Decreto 155/2007
Registro e cartelle sanitarie
dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni
la G.U. n. 217 del 18 settembre 2007 ha pubblicato il D.Lgs. 155/07,
che "Istituisce il Regolamento attuativo dell'articolo 70, comma 9, del
D.Lgs. 626/94. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante
il lavoro ad agenti cancerogeni".
Il D.Lgs. 155/07:
- entrerà in vigore il 03 ottobre 2007
- tuttavia i registri e le cartelle sanitarie e di rischio (v. artt. 2 e 3),
devono essere istituiti entro il 3 aprile 2008, cioè entro 6 mesi (v.
comma 3, art. 11).
SINTESI DEL D.LGS. 155/07
Art. 1.
Ambito, finalita' e campo di applicazione
1. Il regolamento si applica ai settori di attivita' pubblici o privati rientranti
nel campo di applicazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e
successive modificazioni.
2. I dati relativi agli accertamenti sanitari e la conseguente registrazione
degli stessi nelle cartelle sanitarie o nel registro di cui ai successivi articoli
possono essere trattati esclusivamente per le finalita' di igiene e sicurezza del
lavoro.
Art. 2.
Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni
1. Il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni di cui all'articolo
70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, e' istituito dal datore di lavoro, conformemente al modello di
cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente regolamento e
compilato sulla base della valutazione di cui all'articolo 63 del citato decreto
legislativo n. 626 del 1994.
2. Il registro di cui al comma 1 e' costituito da
fogli legati e numerati progressivamente.
3. Il datore di lavoro invia in busta chiusa,
siglata dal medico competente, la copia del
registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore
per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
(ISPESL) e all'organo di vigilanza competente
per territorio entro trenta giorni dalla sua
istituzione.
Art. 3.
Cartella sanitaria e di rischio
1. Le cartelle sanitarie e di rischio, di cui agli articoli 17 e 70 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626 sono compilate in conformita' al modello di cui all'allegato 2 che costituisce parte
integrante del presente regolamento.
2. I documenti di cui al comma 1 sono costituiti da fogli legati e numerati progressivamente.
3. E' consentita l'adozione di cartelle sanitarie e di rischio diverse dal modello di cui
all'allegato 2, sempre che vi siano comunque inclusi i dati e le notizie indicati nell'allegato stesso.
4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124, le cartelle sanitarie di cui al comma 1 possono essere utilizzate anche per
la sorveglianza sanitaria prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626.
5. Nel caso di lavoratori esposti contemporaneamente a radiazioni ionizzanti e ad agenti
cancerogeni per i quali e' istituito il documento sanitario personale ai sensi dell'articolo 90 del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, il predetto documento va integrato con le informazioni
previste nel modello di cui all'allegato 2.
Art. da 4 a 10: omissis
Art. 11. - Norme finali e transitorie
commi 1. e 2. (omissis)
3. I registri e le cartelle sanitarie e di rischio di cui agli articoli 2 e 3 del presente
decreto, devono essere istituiti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto..
Nota
La nuova disposizione trae origine dall'articolo 59 e segg. del D.Lgs. 626/94.
I lavoratori per i quali la valutazione del rischio abbia evidenziato tale rischio per la
salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
L'Art. 70 prevede che i lavoratori esposti siano iscritti in un registro nel quale è
riportata per ciascuno di essi:
- l'attività svolta
- l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato
- ed, eventualmente, il valore di tale esposizione.
Tale registro è istituito è aggiornato dal datore di lavoro, tramite il medico
competente.
E’ fatto obbligo, in capo al medico, per ciascuno di tali
lavoratori, di provvedere a istituire e aggiornare una cartella
sanitaria e di rischio, custodita presso l’azienda o l’ unità
produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro.
Lo stesso art. 70, al c. 9, stabilisce che i modelli e le modalità di
tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio siano
determinati con decreto del Ministro della salute.
Il registro costituito da fogli legati e numerati progressivamente,
è istituito direttamente dal datore di lavoro e non è soggetto,
pertanto, ad alcuna registrazione o vidimazione preventiva.
Copia del registro, siglato dal medico competente, dovrà essere
inviato in busta chiusa all'ISPESL e all'organo di vigilanza
competente per territorio, entro 30 giorni dalla sua istituzione
Con le stesse modalità saranno inviate eventuali variazioni
inerenti i dati individuali dei lavoratori.
Le cartelle sanitarie e di rischio sono compilate in
conformità al modello di cui all’allegato 2 del decreto
ministeriale e sono istituite dal medico competente.
Le cartelle sanitarie andranno istituite per ogni lavoratore
da sottoporre a sorveglianza e compilate con le
informazioni indicate nell'allegato.
Fermo restando che su ciascuna cartella il
medico competente dovrà apporre la propria
sottoscrizione sulla prima pagina, la cartella
potrà essere diversa dal modello standard,
sempre che vi siano riportati i dati indicati
nell'allegato. Gli accertamenti integrativi
indicati nella cartella sanitaria e di rischio,
vistati e numerati dal medico, devono essere
allegati alla cartella stessa. La conservazione dei
dati sanitari raccolti deve essere assicurata per
40 anni dalla cessazione del lavoro comportante
esposizione ad agenti cancerogeni.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro o di
passaggio ad altra azienda, i dati del singolo
lavoratore riportati nel registro e la cartella
sanitaria e di rischio sono inviati all’organo di
vigilanza competente e all'ISPESL.
In caso di cessazione dell'attività dell'azienda ,
di trasferimento o conferimento di attività, i
registri e le cartelle sanitarie e di rischio sono
trasmessi all’ ISPESL.
La valutazione del rischio da cancerogeni si può
riassumere schematicamente in:
individuazione delle sostanze cancerogene
individuazione degli esposti e delle vie di esposizione
misura dell’esposizione
confronto con il
valore limite
(qualora esistente)
confronto con i
valori di riferimento
giudizio di accettabilità
Il D.L.vo 66/2000 ha modificato
radicalmente il titolo VII del D.L.vo
626/94 mutandone anche il titolo che da
"Protezione da agenti cancerogeni" diviene
"Protezione da agenti cancerogeni e
mutageni". In particolare il decreto ha
introdotto le parole "e mutageni" ogni
qualvolta nel titolo VII si parlava di
"cancerogeni" e poi ha variato molti
articoli inserendo concetti nuovi rispetto
al passato.
Art. 61 (Definizioni)
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2,
stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n. 52, e successive modificazioni
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al
punto 1), quando la concentrazione di una o più delle
singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di
concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri
stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52,
e 16 luglio 1998, n. 285
(normalmente lo 0.1%)
Art. 61 (Definizioni)
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui
all'allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato
emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII
Categorie di sostanze cancerogene e relative frasi di
rischio
Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le
sostanze cancerogene sono suddivise in tre categorie:
• Categoria 1:sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo.
Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra
l’esposizione e lo sviluppo della neoplasia. Simbolo:molto tossico
(T+) Frasi di rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può
provocare il cancro per inalazione)
• Categoria 2: sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene
per l’uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che
l’esposizione possa determinare l’insorgere della neoplasia in
generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine effettuati sugli
animali-altre informazioni specifiche. Simbolo:tossico (T) Frasi di
rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può provocare il cancro
per inalazione)
– Categoria 3:sostanze da considerarsi con sospetto per i possibili effetti
cancerogeni sull’uomo. Le informazioni disponibili non sono sufficienti
per stabilire la correlazione diretta tra esposizione e comparsa della
neoplasia. Simbolo:nocivo Xn Frasi di rischio:R68 (possibilità di effetti
cancerogeni-prove insufficienti)
Una sostanza viene inserita nelle categoria 1 di cancerogenicità in base
ai dati epidemiologici. La collocazione nella categoria 2 si basa
fondamentalmente su esperimenti sugli animali e su dati sulla
genotossicità, studi metabolici o biochimici, induzione di tumori benigni,
analogia strutturale con altre sostanze cancerogene note e studi
epidemiologici.
Categorie di sostanze mutagene e relative frasi di rischio
Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le sostanze mutageneche
hanno rilevanza ai fini della legislazione attuale sono divise in due categorie:
Categoria 1:sostanze note per gli effetti mutageni sull’uomo.
Esistono prove
sufficienti per stabilire un nesso causale tra
l’esposizione e lo sviluppo di
alterazioni genetiche ereditarie
Simbolo:molto tossico (T+)Frasi di rischio:R46 (può provocare
alterazioni genetiche ereditarie)
Categoria 2: sostanze chedovrebbero considerarsi mutageneper
l’uomo.Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che
l’esposizione possa provocare lo sviluppo di alterazioni genetiche
ereditarie, in generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine
effettuati sugli animali-altre informazioni specifiche.Simbolo:tossico
(T)Frasi di rischio:R46 (puòprovocare alterazioni genetiche ereditarie)
Un preparato, come previsto dal D. Lgs. 285/98, è
considerato cancerogenoe/o mutageno quando
contiene almeno una sostanza cancerogena e/o
mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%,
salvo limiti diversi e specifici di cancerogenicità
riportati nella scheda delle singole sostanze
nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e succ.
mod.Le frasi di rischio associate sono:
• R45(può provocare il cancro)
• R49(può provocare il cancro per inalazione)
• R46(può provocare alterazioni genetiche ereditarie)
Categorie di sostanze cancerogenee mutagenee relative
frasi di rischio
• Responsabili delle informazioni contenute
nell’etichetta e nella scheda di sicurezza dei prodotti
chimici sono i responsabili dell’immissione sul
mercato (fabbricante, importatore, distributore o
fornitore) che devono essere in grado di stabilire se
una sostanza o un preparato èclassificato cancerogeno
e/o mutageno; gli stessi hanno l’obbligo di diffondere
nella maniera piùchiara possibile tale informazione.
Art. 72 (Adeguamenti normativi)
1. La Commissione Consultiva Tossicologica
Nazionale individua periodicamente le sostanze
cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione che, pur non essendo classificate ai
sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, rispondono ai criteri di classificazione ivi
stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
su richiesta, in tema di classificazione di agenti
chimici pericolosi
Art. 72 (Adeguamenti normativi)
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente e la Commissione consultiva tossicologica
nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in
funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di
normative e specifiche comunitarie o internazionali e
delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni
o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione
dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1
Allegato VIII - ELENCO DI SOSTANZE,
PREPARATI E PROCESSI
1. Produzione di auramina col metodo Michler.
2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella
pece di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie
prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature
elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool
isopropilico.
5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno
duro (1).
(1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle
monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute
umana "Wood Dust and Formaldehyde" pubblicato dal Centro
internazionale di ricerca sul cancro, Lione 1995
Sono escluse dal D. Lgs. 626, o meglio sono normate
separatamente, alcune sostanze cancerogene che erano,
già prima del decreto, sottoposte a particolari
normative e precisamente:
¤ Benzene (Legge n. 245/63)
¤ CVM - Cloruro di vinile monomero (D.P.R. 962/82)
¤ Amianto (D.Lgs. 25/7/2006, n. 257)
¤ 2-Naftilammina e suoi sali, 4-Amminobifenile e suoi sali,
Benzidina e suoi sali, 4-Nitrobifenile (D. Lgs. 77/92 e per le ammine
aromatiche in generale le circolari del Ministero del Lavoro 46/79 e
61/81)
¤ Le radiazioni ionizzanti
Mentre il D.L.vo 626/94 definiva con chiarezza come
cancerogene le sostanze che avevano frase di rischio
R45 e R49 secondo l'allegato 1 della direttiva
67/548/CEE o quelle di cui all'allegato VIII del
decreto, il D.L.vo 66/2000 individua i cancerogeni in
base alla rispondenza "ai criteri relativi alla
classificazione nelle categorie cancerogene l o 2" (Art.
61), anche se all'art. 72 comma 2b si dice che la
Commissione consultiva tossicologica nazionale (CCTN)
pubblicherà un "elenco delle sostanze in funzione
dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1".
E' però ovvio che l'elenco della CCTN non esaurisce
quanto previsto dall'Art. 61,
anche perché allo stato attuale non esiste.
In conclusione per l'individuazione delle
sostanze cancerogene non esiste un metodo
univoco, ci sembra però ragionevole affermare
che nei casi incerti si possa anche ricorrere
alla classificazione data dai produttori (che
sono obbligati a classificare la sostanza con la
frase di rischio opportuna, indipendentemente
dal fatto che l'Unione Europea la abbia o meno
inserita nell'allegato 1 della direttiva
67/548/CEE). Di conseguenza una sostanza è
da considerarsi cancerogena se:
a) compare nella lista di cui all'allegato 1 della
direttiva 67/548/CEE con la frase di rischio R45, R49
oppure R46;
b) è una delle sostanze o delle lavorazioni di cui
all'allegato VIII del D.L.vo 626/94 come modificato
dal D.L.vo 66/2000;
c) viene etichettata dal produttore con frase di rischio
R45, R49 oppure R46;
d) è classificata nelle categorie 1 o 2 della lista
IARC, della ACGIH, del NTP o è classificata
cancerogena dall'EPA (solo per i cancerogeni)
e) viene etichettata da produttori di sostanze pure per
laboratorio (che sono molto conservativi) con frase di
rischio R45, R49 oppure R46
Infine, un metodo non ortodosso ma efficace
per individuare le sostanze cancerogene è quello
di consultare la classificazione che danno i
produttori di standard per laboratorio che sono
estremamente attenti alla classificazione
secondo quanto emerge nel tempo nella
letteratura scientifica internazionale.
E' quindi probabile che i loro cataloghi riportino
le frasi di rischio R45 o R49 ben prima che
siano accolte da altri enti.
Testo Unico
Articolo 234: Definizioni
Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione
quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1),
quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2
in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 16 luglio 1998, n. 285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato
XLII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un
processo previsto dall'allegato XLII;
Allegato XLII
• 1. Produzione di auramina col metodo Michler.
• 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di
carbone.
• 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti
durante il raffinamento del nichel a temperature elevate.
• 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool
isopropilico.
• 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro
(1).
• (1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle monografie
sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana "Wood Dust
and Formaldehyde" pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul
cancro, Lione 1995
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi
ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle
categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3
febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della
concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di
un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito
nell'allegato XLIII.
E' indiscutibile che quando nel ciclo
produttivo si utilizzano o si producono
sostanze con frasi di rischio R45, R49 o che
corrispondono ad uno dei requisiti prima
dettagliati esiste una possibile esposizione a
cancerogeni.
Ciò però non basta, occorre analizzare molto
bene il ciclo produttivo poiché una sostanza
cancerogena si può formare durante la
lavorazione anche se non era presente
all'inizio.
Ci sono infine sostanze cancerogene che sono
ubiquitariamente presenti negli ambienti di vita e di lavoro,
quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
che si formano durante i processi di combustione
incompleta (ad es. sono sempre presenti nei gas di scarico
delle auto o dei muletti) e quindi risulta spesso difficile
stabilire se la presenza della sostanza è dovuta al lavoro
In questi casi, le linee guida del D.L.vo 66/2000
prevedono che la normativa debba scattare quando si
dimostra che il lavoro comporta un rischio aggiuntivo di
cancro rispetto a quello conseguente alla normale vita non
lavorativa.
In quest'ottica la valutazione del "rischio aggiuntivo"
addebitabile al lavoro viene valutato per confronto con le
concentrazioni di tossico presenti negli ambienti di vita
(Valore di Riferimento Ambientale) e quelle di tossico e/o
metabolita presenti nei reperti biologici della popolazione
non esposta professionalmente (Valore di Riferimento
Biologico).
Se non si conosce né il valore di riferimento
ambientale né quello biologico, si ricorre a stime
effettuate misurando la concentrazione di
cancerogeno/mutageno aerodisperso in diversi
ambienti di vita e/o, meglio ancora, misurando la
concentrazione del tossico o suo metabolita nei liquidi
biologici di un campione di popolazione generale non
professionalmente esposta.
Se le concentrazioni di cancerogeni/mutageni e/o di
metaboliti riscontrate nell'ambiente di lavoro e nei
liquidi biologici degli addetti differiscono
significativamente dai valori di riferimento ambientali
e biologici si può dire che esiste un'esposizione
lavorativa e quindi la necessità di applicare quanto
previsto dal D.L.vo 626/94
Individuati gli agenti cancerogeni occorre individuare gli esposti
tenendo però conto del fatto che il D.L.vo 66/2000 parla di
“addetti potenzialmente esposti” e quindi per escludere alcuni
addetti perché non potenzialmente esposti occorre verificare la
sussistenza di determinate condizioni di cui le principali in ordine di
importanza sono sono:
1) confinamento rigoroso degli ambienti dove sono presenti i
cancerogeni
2) presenza di impianti a ciclo chiuso
3) in assenza di ciclo chiuso, la presenza di efficaci impianti di
aspirazione o comunque di abbattimento
4) modalità operative che prevedono il divieto di ingresso degli
esposti in abiti da lavoro nei locali dove lavorano gli addetti non
potenzialmente esposti
VIE DI ESPOSIZIONE
Contemporaneamente all’individuazione degli esposti occorre
individuare anche le vie di esposizione ovvero verificare se il
tossico possa penetrare nell’organismo oltre per la via inalatoria è
possibile anche per quella cutanea (si esclude l’ingestione diretta
poiché almeno in teoria sui luoghi di lavoro non dovrebbe esistere
anche se a volte gli operatori consumano cibi o fumano sul lavoro).
A questo proposito si ricorda che il D.L.vo
66/2000 nonché il D.L.vo 25/2002 prevedono
esplicitamente la valutazione dell’esposizione
attraverso la via cutanea
E’ quindi necessario consultare, oltre alle schede di
sicurezza, la bibliografia scientifica e tutte le possibili
fonti di informazione per verificare la capacità o meno
di attraversamento della cute.
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro
adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono
impiegati quantitativi di agenti cancerogeni e/o
mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e
che gli agenti cancerogeni e/o mutageni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di
introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in
quantitativi superiori alle necessità predette;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti ad agenti
cancerogeni e/o mutageni, anche isolando le lavorazioni
in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato
fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro
mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto
divieto di fumare;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in
modo che non vi sia emissione di agenti cancerogeni e/o
mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile,
l'eliminazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni
deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art.
4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve
comunque essere dotato di un adeguato sistema di
ventilazione generale;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni e/o
mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui
alla lettera c) e per individuare precocemente le
esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni
dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277 (oggi sostituito dalle norme UNI allegate
al D.L.vo 25/02)
Questo è l’unico caso in cui la legge
italiana prevede l’obbligo di misurare
la concentrazione di un agente
chimico sul luogo di lavoro
Per quanto detto le misure, oltre che di stipo statico,
devono caratterizzare l’esposizione e quindi essere di
tipo personale seguendo quanto previsto dalle norme
allegate al D.L.vo 25/2002 e principalmente da:
UNI EN 689/97
Atmosfera nell’ambiente di lavoro.
Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti
chimici ai fini del confronto con i valori limiti e strategie di
misurazione
UNI EN 481/94
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni
granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse.
e anche se non prevista dal decreto
UNI CEN/TS 15279/06
Esposizione negli ambienti di lavoro. Misura dell’esposizione cutanea.
Principi e metodi
Infine una corretta valutazione dell’esposizione,
specialmente in presenta di passaggio
percutaneo, non può prescindere (qualora
possibile) dall’effettuazione del monitoraggio
biologico che permette una stima
dell’assorbimento oltre che dell’esposizione.
Allegato VIII-bis - VALORI LIMITE DI
ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
Nome Agente
Benzene
Cloruro di vin ile
monomero
Polveri di legno du ro
EINECS1
Valori li mite di esposizione
professionale
CAS2
Osservazioni
200-753-7
71-43-2
mg/m3 (3)
3,25 (5)
ppm (4)
1 (5)
Pelle (6)
200-831
75-01-4
7,77 (5)
3 (5)
-
-
-
5,00 (5)(7)
-
-
1) EINECS: European Inventory of Existing Chemical Substances
2) CAS: Chemical Abstract Service Registry Number
3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20° e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di Hg)
4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3)
5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore
6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale attraverso la possibile esposizione cutanea
7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte
le polveri di legno presenti nella miscela in questione
Peccato che la norma UNI EN 482/98 come pure
l'ACGIH non correggono il volume di campionamento nel
caso del particolato aerodisperso
Parlare di Valori Limite (VL) nel caso dei cancerogeni è
eticamente scorretto (almeno sino a che non si
dimostrerà che esiste una soglia per l’induzione del
cancro), ciò nonostante il decreto prevede il confronto
con i VL qualora esistenti.
E’ però da considerare che, a differenza delle sostanze
chimiche non cancerogene, il superamento del VL
implica la chiusura immediata della lavorazione e la sua
riapertura solo dopo che si sarà dimostrato il rispetto
del limite.
E’ da tenere presente che nel caso di
sostanze che attraversano la cute, il
confronto con i VL non è esaustivo
poiché questi riguardano solamente
l’esposizione inalatoria.
Il D.L.vo 25/2002 ha indicato in maniera non prescrittiva, tramite la
norma UNI EN 689/97, le modalità di confronto con i VL di seguito
riassunte.
Procedura formale
(appendice C)
La UNI EN 689
propone due procedure
Procedura statistica
(appendice D)
E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti
condizioni:
Le singole misure di esposizione degli addetti sono
rappresentative dell’esposizione professionale. Gli
eventuali picchi di esposizione sono stati inclusi nella
misurazione e, se questo esiste, confrontati con il valore
limite di breve durata (STEL)
E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti
condizioni:
Le condizioni operative nel posto di lavoro si ripetono
regolarmente e i fattori che provocano le emissioni sono
specifici del processo o dell’impianto
E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti
condizioni:
Nel lungo periodo le condizioni di esposizione non
cambiano sensibilmente
E’ applicabile quando vengono rispettate le seguenti
condizioni:
Condizioni di esercizio chiaramente differenti vengono
valutate separatamente
Se è applicabile, per ogni singola misurazione si calcola il
rapporto:
C
I
VL
dove:
C = concentrazione di esposizione
professionale ponderata sulle otto ore
VL = valore limite
I = indice di esposizione
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle
seguenti possibilità:
Se ciascun indice di un turno di lavoro è < 0,1
l’esposizione dei lavoratori è inferiore al valore limite e
se si può dimostrare che le condizioni indagate possono
rimanere costanti per lunghi periodi si possono evitare le
misurazioni periodiche (almeno fino a cambiamenti del
ciclo produttivo)
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle
seguenti possibilità:
Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 0,25
l’esposizione dei lavoratori è inferiore al valore limite e
se si può dimostrare che le condizioni indagate possono
rimanere costanti per lunghi periodi si possono evitare le
misurazioni periodiche (almeno fino a cambiamenti del
ciclo produttivo)
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle
seguenti possibilità:
Se ciascun indice di almeno tre diversi turni è < 1 e la
media geometrica di tutte le misurazioni è inferiore o
uguale alla metà del valore limite, l’esposizione è minore
del valore limite ma occorrono misure periodiche
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle
seguenti possibilità:
Se anche un solo indice è >1 l’esposizione è
maggiore del valore limite
Calcolati tutti i valori di I si deve verificare una delle
seguenti possibilità:
In tutti i casi che non soddisfano le condizioni
precedenti la procedura non porta ad alcuna decisione
Può essere applicato ad un gruppo di lavoratori
solo se questi sono dimostratamente
considerabili un gruppo ad esposizione omogenea.
Presuppone che si effettuino almeno 6
misurazioni personali (meglio se 10) e che la
distribuzione dei dati sia Log-normale
Una volta accertata la
distribuzione dei dati si
calcola la probabilità di
superamento del valore
limite (anche tramite
l’intervallo di confidenza
della media delle misure).
In base alla probabilità di
superamento si possono
avere tre possibilità:
Situazione verde - p < 0,1%
L’esposizione è < VL. Non sono
necessarie misurazioni periodiche se
non si verificano cambiamenti del
ciclo produttivo
Situazione arancio - 0,1%< p <5%
L’esposizione sembra < VL ma va
confermata con misurazioni
periodiche
Situazione rossa – p >5%
La probabilità di superamento del
valore limite è troppo elevata
VALORE DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Concentrazione di esposizione inalatoria della popolazione generale
rilevata tramite dosimetrie individuali dell'inquinante aerodisperso
nell'aria degli ambienti di vita e non di lavoro
VALORE DI RIFERIMENTO BIOLOGICO
Concentrazione di tossico e di suo metabolita presente nei liquidi
biologici della popolazione generale non professionalmente esposta
E' MOLTO DIFFICOLTOSO VALUTARE I VALORI DI
RIFERIMENTO AMBIENTALI (OCCORRONO MISURE
INDIVIDUALI MOLTO COSTOSE A CUI LA POPOLAZIONE
GENERALE DIFFICILMENTE SI PRESTA)
PIU' FACILE E MENO COSTOSO VALUTARE I VALORI DI
RIFERIMENTO BIOLOGICI CHE TRA L'ALTRO HANNO IL
PREGIO DI RAPPRESENTARE TUTTE LE VIE POSSIBILI DI
INTRODUZIONE DEL TOSSICO
Nella pratica dell’igiene industriale, se si escludono casi
particolari, vengono utilizzati generalmente i
VALORI DI RIFERIMENTO BIOLOGICI
In medicina del lavoro il VR rappresenta il
necessario complemento del TLV o del BEI.
Ovvero in un ambiente di lavoro il rispetto del
TLV dovrebbe rassicurare sull’assenza di
esposizioni pericolose, ma è il confronto tra
l’esposizione dei lavoratori ed il VR che ci dà la
misura dell’entità dell’esposizione.
Nel caso di esposizione lavorativa a sostanze
cancerogene che sono ubiquitariamente presenti
nell’ambiente (ad es. benzene), può essere
difficile dimostrare che l’esposizione del
lavoratore dipenda dal lavoro.
In questo caso il VR diviene fondamentale poiché
si dimostrerà un'esposizione lavorativa solo se il
valore dell’esposizione dei lavoratori supera il
valore di riferimento. Ad es. si potrà dire che i
vigili urbani che prestano servizio dirigendo il
traffico sono esposti a benzene solo se la loro
concentrazione media urinaria di benzene supera
il VR della popolazione locale.
Quando è possibile ed economicamente compatibile è
consigliabile effettuare una stima dei VR biologici
tramite la raccolta di urina della popolazione generale
(per stime grossolane bastano 20-30 campioni di urina).
Negli altri casi si può ricorrere alla 2a LISTA DEI
VALORI DI RIFERIMENTO pubblicata dalla SIVR e
reperibile al sito web http://www.valoridiriferimento.com
Qualora la lista SIVR non contenga il composto di
interesse si può ricorrere alla letteratura scientifica,
in questo caso però occorre fare molta attenzione
poiché i VR possono cambiare in ragione della
collocazione geografica o delle abitudini di vita.
Di seguito si riportano in estrema sintesi tre studi per valutare la
presenza di esposizione professionale ad IPA
Vigili Urbani
e Netturbini
Vigili Urbani e
Netturbini
Concentrazioni di
1-idrossipirene
(µg/g creat)
nell'urina di fine
turno
Netturbini
NF
Netturbini
Fum
Vigili
NF
Vigili
Fum
12
6
15
3
Media
0.063
0.248
0.134
0.240
DS
0.029
0.096
0.093
0.191
M.G.
0.058
0.232
0.112
0.198
Mediana
0.060
0.250
0.110
0.140
Minimo
0.030
0.140
0.040
0.120
Massimo
0.130
0.370
0.370
0.460
N.
M.G. popolazione generale NF
0.080
M.G. popolazione generale Fumatori
0.218
Differenza
non
significativa
al test t di
Student per
1-OH Pir
(Non Fum)
Esposizione
professionale
non
significativa
113 addetti dipendenti da 10 aziende.
Campionamenti effettuati in vari periodi dell'anno di più anni
(1996/2000).
E' stata valutata l'esposizione cutanea e inalatoria.
A fine turno è stato raccolto un campione di urina per il
monitoraggio biologico.
IPA tot
IPA canc
Dosi IPA tot
Dosi IPA canc
113
109
113
109
0
4
0
4
Media
2.121
0.011
15.499
0.068
D.S.
1.636
0.012
12.300
0.074
M.G.
1.666
0.006
11.679
0.040
Mediana
1.571
0.006
11.471
0.047
Minimo
0.328
0.0003
1.957
0.002
Massimo
10.252
0.056
66.893
0.402
N.
Concentrazioni
(µg/m3) e dosi
inalatorie (µg) di
IPA
<LR
Dosi cutanee (µg)
di IPA e
concentrazione di
1-OH Pir (µg/g
creat)
IPA tot
IPA canc
1-OHPIR NF
1-OHPIR Fum
113
113
58
52
Media
132.833
5.451
0.232
0.514
D.S.
135.669
12.421
0.253
0.441
M.G.
92.506
2.521
0.177
0.417
Mediana
97.265
2.310
0.170
0.425
Minimo
7.372
0.215
0.050
0.130
Massimo
975.767
116.457
1.650
2.770
N.
IPA inalabili concentrazioni non particolarmente elevate, compatibili
con quelle presenti su una strada di medio traffico. Abbastanza
elevate le dosi cutanee. Concentrazioni di 1-OHPIR circa il doppio di
quelle della popolazione generale (differenza significativa al test "t"
di Student)
Art. 63. Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di
lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti
cancerogeni e/o mutageni, i risultati della quale sono
riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e
della loro frequenza, dei quantitativi di agenti
cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati,
della loro concentrazione, della capacità degli stessi di
penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di
aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa
compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o
meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener
conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso
quello in cui vi è assorbimento cutaneo
Art. 63. Valutazione del rischio
3. Il datore di lavoro, in relazione ai
risultati della valutazione di cui al
comma 1, adotta le misure
preventive e protettive del presente
titolo, adattandole alle particolarità
delle situazioni lavorative
Art. 63. Valutazione del rischio
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è
integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza
di sostanze o preparati cancerogeni o di processi
industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione
dei motivi per i quali sono impiegati agenti
cancerogeni e/o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati
cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati,
ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero
potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni e/o
mutageni;
Art. 63. Valutazione del rischio
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il
grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo
dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli
agenti cancerogeni e/o mutageni e le sostanze e i
preparati eventualmente utilizzati come sostituti
Art. 63. Valutazione del rischio
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la
valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche
del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso,
trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche
ai dati di cui al comma 4, fermo restando 1'obbligo di
cui all'art. 9, comma 3
In altre parole l’Igienista Industriale che si accinge a
compilare il documento di valutazione del rischio chimico
da cancerogeni per conto di un datore di lavoro NON
DEVE limitarsi alla valutazione dell’esposizione poiché
l’accettabilità o meno di questa non dipende solamente
dai livelli espositivi ma da tutti i fattori appena citati
(sostituibilità, ciclo chiuso, abbattimento etc.).
Solo per fare un esempio, un ambiente di
lavoro con bassissime concentrazioni di un
cancerogeno non è accettabile se
tecnicamente quella sostanza è sostituibile
con un altra.
Testo Unico
SEZIONE II OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Articolo 235
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno
sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una
sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato
non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore
di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o
mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro
provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore
tecnicamente possibile.
L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito
nell’allegato XLIII.
Valutazione del rischio
Articolo 236
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una
valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della
quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni,
della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o
mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli
stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in
relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa
compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice
solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di
tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1,
adotta le misure preventive e protettive del presente Capo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
Articolo 17
Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non può delegare le
seguenti attività:
• a) la valutazione di tutti i rischi con la
conseguente elaborazione del documento
previsto dall’articolo 28;
• b) la designazione del responsabile del servizio
di prevenzione e protezione dai rischi;
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, è integrato con i seguenti
dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati
cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all’allegato XLII, con
l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di
protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le
sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in occasione di modifiche del
processo produttivo significative ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre
anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i
dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui
all'articolo 50, comma 6.
Articolo 237 Misure tecniche, organizzative,
procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie
operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o
mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti
cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare
rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in
quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono
essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le
lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi
con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di
fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che
non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se
ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti
cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al
punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto
dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve
comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione
generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni
per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un
evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni
dell'allegato XLI del presente decreto legislativo
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e
degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare
esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati,
trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni,
avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori
ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive
particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni
agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
SORVEGLIANZA SANITARIA
Articolo 242
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la
salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e
protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad
uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente
ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per
verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria
cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Articolo 243:Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività
svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto
registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente.
Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una
cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e
la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle
annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono
conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni
dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi
con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modifiche ed integrazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto
previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza
competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi
ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1
all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione
ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio,
qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono
determinati dal decreto del Ministro della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto
dello stesso Ministro, emanato di concerto con il Ministro del Lavoro e della previdenza sociale
e con il Ministro per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, sentita la
commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto
dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
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3 lezione(cancerogeni 2)