OPUSCOLO
Il gioco della civetta
CLASSE I B A.S. 2015/2016
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Graffiti grotta Romanelli Castro
Grotta Romanelli si apre lungo la costa alta e rocciosa che da Castro Marina si stende
fino a Santa Cesarea Terme. Fu abitata solo nel Paleolitico, tra i reperti rinvenuti vi
sono persino alcuni strumenti degli uomini di Neanderthal, parenti stretti della razza
umana Sapiens, in seguito estinti. All’interno dei depositi, abbondanti livelli di materiale
osteologico testimoniano la fauna caratteristica della zona degli ultimi 120.000 anni,
mentre la minuta ma assai curata industria litica, attribuita al paleolitico superiore, ha
finito con l’essere chiamata, appunto, romanelliana. In grotta Romanelli sono stati ritrovati diversi resti
disarticolati di Sapiens e tre scheletri di fanciulli privi di arti inferiori ed infissi nel livello superiore del
terreno in postura rituale. Sulle pareti si sono conservati molti graffiti, esempi rarissimi di arte
paleolitica nel Mediterraneo e che fanno di questa grotta uno dei siti archeologici più importanti d’Italia.
Dei graffiti figurativi si è proposto il Bos primigenius.
Infine, tra i ritrovamenti anche ossa di animali del tempo paleolitico come gabbiani artici e pinguini
boreali, specie estinta nell’Ottocento, e che testimoniano di quanto, allora, le glaciazioni si fossero
spinte verso sud assieme a tutta la fauna artica.
Grotta della Zinzulusa Castro
La Grotta Zinzulusa, è senza dubbio la più scenografica tra le grotte marine, per
il modo spettacolare con cui si apre sul mare. Una grande fauce si apre tra le
rocce, con un’apertura di circa quindici metri in altezza, pronta ad “inghiottire” la
lunga fila di visitatori. Il nome di “zinzulusa” deriva da “zinzuli”, cioè “stracci
appesi”, il nome dialettale che veniva dato dal popolo alle grandi stalattiti di cui la
grotta è ricca. Assieme alle stalagmiti, assumono spesso forme fantasiose e
contribuiscono a fare di questa grotta una grande attrazione. Sicuramente fu
frequentata in epoche remotissime sia dall’uomo che dagli animali. Sono stati ritrovati qui dei reperti di
elefante, nonché reperti preistorici umani come lame e grattatoi, ma anche manufatti di ossa lavorate
e di ceramiche, tutti posti nella parte più esterna della grotta. Fu abbandonata per millenni e riscoperta
soltanto nel 1793 dal vescovo locale Antonio Francesco del Duca. Fu però ripulita, messa in sicurezza
e aperta al pubblico soltanto nel 1957.
Guerriero messapico
Il popolo dei messapi era combattivo e indipendente, fiero della propria civiltà e
della potenza militare. Non aveva, però, un’indole aggressiva ed espansionistica.
Questo popolo non ha mei cercato di espandere i propri domini ai danni delle
popolazioni vicine e lontane; non ha mai pensato a guerre di conquista, ha solo
difeso fino all’ultimo respiro la terra Iapigia.
Ulivo secolare sulla statale Maglie-Otranto
Più di 8.300 alberi di olivo sono stati estirpati a causa dei lavori di
allargamento della ss
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Adriatica, sul
tratto
Maglie-Otranto.“
Nessun rispetto neanche per gli alberi secolari che ricadevano nella tratta
interessata dai lavori.
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Il Diavolo
Nel Salento molte località sono legate a leggende che hanno a che fare con il
demonio:
- le vore di Salve, sono secondo la tradizione, due grandi voragini create dal diavolo
in persona per frenare, e dunque domare, la fierezza che gli abitanti della cittadina di
Terra
d'Otranto
mettevano
nella
lotta
contro
il
turco
infedele.
Il demonio risiede inoltre nei luoghi - torri, pozzi, specchie, dolmen, masserie
abbandonate, ruderi di casali scomparsi - presso cui la fantasia popolare immagina
siano nascosti tesori meravigliosi. Egli è il padrone assoluto di quanto giace sepolto sottoterra.
Tradizioni plutoniche sono diffuse nell'intera Puglia. Non tutti i tesori nascosti sono custoditi dal
diavolo; per entrare in possesso di quelli da lui controllati intanto bisogna conoscerne la chiave, cioè
bisogna sapere che cosa fare per poter liberare l'acchiatura, poi bisogna avere la capacità di compiere
le azioni richieste. Esse sono di solito irrealizzabili, impossibili o disumane.
Germani reali in volo riserva Naturale «Le Cesine»- Otranto
La riserva naturale Le Cesine è collocata su una delle più importanti rotte
migratorie del Mediterraneo, essa ospita una variegata fauna stanziale e
migratoria. L'area è frequentata da numerose specie di uccelli, come germani
reali, codoni, fischioni, volpoche, smergi, morette, aironi (cenerino, rosso e bianco
maggiore), garzette, spatole, falchi di palude, sterne, tarabusini e cavalieri d'Italia.
Soldato messapico
I guerrieri messapi combatterono strenuamente e sterminarono l’esercito di
Tarentini e Reggini, impiegando proficuamente la loro cavalleria. Tra i Messapi e
Taranto la guerra fu lunga, tale scontro avrebbe favorito la conquista romana prima
della stessa Taranto e poi dell’intero Salento, nel 260 a.C.
Il gigante di Felline
Anche Il gigante di Felline è ammalato. Il batterio della Xylella non ha avuto rispetto
nemmeno di un ulivo ultramillenario - circa 1500 anni - e ha attaccato la sua linfa
vitale che nei secoli ha resistito a intemperie, malattie di ogni genere e ben altri
batteri. L’ecologista francese Bovè si è recato al capezzale della pianta per
eseguire un innesto di gemme di Leccino, esperimento che ha già dato buoni
risultati su altri alberi attaccati dal batterio-killer.
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Civetta
In Salento la civetta (Athena noctua) è un uccello molto comune che vive
volentieri nelle vicinanze degli abitati civili ma ama anche gli ambienti più
disparati, dalle vecchie querce in aperta campagna ai frutteti. Generalmente non
supera i 22 cm di lunghezza, con un’apertura alare di circa 50/60 cm.
E’ carina, con la testa appiattita e i dischi facciali abbastanza evidenti con il fondo
biancastro. Gli occhi gialli, le piume superiormente di colore bruno macchiato di
bianco, inferiormente di colore bianco a strie brune.
E’ un uccello allegro e spigliato anche di giorno, non teme l’uomo e non dorme
mai così profondamente da lasciarsi sorprendere, il minimo rumore la sveglia, e vede benissimo
anche di giorno. La civetta è carnivora, l’alba e il tramonto sono le sue ore preferite e si nutre di topi,
uccellini, rettili, anfibi, pipistrelli e grossi insetti.
Il loro verso è caratteristico e in dialetto salentino sono chiamate con un termine decisamente
onomatopeico: cucuvascio.
La tradizione popolare considera la civetta un animale che porta sfortuna, e molti si augurano che non
si metta a cantare sopra il proprio tetto. Nell’antica Grecia invece, la civetta era considerata sacra per
la dea Athena (da qui il nome del genere, quello della specie riporta il nome latino dell’uccello), dea
della sapienza ed ancora oggi è raffigurata in molti portafortuna.
Grotta del diavolo - Leuca
La grotta del diavolo è situata su Punta Ristola a circa 150 mt dalla grotta
Porcinara ed è accessibile sia dal mare che da terra attraverso un’apertura alta
circa 4 mt e larga 2. E’ stata chiamata così perché si diceva che si sentivano dei
cupi rimbombi che venivano attribuiti dalla fantasia popolare ai diavoli. Secondo la
tradizione vi risiede l'anima dannata del barone di Castro trasformato in terribile
demonio, da qui egli attirava con accorgimenti fascinosi i pescatori che si
avvicinavano a Punta Ristola per poi ucciderli orribilmente. Ricerche recenti hanno
riportato alla luce una serie di utensili e armi di selce o di ossa, ceramiche e larve di
molluschi risalenti al Neolitico.
Il laghetto verde - Otranto
Il laghetto, verde smeraldo, è il residuo di un giacimento di estrazione mineraria
della bauxite ormai dismesso. Dopo l’abbandono della cava, grazie alle
infiltrazioni d’acqua di una delle tante falde acquifere presenti nel territorio
carsico, si è man mano formato un laghetto la cui acqua ha assunto un colore
particolarmente intenso a causa della presenza di residui di Bauxite nella cava.
Tutto intorno il lago la terra, colorata dalla presenza dominante del minerale,
appare di un colore rosso intenso e mette ancora di più in risalto il verde brillante
delle acque stagnanti, nonché il colore intenso della vegetazione circostante.
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Papa Bonifacio IX (nato Pietro Tomacelli)
Secondo tradizione, non supportata da documentazioni certe, a Casaranello, nel
1354, Pietro nacque tra le braccia amorevoli di Niccolò Tomacelli e Gratimola
Filomarini. Tomacelli, fu nominato cardinale nel 1381 e successe a Urbano VI° l’
11 novembre 1389 col nome di Papa Bonifacio IX. Fu eletto da quattordici
cardinali creati dallo stesso Urbano VI, mentre ad Avignone regnava l'antipapa
Clemente VII. Per l'eccessiva intransigenza nella difesa dei suoi diritti ritardò la
soluzione dello Scisma d'Occidente (ad Avignone infatti, nel 1394, alla morte di
Clemente, fu eletto l'antipapa Benedetto XIII); per risanare le finanze pontificie
aumentò l'imposta delle “annate”. Durante il suo pontificato, a causa dei torbidi politici, fu costretto per
ben due volte, nel 1392 e nel 1398 ad abbandonare Roma ed a rifugiarsi a Perugia e ad Assisi. E già
alla sua elezione il papa di Avignone lo scomunicò e lui, papa di Roma, a sua volta, lanciò una
controscomunica. Uno stato di cose che rese difficile, se non impossibile la composizione dello
scisma. Tra le sue opere ricordiamo la costruzione di Castel S.Angelo, la fortificazione del
Campidoglio e la fondazione della Università di Ferrara e di Urfurt in Turingia.
La sua astuzia e tenacia gli consentirono di scalare rapidamente i ranghi della gerarchia ecclesiastica
fino al giorno in cui indossò il triregno, a soli 35 anni.
Pozzo
Il Salento è una terra da sempre caratterizzata dalla scarsità delle acque e dalla
dipendenza
idrica.
Il carsismo determina l'infiltrazione delle acque nel sottosuolo sino al loro
accumulo nella falda freatica. La superficie resta arida e diventa faticoso estrarre
la preziosa acqua dal sottosuolo.
Le falde acquifere sotterranee si alimentano dalle acque meteoriche che vengono
assorbite dal terreno su tutto il bacino prevalentemente nei mesi autunnali e
invernali.
La permeabilità dei terreni fa sì che la maggior parte delle precipitazioni piovose vengano assorbite,
ciò causa una totale assenza di corsi d'acqua in superficie. Le acque vanno ad alimentare la falda
profonda che nel territorio si trova ad una profondità che varia da un minimo di 74 metri ad un
massimo di 98 metri.
Gli abitanti del Salento hanno dovuto ricorrere a tutto il loro ingegno per creare sistemi di
approvvigionamento delle acque: sorgenti, pozzi, cisterne e gallerie sotterranee.
Dolmen Li Scusi (Minervino)
Sono monumenti megalitici e da oltre quattromila anni sono presenti in aree
geograficamente varie e molto lontane tra loro per cui è quasi impossibile trovare
criteri unitari di classificazione tipologica. Tra i motivi per cui i monumenti
megalitici affascinano c’è, probabilmente, anche la possibilità di interpretarli in
vario modo consentendo la formulazione di interpretazioni molto personali: da
quelle esoteriche a quelle extraterrestri, da quelle storico-archeologiche a quelle
astronomiche.
La letteratura archeologica inizia a registrare i monumenti megalitici in Puglia a
partire dal 1867 quando Luigi Maggiulli riconobbe come dolmen il monumento di Minervino di Lecce
(Domen Li Scusi o di Minervino) e di cui darà notizia Cosimo De Giorgi nel 1879. Il dolmen poggia su
un banco di roccia affiorante. Il lastrone di copertura di forma quadrangolare irregolare, spesso da 34
a 43 centimetri, è attraversato da un foro del diametro di circa 20 centimetri ed è sostenuto da otto
ortostati, uno monolitico e gli altri di pietre omogenee impilate. L’altezza è di m 1,10, la larghezza di m
3,80 e la profondità di m 2,45. I dolmen erano probabilmente celebri monumenti fatti di enormi massi
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sovrapporti a formare rudimentali templi, che introducevano alla tomba vera e propria scavata nel
sottosuolo, in cui guerrieri e nobili, sacerdoti e capi tribù venivano seppelliti. I menhir sono blocchi di
pietra verticali e monolitici, alti di solito non più di 5 metri. Già luoghi di culto furono utilizzati nelle
epoche successive, come punto di riferimento viario per i Romani e successivamente cristianizzati con
l’apposizione o l’incisione di croci. Nella penisola salentina, le “pietre lunghe” sono concentrate
nell'area tra Minervino, Giurdignano, Giuggianello, Martano e Otranto. Nel Salento si trovano un
centinaio di Menhir, i più belli a ZOLLINO e GIURDIGNANO con il suo “giardino megalitico d'Europa”
per la cospicua presenza di dolmen e menhir (più di 25 su un totale di 150 in Puglia). Il Menhir più alto
d’Italia è il San Totano (metri 5,20) a MARTANO.
Parco naturale regionale di Punta Pizzo - Gallipoli
Il parco naturale regionale “Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo” è stato
istituito con legge regionale n. 20 del 10 luglio 2006.
Il litorale di punta Pizzo comprende ambienti peculiari, che si armonizzano in un
interessante mosaico ambientale composto da macchia mediterranea, pseudosteppe mediterranee, ambienti umidi e acquitrinosi.
Questa estrema varietà di sistemi di ambienti si traduce nella presenza di diverse
specie di flora che vanno da quelle della macchia mediterranea alta e bassa
(corbezzolo, alaterno, erica arborea - ginestra spinosa, mirto, lentisco dafne,
asparago spinoso) a quelle della gariga (rosmarino, timo, lentisco, erica arborea, ginestra spinosa) alla
consistente vegetazione erbacea interna (orchidee, tra cui la rarissima orchidea italica, calendule,
cardo santo, pratoline ecc.).
Si segnala la presenza di due rarissime leguminose arbustive: l'Anthillis hermanniaie, di cui Punta
Pizzo rappresenta l'unica stazione della penisola salentina e l'Anagiride (Anagyris fetida).
Osservazioni recenti hanno rivelato la possibilità di nidificazione del Cavaliere d'Italia.
Zeus di Ugento
Lo Zeus di Ugento è una statua bronzea di fattura magnogreca rinvenuta a
Ugento nel 1961, nel corso dei lavori di ampliamento di una casa privata. La statua
misura 74 cm e poggia su un capitello dorico delle stesse dimensioni; rappresenta
Zeus colto nell'attimo in cui sta per scagliare un fulmine con la mano destra. Il dio
viene raffigurato completamente nudo ed è riconoscibile dai pochi resti di alcuni
attributi iconografici tipici del padre degli dèi: nella mano destra infatti permangono
tracce di un fulmine, mentre nella mano sinistra ci sono le zampe di un'aquila,
aquila andata persa. Zeus porta una corta barba e la sua acconciatura, così come
il copricapo di alloro di cui è adornato, sono elementi tipici di altre statue di epoca magnogreca
realizzate a Taranto in età Messapica tutte rifacentesi all'iconografia dello Zis Batàs, ossia lo Zeus
Saettante della cultura messapica. Il reperto è importante perché, allo stato attuale, è l'unico esempio
di statua bronzea realizzata con la tecnica della cera persa in area pugliese. La statua è rimasta nel
museo messapico di Taranto sino al 2002, ora si trova in quello di Ugento.
Orchidea selvatica - Riserva Naturale «Le Cesine»-Otranto
La zona umida delle Cesine si estende per 620 ettari ed è stata istituita nel 1977.
L'area, dal 1980 Riserva naturale di Popolamento animale, è gestita dal WWF. Si
tratta di una zona di grande bellezza e varietà, caratterizzata dalla presenza di una
ricca vegetazione e pur essendo prevalentemente una zona umida, comprende
una grande varietà di ambienti e di fasce di transizione: grandi estensioni di
canneti (tra la cannuccia di palude spiccano le note cromatiche dell'iris giallo e
delle orchidee color porpora), numerosi canali, tratti a palude, acquitrini e i due
stagni Pantano Grande e Salapi, separati dal mare da un cordone di dune
sabbiose colonizzate da ruchetta marina, salsola e soldanella di mare, ginepro fenicio, eringio
marittimo e giglio. Gli altri ambienti che caratterizzano la riserva sono la pineta, la macchia
mediterranea, la lecceta e i coltivi.
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Menhir di Giurdignano
Capanna messapica
Capanna costruita con pietre irregolari, mattoni crudi (argilla e paglia) e copertura
a rami intrecciati. Intorno al VII-VI sec. a.C. si passa a costruzioni con più ambienti,
in forma quadrangolare, con muretti a secco e mattoni e copertura a tegole. I più
cospicui ritrovamenti archeologici di periodo messapico relativi a insediamenti
abitati sono avvenuti nelle località di: Alytia (Alezio), Ozan (Ugento).
Masseria fortificata
A causa della sua conformazione geografica la penisola salentina è stata fatta
oggetto, sin dall’VIII sec. circa, di saccheggi e di incursioni piratesche che hanno
raggiunto una certa recrudescenza con la crisi e la successiva caduta dell’Impero
Bizantino (1453).
Nel corso del XVI sec., il piano di difesa del territorio voluto da Carlo V, ha portato
alla costruzione di strutture difensive sia lungo tutta la costa, sia nell’entroterra
mediante la realizzazione di torri e fortificazioni che interessa anche le masserie.
Le strutture preesistenti vengono rafforzate con la creazione di piani alti, feritoie,
caditoie, merlature e contrafforti per le mura.
Le strutture costruite ex novo presentano delle caratteristiche che sono rimaste immutate nel corso dei
secoli, tanto da giungere pressoché intatte fino ai nostri giorni; una torre troncoconica o
troncopiramidale, con merlature, ponti levatoi e caditoie aggettanti sugli ingressi, attorno alla quale si
organizza la vita della masseria.
Le murature dell’insieme si presentano poi ispessite e con feritoie. Queste efficaci strutture difensive
sono poi coadiuvate da drappelli di uomini a cavallo dislocati in alcuni fortilizi, pronti ad intervenire alle
prime avvisaglie di pericolo. Questo apparato militare e strategico e la sorveglianza costante delle
coste durante tutto l’arco della giornata, aiutano a comprendere la paura che il Gran Turco, rapitore di
giovani e distruttore delle messi, suscitava nelle genti salentine.
Antica moneta messapica
Moneta oritana del periodo romano. Su questa facciata e riportato un fulmine con
sopra la scritta "Orra", mentre al di sotto le lettere Or o TOR.Nei primi anni del V
secolo a.C. anche i Messapi, su imitazione delle colonie greche, incominciarono a
coniare le monete.
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Prigioni Castello Carlo V - Lecce
Il Castello Carlo V fu costruito a partire dal 1539, quando l’Imperatore, sopra la
precedente costruzione medievale, volle far erigere un grande baluardo sulla costa
adriatica dotato di tutte le nuove architetture medievali. I turchi, che si affacciavano
ormai sovente dal mare, avrebbero trovato oltre al castello di Acaya, questa nuova
fortezza, a cui lavorò lo stesso ingegnere militare: Giangiacomo dell’Acaya. Le
prigioni conservano ancora i graffiti lasciati dai prigionieri, centinaia di anni fa. Molti
di questi disegni, sono stemmi nobiliari. Chissà, forse fra queste mura ci fu anche
Giangiacomo dell’Acaya, dopo la triste disavventura che lo vide agli arresti, per
aver fatto da garante ad un debitore insolvente.
Torre di avvistamento (Litoranea tra Santa Cesarea Terme ed Otranto)Il
sistema difensivo prevedeva che da ogni torre si potesse vedere la successiva e
che si potesse diffondere l’allarme attraverso segnali di allarme sonori come il
corno e le campane, o segnali di allarme visivi come il fumo (di giorno) o il fuoco (di
notte). La maggior parte delle torri servivano per avvistare le navi nemiche, solo
alcune, sullo Jonio a nord di Gallipoli, hanno dimensioni maggiori perché utilizzate
come sede di comando, per stipare merci e radunare uomini. Notevoli i vantaggi di
cui godeva, in qualità "capitano di torre", colui che acquistava una torre o ne
costruiva una assumendone diritti ed obblighi. Tuttavia a causa dei problemi
economici, le torri avevano tempi di costruzione molto lunghi; spesso non veniva posta l'attenzione
dovuta nella fase della costruzione, ad esempio il capomastro utilizzava furbescamente l'acqua marina
per impastare la malta invece dell'acqua dolce e questo determinava una rapida erosione delle mura.
Sono generalmente a pianta quadrata o circolare; al piano terra vi era una cisterna per la raccolta
dell’acqua piovana dal terrazzo, su di essa gli ambienti abitabili, mentre sulla terrazza superiore si
poteva salire attraverso una scala spesso ricavata all’interno delle mura della torre.Alcune delle torri
sono oggi solo ruderi irriconoscibili, se ne contano poco più di 50, molte delle quali in stato di completo
abbandono.
Ricostruzione di una capanna messapica.
Fino all’VIII sec. a.C. le costruzioni a pianta circolare erano probabilmente
costituite da un basamento di pietre a secco, su cui poggiavano rami intrecciati
portanti con giunchi e canne provenienti dalle zone palustri.
Giardino botanico Parco «La Cutura» Maglie
il giardino botanico è un paradiso nato dalla pietra e dal materno amore
dell'uomo, qui regna un ordine mai artificiale, dove si può ascoltare il rumore
della campagna, dove si può sentire ancora il profumo delle stagioni... un'isola di
pietra ricca di flora, luogo di conoscenza e ricreazione, dove piacere e natura si
uniscono in un percorso di inestimabile bellezza.
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Cavaliere messapico
I Messapi erano abili domatori di cavalli. La cavalleria messapica era
celerissima negli spostamenti e dell’imbattibilità dei cavalieri messapici si
accorsero anche i romani allorchè li vollero al loro fianco nella seconda (326 –
304 a.C.) e terza (298 – 290 a.C) guerra sannitica. Nel Salento era diffusa una
specie autoctona di cavallo, l’Equus hidruntinus (cavallo idruntino, da Otranto).
La civiltà messapica era molto abile nell’arte equestre e ancora oggi una delle
più importanti città messapiche ricorda quel passato glorioso di guerrieri a
cavallo: Cavallino (alle porte di Lecce).
Muretto a secco
Uno dei paesaggi tipici delle campagne salentine è quello dei muretti a
secco che inframmezzano una proprietà con un’altra. Si tratta di costruzioni rurali
fatte con pietre. Anche le prime costruzioni ad essere realizzate nel Salento, in
tutta probabilità erano concepite con la tecnica dei muretti a secco. La loro
costruzione era compito dei contadini, i quali rompevano la roccia di cui il terreno
è ricco e la accumulavano ai lati dei campi. Inizialmente venivano semplicemente
ammonticchiati lungo il confine per delimitare le proprietà, poi nel tempo sono
diventati sempre più ordinati e snelli, andando a costituire i veri e propri “muretti
a secco”. A quel punto si incominciò a realizzarli anche per proteggere le coltivazioni dai pascoli e
nacque un vero e proprio “mestiere” tramandato da padre a figlio per la loro realizzazione, il cosiddetto
“paritaru”. Alcuni muretti sono antichissimi e risalenti al tempo dei Messapi, si riconoscono per essere
disposti con una struttura fatta di blocchi squadrati disposti orizzontalmente ed erano realizzati sia per
volere dei ricchi proprietari terrieri che dai contadini stessi per le piccole proprietà.
Parco Naturale Regionale “Bosco e Paludi di Rauccio”
Il bosco e la zona umida di Rauccio, dal nome della torre-masseria fortificata,
rappresenta una preziosa testimonianza della medioevale «Foresta di Lecce»
che alla fine del XIII secolo si estendeva fra la città e la costa, interessando il
litorale adriatico dal confine con la provincia di Brindisi fino ad Otranto.
Elementi caratterizzanti di tutta l’area sono alcune particolari manifestazioni
idriche affioranti rappresentate da pozze, polle e «ajsi» o «avisi» (cavità
naturali dall’aspetto di piccoli laghi in cui affiora l’acqua di falda) con una
complessa circolazione idrica sotterranea. L’area di Rauccio è costituita da uno
straordinario campionario di ambienti naturali e del paesaggio rurale tipici della
penisola salentina: bosco, macchia mediterranea, «gariga», aree palustri e
lacustri,
praterie
substeppiche,
pascoli,
rimboschimenti
a
pineta,
coltivi,
…
Nel sito di Rauccio si riscontra pertanto la presenza di diversi tipi vegetazionali, alcuni dei quali di
elevato interesse sotto il profilo della conservazione della biodiversità.
Non sono poche, infatti, le specie presenti nell’area che risultano incluse nel “Libro Rosso delle Piante
d’Italia” che riporta una serie di piante ritenute, a diverso titolo, a rischio di estinzione in Italia. Il sito è
frequentato da una ricca fauna, sono gli uccelli di passo, svernanti e stanziali a rappresentare la
maggiore ricchezza faunistica dell’area con specie tipiche di ambienti boschivi e di macchia. Non
mancano i rapaci sia diurni che notturni. Celebri sono state la presenza della farfalla monarca africana
(1988) e dei cigni reali (1994).
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Trozzella messapica
La trozzella è un tipico vaso della civiltà messapica. La parola trozzella è la
forma italianizzata della voce dialettale salentina tròzzula (dal latino trochlea =
carrucola), che significa rotella. La trozzella compare in Messapia intorno al VI
secolo a.C.: inizialmente è decorata con pittura monocroma in stile geometrico,
prima più rigido (meandri, scacchiere, zig-zag) e poi meno (cerchi, rosette,
stelle e volute).
Commento [D1]:
Elmo Messapico
I soldati messapi avevano un elmo a punta, indossavano una tunica di pelle
che lasciava libere le gambe e le braccia, ed ai piedi calzavano saldali di cuoio
annodati alle caviglie. I soldati si dividevano in due specialità: gli arcieri dotati
di arco disteso e una capiente faretra sul fianco ed i frombolieri con a tracolla
la bisaccia delle ghiande missili e la fionda in mano.
Faro di punta Palascia - Parco Naturale Regionale "Costa OtrantoS.Maria di Leuca e Bosco di Tricase”
Con la sua natura unica nella Regione Puglia di Parco costiero, esso
comprende un percorso affascinante e ricco di storia da Santa Maria di
Leuca, limite meridionale della penisola, al punto più orientale d’Italia: il faro di
Punta Palascia ad Otranto, punto di separazione tra il Mar Ionio e il Mar
Adriatico. Il luogo è anche sede della stazione meteorologica di Otranto-Punta
Palascia. L’area del parco racchiude un patrimonio architettonico, culturale e
ambientale di grandissimo pregio: la sua struttura geologica regala, infatti,
oltre a paesaggi mozzafiato, caratterizzati dalla presenza di falesie e prati
aridi, sorprendenti testimonianze di un passato che si perde nella preistoria. I percorsi di
attraversamento a servizio dei visitatori sono numerosi e differenziati: la strada litoranea che si snoda
a strapiombo su un mare azzurrissimo lungo tutta la fascia costiera, i tipici sentieri delimitati dai muretti
a secco, le “vie del sale”, e i suggestivi canaloni trasversali alla linea di costa. In tale area l’habitat
rupestre si presenta particolarmente esteso con un’incredibile concentrazione di endemismi botanici di
rara bellezza. Agli amanti della fauna il Parco consente l’osservazione di splendide specie rapaci,
quali il gheppio, la Poiana, il Falco pellegrino. Di particolare importanza è poi la fauna “nascosta”,
delicato ecosistema che invita al massimo rispetto: molteplici le specie di chirotteri e le rarissime
presenze di fauna acquatica negli ambienti bui e più interni delle principali grotte sommerse e
semisommerse del Parco.
10
Commento [D2]:
Commento [D3]:
Soldato turco
La battaglia di Otranto è il nome con cui è conosciuto il combattimento
nell'omonima città salentina del 1480, quando un esercito ottomano, in realtà
diretto a Brindisi, ma dirottato più a sud da un forte vento di tramontana attaccò la
cittadina allora appartenente agli Aragonesi. Il luogo dello sbarco avvenne su una
spiaggia a nord di Otranto che prese il nome proprio da quest'avvenimento
tutt'oggi chiamata baia dei turchi.
La città fu posta sotto assedio per circa due settimane e i suoi abitanti si
rifugiarono all'interno delle mura resistendo e respingendo con vigore le offese.
Una volta, però, che i turchi riuscirono ad aprire una breccia, gli otrantini (per la maggior parte
disarmati) non riuscirono a contenere la furia degli invasori soccombendo sotto i colpi di scimitarra. I
bambini più fortunati furono presi e portati in Turchia per fare da schiavi, altri furono violentati e uccisi
con le donne, altri ancora dovettero subire tremende mutilazioni.
Al termine della battaglia, il 14 agosto 1480, furono decapitati sul colle della Minerva 800 otrantini che
si erano rifiutati di rinnegare la religione cristiana: sono ricordati come i Santi Martiri di Otranto, le cui
reliquie sono custodite nella cattedrale del paese.
In seguito alla battaglia e all'invasione degli ottomani, andò distrutto il monastero di San Nicola di
Casole, che ospitava allora una delle biblioteche più ricche d'Europa.
Chiesa “Santa Maria della Croce”
L'antichissima chiesa di Santa Maria della Croce, originaria del V secolo ma
ampliata e rimaneggiata nei secoli XIII, XIV e XVIII, custodisce mosaici
paleocristiani (V secolo) che ricoprono la cupola e la volta del presbiterio; lungo
le pareti e sulla volta della navata centrale sono venuti alla luce affreschi con
episodi del Nuovo Testamento (Il bacio di Giuda e l'Ultima cena) e Scene delle
vite delle Ss. Caterina e Margherita, dipinti nel XIII secolo.
Torre di avvistamento - Torre Vado (Morciano di Leuca)
Grotta delle tre porte - Leuca
La Grotta delle tre Porte è costituita da tre grandi aperture che lasciano
intravedere un’immensa cavità. Sulla parete nord del vano interno alla grotta
c’è un cunicolo che termina dopo circa 30 mt in un’ampia camera con
stalattiti e stalagmiti. In essa chiamata la Grotta del Bambino, fu ritrovato un
molare superiore sinistro di un bambino di circa 10 anni risalente all’età
neandertaliana. Nel cunicolo invece sono stati ritrovati resti di rinoceronte, di
elefante antico e di cervo.
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La tentazione di Eva- Chiesa Santa Caterina - Galatina
La basilica di Santa Caterina fu realizzata tra il 1369 e il 1391, per volontà
di Raimondello Orsini del Balzo. Questi, in uno dei suoi numerosi viaggi, di ritorno
dalle crociate, si spinse sino alla sommità del Monte Sinai per rendere omaggio al
corpo di Santa Caterina; secondo la leggenda, nel ripartire, baciò la mano della
santa, strappandole il dito con i denti. Tornato in Italia portò con sé la reliquia che,
incastonata in un reliquiario d'argento, tuttora si conserva nel tesoro della chiesa.
L'edificio, alla morte di Raimondello avvenuta nel 1405, sarà completato dalla
moglie, la principessa Maria d'Enghien, e poi dal figlio, Giovanni Antonio Orsini Del
Balzo. Colpisce all'interno della chiesa la straordinaria ricchezza dell'apparato decorativo, che dispone
lungo le pareti, nei sottarchi e sulle volte importanti cicli pittorici, senza eguali in tutta la regione.
Probabilmente opera di anonimi artisti provenienti dall'Italia centrale, seguaci della scuola giottesca
mediata però da influenze napoletane, i preziosi affreschi, divisi in ben 150 scene, vennero eseguiti
nella prima metà del XV secolo.
Foresta di coralli bianchi
A milleduecento metri di profondità, al largo di Santa Maria di Leuca, c' è un
tesoro che ora l' Europa vuole studiare. Venti chilometri quadrati di coralli
bianchi che le associazioni ambientaliste come il Wwf e gli stessi ricercatori
chiedono di trasformare in un sito d' importanza comunitaria, un'area protetta
sottomarina. A scoprirli, catturandone le immagini attraverso telecamere
filoguidate, è stata un' équipe di studiosi di quattro università (Milano-Bicocca,
Bari, Napoli-Parthenope e Catania), del Cnr di Bologna e dell' Istituto nazionale
di geofisica e vulcanologia. Una nave francese, la "Pourquoi pas", approfondirà
le ricerche per datare i coralli e studiare i mutamenti climatici nel Mediterraneo. Una cordata di
ricercatori di tutt' Europa, inoltre, ha presentato un progetto per studiare le formazioni coralline come
nursery di pesci e crostacei.
Parco naturale regionale - Litorale di Ugento
L’immediato entroterra della costa ugentina presenta, oltre a un rilevantissimo
percorso storico, anche un’ampia ed altrettanto importante fascia naturale ben
preservata fatta di ambienti paludosi e macchia mediterranea. Tale fascia
ricomprende 1600 ettari di terreno tra Torre San Giovanni e Lido Marini ed è
protetta grazie all’istituzione nel 2007 del Parco Naturale Regionale “Litorale
di Ugento” volto a salvaguardare questo importante patrimonio di flora, fauna e
paesaggio. A livello morfologico il parco può essere suddiviso in tre aree :
- i boschi di pino d’Aleppo tra cui si ritrovano piante della macchia
mediterranea come il mirto e la ginestra spinosa. La strada percorribile è selciata da ciottoli e porta
poi verso un luogo ricco di strapiombi colmi di vegetazione : si tratta di canali di origine carsica detti
gravinelle che si sono formati nei secoli con l’erosione da pioggia della roccia calcarea. Ad occhio
questi strapiombi non sembrano essere particolarmente profondi, ma ciò è dovuto solo alla presenza
all’interno di grandi alberi di leccio che li fanno sembrare più bassi, mentre in realtà possono
spingersi anche fino a quaranta metri.
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- la zona umida, dove si trova lo stagno di Rottacapozza popolato da molti animaletti come folaghe
e libellule che svolazzano in ampi canneti cresciuti tutto attorno ad esso. Da uno dei due capanni
realizzati si può tentare l’osservazione per scorgere gli uccelli che vi nidificano come i celebri aironi
rossi o l’airone cenerino.
- una folta pineta che porta fino alla costa realizzata durante il Settecento grazie al lavoro dei monaci
di Gallipoli che li piantarono prima delle dune per limitare l’erosione e rinvigorire il terreno. Qui si
cammina su un percorso in in cui man mano si nota l’insinuarsi sempre più consistente della sabbia
fino a raggiungere il mare. In questo tratto di mare, nell’acqua, vi sono numerose piante di
posidonia oceanica, rimosse fino al Duemila perché “antiestetiche” verso i turisti ma che sono in
realtà fondamentali per limitare il riflusso del mare ed evitare l’erosione dell’arenile e delle dune.
Torre di avvistamento - Torre del Fiume di Galatena (o delle 4 colonne)
(Nardò)
Neviera salentina
Neviera: la ghiacciaia dell’antichità. Le neviere, in un’epoca in cui non
esistevano ancora macchine per la refrigerazione, introdotte nei primi decenni
del ‘900, rappresentavano l’unica possibilità, di avere a disposizione riserve di
ghiaccio per un uso differenziato: dal poter refrigerare e quindi conservare più a
lungo cibi deperibili alla sorbetteria farmacopea. Le neviere hanno assunto varie
forme e tipologie in funzione della zona geografica in cui venivano costruite. Nel
centro sud si sviluppavano solitamente su due piani, erano formate da una
cisterna scavata nella roccia ad una profondità di circa 5 - 6 metri; avevano
pianta rettangolare o quadrata e dimensione sino a 10 metri di lato.
Al di sopra della cisterna vi era un vano adibito a pagliaio e alla lavorazione del ghiaccio.
Le neviere erano costruite con particolari accorgimenti atti a conservare la neve ghiacciata anche
durante il periodo estivo e a ritardarne il più possibile la liquefazione. Ad es. il loro ingresso era,
generalmente rivolto a Nord, per ridurre l’azione dell’irraggiamento solare. Le neviere, diffuse in tutta
la Puglia, dal Gargano al Salento, erano particolarmente numerose nelle campagne di Altamura e
Locorotondo (BA) e a Martina Franca e Manduria (TA). Esse hanno svolto la loro funzione sino ai
primi anni del ‘900. Il declino dell’uso delle neviere nella nostra regione coincide con l’entrata in
attività, a Lecce, del primo impianto pugliese per la produzione del ghiaccio artificiale.
Trozzella messapica
I messapi non amavano rappresentare la figura umana, le decorazioni delle
trozzelle sono, infatti, prevalentemente a carattere geometrico o naturalistico.
Sono raffigurate fasce lineari o tondeggianti, simboli come raggiere, tratteggi,
punti, cerchi, croci uncinate. I colori usati sono il bruno-nerastro e il rosso e il
nero sul fondo dell’argilla.
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Regolamento del gioco
1. Inizia il gioco il giocatore con la più giovane età.
2. Si procederà poi in senso orario. Il prescelto lancia i dadi e
muove la propria pedina di un numero di caselle pari alla somma
uscita dai dadi.
3. Caselle con le civette
Il giocatore che arriva su di esse può spostarsi ancora in avanti
di un numero di caselle pari a quelle ottenute con il lancio dei
dadi.
4.Caselle con le grotte marine
ci si ferma per un turno
5. Caselle con la masseria fortificata o con le torri di
avvistamento: si sta fermi 3 turni.
6.Caselle con Il pozzo e la prigione:
si rimane bloccati finchè non arriva un’altra pedina che
prenderà il nostro posto.
7.Caselle con Il giardino: si torna alla casella 13
8.Caselle con Il diavolo
si retrocede alla casella 1.
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