57-16 Chenopodium album L.
NOME COMUNE: farinaccio comune
CODICE: CHEAL
CARATTERISTICHE GENERALI
È una chenopodiacea a ciclo annuale di origine europea che attualmente è diffusa in quasi tutto il mondo (subcosmopolita) compreso tutto il territorio nazionale fino a 1500 m di altezza, dove rappresenta per le colture agrarie una delle
più dannose specie.
Con le radici di questa pianta si produceva un sapone dolce, mentre le giovani piante venivano consumate in insalata.
Le foglie in particolare sono considerate come un surrogato dello spinacio, tuttavia per l’elevato contenuto di acido
ossalico possono creare problemi di intossicazione. Dalle stesse foglie può essere estratto l’ascaridolo, utilizzato come
antielmintico. I semi in certi Paesi vengono ancora utilizzati per la produzione di farina. I ritrovamenti archeologici testimoniano ciò, tra cui in particolare quelli ritrovati in Danimarca dopo circa 1700 anni, che hanno mantenuto la loro
capacità germinativa.
Questa specie è in grado di provocare allergie da polline.
PRINCIPALI CARATTERI MORFOLOGICI
FA
Cotiledoni
C
SI
M
IL
E
Ha cotiledoni di forma ellittico-allungata (10-15 cm di lunghezza), stretti,
carnosi, con pagina inferiore rosso-violacea, portati da un breve picciolo su
un asse ipocotile rossastro lungo 1-3 cm.
Le prime 2 foglie sono ovali con la pagina inferiore del lembo violacea, mentre il secondo paio di foglie assume già una forma romboidale e dentata con
lungo picciolo simile a quella tipica delle successive. La particolare conformazione con i due denti laterali maggiori ricorda i piedi dei palmipedi, da
cui il nome del genere che significa zampa d’oca. Le foglie che sviluppano
in prossimità dell’infiorescenza sono più polimorfe, lanceolate e con denti
meno prominenti.
I fiori piccoli, ermafroditi, apetali e muniti di 5 tepali verdastri, sono raggruppati in glomeruli disposti in pannocchia all’ascella delle foglie, che schiudono da giugno a ottobre.
I frutti sono acheni con piccoli semi lenticolari neri di 1-2 mm di sezione e del
peso di circa 0,8 mg, che venivano usati per l’alimentazione umana. Tali semi
sono caratterizzati da un differente tegumento che gli conferisce un diverso
grado di dormienza.
La pianta adulta, più verde, è spesso ramificata, con un fusto eretto, angoloso e rossastro, che nei terreni più fertili può sviluppare fino a 2 m, mentre
in condizioni sfavorevoli può già fruttificare a 10 cm di altezza. Può essere
confusa oltre che con le specie C. ficifolium e C. opulifolium, in particolare
con C. giganteum, nonostante la sua presenza in Pianura Padana sia sporadica. Quest’ultimo presenta maggiori dimensioni (fino a 3 m di altezza) e
sfumature rosso-violacee sulle foglie e sul fusto.
C. album può presentare ampia variabilità fenotipica dei caratteri morfologici a seconda delle condizioni ambientali, tanto da conferirle talvolta difficoltà nel riconoscimento con altre specie affini.
Cotiledoni, foglie vere
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Allo stadio cotiledonare si può confondere oltre che con le stesse chenopodiacee anche
con diverse specie appartenenti ad amarantacee e poligonacee. Allo stadio di plantula
si distingue da Chenopodium opulifolium per avere foglie più lunghe che larghe.
PRINCIPALI ASPETTI BIO-ECOLOGICI
In accrescimento
LA LOTTA
FA
C
SI
M
IL
E
Una pianta produce mediamente 3000-20.000 semi, ma anche fino a 176.000, che rimangono vitali nel terreno per circa 20 anni, ma anche fino a 40 in particolare se sepolti
in profondità. Germinano mediamente nello strato compreso tra 0,5 e 3 cm, ma anche
fino a 8 cm in terreni secchi e aerati, con un picco verso i 3 cm. Il periodo di germinazione generalmente avviene nei mesi di marzo e aprile dopo aver subito uno stimolo
luminoso, con una temperatura media del terreno di almeno 8-10° C. La dormienza
iniziale è elevata e dipende principalmente dai tegumenti assai duri che non si inibiscono nemmeno dopo un elevato periodo di sosta in acqua. Siccome i semi non vengono
dispersi dal vento, di frequente questa malerba si ritrova concentrata a chiazze.
Le giovani piante in particolare sono ricoperte da microsferette biancastre, che sono
ghiandole acquifere di riserva per i periodi siccitosi, le quali disidratandosi divengono squamose conferendo un aspetto farinoso da cui deriva il nome comune (farinaccio). In determinate condizioni di crescita le giovani piante possono assumere una
colorazione rosso-violacea che contrasta con il tipico colore verde cupo. Amante dei
terreni molto fertili e ben letamati e liquamati, è una nitrofila che si adatta a tutti
i tipi di suolo asportando considerevoli quantità di elementi nutritivi e per questo
risulta tra le specie annuali una delle più competitive. Si ritrova nelle terre nuove da
colonizzare e in tutte le colture dove può divenire particolarmente dannosa in quelle
a coltivazione primaverile ed estiva, tra cui in particolare cetriolo, mais e avena verso le quali presenta sostanze spiccatamente allelopatiche.
Questa specie è ospite del nematode Heterodera schachtii, nonché di numerose virosi delle colture e delle bietole, oltre a vettori come il nematode Xiphinema index
che causa la degenerazione infettiva della vite e un fungo vettore della rizomania.
Esistono popolazioni resistenti alle triazine.
In pre-emergenza è facilmente contenibile con l’impiego dei nitroderivati (trifluralin,
benfluralin e pendimetalin), ammidi (metazaclor, dimetenamide-P, propizamide, isoxaben), aclonifen, linuron, lenacil, cloridazon, diflufenican, oxadiazon, triazine asimmetriche (metribuzin e metamitron) e simmetriche (terbutilazina), ad esclusione degli
ecotipi triazino-resistenti, isoproturon, clortoluron, isossaflutolo e flufenacet.
Attivi per via fogliare risultano i benzonitrili (ioxinil e bromoxinil), gli ormonici (2,4D,
MCPP, MCPA) e ormonosimili (dicamba), i carbammati (fenmedifam e desmedifam),
bentazone, sulcotrione, mesotrione, imazamox e le principali solfoniluree, purché il
chenopodio si trovi ai primi stadi di sviluppo.
Per gli accorgimenti di carattere agronomico ai fini di una lotta integrata si rimanda
alle altre specie di Chenopodium.
Pianta adulta in fioritura
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