particolare attenzione, essi vanno
dalla qualità e quantità di alimento somministrato alle scrofe, alla diffusione e prevalenza delle malattie
infettive all’interno dell’allevamento, al microclima ambientale in cui sono stabulate le scrofe, sia nella
sala parto che nel reparto di gestazione, dal controllo dei calori e degli eventuali ritorni per arrivare fino
alla diagnosi di gravidanza. ed al parto.
Sono tutte attività finalizzate ad ottenere le migliori prestazioni riproduttive e a ridurre i giorni non
produttivi, considerando però che i maiali in natura hanno dei periodi di anaestro,fisiologico, con
completa assenza di calori, l’uomo nel corso degli anni ha posto dei filtri che condizionano e aumentano
la produttività.
Un management dell’allevamento non accurato infatti può portare a danni dovuti a turbe all'apparato
riproduttore, collegati a disordini e alterazioni del ciclo estrale che portano nel tempo a danni
economici rilevanti.
Soprattutto durante la fase riproduttiva se non impostata con un management corretto vi sono degli
eventi che non permettono il proseguo della gravidanza e che,quindi sono causa di un aumento dei
giorni improduttivi per la scrofa.
I giorni persi dalle scrofe si devono considerare come un peso economico per l'allevatore in quanto
concorrono ad aumentare i costi d'allevamento della riproduttrice che non verranno mai ripagati dalla
produzione.
Uno dei fattori che influisce negativamente sulla produttività aziendale, al di la dei possibili aspetti
sanitari ad essi legati, è il basso livello di fecondità dovuto a ritorni in calore in ciclo o a ritorni in estro
fuori ciclo che quando sono numerosi indicano portano al fenomeno dell'ipofecondità,che viene
misurata come numero di parti avvenuti rispetto al numero delle coperture effettuate.
A questo punto è bene considerare cosa può essere “accettato” nella normale condizione di un
allevamento da riproduzione, per ciò che riguarda le problematiche riproduttive. Ho sviluppato una
tabella che può ragionevolmente essere considerata
Ritorni in estro irregolari
Aborti
Scoli Vaginali
Vuote al parto
Riformate non pianificate
Mortalità scrofe
Ritorni in estro regolari
Obiettivo %
2
1
1
1
1
1
5
Soglia di intervento %
5
Maggiore di 1
Maggiore di 1
Maggiore 2
Maggiore 2
Maggiore 2
7-8
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I Ritorni
- Ritorni in ciclo regolari (18-23 gg)
Sono principalmente dovuti a due ordini di problemi:
- Mancata fecondazione
- Morte embrionale precoce (<14gg)
- Ritorni fuori ciclo (24-35 gg)
in questo caso è avvenuta fecondazione, almeno 4 embrioni sono vivi al 14° giorno, vi è la
morte e riassorbimento embrionale tra 14°-30° gg
- Ritorni a 46 - 54 giorni e ritorno in ciclo
sono ritorni dovuti morte embrionale al 30°-35° gg circa e successivo ritorno in ciclo
II fenomeno dei ritorni in calore delle scrofe diviene particolarmente importante nel periodo estivo ,
analizziamo ora più approfonditamente i diversi tipi di ritorni:
•Mancati concepimenti
1. Ritorni regolari in ciclo , la scrofa ritorna in ciclo regolarmente quindi, non è avvenuta la
fecondazione. Principalmente i fattori che influenzano queste problematiche sono:
• Temperature elevate, infatti a 35° C i livelli ormonali sono ridotti e ritardati
Gli animali presentano un normale sviluppo follicolare e normali manifestazioni astrali, ma
con livelli ormonali insufficienti per produrne ovuli
Inoltre, durante la maturazione della cellula uovo le elevate temperature porta, alla
ovulazione di oociti con anomali del cromosoma, che non sopravvivono nel tempo
•
Rilevamento dell’estro, in questo caso le modalità, fondamentali sono le operazioni con cui
l’addetto svolge la ricerca dei calori,nelle scrofe svezzate e nelle scrofette, non è questo il
tema della giornata e non mi dilungherò su ciò, ma và considerato come uno dei temi più
importanti
• Tempo Estro-Copertura,nelle scrofe tanto più il calore post svezzamento è precoce, tanto
più la durata dell’estro è lungo e dato che l’ovulazione avviene nell’ultima fase di durata del
calore, la fecondazione deve essere posticipata, al contrario nel caso in cui la manifestazione
del calore è tardiva,rispetto allo svezzamento, tanto più è breve la durata del calore e quindi
il tempo rilevamento dell’estro-fecondazione va ridotto.
Modalità di inseminazione,
•
•
Impiego del verro troppo frequente ed effetto individuale del verro
Temperature elevate per due settimane consecutive
hanno effetto negativo sulla
spermiogenesi, condizioni normali si hanno almeno dopo cinque settimane dallo atress
termicoMalattie riproduttive, in estrema sintesi sono:
- Malattia sistemica da Leptospira Bratislava
- Malattie riproduttive uro-genitali, cistiti, endometriti, e vaginiti
I sintomi principali dei ritorni in ciclo sono principalmente
- All’ecografia la scrofa è “sporca”
- In alcune l’urina è molto maleodorante e talvolta è torbida o addirittura con sangue
- Raramente gli animali hanno febbre
- Talvolta, il catetere, dopo la fecondazione è sporco di materiale biancastro
- Presenza di scoli vulvari qualche giorno prima della venuta in calore
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2. Ritorni Irregolari, sono essenzialmente caratterizzati dal mancato mantenimento della
gravidanza
A partire dal 13° giorno dal concepimento gli embrioni segnalano la loro presenza alla scrofa,
tramite l’emissione in circolo di ormoni, negli animali che sono sottoposti a stress termico, gli
embrioni anticipano la produzione ( 9° giorno) di questi ormoni e a livelli quantitativi minori, il
risultato di tutto ciò è che la scrofa non riconosce la gravidanza, riparte il ciclo ormonale,il
ciclo riproduttivo si allunga ed i ritorni in calore sono in questo modo irregolari.
• Ambiente ed attrezzature, non adeguate, ad esempio sono piccole, strette ,
• Alte temperature ambientali, sono come abbiamo visto prima sono fondamentali per la
ipofertilità
• Stress post–copertura, rimbastì effettuati troppo precocemente rispetto alla fecondazione o
formazione di box non omogenei
• Stabulazione - sistemazione delle scrofe in gabbia, in modo non accorto, come ad esempio
posizionare una scrofette vicino a due scrofe pluripare Alimentazione, un aumento del
regime alimentare delle scrofe prima della fecondazione, aumenta la portata al parto, inoltre
la condizione di stabulazione in gruppo con scrofe sottomesse ,ed ipoalimentate provoca la
riduzione della portata al parto
• Malattie riproduttive, quali ad esempio il mal rosso, il parvovirus,la Malattia di Aujeszky,
la Leptospirosi, la Prrs. L’Influenza, peste suina classica, brucellosiTossicosi da
Zearalenolo,e Zearalenone
Oltre ai problemi legati ai ritorni per le cause che abbiamo trattato, va inoltre considerato che
l’aumento dei giorni improduttivi dipende anche dalla lunghezza del periodo svezzamento –
fecondazione, con problemi che andiamo ora ad elencare in modo analitico, senza soffermarci.
•
•
•
Stagione climatica , valutando le temperature, ed il fotoperiodo, cioè la lunghezza delle ore
di luce e la loro intensità,Numero di parti, considerando che le scrofe giovani presentano un
più lungo intervallo svezzamento – calore rispetto alle scrofe che hanno partorito più volte
Durata della lattazione che influenza decisamente l’intervallo fra lo svezzamento ed il calore
i modo direttamente proporzionale Alimentazione, le scrofe alimentate con elevati livelli
alimentari, presentano un intervallo medio di ritorno in calore più corto
Ambiente, le scrofe sono influenzate dalla temperatura ambientale alta, come conseguenza
della bassa ingestione di alimento: il consumo di alimento durante l’allattamento è
inversamente proporzionale alla temperatura ambientale
Per una scrofa, i giorni produttivi sono quelli costituiti dalla gestazione (115 giorni) e dalla lattazione (21 - 27
giorni).
La gestazione dura fisiologicamente mediamente circa 115 giorni (±3), mentre la lattazione può variare da 19
giorni a 30 in funzione dell'organizzazione aziendale, l'intervallo svezzamento la copertura è da considerare
improduttivo in quanto vi sono scrofe che vanno in calore mediamente dopo 1 – 5 giorni dallo svezzamento.
Come si è visto in precedenza un'alterazione della continuazione della gravidanza, porta la scrofa a dei ritorni
in estro dopo un numero di giorni più o meno numerosi con un conseguente numero di giorni improduttivi.
Il modo di affrontare e risolvere i problemi sono legati alla loro natura, quindi possono essere suddivisi in
problematiche di origine infettiva e di origine non infettiva:
• Di origine infettiva:
In questo caso è importante sapere quale è lo stato sanitario dei nostri maiali, quindi è necessario
programmare gli esami sierologici almeno ogni sei mesi per valutare le patologie presenti in
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allevamento e la loro evoluzione nel tempo e la loro diffusione nelle diverse categorie di età dei
suini, in modo da potere applicare tutte le terapie e profilassi necessarie a limitare la diffusione e i
danni.
Biosicurezza verso l’ambiente esterno dell’allevamento programmando opere e strutture per
difendersi dall’arrivo di patologie, ponendo particolare attenzione a tutti quei mezzi e persone che
sono potenziali portatori di malattie.
Và inoltre considerata la biosicurezza interna per limitare la circolazione dei patogeni all’interno,
dell’allevamento studiando ed applicando un flusso di gestione degli animali, e praticando la
tecnica del tutto pieno e tutto vuoto e le necessarie disinfezioni ambientali.
Piani vaccinali opportuni alla luce dello screening aziendale
• Di origine non Infettive:
Miglioramento del management dell’allevamento, che presuppone la messa in opera di tutte quelle
strategie per avere una conduzione che favorisca la venuta in calore, quali ad esempio la ricerca dei
calori sempre con il verro, almeno due volte al giorno, con l’operatore che avvicina la scrofa in
modo corretto, alimentazione nelle fase di gestazione dei soggetti molto accurata , differenziando la
razione in base al periodo stagionale, cura dell’alimentazione anche in sala parto per avere delle
scrofe svezzate “in tono”, che vengono più rapidamente e meglio in calore, e qui il mio elenco può
proseguire , ma in genere significa conoscere il proprio allevamento e le proprie scrofe e porre cura
al lavoro.
Sistemi di condizionamento delle temperature ambientali, che rendono l’ambiente migliore per le
scrofe
In totale quindi prestare attenzione e cura alla singola scrofa o verro
Per ridurre i giorni improduttivi dell'allevamento inoltre è necessario controllare al più presto che le scrofe
fecondate siano effettivamente gravide,. la tecnica di gestione perciò è stata spinta a ricercare metodiche
sempre più sofisticate atte ad effettuare la diagnosi di gravidanza.
Dal 1950 in poi sono state studiate varie tecniche che potessero portare, nelle scrofe, ad una diagnosi di
gravidanza sufficientemente precoce e sufficientemente esatta, vediamo ora molto velocemente ad una piccola
storia della diagnosi di gravidanza.
LA DIAGNOSI DI GRAVIDANZA
Le metodologie da utilizzare per la diagnosi della gravidanza devono essere di pratica applicazione in
allevamento e compatibili con le moderne tecnologie, vediamo ora le pi
1. Valutazione del ritorno di calore con il verro
La rilevazione del riflesso di immobilità al verro o all'uomo effettuata dopo circa 20 giorni
dall'inseminazione, può essere considerata una diagnosi di gravidanza.
È il metodo comunemente impiegato dagli allevatori, ma la sua attendibilità e solo del 40 % .
Molte sono le cause che non fanno evidenziare il ritorno di calore tra il 19° e il 25° giorno, ad
esempio dei soggetti possono avere cicli della durata inferiore ai 18 giorni o superiore ai 25, vi sono
poi scrofe con estri silenti, con cisti ovariche o con mortalità embrionale.
Per evitare l'influenza di questi fattori , il controllo del ritorno di calore dovrebbe essere effettuato tutti i
giorni successivi alla inseminazione cosa che per ragioni pratiche difficilmente viene effettuato.
30
2. Valutazione della diagnosi di gravidanza con Test
La diagnosi di gravidanza nella scrofa può essere effettuata con diversi test che si basano o sulla presenza dei
prodotti del concepimento o sull'assenza dell'attività ciclica estrale.
Alcuni test tendono a verificare se l'animale è gravido , mentre altri se non lo è.
Le metodiche di diagnosi di gravidanza utilizzabili nella scrofa sono essenzialmente legate a test di diagnosi
di gravidanza effettuate durante lo sviluppo embrionale e fetale
Sono metodiche che si basano:essenzialmente sull'accrescimento dell'embrione e dell'utero,
o sulle modificazioni della concentrazione ematica di alcuni ormoni.
3. Biopsia vaginale
La diagnosi di gravidanza si può effettuare attraverso la valutazione delle modificazioni della struttura
istologica dell'epitelio vaginale . Durante il proestro, a livello vaginale, si osserva uno strato di 5 - 20 cellule
epiteliali, mentre durante il metaestro e il diestro lo strato è di solo 3-5 cellule. Se intorno al 20° giorno di
gravidanza gli strati di cellule epiteliali sono limitati significa che si è instaurata la gravidanza. L'attendibilità
è del 95 al 100%% per le scrofe gravide e dal 70 % al 90 % per le non gravide.
I fattori che limitano l'impiego di questa tecnica consistono nella difficoltà nel prelievo del campione
tissutale che deve essere prelevato dalla parete dorsale o laterale della vagina, 8 cm dietro la cervice; e dal
fatto che il campione deve essere immediatamente fissato in formalina o congelato e quindi trasportato in
laboratorio per avere poi una risposta dopo 48 ore.
4. Analisi del sangue
Sono metodiche che permettono buone diagnosi ma che vengono limitate nel loro utilizzo dal fatto che è
necessario disporre di campioni di sangue e il loro invio in un laboratorio e dal fatto che i cicli estrali delle
scrofe hanno durata leggermente diverse e la mortalità embrionale.
Prostaglandine
Un accurato metodo per la diagnosi della gravidanza è rappresentato dalla valutazione della
concentrazione plasmatica di un metabolita della prostaglandina. Gli embrioni vitali impediscono la
normale secrezione e/o liberazione delle prostaglandine nella vena utero ovarica tra l’ 11° e il 16°
giorno del ciclo, per cui se in questo periodo si riscontrano in circolo bassi livelli di PGFM, la scrofa è
giudicata gravida.
Il metodo ha un'attendibilità del 90% per le scrofe gravide e del 68% per le non gravide.
Progesterone
La valutazione della concentrazione plasmatica del progesterone tra il 17° e il 24° giorno
dall'inseminazione. Si basa sul fatto che se la scrofa è non è gravida, la concentrazione
plasmatica del progesterone di quel periodo è particolarmente esigua in quanto si è verificata la
lisi del corpo luteo; se la scrofa è gravida invece la concentrazione del progesterone è elevata in
quanto si è formato un corpo luteo gravidico. L'affidabilità della metodica è del 97% per le scrofe
gravide e del 60% per le non gravide.
La validità di questa analisi effettuata con il metodo RIA è risultato molto affidabile essendosi
ottenuto un errore analitico riferito alle scrofe diagnosticate non superiore al 1,5%.
Analisi delle urine:
La blastocisti dei suinetti sono in grado di produrre estrogeni che a livello uterino vengono
trasformati in estrone solfato. che è prodotto dal feto e passa successivamente nelle urine della madre.
Il picco estrogenico avviene di norma tra il 24° e il 32° giorno di gravidanza con livello massimo al
25°-26 a partire dal 25° giorno di gestazione nelle urine di scrofe gravide è possibile determinare
gonadotropine corioniche, che pure a livelli bassi, perdurano fino al 90° giorno di gestazione.
31
Diagnosi con l'ausilio di apparecchiature
In genere la diagnosi di gravidanza viene effettuata con il metodo degli ultrasuoni. Questa tecnica
sfrutta il fenomeno fisico per cui le onde sonore incontrando strati a densità diversa vengono
parzialmente riflesse.
Si basa sulla valutazione della frequenza cardiaca e dei movimenti del feto (effetto Doppler) o sul
rilevamento dei liquidi fetali in utero (ecografia).
Effetto Doppler
La frequenza del battito cardiaco del feto è 4-5 volte maggiore di quella materna e va diminuendo con il
progredire della gravidanza. Il battito è udibile attraverso cuffie auricolari (o altoparlanti) o evidenziato
come segnale luminoso.
Il controllo della gravidanza effettuato tra il 30° e il 60° giorno dall'inseminazione presenta
un'attendibilità del 94% nelle scrofe gravide e del 96% in quelle non gravide
Ecografìa
L'indagine ecografica si basa sull'eventuale presenza di contenuti liquidi in sede uterina che
determinano un'eco.
La diagnosi si effettua ponendo un trasduttore contro la parete addominale, nell'area del fianco in direzione
dell'utero, sul video si rilevano i segnali riflessi. Le scrofe non gravide producono segnali ad una profondità
di 5 cm, quelle gravide a 15-20 cm
Molti allevatori effettuano in proprio la diagnosi ecografica ciò può essere una semplificazione
nell'organizzazione del lavoro aziendale.
L'uso costante dell'apparecchio da parte di personale con una limitata preparazione, può causare errori di
valutazione dovuti ad una eccessiva sicurezza diagnostica per una ridotta attenzione:
- alla prima diagnosi (22 giorni dopo la fecondazione e quindi ritorni a circa 40-44 giorni dallo
svezzamento
- per una ridotta stimolazione con il verro delle scrofe giudicate erroneamente gravide e che invece
presentano ritorni tardivi non imputabili ad aborti.
Queste semplici osservazioni di campo suggeriscono la necessità di effettuare sempre un secondo
accertamento al 50° giorno di gravidanza.
In genere questo secondo intervento viene effettuato da chi tiene le scrofe in gabbia , mentre è disatteso da
chi ha le scrofe in gruppo, sia per la quantità di lavoro necessario che per evitare possibili stress alle scrofe.
L'esame ecografico può essere utilizzato oltre che per la diagnosi di gravidanza anche per verificare la
situazione delle ovaie di quelle scrofe che:
- hanno manifestato anaestro da oltre 10 giorni dallo svezzamento,
- sono state coperte dopo un intervallo svezzamento-calore prolungato,
- sono state inseminate dopo uno o più ritorni, particolarmente se in fuori ciclo. Con l'ecografia si
possono evidenziare molto bene le ovaie macrocistiche (meno bene le microcistiche), è inoltre utile vedere se
si è di fronte ad ovaie oligocistiche (meno di 10 cisti nelle due ovaie) che in genere sono accompagnate da
corpi lutei funzionanti, o invece policistiche (più di 10 cisti ) in cui i corpi lutei sono debolmente funzionanti
o assenti, queste scrofe debbono essere allontanate dall'allevatore
Sulla diagnosi ecografica delle scrofe, l’Associazione Provinciale Allevatori di Cremona ha
elaborato i dati emersi dal giugno 2003 al luglio 2004, raccogliendo dati di circa 60.000 diagnosi
ecografiche quindi disaggregandoli e successivamente suddividendo i risultati in scrofette e
pluripare e successivamente In base al tipo di stabulazione della gestazione delle scrofe
I risultati emersi sono su base mensile e riguardano il dato al momento della diagnosi ecografica.
32
Grafici mensili scrofette - scrofe
Le scrofette e le scrofe presentano il seguente andamento nel corso dei mesi, come si può notare i
picchi delle ecografie con diagnosi negativa sono sia per le scrofe che per le scrofette, nei mesi di
luglio agosto e settembre, valutando che le ecografie sono effettuate a circa 22 - 28 giorni di
gravidanza si può intuire come le alte temperature della estate 2003 hanno influito molto
negativamente sulle performance delle nostre scrofe, soprattutto nella fase terminale dell’estate,
.quando le scrofe, stressate da tanti giorni di caldo, sono più in crisi.
Scrofette
800
600
Scrofette Gravide
Scrofette Vuote
400
200
D
IC
G
EN
FE
B
M
AR
AP
R
M
AG
G
IU
V
O
N
T
TT
O
SE
O
AG
LU
G
0
I mesi migliori, sono quelli invernali con le punte più basse dei ritorni in gennaio e febbraio.
33
Pluripare
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
Gravide
Vuote
LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIU
Se si analizzano i risultati valutando le percentuali di scrofe vuote alla ecografia emergono altri dati
interessanti, infatti percentualmente le scrofette e le scrofe presentano il seguente andamento, e si
può notare come le scrofette siano mediamente con un tasso di vuote alla diagnosi notevolmente
superiore alla scrofe, con punte non solo nei periodi estivi, ma anche nel periodo primaverile –
estivo, nei mesi di marzo aprile e di maggio.
Scrofette
LUG
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
GEN
FEB
MAR
APR
MAG
GIU
Vuote
157
134
217
156
154
99
115
148
155
143
139
97
%
25,90%
23,30%
29%
22,03%
19,40%
14,20%
17,29%
17,70%
21,90%
20,50%
20,10%
15,30%
La punta critica e comunque in ogni caso il periodo tardo estivo, dove le scrofe provate dalle alte
temperature per diversi mesi, hanno problemi legati alla ovulazione.
S crofe
LU G
AGO
SE T
OTT
NOV
D IC
GEN
FE B
MAR
A PR
MAG
G IU
V uo te
45 2
44 0
67 2
60 7
44 0
34 8
30 5
25 8
35 1
36 1
37 0
33 5
%
19,40%
19,30%
29%
18,07%
21,09%
11,80%
12,10%
10,40%
11,60%
11,80%
12,20%
12,60%
34
Percentuali
35.00%
30.00%
25.00%
20.00%
15.00%
10.00%
5.00%
0.00%
Scrofette%
Scrofe %
LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIU
Successivamente i risultati sono poi stati riaggregati in base alla tipologia di stabulazione in
gestazione, suddividendo i risultati in :
- Scrofe svezzate:sempre in box, oppure in gabbia di gestazione singola poi box dopo 30 – 40
giorni dalla fecondazione.
-
Scrofette allevate sempre in box, oppure in gabbia di gestazione singola poi box
dopo 30 – 40 giorni dalla fecondazione
T o ta li
LUG
AGO
SET
O TT
NOV
D IC
GEN
FEB
MAR
APR
M AG
G IU
V u o te
609
637
989
763
594
447
420
406
506
504
509
432
%
2 0 .7 0 %
2 1 .8 0 %
24%
1 8 .7 0 %
1 5 .6 0 %
1 2 .3 0 %
1 3 .2 0 %
1 2 .3 0 %
1 3 .6 0 %
1 3 .6 0 %
1 3 .6 0 %
1 3 .2 0 %
Stabulazione in gabbia di gestazione e box
35
Percentuale di ritorni alla ecografia, in allevamenti con gestazione in gabbia e poi box sono
nettamente differenziati, in quanto le scrofette presentano sempre una percentuale di ritorni
superiore rispetto alle scrofe in tutti i periodi dell’anno,con punte che mediamente toccano anche il
30 percento alle ecografie in settembre, ma che in ogni caso scendono solo qualche mese al di
sotto del 20 percento, le scrofe viceversa toccano il punto più alto in settembre, per poi attestarsi nel
corso dell’anno a valori del 10 – 15 percento.
% Scrofette
% Pluripare
Lu
g
A g li o
Se os
t te to
m
O t bre
N o to b r
ve e
D i mb
c e re
m
G e b re
n
F e n a io
bb
ra
M io
ar
z
Ap o
r
M i le
ag
g
G i io
ug
no
40.00
30.00
20.00
10.00
0.00
% S c ro fe tte
% S cro fe
2 5 .2 5
1 8 .3 2
L u g lio
2 7 .0 4
1 7 .7 9
A g o s to
S e tte m b re
3 1 .2 3
2 0 .8 0
% Scrofette e Scrofe
vuote alla diagnosi
in gestazione gabbia- Box
O tto b re
2 4 .6 5
1 5 .1 2
N o v e m b re
2 2 .2 5
1 2 .4 5
D ice m b re
1 4 .5 5
8 .4 5
G e n n a io
1 7 .2 8
1 0 .9 1
F e b b ra io
2 0 .2 4
9 .0 8
M a rzo
2 4 .6 1
8 .6 6
A p rile
2 3 .5 9
1 0 .3 8
2 3 .0 4
1 0 .7 0
M a g g io
1 5 .7 9
1 1 .0 3
G iu g n o
36
Gestazione sempre in box
Percentuale di ritorni alla ecografia, sono anche in questo caso, differenti, le scrofette presentano
tassi di ritorni fino al 33 percento e comunque tranne che nel periodo invernale – primaverile,
sempre
superiori
alle
scrofe.
% S c ro fe tte
L u g lio
A g o s to
S e tte m b re
O tto b re
N o ve m b re
D ic e m b r e
G e n n a io
F e b b r a io
M a rzo
A p r ile
M a g g io
G iu g n o
1 7 .0 7
10
1 4 .8 1
3 3 .3 3
2 2 .2 2
1 5 .6 3
1 1 .1
1 3 .7 4
1 2 .4 3
2 2 .1
1 9 .2 3
3 6 .8 4
% P lu r ip a r e
7 .1 4
2 1 .0 5
1 5 .3 1
2 6 .8 7
2 3 .2 6
1 3 .8 5
1 2 .3 3
6 .7
5
9 .3
10
8 .7 7
% Scrofette e Scrofe vuote alla diagnosi con gestazione sempre in box
% Scrofette
% Pluripare
Lu
g li
o
Ag
os
to
Se
tte
mb
O t re
to
N o br e
ve
m
D ic b r e
em
b
G e re
nn
a
Fe io
bb
ra i
o
Ma
rz o
Ap
r il e
Ma
gg
i
Gi o
ug
no
40
30
20
10
0
37
Gestazione con impianti di raffrescamento degli ambienti
Le percentuale di ritorni all’ecografia, in questo caso sono molto ridotti rispetto ai due tipi di
stabulazione visti in precedenza, sia le scrofette che le scrofe presentano un tasso di ritorni molto
limitati, a conferma del fatto che la climatizzazione degli ambienti, raffrescando la gestazione è
molto
importante
per
la
riuscita
delle
fecondazioni
in
allevamento.
% S c ro fe tte
L u g lio
7 .4 6
A g o s to
1 6 .4 7
S e tte m b re
1 0 .7 1
O tto b re
1 3 .5 3
N o ve m b re
9 .3 8
D ic e m b re
8 .0 0
G e n n a io
9 .5 8
F e b b ra io
9 .4 6
M a rzo
5 .8 1
A p rile
7 .4 5
M a g g io
8 .5 7
G iu g n o
1 0 .5 2
% S c ro fe
7 .2 9
3 .9 1
4 .3 7
5 .4 3
5 .4 3
4 .7 8
4 .8 5
5 .8 7
7 .5 4
7 .5 2
4 .4 3
6 .5 4
% Scrofette e Scrofe vuote in gestazione con sistemi di
raffrescamento
Ap
ril
e
M
ag
gi
o
G
iu
gn
o
Lu
gl
io
Ag
o
Se sto
tte
m
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N
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em
br
D
e
ic
em
br
e
G
en
na
Fe io
bb
ra
io
M
ar
zo
25.00
20.00
15.00
10.00
5.00
0.00
38
Confronto fra le diverse tipologie di stabulazione della gestazione delle scrofe e scrofette
Le differenze fra le diverse tipologie di gestazione sono abbastanza evidenti, la stabulazione sempre
in box presuppone in quasi tutto l’anno una percentuale di ritorni sempre superiori agli altri sistemi
tabulativi, segno evidentemente d’una maggiore suscettibilità degli animali alle alte temperature
quando sono in box; la stabulazione con sistemi di raffrescamento è in ogni caso il sistema
migliore.
Percentuali di scrofette vuote nei diversi sistemi di stabulazione
40.00
35.00
30.00
25.00
20.00
15.00
10.00
5.00
0.00
% Gabbia e Box
% Sempre Box
o
iu
gn
o
gi
e
G
ag
ril
M
Ap
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e
D
ic
em
br
e
G
en
na
Fe io
bb
ra
io
M
ar
zo
Condiz.
Percentuali di scrofe vuote nei diversi sistemi di stabulazione
30,00
25,00
20,00
% Gabbia e Box
15,00
10,00
% Sempre Box
Condiz.
5,00
Ap
ril
e
M
ag
gi
o
G
iu
gn
o
Lu
gl
io
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Se sto
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Di
ce e
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br
e
G
en
na
Fe i o
bb
ra
io
M
ar
zo
0,00
39
CONCLUSIONI
Nel periodo svezzamento - copertura il principale obiettivo dell’allevatore è quello di ottenere una rapida
venuta in calore fertile delle scrofe.
Ciò è possibile cercando di ottimizzare tutti i fattori che concorrono a raggiungere questo obiettivo, che
vanno dal monitoraggio e profilassi delle patologie riproduttive, all’alimentazione nelle fasi di gestazione e di
lattazione, passando tramite il management ed il personale addetto alla cura degli animali, la stabulazione e
un microclima controllato.
Mentre per quanto riguarda alcuni di questi fattori vi sono ormai dei riferimenti sufficientemente
studiati, per quanto riguarda il controllo del microclima per il settore riproduttivo, a causa delle elevate
dimensioni del reparto, non si è ancora messo a punto una tipologia di stalla che permetta la sua
regolazione a costi contenuti.
La temperatura ideale oscilla tra i 18° e i 20°C, e considerando che nel periodo, dicembre, - marzo nelle
regioni del nord Italia le temperature si abbassano fino ad arrivare a valori intorno allo 0°C. mentre nel
periodo estivo si arriva a temperature di 35 – 40 gradi centigradi, si può ben capire come sia difficile, con
queste escursioni termiche il mantenimento d’un ambiente ideale.
L’alta temperatura inoltre si ripercuote negativamente sulla fase di impianto alla parete uterina
degli
embrioni tra il 10° -16° giorno dalla fecondazione. Se lo stress termico si prolunga oltre i 7 giorni dalla
fecondazione è possibile avere un riassorbimento completo degli embrioni e conseguente ritorno in calore
della scrofa, oppure un riassorbimento parziale con conseguente riduzione del numero dei nati.
Il momento più delicato della gestazione è quello che va dal 10° al 16° giorno dall’inseminazione, momento
dell'annidamento degli ovuli fecondati sulla parete uterina. Per questo è consigliabile non spostare e
raggruppare le scrofe dal 7° al 21° giorno successivo all'inseminazione lasciando così il tempo che il processo
di annidamento si sia stabilizzato. l'ideale è lasciare le scrofe in gabbia fino a che l'embrione passa alla fase
di feto con la mineralizzazione dello scheletro.
Il raggruppamento di scrofe porta alla formazione di nuove gerarchie all'interno del gruppo, con lotte per la
dominanza e stress per le scrofe sottomesse. Queste lotte portano ad un aumento considerevole del cortisolo
con riduzione di progesterone e morte embrionale che determina ipoprolificità al parto, se vi è la necessità di
spostare e raggruppare le scrofe è consigliabile farlo entro i primi tre giorni dall'inseminazione.
Alla luce di tutto ciò bisogna quindi considerare che il risultato produttivo di un allevamento, va anche
ricercato nell’aumento della fertilità delle scrofe e quindi in ultima analisi ricercando la riduzione dei giorni
improduttivi.
Questo obiettivo non si raggiunge solo applicando regole o principi fissi, ma soprattutto è dato dalla cura
continua, costante e scrupolosa di diversi fattori e dalla ricerca continua di armonizzare e rispondere alle
diverse esigenze che i nostri animali ci segnalano.
Questa cura alcune volte non porta in breve a grandi risultati e nel tempo può venire a mancare la
determinazione, ma se questa cura e ricerca è coniugata con la conoscenza delle proprie scrofe e degli
ambienti del proprio allevamento, è mantenuta i risultati produttivi .saranno nel tempo di grande
soddisfazione.
40
Sintesi STEFANO FIONI
Il lavoro quotidiano dei tecnici che operano nel settore suinicolo viene costantemente a
confrontarsi con allevamenti e organizzazioni aziendali estremamente diverse tra loro.
L’operatività pratica deve quindi essere costantemente modulata in funzione delle esigenze
specifiche degli allevamenti.
Si rende indispensabile raffrontare e approfondire quanto presentato dalla bibliografia nazionale ed
estera con quanto emerge dagli allevamenti controllati.
Per quanto riguarda i problemi legati alla riproduzione della scrofa poche sono le osservazioni
legate all’infertilità non infettiva, soprattutto quella estiva.
In questo caso rimangono ancora di base i lavori del 1977 di Enne, Beccaro, Tarocco che
evidenziano il fenomeno dei mancati parti che diviene particolarmente importante nel periodo
estivo e che fino ad allora non se ne conosceva la dimensione.
Sempre Beccaro, Enne, Tarocco nel 1980 hanno verificato le variazioni dei giorni che hanno
portato a ritorni in calore di scrofe e scrofette.
Ulteriori studi effettuati negli ultimi 30 anni indicano come l’indice di fertilità mensile decresca a
partire dal mese di maggio per poi ritornare a valori ottimali nel tardo autunno ottobre, novembre,
dicembre.
La mancanza della gravidanza, porta la scrofa a dei ritorni in estro con conseguente “perdita” di
giorni produttivi, e alla luce degli elevati costi di mantenimento delle scrofe, un aumento dei costi
per l’allevatore.
Per ridurre i giorni improduttivi è quindi necessario controllare al più presto che le scrofe
inseminate siano effettivamente gravide; ciò ha indirizzato la tecnica a ricercare metodiche sempre
più sofisticate atte ad effettuare la diagnosi di gravidanza
a partire dal 22° giorno
dall’inseminazione.
La metodologia che si è dimostrata di pratica applicazione e compatibili con le moderne tecnologie
di allevamento alla fine è quella dell’uso dell’ecografo.
Il suo utilizzo permette una precisione prossima al 98% per i soggetti diagnosticati gravidi e del
92-93% per quelli non gravidi.
Nel corso degli anni l’utilizzo dell’ecografo utilizzato inizialmente per la sola diagnosi di
gravidanza, si è evoluto oggi viene impiegato anche per effettuare la diagnosi di patologie
dell’apparato riproduttore femminile e la diagnosi ambientale - manageriale
Per questo incontro, si è pensato ad approfondire una diagnosi ambientale - manageriale
rielaborando i dati raccolti, dai Medici Veterinari dell’Associazione Provinciale Allevatori di
Cremona dal 1 Luglio 2003 al 30 Giugno 2004 ( Circa 60000 diagnosi ecografiche ), disagregandoli
e riagregandoli in funzione delle tipologie ambientali e manageriali di allevamenti organizzati con:
- scrofe e scrofette fecondate e tenute in gabbia di gestazione singola per i primi 40- 50 giorni e
poi allevate in gruppo
- scrofe e scrofette fecondate e tenute in gruppo per tutta la gravidanza
- scrofe e primipare che hanno partorito e hanno fatto l’allattamento in sale parto raffrescate quindi
messe in gabbia singola per i primi 40 giorni e poi in gruppo
I dati ottenuti e così rielaborati ci ha permesso di ottenere delle indicazioni di fertilità
particolarmente interessanti e che potrebbero essere utili per gli allevatori.
41
F. BERTACCHINI
Consulente zootecnico Laureato S.P.A
COME SVEZZARE PIÙ SUINETTI
Cap 1 L’albero della produzione
Il numero di suinetti svezzati/scrofa/anno deriva dalla moltiplicazione di due componenti
estremamente importanti a livello di allevamento che sono:
- il numero di svezzati/figliata,
- il numero di parti/scrofa/anno.
Esse a loro volta sono il risultato di tutta una serie di altri elementi che, come componenti di un
puzzle, si dispongono in un ordine tale da arrivare tutti insieme a determinare il prodotto finale.
Quanto brevemente accennato ora è schematizzato in Fig. 1 nel cosiddetto albero della produzione.
I fattori principali che però incidono in modo più determinante sulle performance di allevamento
sono i seguenti:
1. giorni improduttivi,
2. numero di nati vivi,
3. mortalità pre-svezzamento.
La parte che mi è stata assegnata dovrebbe prendere in considerazione come svezzare più suinetti
lavorando sul miglioramento delle performance della sala parto e più specificamente attraverso una
riduzione della mortalità pre-svezzamento. Questo parametro però, è il 3° se lo consideriamo nei
termini del contributo che fornisce al risultato finale che oggi consideriamo e che è rappresentato
dal numero di svezzati/scrofa/anno, pertanto mi permetterò di aggiungere anche alcune
considerazioni che riguardano invece l’argomento suinetti nati vivi.
Questo dato, infatti, è spesso preso come un “numero” sul quale non è possibile intervenire e che si
deve accettare passivamente, mentre invece, non è assolutamente così soprattutto se si considera
l’impatto determinante che esso ha sul numero di svezzati/scrofa/anno. Facciamo un esempio che
consente di capire il messaggio che si vorrebbe trasmettere ed esaminiamo 2 allevamenti,
l’allevamento A e l’allevamento B e valutiamone le perforamance attraverso la Tab. 1.
Tab. 1: performance produttive di 2 allevamenti messi a confronto tra loro.
NATI TOTALI
NATI MORTI
NATI VIVI
MORTALITA’ PRE-SV.
SVEZZATI
PARTI/SCROFA/ANNO
SVEZZ./SCROFA/ANNO
DIFFERENZA
AZIENDA
A
12,0
7,5%
11,10
10%
9,99
2,40
23,98
AZIENDA
B
11,0
7,5%
10,17
10%
9,15
2,40
21,98
-2,00
Come si può vedere, a parità di efficienza produttiva e riproduttiva tra le due aziende in termini di
natimortalità, mortalità pre-svezzamento e parti/scrofa/anno, la differenza è consistente e raggiunge
42
i 2 suinetti/scrofa/anno, soltanto grazie al maggior numero di nati totali registrato, che si traducono
poi in maggior numero di nati vivi (11,1 contro 10,17).
Fig. 1: correlazione tra i fattori che intervengono a determinare il numero di suinetti
svezzati/scrofa/anno (da G. Dial, modificata).
SUINETTI SVEZZATI/SCROFA/ANNO
SVEZZATI/FIGLIATA
PARTI/SCROFA/ANNO
MORTALITA’
PRE-SVEZZAM.
SUINETTI
NATI VIVI
2
1
NATI
TOTALI
3
NATI MORTI
+ MUMMIFICATI
OVULI
MORTALITA’
SCIATI EMBRIONALE
OVULI FERTILIZZATI
DURATA LATTAZ.
DURATA GESTAZ.
GIORNI
IMPRODUTTIVI
INTERVALLI
PRE-COPERTURA
INTERVALLI
PRE-RIFORMA
O MORTE
MORTALITA’ RILAFETALE
ENTRATAFECONDAZIONE
ISC
INTERVALLI POST-COPERTURA
RITORNO IN CALODIAGNOSI DI GRAV. NEG.
ABORTO
VUOTA AL PARTO
COPERTURA
DIAGNOSTICATA VUOTA,
DA FECONDARE ANCORA
Ecco perché una delle prime preoccupazioni dell’allevatore, dovrebbe essere quella di massimizzare
il proprio numero di suinetti nati totali in primo luogo e di conseguenza nati vivi. A tal proposito,
43
occorre tenere ben presente che il discorso prolificità di una determinata linea genetica non è che
una delle numerose componenti anche se ricopre un ruolo fondamentale. Non essendo però scopo di
questo trattato promuovere questa o quella azienda produttrice di scrofette, ci si raccomanderà
soltanto di avere come obiettivo quello di sfruttare al meglio la prolificità di un animale che
geneticamente sia stato selezionato per il carattere numerosità della nidiata.
Premesso quindi di avere per le mani un soggetto la cui alta prolificità sia riconosciuta, qualora esso
non dovesse fornire i risultati attesi occorrerà indagare alcuni aspetti. Innanzitutto si può valutare la
cosiddetta distribuzione delle nidiate. Questo parametro misura il numero e la relativa distribuzione
percentuale dei nati vivi o totali, che si sono registrati nei parti avvenuti in un determinato arco di
tempo, in genere si considera l’anno intero per avere un dato complessivo e attendibile. Volendo
considerare ottimale la distribuzione delle nidiate all’interno di un allevamento, esiste un limite
soglia che è rappresentato dalla percentuale di parti in cui il numero dei nati vivi sia minore o
uguale a 8. Tale percentuale, in un allevamento considerato ad alta prolificità e privo di problemi
specifici, dovrebbe essere pari al 10%, mentre si considera come soglia di intervento il valore
percentuale del 15% riferito al parametro precedentemente indicato. Più che le parole però, può
servire illustrare graficamente la distribuzione delle nidiate in un allevamento modello e in un
allevamento con problemi (vedi Fig 2).
Fig. 2: distribuzione delle nidiate in un allevamento senza problemi e con problemi.
25
20
15
10%
10
5
0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
19
9
11
13
15
17
19
25
20
15
22%
10
5
0
1
3
5
7
E’ chiaro che nel secondo caso, osservando un numero eccessivamente elevato di parti con un
numero di nati vivi uguale o inferiore a 8, si cominceranno ad indagare le possibili cause di questa
44
bassa prolificità: imbrancamenti troppo precoci, problematiche di fertilità, utilizzo di materiale
seminale non idoneo, squilibri alimentari, demografia di allevamento, ecc. Proprio su quest’ultimo
aspetto perché scarsamente considerato ci si soffermerà a ragionare brevemente. Innanzitutto per
demografia di allevamento si intende la distribuzione percentuale delle scrofe per le varie categorie
di parto (primo, secondo, terzo, ecc.). Anche in questo caso esiste un andamento ottimale che è
ricavato considerando la produttività delle scrofe stesse. Si sa infatti, che il picco di nati vivi si
raggiunge tra il 3° ed il 6° parto. Allo stesso modo il numero dei suinetti svezzati per figliata, ha un
andamento simile al numero dei nati vivi nel corso dei parti considerati, mentre diverso è il discorso
riguardante i nati morti che tendono ad aumentare considerevolmente dopo il 6°-7° parto. In figura
3 sono riassunte graficamente tali evoluzioni. In base a queste considerazioni risulta quindi
semplice concludere che per ottenere una buona produttività dal proprio parco scrofe una parte
consistente di esse dovrà essere all’interno di quello che può essere giustamente considerato il
“cuore” produttivo, senza però dimenticare l’importanza della rimonta che non deve mai essere
sospesa o rallentata in quanto costituisce la fonte naturale che alimenta la corretta demografia di
allevamento.
Fig. 3: correlazione tra ordine di parto e nati vivi, nati morti e numero di svezzati.
14
N. suinetti
12
10
8
6
4
2
0
Ordine di parto
Nati vivi
Svezzati
Nati morti
Prima però di andare a illustrare graficamente e numericamente questo parametro, si ritiene sia
doveroso soffermarsi su un altro aspetto che è rappresentato dalla relazione tra stato d’immunità
della scrofa e ordine di parto. E’ noto infatti che la scrofa raggiunge la completa immunità soltanto
al 3° parto, dopodichè anch’essa tende a diminuire dal 6°-7° parto in poi. Un tasso di riforma annuo
elevato (condizione frequente), o eccessivamente basso, possono determinare un’alta percentuale di
soggetti o troppo giovani o troppo “vecchi”, che potrebbero influenzare negativamente le
performance di allevamento, in quanto non solo si tratta delle categorie come detto meno
produttive, ma anche perché il loro stato immunitario può essere definito a rischio (vedi Fig. 4).
A questo punto allora, possiamo tornare sul concetto precedentemente espresso di equilibrio
demografico e in figura 5 si mostreranno alcune condizioni di demografia corretta e scorretta.
Fig. 4: stato d’immunità della scrofa in funzione dell’ordine di parto.
45
Fig.5: distribuzione ottimale (in blu) e distribuzione scorretta (in verde e rosso) delle scrofe in funzione dell’ordine di parto.
20
20
15
15
25
20
15
10
10
10
5
5
0
1234567>
Rimonta troppo bassa, con
peggioramento della si-
0
5
1234567>
Rimonta ottimale, con
presumibile
raggiungimento della max. produttività.
0
1234567>
Rimonta eccessiva con ripercussioni negative
nell’immediato su produttività e stato sanitario.
Un ultimo aspetto sul quale infine, ci si deve soffermare nel momento in cui si considera il fattore
prolificità, che ha scarsa valenza scientifica, ma da un punto di vista della pratica di allevamento
gioca un ruolo molto spesso determinante, è rappresentato dalla raccolta dati. Infatti, su questo
punto, spesso si vengono a concentrare errori più o meno volontari, che però rischiano di
condizionare grandemente la capacità di analisi nel momento in cui ci si sofferma a fare la
valutazione dei dati riguardanti in questo caso nati vivi, nati morti e svezzati. Proprio questi dati,
46
con il numero dei mummificati rappresentano gli aspetti sui quali in allevamento si genera la
maggiore confusione. I motivi come detto possono essere svariati anche se si possono ricondurre a
due categorie principali:
1. si ritengono questi dati numerici poco utili, per cui non ci si sofferma più di tanto nel tentativo
di discriminare tra loro: nati morti, schiacciati e mummificati,
2. l’addetto di sala parto deliberatamente non registra correttamente alcuni dati per evitare che
vengano a lui imputate alcune performance non soddisfacenti.
Vediamo di spiegare meglio i concetti espressi. Nel primo caso si tratta di una decisione
consapevole in cui per mancanza di fiducia nell’utilità delle analisi che si potrebbero trarre non si
registrano correttamente i dati. Sono esperienze dell’Autore, ma molti altri potranno avere
constatato in pratica situazioni analoghe, i seguenti casi:
• gli schiacciati del primo giorno sono registrati tra i nati morti,
• i nati morti sono registrati come mummificati,
• i mummificati non sono registrati,
• i nati vivi sono registrati solo dopo la prima giornata o addirittura al 3° giorno quando si fanno
altre operazioni (es. iniezione del Ferro e code),
• i nati vivi non sono registrati, ma per ciascuna scrofa si annota solo il numero degli svezzati.
Potranno sembrare situazioni paradossali, ma penso che chiunque con un minimo di esperienza di
allevamento possa confermare l’esistenza di queste abitudini. Nella seconda ipotesi, quella in cui si
sceglie volutamente di non registrare in modo corretto, si procede commettendo più o meno gli
stessi errori, ma in modo deliberato in quanto chi lavora all’interno della sala parto, vuole evitare di
essere interrogato sul perché o sulle possibili cause di performance non all’altezza di quanto
previsto o sperato. In entrambi casi però, viene danneggiata la possibilità di compiere analisi,
vedere se gli investimenti effettuati (in genetica, strutture parto, ecc.) si sono rivelati remunerativi,
se e dove esistono margini di miglioramento.
Cosa si può dire relativamente alla prolificità se una parte degli schiacciati del primo giorno è
conteggiata tra i nati morti? E se i nati morti raccolgono come detto gli schiacciati quali patologie o
problematiche si rischiano di scomodare per un semplice errore di registrazione? E quando i
mummificati non sono mai annotati o in altri casi sono uniti con i nati morti sarà sempre colpa delle
micotossine? Si tratta di situazioni che possono anche far sorridere, anche se occorre ammettere che
quando ci si trova di fronte ad esse con l’intento di valutare e cercare di risolvere situazioni
problematiche non si sa veramente dove mettere le mani. Nel caso in cui ci si trovi ad esempio, di
fronte ad una media svezzati bassa e i dati non sono raccolti correttamente, dove si ricercano le
possibili cause? Si tratta di un problema di natalità, eccessivo numero di nati morti, mortalità in sala
parto importante? Tutte queste ipotesi aprirebbero ciascuna capitoli molto ampi da approfondire che
però se non si ha la certezza che i dati siano corretti, rischiano soltanto di rivelarsi una perdita di
tempo.
Dopo questo sfogo che ha riguardato il capitolo della raccolta dati, argomento purtroppo spesso
dolente per i nostri allevamenti, passiamo a vedere quali siano le possibili operazioni che
consentano all’allevatore di svezzare il maggior numero di suinetti possibile, ma prima è doverosa
una premessa di carattere economico.
Cap 2 PARTO E ASSISTENZA AL PARTO
47
Premessa
Il suinetto alla nascita, rappresenta per l’allevatore un costo che si aggira intorno ai 25-35 Euro
come si può desumere dalla tabella 1 in cui si conteggia il costo medio annuo di una scrofa e dalla
Fig. 1, dove tale ipotetico costo annuo viene suddiviso in funzione del numero di suinetti
nati/scrofa/anno. Anche se si riconosce che tale cifra possa essere messa in discussione, si ritiene
che però gli scostamenti dal valore presentato non possano essere più di tanto elevati, e pertanto il
costo annuo di 750 €/scrofa possa essere accettato e su di esso si possano costruire alcuni semplici
ragionamenti.
Tab. 1: sommatoria dei costi annui/scrofa all’interno di un allevamento a ciclo chiuso.
VOCI DI COSTO
€/SCROFA/ANNO
€/SCROFA/GIORNO
Alimentazione
302,74
0,83
Rimonta
71,23
0,19
Medicinali
25,00
0,07
FA
19,66
0,05
Elettricità
47,50
0,13
Lavoro
153,00
0,42
Manutenzioni
30,15
0,08
Riscaldamento
15,15
0,04
Spandimento liquame
22,81
0,06
Ammortamento + On. 35,56
Finanz.
Varie
28,50
0,10
TOTALE
2,06
751,30
0,08
Fig. 1: Influenza del numero di suinetti prodotti sul costo di produzione del suinetto neonato.
48
costo/s.alla nascita (euro)
45,0
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
751,3€/scr./anno 44,2 41,7 39,5 37,5 35,8 34,1 32,7 31,3 30,0 28,9
n° svezzati/scrofa/anno
In primo luogo, sulla base di queste considerazioni, dovrebbe apparire scontato che vengano
effettuati tutti gli sforzi volti al salvataggio del maggior numero possibile di suinetti. Invece nella
pratica di allevamento, capita spesso che non ci si concentri adeguatamente sulle operazioni
principali che potrebbero essere in grado di migliorare il tasso di sopravvivenza dei suinetti per
una serie di ragioni, le principali delle quali sono elencate qui di seguito:
- si ritiene il tempo dedicato all’assistenza ai parti “tempo perso” in quanto i lavori da fare sono
tanti,
- si ritiene sia inopportuno interferire con quanto la natura ha predisposto relativamente ai tempi e
alle modalità in cui la scrofa partorirà,
- si ritiene che gli sforzi per salvare i suinetti più piccoli siano inutili, in quanto questi soggetti
moriranno comunque.
In un epoca in cui i margini di guadagno si stanno restringendo sempre più, diventa invece
determinante cercare di ottenere il massimo dalle proprie scrofe in sala parto, come negli altri
settori produttivi. Il progresso genetico ha dato all’allevatore animali sempre più prolifici, ora tocca
all’allevatore saper trarre i vantaggi che tale condizione rappresenta. Vediamo quindi in rassegna
alcuni degli strumenti principali in mano all’allevatore per poter conseguire il risultato massimo in
sala parto.
Come si pratica l’induzione
La gravidanza in una scrofa ha una durata media di 114-115 giorni con oscillazioni da 112 a 119
giorni ed ha termine con l’evento parto che in condizioni fisiologiche dovrebbe iniziare e
concludersi nel giro di 3-4 ore.
Come per tutte le specie animali, il momento della nascita è un evento estremamente delicato anche
per il suinetto, ecco perché praticare una corretta assistenza ai parti potrebbe consentire
all’allevatore di guadagnare in termini di minor incidenza dei nati morti e percentuali di mortalità
sottoscrofa leggermente migliorate.
Per praticare l’assistenza al momento del parto è necessario che una o più persone, a seconda del
numero di scrofe che si apprestano a partorire, si dedichino esclusivamente a quella determinata
attività. A questo punto per chi vuole praticare l’assistenza al parto in modo corretto si rende
necessaria una scelta: ricorrere al parto sincronizzato, oppure rinunciare all’assistenza. L’ipotesi di
sorvegliare la sala parto 24 ore su 24, per la realtà italiana sembra difficilmente percorribile per cui
sarà accantonata fin d’ora.
49
Il meccanismo del parto viene innescato dai suinetti stessi che giunti al termine della gravidanza
iniziano a trovarsi in condizioni di stress e a produrre un ormone tipico di queste fasi di malessere
che è il cortisolo (vedi Fig. 2). Questo a sua volta genera sulla madre un effetto a cascata che porta
alla liberazione di prostaglandine le quali sono responsabili della lisi dei corpi lutei e quindi
all’inizio vero e proprio del parto. Il meccanismo appena descritto, che imputa l’avvio di tutti i
processi legati al parto allo stress fetale, sembra giustificare quanto si può osservare nella pratica
ossia che scrofe con molti suinetti (15-16 e oltre) tendono ad anticipare il parto e viceversa scrofe
con pochi suinetti (3-4) hanno tendenza a protrarlo oltre i 115 giorni.
Gli altri ormoni di una certa rilevanza al momento del parto, sono la relaxina che favorisce il
rilascio dei legamenti pelvici e la dilatazione della cervice, gli estrogeni che aumentano nell’ultima
settimana di gestazione modificando strutturalmente l’utero e favorendo lo sviluppo della
mammella e dei meccanismi legati alla lattazione e l’ossitocina, che è l’ormone che porta alle
contrazioni uterine che materialmente provocano l’espulsione dei feti.
Chi interviene inducendo il parto, “salta” la fase di attivazione dello stesso dovuta allo stress fetale,
ed inocula nella scrofa quelle prostaglandine del gruppo F (PGF 2 alfa), che sono gli elementi
scatenanti il parto. Come si interviene?
Fig. 2: meccanismo ormonale che scatena l’evento parto nella scrofa.
Prima di praticare l’induzione, occorre conoscere la durata media della gestazione all’interno del
proprio allevamento. Se essa è pari a 115 giorni si agisce in questo modo, il giorno precedente in
tarda mattinata, si pratica sulle scrofe l’iniezione di prostaglandine. Il sito di inoculo può essere
intramuscolare, intravulvare, o perivulvare, questi ultimi a parità di efficacia, presentano il
vantaggio che permettono di dimezzare o addirittura ridurre di un terzo, la quantità di prodotto
usata ed inoltre non comportano eventuali effetti collaterali come l’irrequietezza o l’eccessiva
salivazione che si possono avere con l’iniezione intramuscolare. Se il prodotto iniettabile è in
eccipiente oleoso, la sede d’iniezione intravulvare è sconsigliata onde evitare casi di ematomi,
mentre rimane valida l’alternativa perivulvare.
La mattina seguente, appena arrivati in allevamento, sulle scrofe che non avessero ancora iniziato a
partorire si può intervenire con 10 U.I di ossitocina.
Questa procedura correttamente applicata, consente di concentrare circa il 70% dei parti durante le
normali ore lavorative, con i primi suinetti che nascono 16-24 ore successivamente all’iniezione
delle prostaglandine.
L’induzione al parto, può essere applicata anche secondo un altro protocollo che prevede una
iniezione di prostaglandine la mattina precedente il giorno previsto dei parti, più una seconda
iniezione sempre di prostaglandine 24 ore più tardi alle scrofe che ancora non avessero iniziato il
50
parto. Questa procedura rispetto a quella presentata precedentemente, ha lo svantaggio diluire i parti
in un arco temporale maggiore rispetto al caso in cui si fa ricorso all’ossitocina, ma nello stesso
tempo, rispetta maggiormente i tempi fisiologici della scrofa dando l’impressione di forzare i tempi
in misura minore. L’impressione sembra essere confermata anche da diverse ricerche scientifiche
tra cui quella riportata in Tab. 2, in cui si sono valutate il numero di ispezioni vaginali resesi
necessarie con diversi protocolli di induzione.
Tab. 2: rapporto tra diversi protocolli di induzione al parto e numero di ispezioni vaginali
necessarie.
PGF2α (mg)
OX (U.I)
SCROFE
Ispezioni/scrofa
10
10
10
10
10
-5
10
20
30
21
24
23
23
23
0,19±0,11
1,08±0,73
1,13±0,49
0,52±0,25
1,91±0,62
Père, 1996
Mediamente nei parti indotti, il numero di ispezioni vaginali da effettuare, è più elevato rispetto ad
un parto naturale per un diverso funzionamento dei meccanismi ormonali legati al parto stesso.
Induzione sì o no?
Come tutti i processi che impongono una scelta, anche praticare l’induzione comporta vantaggi e
svantaggi.
I possibili vantaggi sono i seguenti:
- un’alta percentuale di parti risulta concentrata nelle normali ore lavorative favorendo la
sorveglianza degli stessi,
- la gestione del personale risulta facilitata evitando per esempio, di avere un grosso numero di
parti in occasione di festività particolari (Pasqua, Natale,…), per esempio anticipando di un
giorno l’iniezione delle prostaglandine, anche se è comunque consigliato attendere almeno il
112° giorno di gestazione,
- all’interno di una singola sala la differenza di età tra i suinetti risulta ridotta, con minori rischi di
circolazione di malattie dai suinetti più vecchi a quelli più giovani,
- vi è incremento nella produttività di allevamento riducendo l’incidenza dei nati morti,
favorendo le adozioni e riuscendo più facilmente a gestire situazioni d’emergenza (numero di
nati vivi elevato, una scrofa morta o svezzata in anticipo per mancanza di latte, avendo un
numero consistente di scrofe che partoriscono nella stessa giornata), con buone prospettive di
aumentare il numero di svezzati/scrofa.
Gli svantaggi sono invece i seguenti:
- praticare l’induzione rappresenta un costo (iniezione delle prostaglandine, più l’ossitocina il
giorno successivo alle scrofe che non hanno ancora iniziato il parto),
- si tratta di un intervento che forza i tempi naturali delle scrofe, per cui talvolta si rischia di avere
nascite di suinetti leggermente immaturi (nella grande maggioranza dei casi tali suinetti sono
però sufficientemente vitali per provvedere a sé stessi), un aumento nella percentuale di splay
leg, ecc,
- forzando leggermente i tempi (soprattutto con il protocollo in associazione all’ossitocina), si
possono registrare parti languidi che richiedono un numero di esplorazioni vaginali maggiore,
51
-
se le scrofette sono trattate al pari delle scrofe il rischio di avere parti distocici e problematiche
di aumento dei nati morti è reale (il tempo medio di gestazione delle scrofette è
significativamente diverso rispetto al resto delle scrofe, pertanto o si sconsiglia l’induzione su
questa categoria di soggetti, o la si dilaziona di 1-2 giorni rispetto ai tempi di intervento sulle
scrofe, vedi Tab. 3).
Tab. 3: differenza tra la durata della gestazione di scrofette e scrofe pluripare su oltre 1000 figliate.
Scrofette
Scrofe
Durata gestazione
115,7
114,6
N. osservazioni
578
1489
Per avere ulteriori elementi di riflessione può essere utile considerare i risultati di una ricerca
condotta da Dial e Holyoake su 251 scrofe che hanno partorito nelle seguenti condizioni:
1 parto indotto e assistito,
2 parto indotto e non assistito,
3 parto non indotto e assistito,
4 parto non indotto e non assistito.
52
Ebbene, come si può apprezzare dai risultati riportati in Fig. 3, il metodo migliore che porta al
maggior numero di svezzati, risulta essere il parto non indotto e assistito, seguito dal parto indotto e
assistito.
Per assistenza gli autori intendevano la sorveglianza, 24 ore su 24, dei parti in corso e delle scrofe
che avessero partorito nei 3 giorni precedenti, che sono anche quelli dove si concentrano le più alte
perdite di suinetti sottoscrofa.
Come già ricordato, per la situazione italiana, oltre al conto economico sulla convenienza o meno di
avere personale di sala parto per la fascia notturna, l’ostacolo maggiore, a differenza di alcune
realtà straniere di cui l’autore può confermare l’esistenza, potrebbe essere quello del reperimento di
operatori disposti ad accettare questo regime di turni.
In ogni caso, emerge che l’assistenza è la vera e propria carta vincente se si vogliono migliorare le
performance della sala parto, mentre l’induzione finisce per essere un mezzo necessario usato
unicamente in funzione della successiva sorveglianza dei parti che per il 70% di essi circa si
concentra in orario lavorativo.
L’importanza dell’assistenza può essere ulteriormente dimostrata dal proseguo della ricerca di Dial
e Holyoake, i quali hanno quantificato la differenza in termini di suinetti svezzati/figliata tra scrofe
che hanno ricevuto l’assistenza e altre che hanno partorito senza assistenza (vedi Tab. 4).
Tab. 4: differenze in termini di suinetti svezzati/figliata tra scrofe che hanno ricevuto assistenza e
altre che hanno partorito senza assistenza.
Nati vivi/parto
Nati morti/parto
Morti sottoscrofa/figliata
Svezzati/figliata
CON ASSISTENZA
10,71
0,26
0,86
9,85
SENZA ASSISTENZA
10,44
0,68
1,29
9,15
53
Sequenza fotografica intitolata le “manovre” dell’assistenza al parto.
a)
b)
d)
e)
g)
h)
c)
f)
i)
Legenda
a) estrazione manuale del suinetto
e) massaggio toracico
g) fornitura calore
i) fornitura colostro
b, c, d) pulizia vie nasali
f) legatura cordone ombelicale emorragico
h) fornitura calore straordinaria
54
Nati morti
Rappresentano, in condizioni normali, una percentuale variabile tra il 6 e l’8% sui nati totali.
Esistono due categorie di nati morti:
- ante-partum, morti qualche giorno prima del parto,
- intra-partum, morti in corso di parto per asfissia (Fig. 4).
Esiste poi una terza categoria di nati morti: quelli post-partum, vale a dire che si tratta di suini nati
vivi al parto e poi morti dopo poche ore, in genere per schiacciamento. Questi suinetti, almeno una
parte di essi, spesso sono classificati dall’operatore di sala parto come nati morti al fine di
mantenere la mortalità del proprio settore entro limiti ritenuti da lui accettabili e che possano far
piacere al proprietario. Di questo si è già discusso nelle pagine precedenti e pertanto non ci si
dilungherà oltre.
Differenziare in base all’aspetto tra nati morti ante-partum e intra-partum non è sempre facile
soprattutto se il decesso dei suinetti morti prima del parto si è verificato da soli 1-2 giorni.
In genere si può affermare che i nati morti ante-partum, che percentualmente rappresentano circa il
10-20% sul totale nati morti, presentano leggeri segni di mummificazione e/o macerazione, al tatto
hanno una consistenza molle e la cute di colore grigio-verdastro. In altri casi, la colorazione
cutanea sarà invece molto pallida in seguito ad emorragie e congestione viscerale con edema
sottocutaneo.
I suinetti morti in corso di parto, sono riconoscibili invece perché solitamente sulla cute presentano
tracce di meconio, infatti in seguito all’ipossia (carenza di Ossigeno), si verifica una dilatazione
degli sfinteri, tra cui lo sfintere anale e la fuoriuscita dunque di meconio. In altri casi invece il
suinetto può trovarsi morto all’interno delle membrane fetali, da cui risulta facile diagnosticare la
morte per soffocamento.
Fig. 4: suinetto nato morto intra-partum.
Cause di natimortalità
Esistono cause infettive responsabili soprattutto della mortalità ante-partum, e non infettive legate
invece nella maggior parte dei casi, ai nati morti in corso di parto.
Tra le eziologie infettive possono essere citate la Leptospirosi, la Pseudorabbia, la Parvovirosi,
l’Enterovirosi, la PRRS, nonché una serie di agenti batterici opportunisti che in condizioni
particolari si rendono virulenti.
Le cause responsabili invece di mortalità intra-partum, sono numerose e collegate soprattutto alla
durata del parto, infatti, circa il 70-75% dei nati morti, si concentra nell’ultimo terzo della figliata.
Tutti i fattori negativamente correlati alla durata del parto, sono quindi da tenere sotto controllo
all’interno dell’allevamento, assieme ad una serie di altri fattori descritti in Fig. 5.
Tra questi vale la pena di soffermarsi sull’eccessivo uso di ossitocina. Spesso i dosaggi utilizzati in
sala parto finiscono per essere controproducenti, infatti moltiplicando le iniezioni, si saturano i
55
recettori e si provocano contrazioni uterine continue fino al punto di indurre la stenosi (= il blocco)
dell’utero. Inoltre, ricorrere all’uso di ossitocina senza aver effettuato prima un’ispezione
transvaginale, rischia di peggiorare la situazione per cui si era verificato il ritardo delle nascite, ad
esempio ci può essere blocco del canale del parto per causa di un suinetto in presentazione
posteriore, o di grosse dimensioni, o anormale, oppure si può avere l’infossamento dell’utero cosa
che si verifica soprattutto nelle scrofe vecchie e provoca problemi alla naturale fuoriuscita dei
suinetti (vedi Fig. 6).
Fig. 5: insieme delle principali cause correlate al rischio nati morti intra-partum.
Dimensioni della
figliata (>12)
Temp. amb.
elevata
Scrofe grasse
Ordine di
parto (> 6)
Eccesso di
ossitocina
Aumento della durata dei parti
Nati morti
al parto
precedente
Aumento del numero di nati morti
Scrofe anemiche
Malattie (PRRS,
Leptospirosi ecc)
Scrofe magre
Intossicazioni (micotossine, monossido di carbonio)
Costipazione
Martineau, modificata
Fig. 6: con l’affossamento dell’utero il canale del parto presenta una curvatura che può costituire un
ostacolo alla normale fuoriuscita dei suinetti.
56
Strategie di controllo
I nati morti, essendo per la maggior parte vivi prima dell’inizio del parto, costituiscono una perdita
non trascurabile per l’allevatore che potrebbe essere in buona parte limitata. Il problema è che
spesso i nati morti vengono presi dall’allevatore come un dato immutabile e sul quale nulla può
essere fatto. Innanzitutto si può dire che la soglia di allarme, è rappresentata da un livello di nati
morti superiore al 7-8%. Se si dovessero verificare queste condizioni, occorrerà innanzitutto
considerare se il problema è ciclico, ha avuto un aumento improvviso, o si trascina in azienda da
diverso tempo. Stabilito questo e conoscendo le cause predisponenti, si cercherà di valutare quali
sono i fattori tra quelli maggiormente a rischio che possono avere, all’interno dell’azienda, un certo
peso sui nati morti.
Individuati questi fattori, sarà possibile mediante opportune strategie, riportarne la percentuale ai
livelli tollerabili.
A questo punto il passo successivo per dimezzare il numero di nati morti e portarlo al 3-4%,
consiste nel mettere a punto un piano di assistenza ai parti.
Dopo queste considerazioni, potrebbe forse essere più utile spiegare attraverso un esempio cosa può
significare per l’allevatore un miglioramento nel numero dei nati morti; supponiamo infatti che in
57
un allevamento da 500 scrofe che effettua 2,3 parti/scrofa/anno ed ha una media di nati totali di
11,5, attraverso un programma di sorveglianza dei parti, si passi da una media dell’8 al 4,6%.
Cosa può significare tutto ciò?
Può significare in capo a un anno, guadagnare all’incirca 450 suinetti nati vivi in più, o in altre
parole 370 grassi da inviare al macello 9 mesi più tardi (vedi Fig. 7).
Fig. 7: ecco come deve essere visto lo sforzo rivolto al miglioramento del dato relativo ai nati morti.
Le ispezioni transvaginali: come, quando, perché.
Come
-
Utilizzare guanti lunghi (per bovini), opportunamente lubrificati per favorire l’avanzamento
della mano,
Introdurre delicatamente prima la mano e successivamente l’avambraccio, avendo cura di non
forzare la penetrazione durante i momenti di spinta della scrofa,
Per evitare di essere invasivi, non entrare oltre l’avambraccio (40-50 cm),
Una volta terminata l’ispezione gettare il guanto in un apposito sacco,
Al termine del parto ogni scrofa alla quale è stata praticata un’ispezione va trattata con un
antibiotico a largo spettro di azione, per evitare ogni possibile forma di infezione.
Quando
Decidere il momento in cui si rende necessaria l’ispezione, rappresenta la parte più complessa del
lavoro. Sapendo che i nati morti tendono a concentrarsi verso la fine del parto, si potrà pensare di
intervenire in tempi diversi a seconda dello stadio di parto in cui ci si trova, giudicato in base al
numero di suinetti nati e alle proprie impressioni. Di seguito verrà riportato un ipotetico piano di
lavoro che però potrebbe andare soggetto a lievi modificazioni aziendali.
La situazione ideale è quella in cui il personale è presente al momento dei parti al fine di
sorvegliarne l’andamento. L’operatore potrebbe allora registrare, scrofa per scrofa, momento per
momento gli orari di nascita dei vari suinetti e i diversi interventi compiuti sulla scrofa (ispezioni,
iniezioni di ossitocina, ecc). Basandosi sull’ora di nascita, e il numero di suinetti nati si potrebbe
impostare il seguente piano di lavoro:
58
-
ispezione se l’intervallo di nascita tra un suinetto e quello successivo supera i 30-40 minuti, fino
al 6°-7° suinetto nato,
oltre il 7° suinetto, ispezione ogni 15-25 minuti, perché aumenta il rischio di avere nati morti.
Quando si pratica l’induzione dei parti, può succedere di forzare i tempi su scrofe non ancora
“pronte”. Il risultato è un possibile allungamento degli intervalli di nascita tra i suinetti, almeno fino
a che i meccanismi fisiologici e ormonali che regolano il parto nella scrofa non si sono
completamente avviati. In questi casi l’ispezione può essere effettuata anche ad intervalli di circa 60
minuti tra un suinetto e quello successivo, fino al 3°-4° nato.
N.B Se si sta sorvegliando il parto di una scrofa che in carriera ha già presentato nati morti,
occorre restringere ulteriormente i tempi di intervento.
Se scrivere gli orari di nascita può diventare problematico per alcuni operatori, come regola pratica
si può indicare la necessità del ricorso all’ispezione quando i suinetti della covata sono asciutti
(indice che l’ultima nascita è avvenuta già da parecchi minuti).
Perché
Il fine essenziale delle ispezioni vaginali, è quello di ridurre l’incidenza dei nati morti con beneficio
finale sul numero di svezzati/scrofa. Ricorrere a questo genere di pratica, può permettere di
dimezzare la natimortalità percentuale (vedi Tab. 5).
Tab. 5: due casi pratici di ciò che è possibile ottenere in azienda ricorrendo alle ispezioni
transvaginali.
Periodo 1
(nessuna
particolare)
Periodo 2
assistenza (con assistenza)
ALLEVAMENTO A*
Numero parti
Nati totali
Nati morti
Nati vivi
1197
10,62
0,84
9,78
1471
10,44
0,44
10,00
ALLEVAMENTO B**
Numero parti
Nati totali
Nati morti
Nati vivi
421
11,17
0,68
10,49
298
11,03
0,40
10,64
Miglioramento (%)
47%
2,2%
41,1%
1,4%
* English P.R, 1984
** Messori (dati non pubblicati)
Mummificati
Può ritenersi accettabile una percentuale di feti mummificati, intorno al 2-3%. Tra le cause possono
essere distinti fattori infettivi e non.
Tra i fattori non infettivi si possono elencare:
- insufficienza placentare,
- insufficiente spaziatura a livello uterino tra embrioni che portano alla morte di alcuni di questi,
- anormalità genetiche letali.
Tra le cause infettive, invece si possono elencare:
59
-
parvovirosi,
pseudorabbia,
leptospirosi,
altre virosi (es. PRRS).
Tra gli agenti infettivi, la parvovirosi rimane la causa principale di mummificazione fetale. Il
parvovirus si diffonde lentamente da un embrione all’altro causandone la morte in sequenza, da
questo deriva il quadro classico in presenza di tale malattia che vede alla nascita, una parte della
covata vitale, mentre la restante parte mummificata evidenzia feti di diversa dimensione, segno
evidente dell’avanzamento graduale dell’infezione.
Intorno al 70° giorno di gestazione, entra in funzione il sistema immunocompetente del suinetto, il
quale è quindi in grado di “difendersi” dall’attacco del virus, ecco perché almeno una parte della
nidiata non viene colpita.
Il fenomeno dei feti mummificati andrà preso in considerazione seriamente se la loro percentuale
dovesse superare il 3%, cercando innanzitutto di determinare in quale stadio di gravidanza avviene
solitamente la morte fetale mettendo in relazione dimensioni del mummificato e giorni di
gestazione trascorsi (vedi Fig. 8). Proprio per la loro rilevanza, sarebbe auspicabile che anche il
personale addetto alle sale parto, capisse l’importanza della registrazione del dato relativo ai
mummificati che spesso invece viene tralasciato privando però l’allevatore e i suoi collaboratori di
un elemento importante sul quale fare considerazioni.
Fig. 8: relazione tra dimensioni dei suinetti mummificati e stadio di gravidanza.
Dimensioni (mm)
Età (gg)
20
30
50
40
88
50
130
60
167
70
200
80
232
90
264
100
290
110
Cap3 La mortalità pre-svezzamento
60
In questi ultimi anni, gran parte degli sforzi del mondo scientifico e degli allevatori stessi, si sono
concentrati nel tentativo di incrementare il numero di suinetti nati, attraverso il ricorso alla
selezione, ad incroci volti ad aumentare il grado di eterosi tra i soggetti allevati, alle tecniche di
fecondazione e alla gestione alimentare della scrofa durante il periodo di gestazione. Sono così nate
linee iper-prolifiche per le quali, soglie produttive difficilmente immaginabili fino a qualche anno
prima, sono diventate realtà. Paradossalmente però, si è investito poco nel tentativo di controllare la
mortalità pre-svezzamento, che nella maggior parte degli allevamenti oscilla tra il 10 ed il 15% e,
pertanto, rischia di vanificare buona parte degli sforzi rivolti all’aumento della prolificità delle
scrofe. In Figura 1, si riporta l’incidenza percentuale delle perdite sui nati vivi negli allevamenti
francesi. Come si può osservare, le categorie maggiormente rappresentate, fanno registrare una
mortalità che oscilla tra l’8 ed il 14%.
Fig. 1: percentuale di perdite sui nati vivi e numero di allevamenti interessati.
35
33,11
33,25
30
25
20
15,76
15
10,46
10
4,77
5
0
1,59
1,06
<5
5a8
8 a 11
11 a 14
14-17
17-20
>20
% mortalità
Fonte GTT ‘98
72 ore cruciali per la sopravvivenza
I 2/3 circa dei suinetti muoiono entro i primi 3 giorni di vita, addirittura il 40-50% delle perdite
totali di sala parto, si registra nelle prime 24 ore. Lo schiacciamento, in modo particolare, è la
maggiore causa di mortalità dei suinetti.
Secondo l’autorevole parere di illustri studiosi, le premesse per l’evento morte del suinetto, nei
primi 2-3 giorni di vita, si pongono al momento della nascita e nelle ore immediatamente
successive. In Fig. 2, e successivamente in Fig. 3, si illustra come la temperatura ambientale non
ottimale condizioni la vitalità del suinetto che dapprima infreddolito, può diventare letargico se non
riesce ad avere accesso alla mammella entro breve tempo. Tutto ciò conduce a malnutrizione da cui
può scaturire la morte per malattie (da mancata o ridotta assunzione di colostro), per fame, o infine
per schiacciamento.
I fattori chiave da tenere sotto controllo nel tentativo di massimizzare il numero di suinetti/svezzati,
tramite una riduzione della mortalità sottoscrofa, sono i seguenti:
61
•
•
•
•
•
ottimizzare l’evento parto, sia attraverso una preparazione corretta delle scrofe a tale evento, sia
attraverso una politica di assistenza al parto mirata a ridurre il numero di nati morti e a favorire
la vitalità dei suinetti nati vivi,
tenere sotto controllo il naturale processo di diminuzione della temperatura corporea nei suinetti
successivo alla nascita, attraverso l’uso di tappetini riscaldati o in gomma, o il ricorso alla
lettiera (es. trucioli, carta di giornale, ecc), ricordando che, almeno nel primo giorno di vita, la
temperatura ottimale per i suinetti è pari a 32-34° C,
effettuare gli interventi di pareggiamento dei suinetti entro 12, massimo 24 ore dalla nascita di
modo che sia consentito a tutti l’accesso alla mammella e l’assunzione del colostro,
verificare costantemente lo stato di salute delle scrofe nei primi giorni dopo il parto, cercando di
prevenire gli stati di agalassia, ma anche quelli di ipogalassia più difficoltosi da individuare,
massimizzare il consumo di alimento di scrofe e scrofette.
Fig. 2: sequenza di eventi che portano alla morte dei suinetti.
Temperatura ambientale
sub-ottimale
abbassamento della temperatura corporea
infreddolimento
letargia
ridotta assunzione
di colostro
malnutrizione
schiacciamento
malattie
MORTE
Fig. 3: evoluzione della temperatura rettale nei suinetti di varie dimensioni nelle prime 24 ore di
vita.
Temp. rettale
°C
62
Suinetti grandi
40
39
37°C
37
Suinetti medi
34
Nascita
Suinetti piccoli
30 minuti
24h
Lo schiacciamento dei suinetti
Lo schiacciamento, è sicuramente la causa principale di morte dal momento che arriva ad incidere
fino al 20-50% sul totale della mortalità di sala parto e, pertanto, richiede un ulteriore
approfondimento. In effetti, le cause che possono condurre allo schiacciamento, sono molteplici e
possono essere raggruppate sulla base del fattore di rischio primario che può essere rappresentato
dall’ambiente, dalle scrofe o dai suinetti.
Rischio ambientale
Costituisce una delle cause principali di schiacciamento soprattutto, come già scritto, in funzione di
una temperatura sub-ottimale dell’ambiente di sala parto. Anche nei casi di temperatura ambientale
eccessivamente elevata, aumenta il rischio di avere schiacciamento dei suinetti, legato ad un
aumento del nervosismo tra le scrofe. Dimensioni e disposizione (obliqua o verticale) delle gabbie
parto, hanno anch’esse una certa rilevanza sullo schiacciamento dei suinetti, soprattutto qualora il
fondo di tali gabbie sia particolarmente scivoloso.
Rischio scrofe
Per quanto riguarda le scrofe, i seguenti fattori sono i principali elementi da considerare quando si
abbia a che fare con un problema di schiacciamento dei suinetti:
• stato nutrizionale dei soggetti: in genere le scrofe grasse per le dimensioni e l’impaccio nei
movimenti rappresentano una fonte di rischio notevole,
63
•
•
•
presenza di problemi locomotori diffusi, come ad esempio la sindrome della debolezza degli
arti, che comporta come conseguenza oltre al dolore, anche movimenti bruschi, soprattutto nel
momento in cui le scrofe cercano di caricarsi,
stato di ipogalassia o agalassia post-parto, che spinge i suinetti a cercare continuamente la
mammella aumentando il rischio di schiacciamento,
ordine di parto elevato: oltre il 6°-7° parto, tra le scrofe diminuisce il numero di suinetti svezzati
ed aumenta, per una serie concomitante di cause, il rischio di mortalità per schiacciamento.
Rischio suinetti
Esiste infine, un rischio legato ai suinetti. Infatti, candidati allo schiacciamento saranno quei
suinetti che, in seguito ad un parto prolungato, sono nati vivi, ma hanno sofferto di uno stato
prolungato di ipossia che contribuisce ad una riduzione del vigore e della competitività di questi
soggetti alla mammella. Una recente ricerca francese, ha evidenziato che l’ipossia rappresenta il
25% circa, delle cause di mortalità dei suinetti in sala parto e segue, in termini di importanza
numerica, solo lo schiacciamento. Essendo difficile misurare l’ipossia (se non attraverso prelievi di
sangue), nelle condizioni pratiche di allevamento, risulta impossibile o quasi, stabilire in che
termini la sofferenza, legata alla carenza di ossigeno intra-partum, incida sulle cause di mortalità.
Altri suinetti che possono andare incontro a schiacciamento, sono gli splay-leg e quelli sottopoeso.
Il peso alla nascita
Discutere riguardo all’importanza di misurare il peso dei suinetti alla nascita, potrebbe sembrare in
un primo momento della stessa rilevanza come introdurre un dibattito relativo al sesso degli angeli,
l’ennesima “sparata” di chi frequenta gli allevamenti, ma non ci lavora dentro e non si rende conto
che la teoria è una cosa, mentre la pratica è un’altra e occorre fare i conti con la quotidianità e come
recitava quell’antico adagio latino: “Ad ogni giorno basta la sua pena”. In altre parole: tra le mille
problematiche varie, figuriamoci se ci può essere posto per il considerare di pesare i suinetti alla
nascita. Dopo questa levata di scudi, vediamo di portare le ragioni per cui potrebbe avere un senso
compiere tale operazione in allevamento, lasciando come al solito al lettore la facoltà di giudicare
positivamente oppure no la nota.
Le ragioni del sì
Il peso alla nascita è chiaramente correlato con la mortalità pre-svezzamento e con il tempo
impiegato per raggiungere il peso di macellazione.
Riguardo al discorso mortalità, è sicuramente esperienza comune quella di vedere i suinetti leggeri
(≤ 800 g), più facilmente soggetti a tale rischio rispetto ai suinetti di maggiori dimensioni. E’ stato
stimato che i suinetti di peso inferiore ai 900 g, presentano livelli di mortalità di circa il 60%,
mentre suinetti di peso compreso tra i 900 e i 1000 g raggiungono una percentuale di perdite pari al
35%. Inoltre i suinetti più piccoli, assumono generalmente minori quantità di colostro e allo
svezzamento, avranno livelli anticorpali inferiori rispetto ai loro “fratelli” e pertanto in fase di postsvezzamento saranno più esposti alle malattie diminuendo le loro possibilità di sopravvivenza.
Talvolta quindi, affrontando problematiche di mortalità di sala parto e nelle fasi successive, nel
momento in cui si vanno ad investigare le possibili cause si salta un passaggio fondamentale che è
rappresentato dal considerare anche il peso alla nascita. Secondo la mia esperienza personale infatti,
non basta “buttare” l’occhio sui suinetti neonati per dire “…eppure il peso dei suinetti è buono”.
Questa considerazione può significare tutto e niente nello stesso tempo. Oltretutto, dove la
problematica del peso alla nascita è stata analizzata approfonditamente, è emerso che il peso medio
è importante, ma ancora più importante è l’aspetto che riguarda la distribuzione ed omogeneità del
peso dei suinetti stessi perché come già accennato le problematiche sono legate in particolare ai
64
suinetti leggeri che potrebbero essere mascherati all’interno di un peso medio considerato
accettabile. In tabella 1 si riporta un esempio che esplica chiaramente quanto esposto.
Tabella 1: Confronto tra 2 aziende relativamente a distribuzione del peso alla nascita e mortalità.
Distribuzione del peso sui n.v
Mortalità
(%)
(%)
Categoria di peso (kg)
Azienda B
Azienda A
Azienda A
< 0,5
0,5
1,8
80
0,5-0,74
2,2
1,4
62,4
0,75-0,99
6,2
11,8
24,7
1,00-1,24
16,5
20,9
13,4
1,25-1,49
24,1
29,1
6,6
1,50-1,74
27,9
24,3
3,7
1,75-1,99
15,1
6,4
2,5
> 2,00
6,9
3,8
1,7
11,7
11,1
Numero di nati vivi
Peso medio alla nascita (kg) 1,48
1,37
pre-svezzamento
Azienda B
78,2
63,1
25,2
13,0
6,2
3,5
2,6
1,7
(fonte: J. Gadd)
Analizzando i dati relativi al peso medio, sembrerebbe che tra le due aziende non vi siano grosse
differenze (1,48 kg vs. 1,37). Nel momento in cui si guardano i dati più da vicino, emerge che
complessivamente l’azienda B ha 0,6 nati vivi in meno, un numero di nati al di sotto dei 500 g più
di 3 volte superiore ed un numero di suini al di sotto di 1 kg quasi doppio rispetto all’azienda A,
con ovvie ripercussioni negative sulla mortalità complessiva di sala parto.
L’altro aspetto interessante di cui si diceva all’inizio, è rappresentato dalla relazione che c’è tra
peso alla nascita ed età di raggiungimento del peso di macellazione. La cosa è abbastanza intuitiva,
ma è chiaro anche dall’esperienza aziendale che i suini cosiddetti “fioroni”, in altre parole quelli più
grossi nella covata, tendono a rimanere tali per tutto il corso della vita produttiva e pertanto
raggiungono il peso di macellazione con anticipo rispetto ai suini della medesima partita. Anche in
questo caso la bibliografia straniera ci viene in aiuto mostrando con dati di campo l’incidenza che
può avere un miglioramento sulla distribuzione del peso alla nascita tra suinetti leggeri, medi e
pesanti (vedi Tab.2).
Tabella 2: Relazione tra peso alla nascita e raggiungimento del peso di macellazione prima e dopo
l’applicazione di alcuni interventi migliorativi.
PRIMA
< 1,0 kg
1-1,3 kg
> 1,3 kg
% suinetti
13
45
42
Età alla macellaz.
(nascita-88 kg)
156
151
142
gg. medi guadagnati sull’età di macellazione: 2,7
DOPO
< 1,0 kg
9
1-1,3 kg
28
> 1,3 kg
63
157
151
141
(fonte: J. Gadd)
In tabella 2 si vede come tra i suinetti più leggeri (< 1 kg) e quelli più pesanti (> 1,3 kg) vi possano
essere fino a 2 settimane di differenza nel raggiungimento dell’età alla macellazione.
L’applicazione di alcune tecniche volte al miglioramento del peso alla nascita hanno consentito
all’allevamento in studio un risparmio medio e complessivo di quasi 3 giorni. Secondo altre fonti
65
bibliografiche, un incremento di 100 g sul peso alla nascita si traduce in un aumento del peso allo
svezzamento a 26 giorni di circa 270 g, ed in una diminuzione dell’età al macello di 1,6 giorni (peso
di macellazione 103 kg). Nonostante non vi sia un accordo completo sui dati numerici nelle due
esperienze, i vantaggi sono indubbiamente chiari e si provino dunque ad immaginare le differenze e
le sorprese che potrebbero emergere nel momento in cui si valuta il nostro soggetto da macello di
peso quasi doppio.
20 minuti/scrofa/anno
Se i vantaggi che derivano dal pesare i suinetti alla nascita possono essere così evidenti, si potrà
prendere in considerazione l’analisi del tempo impiegato per tale operazione. Secondo dati riportati
in bibliografia, la pesatura routinaria delle covate incide per un tempo pari a 15-25
minuti/scrofa/anno, tempo che si trasformerebbe in un immediato guadagno per l’allevatore in
funzione delle innumerevoli informazioni che potrebbero essere ricavate dalla determinazione del
peso dei suinetti. A livello aziendale un buon target per ciò che riguarda tale aspetto può essere
considerato il seguente:
- 40% dei n.v > 1,45 kg
- 40% dei n.v tra 1,2 e 1,45 kg
- 12% dei n.v tra 1,0 e 1,2 kg
- 8% dei n.v < 1,0 kg.
66
Conclusioni
Nella speranza di avere richiamato l’attenzione sulla problematica del peso alla nascita si conclude
offrendo al lettore una serie di cause e possibili rimedi che potrebbero migliorare tale aspetto in
allevamento (vedi BOX 1).
BOX 1 Possibili fattori e rimedi correlati col peso alla nascita
a. non indurre il parto troppo precocemente (nei giorni immediatamente prima del parto, i feti
crescono al ritmo di circa 90 g/d).
b. evitare un eccessivo dimagramento delle scrofe durante la lattazione.
c. evitare che le scrofe ingrassino eccessivamente durante la gravidanza in quanto anche questa
condizione può portare a suinetti nati sottopeso.
d. a partire dal 5° parto in poi, aumentano le possibilità di registrare un problema di nati
sottopeso. Tempi di ovulazione prolungati e/o difficoltà nell’apporto nutritivo ai feti o ad
una parte di essi, potrebbero giustificare tale fenomeno.
e. alimentare le scrofe ad libitum dallo svezzamento al calore al fine di migliorare la sincronia
dell’ovulazione e la contemporanea fertilizzazione degli oociti.
f. durante il periodo dell’annidamento (12°-24° giorno) assicurare alla scrofa massima
tranquillità e assenza di stress (di ogni genere).
g. evitare il rimescolamento di scrofe nelle prime 4 settimane dopo la fecondazione.
h. diminuire la percentuale di lisina nel mangime (0,55%), ma aumentare la quantità di
alimento somministrato (fino a 3 kg capo/giorno) col passare con le settimane di gestazione,
anche se le scrofe sono in buona condizione corporea.
i. gli ibridi mostrano un vantaggio sul peso alla nascita rispetto alle razze pure di circa 250300 g/suinetto.
j. con le genetiche moderne, fino ai 14 nati totali, non vi dovrebbero essere problemi relativi al
basso peso (vi è infatti anche maggiore lunghezza delle corna uterine che permettono
l’impianto non solo di un numero più alto di embrioni, ma anche una sufficiente spaziatura
tra di essi garantendo loro una crescita regolare).
Cap IV Il pareggio delle covate
Una volta terminati i parti il problema successivo che si presenta all’operatore di sala parto, è quello
del pareggio delle figliate. Tale pratica è tutt’altro che trascurabile se si desidera ottenere un
elevato numero di suinetti allo svezzamento. E’ risaputo infatti che le primissime ore di vita per il
suinetto sono cruciali per la sua sopravvivenza futura. E’ altrettanto semplice da capire che tanto
prima ciascun suinetto avrà a disposizione il suo capezzolo dal quale nutrirsi, tanto minore sarà il
suo indebolimento dovuto allo spreco delle poche riserve energetiche che ha a sua disposizione alla
nascita. Vale la pena di ricordare che ogni suinetto con l’evento parto, passa dal comfort termico
dell’utero materno (39°C), ad un ambiente esterno termicamente al di sotto delle sue necessità
(34°C) e non di rado sottoposto a correnti provenienti dal grigliato sottostante o da finestre mal
regolate.
Il colostro innanzitutto
L’importanza dell’assunzione del colostro il più presto possibile, non è soltanto di ordine
alimentare, infatti attraverso il colostro il suinetto riceve gli anticorpi, che sono molecole proteiche
di grosse dimensioni le quali gli conferiscono l’immunità (detta passiva perché assunta
indirettamente dalla madre), verso quei patogeni con i quali la scrofa è venuta a contatto
67
casualmente, nel corso della carriera produttiva, o attraverso le vaccinazioni eseguite dall’allevatore
o chi per lui.
Proprio perché si tratta di molecole di grosse dimensioni, l’intestino del suinetto è in grado di
assorbirle per un periodo limitato di tempo che si esaurisce circa 16 ore dopo la nascita. Inoltre il
colostro stesso prodotto dalla scrofa diventa, con il passare delle ore, sempre meno ricco in
anticorpi e assume caratteristiche sempre più simili al latte. Ecco perché per ogni suinetto è di vitale
importanza l’assunzione del colostro e risulta quindi fondamentale metterlo in condizioni di
riceverlo il più presto possibile.
Una volta chiarito perché le primissime ore di vita del suinetto sono cruciali per la sua
sopravvivenza futura, ci si potrà chiedere come e quando ricorrere al trasferimento.
Come e quando pareggiare
Esistono due categorie principali di trasferimenti:
- per necessità (per morte o agalassia di una o più scrofe, per gestire situazioni di iperprolificità, o
malnutrizione dei suinetti nati nei giorni precedenti),
- per scelta (effettuati dall’operatore in seguito al parto o addirittura in corso di parto stesso per
favorire l’allattamento dei suinetti ed il proseguo della lattazione nella scrofa).
Riguardo alle adozioni per scelta, che sono anche le più frequenti, occorre precisare che esiste un
periodo ottimale per effettuarle che è rappresentato dalle primissime 24 ore dopo il parto, anche se è
consigliabile terminare tali trasferimenti entro le 12-16 ore dal parto stesso. In genere, se si rimane
all’interno di questo arco temporale, la scrofa non dovrebbe presentare segni di irrequietezza e
mancata accettazione dei suini ad essa affidati dall’operatore.
Per eseguire tali tipi di adozioni, esistono una serie di linee guida che dovrebbero sempre essere
rispettate:
1. ricorrere alla pratica momentanea del poppamento frazionato: se arrivando in sala parto la
mattina l’operatore dovesse trovare una o più scrofe che avessero partorito nella notte 15 o più
suinetti, ma non avesse il tempo per effettuare un primo pareggiamento, egli potrebbe ricorrere
alla pratica del cosiddetto poppamento frazionato. Essa consiste nell’isolare per 2-3 ore i 9-10
suinetti più grossi, che si presume abbiano sicuramente avuto la possibilità di succhiare forti
quantità di colostro in un apposito nido riscaldato (vedi per esempio “incubatrice” al cap. 2),
dando così la possibilità ai suinetti più piccoli rimanenti di assumere la loro parte di colostro.
Non appena l’operatore ne avrà la possibilità provvederà alla sistemazione dell’intera nidiata
secondo i canoni precedentemente esposti. In Figura 1 la sequenza degli eventi è esposta
fotograficamente.
Fig. 1: sequenza fotografica delle operazioni legate al poppamento frazionato:
a) l’operatore allontana i suinetti più grossi
b) li ripone all’interno di un nido riscaldato (“incubatrice”)
c) i suinetti più piccoli poppano il colostro indisturbati per alcune ore
a)
b)
c)
68
2. mai affidare a ciascuna scrofa un numero di suinetti non soltanto superiore ai suoi capezzoli
funzionali, ma soprattutto a quelli che essa espone in posizione di allattamento,
3. prima di eseguire le adozioni considerare il temperamento e le caratteristiche materne di
ciascuna scrofa che possono essere ricavate dalla sua scheda che dovrebbe riportare nel corso
della carriera il numero di suinetti svezzati ed un punteggio che possa indicare
approssimativamente le dimensioni di questi allo svezzamento, il numero di morti registrati in
corso di lattazione ecc. (per esempio ad una scrofa con scarse attitudini materne si affideranno i
suini più grossi),
4. considerare prima del trasferimento lunghezza e dimensioni dei capezzoli di ogni scrofa; i
suinetti più piccoli devono essere affidati a scrofe con capezzoli sottili di media lunghezza e
facilmente raggiungibili, sia per quanto riguarda la linea mammaria inferiore sia per quella
superiore. Ecco perché le scrofette sono le più indicate per tale tipo di adozione,
5. prima di eseguire le adozioni accertarsi che i suinetti abbiano ricevuto una quantità di colostro
sufficiente,
6. effettuare i trasferimenti sulla base del comportamento alla mammella di ogni suinetto. I
candidati allo spostamento dovranno essere, se possibile, i suinetti che all’interno della figliata,
non hanno ancora acquisito il loro capezzolo,
7. pareggiare i suinetti in funzione del loro peso alla nascita cercando di suddividerli in tre
categorie (grandi, medi e piccoli),
8. considerare al momento del trasferimento anche l’età e le dimensioni della scrofa. Le scrofe
vecchie, pur avendo avuto una buona carriera, possono essere più a rischio per schiacciamenti,
poca produzione di latte, maggior numero di capezzoli non funzionali o non esposti, ecc.,
9. i capezzoli non utilizzati impiegano circa 48 ore prima di asciugarsi.
10. non sovraccaricare le scrofette: alle scrofette, per una serie di ragioni (numero di capezzoli
funzionali, esposizione della linea mammaria, forti quantità di latte prodotto, piccole dimensioni
che diminuiscono le possibilità di schiacciamento, ecc.), vengono spesso affidati un numero
considerevole di suinetti. Questa pratica si rivela un po’ rischiosa soprattutto in considerazione
del fatto che si tratta di soggetti che difficilmente riusciranno a consumare in sala parto forti
quantità di mangime finendo per dimagrire eccessivamente soprattutto se andranno incontro ad
una lattazione di 24-28 giorni. Per le scrofette al fine di ridurre i rischi di incorrere nella
sindrome della 2a figliata, si può ricorrere al cosiddetto svezzamento frazionato che consiste nel
rimuovere i 4-5 suinetti più grossi alcuni giorni (4-6) prima dello svezzamento previsto. In
questo modo la scrofetta alleggerita di una parte della covata, subirà uno stress minore negli
ultimi giorni di lattazione aumentando le possibilità di riprendere regolarmente l’attività ovarica
una volta svezzata.
Riguardo alle adozioni per necessità si rendono necessarie altre osservazioni.
Nel caso di suinetti in sovrannumero per iperprolificità delle scrofe o per morte e/o agalassia di una
di queste è necessario comportarsi in questo modo. Occorre innanzitutto selezionare i suinetti
sovrannumerari ed essere certi che abbiano avuto la possibilità di succhiare il colostro. Tali suinetti
saranno trasferiti ad una scrofa che ha partorito da circa una settimana che dovrà presentare le
seguenti caratteristiche: avere buone caratteristiche materne ed essere buona produttrice di latte. I
suinetti di questa scrofa saranno a loro volta affidati ad un’altra scrofa con medesime attitudini di
quella precedente, ma che avesse partorito da circa 14 giorni. Tali suinetti possono essere svezzati
in anticipo e portati in un locale apposito in attesa di essere trasferiti nel settore svezzamento con i
suinetti loro contemporanei (vedi Fig. 2).
Nel corso dei passaggi ora descritti, alcune scrofe potrebbero manifestare segni di mancata
accettazione dei suinetti. In questi casi l’operatore oltre ad osservare il comportamento della madre
adottiva, può cercare di tranquillizzarla massaggiandole la mammella. Se tali operazioni non
dovessero bastare, potrà iniettare un calmante all’animale procedendo anche all’iniezione di 2 ml di
ossitocina per favorire invece l’eiezione del latte.
69
In altri casi i trasferimenti sono necessari 3-7 giorni dopo il parto quando ci si rende conto che
alcuni suinetti all’interno di ogni covata tendono a diventare scarti.
Tali suinetti malnutriti, meglio se non malati, possono a loro volta essere adottati da una scrofa
che abbia appena partorito la cui figliata sia stata affidata a sua volta ad altre scrofe con
possibilità di riceverla.
Fig. 2: caso di 10 suinetti in sovrannumero per morte di una scrofa al parto.
selezionare 10
fa che
passarli ad una
ad una scro-
suinetti nati in
scrofa che ha
ha partorito da 14
giornata che
partorito da 7gg.
gg. I suoi suinetti
abbiano ricevuto
I suinetti di 1
sono svezzati in
il colostro
settimana sono
un apposito locale.
trasferiti
1-2 settimane più tardi
locale svezzamento
assieme ai loro
contemporanei
locale per emergenze
70
CONCLUSIONI
PAOLO BACCOLO
Direttore Generale Agricoltura
Regione Lombardia
Grazie Marco, vorrei dire solo due parole per il saluto conclusivo.
Una battuta, io non sono veterinario, perchè oggi i veterinari hanno fatto la riunione dell’ordine e
non appartengo purtroppo alla categoria, sono forestale.
Vi voglio ringraziare, questo è un appuntamento tradizionale della Fiera di Cremona, è da tanti anni
che si svolge ma oggi è un po’ diverso. Avete notato sicuramente le cartelline? Sono cambiate.
L’anno scorso, insieme al presidente Pisoni, presidente sì ma dell’ERSAL, annunciavamo quella
che sarebbe stata una riforma, una ristrutturazione degli enti agricoli. Il nome del nuovo Ente nato
dalla riforma lo ritrovate sulla cartellina, un acronimo simile ma non è quello dell’anno scorso.
Un accorpamento nuovo e un appuntamento tradizionale che però continua e naturalmente
continuerà.
Solo due parole per terminare questa manifestazione che continua appunto un ciclo di incontri di
natura tecnica sempre molto mirati e partecipati perchè la serie di domande che abbiamo ascoltato
questo pomeriggio sono altrettanto appassionate quanto quelle degli appuntamenti precedenti.
In tutti gli appuntamenti io, che del settore non faccio parte, ho sempre però avvertito una positività
e un dinamismo particolari.
Peculiarità tipica e significativa del vostro settore sempre rivolto all’innovazione.
La vostra disponibilità ad affrontare nuove sfide ad approfondire gli aspetti tecnici e scientifici
anche con convegni come questi, che non vedono solo la presenza dalle organizzazione delle
associazioni, ma anche quella di molti allevatori e con una percentuale significativa di ragazzi/e
giovani è la prova della dinamicità del settore.
Con questo convegno l’ERSAF vi ha dimostrato che vi siamo vicini e che vogliamo continuare la
politica di assistenza e di supporto tecnico al settore della suinicoltura, attività che è stata nella
storia dell’ERSAL.
Personalmente ringrazio il professor Navarotto per le parole di apprezzamento e per il sostegno che
la regione cerca, ha cercato e continua a dare nel settore della ricerca.
Devo dire che in effetti il settore della suinicoltura è uno di quelli sul quale si è puntato con
decisione, in particolar modo perchè la suinicoltura nella Regione Lombardia è alla base di una
filiera importante che merita un particolare attenzione.
Vi ringrazio, vi saluto e alla prossima.
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INTERVENTI
Dott. SBARRA
Presidente, signore e signori, il mio non è un intervento programmato, ma visto che in questi tre
giorni di permanenza a Cremona ho avuto la possibilità di parlare di vari argomenti, non solo
tecnici, vorrei sottoporvi alcuni temi di politica generale che dovranno essere affrontati con appositi
tavoli inter-professionali.
Il più attuale, che stiamo affrontando in questi giorni riguarda la normativa UE sul benessere
animale.
Entrambi i relatori vi hanno fatto cenno e ne hanno sottolineato l’importanza. Da parte mia rispondo
loro che il problema è ben presente nella mente di tutti noi allevatori.
Un altro argomento spinoso è quello dei residui di macellazione, insisto sul termine residui e sono
stanco di sentirli definire scarti di macellazione.
Dobbiamo distinguere tra i residui di macellazione, che sono costituiti dalle parti non utilizzabili di
una carcassa di un suino sano macellato regolarmente, e l’intera carcassa di un suino morto per
qualsivoglia motivo in allevamento, durante il trasporto o durante l’attesa al macello.
Per questi ultimi non esistono deroghe, devono essere distrutti ed il costo è, nel primo caso a carico
dell’allevatore, negli altri due a carico del macello.
Per quanto riguarda invece i residui di macellazione, che provengono da un suino controllato dal
sistema sanitario prima, durante e dopo la macellazione e ritenuto idoneo per l’alimentazione
umana, noi come organizzazione ANAS, di concerto con le organizzazioni professionali ci stiamo
battendo perchè l’Unione Europea consenta il loro riutilizzo sotto forma di farine.
Un altro problema è rappresentato dall’annosa questione della classificazione delle carcasse.
Colgo l’occasione per dichiarare ancora una volta che l’ANAS è d’accordo sull’attuazione della
classificazione a peso morto.
L’ANAS è cosciente però che si dovrà lavorare molto e con molta attenzione,e determinazione
serenità per giungere alla definizione di un sistema che sia equilibrato per tutti i soggetti della
filiera
Il problema esiste, su questo non vogliamo nasconderci, voi allevatori vi prego di affrontarlo molto
seriamente e abbiamo messo in rilievo che nel decreto del Ministero dell’11 luglio di quest’anno ci
sia scritto fino a quando il pagamento verrà franco macello.
Altro problema è quello sanitario e anche questo desta preoccupazioni.
Abbiamo abbandonato la profilassi vaccinale e scelto la via dell’immunità ufficiale per molte
patologie.
È necessario che gli allevatori siano informati con chiarezza in merito a quali profilassi possono
essere praticate e con quali modalità, in quanto ci risulta che alcuni le abbiano abbandonate tutte.
Mi auguro che non sia stata eliminata anche la vaccinazione contro l’Augesky perchè altrimenti
andremmo incontro a problemi che vi lascio immaginare.
L’ANAS, a questo proposito ritiene, che la norma sulle profilassi debba essere unificata a livello
nazionale senza dar spazio a scelte che variano di regione in regione.
Altro punto dolente il prezzo.
Il prezzo è sempre un enigma, anche in presenza di dati di produzione sicuri.
72
È sufficiente il manifestarsi di una patologia improvvisa e il quadro previsionale muta radicalmente.
Tutto quieto dobbiamo darlo per scontato e essere pronti ad accettare il confronto.
Vorrei ora fare una domanda ai due relatori.
Avete accennato spesso alla necessità del controllo degli impianti, per mia esperienza vorrei
sottolineare che questi controlli devono essere anche preventivi per consentire adeguati interventi
prima che i guasti si verifichino.
Vorrei inoltre che richiamaste l’attenzione sul controllo degli strumenti di pesatura e se anche voi
intravedete la necessità di questa operazione.
Mi piacerebbe sapere se anche altri come me sono ritornati all’alimentazione secca quantomeno per
i suinetti svezzati e i magroncelli?
Ringrazio in anticipo i relatori per le risposte e ringrazio tutti voi per l’attenzione che mi avete
prestato.
Prof. NAVAROTTO
L’importanza del controllo è fondamentale.
È fondamentale abituarsi a fare controlli a questi impianti e soprattutto a non credere ciecamente al
computer.
Di fronte all’automazione l’allevatore è succube ne diventa dipendente cioè, è convinto di aver
acquistato una macchina eccezionale e demanda tutto a questa macchina senza dubitare che possa
sbagliare. Così se si è impostata una distribuzione di 150 kg di broda e poi in effetti ne vengono
distribuiti 80 kg, non ci si accorge del problema perchè il computer dichiara che la distribuzione
impostata è avvenuta. Questo non è vero sempre perchè il programma continua a fare i controlli e,
sulla base di quello che gli resta in vasca, distribuisce il surplus di broda nelle mangiatoie che
rimangono; quindi non è assolutamente detto che la distribuzione sia avvenuta in modo corretto.
Gli impianti devono essere progettati e realizzati tenendo conto della lunghezza delle tubature di
distribuzione, del loro diametro, della granulometria del mangime, dei colpi d’ariete e della
precisione nel dosaggio.
Relativamente al ritorno all’alimentazione a secco per i suinetti si ricollega al punto debole
dell’impianto di distribuzione a liquido che è l’aspetto igienico - sanitario, in quanto distribuiamo
l’alimentazione con un veicolo dove la proliferazione dei microrganismi è facilissima.
Ne consegue che l’alimentazione liquida nelle prime fasi dell’allevamento deve essere supportata
da un lavaggio quasi maniacale delle tubazioni e delle mangiatoie per conseguire successo.
Risposta del Prof. PARISINI
Sono tante le cose che vengono da dire su quello che ha detto Sbarra. Cominciamo a parlare
dell’uniformità del controllo della distribuzione. È uno dei punti più importanti che devono essere
controllati.
Il dosaggio della sola frazione liquida può essere effettuato con precisione, in presenza di soluzioni
al cosa è meno agevole in quanto i componenti del mangime tendono a separarsi.
Debbo dire che abbiamo in corso delle prove con prodotti di natura minerale che, in presenza di
mangimi abbastanza ricchi di lipidi, danno un aiuto abbastanza considerevole alla non separazione
liquido/solido. Riallacciandomi al discorso del ritorno al “secco” confermo quanto gia detto dal
prof. Navarotto sull’indispensabilità della pulizia e dell’igiene degli impianti al termine di ogni
distribuzione di mangime liquido.
73
Domanda
Abbiamo parlato dell’importanza del siero e del suo apporto nutrizionale.
É un alimento funzionale, ma il problema che voglio porre riguarda la qualità della sostanza secca
del siero.
È un dato importante perchè il 7 % di sostanza secca potrebbe essere costituito solo da ceneri.
Sappiamo che vi sono sieri buoni e quelli meno buoni, per cui l’importante è utilizzare un siero che
apporti proteine, che apporti gassi; se un siero contiene soltanto ceneri non serve a nulla.
Risposta del Prof. PARISINI
È lapalissiano.
Il siero è un alimento e come per tutti gli alimenti dobbiamo conoscerne la qualità.
La principale componente però che noi andiamo a ricercare nel siero forse, non è il tenore di grasso
o l’infinitesima parte di proteina che esso contiene, ma è il lattosio.
Questo zucchero, se il siero è consumato entro le 24/48 ore, possiede grossi poteri nutritivi.
Domanda
Sempre riguardo al siero.
Oltre al discorso ovvio della qualità e del lattosio che importanza possono avere l’acidità e la
temperatura.
Risposta del Prof. PARISINI
Della temperatura non mi preoccuperei più di tanto.
Se c’è una temperatura superiore a quell’ambiente quello sta tendenzialmente a dimostrare che è un
prodotto fresco da poco uscito dal caseificio.
I principi nutritivi presenti nel lattosio difficilmente hanno problemi di termolabilità, anche perchè
la temperatura tende velocemente a portarsi a quella dell’ambiente.
Grossi problemi legati all’acidità non sono stati evidenziati.
Domanda
Volevo sapere quanto può influire sull’incremento di peso, a parità di quantità foraggera introdotta,
l’assimilazione del foraggio e quanto l’alimentazione liquida possa modificala in meglio o in
peggio.
Io sono sempre stato un patrocinatore dell’alimentazione liquida perchè ritengo che con essa si
ottenga carne di migliore qualità, è meglio conservabile.
Risposta del Prof. PARISINI
Non possiamo attribuire all’alimento liquido una maggiore digeribilità dell’alimento stesso, ma solo
il fatto di favorire una maggiore assunzione.
Domanda Dott. PAGANI
Al professor Navarotto volevo chiedere che sistemi può consigliare per riuscire a unificare le
differenze di umidità nei vari ambienti (sala parto, svezzamento ecc.), se si utilizza un sistema misto
di alimentazione secco - bagnato.
Grazie.
Risposta Prof. NAVAROTTO
Quello della maggiore umidità è certamente un problema, in particolar modo, perchè gli impianti di
controllo microclimatico frequentemente non sono in grado di intervenire su questo fattore.
74
Spesso il sensore che regola l’efficacia e il livello di ventilazione di ricambio è sensibile alla
temperatura e non all’umidità.
Per risolvere il problema è necessario imparare a gestire l’ambiente.
Si potrebbe, ad esempio, aumentare la ventilazione del 30% nella stalla per il periodo in cui
distribuiamo l’alimento, sempre che l’ambiente sia stato realizzato correttamente dal punto di vista
della coibentazione e dell’impianto di ricambio.
INTERVENTO CANDOTTI
Nonostante i buoni auspici, di biosicurezza si è parlato poco.
Io non credo in effetti che un impianto di somministrazione a liquido sia scarsamente gestibile dal
punto di vista di biosicurezza.
Ricordiamoci che la borlanda, che circola all’interno dell’impianto, ha un ph abbondantemente
sotto il 4 e gli enterobatteri a ph inferiore a 4 non resistono. Abbiamo fatto numerose analisi sulla
flora batterica delle borlande ristagnanti nei tubi e abbiamo trovato una grande quantità di lieviti,
saccaromiceti, candide e streptococchi ma gli enterobatteri proprio non sono stati trovati, ciò
proprio in virtù del ph.
A nostro parere, un sommario lavaggio dell’impianto potrebbe forse essere addirittura peggiore
rispetto all’obiettivo che ci si prefigge proprio perchè porterebbe ad un aumento del ph.
Comunque sia se dobbiamo parlare di biosicurezza nell’alimentazione liquida, la nostra attenzione
deve andare al microbismo del truogolo. Il truologo è un pericolo dal punto di vista sanitario un
rischio biologico, in quanto il suino lo calpesta vi defeca e vi urina.
In seconda analisi è un pericolo perchè occupa spazio all’interno del box.
È un pericolo anche per un altro motivo; quando la borlanda scende dal centro verso i lati fa una
bella pulizia del truogolo.
Gli ultimi 50, 80 cm a destra e a sinistra diventano poco invitanti per il suino che non mangia la
razione che gli arriva, ma corre verso il centro. Quindi nonostante noi abbiamo previsto uno spazio
di accesso alla mangiatoia di 40 - 45 cm per capo, il truogolo sporco diventa immediatamente
inferiore per una lunghezza di un metro e mezzo. Da qui mi riallaccio ad una osservazione del Prof.
Navarrotto cioè perchè non studiamo una somministrazione continua a posto unico? Ciò porterebbe
ad una maggiore igiene del truogolo, a maggiore spazio superficie/capo e, da osservazioni fatte al
macello, consentirebbe il raggiungimento di migliori performance anche agli animali reduci da
patologie polmonari.
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DOMANDA: CALEFFI
In relazione agli impianti di distribuzione dell’alimento bagnato ai suinetti e soprattutto ai suinetti
appena svezzati, sappiamo che ci troviamo in presenza di pochi grammi di diluito e di un volume
ridotto di diluente. Gli impianti sono in grado di gestire questa piccola quantità nei primi giorni?
La presenza di cibo non consumato nel truogolo non è un problema gravissimo dal punto di vista
sanitario? Grazie.
RISPOSTA NAVAROTTO
Intanto devo ringraziare il dott. Candotti perchè ci ha consentito di ricordare che il truogolo è
l’elemento sicuramente più esposto anche dal punto di vista dell’omogenità della distribuzione. Per
quel che riguarda truogolo lungo o truogolo corto penso che dobbiamo rivolgerci al professor
Parisini perchè entriamo in un discorso decisamente nutrizionale: Io più di una volta ho interpellato
la scuola di cui fa parte il professor Parisini perchè è chiaro che è interessante, per noi costruttori,
avere la possibilità di ridurre le superfici occupate
RISPOSTA PARISINI
Innnanzitutto il professor Navarotto mi ha egregiamente scaricato la patata bollente.
Prima di tutto dobbiamo fare delle distinzioni perchè ho paura che ci sia stato un attimo di
confusione tra quando parliamo di un suino fino ai 40 - 50 kg e quando parliamo di uno dai 30 in
su, perchè le due cose: truogolo lungo truogolo corto e a volontà o razione, sono profondamente
diverse. Nel caso di un animale dai 50 Kg in su, ad esempio, il discorso è da vedersi in funzione del
tipo genetico con cui operiamo.
Noi possiamo operare con una linea genetica che non produce grasso anche se alimentata con una
razione liquida alta.
Possiamo avere un altro tipo genetico che, che alimentato a secco e a volontà, dimostra un consumo
giornaliero più basso del quantitativo che io avrei previsto di somministrargli.
Nel caso in cui ci troviamo in presenza di animali con tendenza a metter su grasso, si può
intervenire inserendo nella razione sostanze (zuccheri semplici) che, entrando immediatamente in
circolo, alzano la glicemia determinando nell’animale un senso di sazietà con l’effetto che questi di
fatto si autoraziona.
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riduciamo i costi aumentando natalità e svezzati