1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
La fauna ittica della Provincia di Arezzo
Dr. STEFANO PORCELLOTTI
Segretario Associazione Ichthyos
1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
La fauna ittica della Provincia di Arezzo
Il distretto faunistico Arno-tiberino, come gli
altri distretti italiani, ha un’origine antica da
cinque a tre milioni e mezzo d’anni, lasso di
tempo che ha visto l’alternarsi di fasi di
climatiche e geologiche che hanno inciso
profondamente sul popolamento ittico dei
suoi bacini. A causa della formazione di
spartiacque (catena appenninica) il bacino
Arno-tiberino ha avuto storia separata
rispetto alle restanti aree fluviali d’Italia e
d’Europa.
Nei corsi d’acqua del bacino erano
inizialmente presenti i ceppi ancestrali dei
pesci tipici dell’area europea, come i
Ciprinidi dei genere Rutilus, Leuciscus e
Chondrostoma, i già stabilizzati generi Esox
e Tinca, i Salmonidi primitivi e vari gruppi di
Cottidi e Perciformi.
A causa del successivo isolamento
zoogeografico, i gruppi originari si sono
modificati determinando delle forme
caratteristiche, come ad esempio la Rovella
per il genere Rutilus o la trota Macrostigma
per il gruppo dei Salmonidi, che hanno
caratterizzato fortemente il nostro
popolamento ittico, ancora ricco di
interessanti endemismi.
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Questo popolamento ittico strutturato è perdurato, quasi intatto, fino
circa la metà dell’800, con una biodiversità composta da circa 12 specie
ittiche.
Con l’avvento dell’ittiocoltura si assiste, in seguito, all’introduzione di
nuove specie attraverso vari intervento di ripopolamento. Arriva così il
Persico Reale, La Trota Fario, si potenzia la presenza della Carpa (già
introdotta in epoca romana), si introduce la Savetta ed il Barbo Italico.
Successivamente, tra la fine dell’800 e la fine della seconda guerra
mondiale, vengono introdotte varie specie nord americane: la Trota Iridea,
Il Persico Sole, Il Persico Trota ed il Pesce Gatto, assieme all’Alborella ed
al Carassio, entrambe provenienti dall’area padana.
Questa composizione della fauna ittica è rimasta stabile circa fino agli
ultimi 10 – 15 anni. Con l’abolizione delle barriere doganali, a causa
dell’unificazione europea, assieme all’aumento di facilità nei trasporti
grazie alle migliorate infrastrutture viarie, comincia il vero dramma delle
nostre specie autoctone.
Sembra che l’aumento del rischio di estinzione della nostra ittiofauna, sia
direttamente proporzionale all’aumento di capacità di spostamento delle
persone.In passato, ad esempio, era difficile andare a pescare in luoghi
lontani, rientrare con il pesce ancora vivo e immetterlo in acque libere,
esisteva una specie di barriera economico - geografica che inibiva
l’ingresso di specie alloctone.
Con la rimozine di questa barriera stiamo assistendo ad un arrivo,
continue e costante, di specie esotiche o europee alloctone, come il
Siluro, il Pesce Gatto Punteggiato, il Pesce Gatto Africano, la
Pseudorasbora, il Barbo Europeo, vari Barbi di origine iberica e così via.
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L’introduzione di queste specie si sta rivelando altamente pericolosa per il
mantenimento della biodiversità in generale, e per la stabilità delle popolazioni della
nostra fauna ittica autoctona in particolare.
Varie cause concorrono a fare di questi “stranieri” un vero pericolo mortale:
inquinamento genetico, competizione alimentare, introduzione di organismi patogeni e
malattie virali, sono la conseguenza di incaute immissioni. Per questi motivi la
comunità ittica dei fiumi aretini risulta fortemente compromessa.
La comunità Ciprinicola tipica dell’Arno, all’altezza della provincia d’Arezzo, era
rappresentata nelle zone vallive da carpa, Tinca, Scardola, Rovella, Vairone
Appenninico, Cavedano Etrusco, Cavedano comune,Barbo Canino e una sottospecie di
Barbus plebejus (probabilmente scomparsa a causa di inquinamento genetico causato
dall’immissione dei “cugini” del nord Italia) e un Barbo, che doveva essere la famosa
varietà Barbus tyberinus, già esaminata dal grande Ittiologo Bonaparte verso la metà
del 1800, probabilmente sopravvissuto in Arno fino ad una venticinquina di anni fa,
quando si cominciò ad immettere il Barbus plebeius proveniente dalla zona Padana.
Riguardo al Barbo Tiberino, mi diceva il Prof.re Mearelli, probabilmente risulta ancora
presente nella bacino Altotiberino.
Quer quanto riguarda i Salmonidi, e più precisamente la Trota, dobbiamo rilevare che
esiste una discreta discussione per definire la Trota Fario come trota indigena.
Questione che probabilmente resterà irrisolta. L’immissione delle Trote di ceppo Fario,
prolungato nel tempo, ha dato origine a delle forme che probabilmente hanno dato
origine a ceppi capaci di riprodursi ed ormai perfettamente acclimatati. In carenza di
fonti letterarie attendibili, e data la lontana data d’inizio dei popolamento con Trote di
ceppo Fario (fine dell’800), non siamo più di capire se le Trote preesistenti nell’Arno
fossero state Macrostigma o Trutta. Qui si aprirebbe il discorso sulla validità di tentare
la reimmissione della Trota Macrostigma, dibattito che ormai va avanti da un po’ di
tempo, ma che andebbe affrontato in altra sede.
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Erano presente in buona quantità anche Gobidi e Cottidi. il Padogobius nigricans,
cioè il Ghiozzo di Ruscello o Ghiozzo Etrusco, attualmente minacciado d’estinzione
in Arno ma presente in buone quantità nel Tevere. Il Cottus gobio, lo Scazzone, di
cui esistono popolazioni relitte nell’areale pistoiese, è probabilmente estinto nei
bacini di Arno e Tevere, ma sembra presente in quelli del Foglia e del Marecchia. Lo
Scazzone è andato probabilmente in estinzione anche a causa delle frequenti grosse
immissione di Trote, salmonidi che si alimentano prevalentemente di questo tipo di
pesci, presenti anche nella parte alta dei torrenti.
Ricapitolando, fino a 25 anni fa la popolazione ittica dell’Arno era abbastanza
stabile, c’erano forti quantitativi di pesce nel bacino, dove la biomassa principale
era rappresentato dalla Rovella. In seguito si sono verificati contemporaneamente
un degrado climatico generalizzato, un peggioramento delle condizioni ambientali,
un aumento del prelievo idrico, situazione aggravata dal punto di vista di certi
fenomeni d’inquinamento anche massivo che ha determinato morie ecc.
Per la concomitanza di tutti questi eventi la popolazione è andata in crisi ed è stata
sostituita da altri pesci che sono stati immessi. E’ il caso del Carassio e
dell’Alborella, quest’ultima, infatti, non è pesce autoctono del bacino Arno-tiberino;
piuttosto potevano esserci, anche se non ci sono dati concreti sulla loro presenza,
delle popolazioni di Alburnus albidus cioè dell’Alborella appenninica. L’Alborella fu
introdotta in massa verso la fine degli anni ’60, come pesce da gara, e
successivamente ha colonizzato prima i grandi bacini delle nostre dighe escludendo
completamente la Rovella che prima li popolava, poiché l’Arborella è un competitore
alimentare della Rovella e non sono compatibili sullo stesso areale.
La fauna ittica aretina costituiva un capitale unico nel suo genere, originato in un
lungo periodo di millenni, dobbiamo cercare disalvare il salvabile e cercare di
ripristinare l’antica composizione di bacino, anche se la cosa è molto difficile anche
a causa di specie che non possono più essere eliminate, come l’Alborella.
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Le modificazioni intervenute nel popolamento ittico del territorio aretino, dagli inizi del secolo ad oggi, consistono
nella forte riduzione di alcune specie autoctone e nell'introduzione di parecchie specie esotiche. In questo secolo si è
registrata l'introduzione di 17-23 (il numero reale è di difficile verifica) specie esotiche; alcune di queste si sono
riprodotte in natura e vanno considerate acclimatate, altre continuano a essere immesse.
Le introduzioni sono state effettuate in tempi differenti, dalla fine del secolo scorso ai giorni nostri, e sono avvenute
sia volontariamente, per scopi economico commerciali, ornamentali, di pesca sportiva o lotta biologica, sia
involontariamente, con specie sfuggite da allevamenti o specchi d'acqua privati o immesse insieme ad altro materiale
da ripopolamento cui erano frammiste. Alle modificazioni nella composizione del popolamento ittico si sono aggiunte
profonde variazioni nella tipologia e nella consistenza delle comunità dei singoli corpi idrici, con la riduzione o
l'ampliamento dell'areale di distribuzione delle specie indigene e la maggiore o minore diffusione di quelle esotiche.
Specie Autoctone o di antica introduzione e stabilmente acclimatate:
Trota Macrostigma
Salmo macrostigma
Ghiozzo Etrusco
Padogobius nigricans
Scazzone
Cottus gobio
Cavedano Etrusco
Leuciscus locumonis
Cavedano Comune
Leuciscus cephalus
Barbo Canino
Barbus caninus
Barbo Italico
Barbus plebejus
BarboTiberino
Barbus tyberinus
Rovella
Rutilus rubilio
Vairone
Leuciscus souffia
Lasca*
Chondrostoma genei
Tinca
Tinca tinca
Carpa*
Cyprinus carpius
Savetta*
Chondrostoma soetta
Scardola
Scardinius scardafa
Alborella**
Alburnus alburnus
Cobite
Cobitis taenia
Persico Reale*
Perca fluviatilis
Luccio
Esox lucius
Anguilla
Anguilla anguilla
*) Le specie contrassegnate dall'asterisco non sono autoctone, come nel caso della Carpa, la loro introduzione è però antica e non ha causato
alcuna alterazione alla fauna primitiva. Per questo motivo vengono incluse assieme alle altre specie tipiche dei nostri corsi d'acqua. **)
L’alborella comune (Alburnus alburnus) è stata introdotta in tempi recenti ma potrebbe essere presente l’alborella appenninica (Alburnus
albidus). In assenza di studi a riguardo inseriamo provvisoriamente questa specie tra le autoctone.
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Specie Alloctone o introdotte
Lucioperca
Stizostedion lucioperca
Persico Sole
Lepomis gibbosus
Persico Trota
Micropterus salmoides
Trota Comune o Fario
Salmo trutta fario
Trota Iridea
Oncorhynchus mikiss
Barbo Comune
Barbus barbus
Amur o Carpa Erbivora
Ctenopharyngodon idella
Triotto
Rutilus erythrophtalmus
Pigo
Rutilus pigus
Rutilo o Gardons
Rutilus rutilus
Carpa Testagrossa
Hypophtalmichthys nobilis
Carpa Argentata
Hypophtalmichthys molitrix
Pesce Rosso
Carassius auratus
Carassio ?
Carassius carassius
Abramide o Breme
Abramis brama
Blicca
Abramis blicca
Pseudorasbora
Pseudorasbora parva
Alborella Carenata ?
Alburnoides bipuctatus
Siluro d’Europa
Silurus glanis
Pesce Gatto Nero
Ameiurus melas
Pesce Gatto Punteggiato Ictalurus punctatus
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Situazione Attuale
Nelle acque della provincia di Arezzo, con poche eccezioni dovute ai ripopolamenti, si può senz'altro asserire che le
specie meno tolleranti e le migratrici obbligate o sono scomparse o hanno notevolmente ridotto la loro presenza,
mentre le più adattabili, tra cui parte di quelle introdotte, si sono andate spesso affermando in maniera esplosiva
contribuendo a danneggiare ulteriormente le prime. La situazione attuale delle 20 specie ittiche autoctone alle acque
interne della provincia di Arezzo si presenta abbastanza compromessa:
1)
Trota Macrostigma
=
estinto o rarissimo
2)
Ghiozzo Etrusco
=
in via d’estinzione o gravemente minacciato
3)
Scazzone
=
estinto o rarissimo
4)
Cavedano Etrusco
=
gravemente minacciato
5)
Barbo Canino
=
gravemente minacciato
6)
Barbo Tiberino
=
gravemente minacciato
7)
Rovella
=
gravemente minacciato
8)
Vairone
=
gravemente minacciato
9)
Lasca*
=
gravemente minacciato
10)
Cobite
=
gravemente minacciato
11)
Savetta*
=
raro o minacciato
Il Barbo Comune (12), il Persico Reale* (13) ed il Luccio (14), sono in forte sofferenza ma possono essere supportati
mediante semine. La presenza dell’anguilla (15), vista la mancanza di scale di monta nei principali bacini idroelettrici,
dipende esclusivamente da periodiche reimmissioni. Vista la mancanza di idonei quartieri riproduttivi, la presenza di
Tinca (16) e Carpa* (17) dipende fortemente da semine di materiale allevato in cattività. Godono di ottima salute
soltanto Scardola (18) e Alborella* (19) e Cavedano Comune (20).
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Situazione Attuale
Tra le specie alloctone vi sono invece casi d’esplosioni
numeriche a carattere infestante come nel caso del Carassio,
del Carassio Dorato e del Pesce Gatto Nero. Il Boccalone o
Persico Trota si è perfettamente acclimatato e minaccia la
sopravvivenza di molti elementi della fauna autoctona protetta
(Tritoni, Salamandre ecc.). La Trota Fario è stata immessa in
quantità talmente esagerata da essere la causa principale
della sofferenza delle altre specie ittiche di torrente.
Esistono anche segnalazioni (da verificare sulla presenza nei
tratti inferiori dell’Arno di esemplari di Lucioperca
(Stizostedion lucioperca), di Abramide (Abramis brama) e di
Rutilo (Rutilius rutilus), sarebbero inoltre presenti esemplari
di Siluro d’Europa (Silurus glanis) nel bacino artificiale di
Montedoglio.
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A tutela delle specie autoctone sarebbero auspicabili i seguenti provvedimenti, in parte già accolti
dall’amministrazione provinciale:
a)
Viene sospesa l’immissione, abolito ogni periodo di divieto e la misura minima per il Persico Trota o Black Bass o
Boccalone (Micropterus salmoides);
b)
Rimozione intensiva per il Carassio (Carassius carassius), Carassio Dorato (Carassius auratus) e Pesce Gatto Nero
(Ictalurus melas);
c)
c)
divieto di trasporto e detenzione, nel territorio provinciale, di esemplari vivi di pesci non appartenenti alla fauna
autoctona e non utilizzati per scopi ornamentali (acquaristica);
d)
divieto di introduzione, nelle acque pubbliche e nelle private collegate della Provincia di Arezzo, di specie ittiche
estranee alla fauna indigena, vietandone l'immissione nelle acque pubbliche e nelle private collegate, ai sensi della
92/43/CEE, art. 22 par. b;
e)
è consentita l’introduzione di specie ittiche estranee alla fauna indigena soltanto in acque private non collegate, a scopo
alieutico, ornamentale o alimentare, ai sensi della 92/43/CEE, art. 22 par. b;
f)
operare un censimento di tutti gli specchi d'acqua privati utilizzati a scopo di pesca sportiva ed effettuare controlli sulle
specie ittiche presenti.
g)
viene vietata ogni forma di cattura o di uccisione intenzionale di individui di Cavedano Etrusco (Leuciscus lucumonis),
Scazzone (Cottus gobio), Cobite Comune (Cobitis taenia), e di Ghiozzo Etrusco (Padogobius nigricans), il divieto potrà
essere rimosso se e quando si sia verificato un cospicuo aumento numerico di dette specie;
h)
vengono vietati: la detenzione, il trasporto, il commercio, lo scambio e l'offerta a fini di vendita o di scambio, di
individui di Cavedano Etrusco (Leuciscus lucumonis), Scazzone (Cottus gobio), Cobite Comune (Cobitis taenia), e di
Ghiozzo Etrusco (Padogobius nigricans), prelevati in natura;
i)
i)
viene vietata la perturbazione intenzionale delle specie Cavedano Etrusco (Leuciscus lucumonis), Scazzone
(Cottus gobio), Cobite Comune (Cobitis taenia), e di Ghiozzo Etrusco (Padogobius nigricans), segnatamente durante il
periodo riproduttivo;
l)
sono consentite deroghe alle disposizioni precedenti soltanto per considerazioni legate alla salute dell'uomo e alla
sicurezza pubblica, dopo aver sentito una apposita commissione di esperti, o ad altre ragioni imperative d'interesse
pubblico superiore.
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