Decreto Legislativo 626/94
Titolo VII protezione da agenti
cancerogeni e/o mutageni
Decreto Legislativo
25 febbraio 2000, n. 66
ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 97/42/CE E 1999/38/CE, CHE MODIFICANO LA DIRETTIVA 90/394/CEE, IN
MATERIA DI PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA ESPOSIZIONE AD AGENTI
CANCEROGENI O MUTAGENI DURANTE IL LAVORO
Linee Guida del Coordinamento Tecnico
per la Prevenzione degli Assessorati alla
Sanità delle Regioni e delle Province
Autonome di Trento e Bolzano
DECRETO LEGISLATIVO
19 settembre 1994 n. 626
ART. 60 - Campo di applicazione
• 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i
lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della
loro attività lavorativa.
• 2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate da: ...
Omissis ...
ART. 61 - Definizioni
• 1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno:
–
–
–
a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è attribuita la
menzione R 45: "Può provocare il cancro" o la menzione R 49: "Può provocare il
cancro per inalazione";
b) un preparato su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva
88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta con la menzione R 45: "Può provocare il
cancro" o con la menzione R 49: "Può provocare il cancro per inalazione";
c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonché una
sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato VIII.
ALLEGATO VIII
Elenco di sistemi,
preparati e procedimenti
1. Produzione di auramina con il metodo Michler.
2. Lavori che espongono agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame, nella
pece, nel fumo o nelle polveri di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie
prodotti durante il raffinamento del nichel a
temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool
isopropilico
D. L. 19 settembre 1994 n. 626
ART. 62 - Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo,
sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui
viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o
l'utilizzazione dell'agente cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso a un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
ART. 63 - Valutazione del rischio
1. ... Omissis ...
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei
quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di
penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo
stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne
riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del
presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
•
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui
all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
•
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
•
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;
•
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
•
e) le misure preventive e protettive applicate e il tipo dei dispositivi di protezione individuali utilizzati;
•
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati
come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo
significative .. Omissis ...
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati ... Omissis ...
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ART. 64 - Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
•
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati
quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi
superiori alle necessità predette;
•
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i
segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro
mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
•
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell'aria. Se ciò
non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lett. n). L'ambiente di lavoro deve comunque
essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
•
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
•
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
•
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
•
g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
•
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni
contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
•
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di
lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati.
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ART. 65 - Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
•
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati e adeguati;
•
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
•
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
ART. 66 - Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni in particolare per
quanto riguarda:
•
a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi
compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
•
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
•
c) le misure igieniche da osservare;
•
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro
corretto impiego;
•
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e
vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano
etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere
conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.
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ART. 67 - Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa
dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli
addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti
protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In
ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni
lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e
riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
ART. 68 - Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante
l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione
rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza:
•
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove
tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi
contrassegni;
•
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere
indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo
compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
D. L. 19 settembre 1994 n. 626
ART. 69 - Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori
sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo a uno stesso agente, l'esistenza di
una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in conformità all'art.
63 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dall'agente in aria, per verificare l'efficacia delle
misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con
particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
ART. 70 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
... Omissis ...
ART. 71 - Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano
casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL copia
della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2. Presso l'ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente,
sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la
raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità
di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui
al comma 1.
DECRETO LEGISLATIVO
25 febbraio 2000, n. 66
ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 97/42/CE E 1999/38/CE, CHE MODIFICANO LA DIRETTIVA
90/394/CEE, IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA
ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI O MUTAGENI DURANTE IL LAVORO
Art. 1. - Disposizioni generali
1. Il titolo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è
sostituito dal seguente: "Attuazione delle direttive 89/391/CEE,
89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e
1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro.".
2. La rubrica del titolo VII del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, è sostituita dalla seguente: "Protezione da
agenti cancerogeni mutageni".
3. Nelle disposizioni del titolo VII del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, fatta eccezione per gli articoli 61 e 71,
dopo le parole: "cancerogeno" o: "cancerogeni" sono aggiunte,
rispettivamente, le seguenti: "o mutageno" e "o mutageni".
DECRETO LEGISLATIVO
25 febbraio 2000, n. 66
Una delle innovazioni più significative introdotte dal D.L.
66/2000 è l’introduzione dei mutageni nei criteri per
l’applicazione del titolo VII del D.L. 626/94
ART. 60 (626/94) - Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività
nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad
agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa.
1. La rubrica del titolo VII del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, è sostituita dalla seguente:
"Protezione da agenti cancerogeni e mutageni".
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66
Art. 2. - Campo di applicazione
... Omissis ...
Art. 3. - Definizioni
L'articolo 61 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente:
"Art. 61 (Definizioni). - 1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
•
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2,
stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
•
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più
delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio
1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
•
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od un
preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
b) agente mutageno:
•
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2,
stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
•
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più
delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997,
n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite:
•
se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di
un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.".
D. Lgs. n. 52 del 3 febbraio1997
.
Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione,
imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose
D. Lgs. n. 285 del 16 luglio 1998
.
Attuazione di direttive comunitarie in materia di classificazione,
imballaggio ed etichettatura dei preparati pericolosi, a norma dell'articolo
38 della legge 24 aprile 1998, n. 128
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66
Art. 4 - Valore limite di esposizione
•
All'articolo 62, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente periodo:
"L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis".
Art. 5 - Valutazione del rischio
•
1. All'articolo 63, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente periodo: "La
valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento
cutaneo.“
Art. 6 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
•
1. L'articolo 70 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente: "Art. 70 (Registro di
esposizione e cartelle sanitarie) ...
Art. 7 - Monitoraggio dei tumori.
... sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi informativi ...
Art. 8 - Adeguamenti normativi
•
... Omissis ...
Art. 9 - Sostanze, preparati e processi che espongono ad agenti cancerogeni
•
L'allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente:
•
Allegato VIII - ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI
1.
Produzione di auramina col metodo Michler.
2.
I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di
carbone.
3.
Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate.
4.
Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
5.
Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro.
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66
Art.
•
•
•
•
•
10 - Elenco dei valori limite di esposizione professionale
1. Al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente allegato VIII-bis:
Allegato VIII-bis - VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
Benzene
Cloruro di vinile monomero
Polveri di legno
NOTA - va sottolineata l’importanza di stabilire Valori Limite di Esposizione anche se
attualmente solo relativi a 3 agenti, in quanto questi permettono un grado minimo di protezione
e consentono di avere un riferimento di partenza con cui valutare l’esposizione dei lavoratori e il
rischio per la salute che ne deriva.
I Valori Limite introdotti non vanno però intesi come valori che tutelano la salute dei lavoratori
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, ma come valori che comunque non possono mai
essere superati; è fatto salvo che permane l’obbligo di provvedere affinchè il livello di
esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore possibile indipendentemente dal
rispetto dei Valori Limite.
Successivamente sono state introdotte altre tabelle riportanti i VALORI LIMITE DI
ESPOSIZIONE, ma la loro utilità rimane, per quanto detto, limitata ed essendo materia di
costante aggiornamento risulta superfluo riprodurle in questa sede
Art. 11 - Sanzioni
•
... Omissis ...
Art. 12 - Norme transitorie
... Omissis ...
Art. 13 - Abrogazione
•
... Omissis ...
NOTE
•
... Omissis ...
Linee Guida del Coordinamento Tecnico per la
Prevenzione degli Assessorati alla Sanità
delle Regioni e delle Province Autonome di
Trento e Bolzano
DEFINIZIONI DI CANCEROGENO E/O MUTAGENO
•
Il campo di applicazione della norma si estende a tutti i luoghi di lavoro dove siano presenti agenti cancerogeni e/o
mutageni, senza limitazione alcuna.
•
Le sostanze, i preparati, le miscele, le lavorazioni e i processi che possono essere compresi nella definizione di
cancerogeno e/o mutageno sono molti.
•
E’ essenziale quindi richiamare le definizioni per la loro identificazione, così come sono riportate dal D.Lgs. 66/00 ed
integrate quindi nel Titolo VII del D.Lgs. 626/94
Si deve intendere per "agente cancerogeno"
•
una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del
D.Lgs. 52/97, e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti Direttive Comunitarie;
•
un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1., quando la concentrazione di una o più delle singole
sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie
cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei D.Lgs. 52/97, e D.Lgs. 285/98;
•
una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante
un processo previsto dall’allegato VIII.
Si deve intendere per "agente mutageno"
•
una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie mutagene 1 o 2, ai sensi del D.Lgs. 52/97,
e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti Direttive Comunitarie;
•
un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 4., quando la concentrazione di una o più delle singole
sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie
mutagene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei D.Lgs.52/97 e D.Lgs.285/98.
Linee Guida
Categorie di sostanze cancerogene e
relative frasi di rischio
Categoria 1
•
Sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo.
•
Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione dell’uomo ad una sostanza e
lo sviluppo di tumori.
Categoria 2
•
Sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo.
•
Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad una sostanza possa
provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di:
•
adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali,
•
altre informazioni specifiche.
Una sostanza viene inserita nella categoria 1 di cancerogenicità in base ai dati epidemiologici; la
collocazione nella categoria 2 si basa fondamentalmente sugli esperimenti animali.
Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti specifiche frasi di rischio:
R 45 Può provocare il cancro.
Per le sostanze ed i preparati che presentano un rischio cancerogeno soltanto per inalazione (ad esempio
sottoforma di polveri, vapori o fumi) devono essere utilizzati il seguente simbolo e specifica frase di
rischio:
R 49 Può provocare il cancro per inalazione
Linee Guida
Categorie di sostanze mutagene e
relative frasi di rischio
Categoria 1
•
Sostanze note per gli effetti mutageni sugli esseri umani.
•
Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione degli esseri umani ad una
sostanza e alterazioni genetiche ereditarie
Categoria 2
•
Sostanze che dovrebbero considerarsi mutagene per gli esseri umani.
•
Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad una sostanza possa
provocare lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie, in generale sulla base di:
•
- adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali,
•
- altre informazioni specifiche.
Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti specifiche frasi di rischio:
R 46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie
Una mutazione è l’alterazione permanente di un tratto o della struttura del materiale genetico di un organismo che provoca
un mutamento delle caratteristiche fenotipiche dell’organismo stesso. Le alterazioni possono coinvolgere un unico gene,
un raggruppamento di geni o un intero cromosoma. Gli effetti sui singoli geni possono essere la conseguenza di
mutazioni su singole basi del DNA (mutazioni puntiformi) o di alterazioni di tratti più ampi, incluse le delezioni, all’interno
di un gene. Gli effetti su interi cromosomi possono comportare alterazioni della struttura o del numero di cromosomi.
Una mutazione delle cellule germinali degli organismi a riproduzione sessuata può essere trasmessa alla progenie.
Linee Guida
Definizioni di preparato cancerogeno
e/o mutageno e relative frasi di
rischio
•
I preparati sono cancerogeni e/o mutageni sulla base della percentuale di
presenza di sostanze cancerogene e/o mutagene.
•
Se in Allegato I alla Direttiva 67/548/CEE non sono riportati limiti di
concentrazione specifici, valgono le seguenti regole generali:
•
un preparato è cancerogeno quando contiene una o più sostanze
cancerogene appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione maggiore o
uguale a 0,1%
un preparato è mutageno quando contiene una o più sostanze mutagene
appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione maggiore o uguale a 0,1%.
•
Un preparato, come previsto dal D.Lgs.285/98 è considerato cancerogeno e/o mutageno quando contiene almeno una
sostanza cancerogena e/o mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%, salvo limiti diversi e specifici di
concentrazione di cancerogenicità riportati nella scheda delle singole sostanze nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e
successive modifiche
Linee Guida
Le frasi di rischio associate
sono anche:
• R 39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi.
• R 40 Possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti.
• R 48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione
prolungata.
• R 60 Puo' ridurre la fertilita'.
• R 61 Puo' danneggiare i bambini non ancora nati.
• R 62 Possibile rischio di ridotta fertilita'.
• R 63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati.
• R 68 Possibilità di effetti irreversibili.
La Direttiva 67/548/CEE (l’ultimo adeguamento è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 100 della GAZZETTA
UFFICIALE n. 92 del 20 aprile 2006 è strato pubblicato il D.Lgs. 28 febbraio 2006: Recepimento della direttiva
2004/74/CE recante il XXIX adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE in materia di
classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose) concernente il ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio, e
all’etichettatura delle sostanze pericolose) viene periodicamente aggiornata sulla base di nuove conoscenze
scientifiche e costituisce una lista di riferimento ufficiale e sicura.
Linee Guida
Sostanze emesse durante
le attività lavorative
• Sono altresì da identificare e classificare (seguendo i
criteri previsti all’art. 61 del D.Lgs. 626/94) le sostanze e
le miscele che non entrano nel ciclo lavorativo, come
materie prime, ma che si producono e si possono
liberare durante il processo.
• In questo caso si tratta di agenti sprovvisti di
etichettatura e di scheda di sicurezza, ma per i quali
deve essere disponibile o prodotta della
documentazione tecnica
Linee Guida
Individuazione degli agenti
CANCEROGENI e/o MUTAGENI
nell’ambiente di lavoro
La valutazione, e le corrispondenti misure di prevenzione, come è stato già detto, devono essere predisposte
preventivamente, quindi prima dell’inizio dell’attività lavorativa e ciò ai sensi dell’art.72-quater comma 6. Titolo
VII-bis D.Lgs. 626/94.
E’ indispensabile seguire un percorso in ogni singola azienda per sapere preliminarmente se:
•
un agente, tra tutti quelli individuati, possa essere cancerogeno e/o mutageno,
•
se si debba approfondire se è cancerogeno e/o mutageno,
•
se si può escludere che vi siano detti agenti nel ciclo lavorativo e nell’ambiente di lavoro.
L’attenzione deve essere rivolta prima di tutto alle materie prime impiegate, prevedendo come primo passo la lettura
attenta dell’etichettatura di pericolo del prodotto utilizzato e, principalmente, della relativa scheda di sicurezza,
per verificare se siano riportate le frasi di rischio e/o le loro esplicitazioni più estese: "Può provocare il
cancro"(R 45), "Può provocare il cancro per inalazione" (R 49); "Può provocare alterazioni genetiche ereditarie"
(R 46).
In caso di dubbio rimane in capo al datore di lavoro l’impegno/obbligo di identificare le sostanze chimiche
attraverso il numero del Chemical Abstract Service (CAS), il numero CEE o numero Indice, il numero EC
corrispondente al numero dell’European INventory of Existing Commercial chemical Substances (EINECS) e
dell’European List of Notified Chemical Substances (ELINCS), in modo da poter chiedere su questa base ai
produttori le ulteriori informazioni disponibili, senza escludere, se è il caso, la consultazione di banche dati
specializzate
Linee Guida
Individuazione degli agenti
CANCEROGENI e/o MUTAGENI
nell’ambiente di lavoro
Per l’identificazione come cancerogene e/o mutagene di sostanze non
impiegate come materie prime ma prodotte durante i processi
lavorativi occorre un’analisi accurata del ciclo lavorativo
prendendo in particolare considerazione i processi di sviluppo ed
emissione di agenti chimici in alcune lavorazioni (ad esempio
saldatura, eliminazione o trattamento dei rifiuti, fusione o tempra dei
metalli, uso di fluidi lubrorefrigeranti, combustioni, lavorazioni a caldo di
materie plastiche). Inoltre possono essere indicative, ma non
esaustive, le informazioni contenute nelle schede informative in
materia di sicurezza (schede di sicurezza) di sostanze e preparati,
impiegati nelle lavorazioni considerate, per quanto attiene la
liberazione di sostanze nei relativi processi chimici o fisici. Per
l’individuazione di tali sostanze risulta indispensabile la
competenza di tecnici di processo e di igienisti industriali.
Linee Guida
Sostituzione e riduzione
•
La particolare attenzione posta dal legislatore e lo specifico approccio previsto al rischio da sostanze
cancerogene e/o mutagene sono evidenti e lo dimostra in particolare il contenuto dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94,
che prevede, in primis, in una sorta di gerarchia comportamentale, che si sostituisca l’agente cancerogeno con
ciò che non lo è; in subordine che si ricorra ad un "sistema chiuso", ulteriormente in subordine che si riduca
l’esposizione al più basso valore tecnicamente possibile.
•
Il primo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94, "sostituzione e riduzione", prevede in effetti l’eliminazione o la
riduzione dell’utilizzazione di un agente cancerogeno e/o mutageno mediante sostituzione di sostanza, di
preparato o di procedimento, "sempre che ciò" sia "tecnicamente possibile".
•
Il secondo comma dello stesso articolo prevede il ricorso ad un "sistema chiuso" per la produzione o
l’utilizzazione dell’agente cancerogeno e/o mutageno, "sempre che ciò" sia "tecnicamente possibile
•
Il terzo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94 prevede "la riduzione del livello di esposizione dei lavoratori al più
basso valore tecnicamente possibile. L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente
stabilito nell’allegato VIII-bis".
•
Nel perseguire il più basso livello di esposizione tecnicamente possibile, si devono impiegare tutte le misure
preventive tecniche, organizzative e procedurali, come indicato nell’art. 64 del D.Lgs. 626/94, in pratica secondo
norme di buona tecnica. Per valutare i risultati raggiunti occorre determinare il livello di esposizione all’agente
cancerogeno e mutageno, e confrontarlo con uno standard. Nel caso specifico lo standard, equivalente "al più
basso valore tecnicamente possibile" per una determinata condizione di esposizione lavorativa, è, nella
maggioranza dei casi non facile da definire.
Linee Guida
Sostanze per le quali sono vietati
produzione, lavorazione ed impiego
A proposito di sostituzione è importante ricordare che nell’art. 72-novies e nell’allegato VIIIquinquies del D.Lgs. 25/02, vengono in più espressamente previsti divieti di produzione,
lavorazione e impiego di agenti chimici e attività. Attualmente l’allegato VIII-quinquies
comprende quattro ammine aromatiche cancerogene e mutagene.
N° EINECS
N° CAS
Nome Agente
202-080-4
91-59-8
2-naftilamina e suoi sali 0,1% in peso
202-177-1
92-67-1
4-amminodifenile e suoi 0,1% in peso
sali
202-199-1
92-87-5
Benzidina e suoi Sali
0,1% in peso
202-204-7
92-93-3
4-nitrodifenile
0,1% in peso
Il comma 3 dell’articolo 72-novies del D.Lgs. 25/02 prevede le seguenti possibilità di deroga al divieto:
1.
attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;
2.
attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
3.
produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.
Limite per
l’esenzione
Linee Guida
VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE
Il D.Lgs. 626/94 richiede per i cancerogeni e/o mutageni una valutazione particolarmente
approfondita e documentata dell’esposizione, "di tutti i possibili modi di esposizione, compreso
quello in cui vi è assorbimento cutaneo", ricorrendo quindi, dove possibile, anche a tecniche di
valutazione dell’esposizione cutanea e agli indicatori biologici di esposizione.
La valutazione deve essere integrata con i dati previsti dal comma 4 dell’art. 63 del D.Lgs. 626/94:
1. le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni e/o mutageni, o di
processi industriali di cui all’allegato VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti
cancerogeni e/o mutageni;
2. i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero
presenti come impurità o sottoprodotti;
3. il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni;
4. l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota, e il grado della stessa;
5. le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
6. le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e/o mutageni, le caratteristiche
chimico-fisiche e tossicologiche delle sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
Linee Guida
Le misure di igiene industriale
• Per accertare e documentare la situazione di esposizione
lavorativa a cancerogeni e/o mutageni, sia il D.Lgs.25/02 sia il
D.Lgs.66/00 prevedono il ricorso a misurazioni degli agenti
mediante campionamenti ambientali allo scopo di determinare il
livello di esposizione per via inalatoria e studiare l’efficacia delle
misure di prevenzione adottate.
• Inoltre, è bene ripeterlo, il datore di lavoro effettua la misurazione
ogni volta che siano modificate le condizioni che possono far
variare l’esposizione all’agente chimico (in termini di quantità,
modalità d’uso, modifiche di tecnologie ed impianti) oppure
periodicamente per controllare l’esposizione dei lavoratori.
Linee Guida
I valori limite
• In generale per i cancerogeni e/o mutageni non è possibile
evidenziare una "soglia" di esposizione sicura, anche se bassa o
molto bassa; ciò porta a dire che è verosimile che per tali sostanze
la soglia non debba esistere, e ciò risulta particolarmente vero per
i fini pratici della prevenzione.
• Tuttavia il D.Lgs. 66/00 ha introdotto i valori limite per cloruro di
vinile monomero, benzene e polveri di legno.
• Il D.Lgs. 25/02 richiama la definizione di valore limite di
esposizione professionale e di valore limite biologico. Sia i valori
limite ambientali che quelli biologici non devono mai essere
superati.
Linee Guida
I livelli di esposizione
Alla fine del processo di valutazione è di grande utilità arrivare alla stima
dell’esposizione dei lavoratori assegnando una categoria qualiquantitativa dell’esposizione.
La valutazione dell’esposizione dei lavoratori deve permettere la loro
classificazione in:
• esposti.
• potenzialmente esposti;
LAVORATORI ESPOSTI: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o
mutageni potrebbe risultare superiore a quello della popolazione generale.
LAVORATORI POTENZIALMENTE ESPOSTI (articolo 63 comma 4. lettera c)
D.Lgs. 626/94): il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni
risulta superiore a quello della popolazione generale, solo per eventi
imprevedibili e non sistematici.
Linee Guida
I livelli di esposizione
• Questo criterio classificativo, che presuppone la definizione di valori di
riferimento nell’aria per sostanze cancerogene e mutagene nella
popolazione generale, è utile e praticabile per le sostanze ubiquitarie
nell’ambiente di vita, per le quali di fatto tali valori di riferimento esistono
e sono generalmente fissati in normative.
• Per le sostanze per le quali non è stato stabilito un valore di riferimento
si può affermare che si ha esposizione quando esse siano rintracciabili
nell’ambiente in presenza di una lavorazione che specificamente le
utilizza/produce e in concentrazioni plausibilmente ad essa riconducibili.
• Un ulteriore criterio, particolarmente utile quando si valuti l’esposizione
a sostanze che possono penetrare nell’organismo per via cutanea, può
essere fornito dai valori limite della Società Italiana Valori di Riferimento
(SIVR), coi quali ci si può confrontare con tecniche di monitoraggio
biologico.
Linee Guida
Divieti per lavorazioni con
esposizione a cancerogeni
•
E’ opportuno ricordare che non tutti i lavoratori possono essere adibiti a lavori che
comportino l’esposizione ad agenti cancerogeni e tra questi ricordiamo:
Lavoratori temporanei
(Lavoratori interinali)
Decreto Ministeriale 31 Maggio 1999: "Individuazione delle
lavorazioni comportanti una sorveglianza medica e di
quelle particolarmente pericolose vietate nella fornitura di
lavoro temporaneo", (G.U. n. 161 del 12 luglio 1999).
Lavoratrici in gravidanza e puerperio
(Lavoratrici madri)
Decreto Legislativo 151/2001: "Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della
legge 8 marzo 2000, n. 53", (G.U. n. 96 del 26 aprile 2001
- Supplemento Ordinario n. 93).
Minori
(per i Minori è ammessa la deroga da parte della Direzione
Provinciale del Lavoro previo parere dell’Azienda Unità
Sanitaria Locale competente per territorio)
Decreto Legislativo 262/2000: "Disposizioni integrative e
correttive del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345, in
materia di protezione dei giovani sul lavoro, a norma
dell'articolo 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n.
128", (G.U. n. 224 del 25 settembre 2000).
La valutazione del rischio
cancerogenetico
La valutazione del rischio cancerogenetico richiede la disponibilità
di livelli di informazione sia qualitativi che quantitativi, in altre
parole oltre ad individuare la presenza e a conoscere la
potenza di una sostanza cancerogena che può essere
impiegata in un luogo di lavoro, è necessario conoscerne anche
il livello di esposizione professionale.
La stima del rischio cancerogenetico, sia dal punto di vista
scientifico che socio-politico, sta diventando sempre più
un’esigenza per la popolazione occidentale, dove l’insorgenza
della malattia neoplastica è la seconda causa di morte dopo le
malattie cardiovascolari.
Linee Guida
evidenza di cancerogenicità e la potenza del
cancerogeno
I VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PER GLI AGENTI CANCEROGENI NELLE LISTE INTERNAZIONALI
Esistono due diverse modalità di caratterizzazione degli agenti cancerogeni: l'evidenza di cancerogenicità e la potenza del
cancerogeno
Evidenza di cancerogenicita'
•
E' dovuta alla "sicurezza" con la quale si può affermare che una sostanza può provocare effetti cancerogeni sull'uomo.
Queste considerazioni derivano da studi epidemiologici, da esperimenti su animali o da tests "in vitro" (su cellule).
•
Le sostanze cancerogene vengono classificate in diverse fasce a seconda dell'evidenza, fondata su queste prove,
dell'effetto cancerogeno sull'uomo (cancerogeno sicuro, sospetto, su cui non si hanno prove...) o sull'animale. Molti enti
hanno classificato le sostanze secondo questo criterio (IARC, EPA, ACGIH, MAK, la stessa CEE, la CCTN); queste
classificazioni non coincidono in quanto sono effettuate sulla base di prove e criteri che possono essere differenti.
Potenza di un cancerogeno
•
Indipendentemente dall'evidenza della sua cancerogenicità, una sostanza cancerogena è più o meno potente quanto è
maggiore la probabilità che un certo livello di esposizione possa provocare il cancro. E' ancora controversa l'opinione in
base alla quale si può ritenere che esista, per le sostanze cancerogene, un livello di soglia al di sotto del quale il rischio
di contrarre il tumore sia nullo.
•
Esistono dei modelli matematici che descrivono la relazione dose-risposta per queste sostanze. Tramite questi modelli, è
possibile calcolare, estrapolando alle basse dosi, il livello al di sotto del quale il rischio è pari a zero. Tuttavia, il
comportamento di molte sostanze cancerogene è difficilmente classificabile in modelli comportamentali netti; la risposta
individuale a tali sostanze è molto variabile; adottare un modello matematico al posto di un altro, alle basse dosi, può
portare a notevoli differenze nella stima della soglia di rischio.
•
Nonostante vi siano dei dubbi sulla loro efficacia, alcune liste hanno adottato valori limite per le sostanze cancerogene
Livelli di esposizione
Partendo dalla certezza che tutti noi indistintamente conviviamo
ogni giorno con un’enorme varietà di agenti cancerogeni
ambientali, iatrogeni e comportamentali, chi si trova nella
condizione di essere esposto ogni giorno ad agenti
cancerogeni anche sul posto di lavoro, deve avere la possibilità
di essere messo in condizione di conoscere quantomeno il suo
livello di esposizione, dato che la permanenza negli ambienti di
lavoro è estremamente rilevante, rappresentando quasi un
terzo del tempo di vita a sua disposizione.
Riduzione dell’esposizione
Pertanto considerando che il rischio cancerogenetico uguale a
zero non esiste, conoscere il livello delle esposizioni permette
di definire un ordine di priorità di interventi di rimozione,
riduzione e controllo delle esposizioni professionali ed
ambientali, e anche di verificare l’efficacia di tali interventi.
È evidente che la riduzione dell’esposizione ad agenti
cancerogeni rappresenta una priorità da raggiungere sia
nell’ambiente di lavoro che di vita!
Riduzione dell’esposizione
L’esposizione professionale ai cancerogeni più noti, quali
l’amianto, le amine aromatiche, il benzene, il cloruro di vinile
monomero ed altri, è, se non eliminata, per lo meno fortemente
ridotta rispetto al passato (anche se gli effetti delle esposizioni
passate continuano a manifestarsi ancor oggi). Sono stati
attuati interventi importanti per il controllo del rischio in
moltissimi ambienti di lavoro, in funzione di una migliore
gestione dell’esposizione ad agenti chimici e fisici in generale.
Tutto ciò però non ci permette di sostenere che il rischio sia stato
eliminato e quindi è necessario non sottovalutare il reale rischio
da agenti cancerogeni e mutageni. Il numero di lavoratori
esposti è certamente tutt’altro che trascurabile.
Esposizione dei lavoratori ad
agenti cancerogeni
Nel caso di presenza di sostanze cancerogene in azienda al datore di lavoro è richiesta non tanto
una valutazione del rischio intesa come stima delle probabilità di accadimento dell’evento
(sul singolo lavoratore ? Sul gruppo di lavoratori ?) quanto una valutazione particolarmente
approfondita e documentabile dell’esposizione (o meglio dell’avvenuto controllo dell’assenza
di esposizione) di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è
assorbimento cutaneo, ricorrendo anche ad indicatori di assorbimento validati (metodiche
del monitoraggio biologico).
Il Titolo VII del D.L. 626/94 è una norma tecnica che si deve applicare in relazione al fatto che il
datore di lavoro si avvale di una sorta di “deroga” autocertificata, ma pur sempre una
deroga, in quanto ricorre all’impiego di sostanze che in realtà dovrebbero essere bandite in
quanto cancerogene o delle quali è quantomeno fortemente disincentivato l’uso.
L’impiego di dette sostanze è ammissibile a patto che si realizzino condizioni accertate e
documentate che possano escludere l’assorbimento, per qualsiasi via, di queste sostanze da
parte dei lavoratori addetti e quindi potenzialmente esposti.
È indispensabile il ricorso sistematico a campionamenti ambientali, sia per escludere che gli addetti
possano assorbire le sostanze per via aerea, sia per studiare la “tenuta” del sistema.
Il sistema dovrebbe essere tale da poter escludere qualsiasi tipo di assorbimento.
Esposizione dei lavoratori ad
agenti cancerogeni
Nel caso che sia impossibile il ricorso ad un “sistema chiuso” l’obiettivo da raggiungere è
quello di provvedere affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più
basso valore tecnicamente possibile.
Il livello di esposizione ridotto al più basso valore tecnicamente possibile è cosa diversa
dall’esposizione nulla, specialmente se riferita agli effetti di un’interpretazione
estensiva di una nozione presente nella norma secondo la quale: “l’esposizione
non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito” (allegato VIIIbis)
L’ammissione da parte del datore di lavoro di aver “creato e mantenuto” dei lavoratori
esposti ad agenti cancerogeni è un’ammissione di responsabilità che necessita di
un accertamento più approfondito in termini penali, ma anche, come più spesso
avviene in altri paesi, in termini civili e assicurativi.
Lavoratori esposti
Come abbiamo già visto i lavoratori possono esser suddivisi in
•
Lavoratori non esposti, in quanto non addetti,
•
Lavoratori potenzialmente esposti,
•
Lavoratori esposti,
•
Lavoratori ex-esposti
A sua volta i lavoratori esposti possono ulteriormente essere suddivisi in
•
Esposti a bassissimi livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali inferiori al 30% del
valore limite
•
Esposti a bassi livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali inferiori al 50% del valore
limite
•
Esposti a più alti livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali comprese tra il 50% del
valore limite ed il limite stesso
Una esposizione anomala, causata da un evento non prevedibile o da un incidente, può far si che i
lavoratori non esposti o potenzialmente esposti diventino lavoratori esposti per il periodo in
cui si sono svolti i fenomeni e successivamente diventino lavoratori ex-esposti
Alcuni punti critici
Posto che sia verosimile che non esista una soglia di esposizione
corrispondente ad un rischio zero:
1.
Eventuali proposte di screening per identificare “quelle categorie di
lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta
rischi particolarmente elevati” (D.L. 66/2000 art. 64 comma j) vanno
considerate con estrema cautela, sia che si alluda ad una ipersuscettibilità
acquisita (ad esempio i fumatori), sia che si alluda ad una ipersuscettibilità
genetica, spesso ignorata dal portatore. Il tutto nel rispetto del principio
che l’esposizione a cancerogeni deve comunque essere più bassa
possibile.
2.
Per nessun tipo di tumore, alla cui eziologia possano contribuire
esposizioni professionali, sono disponibili test adeguati per essere
utilizzati in programmi di screening per la diagnosi precoce rivolti a
soggetti asintomatici
A proposito di
Sorveglianza sanitaria
1.
2.
3.
Il controllo sanitario, completo di indagine anamnestica accurata e di
esame clinico, particolarmente mirato sugli organi bersaglio, se noti, del
cancerogeno cui il lavoratore è esposto, va effettuato al meno una volta
l’anno.
La visita medica potrà, se ritenuto necessario, essere integrata da
accertamenti complementari.
In occasione di tale controllo sarà rinnovata ai lavoratori l’informazione sul
significato e sui limiti della sorveglianza sanitaria stessa, sui fattori
favorenti l’instaurarsi della malattia, sul riconoscimento precoce dei
sintomi ad essa riferibili, sul corretto uso dei dispositivi di protezione
individuale e collettivi, sulle corrette procedure di lavoro.
Questo terzo elemento è il più pregante dal punto di vista delle reali
ricadute in termini di efficacia preventiva.
Criticità della
Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria presenta notevoli aspetti
critici, in quanto non riesce ancora ad esprimere
efficaci contenuti preventivi, limitandosi, nel
migliore dei casi, alla diagnosi precoce dei
tumori professionali.
Al medico del lavoro, oggi chiamato medico competente, è affidata la
responsabilità della sorveglianza sanitaria degli esposti a rischio
cancerogeno e/o mutageno, azione sicuramente molto complessa,
densa di attese, che esprime non solo valenze cliniche, ma ben più
importanti e decisive valenze atte a migliorare la gestione del rischio.
Prevenzione secondaria
Per prevenzione secondaria dei tumori professionali (Forni
1966) si intende la diagnosi precoce delle neoplasie, in
una fase che permetta ancora un trattamento risolutivo
della malattia.
Ricordo che le linee guida dichiarano: “per nessun tipo di tumore alla cui
eziologia possano contribuire esposizioni professionali sono disponibili
adeguati test per essere utilizzati in programmi di screening per la
diagnosi precoce, rivolti a soggetti asintomatici. ... Omissis ... In linea di
principio, i medici competenti vanno scoraggiati dal porre in opera
qualsiasi intervento di screening per la diagnosi di tumori, rivolto a
soggetti asintomatici. Possono invece essere incoraggiati (se si
verificassero gli adeguati presupposti scientifici e logistici) a partecipare a
ricerche per la valutazione dell’efficacia di nuove proposte di screening”.
Risultati più validi si ottengono con sistemi di intervento mirati associati alla
citologia esfoliativa (ETP dell’utero, del polmone e della vescica)
Criticità della
Sorveglianza sanitaria
Nel percorso applicativo del Titolo VII del D.Lgs.
626/94, così come modificato dal D.Lgs. 66/2000,
si incontrano alcuni nodi critici che possono
interferire nella resa della sorveglianza sanitaria:
• La classificazione degli agenti cancerogeni e/o
mutageni
• L’incertezza nella caratterizzazione dei cancerogeni
e dei mutageni
• Il processo di valutazione del rischio.
La classificazione degli agenti
cancerogeni e/o mutageni
Il D.Lgs. 626/94 aveva definito cancerogeno la sostanza o il preparato a cui la Direttiva
67/548/CEE attribuisce la menzione R 45 e R 49 e una sostanza, un preparato ed
un processo di cui all’allegato VIII, nonchè una sostanza ed un preparato prodotti
durante un processo di cui all’allegato VIII
Il D.Lgs. 66/2000 sostituisce la presente classificazione conferendole altro spessore.
Infatti per agente cancerogeno e/o mutageno si deve intendere:
1.
Una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie
cancerogene 7 mutagene 1 o 2, stabilite ai sensi del D.Lgs. 52/1997 e successive
modifiche
2.
Un preparato contenete una o più sostanze di cui al punto 1, quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai
limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie
cancerogene / mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai DD.LLgs. 52/1997 e
285/1998
3.
Una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII, nonchè una
sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto nell’allegato VIII
La classificazione degli agenti
cancerogeni e/o mutageni
In pratica, oltre a sostanze e preparati già etichettati con al frase di rischio R 45, R 49 e R 46,
rientrano tutti quegli agenti che rispondono ai criteri classificativi pur non essendo classificati
ancora ufficialmente.
Viene così attribuita la menzione di cancerogeno / mutageno a molte sostanze non ancora
classificate ufficialmente , spesso però senza chiarire la fonte dei dati scientifici usati.
Una ulteriore difficoltà insorge poi quando si ha a che fare con sostanze classificate cancerogene /
mutagene da Istituzioni diverse dall’unione Europea, come le autorevoli ACGIH, OSHA,
IARC e la nostra CCTN.
Ricordo che le frasi associate al rischio cancerogeno / mutageno sono anche:
•
R 39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi.
•
R 40 Possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti.
•
R 48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata.
•
R 60 Puo' ridurre la fertilita'.
•
R 61 Puo' danneggiare i bambini non ancora nati.
•
R 62 Possibile rischio di ridotta fertilita'.
•
R 63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati.
•
R 68 Possibilità di effetti irreversibili.
La classificazione degli agenti
cancerogeni e/o mutageni
Gaffuri sostiene che l’applicazione delle prescrizioni del
D.Lgs. 626/94 e del D.Lgs. 66/2000 nell’ambito
dell’esposizione ad agenti cancerogeni nell’ambiente
di lavoro abbia bisogno di riflessioni e del ricorso ad
un’informazione scientifica più completa di quella
ottenibile dalla sola lettura dei due decreti. Secondo
l’autore un punto critico sembra essere in primo
luogo la definizione di cancerogeno e di mutageno,
che appare troppo schematica, e che non tirnr conto
delle varie classificazioni che ben otto agenzie
internazionali hanno applicato alla materia e alle
quali Gaffuri consiglia di ricorrere per un intervento
più consapevole.
L’incertezza nella
caratterizzazione dei
cancerogeni e dei mutageni
La normativa prevede criteri dettagliati per una corretta valutazione del rischio al fine di
evidenziare le caratteristiche dell’esposizione, valutando la èpossibilità cha ha la
sostanza cancerogena di penetrare nell’organismo, secondo le diverse vie di
assorbimento.
Tenendo conto che (A. Forni 1966)
•
gli organi bersaglio dei cancerogeni diretti sono rappresentati prevalentemente
dalle vie di ingresso,
•
mentre gli organi bersaglio dei cancerogeni indiretti possono essere rappresentati
sia dalle vie di ingresso (se l’attivazione avviene direttamente a livello degli epiteli
con cui viene in contatto), sia nelle sedi di trasformazione metabolica
(prevalentemente a livello epatico e in minor misura renale) sia a livello delle sedi
di accumulo e di eliminazione (esempio vescica),
Ne deriva che spesso la valutazione dell’esposizione risponde a criteri
approssimativi incapaci di dettagliare le effettive condizioni di esposizione
e l’effettivo rischio cui sono sottoposti i lavoratori.
Ne deriva inoltre che la misura del rischio risponde a considerazioni precauzionali
(come d’altra parte è giusto che sia) piuttosto che a criteri scientificamente
basati.
Il processo di valutazione
del rischio
Stabilito che il contenuto della sorveglianza sanitaria
scaturisce direttamente dalla valutazione del rischio
effettuata, senza per altro voler generalizzare, si
assiste spesso alla marginalizzazione del medico
competente rispetto al processo di valutazione del
rischio.
Ci sentiamo quindi autorizzati ad affermare che spesso il
medico competente si trova a prendere visione di
documenti di valutazione del rischio che non sono
sufficienti a definire correttamente il programma di
intervento sanitario.
Quale soveglianza sanitaria ?
Fermo restando che la sorveglianza sanitaria è un obbligo sancito
per legge e la cui omissione è sanzionata penalmente,
rimane il quesito su quale debba essere il suo contenuto e
sulle attese che in essa vengono riposte.
Bisogna inoltre ricordare che uno degli obiettivi della sorveglianza
sanitaria è l’espressione del giudizio di idoneità alla mansione
specifica (art. 16 D.Lgs. 626/94).
In questo scenario di incertezze anche il giudizio di idoneità per gli
esposti a cancerogeni e mutageni, comporta per il medico
competente difficoltà etiche e pratiche ben più pesanti
rispetto alla gestione di altri rischi professionali.
Al medico del lavoro si chiede di accollarsi un gravoso “debito
sociale” le cui conseguenze sono tutte e solo a carico di
questo sanitario.
Fonte: intervento ANMA – Convegno Modena 28/settembre/2001
Prevenzione primaria
Stante l’evidenza che le attuali conoscenze non
sono assolutamente in grado di soddisfare le
attese di una sorveglianza sanitaria degli
esposti ad agenti cancerogeni e mutageni
come richiesta dal da D.Lgs. 626/94 e
successive modifiche:
È attuabile invece una prevenzione primaria
intesa come individuazione di fattori di rischio
individuali e la loro correzione attraverso
consigli comportamentali, informazione,
educazione sanitaria, ecc.
Il ruolo dell’informazione e
della formazione nella
prevenzione e protezione da
agenti cancerogeni e mutageni
Il cancro rimane sempre al secondo posto tra le cause di morte precoce dopo l’infarto e le malattie
cardiovascolari. Uno dei motivi principali delle difficoltà che si incontrano nel combattere questa
malattia letale risiede nella scarsa conoscenza cha ancora si ha sul meccanismo che da luogo alla
formazione di cellule neoplastiche; a questo si aggiunge la difficoltà nell’identificazione e
classificazione delle sostanze cancerogene e mutagene
LA PREVENZIONE
Viene sempre più riconosciuto come estremamente importante il ruolo della PREVENZIONE nei confronti
di:
1.
Inquinamento ambientale (indoor e outdoor)
2.
Alimentazione
3.
Abitudini voluttuarie
4.
Inquinamento in ambiente di lavoro
Per quanto riguarda in particolare gli ambienti di lavoro la promulgazione di normative specifiche traccia
le linee di un comportamento scrupoloso (e continuativo) da tenere al fine di ridurre i rischi
connessi al tipo di attività produttiva.
Nella corretta gestione del rischio è importante, importantissimo, manipolare ed impiegare le sostanze
cancerogene e/o mutagene seguendo precise norme di sicurezza e attuare le seguenti condizioni:
•
I pericoli devono essere noti
•
Le procedure di impiego devono far parte del bagaglio culturale del datore di lavoro
•
Deve esserci ampia disponibilità di adeguati mezzi di protezione, sia individuali che collettivi
•
Bisogna provvedere scrupolosamente alla informazione e formazione dei lavoratori
•
Deve essere disponibile un piano di emergenza atto a minimizzare l’esposizione accidentale
Adempimenti da parte
del datore di lavoro – 626/94
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
Identificazione delle sostanze cancerogene
Censimento delle lavorazioni e delle unità produttive
Identificazione dei lavoratori esposti
Valutazione dell’esposizione
Adozione di interventi tecnici per la sostituzione delle sostanze cancerogene o la riduzione
dell’esposizione ai più bassi livelli tecnicamente ottenibili
Limitazione al minimo dei quantitativi impiegati, nonché del numero degli esposti
Installazione, e verifica dell’efficacia, dei dispositivi di aspirazione, pulizia degli ambienti e delle
attrezzature di lavoro, procedure di emergenza per anomale condizioni di esposizione
Predisposizione di servizi per il personale, fornitura di presidi di protezione personale e collettiva, rispetto
delle norme di base d’igiene del lavoro e di igiene personale
Informazione e formazione sui rischi e sulle procedure di lavoro, nonché sulle corrette pratiche preventive
Identificazione e rimozione delle cause di esposizione anomala e non prevedibile
Particolari precauzioni e disposizioni preventive per operazioni particolari, quali quelle di manutenzione ,
che comportano sempre un prevedibile eccesso di esposizione
Nomina del medico competente
Collaborazione con il medesimo nella valutazione dei rischi di esposizione ad agenti cancerogeni e/o
mutageni e nella stesura di corrette procedure di lavoro
fonti: Colombi e Basilico (1997)
Azioni da intraprendere
in caso di rischio cancerogenetico
Pesante contaminazione
ambientale con possibilità di
esposizione per i lavoratori
1.
2.
Possibile rischio di esposizione nei
luoghi di lavoro
1.
Monitoraggio ambientale e biologico
ogni 6 mesi
Rischio potenziale di
contaminazione
1.
Nessun intervento, se non in caso di
modifiche delle condizioni di lavoro
Monitoraggio ambientale e biologico
annuale
Fonte: Apostoli e altri (1996)
3.
4.
2.
Intervento immediato di bonifica
Controllo delle concentrazioni residue
dopo la decontaminazione
Monitoraggio ambientale mensile
Monitoraggio biologico sugli esposti
mensile
Informazione e formazione
Per poter essere veramente in grado di cooperare alla prevenzione dei rischi, i lavoratori dovrebbero
essere pienamente informati. In particolar modo uno dei cardini nella rimozione del rischio nei
luoghi di lavoro è rappresentato dalle informazioni fornite dalle schede di sicurezza (Ghelli e
Baroncelli – 1994, Ignatowski e Weiler – 1995, Bressa – 1997)
L’informazione dovrebbe pure riguardare i rischi e gli effetti relativi alle attività svolte con
sostanze/processi cancerogeni, le concentrazioni prevedibili di esse durante le attività sul luogo di
lavoro e le misure preventive da adottare. Quest’ultimo aspetto dovrebbe tradursi in particolare in
regole operative dettagliate e d in un processo formativo specifico dei lavoratori impegnati in
attività ad alto rischio e e/o di elevata responsabilità (Barore – 1997)
La formazione è importante non solo perchè fornisce conoscenze e competenze ai lavoratori,
permettendo un miglior controllo dei rischi, ma anche perchè facilita la partecipazione attiva delle
maestranze al processo di realizzazione della sicurezza in senso globale (Frasca – 1996)
La conoscenza da parte di ciascun lavoratore delle caratteristiche del proprio ambiente di lavoro in
termini di rischio favorisce infatti la presa di coscienza che i singoli atti comportamentali possono
avere in alcune circostanze un peso rilevante ai fini della sicurezza (Russo 1996)
L’informazione e al formazione risultano quindi estremamente importanti per una percezione corretta dei
rischi, in quanto si è osservato che i soggetti, presi singolarmente, tendono a sottovalutare alcuni
fattori di rischio e ne sopravvalutano altri senza apparente motivazione (Bressa e Cecconi – 1996)
Cassazione – Sez. Penale
sentenza n. 6486 del 3 giugno 1995
... Omissis ... La Suprema Corte interpretando il Testo fondamentale in
tema di norme antinfortunistiche – il DPR 547/55 – ha costantemente
affermato che il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui
spetta la sicurezza sul lavoro – che sono coloro che debbono, ex
lege, garantire la incolumità psico-fisica del lavoratore – è un
compito molteplice, articolato, cha va dalla istruzione dei lavoratori
sui rischi di determinati lavori e sulla necessità di adottare certe
misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure . ...
Omissis ... In altri termini , il datore di lavoro o il direttore della
sicurezza del lavoro debbono avere la cultura, la forma mentis del
garante di un bene prezioso qual è certamente l’integrità del
lavoratore; ed è da questa doverosa cultura che deve scaturire il
dovere di educare il lavoratore a fare uso degli strumenti di
protezione e il distinto dovere di controllare assiduamente, a costo
do essere pedanti, che il lavoratore abbia appreso la lezione ed abbia
imparato a seguirla.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
registri e cartelle sanitarie dei lavoratori
esposti durante il lavoro ad agenti
cangerogeni (regolamento attuativo
dell’art.70, comma 9, del D.Lgs. 626/94
•
•
Con la promulgazione del decreto in oggetto, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale numero 217 del
18/settembre/2007, vengono istituiti i metodi di
compilazione e di tenuta sia del registro che della cartella
sanitaria e di rischio dei lavoratori esposti ad agenti
cancerogeni.
La norma specifica inoltre quali siano i doveri del datore
di lavoro, nonchè quelli del medico competente.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 1
•
Art. 1.
Ambito, finalita' e campo di applicazione
•
1. Il regolamento si applica ai settori di attivita' pubblici o privati rientranti
nel campo di applicazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e
successive modificazioni.
2. I dati relativi agli accertamenti sanitari e la conseguente registrazione
degli stessi nelle cartelle sanitarie o nel registro di cui ai successivi articoli
possono essere trattati esclusivamente per le finalita' di igiene e sicurezza
del lavoro.
Note all’articolo 1
•
1. I lavoratori di cui all'art. 69 sono iscritti in un registro nel quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta,
l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro e'
istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'art. 69, provvede ad istituire e aggiornare una cartella
sanitaria e di rischio, custodita presso l'azienda o l'unita' produttiva sotto la responsabilita' del datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono
conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni
dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi
con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto
ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per
territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di
vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attivita' con esposizione ad agenti
cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi
del comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con
decreto del Ministro delle sanita', di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanita' dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui
al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 2
•
Art. 2.
Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni
•
1. Il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni di cui all'articolo
70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, e' istituito dal datore di lavoro, conformemente al modello di
cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente regolamento
e compilato sulla base della valutazione di cui all'articolo 63 del citato
decreto legislativo n. 626 del 1994.
2. Il registro di cui al comma 1 e' costituito da fogli legati e numerati
progressivamente.
3. Il datore di lavoro invia in busta chiusa, siglata dal medico competente, la
copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione
e la sicurezza del lavoro (ISPESL) e all'organo di vigilanza competente per
territorio entro trenta giorni dalla sua istituzione.
Note all’articolo 2
•
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione ad agenti
cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e
della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della
loro concentrazione, della capacita' degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa
compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello
in cui vi e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e
protettive del presente titolo, adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, e' integrato con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di
processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti
cancerogeni o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero
presenti come impurita' o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni o mutageni e le sostanze e i
preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del
processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui
all'art. 9, comma 3.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 3
•
Art. 3.
Cartella sanitaria e di rischio
•
1. Le cartelle sanitarie e di rischio, di cui agli articoli 17 e 70 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626 sono compilate in conformita' al modello di cui all'allegato 2 che costituisce parte
integrante del presente regolamento.
2. I documenti di cui al comma 1 sono costituiti da fogli legati e numerati progressivamente.
3. E' consentita l'adozione di cartelle sanitarie e di rischio diverse dal modello di cui all'allegato 2,
sempre che vi siano comunque inclusi i dati e le notizie indicati nell'allegato stesso.
4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124, le cartelle sanitarie di cui al comma 1 possono essere utilizzate anche per la
sorveglianza sanitaria prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
5. Nel caso di lavoratori esposti contemporaneamente a radiazioni ionizzanti e ad agenti
cancerogeni per i quali e' istituito il documento sanitario personale ai sensi dell'articolo 90 del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, il predetto documento va integrato con le informazioni
previste nel modello di cui all'allegato 2.
6. La conservazione dei dati sanitari raccolti deve essere assicurata per 40 anni dalla cessazione
del lavoro comportante esposizione ad agenti cancerogeni.
7. La conservazione dei dati raccolti deve essere assicurata per 30 anni dalla cessazione del lavoro
comportante esposizione a radiazioni ionizzanti, e dovranno essere cancellati successivamente a
tale termine dalla cartella sanitaria solo nel caso in cui tali dati non risultano indispensabili, quale
fonte d'informazione polivalente in relazione alla relativa esposizione anche ad agenti cancerogeni.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 4
•
Art. 4.
Accertamenti integrativi
•
1. Gli esiti degli accertamenti integrativi
indicati nella cartella sanitaria e di rischio,
vistati e numerati dal medico competente,
devono essere allegati alla cartella stessa,
di cui costituiscono parte integrante.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 5
•
Art. 5.
Modalita' di istituzione del registro e delle cartelle sanitarie e di
rischio
•
1. Il datore di lavoro istituisce il registro di cui all'articolo 2
apponendo la propria sottoscrizione sulla prima pagina del registro
stesso, debitamente compilato con le informazioni previste
nell'allegato 1.
2. Il medico competente istituisce la cartella sanitaria e di rischio di
cui all'articolo 3 per ogni lavoratore da sottoporre a sorveglianza
sanitaria, apponendo la propria sottoscrizione sulla prima pagina
della cartella, debitamente compilata, con le informazioni previste
nell'allegato 2.
3. Il datore di lavoro appone la data e la propria sottoscrizione sulla
prima pagina dei documenti istituiti ai sensi del comma 2,
dichiarando altresi' il numero di pagine di cui si compongono i
documenti medesimi.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 6
•
Art. 6.
Compilazione dei documenti
•
1. I registri di cui all'articolo 2 e le cartelle sanitarie di cui all'articolo
3 sono compilati in modo chiaramente leggibile, con inchiostro o
altro materiale indelebile, senza abrasioni; le rettifiche o correzioni,
siglate dal compilatore sono eseguite in modo che il testo sostituito
sia leggibile, gli spazi bianchi tra annotazioni successive sono
barrati.
2. La compilazione dei registri di cui al comma 1 e' effettuata in
conformita' alle indicazioni riportate nell'allegato 4 che fa parte
integrante del presente regolamento.
3. Le registrazioni sui documenti di cui al comma 1 sono effettuate,
ove sia possibile, mediante fogli prestampati. In tale caso tutti i fogli
devono essere applicati in modo stabile sulle pagine dei documenti e
controfirmati dai responsabili delle informazioni ivi contenute in
maniera che la firma interessi il margine di ciascun foglio e la pagina
sulla quale e' applicato.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 7
•
Art. 7.
Comunicazioni periodiche
•
1. Il datore di lavoro provvede a comunicare le variazioni
di cui all'articolo 70, comma 8, lettera a) del decreto
legislativo n. 626 del 1994, inerenti i dati dell'azienda o
dell'unita' produttiva, utilizzando il modello di cui
all'allegato 1A, compilato solo nelle parti interessate dalle
variazioni stesse. Le variazioni inerenti i dati individuali
dei lavoratori sono comunicate tramite invio della copia,
in busta chiusa siglata dal medico competente, della
corrispondente pagina del registro all'Istituto superiore
per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di
vigilanza competente per territorio.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 8
•
Art. 8.
Comunicazione all'ISPESL in caso di cessazione delle attivita' lavorative
•
1. In caso di cessazione del rapporto di lavoro o di passaggio del dipendente
di una amministrazione pubblica ad altri soggetti, pubblici o privati il datore
di lavoro adotta le misure necessarie affinche' siano trasmesse, all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro (ISPESL) come previsto
dall'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, le
variazioni delle annotazioni individuali contenute nel registro e le cartelle
sanitarie e di rischio entro trenta giorni dalla cessazione
del rapporto di lavoro o nel caso di passaggio o trasferimento.
2. In caso di cessazione dell'attivita' dell'azienda, di trasferimento o
conferimento di attivita', svolte da pubbliche amministrazioni ad altri
soggetti, pubblici o privati, ovvero di soppressione di pubblica
amministrazione, il datore di lavoro trasmette il registro e le cartelle sanitarie
e di rischio all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro,
nel termine previsto al comma 1 e con le modalita' di cui al comma 3.
3. Al fine di assicurare la riservatezza dei dati, le cartelle sanitarie e di
rischio vanno trasmesse in busta chiusa, siglata dal medico competente.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 9
•
Art. 9.
Esposizioni precedenti
•
1. In caso di assunzione di lavoratori che dichiarino di
essere stati esposti, presso precedenti datori di lavoro,
ad agenti cancerogeni il datore di lavoro chiede,
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro (ISPESL) copia, se non consegnata dal lavoratore,
della documentazione di cui all'articolo 70 del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, facendo uso del
modello di cui all'allegato 3, che fa parte
integrante del presente regolamento, compilato in ogni
sua parte.
Decreto 12 luglio 2007, n. 155
articolo 10 - 11
•
•
•
•
Art. 10.
Sistemi di elaborazione automatica dei dati
1. E' consentito l'impiego di sistemi di
elaborazione automatica dei dati per la
tenuta informatizzata dei registri e delle
cartelle sanitarie e di rischio, ... Omissis ...
Art. 11.
Norme finali e transitorie
...omissis ...
Allegati
Incombenze amministrative
È da temere che un’interpretazione troppo rigida e troppo formale della
norma, piuttosto che verso una soluzione veramente preventiva,
vada invece verso un appesantimento delle incombenze di tipo
amministrativo in capo alle aziende, con ben scarsi benefici per la
salute dei lavoratori.
La riduzione a mero problema amministrativo dell’intero sistema
rappresenterebbe un sostanziale fallimento dello spirito della norma.
Quanto invece l’applicazione delle norme e delle Linee Guida possa
stimolare un progresso nel campo della cancerologia occupazionale
lo si potrà verificare solo dai risultati ottenuti in un prossimo futuro.
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Decreto Legislativo 626/94 Titolo VII – protezione da agenti