DANOI
Come CALCOLARE
LA DOSE DI INSULINA
AI PASTI
DA NOI
1
Diabete Italia ringrazia le persone con diabete
e i genitori che hanno condiviso il loro tempo
e la loro esperienza per realizzare questo libro e le
Associazioni che ci hanno permesso di contattarle:
Associazione diabetici in età pediatrica Salento
Associazione diabetici Ostia e Litorale - Fand
Associazione Insieme per il diabete di Palermo
Associazione per la Tutela del diabete
di Fabriano - Fand
Diabete Sommerso - Fand Chivasso
Federazione Diabete Emilia Romagna
SOStegno70
2
e ringrazia Abbott Diabetes Care per aver reso possibile
con il proprio contributo la realizzazione di
Come calcolare la dose di insulina ai pasti.
DANOI
è una iniziativa editoriale di Diabete Italia Onlus
Via Pisa, 21 • 00162 Roma Tel. 06 44240967 • Fax 06 44292060
Web: diabeteitalia.it [email protected]
Impaginazione e cura dei testi
In Pagina sas Milano
Stampato nel mese di febbraio 2014
DA NOI
DANOI
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SOMMARIO
Prefazione
Introduzione
06
07
A COME ALIMENTAZIONE
09
La conoscenza rende liberi
Questione di tempo
Questione di esperienza: il diario alimentare
Il CALCOLO DEI CARBOIDRATI
13
LE CORREZIONI
25
Correggere un’iperglicemia a digiuno
Correggere un’iperglicemia prima del pasto
Correggere un’iperglicemia dopo il pasto
BOLI ALTERNATIVI
29
Bolo doppio
Bolo a onda quadra
Bolo multiwave o a onda doppia
Calcolatori di bolo
Esercizio fisico, malattia e stress
Indice glicemico
4
DA NOI
DA NOI
5
prefazione
INTRODUZIONE
Non è semplice definire la dose di insulina da assumere ai pasti. Certo, è possibile definire una volta per tutte le dosi e seguire ‘diete’ fisse per ogni pasto. In realtà, ormai da
molti anni, la persona con diabete può mangiare quello che desidera e dosare l’insulina
necessaria, variando anche gli orari e correggendo se necessario la glicemia con assunzioni ulteriori di insulina. Al progresso della tecnologia dei presidi e delle insuline si
è accompagnato un progresso delle tecniche educative: si pensi al calcolo dei carboidrati che è ormai una prassi standardizzata.
Ogni libertà, come è noto, ha un prezzo: occorre imparare e mettere in pratica un certo numero di nozioni. In molti casi Team diabetologici e Associazioni fra persone con
diabete e fra genitori di bambini e ragazzi con diabete si sono attrezzati per trasferire
le necessarie informazioni. Ci sono corsi individuali e di gruppo ed esistono strumenti
che facilitano parte dei calcoli necessari. E' importante che queste conoscenze siano
diffuse non solo tra chi utilizza i microinfusori ma fra tutte le persone in terapia insulinica.
Come che sia, la determinazione della dose di insulina prandiale rimane una delle
parti più difficili della terapia insulinica. Grazie al contributo di Abbott Diabetes Care,
Diabete Italia ha potuto dedicare al tema un libretto della serie Dettodanoi, mettendo
alla prova l’approccio caratterizzante della collana: partire dai vissuti, dai problemi e
dalle soluzioni che le persone con diabete hanno sperimentato e trovato. Un approccio che permette di affiancare alla credibilità scientifica garantuta da Diabete Italia
una freschezza e immediatezza che non è facile rilevare nelle opere di divulgazione
esistenti in Italia.
«Una terapia per il diabete esiste e, se la segui al meglio, funziona: ti permette di vivere lungo
e bene». Flavia, giovane neo mamma, ha ragione: nel caso suo, e di diverse centinaia di
migliaia di persone in Italia, la terapia consiste in 4 o 5 assunzioni di insulina al giorno
effettuate con delle ‘penne’ o con il microinfusore.
Funziona: garantisce flessibilità e un buon – a volte perfetto – equilibrio glicemico. Applicarla però non è facile, soprattutto se si decide, come ha fatto Paolo, di «non farsi sopraffare dal diabete: fare una vita come gli altri senza rinunciare a nulla di sano e di bello».
«Non ci siamo mai negati delle esperienze, non vogliamo che nostro figlio abbia l’idea che per
colpa del suo diabete non possiamo fare questo o quello», conferma il papà di Enrico.
Questo libretto è dedicato a uno degli aspetti più critici della terapia intensiva: la definizione della cosiddetta dose prandiale, cioè la quantità di insulina da fare quando si
mangia o si bevono dei carboidrati.
Certo, esiste una strada semplice: è quella che si percorreva una volta. Adeguare la propria
vita a una terapia fissa come fa Mario che ha 87 anni e pranza e cena sempre a casa. «Cerco di mangiare pochi carboidrati e molte fibre», racconta, «vario molto i secondi che pesano
poco sulla glicemia e per il resto cerco di rimanere sempre sugli stessi piatti. Quando misuro
la glicemia dopo i pasti, una volta o due la settimana, in genere sono a 130-140».
Dino, che ha 67 anni, si regola ‘a occhio’: «Più o meno mangio sempre le stesse cose nelle
stesse porzioni. Quando assaggio qualcosa di diverso cerco di indovinare la dose giusta e
controllo la glicemia dopo. Se è adeguata, memorizzo questa soluzione e la volta dopo cerco
di fare lo stesso. Col tempo ho imparato molte cose», racconta.
Molte altre persone invece preferiscono adeguare la terapia alla loro vita, anche se questa libertà richiede molte conoscenze e un continuo lavoro di verifica. Qualcuno usa il
microinfusore, altri la classica penna. Dice assai bene Cristina, che ha 16 anni: «Diabete
significa che devo pensare a quello che faccio. Prima devo misurare la glicemia e poi decido
cosa fare. Questo mi ha reso più riflessiva, forse più matura: vedo che ho più pensieri rispetto
agli altri», racconta.
Salvatore Caputo
Presidente Diabete Italia Egidio Archero
Vicepresidente
Diabete Italia
dettoDA NOI
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A COME ALIMENTAZIONE
«Le persone con diabete sono costrette a mangiar bene», riassume Flavia, «a conoscere gli
alimenti e a evitare il più possibile le cose poco sane». All’inizio non è sempre così: la prima
reazione davanti alla diagnosi di diabete è quella di aderire a una alimentazione standardizzata: si inizia con l’avere ‘paura’ di ciò che si mangia. «Con il diabete è cambiato
tutto il mio rapporto con il cibo e non in meglio», ammette Benedetta, «solo crescendo ho
imparato a mangiare in modo normale».
La conoscenza rende liberi
«Il diabete ci ha portato a fare più attenzione a quel che mangiamo. è stato come un campanello di allarme che ha portato tutta la famiglia a riflettere sulle nostre scelte alimentari Una
volta eravamo molto meno attenti. Per esempio sapevamo che frutta e verdura fanno bene,
ma una cosa è saperlo, un’altra è applicarlo», racconta il padre di un ragazzo con diabete.
«La dietista ha subito chiarito che Enrico non aveva bisogno di una ‘dieta speciale’ ma semplicemente di una alimentazione sana come tutti e che avremmo tutti tratto guadagno da un
miglioramento delle nostre abitudini alimentari. Ora mangiamo molta carne bianca, pochi
salumi, poche ‘schifezze’ propagandate alla tv o nei supermercati». Anche Roberta ammette: «Da quando ho iniziato ad avere il diabete, a casa mia c’è sempre verdura e io ne mangio
moltissima per tenere basse le dosi di insulina».
«Guai a dare l’idea che il diabete rappresenti una costrizione nelle scelte alimentari», indica
la mamma di Gaia; «per esempio siccome nella vita ci vuole sempre un po’ di festa, abbiamo
comprato la macchina per fare il gelato. Senza conservanti con poco zucchero aggiunto lo
posso mettere a tavola per cena in un pasto senza primo e con molte fibre». Se Gaia lascia a
metà un primo piatto, la mamma come per caso le fa avere un cioccolatino per integrare
i carboidrati. «Sarebbe un messaggio sbagliato dirle: devi mangiare tutto perché ormai hai
fatto l’insulina».
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DA NOI
DA NOI
9
IOASONO
COMEIO:
PERSONALIZZARE
ALIMENTAZIONE
L’INIEZIONE
L’obiettivo di molte persone con diabete non è solo riuscire a ‘sopravvivere’, a coniugare in qualche modo la propria vita con le esigenze della terapia. L’obiettivo è condurre
una vita non ‘come’ gli altri quindi, ma ‘meglio’ degli altri. «Il diabete mi ha permesso di
divenire un’esperta: mi succede spesso di fare la predica alle amiche che mangiano schifezze», nota Alice. «Se un bambino sgranocchia le patatine, mio figlio lo rimprovera», sorride
la mamma di Francesco.
Questione di tempo
Le parole chiave sono quindi ‘conoscenza’ e ‘controllo’. Dove ‘controllo’
non vuol dire accettare imposizioni dall’esterno, «ma significa rispettare
il nostro corpo» riflette Cristina.
Tutte le quaranta persone che hanno collaborato a scrivere questo libro
sono d’accordo su un punto: i ritmi sono importanti. «Il nostro corpo ha bisogno di ritmi precisi: sonno, orari dei pasti. I miei coetanei saltano il pranzo,
mangiano a ore strane, dormono quando capita. Noi persone con il diabete
invece sviluppiamo la maturità necessaria per ascoltare il nostro corpo».
Flavia fa un lavoro coinvolgente ma riesce sempre a tornare a casa a ora
di pranzo e a ora di cena per cucinarsi dei pasti completi». «Anche in casa nostra c’è una
certa disciplina», conferma Roberta, «non si saltano i pasti e non si mangia quello che capita».
I tempi sono importanti anche per definire il momento in cui assumere l’insulina. L’insulina
ultra rapida o analogo rapido (Humalog, Novorapid, Apidra) inizia ad avere effetto 5-10
minuti dopo l’iniezione o dopo aver impartito il bolo con il microinfusore. è quindi possibile assumerla quando si inizia a mangiare o eventualmente qualche minuto dopo, anche
molti minuti dopo se il pasto inizia con piatti che non contengono carboidrati.
«Questo è molto utile quando si va al ristorante. Noi sai mai esattamente quando arriverà quello
che hai ordinato. Allora – stando bene attento a non sgranocchiare pane o grissini – aspetto che
il piatto arrivi e solo a quel punto faccio l’iniezione», racconta Michele. «Quando vado in un
ristorante che non conosco», conferma Matteo, «se posso tengo d’occhio i tavoli vicini, guardo
se impiegano molto tempo a servire per esempio il primo dopo l’antipasto e valuto le porzioni
servite. In questo modo non rischio di avere spiacevoli sorprese, una ipoglicemia o di dover
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DA NOI
integrare l’insulina con un secondo bolo perché la porzione è superiore a quanto previsto».
L’iniezione va fatta invece con maggiore anticipo se si usano insuline regolari (Actrapid,
Humulin R, Insuman) che iniziano a esprimere il loro effetto 30 minuti dopo l’iniezione.
Questione di esperienza: il diario alimentare
Tutte le persone con diabete redigono un diario glicemico. Alle persone che usano insulina ai pasti viene proposto spesso di redigere anche un diario alimentare. Per ogni pasto si inseriscono quattro indicazioni: la glicemia prima del pasto, il menù del pasto con
le indicazioni delle quantità, la dose di insulina fatta e la glicemia a due ore dal pasto.
Il diario alimentare è uno strumento utile non solo per il team diabetologico e serve in
molti momenti della propria vita con il diabete. è utile per capire eventuali iper o ipoglicemie: serve al medico per definire la terapia, soprattutto serve come archivio di soluzioni. è consigliabile segnare tutti i pasti diversi dal solito, la dose di insulina fatta e la
glicemia prima e a 2 ore dal pasto. «Quelle rilevazioni mi insegnano che il tal pasto richiede
qella dose di insulina e la prossima volta non dovrò rifare tutti i calcoli», conferma Michele. Insomma il diario alimentare, insieme al diario glicemico, può divenire una sorta di
‘quaderno degli esperimenti’, un catalogo di esperienze e così si impara ad associare
a ogni piatto, bevanda o fuoripasto la dose di insulina adeguata.
teniamoloA MENTE
Il diabete non ti obbliga a mangiare in un certo modo, ti chiede di sapere cosa stai mangiando
L’organismo ha i suoi ritmi: tutti dobbiamo imparare ad ascoltarli e rispettarli
L’insulina rapida deve essere iniettata mezz’ora prima di iniziare il pasto, gli analoghi
rapidi anche pochissimi minuti prima e perfino durante o subito dopo il pasto
Un diario alimentare che segni chiaramente cosa si è mangiato, quante unità di insulina sono state assunte e la glicemia prima e due ore dopo il pasto diviene un utilissimo
archivio di soluzioni.
DA NOI
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Il calcolo
dei carboidrati
Il modo migliore per adeguare la dose di insulina alla quantità di carboidrati presente
in un pasto è il calcolo dei carboidrati.
«Il conteggio dei carboidrati è ba-si-la-re», sillaba Milly, mamma di Dario. «Mi ha cambiato
la vita. Oggi ho più libertà non devo mangiare sempre le stesse cose», conferma Maurizio. Si
tratta di un metodo all’inizio molto complesso che richiede diverse ore di vero e proprio
studio e soprattutto molta molta pratica, ma è ritenuto l’approccio che meglio risponde
all’esigenza di flessibilità nelle scelte
alimentari della persona con diabete in
terapia insulinica.
Questa tecnica è generalmente inseCalcolo dei carboidrati, conta dei
gnata dal Team, in particolare dalle diecarboidrati, conteggio dei carboitiste, ma richiede comunque un grande
drati, carbohydrate counting, CHO
lavoro ‘a casa’ soprattutto nelle prime
counting sono sinonimi
settimane e mesi. Le conoscenze acquisite vanno poi riviste periodicamente.
PAROLE
Il calcolo dei carboidrati prevede cinque passi:
• distinguere gli alimenti che contengono carboidrati
• imparare a valutare a occhio il loro peso
• memorizzare la quantità di carboidrati presente in un etto degli alimenti principali
• calcolare quanti carboidrati si trovano nell’alimento o nel pasto che si sta per mangiare
• definire su questa base la giusta dose di insulina.
DA NOI
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IL
IO CALCOLO
SONO IO:
PERSONALIZZARE
DEI CARBoiDRATI
L’INIEZIONE
1. Dove sono i carboidrati
I carboidrati sono gli alimenti che più influenzano la glicemia. A dire il vero anche i grassi vengono in parte trasformati in carboidrati ma questo processo avviene in modo lento
e graduale e quindi si può ignorarlo. Il primo passo è sapere esattamente quali alimenti
possono contenere dei carboidrati.
è noto, almeno alle persone con diabete, che tutti i derivati delle farine e dei cereali:
pasta, riso, gnocchi, pane, prodotti da forno, polenta sono ricchi di carboidrati.
Non tutti sanno però che anche le patate, così come il latte e lo yogurt hanno un contenuto in carboidrati (il lattosio è uno zucchero) mentre i formaggi, tranne la ricotta, non
ne hanno perché la stagionatura provoca il degrado degli zuccheri.
I legumi: fagioli, piselli, lenticchie e ceci sono ricchi in carboidrati così come (qui è più
facile perché il sapore è dolce) buona parte della frutta.
Chi sa cucinare immagina che i piatti di carne e pesce impanati contengano carboidrati. Nei supermercati troviamo molti alimenti in parte già preparati. In questi casi è molto
utile guardare la etichetta nutrizionale.
è importante tenere presente che le calorie e i carboidrati sono due cose diverse: noci
e uova hanno molte calorie ma non contengono quasi carboidrati.
questione DI ETICHETTA
Non è ancora obbligatorio inserire nella confezione degli alimenti una etichetta nutrizionale,
anche se è considerata una buona prassi. E non esistono nemmeno degli standard per redigerle: ogni azienda decide quali informazioni condividere e in quale forma. Perfino il nome
dei componenti nutrizionali può essere diverso. I carboidrati possono essere chiamati anche
‘zuccheri’ o ‘glucidi’ o ‘idrati di carbonio’. Qualche etichetta suddivide i carboidrati in zuccheri
semplici e zuccheri complessi (definiti anche amidi). I valori indicanti il contenuto in grammi
o in calorie sono riferiti generalmente a 100 grammi di prodotto ma possono essere relativi a
una porzione. E l’entità della porzione stimata unilateralmente dall’azienda è spesso inferiore
al consumo reale.
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DA NOI
2. Pesare con gli occhi
Il secondo passo è imparare a ‘pesare con gli occhi’ gli alimenti e
le bevande. Vincenza ha ragione nel dire che alle donne questo
risulta più facile; chi ha qualche nozione di cucina è avvantaggiato
ma non si illuda: il calcolo dei carboidrati all’inizio risulta difficile
per tutti.
Ivan, che svolge velocemente i calcoli necessari, trova infatti che
valutare a occhio il peso degli alimenti sia l’aspetto più complesso.
Per aiutarsi si possono usare delle unità di misura ‘casalinghe’: un
cucchiaio, un bicchiere, una fondina, o ‘personali’ come un pugno
o un pizzico. Quando possibile, gli alimenti vanno pesati a crudo. La pasta raddoppia
il suo peso dopo la cottura perché assorbe acqua. La stessa cosa vale per il riso e la
polenta, che addirittura triplicano il loro peso con la cottura.
Ovviamente non bisogna arrivare a una precisione assoluta: 74 grammi di pasta possono essere stimati 70 o 80 grammi, ma se si valuta quella porzione a 100 grammi ecco
che i calcoli iniziano a divenire imprecisi.
Quindi chi vuole iniziare il calcolo dei carboidrati deve utilizzare per qualche settimana
una bilancia di precisione. All’inizio peserà tutto, poi farà degli esercizi ipotizzando un
peso e poi verificandolo con la bilancia.
Ci sono manuali che contengono immagini di cibi e bevande con a fianco il peso e sono
di aiuto per fare esercizio e per stimare i piatti più complessi.
3. Imparare quanti grammi di carboidrati ci sono in ogni alimento
Ogni alimento ha una ‘sua’ composizione relativamente stabile di elementi nutrizionali.
Ci sono variazioni fra il contenuto in carboidrati di un tipo e l’altro di pere o di pasta o di
riso o di fagioli ma sono generalmente limitate.
Bisogna imparare a conoscere (anche grazie a sussidi elettronici e libretti di vario tipo)
la percentuale di carboidrati contenuta nei prodotti alimentari e nei piatti più comuni e
in quelli che si mangiano più spesso.
DA NOI
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IL
IO CALCOLO
SONO IO:
PERSONALIZZARE
DEI CARBoiDRATI
L’INIEZIONE
Le quote di carboidrati sono espresse per 100 grammi o in percentuale che è lo stesso.
Di seguito un elenco relativamente ridotto. Esistono online e presso i servizi di diabetologia elenchi più dettagliati.
Alimenti
Zucchero, Saccarosio
16
Carboidrati
per 100g
Alimenti
104.5
Marmellate
Carboidrati
per 100g
Alimenti
58.7
Aperitivi a base di vino
Alimenti
Carboidrati
per 100g
Alimenti
Carboidrati
per 100g
Alimenti
Carboidrati
per 100g
Cavolo verde cotto
8.9
Peperoni verdi
6
Emmenthal
3.6
Clementine
8.7
Noci
5.5
Zucca gialla
3.5
Arachidi tostate
8.5
Ostriche
5.4
Cozza o mitilo
3.4
Cipolline crude
8.5
Fragole
5.3
Gamberi freschi
2.9
17
Aglio
8.4
Fegato di equino
5.3
Indivia
2.7
8.1
Latte di pecora
5.2
Lattuga
2.2
Carboidrati
per 100g
Mele, disidratate
92.2
Patatine fritte in busta
58.5
Fagioli cotti
17
Pistacchi
Fecola di patate
90.7
Crema di nocciole e cacao
58.1
Ananas sciroppato
16.6
Carote crude
7.6
Mirtilli
5.1
Maionese
2.1
7
Latte di vacca UHT
5.1
Salame Milano
1.5
Cornflakes
87.4
Cornetti
58
Albicocche sciroppate
16.1
Piselli freschi
Farina di riso
87
Prugne secche
55
Cachi
16
Spinaci cotti
7
Dadi da brodo
5
Polpo
1.4
Riso soffiato
85
Pasta di mandorle
54.6
Melagrane
15.9
Peperoni rossi e gialli
6.7
Cavolfiore cotto
4.4
Speck
0.5
Biscotti secchi
84.8
Pizza
52.9
Uva
15.6
Cavolini di bruxelles cotti
6.6
Ricotta di pecora
4.2
Fette biscottate
82.3
Cioccolato al latte
50.5
Banane
15.4
Pompelmo
6.2
Pinoli
4
Miele
80.3
Cioccolato fondente
49.7
Merluzzo o nasello
15
Formaggino
6
Rucola
3.9
Pasta di semola cruda
79.1
Panini al latte
48.2
Succo di frutta pera
14.5
Pop corn
77.9
Castagne arrostite
41.8
Vegetali misti surgelati
13.7
Pangrattato
77.8
Pizza con pomodoro
41.4
Rosmarino
13.5
Farina di frumento 0
76.2
Anacardi
33
Fichi d’india
13
Mais
75.1
Liquori da dessert
31.1
Mango
12.6
Biscotti frollini
73.7
Patate cotte fritte
29.9
Fichi
11.2
Farina d’avena
72.3
Caffè tostato
28.5
Mele golden
10.7
Biscotti integrali
70.8
Gelato panna confezionato 27.2
Bevanda tipo Cola
10.5
Savoiardi
69.6
Castagne bollite
26.1
Amarene
10.2
Grissini
68.4
Patate cotte arrosto
25.7
Aranciata
10
Farro
67.1
Salsa tomato ketchup
24
Ananas
10
Pane di tipo 00
66.9
Farina di soia
23.4
Cocco
9.4
Crostata con marmellata
65.5
Pomodori, conserva
20.4
Carciofi cotti
9.3
Datteri, secchi
63.1
Carote cotte
18.3
Kiwi
9
Grano saraceno
62.5
Mandarini
17.6
Ciliegie
9
DA NOI
DA NOI
17
IL
IO CALCOLO
SONO IO:
PERSONALIZZARE
DEI CARBoiDRATI
L’INIEZIONE
4. E ora i calcoli
A questo punto abbiamo gli elementi per stimare la quota di carboidrati in un piatto.
Immaginiamo che Giovanni stia per iniziare un pasto completo ed equilibrato: spaghetti
al pesto, sogliola impanata, contorno di piselli e per finire una mela. Se il piatto di spaghetti pesa 60 grammi e gli spaghetti contengono 80 grammi di carboidrati per ogni
100 grammi di peso (e quindi 8 per ogni 10 grammi) quanti carboidrati ci saranno nel
piatto? Sei per otto… quarantotto. Ed ecco il risultato: in quel piatto di spaghetti ci sono
48 grammi di carboidrati.
Proviamo ora a calcolare il ‘peso’ in carboidrati di un intero pasto. Poniamo che il menù
preveda di nuovo pasta al pesto, sogliola impanata, piselli e una mela. Per la precisione
• 60 grammi di pasta (il pesto non contiene quasi carboidrati)
• 16 grammi di farina per impanare la sogliola (il pesce non ha carboidrati)
• 70 grammi di piselli freschi
• 120 grammi di mela
5. Il rapporto insulina/carboidrati
Prendiamo insulina per ‘utilizzare’ i carboidrati presenti nel pasto. Ma quante unità di
insulina rispetto alla quantità di carboidrati in un pasto? Il rapporto insulina carboidrati
è la risposta a questa domanda. Conoscere il proprio rapporto insulina/carboidrati è
necessario per tradurre il calcolo in una indicazione precisa relativa alla dose.
In prima approssimazione il rapporto si calcola con la regola del 500.
Il 500 è un numero fisso che si utilizza per gli analoghi (Humalog, Novorapid, Apidra)
Mentre 450 è un numero fisso che si adopera per l’insulina regolare (Actrapid, Humulin
R, Insuman). Si tratta di dividere 500 o 450 per il totale dell’insulina assunta in una giornata media (sommando quindi tutti i tipi di insulina). Se in una giornata media facciamo
10 unità di insulina lenta la sera, 3 a colazione, 7 a pranzo e 5 a cena il totale è 25.
Quindi ogni unità di insulina rapida assorbirà (500:25 = 20) 20 grammi di carboidrati e
ogni unità di insulina regolare assorbirà (450:25 =18) 18 grammi di carboidrati.
Alcuni diabetologi preferiscono non usare questa regola e chiedono alla persona con
diabete di seguire per almeno una settimana, una dieta realizzata in modo che ogni
pasto abbia un numero di carboidrati fisso. Il bolo, o l’iniezione di insulina rapida
prandiale, sarà variato ogni giorno. È importante che in quella settimana non sia variato l’esercizio fisico e che non ci siano giorni di particolare stress o di malattia. «Misurando la glicemia prima e dopo si può capire quale dose di insulina ha avuto il maggior
successo, cioè è riuscita a portare la glicemia a due ore dal pasto il più vicino possibile ai
valori registrati prima del pasto, più o meno 30-40 mg/dl. È stata una noia ma insieme al
mio diabetologo abbiamo potuto definire quello che è il mio ‘vero’ rapporto insulina carboidrati», racconta Roberta.
In totale il pranzo di Giovanni contiene 80 grammi di carboidrati.
18
DA NOI
Altri medici iniziano col presumere un rapporto insulina-carboidrati di 1:15 per la gran
parte degli adulti magri o normopeso; 1:10 per adulti sovrappeso o sedentari; 1:20 o
1:25 per i bambini in genere più sensibili all’insulina; e su questa base propongono di
sperimentare l’andamento della glicemia con il diario alimentare e il controllo delle glicemie prima e dopo i pasti.
DA NOI
19
IL
IO CALCOLO
SONO IO:
PERSONALIZZARE
DEI CARBoiDRATI
L’INIEZIONE
l’efficacia dell’insulina si riduce. In quel caso è necessario rifare tutti i calcoli. «Le glicemie di Francesco sballavano. Abbiamo dovuto quindi segnare sul diario oltre alle glicemie e
alle dosi di insulina, le quantità di carboidrati di ogni pasto e l’esercizio fisico», racconta la
mamma. Il rapporto insulina/carboidrati può essere diverso anche nelle varie ore della
giornata.
6. E finalmente… la soluzione
i:cho
1:25
1:20
1:15
1:12
1:10
dose
2,2 U
3U
4U
5U
6U
Nella immagine sopra vediamo come lo stesso piatto di pasta (con 60 grammi di carboidrati) richieda differenti quantità di insulina a persone diverse per età e peso.
Il rapporto insulina-carboidrati può cambiare nel tempo, con la pubertà, l’adolescenza
e la menopausa per esempio, o a seguito di mutamenti nel peso o nello stile di vita.
«Per esempio in estate vado in piscina e faccio molto esercizio fisico. In autunno sono molto più
sedentaria e a quel punto», racconta Alice, «devo ricalcolare il rapporto insulina/carboidrati
perché la mia insulina diviene meno efficace».
Anche il ciclo mestruale e, ovviamente,
gli stati di stress psicologico e di malattia possono richiedere una maggiore
quantità di insulina per metabolizzare
Rapporto insulina/carboidrati, I:C
la stessa quantità di carboidrati.
ratio, I-Carb ratio, rapporto I-CHO e
Crescendo, è possibile che tutti i valoI-CHO ratio sono sinonimi
ri cambino. Per esempio nella pubertà
PAROLE
20
DA NOI
Conoscendo il proprio rapporto insulina-carboidrati e la quantità di carboidrati presente
in un alimento o in un piatto è possibile finalmente determinare la dose di insulina. Riprendendo l’esempio precedente Giovanni, che ha un rapporto insulina/carboidrati di 1 a 20
dovrà fare 4 unità di insulina per coprire il pasto.
Pasto = 80 grammi di carboidrati a 1 unità per 20 grammi = 4 unità
è un metodo solo apparentemente complesso, ma col tempo ci si fa l’abitudine. Anche
perché solo all’inizio va applicato a ogni piatto e a ogni pasto. Ci piace sentirci impre-
i GRASSI
Generalmente nel determinare la dose di insulina prima del pasto si pensa che i grassi non debbano essere considerati, ma non è così. In un pranzo ad alto tenore di grassi la quota di questi
trasformata in glucosio può essere rilevante, e incidere significativamente sulla glicemia alcune
ore dopo il pasto. «I pasti ricchi di grassi sono sempre una incognita, rallentano la digestione
e il calcolo dei carboidrati diventa difficile sia prima sia dopo il pasto», fa notare Maurizio.
Inoltre i grassi, come le fibre, rallentano la digestione dei carboidrati presenti nel pasto. «Se
mangi cose un po’ pesanti, e ricche di grassi, meglio non fare l’insulina prima ma durante
il pasto, altrimenti», spiega la mamma di Tommaso, «i carboidrati arrivano tardi e ti ritrovi in
ipoglicemia subito dopo pranzo e magari in iperglicemia più tardi».
DA NOI
21
IL
IO CALCOLO
SONO IO:
PERSONALIZZARE
DEI CARBoiDRATI
L’INIEZIONE
bevande, alcolici eAPERITIVI
Insulina prandiale non vuol dire solo ‘relativo a un pasto’.
Anche un fuoripasto e perfino alcune bevande possono richiedere un bolo o una iniezione di insulina. «So che dovrei fare
un bolo per ogni bevanda», ricorda Matteo che ha 17 anni.
Le bevande al gusto di frutta o alla frutta, e in generale i non
alcolici, hanno un’altissima quota di zuccheri aggiunti.
Gli alcolici hanno invece un effetto opposto, ipoglicemizzante,
perché l’alcol, soprattutto a digiuno, induce il fegato a rilasciare
meno glucosio. Cocktail a base di gin e vodka non richiedono
una dose di insulina. «Vedo che fuori pasto se bevo un po’
di più del solito, magari due bicchieri di vino invece di
uno, la glicemia si abbassa», conferma Serenella.
Alcuni alcolici hanno un contenuto di carboidrati non indifferente. La birra non ha un forte contenuto di alcol ma contiene 3,5
carboidrati per 100 grammi. Anche i cocktail alla frutta, come la
piña colada, o a base di Coca Cola, possono innalzare la glicemia.
Inoltre di rado ci si limita a bere. Nei bar gli alcolici sono serviti insieme a stuzzichini di ogni
tipo: dalle patatine alle noccioline fino a bruschettine e veri e propri piccoli piatti. «Sono difficili da valutare e devi sempre tenere d’occhio cosa hai mangiato», ammette Alice.
vedibili, ma di fatto mangiamo quasi sempre le stesse cose, negli stessi posti e nelle
stesse quantità. Ed è questo che rende il conteggio dei carboidrati una metodica utile
e relativamente facile da mettere in pratica. è consigliabile comunque fare ogni tanto
delle verifiche insieme al diabetologo e alla dietista sulla base di un diario alimentare e
glicemico tenuto con attenzione per una o due settimane in modo da ricalibrare i valori.
E' importante che i calcoli per la determinazione della dose siano effettuati con una
certa precisione. Esistono sussidi elettronici che semplificano o effettuano questi conti.
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DA NOI
I giovani e il conteggio dei carboidrati
«So che dovrei imparare il calcolo dei carboidrati. Mi iscrivo a dei corsi e poi non ci vado
con la scusa degli esami all’Università». Benedetta lo ammette, la sua è una resistenza psicologica. «Io non ho voglia di stare a calcolare sempre tutto; non è vita questa!»,
esclama. Un senso di ribellione davanti alla necessità di ‘pensare prima di mangiare’
è comprensibile, soprattutto in una età che vuole mostrarsi spensierata. Gianni racconta come sua figlia ostenté disinteresse per il conteggio dei carboidrati che finge di
non saper fare e delega ai genitori. «In realtà lo sa fare meglio di noi. Lei vuole apparire
disinteressata ma quando – avendo fatto tutti i nostri conti – le chiediamo quanta insulina
pensa di dover fare per un certo pasto la sua valutazione ‘ad occhio’ è identica a quella che
noi abbiamo fatto praticamente con la calcolatrice». Gianni e sua moglie sono preoccupati perché in passato hanno gestito interamente il diabete di Cristina e ora devono
delegare accettando glicemie e glicate non ottimali. «Ci vuole molta pazienza, bisogna
perseverare e non demordere mai. Per fortuna il rifiuto del diabete e delle attenzioni che
esso richiede a una certa età è più manifestato che reale», è il sentito consiglio di Gianni
agli altri genitori.
teniamoloA MENTE
Il calcolo dei carboidrati richiede un certo impegno per essere appreso. Regala però
grande libertà nelle scelte alimentari.
All’inizio occorre fare valutazioni e calcoli complessi ogni volta che ci si appresta a mangiare o bere alimenti che contengo carboidrati
Presto questi calcoli diventano automatici ed è quasi istintivo associare la dose di insulina a un determinato piatto e il calcolo vero e proprio diviene necessario davanti a ricette
nuove o a porzioni diverse.
Tenere un diario glicemico è essenziale sia per imparare il calcolo sia per ricalibrare il
rapporto insulina/carboidrati periodicamente con l’aiuto del diabetologo.
DA NOI
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LE CORREZIONI
Succede di trovarsi con la glicemia più alta del previsto. Ogni iperglicemia è una occasione per capire di più del proprio diabete. Non è detto che ogni iperglicemia debba
essere corretta. Oggi però con il microinfusore e con le penne è facile assumere dosi
anche piccole di insulina e vale la pena di capire come farlo.
La prima domanda è: “di quanti mg/dl scende la mia glicemia se faccio una unità di
insulina”. Il numero che risponde a questa domanda si chiama Fattore di sensibilità
all’insulina.
La sensibilità all’insulina varia da persona a persona e nella stessa persona può cambiare nel corso della vita o anche di mese in mese. Generalmente, tanto più la persona
è sovrappeso o sedentaria o stressata, quanto meno l’insulina è efficace e viceversa.
e poi effettuare le variazioni del caso sulla base dell’esperienza.
Il fattore di sensibilità all'insulina viene calcolato dal diabetologo sulla base del diario
glicemico ed è espresso con la formula 1:X, Per esempio 1:20 significa che u1 unità di
insulina riduce la glicemia a digiuno di 20 mg/dL. Per corregere un'iperglicemia a digiuno riportando a 120 il valore di 220 mg/dl bisogna calcolare la glicemia 'in eccesso'
(220 -120=100) e dividerlo per il fattore di sensibilità. Con un fattore 1:20 occorreranno
5 unità per riportare a 120 un'iperglicemia a digiuno di 220.
Correggere un’iperglicemia dopo il pasto
Le cose sono un poco più complesse se si vuole correggere un’iperglicemia nelle due/
tre ore successive al pasto. «Devo stare attenta perché nel mio corpo c’è ancora l’insulina
rapida che ho fatto prima di pranzo la quale deve ancora svolgere il suo effetto», nota Paolo.
L’analogo rapido ha un effetto abbastanza riproducibile, vale a dire è più o meno eguale
in tutte le persone e nella stessa persona da un giorno all’altro.
DA NOI
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LEIOCORREZIONI
SONO IO:
PERSONALIZZARE
L’INIEZIONE
In grande sintesi la dinamica dell'analogo rapido è questa:
•
•
•
•
Dopo mezz’ora è in circolo il 100% dell’insulina iniettata
Dopo un’ora è in circolo il 75% dell’insulina iniettata
Dopo 2 ore è in circolo il 50% dell’insulina iniettata
Dopo 3 ore è in circolo il 25% dell’insulina iniettata
Quindi a fronte di una dose di 12 unità, dopo 2 ore saranno ancora ‘on board’ (funzionanti nel sangue) 6 unità, dopo tre ore 3 unità.
è importante conoscere il concetto di ‘insulina on board’ che deve essere sottratta al
bolo di correzione.
Ancora una volta nella pratica le cose sono abbastanza semplici. «è molto raro che sia
necessario fare un bolo di correzione nella prima o nella seconda ora dopo il pasto», ricorda
Teresa; «quasi sempre l’insulina che hai ancora in corpo dalla iniezione prandiale è sufficiente».
«Generalmente se vedo un’iperglicemia dopo i pasti ne prendo nota perché vuol dire che qualcosa non è andato per il suo verso, ma non intervengo subito. Aspetto un’ora, ricontrollo la
glicemia e a quel punto faccio la correzione», conferma la mamma di Gaia.
Correggere un'ipoglicemia prima del pasto
Il calcolo del bolo di correzione serve anche per definire la dose di insulina preprandiale quando all’inizio del pasto ci si trova in ipoglicemia. «Bisogna sempre controllare la
glicemia prima di pranzo. Ho visto che, superati i 50 anni, ho avuto sempre meno facilmente
i sintomi classici dell’ipo», racconta Enrico che ha 55 anni.
Cosa fare? Correggere l’ipo con degli zuccheri, aspettare, ricontrollare e iniziare a mangiare solo quando si è normalizzata. Benedetta fa così: «Se sono in ipo prima di mangiare bevo un bicchiere di succo di frutta o di Coca Cola o mangio tre caramelle, ricontrollo
la glicemia dopo 15 minuti e – se va bene – faccio una normale dose di insulina e mangio
normalmente».
La mamma di Pietro racconta che, dopo aver corretto un’ipoglicemia preprandiale o
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DA NOI
quando la glicemia è bassa ma non è inferiore a 70 mg/dl, Pietro si comporta in questo
modo: «Mio figlio ha un fattore di sensibilità di 1:20, cioè corregge 20 mg/dl di glicemia con
una unità di insulina. Se si trova con una glicemia di 80 mg/dl mentre il suo obiettivo glicemico prima di mangiare dovrebbe essere 120 mg/dl. A quel punto invece di fare 8 unità di
prandiale ne farò sei».
Ovviamente il pranzo deve iniziare subito dopo l’iniezione di insulina, Anzi la cosa
migliore è iniziare subito il pranzo e fare l’iniezione qualche minuto dopo. «Se l’ipoglicemia è leggera e si usa un analogo rapido tutto è più semplice», descrive Cristina:
«inizio a mangiare cercando di anticipare i carboidrati, poi a metà del pasto, o verso la fine
se è stato molto breve, rimisuro la glicemia e se è a norma faccio il giusto numero di unità
di insulina».
teniamoloA MENTE
Un’iperglicemia a digiuno (cioè non nelle tre ore che seguono un pasto) superiore a 180 o
200 va sempre corretta con una dose di insulina ed è fondamentale condividere il problema e le soluzioni con il diabetologo.
La dose necessaria si calcola utilizzando il fattore di sensibilità all’insulina tenendo presente che questo può cambiare nel corso della vita, dell’anno e a volte della giornata.
Un'iperglicemia postprandiale va corretta solo se è molto rilevante o se si ha modo di
valutare con esattezza quanta dell’insulina iniettata prima del pasto è ancora in circolo.
Le ipoglicemie preprandiali si risolvono con il metodo tradizionale e poi si può diminuire
la dose di insulina utilizzando ‘alla rovescia’ il fattore di correzione.
Quando si effettua una correzione è sempre consigliabile intensificare i controlli della
glicemia.
DA NOI
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BOLI
ALTERNATIVI
Finora abbiamo sempre dato per scontato che tutta la dose di insulina sia assunta in
un’unica soluzione, in un solo ‘bolo’ come si dice in gergo scientifico. ‘Bolo’ è un termine molto usato nella terapia per microinfusore ma vale anche per le iniezioni. In realtà
in molte situazioni può aiutare utilizzare un ‘bolo alternativo’ vale a dire suddividere la
dose di insulina in modi diversi.
Bolo doppio
Tra i boli alternativi il bolo doppio è l’unico che può essere effettuato anche con la penna. Si tratta in pratica di suddividere la dose di insulina necessaria per un pasto in due
o più assunzioni. Invece di fare 12 unità tutte insieme se ne faranno 6 subito e 6 dopo
qualche tempo.
Dopo quanto tempo e come suddividere i boli? Ovviamente una risposta valida per
tutte le situazioni non c’è. Il bolo doppio è utile quando il pasto non è prevedibile. Pensiamo per esempio a un pasto molto lungo o caratterizzato da lunghi intervalli fra una
portata e l’altra. Il caso classico è il pranzo di Natale che prevede magari una sostanziosa dose di carboidrati, poi un secondo ricco di grassi e un dolce. Tra il ‘primo’ e il
‘dolce’ ci può essere un intervallo di 1 ora o più. Anche se fosse possibile calcolare in
anticipo la quantità di carboidrati necessaria e quindi la dose di insulina, facendola tutta all’inizio si rischierebbe di trovarsi in ipoglicemia a metà del pasto e in iperglicemia
verso la fine. «In pratica consideriamo i primi e il dolce come due pasti differenti, ciascuno
con la sua dose di insulina», spiega Vincenza.
Il bolo doppio è consigliabile anche quando non è possibile valutare in anticipo il contenuto in carboidrati dell’intero pasto (per esempio se si è in casa di persone con le
quali non si è in confidenza o in un ristorante che prepara menù prefissati) e ancora di
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IO SONO
BOLI IO:
PERSONALIZZARE
ALTERNATIVI
L’INIEZIONE
più quando non si è sicuri che si avrà voglia di mangiare tutti i piatti che saranno serviti
(perché non ci sente molto bene, perché si tratta di piatti che potrebbero non piacere).
In linea di principio il bolo doppio viene suddiviso assegnando al primo bolo il 50-60%
della dose totale. Ma non è detto che sia sempre così. «Con i bambini piccoli non sai mai
cosa mangeranno davvero. Ho quindi preso l’abitudine di calcolare la dose di insulina e fare
un primo bolo con tre quarti della dose prima del pasto e un secondo bolo con il restante
quarto alla fine», racconta Laura, mamma di Tommaso.
Bolo a onda quadra
Il bolo a onda quadra o bolo esteso o bolo prolungato è possibile solo con il microinfusore, che solitamente è dotato di una apposita funzione. In alternativa si può
utilizzare una basale temporanea. Calcolare un bolo a onda quadra non è difficile: in
pratica si prende il numero di unità di insulina necessario per il pasto e lo si divide
per il numero di ore necessario per mangiare e digerire.
Per esempio pensiamo a un pranzo lungo un’ora e mezza che richiederà almeno due
ore e mezza per essere digerito. In totale si tratta di 4 ore. Se per smaltire questo pranzo
servono 24 unità, il bolo a onda quadra consisterà nell’aumentare la basale di 6 unità
all’ora per 4 ore.
Il bolo a onda quadra si utilizza quando un pasto si protrae a lungo, come per esempio
un pranzo di nozze, o quando la sua digestione richiede molto tempo. è anche utile per
i pazienti che hanno gastroparesi (un aspetto della neuropatia autonomica che rallenta
lo svuotamento gastrico e la digestione) o che consumano pasti ad alto contenuto di
grassi e proteine come certi piatti tipici della tradizione italiana.
Non a tutti il bolo prolungato piace. «Mio figlio per esempio preferisce suddividere la dose
di insulina in più boli ‘classici’. è una noia, ma Tommaso non ama l’idea di aggiungere alla
basale una ulteriore infusione continua di insulina, soprattutto perché con i primi microinfusori non potevi arrestarla. L’unica cosa da fare se la glicemia era bassa era staccare il
catetere o spegnere il micro», racconta la mamma. Anche Matteo non si è trovato bene
con il bolo a onda quadra. «Misurando la glicemia durante e dopo, ho trovato valori a volte
molto alti a volte molto bassi», racconta.
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DA NOI
quando la pizzaÈ UN PROBLEMA
«La pizza è un disastro», riassume Lucrezia. «l’assorbimento è molto lento e spesso imprevedibile».s
Ma può essere gestita bene con alcuni accorgimenti e
conoscenze. L’alimento più amato da bambini e giovani
necessita di una grande conoscenza delle variazioni del
proprio profilo glicemico e degli ingredienti contenuti
nella pizza. «Il fatto è che molti pizzaioli inseriscono zucchero o lieviti strani nell’impasto», spiega
Marina, la quale ha identificato una pizzeria che usa
metodi naturali e quando fa la pizza in casa conosce
ormai le dosi necessarie con ogni tipo di pasta surgelata. Anche Tommaso ormai ha imparato
che ogni pizzeria (c’è quella vicino a casa, dove si va con i compagni di scuola, quella preferita
dai compagni di squadra, quella che piace ai nonni...) ha la sua ‘curva glicemica’ e adatta dosi
e tipo di bolo a ciascuna pizzeria. La mamma di Gaia ha visto che la pizza con le verdure è
più facile da gestire. Lucrezia divide la dose di insulina in due metà che somministra prima di
iniziare a mangiare e tre ore dopo. Matteo invece fa l'iniezione 5 o 10 minuti dopo aver iniziato.
Insomma: ciascuno ha la sua 'strategia'.
Bolo multiwave o a onda doppia
Il papà di Enrico invece è un fan del bolo multiwave, che utilizza sempre per la fatidica
pizza. Nel bolo multiwave o a onda doppia, che può essere fatto solo con il microinfusore, la dose di insulina preprandiale viene somministrata in parte sotto forma di bolo
classico, in parte come bolo prolungato. Per esempio 14 unità possono essere suddivise fra un bolo classico di 8 unità e un bolo a onda quadra di 6 unità.
I calcoli sono un poco più difficili ma il bolo multiwave è la modalità più vicina a quella fisiologica. Facciamo un esempio: Enrico sa che quella pizza richiede 12 unità di
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ALTERNATIVI
L’INIEZIONE
carboidrati e 4 ore per essere digerita. Enrico desidera assumere un terzo della dose
subito e il resto nell’arco del tempo. Quindi il bolo consisterà in un bolo di 4 unità subito
e di 8 unità rimanenti nelle successive 4 ore. Utilizzando la basale temporanea, dopo il
bolo iniziale di 4 unità, le 8 unità rimanenti saranno somministrate aumentando di 2 unità
all’ora la basale per 4 ore.
Con il bolo a onda doppia è possibile far fronte alla necessità immediata d’insulina, per
limitare l’incremento di glicemia subito dopo il pasto (bolo standard) legata ai carboidrati e distribuire l’insulina nelle ore successive, per controllare il progressivo incremento di glicemia legato al lento assorbimento di proteine e grassi e alla loro trasformazione
in carboidrati.
Come decidere quale parte della dose di insulina fare subito e quale suddividere? In
linea generale meglio assumere il 50% della dose subito quando il pasto inizia con i
carboidrati o prevede sia una forte quota di carboidrati semplici sia molti grassi o proseguirà nell’arco di un tempo lungo come avviene nei pranzi ‘delle cerimonie’. È meglio
teniamoloA MENTE
La dose di insulina prevista per un pasto può essere suddivisa in due o più assunzioni.
Questo ‘bolo doppio’ o multiplo è utile quando il pasto è molto lungo, quando non si
conosce con esattezza quali piatti saranno serviti e quando non si sa se si avrà voglia di
terminare il pasto (per esempio in caso di malattia intercorrente):
Il bolo a onda quadra può essere erogato solo con il microinfusore, che è dotato della
funzione ‘opzioni di bolo’ (standard, onda quadra, onda doppia o multiwave) Il bolo a onda
quadra può essere sostituito da una basale temporanea più alta. è una alternativa al
bolo doppio nei pasti lunghi e ricchi di proteine e di grassi o per persone con digestione
rallentata.
Il bolo multiwave può essere erogato solo con il microinfusore e consiste nella combinazione di un bolo classico e di un bolo a onda quadra. Richiede una certa pratica ma è
consigliabile nei pasti complessi, ricchi di carboidrati, proteine e grassi.
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DA NOI
invece partire ‘bassi’ per esempio con un bolo iniziale, pari solo al 30-40% della dose
totale, se il pasto non prevede all’inizio tanti carboidrati.
Calcolatori di bolo
è possibile semplificare questi calcoli? Sì. Esistono supporti online e su smartphone che
contengono elenchi di alimenti completi di percentuale di carboidrati e indice glicemico,
per esempio, o immagini di piatti e porzioni con peso e quota di carboidrati. Ci sono
anche microinfusori e lettori della glicemia che – lasciando alla persona con diabete il
calcolo dei carboidrati – la aiutano a effettuare i calcoli del caso. Si chiamano calcolatori
di bolo o bolus wizard e memorizzano uno o più rapporti insulina/carboidrati (e/o fattori di
sensibilità all’insulina) e i cosiddetti target glicemici (cioè i valori che si ritengono normali
a digiuno e nella fase postprandiale). Il sistema può anche tenere conto dalla cosiddetta
‘insulina on board’ cioè la quantità di insulina ancora attiva residua dai boli precedenti,
sottraendola al fabbisogno totale.
Esercizio fisico, malattia e stress
Come dice giustamente Milly: «Nell’equilibrio glicemico di un ragazzino l’alimentazione conta fino a un certo punto. Gli sbalzi ormonali, l’alternarsi di giornate con esercizio fisico strenuo
e altre trascorse nella più assoluta sedentarietà... bisogna tenere conto di tutte queste cose».
Le persone con diabete sono molto sensibili alla possibilità che uno stress (per esempio
un periodo di studio o di lavoro particolarmente intenso) e perfino uno stato psicologico
particolare possano influenzare la glicemia. «Quando sono agitata la glicemia sale», nota
Alice. In effetti lo stress (stanchezza, pressioni psicologiche particolari) aumenta la secrezione di ormoni controregolatori che rendono l’insulina temporaneamente meno efficace.
è probabile che lo stress abbia piuttosto effetti indiretti, determinando una minore attenzione alla alimentazione e al dosaggio o ad assunzioni di cibo fuori pasto (i biscotti
sgranocchiati mentre si studia per un esame) o al salto di un pasto.
Diverso il discorso per le malattie o i traumi intercorrenti. Una gamba rotta o una influenza determinano un serio stress per l’organismo e una minore efficacia dell’insulina, sia
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ALTERNATIVI
L’INIEZIONE
quella basale sia l’insulina da somministrare
ai pasti, e quindi può comportare un diverso
rapporto insulina/carboidrati. In questo caso
potrebbe essere necessario aumentare le
dosi di insulina prima di pranzo e non solo.
L’esercizio fisico ha un effetto di breve termine, un effetto di medio termine e uno di lungo
termine sull’organismo. A breve termine l’esercizio fisico riduce la dose di insulina necessaria. Se dopo pranzo o dopo colazione
si fa una corsa in bicicletta o una camminata
di mezz’ora per andare al lavoro, la dose di insulina necessaria per coprire quel pranzo
potrebbe essere ridotta. «Se mangio un piatto di pasta e poi sto a casa, faccio 5 unità di
insulina ma so che dopo mezz’ora devo fare un chilometro a piedi per andare in ufficio, è
chiaro che quelle 5 unità mi porteranno in ipo», riassume Flavia.
Dopo uno sforzo importante è consigliabile mangiare pasti più ricchi di carboidrati del
solito, scegliendo quelli a lunga durata di azione, e verificare di quanto è utile e sicuro
ridurre l’insulina.
L’effetto di lungo termine si esprime con modifiche del fabbisogno insulinico. In una
settimana o in un mese caratterizzato da un esercizio fisico superiore alla media, si avrà
bisogno di meno unità di insulina. La differenza per esempio si vede nelle persone che
fanno poca attività fisica nei mesi di lavoro o di brutto tempo e ne fanno invece relativamente di più nei periodi di vacanza o di bel tempo. «So che quando mi muovo tanto durante il giorno devo fare molta meno insulina», dice Matteo; «in estate ho ridotto tantissimo:
per esempio a pranzo faccio 8–10 unità mentre durante l’anno ne faccio 14».
Indice glicemico
L’effetto sulla glicemia postprandiale degli alimenti non dipende solo dalla quantità di
carboidrati ma anche dal tipo di alimento. Alimenti che contengono la stessa quantità
di carboidrati possono dare risposte glicemiche molto differenti: ingerire 50 grammi
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di carboidrati sotto forma di pane o di spaghetti provoca risposte glicemiche diverse.
Questo effetto si esprime sia in termini di quantità di carboidrati effettivamente trasformati in glucosio sia in termini di velocità con la quale la trasformazione avviene. Un
pane ‘dolce’ come la michetta (chiamata rosetta in Lazio) si trasforma in glucosio quasi
immediatamente, un piatto di spaghetti impiegherà più tempo e del pane nero ricco di
fibre e carboidrati complessi un tempo ancora superiore.
Questa differenza è misurata dall’indice glicemico. Se un alimento ha un indice glicemico basso, i carboidrati saranno digeriti lentamente e avranno un impatto minore sulla
glicemia. Viceversa, un alimento con un indice glicemico alto si trasformerà velocemente in glucosio nel sangue. Esistono delle tabelle che associano a ogni piatto e a ogni
alimento preparato un indice glicemico. Ma le variabili sono tantissime. Ovviamente
l’indice glicemico di un pasto è la media ponderata degli indici glicemici di tutte le sue
componenti. Probabilmente l’indice glicemico è più utile per le persone con diabete
che non usano insulina e quindi non hanno molte possibilità di correggere l’effetto della
loro alimentazione.
teniamoloA MENTE
L’esercizio fisico, sia a breve sia a medio termine, aumenta l’efficacia dell’insulina, rendendo necessarie correzioni e modifiche nelle dosi di insulina.
Un esercizio fisico particolarmente lungo e intenso può portare a ipoglicemie tardive nel corso della notte seguente. Bisogna quindi prevedere modifiche nel dosaggio
dell’insulina.
Momenti di malattia o stress, al contrario, rendono meno efficace l’insulina e richiedono
dosi maggiori. Durante la malattia è opportuno moltiplicare i controlli. Anche se non ci si
alimenta è sempre necessario assumere insulina.
L’indice glicemico indica l’impatto di una certa quantità di carboidrati sulla glicemia. è
importante sapere quali sono gli alimenti e le combinazioni di alimenti ad alto, medio e
basso indice glicemico, e cercare di costruire pasti equilibrati anche sotto questo profilo.
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Un progetto editoriale di:
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