Le discriminazioni

Art. 3 TUE: la lotta alle discriminazioni è uno
dei principali obiettivi dell’Unione

Artt. 20-23 Carta dei diritti fondamentali U.E.

Art. 10 TFUE

Art. 19 TFUE (ex 13 Trattato di Amsterdam)

Art. 157 TFUE
Le principali norme
antidiscriminatorie nel diritto
primario dell’U.E.
Ogni Stato membro assicura (…)
l’applicazione del principio di parità delle
retribuzioni fra i lavoratori di sesso
maschile e quelli di sesso femminile
Art. 119 Trattato di Roma
(attuale 157 TFUE)
Ha ricondotto i contributi ai fondi di
previdenza complementare all’art. 157
TFUE
Successiva approvazione della dir. 86/378
sul principio di parità di trattamento nei
regimi professionali di sicurezza sociale
(v. ora art. 1, § 2, lett. c, dir. 2006/54)
Sentenza Bilka (1986)
 Le
direttive degli anni ’70
 La
direttiva di rifusione 2006/54/CE
(dir. 75/117
sulla parità retributiva; 76/207 sulla parità
nell’accesso, la formazione e le condizioni di
lavoro; 79/7/sulla parità in materia di sicurezza
sociale; 97/80 sull’onere della prova)
(dopo la dir. 2002/73/CE) ha abrogato le
precedenti direttive: 75/117, 76/207, 97/80
L’evoluzione del diritto secondario
sulle discriminazioni di genere

discriminazione diretta: «situazione nella quale una persona è
trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra
persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga»

cd. nozione di discriminazione diretta “di nuova generazione”,
contraddistinta dal carattere anche soltanto virtuale della
comparazione; si fa riferimento ad un trattamento meramente
ipotetico (quello col quale comparare il trattamento praticato): un
trattamento che non c'è ma che, tuttavia, potrebbe darsi ove il
normo-tipo, il modello di lavoratore standard, si materializzasse in
carne e ossa entro il perimetro aziendale.

Questa nozione non è stata, almeno espressamente, recepita nel
nostro ordinamento (con il d. lgs. 145/05 transitato poi nel codice
p.o.: d. lgs. 198/06), mentre lo è stata con riferimento alle “nuove”
discriminazioni: razza, età, handicap etc., contemplate dai due d. lgs.
– 215 e 216 - del 2003.
Discriminazioni dirette e indirette:
definizioni
discriminazione indiretta: situazione nella
quale una disposizione, un criterio o una
prassi apparentemente neutri possono
mettere in una situazione di particolare
svantaggio le persone di un determinato
sesso, rispetto a persone dell’altro sesso,
a meno che detta disposizione, criterio o
prassi siano oggettivamente giustificati da
una finalità legittima e i mezzi impiegati
per il suo conseguimento siano appropriati
e necessari
Discriminazioni dirette e indirette:
definizioni
La “giurisprudenza obliqua” della
CGUE:
la Corte ha dato avvio a una lunga stagione di
tutela antidiscriminatoria dei lavoratori flessibili
che per lungo tempo sono stati tutelati non tanto
per il fatto di essere stati assunti con forme
contrattuali flessibili, quanto per loro determinate
caratteristiche «soggettive», quali l'appartenenza
ad un sesso sotto-rappresentato
(esempio: caso Jenkins 1981)
Discriminazioni indirette e lavoro
part-time
IL FATTO DI CORRISPONDERE PER IL LAVORO PAGATO A TEMPO UNA
RETRIBUZIONE ORARIA DIVERSA A SECONDA DEL NUMERO DI ORE LAVORATIVE
SETTIMANALI NON STRIDE CON IL PRINCIPIO DELLA PARITA DI RETRIBUZIONE
SANCITO DALL ' ART . 119 DEL TRATTATO , SEMPRECHE LA DIFFERENZA DI
RETRIBUZIONE FRA IL LAVORO AD ORARIO RIDOTTO E IL LAVORO A TEMPO
PIENO SIA DOVUTA A FATTORI OBIETTIVAMENTE GIUSTIFICATI ED ESTRANEI A
QUALSIASI DISCRIMINAZIONE A MOTIVO DEL SESSO .
SPETTA AL GIUDICE NAZIONALE VALUTARE DI VOLTA IN VOLTA SE , TENUTO CONTO
DELLE CIRCOSTANZE DI FATTO , DEI PRECEDENTI E DELLE RAGIONI ADDOTTE
DAL DATORE DI LAVORO , UNA PRASSI RETRIBUTIVA , BENCHE PRESENTATA
COME UNA DIFFERENZIAZIONE BASATA SULL ' ORARIO SETTIMANALE ,
COSTITUISCA IN REALTA UNA DISCRIMINAZIONE A MOTIVO DEL SESSO DEI
LAVORATORI .
DI CONSEGUENZA , LA DIFFERENZA DI RETRIBUZIONE FRA LAVORATORI A TEMPO
PIENO E LAVORATORI AD ORARIO RIDOTTO COSTITUISCE UNA
DISCRIMINAZIONE VIETATA DALL ' ART . 119 DEL TRATTATO SOLO SE SI TRATTA
IN REALTA DI UN MEZZO INDIRETTO PER RIDURRE IL LIVELLO DI RETRIBUZIONE
DEI LAVORATORI AD ORARIO RIDOTTO IN RAGIONE DEL FATTO CHE QUESTO
GRUPPO DI DIPENDENTI E COMPOSTO , ESCLUSIVAMENTE O PREVALENTEMENTE,
DI PERSONE DI SESSO FEMMINILE .
Sent. Jenkins 31 MARZO 1981
Art. 14
• l’accesso al lavoro
• la formazione, il perfezionamento e la
riqualificazione professionale
• le condizioni di lavoro
riguarda:
il divieto di discriminazione
Discriminatori per ragioni di genere:
• il licenziamento della lavoratrice in gravidanza
• il collocamento a riposo della lavoratrice per raggiunta età diversa da quella prevista
per i lavoratori maschi (Marshall 1986)
•
•la previsione di incentivi all’esodo per lavoratori e lavoratrici al raggiungimento di età
differenti (inferiori per le donne)(Vergani 2005)
• la previsione di un premio di presenza dal quale rimanevano esclusi coloro che
avevano fruito di un congedo parentale (Lewen 1999)
•
•Trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla
gravidanza o al congedo per maternità, consistente nella limitazione dei mezzi di
ricorso a disposizione delle donne licenziate durante la gravidanza (Virgin Pontin 2009)
• la mancata assunzione di una lavoratrice per ragioni di gravidanza (rappresenta una
discriminazione a prescindere dalla circostanza che al suo posto sia scelto un uomo:
Dekker 1990)
Giurisprudenza CGUE sulle
“condizioni di lavoro”
nelle discriminazioni di genere
l’imputazione della responsabilità
prescinde dalla colpa; è dunque
irrilevante, nell’indagine
giudiziaria, il sindacato
sull’intenzionalità
diposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti “apparentemente
neutri” tali possono apparire anche all’autore della discriminazione, il
quale – pur applicando criteri di valutazione assolutamente conformi
all’ordinaria diligenza – ben potrebbe non rendersi conto degli effetti
discriminatori del criterio prescelto, magari perché ciò richiederebbe
conoscenze statistiche che appunto esulano dalla ordinaria diligenza
Dekker 1990
L’art. 2 della dir. 76/207/CEE deve essere interpretato nel senso
che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella
introdotta dall’art. L. 337 1 del code du travail, specificamente
adottata ai fini della protezione prevista all’art. 10 della direttiva
92/85 in caso di licenziamento delle lavoratrici gestanti, puerpere o
in periodo di allattamento, che priva la lavoratrice subordinata
gestante che è stata oggetto di una misura di licenziamento durante
la gravidanza di un’azione giurisdizionale di risarcimento dei danni
mentre quest’ultima può essere esercitata da qualsiasi altro
lavoratore subordinato licenziato, qualora una tale limitazione dei
mezzi di ricorso costituisce un trattamento meno favorevole
riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza.
Virgin Pontin 2009
• Stoeckel (1976): L' art. 5 della direttiva 76/207, relativa all' attuazione
del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per
quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione
professionali e le condizioni di lavoro, è sufficientemente preciso per
creare a carico degli Stati membri l' obbligo di non stabilire come
principio legislativo il divieto del lavoro notturno delle donne, anche se
quest' obbligo comporta deroghe, mentre non vige alcun divieto del
lavoro notturno per gli uomini.
• Minne (1994): L' art. 5 della direttiva 76/207 osta a che uno Stato
membro il quale vieta il lavoro notturno sia per gli uomini sia per le
donne mantenga in vigore regimi derogatori differenziati, che si
distinguono fra loro principalmente per il procedimento di adozione delle
deroghe e per la durata del lavoro notturno autorizzato, qualora tale
differenza non sia giustificata dalla necessità di garantire la protezione
della donna, segnatamente per quanto riguarda la gravidanza e la
maternità.
Rientra fra le “condizioni di
lavoro” anche lo svolgimento di
lavoro notturno
Direttive 2000/43 e 2000/78
Base giuridica: art. 19, § 1, TFUE
(unanimità)
Direttive 2000/43 e 2000/78
Diverso campo di applicazione:
più ampio nel caso della Dir.
2000/43 (cfr. art. 3, § 3, lett. e, f,
g, h)
La Dir. 2000/78 concerne,
invece, solo “l’occupazione e le
condizioni di lavoro”
•
Espansione del principio di parità di trattamento oltre
i fattori della nazionalità e del genere
• Tassatività dell’elencazione (CGUE 11 7 2006)…
…tuttavia
Il divieto di discriminazioni e molestie basato sulla disabilità tutela
non solo i lavoratori disabili ma anche quelli penalizzati a causa
della disabilità del figlio al quale prestano le proprie cure
(CGUE 17 7 2008, Coleman)
La difficile
espansione, in via
interpretativa e
applicativa, del
principio di non
discriminazione in
base al genere
La giurisprudenza della CGUE sui
transessuali (casi: P. 30 4 1996 - licenz. di un
transessuale per motivi connessi al suo mutamento di sesso;
Grant 17 2 1998 – diniego di concessione di uno sconto sul
prezzo dei trasporti a favore della persona, dello stesso sesso,
con cui il lavoratore aveva una relazione stabile)
• Nozioni di discriminazioni diretta e
indiretta
• Molestie
•Legittimità delle azioni positive
(art. 5 Dir. 2000/43 e art. 7 Dir. 2000/78)
•Disposizioni specifiche per i disabili
(artt. 7,
§ 2 e 5)
• Principio della parziale inversione
dell’onere della prova
• Previsione di adeguato ed apposito
apparato istituzionale (solo Dir. 2000/43)
• Esimenti o giustificazioni
(art. 4 Dir. 2000/43 e 2000/78)
il legislatore dell’U.E., solo per la
discriminazione legata all’età, ha introdotto
una clausola generale di giustificazione delle
discriminazioni dirette
L’ambito di legittimità è molto ampio
art. 6, n. 1, Dir. 2000/78:
giustificazione delle disparità di
trattamento collegate all’età
Il bilanciamento tra principio di non discriminazione per età
e legittime finalità di politica sociale nella giurisprudenza
della Corte di Giustizia:
Mangold 2005
Palacios de la Villa 2007 (la disposizione oggetto di controversia
consentiva l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro al
raggiungimento di una data età e di una pensione minima)
Wolf 2010 (fissazione di limiti massimi di età per l’assunzione nel
servizio tecnico di medio livello dei vigili del fuoco)
Petersen 2010 (limite di 68 anni quale età massima per l’esercizio
della professione di dentista convenzionato)
Kücükdeveci 2010 (disposizione che stabiliva un’età minima per il
computo dei periodi di lavoro rilevanti ai fini del calcolo dei termini di
preavviso di licenziamento).
V. Papa, Il fattore new-comer di discriminazione e il
suo contemperamento con le politiche sociali
nazionali. A proposito di tre recenti sentenze della
Corte di Giustizia
WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" .INT - 85/2010
Lettura consigliata:
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Dir lav UE 2010 11 (6) Discriminazioni