© Springer-Verlag 2002
Pathologica (2002) 94:299-305
A RT I C O L O O R I G I NA L E
Q. Piubello · S. Montemezzi · C. D’Atri
Calcificazioni mammarie con diagnosi di malignità o iperplasia atipica su
biopsia percutanea vacuum-assisted: correlazioni dopo escissione chirurgica
Breast calcifications with percutaneous vacuum-assisted diagnosis of malignancy or
atypical hyerplasia: correlations with surgical findings
Riassunto La biopsia percutanea sotto guida stereotassica
viene attualmente proposta come alternativa alla biopsia chirurgica nella diagnostica delle calcificazioni mammarie.
Scopo dello studio è l’analisi retrospettiva dell’accuratezza
raggiunta dalla metodica (sonda da 11 Gauge vacuum-assisted) nella definizione di malignità o iperplasia atipica mediante correlazione con i reperti della successiva chirurgia
postbiopsy. Abbiamo valutato 330 casi consecutivi di calcificazioni mammarie, 216 (65.5%) dei quali sono risultati benigni e 114 (34.5%) maligni o iperplasie atipiche alla biopsia vacuum-assisted. Novantatre di questi ultimi, disponibili per un confronto con la successiva chirurgia, sono stati così subclassificati: 11 iperplasie duttali atipiche (IDA), 67
carcinomi duttali in situ (CDIS), 6 carcinomi duttali invasivi (CRinv), 2 iperplasie lobulari atipiche e 7 carcinomi lobulari in situ (CLIS). L’istologia su chirugia postbiopsy ha
dimostrato in 3/11 (27%) casi con diagnosi percutanea di
IDA e in 6/67 (9%) casi con diagnosi percutanea di CDIS la
presenza di lesioni più aggressive/evolute (CDIS o CRinv
nel primo caso, CRinv nel secondo); nelle 7 lesioni diagnosticate alla biopsia vacuum-assisted come CLIS, la successiva chirurgia ha rivelato 1 carcinoma lobulare invasivo e 2
CDIS. Ventuno lesioni (4 IDA, 14 CDIS, 1 CRinv, 2 CLIS)
sono state interamente asportate al momento della biopsia
percutanea; nei rimanenti casi vi è stata concordanza piena
tra diagnosi percutanea e reperti della chirurgia postbiopsy.
Questi dati indicano una sostanziale affidabilità della metodica: in talune lesioni (in particolare, in quelle codificate come IDA o CDIS) è possibile per errori/deficit di campionamento un certo grado di sottostima diagnostica.
Parole chiave Mammella • Calcificazioni • Biopsia percutanea • Carcinoma in situ • Iperplasia atipica • Diagnosi
Key words Breast • Calcification • Vacuum-assisted biopsy •
Carcinoma in situ • Atypical hyperplasia • Diagnosis
Introduzione
Q. Piubello ()
Servizio di Anatomia Patologica,
Ospedale Civile Maggiore, Azienda Ospedaliera di Verona,
Piazzale Stefani 1, I-37126 Verona, Italia
e-mail: [email protected]
Tel.: +39-045-8072164
Fax: +39-045-8072011
S. Montemezzi
1a Radiologia
Ospedale Civile Maggiore, Azienda Ospedaliera di Verona, Italia
C. D’Atri
1a Chirurgia Generale
Ospedale Civile Maggiore, Azienda Ospedaliera di Verona, Italia
La biopsia percutanea sotto guida stereotassica viene attualmente proposta come alternativa alla biopsia chirurgica nella diagnosi delle lesioni non palpabili della mammella. Le
prime esperienze a partire dagli anni ’90 con tecniche di prelievo automatizzate (automated 14 Gauge large-core needle
biopsy) rivelano una sostanziale affidabilità della metodica
[1, 2], che mostra tuttavia alcuni limiti di “sottostima” diagnostica in quadri patologici contenenti iperplasia duttale
atipica (IDA) o carcinoma duttale in situ (CDIS): percentuali variabili dal 44 al 56% dei casi diagnosticati come IDA e
dal 16 al 35% di quelli diagnosticati come CDIS alla biopsia
percutanea presentano, alla successiva exeresi chirurgica, lesioni più evolute/aggressive (carcinomi in situ o carcinomi
invasivi nel primo caso, carcinomi invasivi nel secondo) [38]. La recente comparsa di nuovi sistemi bioptici, ad aspirazione retroazionata (vacuum-assisted) e con sonde di diame-
300
tro maggiore (11 Gauge), consente con un singolo inserimento di effettuare prelievi multipli contigui/circonferenziali e di ottenere maggiori quantità di tessuto: ciò conduce a
un campionamento più esteso e ad una rimozione più frequentemente totale del bersaglio radiologico, riducendo i valori di sottostima al 10-27% nel caso di diagnosi percutanea
di IDA e al 4-15% nel caso di CDIS [8-14].
Dopo una prima valutazione preliminare [15], questo lavoro descrive l’esperienza da noi compiuta, in una serie consistente di casi, nella diagnostica istopatologica delle calcificazioni mammarie su materiale ottenuto mediante biopsia
percutanea stereotassica vacuum-assisted (sonda da 11
Gauge), con particolare attenzione all’accuratezza raggiunta
dalla metodica nella definizione delle lesioni maligne e delle iperplasie atipiche tramite confronto con i reperti della
successiva chirurgia postbiopsy.
Materiali e metodi
Dal maggio 1999 al giugno 2001 sono state effettuate, presso l’Ospedale Civile Maggiore dell’Azienda Ospedaliera di
Verona, 409 biopsie mammarie percutanee stereotassiche
vacuum-assisted (Mammotome, sonda da 11 Gauge) relative a 385 donne (22 delle quali con 2 biopsie e 1 con 3 biopsie per lesioni doppie omo-bilaterali o per ripetizione da
bersaglio non centrato). Le indicazioni all’esame sono state:
masse (opacità, zone di distorsione/alterata densità) prive di
traduzione ecografica in 73 casi (18%), calcificazioni nei restanti 336 (82%). Queste ultime costituiscono l’oggetto del
nostro studio.
Il diametro radiologico delle calcificazioni biopsiate è
stato: ≤5 mm in 161 casi, 6-10 mm in 102 casi, 11-20 mm
in 34 casi, 21-30 mm in 23 casi, >30 mm in 16 casi. In
212/336 (63%) casi le calcificazioni sono state interamente
(residuo zero) o quasi interamente (residuo <10%) asportate, in 97 (29%) la rimozione è stata parziale (residuo >10%),
in 21 casi il residuo radiologico non è risultato valutabile,
nei rimanenti 6 (1.8%) il bersaglio non è stato centrato per
problemi tecnici/modesto spessore della mammella.
L’approccio metodologico è stato interdisciplinare, sia
per quanto concerne l’esecuzione delle biopsie (in collaborazione tra radiologo e chirurgo), sia per ciò che riguarda
l’inquadramento anatomo-clinico di ogni caso e le conseguenti decisioni operative per follow up vs. chirurgia postbiopsy (meeting settimanali radiologo-chirurgo-patologo).
Per opera dei prelevatori, i frustoli asportati sono stati radiografati (verifica dell’avvenuta centratura) e separati in 2
contenitori distinti a seconda della presenza o meno in essi
del target (calcificazioni); al termine della seduta una clip
metallica è stata posizionata nel sito bioptico come futuro/potenziale repere ed eseguita una lastra di controllo postbiopsy onde valutare presenza ed entità dell’eventuale residuo lesionale.
Q. Piubello et al.: Biopsia mammaria percutanea
Il materiale è giunto quindi al Servizio di Anatomia
Patologica, accompagnato da una scheda precostituita nella
quale, oltre ai dati anagrafici/clinici routinari, è prevista l’indicazione del diametro radiologico e del tipo di calcificazioni, nonché del numero di frustoli contenenti le medesime
e dell’esito del radiogramma postbiopsy (lesione interamente rimossa, residuo <10%, residuo 10-50%, residuo >50%,
lesione non centrata). I frustoli sono stati descritti (numero
per inclusione, range di lunghezza per inclusione) e campionati in toto badando a ottenere una esposizione completa
di ogni frustolo, senza sovrapposizioni di tessuto: in media
sono state ottenute 5-6 inclusioni per caso e allestite 3 sezioni a diversi livelli per ogni inclusione, colorate routinariamente in Ematossilina-Eosina. Sezioni aggiuntive e immunocolorazioni per actina muscolo specifica (clone HHF
35, Dako) o actina muscolo liscio specifica (clone 1A4,
Dako) sono state inoltre effettuate al bisogno.
In 84 dei 90 casi con diagnosi percutanea di IDA, CDIS o
carcinoma invasivo (CRinv) è stata seguita una terapia chirurgica, conservativa o demolitiva (mastectomia); 6 pazienti (2
IDA, 2 CDIS e 2 CRinv) si sono rivolte ad altri Ospedali o
hanno rifiutato ulteriori trattamenti. I casi (n=24) con diagnosi di iperplasia lobulare atipica (ILA) o carcinoma lobulare in situ (CLIS) sono stati in parte seguiti con follow-up (15
casi), in parte trattati chirurgicamente (9 casi). Il materiale derivante da chirurgia conservativa (biopsia escissionale/lumpectomy o quadrantectomia) è stato marcato con inchiostro di
china o tempere a diversi colori (valutazione margini) e così
campionato: se di dimensioni limitate (fino a 6-8 cm di asse
principale) inclusione totale tramite prelievi sequenziali consecutivi, ortogonali all’asse principale, distinti con lettere o
numeri ad hoc; con dimensioni maggiori si è provveduto a
campionare separatamente il pregresso sito bioptico (incluso
sempre in toto sequenzialmente), il parenchima circostante e
a distanza dal sito bioptico (prelievi multipli random o mirati
su eventuali lesioni macroscopiche), nonché i margini di exeresi (prelievi tangenziali/shaved o perpendicolari). Per le mastectomie, ancora inclusione in toto con campionamento sequenziale del sito bioptico, prelievi multipli nel tessuto circostante il sito bioptico e a carico dei vari quadranti, capezzolo
in toto, un prelievo sulla cute; nelle mastectomie i margini
(tranne quando macroscopicamente sospetti) non sono stati
campionati. Allestimento delle sezioni e colorazione in
Ematossilina-Eosina come di routine.
Tutti i vetrini e i referti istopatologici delle biopsie vacuum-assisted e degli interventi postbiopsy sono stati rivisti,
raccolti e distinti in benigni e maligni/iperplasie atipiche. I
casi benigni sono stati separati in: (a) modificazioni atrofiche/involutive; (b) fibrosi/metaplasia apocrina cistica senza
significativa componente proliferativa; (c) lesioni proliferative senza atipie (iperplasia duttale/epiteliosi, adenosi sclerosante, alterazione colonnare dei lobuli/iperplasia a cellule colonnari, lesioni papillari, ecc.). I casi maligni/iperplasie atipiche sono stati suddivisi in 5 categorie: (a) IDA; (b) CDIS (puro o con microinvasione); (c) CRinv (con o senza CDIS as-
Q. Piubello et al.: Biopsia mammaria percutanea
sociato); (d) ILA; (e) CLIS. I carcinomi duttali in situ sono
stati inoltre subclassificati in bene, moderatamente e scarsamente differenziati secondo Holland [16].
Le diagnosi di malignità o iperplasia atipica effettuate su
Mammotome sono state quindi correlate con i reperti della
chirurgia postbiopsy. Per le lesioni di tipo duttale abbiamo
definito, in accordo con la letteratura [13, 17], come “sottostimati” quei casi diagnosticati come IDA e CDIS alla biopsia percutanea che presentano alla successiva exeresi chirurgica carcinoma duttale in situ o infiltrante nel primo caso e carcinoma duttale infiltrante nel secondo.
301
cessiva chirurgia in 5/6 casi (83%), quella di IDA in 4/11
(37%); in 3/11 (27% di “sottostima”) lesioni etichettate come IDA alla biopsia vacuum-assisted, la chirurgia postbiopsy ha rivelato 1 CDIS (pattern micropapillare, moderatamente differenziato) e 2 CRinv (Figg. 1, 2), entrambi con associata componente duttale in situ, a pattern cribriforme-micropapillare, ben differenziata. La valutazione del residuo
radiologico dopo biopsia vacuum-assisted nelle 9 lesioni sot-
Risultati
Escludendo i 6 casi con bersaglio non centrato, nelle restanti 330 calcificazioni mammarie indagate con biopsia
vacuum-assisted abbiamo avuto 216 (65.5%) lesioni benigne (73 modificazioni atrofiche/involutive, 42 fibrosi/metaplasia apocrina cistica, 101 lesioni proliferative) e 114
(34.5%) casi di malignità/iperplasia atipica (13 IDA, 69
CDIS, 8 CRinv, 10 ILA, 14 CLIS). In particolare, i 69 carcinomi duttali in situ (4 dei quali con microinvasione) sono
stati così subclassificati: 15 (22%) forme ben differenziate,
19 (28%) moderatamente differenziate, 28 (41%) scarsamente differenziate, 7 (11%) miste con commistione di
aspetti bene e moderatamente differenziati o di aspetti moderatamente e scarsamente differenziati; in 3/69 CDIS è stata inoltre osservata coesistenza di foci separati di CLIS. Per
quanto concerne i carcinomi invasivi, 7/8 sono risultati istotipi duttali NAS, il rimanente un carcinoma misto, duttale e
lobulare.
La Tabella 1 riassume, per le lesioni duttali, le correlazioni tra istologia su biopsia vacuum-assisted e istologia su
chirurgia postbiopsy disponibili in 84/90 casi (67 CDIS, 6
CRinv, 11 IDA): la diagnosi percutanea di CDIS è stata confermata sul materiale chirurgico in 47/67 (70%) lesioni,
mentre in 6 casi (9% di “sottostima”) la chirurgia postbiopsy ha mostrato CRinv (di tipo duttale NAS in 5 casi, tutti
con associata componente duttale in situ, e di tipo lobulare
classico in 1 caso, anch’esso con coesistente componente in
situ, sia duttale che lobulare). La diagnosi bioptica percutanea di CRinv è risultata concordante con quella della suc-
a
b
Fig. 1 Donna di 49 anni con calcificazioni su area di 5 mm.
a Biopsia percutanea: reperto di singolo focus di iperplasia duttale
atipica a pattern cribriforme, con calcificazioni, in duttulo terminale
(E-E). b Chirurgia postbiopsy: carcinoma duttale infiltrante (+ carcinoma duttale in situ) nelle zone circostanti l’agobiopsia (E-E)
Tabella 1 Lesioni duttali maligne/atipiche alla biopsia percutanea: correlazioni dopo escissione chirurgica
Istologia biopsia percutanea
CDIS (n=67)
CRinv (n=6)
IDA (n=11)
Istologia chirurgia postbiopsy
CDIS
CRinv
IDA
Negativa
47
0
1
6
5
2
0
0
4
14
1
4
CDIS, carcinoma duttale in situ; CRinv, carcinoma invasivo; IDA, iperplasia duttale atipica
302
Q. Piubello et al.: Biopsia mammaria percutanea
Discussione
a
b
Fig. 2 Donna di 46 anni con calcificazioni su area di 30 mm.
a Biopsia percutanea: reperto isolato di iperplasia duttale atipica a
pattern micropapillare, con interessamento parziale/focale di 2 dotti (calcificazioni rappresentate in altri campi su terreno atrofico)
(E-E). b Chirurgia postbiopsy: carcinoma duttale infiltrante (+ carcinoma duttale in situ) nelle zone circostanti l’agobiopsia (E-E)
tostimate dimostra che in 4/9 casi (3 CDIS, 1 IDA) le calcificazioni erano state solo parzialmente rimosse (residuo
>50%), in ulteriori 4 (3 CDIS, 1 IDA) erano state rimosse in
toto (residuo zero), nel caso restante (IDA) quasi interamente asportate (residuo <10%). Infine in 14/67 (21%), 1/6
(17%) e 4/11 (36%) casi rispettivamente diagnosticati alla
biopsia vacuum-assisted come CDIS, CRinv e IDA, la successiva chirurgia è risultata negativa per lesioni maligne/iperplasia atipica.
Nove lesioni lobulari (7 CLIS, 2 ILA) diagnosticate alla
biopsia percutanea sono andate incontro a chirurgia: l’istologia del materiale chirurgico è risultata concordante in 2/2
ILA e in 2/7 CLIS, mentre in 3 casi con diagnosi percutanea
di CLIS ha evidenziato, in aggiunta a foci di CLIS, carcinoma lobulare invasivo (1 caso) o carcinoma duttale in situ (2
casi). Nei restanti 2 casi etichettati alla biopsia vacuum-assisted come CLIS, la successiva exeresi è risultata negativa
per lesioni maligne/iperplasia atipica.
L’utilizzo della biopsia percutanea sotto guida radiologica
nella diagnosi delle lesioni non palpabili della mammella appare in crescente diffusione. Rispetto alla biopsia chirurgica,
essa mostra [17] una quasi sovrapponibile/paragonabile accuratezza diagnostica, è minimamente invasiva, poco traumatica, in genere assai ben tollerata, con assenti/minori sequele estetiche e complicanze; conduce inoltre a riduzione
dei costi economici [18, 19], soprattutto in modelli organizzativi “centralizzati” [20], eliminando la necessità di biopsie
chirurgiche “diagnostiche” su lesioni benigne e riducendo il
numero complessivo di procedure chirurgiche nei casi maligni [21, 22].
Il principale limite della metodica è dato da un certo grado di “sottostima” diagnostica in lesioni contenenti iperplasia duttale atipica o carcinoma duttale in situ che, alla successiva exeresi chirurgica, rivelano patologie più evolute/aggressive (rispettivamente, carcinomi in situ o invasivi nel primo caso, carcinomi invasivi nel secondo); tale discordanza
viene ragionevolmente attribuita a deficit di campionamento/sampling error [9, 13] insiti nella natura agobioptica dell’indagine percutanea. In effetti, l’importanza di un campionamento il più possibile esteso è dimostrata dal fatto che l’utilizzo dei nuovi sistemi bioptici vacuum-assisted con sonde
da 11 Gauge (che consentono di ottenere fino a 96 mg di tessuto contro i 40 mg e i 17 mg ottenuti con sonde da 14
Gauge, rispettivamente vacuum-assisted e automatizzate [23,
24]) riduce le percentuali di sottostima dal 44-56% al 1027% nel caso di diagnosi percutanea di IDA e dal 16-35% al
4-15% nel caso di diagnosi percutanea di CDIS [8-14].
I nostri valori di sottostima diagnostica, con metodica
vacuum-assisted e sonda da 11 Gauge, sono in linea con
quanto riportato da altri Autori, sia per quanto concerne la
diagnosi carcinoma duttale in situ (Tab. 2) che per quella di
iperplasia duttale atipica (Tab. 3). Il lavoro di Liberman e
coll. [13] è l’unico a nostra conoscenza in cui i casi sottovalutati al Mammotome sono stati analizzati in rapporto alla rimozione (totale vs. parziale) delle calcificazioni: in tale lavoro le diagnosi sottostimate (1/10 IDA e 1/21 CDIS) si sono verificate in pazienti con calcificazioni solo parzialmente rimosse, mentre nessun caso con calcificazioni completamente asportate è risultato sottovalutato. Nella nostra esperienza, verosimilmente per l’assai maggior numero (67 vs.
21) di CDIS studiati, una quota importante delle diagnosi
sottostimate (3 casi di CDIS e 1 caso di IDA, 4/9, 44%) si è
realizzata anche quando la biopsia percutanea aveva interamente rimosso le calcificazioni.
Incerto e poco definito appare il significato da attribuire
al rilievo di carcinoma lobulare in situ su biopsia percutanea.
Come noto [25], il CLIS da solo è una lesione microscopica,
priva in genere di caratterizzazione clinico-radiologica e diagnosticata per lo più come reperto “incidentale” in biopsie
chirurgiche effettuate per la presenza di altre anomalie mammo/ecografiche: esso viene attualmente considerato un
Q. Piubello et al.: Biopsia mammaria percutanea
303
Tabella 2 Sottostima di carcinoma duttale infiltrante dopo diagnosi percutanea (metodica vacuum-assisted 11 Gauge) di carcinoma duttale in situ: confronto studi pubblicati
Darling e coll. [9]
Won e coll. [8]
Meyer e coll. [11]
Burak e coll. [14]
Liberman e coll. [13]
Studio attuale
CDIS percutaneo con follow-up chirurgico
(n. casi)
CRinv alla chirurgia
(n. casi)
Sottostima
(%)
175
20
28
89
21
67
18
3
1
10
1
6
10
15
4
11
5
9
CDIS, carcinoma duttale in situ; CRinv, carcinoma invasivo
Tabella 3 Sottostima di carcinoma duttale in situ e di carcinoma duttale infiltrante dopo diagnosi percutanea (metodica vacuum-assisted
11 Gauge) di iperplasia duttale atipica: confronto studi pubblicati
Darling e coll. [9]
Brem e coll. [10]
Meyer e coll. [11]
Philpotts e coll. [12]
Liberman e coll. [13]
Studio attuale
IDA percutanea con follow-up chirurgico
(n. casi)
CDIS alla chirurgia
(n. casi)
CRinv alla chirurgia
(n. casi)
Sottostima
(%)
86
16
9
15
10
11
11
2
1
5
2
0
19
25
11
27
10
27
4
1
1
0
2
IDA, iperplasia duttale atipica; CDIS, carcinoma duttale in situ; CRinv, carcinoma invasivo
marker di aumentato rischio (rischio relativo = 8-12) di successiva comparsa di carcinomi invasivi (di tipo sia duttale che
lobulare), metà circa dei quali insorgeranno nella mammella
controlaterale. Pur con aspetti controversi, l’orientamento attuale nel management delle pazienti con diagnosi di CLIS
consiste nello stretto follow-up [25, 26], eventualmente associato a terapia medica con tamoxifen [27]. Le incertezze circa il comportamento da tenere (follow-up vs. biopsia chirurgica) dopo reperto agobioptico di CLIS derivano dal fatto che
gli studi di correlazione con la successiva chirurgia postbiopsy sono rari e numericamente poveri: oltre allo studio attuale con 7 casi, esistono a nostra conoscenza sull’argomento
solo 2 ulteriori lavori di singole Istituzioni, quello di
Liberman e coll. [28] con 14 casi e quello di O’ Driscoll e
coll. [29] con 7 casi. In tutti e tre questi studi la chirurgia postbiopsy fa rilevare un certo numero di casi che, accanto a
CLIS, presentano patologie più aggressive o avanzate (carcinoma duttale in situ o carcinoma lobulare infiltrante). In particolare, i nostri risultati sono del tutto sovrapponibili a quelli ottenuti da O’ Driscoll e coll. [29]: su 7 diagnosi agobioptiche di CLIS, la chirurgia postbiopsy rivela 1 carcinoma lobulare infiltrante e 2 CDIS. Nella serie relativamente più
consistente di Liberman e coll. [28] su 14 lesioni contenenti
CLIS alla biopsia percutanea ritroviamo ancora, alla successiva chirurgia, 1 carcinoma lobulare infiltrante e 2 CDIS. In
base alle associazioni riscontrate, questi ultimi Autori raccomandano l’effettuazione della chirurgia postbiopsy nell’am-
bito di 3 diversi scenari: quando il reperto percutaneo di
CLIS risulti associato ad altre lesioni “ad alto rischio” (iperplasia duttale atipica o radial scar), quando mostri caratteri
di ambiguità/sovrapposizione istologica con forme duttali in
situ oppure quando esistano discordanze tra dato istologico e
quadro radiologico; nei restanti casi i medesimi Autori [28],
pur sottolineando la necessità di studi più ampi, non rilevano
elementi per consigliare l’allargamento chirurgico.
Qualora la chirurgia postbiopsy, correttamente eseguita,
non rilevi aree residue di iperplasia atipica o carcinoma, la
lesione va considerata interamente escissa al momento della
biopsia percutanea: nella nostra serie, in sostanziale accordo
con quanto segnalato da altri Autori [9-11], ciò si è verificato in 4/11 (36%) IDA, 14/67 (21%) CDIS, 1/6 (16%)
CRinv e 2/7 (28%) CLIS. Sebbene questi dati indichino che
la biopsia percutanea, in taluni casi, sia in grado di asportare completamente una lesione mammaria maligna o atipica,
attualmente non vi sono sufficienti elementi di garanzia circa l’utilizzo della metodica a fini terapeutici. In particolare,
la rimozione completa delle anomalie mammografiche ad
opera della biopsia percutanea non assicura l’avvenuta completa escissione istologica della lesione: secondo lo studio di
Liberman e coll. [30], su 15 casi maligni (12 carcinomi duttali in situ e 3 carcinomi duttali infiltranti) con anomalie
mammografiche interamente rimosse al momento della biopsia percutanea, ben 11 (73%) presentavano carcinoma residuo alla successiva exeresi chirurgica.
304
In conclusione, questo lavoro conferma la sostanziale
affidabilità della metodica percutanea nella definizione
delle calcificazioni mammarie. Certamente in lesioni codificate come iperplasia atipica o carcinoma in situ esiste
(per errori/deficit di campionamento) un certo rischio di
sottostima diagnostica, possibile nella nostra esperienza
anche quando il target radiologico sia stato completamente rimosso: d’altro canto, soprattutto in quadri mammografici caratterizzati da calcificazioni molto estese o multiple,
è noto che nemmeno l’approccio chirurgico (biopsia diagnostica con centraggio) è in grado di eliminare completamente tale rischio. Sul piano operativo, per quanto riguarda le lesioni duttali, ne consegue che in tutte le pazienti con
diagnosi percutanea di iperplasia atipica dovrà essere effettuata una biopsia chirurgica, con il principale obiettivo
di escludere l’eventuale coesistenza di componenti patologiche più evolute/aggressive; a seguito di una diagnosi percutanea di carcinoma duttale in situ si dovrà seguire una
chirurgia con finalità terapeutiche, tenendo presente che in
una piccola quota di pazienti (nella nostra esperienza come
in letteratura, circa 1 caso su 10) sarà necessaria una seconda procedura chirurgica a livello ascellare (linfoadenectomia tradizionale o linfonodo sentinella), qualora
emergano componenti carcinomatose invasive non riconosciute al momento dell’indagine percutanea. Per quanto
concerne le lesioni lobulari, i pochi dati a disposizione non
consentono, a nostro parere, valutazioni conclusive circa il
comportamento da tenere di fronte a una diagnosi percutanea di carcinoma lobulare in situ, comportamento che ragionevolmente andrà valutato caso per caso. Certamente il
rilievo su piccole casistiche di una non irrilevante associazione, alla chirurgia postbiopsy, con lesioni più aggressive/avanzate (carcinomi duttali in situ o carcinomi lobulari
invasivi) deve spingere verso un incremento delle biopsie
chirurgiche e un ampliamento degli studi di correlazione;
qualora ciò non avvenga, appare imperativo un attento e
prolungato follow-up.
Summary Percutaneous, stereotactic, vacuum-assisted
biopsy has become a widely used alternative to open surgical biopsy for the initial diagnosis of breast calcifications.
We retrospectively assessed the accuracy of the technique in
the diagnoses of malignancy and atypical hyperplasia by
correlation with the findings of the subsequent surgical excision. We studied 330 consecutive cases of breast calcifications, 216 (65.5%) of which were determined to be benign
and 114 (34.5%) to be malignant or atypical at vacuum-assisted biopsy using an 11 gauge instrument. Of the latter, 93
were available for comparison with the subsequent surgery;
the specific diagnoses as revealed by percutaneous biopsy
were as follows: 11 cases of atypical ductal hyperplasia
(ADH), 67 cases of ductal carcinoma in situ (DCIS), 6 infiltrating ductal carcinomas (IFDC), 2 cases of atypical lobular hyperplasia and 7 of lobular carcinoma in situ (LCIS).
Q. Piubello et al.: Biopsia mammaria percutanea
At histological analysis after surgical excision, 3 (27%) of
11 cases previously diagnosed as ADH and 6 (9%) of 67 cases diagnosed as DCIS were shown to actually be higher
grade lesions (DCIS/IFDC and IFDC, respectively ). Of the
7 lesions diagnosed at vacuum-assisted biopsy as LCIS,
surgery and histological analysis showed one infiltrating
lobular carcinoma and two DCIS. A total of 21 lesions (4
ADH, 14 DCIS, 1 IFDC, 2 LCIS) were completely removed
at percutaneous biopsy; the remaining cases were found totally concordant. These data indicate a substantial accuracy
of the percutaneous biopsy: some lesions (particularly, those
thought to be ADH and DCIS) can be underestimated for
sampling error.
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