Decreto 155/2007 Registro e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni la G.U. n. 217 del 18 settembre 2007 ha pubblicato il D.Lgs. 155/07, che "Istituisce il Regolamento attuativo dell'articolo 70, comma 9, del D.Lgs. 626/94. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro ad agenti cancerogeni". Il D.Lgs. 155/07: - entrerà in vigore il 03 ottobre 2007 - tuttavia i registri e le cartelle sanitarie e di rischio (v. artt. 2 e 3), devono essere istituiti entro il 3 aprile 2008, cioè entro 6 mesi (v. comma 3, art. 11). SINTESI DEL D.LGS. 155/07 Art. 1. Ambito, finalita' e campo di applicazione 1. Il regolamento si applica ai settori di attivita' pubblici o privati rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni. 2. I dati relativi agli accertamenti sanitari e la conseguente registrazione degli stessi nelle cartelle sanitarie o nel registro di cui ai successivi articoli possono essere trattati esclusivamente per le finalita' di igiene e sicurezza del lavoro. Art. 2. Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni 1. Il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e' istituito dal datore di lavoro, conformemente al modello di cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente regolamento e compilato sulla base della valutazione di cui all'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994. 2. Il registro di cui al comma 1 e' costituito da fogli legati e numerati progressivamente. 3. Il datore di lavoro invia in busta chiusa, siglata dal medico competente, la copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) e all'organo di vigilanza competente per territorio entro trenta giorni dalla sua istituzione. Art. 3. Cartella sanitaria e di rischio 1. Le cartelle sanitarie e di rischio, di cui agli articoli 17 e 70 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 sono compilate in conformita' al modello di cui all'allegato 2 che costituisce parte integrante del presente regolamento. 2. I documenti di cui al comma 1 sono costituiti da fogli legati e numerati progressivamente. 3. E' consentita l'adozione di cartelle sanitarie e di rischio diverse dal modello di cui all'allegato 2, sempre che vi siano comunque inclusi i dati e le notizie indicati nell'allegato stesso. 4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, le cartelle sanitarie di cui al comma 1 possono essere utilizzate anche per la sorveglianza sanitaria prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 5. Nel caso di lavoratori esposti contemporaneamente a radiazioni ionizzanti e ad agenti cancerogeni per i quali e' istituito il documento sanitario personale ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, il predetto documento va integrato con le informazioni previste nel modello di cui all'allegato 2. Art. da 4 a 10: omissis Art. 11. - Norme finali e transitorie commi 1. e 2. (omissis) 3. I registri e le cartelle sanitarie e di rischio di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto, devono essere istituiti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.. Nota La nuova disposizione trae origine dall'articolo 59 e segg. del D.Lgs. 626/94. I lavoratori per i quali la valutazione del rischio abbia evidenziato tale rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. L'Art. 70 prevede che i lavoratori esposti siano iscritti in un registro nel quale è riportata per ciascuno di essi: - l'attività svolta - l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato - ed, eventualmente, il valore di tale esposizione. Tale registro è istituito è aggiornato dal datore di lavoro, tramite il medico competente. E’ fatto obbligo, in capo al medico, per ciascuno di tali lavoratori, di provvedere a istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso l’azienda o l’ unità produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro. Lo stesso art. 70, al c. 9, stabilisce che i modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio siano determinati con decreto del Ministro della salute. Il registro costituito da fogli legati e numerati progressivamente, è istituito direttamente dal datore di lavoro e non è soggetto, pertanto, ad alcuna registrazione o vidimazione preventiva. Copia del registro, siglato dal medico competente, dovrà essere inviato in busta chiusa all'ISPESL e all'organo di vigilanza competente per territorio, entro 30 giorni dalla sua istituzione Con le stesse modalità saranno inviate eventuali variazioni inerenti i dati individuali dei lavoratori. Le cartelle sanitarie e di rischio sono compilate in conformità al modello di cui all’allegato 2 del decreto ministeriale e sono istituite dal medico competente. Le cartelle sanitarie andranno istituite per ogni lavoratore da sottoporre a sorveglianza e compilate con le informazioni indicate nell'allegato. Fermo restando che su ciascuna cartella il medico competente dovrà apporre la propria sottoscrizione sulla prima pagina, la cartella potrà essere diversa dal modello standard, sempre che vi siano riportati i dati indicati nell'allegato. Gli accertamenti integrativi indicati nella cartella sanitaria e di rischio, vistati e numerati dal medico, devono essere allegati alla cartella stessa. La conservazione dei dati sanitari raccolti deve essere assicurata per 40 anni dalla cessazione del lavoro comportante esposizione ad agenti cancerogeni. In caso di cessazione del rapporto di lavoro o di passaggio ad altra azienda, i dati del singolo lavoratore riportati nel registro e la cartella sanitaria e di rischio sono inviati all’organo di vigilanza competente e all'ISPESL. In caso di cessazione dell'attività dell'azienda , di trasferimento o conferimento di attività, i registri e le cartelle sanitarie e di rischio sono trasmessi all’ ISPESL. La valutazione del rischio da cancerogeni si può riassumere schematicamente in: individuazione delle sostanze cancerogene individuazione degli esposti e delle vie di esposizione misura dell’esposizione confronto con il valore limite (qualora esistente) confronto con i valori di riferimento giudizio di accettabilità Il D.L.vo 66/2000 ha modificato radicalmente il titolo VII del D.L.vo 626/94 mutandone anche il titolo che da "Protezione da agenti cancerogeni" diviene "Protezione da agenti cancerogeni e mutageni". In particolare il decreto ha introdotto le parole "e mutageni" ogni qualvolta nel titolo VII si parlava di "cancerogeni" e poi ha variato molti articoli inserendo concetti nuovi rispetto al passato. Art. 61 (Definizioni) 1. Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285 (normalmente lo 0.1%) Art. 61 (Definizioni) 1. Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: 3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII Categorie di sostanze cancerogene e relative frasi di rischio Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le sostanze cancerogene sono suddivise in tre categorie: • Categoria 1:sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione e lo sviluppo della neoplasia. Simbolo:molto tossico (T+) Frasi di rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può provocare il cancro per inalazione) • Categoria 2: sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione possa determinare l’insorgere della neoplasia in generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali-altre informazioni specifiche. Simbolo:tossico (T) Frasi di rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può provocare il cancro per inalazione) – Categoria 3:sostanze da considerarsi con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo. Le informazioni disponibili non sono sufficienti per stabilire la correlazione diretta tra esposizione e comparsa della neoplasia. Simbolo:nocivo Xn Frasi di rischio:R68 (possibilità di effetti cancerogeni-prove insufficienti) Una sostanza viene inserita nelle categoria 1 di cancerogenicità in base ai dati epidemiologici. La collocazione nella categoria 2 si basa fondamentalmente su esperimenti sugli animali e su dati sulla genotossicità, studi metabolici o biochimici, induzione di tumori benigni, analogia strutturale con altre sostanze cancerogene note e studi epidemiologici. Categorie di sostanze mutagene e relative frasi di rischio Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le sostanze mutageneche hanno rilevanza ai fini della legislazione attuale sono divise in due categorie: Categoria 1:sostanze note per gli effetti mutageni sull’uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione e lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie Simbolo:molto tossico (T+)Frasi di rischio:R46 (può provocare alterazioni genetiche ereditarie) Categoria 2: sostanze chedovrebbero considerarsi mutageneper l’uomo.Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione possa provocare lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie, in generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali-altre informazioni specifiche.Simbolo:tossico (T)Frasi di rischio:R46 (puòprovocare alterazioni genetiche ereditarie) Un preparato, come previsto dal D. Lgs. 285/98, è considerato cancerogenoe/o mutageno quando contiene almeno una sostanza cancerogena e/o mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%, salvo limiti diversi e specifici di cancerogenicità riportati nella scheda delle singole sostanze nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e succ. mod.Le frasi di rischio associate sono: • R45(può provocare il cancro) • R49(può provocare il cancro per inalazione) • R46(può provocare alterazioni genetiche ereditarie) Categorie di sostanze cancerogenee mutagenee relative frasi di rischio • Responsabili delle informazioni contenute nell’etichetta e nella scheda di sicurezza dei prodotti chimici sono i responsabili dell’immissione sul mercato (fabbricante, importatore, distributore o fornitore) che devono essere in grado di stabilire se una sostanza o un preparato èclassificato cancerogeno e/o mutageno; gli stessi hanno l’obbligo di diffondere nella maniera piùchiara possibile tale informazione. Art. 72 (Adeguamenti normativi) 1. La Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi Art. 72 (Adeguamenti normativi) 2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale: a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni; b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1 Allegato VIII - ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI 1. Produzione di auramina col metodo Michler. 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro (1). (1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana "Wood Dust and Formaldehyde" pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul cancro, Lione 1995 Sono escluse dal D. Lgs. 626, o meglio sono normate separatamente, alcune sostanze cancerogene che erano, già prima del decreto, sottoposte a particolari normative e precisamente: ¤ Benzene (Legge n. 245/63) ¤ CVM - Cloruro di vinile monomero (D.P.R. 962/82) ¤ Amianto (D.Lgs. 25/7/2006, n. 257) ¤ 2-Naftilammina e suoi sali, 4-Amminobifenile e suoi sali, Benzidina e suoi sali, 4-Nitrobifenile (D. Lgs. 77/92 e per le ammine aromatiche in generale le circolari del Ministero del Lavoro 46/79 e 61/81) ¤ Le radiazioni ionizzanti Mentre il D.L.vo 626/94 definiva con chiarezza come cancerogene le sostanze che avevano frase di rischio R45 e R49 secondo l'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE o quelle di cui all'allegato VIII del decreto, il D.L.vo 66/2000 individua i cancerogeni in base alla rispondenza "ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie cancerogene l o 2" (Art. 61), anche se all'art. 72 comma 2b si dice che la Commissione consultiva tossicologica nazionale (CCTN) pubblicherà un "elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1". E' però ovvio che l'elenco della CCTN non esaurisce quanto previsto dall'Art. 61, anche perché allo stato attuale non esiste. In conclusione per l'individuazione delle sostanze cancerogene non esiste un metodo univoco, ci sembra però ragionevole affermare che nei casi incerti si possa anche ricorrere alla classificazione data dai produttori (che sono obbligati a classificare la sostanza con la frase di rischio opportuna, indipendentemente dal fatto che l'Unione Europea la abbia o meno inserita nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE). Di conseguenza una sostanza è da considerarsi cancerogena se: a) compare nella lista di cui all'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE con la frase di rischio R45, R49 oppure R46; b) è una delle sostanze o delle lavorazioni di cui all'allegato VIII del D.L.vo 626/94 come modificato dal D.L.vo 66/2000; c) viene etichettata dal produttore con frase di rischio R45, R49 oppure R46; d) è classificata nelle categorie 1 o 2 della lista IARC, della ACGIH, del NTP o è classificata cancerogena dall'EPA (solo per i cancerogeni) e) viene etichettata da produttori di sostanze pure per laboratorio (che sono molto conservativi) con frase di rischio R45, R49 oppure R46 Infine, un metodo non ortodosso ma efficace per individuare le sostanze cancerogene è quello di consultare la classificazione che danno i produttori di standard per laboratorio che sono estremamente attenti alla classificazione secondo quanto emerge nel tempo nella letteratura scientifica internazionale. E' quindi probabile che i loro cataloghi riportino le frasi di rischio R45 o R49 ben prima che siano accolte da altri enti. Testo Unico Articolo 234: Definizioni Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni; 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285; 3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato XLII; Allegato XLII • 1. Produzione di auramina col metodo Michler. • 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. • 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. • 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. • 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro (1). • (1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana "Wood Dust and Formaldehyde" pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul cancro, Lione 1995 b) agente mutageno: 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni; 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285; c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII. E' indiscutibile che quando nel ciclo produttivo si utilizzano o si producono sostanze con frasi di rischio R45, R49 o che corrispondono ad uno dei requisiti prima dettagliati esiste una possibile esposizione a cancerogeni. Ciò però non basta, occorre analizzare molto bene il ciclo produttivo poiché una sostanza cancerogena si può formare durante la lavorazione anche se non era presente all'inizio. Ci sono infine sostanze cancerogene che sono ubiquitariamente presenti negli ambienti di vita e di lavoro, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che si formano durante i processi di combustione incompleta (ad es. sono sempre presenti nei gas di scarico delle auto o dei muletti) e quindi risulta spesso difficile stabilire se la presenza della sostanza è dovuta al lavoro In questi casi, le linee guida del D.L.vo 66/2000 prevedono che la normativa debba scattare quando si dimostra che il lavoro comporta un rischio aggiuntivo di cancro rispetto a quello conseguente alla normale vita non lavorativa. In quest'ottica la valutazione del "rischio aggiuntivo" addebitabile al lavoro viene valutato per confronto con le concentrazioni di tossico presenti negli ambienti di vita (Valore di Riferimento Ambientale) e quelle di tossico e/o metabolita presenti nei reperti biologici della popolazione non esposta professionalmente (Valore di Riferimento Biologico). Se non si conosce né il valore di riferimento ambientale né quello biologico, si ricorre a stime effettuate misurando la concentrazione di cancerogeno/mutageno aerodisperso in diversi ambienti di vita e/o, meglio ancora, misurando la concentrazione del tossico o suo metabolita nei liquidi biologici di un campione di popolazione generale non professionalmente esposta. Se le concentrazioni di cancerogeni/mutageni e/o di metaboliti riscontrate nell'ambiente di lavoro e nei liquidi biologici degli addetti differiscono significativamente dai valori di riferimento ambientali e biologici si può dire che esiste un'esposizione lavorativa e quindi la necessità di applicare quanto previsto dal D.L.vo 626/94 Individuati gli agenti cancerogeni occorre individuare gli esposti tenendo però conto del fatto che il D.L.vo 66/2000 parla di “addetti potenzialmente esposti” e quindi per escludere alcuni addetti perché non potenzialmente esposti occorre verificare la sussistenza di determinate condizioni di cui le principali in ordine di importanza sono sono: 1) confinamento rigoroso degli ambienti dove sono presenti i cancerogeni 2) presenza di impianti a ciclo chiuso 3) in assenza di ciclo chiuso, la presenza di efficaci impianti di aspirazione o comunque di abbattimento 4) modalità operative che prevedono il divieto di ingresso degli esposti in abiti da lavoro nei locali dove lavorano gli addetti non potenzialmente esposti VIE DI ESPOSIZIONE Contemporaneamente all’individuazione degli esposti occorre individuare anche le vie di esposizione ovvero verificare se il tossico possa penetrare nell’organismo oltre per la via inalatoria è possibile anche per quella cutanea (si esclude l’ingestione diretta poiché almeno in teoria sui luoghi di lavoro non dovrebbe esistere anche se a volte gli operatori consumano cibi o fumano sul lavoro). A questo proposito si ricorda che il D.L.vo 66/2000 nonché il D.L.vo 25/2002 prevedono esplicitamente la valutazione dell’esposizione attraverso la via cutanea E’ quindi necessario consultare, oltre alle schede di sicurezza, la bibliografia scientifica e tutte le possibili fonti di informazione per verificare la capacità o meno di attraversamento della cute. Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni e/o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni e/o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi sia emissione di agenti cancerogeni e/o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale; Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni e/o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (oggi sostituito dalle norme UNI allegate al D.L.vo 25/02) Questo è l’unico caso in cui la legge italiana prevede l’obbligo di misurare la concentrazione di un agente chimico sul luogo di lavoro Per quanto detto le misure, oltre che di stipo statico, devono caratterizzare l’esposizione e quindi essere di tipo personale seguendo quanto previsto dalle norme allegate al D.L.vo 25/2002 e principalmente da: UNI EN 689/97 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limiti e strategie di misurazione UNI EN 481/94 Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse. e anche se non prevista dal decreto UNI CEN/TS 15279/06 Esposizione negli ambienti di lavoro. Misura dell’esposizione cutanea. Principi e metodi Infine una corretta valutazione dell’esposizione, specialmente in presenta di passaggio percutaneo, non può prescindere (qualora possibile) dall’effettuazione del monitoraggio biologico che permette una stima dell’assorbimento oltre che dell’esposizione. Allegato VIII-bis - VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE Nome Agente Benzene Cloruro di vin ile monomero Polveri di legno du ro EINECS1 Valori li mite di esposizione professionale CAS2 Osservazioni 200-753-7 71-43-2 mg/m3 (3) 3,25 (5) ppm (4) 1 (5) Pelle (6) 200-831 75-01-4 7,77 (5) 3 (5) - - - 5,00 (5)(7) - - 1) EINECS: European Inventory of Existing Chemical Substances 2) CAS: Chemical Abstract Service Registry Number 3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20° e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di Hg) 4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3) 5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore 6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale attraverso la possibile esposizione cutanea 7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione Peccato che la norma UNI EN 482/98 come pure l'ACGIH non correggono il volume di campionamento nel caso del particolato aerodisperso Parlare di Valori Limite (VL) nel caso dei cancerogeni è eticamente scorretto (almeno sino a che non si dimostrerà che esiste una soglia per l’induzione del cancro), ciò nonostante il decreto prevede il confronto con i VL qualora esistenti. E’ però da considerare che, a differenza delle sostanze chimiche non cancerogene, il superamento del VL implica la chiusura immediata della lavorazione e la sua riapertura solo dopo che si sarà dimostrato il rispetto del limite. E’ da tenere presente che nel caso di sostanze che attraversano la cute, il confronto con i VL non è esaustivo poiché questi riguardano solamente l’esposizione inalatoria. Il D.L.vo 25/2002 ha indicato in maniera non prescrittiva, tramite la norma UNI EN 689/97, le modalità di confronto con i VL di seguito riassunte. Procedura formale (appendice C) La UNI EN 689 propone due procedure Procedura statistica (appendice D) E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti condizioni: Le singole misure di esposizione degli addetti sono rappresentative dell’esposizione professionale. Gli eventuali picchi di esposizione sono stati inclusi nella misurazione e, se questo esiste, confrontati con il valore limite di breve durata (STEL) E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti condizioni: Le condizioni operative nel posto di lavoro si ripetono regolarmente e i fattori che provocano le emissioni sono specifici del processo o dell’impianto E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti condizioni: Nel lungo periodo le condizioni di esposizione non cambiano sensibilmente E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti condizioni: Condizioni di esercizio chiaramente differenti vengono valutate separatamente Se è applicabile, per ogni singola misurazione si calcola il rapporto: C I VL dove: C = concentrazione di esposizione professionale ponderata sulle otto ore VL = valore limite I = indice di esposizione Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità: Se ciascun indice di un turno di lavoro è < 0,1 l’esposizione dei lavoratori è inferiore al valore limite e se si può dimostrare che le condizioni indagate possono rimanere costanti per lunghi periodi si possono evitare le misurazioni periodiche (almeno fino a cambiamenti del ciclo produttivo) Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità: Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 0,25 l’esposizione dei lavoratori è inferiore al valore limite e se si può dimostrare che le condizioni indagate possono rimanere costanti per lunghi periodi si possono evitare le misurazioni periodiche (almeno fino a cambiamenti del ciclo produttivo) Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità: Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 1 e la media geometrica di tutte le misurazioni è inferiore o uguale alla metà del valore limite, l’esposizione è minore del valore limite ma occorrono misure periodiche Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità: Se anche un solo indice è >1 l’esposizione è maggiore del valore limite Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle seguenti possibilità: In tutti i casi che non soddisfano le condizioni precedenti la procedura non porta ad alcuna decisione Può essere applicato ad un gruppo di lavoratori solo se questi sono dimostratamente considerabili un gruppo ad esposizione omogenea. Presuppone che si effettuino almeno 6 misurazioni personali (meglio se 10) e che la distribuzione dei dati sia Log-normale Una volta accertata la distribuzione dei dati si calcola la probabilità di superamento del valore limite (anche tramite l’intervallo di confidenza della media delle misure). In base alla probabilità di superamento si possono avere tre possibilità: Situazione verde - p < 0,1% L’esposizione è < VL. Non sono necessarie misurazioni periodiche se non si verificano cambiamenti del ciclo produttivo Situazione arancio - 0,1%< p <5% L’esposizione sembra < VL ma va confermata con misurazioni periodiche Situazione rossa – p >5% La probabilità di superamento del valore limite è troppo elevata VALORE DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Concentrazione di esposizione inalatoria della popolazione generale rilevata tramite dosimetrie individuali dell'inquinante aerodisperso nell'aria degli ambienti di vita e non di lavoro VALORE DI RIFERIMENTO BIOLOGICO Concentrazione di tossico e di suo metabolita presente nei liquidi biologici della popolazione generale non professionalmente esposta E' MOLTO DIFFICOLTOSO VALUTARE I VALORI DI RIFERIMENTO AMBIENTALI (OCCORRONO MISURE INDIVIDUALI MOLTO COSTOSE A CUI LA POPOLAZIONE GENERALE DIFFICILMENTE SI PRESTA) PIU' FACILE E MENO COSTOSO VALUTARE I VALORI DI RIFERIMENTO BIOLOGICI CHE TRA L'ALTRO HANNO IL PREGIO DI RAPPRESENTARE TUTTE LE VIE POSSIBILI DI INTRODUZIONE DEL TOSSICO Nella pratica dell’igiene industriale, se si escludono casi particolari, vengono utilizzati generalmente i VALORI DI RIFERIMENTO BIOLOGICI In medicina del lavoro il VR rappresenta il necessario complemento del TLV o del BEI. Ovvero in un ambiente di lavoro il rispetto del TLV dovrebbe rassicurare sull’assenza di esposizioni pericolose, ma è il confronto tra l’esposizione dei lavoratori ed il VR che ci dà la misura dell’entità dell’esposizione. Nel caso di esposizione lavorativa a sostanze cancerogene che sono ubiquitariamente presenti nell’ambiente (ad es. benzene), può essere difficile dimostrare che l’esposizione del lavoratore dipenda dal lavoro. In questo caso il VR diviene fondamentale poiché si dimostrerà un'esposizione lavorativa solo se il valore dell’esposizione dei lavoratori supera il valore di riferimento. Ad es. si potrà dire che i vigili urbani che prestano servizio dirigendo il traffico sono esposti a benzene solo se la loro concentrazione media urinaria di benzene supera il VR della popolazione locale. Quando è possibile ed economicamente compatibile è consigliabile effettuare una stima dei VR biologici tramite la raccolta di urina della popolazione generale (per stime grossolane bastano 20-30 campioni di urina). Negli altri casi si può ricorrere alla 2a LISTA DEI VALORI DI RIFERIMENTO pubblicata dalla SIVR e reperibile al sito web http://www.valoridiriferimento.com Qualora la lista SIVR non contenga il composto di interesse si può ricorrere alla letteratura scientifica, in questo caso però occorre fare molta attenzione poiché i VR possono cambiare in ragione della collocazione geografica o delle abitudini di vita. Di seguito si riportano in estrema sintesi tre studi per valutare la presenza di esposizione professionale ad IPA Vigili Urbani e Netturbini Vigili Urbani e Netturbini Concentrazioni di 1-idrossipirene (µg/g creat) nell'urina di fine turno Netturbini NF Netturbini Fum Vigili NF Vigili Fum 12 6 15 3 Media 0.063 0.248 0.134 0.240 DS 0.029 0.096 0.093 0.191 M.G. 0.058 0.232 0.112 0.198 Mediana 0.060 0.250 0.110 0.140 Minimo 0.030 0.140 0.040 0.120 Massimo 0.130 0.370 0.370 0.460 N. M.G. popolazione generale NF 0.080 M.G. popolazione generale Fumatori 0.218 Differenza non significativa al test t di Student per 1-OH Pir (Non Fum) Esposizione professionale non significativa 113 addetti dipendenti da 10 aziende. Campionamenti effettuati in vari periodi dell'anno di più anni (1996/2000). E' stata valutata l'esposizione cutanea e inalatoria. A fine turno è stato raccolto un campione di urina per il monitoraggio biologico. IPA tot IPA canc Dosi IPA tot Dosi IPA canc 113 109 113 109 0 4 0 4 Media 2.121 0.011 15.499 0.068 D.S. 1.636 0.012 12.300 0.074 M.G. 1.666 0.006 11.679 0.040 Mediana 1.571 0.006 11.471 0.047 Minimo 0.328 0.0003 1.957 0.002 Massimo 10.252 0.056 66.893 0.402 N. Concentrazioni (µg/m3) e dosi inalatorie (µg) di IPA <LR Dosi cutanee (µg) di IPA e concentrazione di 1-OH Pir (µg/g creat) IPA tot IPA canc 1-OHPIR NF 1-OHPIR Fum 113 113 58 52 Media 132.833 5.451 0.232 0.514 D.S. 135.669 12.421 0.253 0.441 M.G. 92.506 2.521 0.177 0.417 Mediana 97.265 2.310 0.170 0.425 Minimo 7.372 0.215 0.050 0.130 Massimo 975.767 116.457 1.650 2.770 N. IPA inalabili concentrazioni non particolarmente elevate, compatibili con quelle presenti su una strada di medio traffico. Abbastanza elevate le dosi cutanee. Concentrazioni di 1-OHPIR circa il doppio di quelle della popolazione generale (differenza significativa al test "t" di Student) Art. 63. Valutazione del rischio 1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni e/o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2 2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo Art. 63. Valutazione del rischio 3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative Art. 63. Valutazione del rischio 4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati: a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni e/o mutageni; b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni; Art. 63. Valutazione del rischio d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e/o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti Art. 63. Valutazione del rischio 5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata 6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando 1'obbligo di cui all'art. 9, comma 3 In altre parole l’Igienista Industriale che si accinge a compilare il documento di valutazione del rischio chimico da cancerogeni per conto di un datore di lavoro NON DEVE limitarsi alla valutazione dell’esposizione poiché l’accettabilità o meno di questa non dipende solamente dai livelli espositivi ma da tutti i fattori appena citati (sostituibilità, ciclo chiuso, abbattimento etc.). Solo per fare un esempio, un ambiente di lavoro con bassissime concentrazioni di un cancerogeno non è accettabile se tecnicamente quella sostanza è sostituibile con un altra. Testo Unico SEZIONE II OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO Articolo 235 Sostituzione e riduzione 1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori. 2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile. 3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato XLIII. Valutazione del rischio Articolo 236 1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17. 2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. 3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente Capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative. Articolo 17 Obblighi del datore di lavoro non delegabili 1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: • a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28; • b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; 4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, è integrato con i seguenti dati: a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all’allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni; d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti. 5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata. 6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6. Articolo 237 Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale; d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti; f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate; g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile; i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati. SORVEGLIANZA SANITARIA Articolo 242 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche 1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. 3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42. 4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. 5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua: a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236; b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate. 6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa. Articolo 243:Registro di esposizione e cartelle sanitarie 1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro. 2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c). 3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio. 4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso. 5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL. 6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni. 7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modifiche ed integrazioni. 8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1; c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio; d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4. 9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, emanato di concerto con il Ministro del Lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente. 10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.