CULTURANDO
Storia della lettura...
Bibliofilo appassionato e insaziabile, Manguel possiede
una collezione privata di oltre 35.000 volumi, alcuni letti più
volte, altri lasciati a metà o prima, perché anche questo è lecito: scegliere un autore su un altro, divorarne alcuni e ripudiarne altri, applicare quella che lo scrittore argentino chiama
“censura personale”, giacché ogni lettore è autorizzato a compiere, e compie di fatto, un atto di censura tutte le volte che si
rifiuta di leggere qualcosa che sente non appartenergli. L’autore di “Una storia delle lettura” – autentico monumento letterario al libro in quanto tale e alle biblioteche che sono “serbatoi di memoria collettiva” – non ha pretese d’insegnare a
leggere, né tanto meno impartisce indicazioni che conducano
a preferire un testo rispetto ad un altro. Chiunque legga per la
propria soddisfazione personale e nei limiti concessi dalla propria esperienza, legge bene e non ha da renderne conto a nessuno. Non c’è lettore inferiore ad un altro, a meno che il desiderio della lettura sia alimentato da ragioni sbagliate come
la fissazione di dover leggere per apprendere (“Leggete per il
piacere di leggere; va da sé che qualcosa s’imparerà strada
facendo, ma non fatelo con il chiodo fisso di doverlo fare per
imparare”), oppure la convinzione assolutamente infondata
DEL POPOLO
Alberto Manguel
A Pola l’autore di “Diario di un lettore”
Manguel, l’uomo che legge
C’
l’autore nemmeno si accorge, tanto è
vero che, quando il traduttore cerca
chiarimenti dall’autore del testo, quest’ultimo spesso non sa cosa rispondergli. In verità, noi non leggiamo Omero,
non leggiamo la Bibbia. Leggiamo sempre
e soltanto una traduzione di Omero e una traduzione della Bibbia. Non deve stupire, quindi,
che Borges fosse solito affermare: “A volte l’originale non è all’altezza della traduzione”. A mio avviso ogni civiltà che si consideri realmente civiledovrebbe necessariamente erigere, in tutte le sue città,
tre monumenti in onore al altrettanti personaggi benemeriti: un bibliotecario, un insegnante e un traduttore. Sono questi, infatti, i pilastri di ogni cultura, di
ogni civiltà. E le biblioteche sono i loro serbatoi di
memoria.
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di Daria Deghenghi
erano stati anche Orhan Pamuk, Umberto
Eco e Dacia Maraini tra gli ospiti d’onore della Fiera del libro polese. Quest’anno
– il quindicesimo della massima rassegna culturale
di fine anno in Istria – il posto d’onore è stato riservato all’argentino Alberto Manguel, scrittore, saggista, traduttore, curatore di fama internazionale che
il pubblico polese ha avuto modo di incontrare alla
cerimonia di apertura del 4 dicembre, al primo “Crepuscolo con il libro” allestito per presentare “Biblioteca di notte” nell’edizione serba della belgradese “Geopoetika”, e alla prima delle squisite “Colazioni con l’autore” dirette da un intervistatore superbo quale Vojo Šiljak. Durante la conversazione,
Manguel ha regalato ai presenti spunti di riflessione (compresi commenti a pregiudizi) interessanti in
Le dediche
merito alla natura del libro e a piacere / dovere della
Le dediche dell’autore nei libri? Mi viene in menlettura. Di seguito riportiamo gli spunti salienti delle
te di nuovo Borges, che aveva il vizio di innamorarsi
risposte offerte dall’autore al pubblico di Pola..
perdutamente ogni fine settimana e di conseguenza
La lettura e la solitudine
era sempre costretto a cambiare l’intestazione della
Leggere è il modo migliore di essere soli insie- dedica. Succedeva allora che la stessa poesia fosse
me. D’altra parte il desiderio di leggere è anche un dedicata ora a una donna, ed ora a un’altra, dipenegregio collante: si legge, si consiglia una lettura ad dentemente dalla data di pubblicazione del libro.
un amico, l’amico la suggerisce a sua volta ad un al- Qualcuno ebbe a dire in proposito dissero che “tutte
tro amico, una generazione la tramanda a quella suc- le donne di Borges sono uniche e insostituibili”. Un
cessiva e così all’infinito! È così che la lettura dif- altro episodio la dice lunga ed è quello di Golding
fonde tra i lettori sentimenti di grande fraternità e che alla Fiera del libro di Toronto si è trovato nella
libertà. Mi viene in mente a proposito un aneddoto condizione di rilasciare autografi a migliaia di lettori
su Boris Pasternak: ebbene quando Pasternak ven- che avevano dato vita ad una coda lunga un chilomene messo all’indice in Russia, dovette rassegnarsi a tro,. Dopo due giorni in cui praticamente non ha mai
tradurre e si mise allora a tradurre i sonetti di Shake- smesso di firmare libri, disse ad uno degli ultimi arspeare. Quando poi le autorità decisero di consentir- rivati: “Ci pensi bene prima di chiedermi l’autogragli un intervento ad un congresso di letterati, l’udito- fo: verrà il tempo in cui la sua copia, essendo l’unica
rio (polizia segreta compresa, beninteso) attese con senza dedica, avrà un valore inestimabile”.
grande impazienza il suo primo discorso in pubbliLeggere o scrivere
co. Ma Pasternak disse soltanto “96” e fu silenzio di
tomba. Da lì a poco, però, il pubblico si alzò in pieCosa preferisco? Che domande! Potrei vivere
di e prese a recitare il 96.esimo sonetto di William senza scrivere? Certamente. Ne sarei anche felicisShakespeare da lui tradotto! Ciò che sto cercando di simo, ma chi mi pagherebbe? Vivere senza poter
dire è che è questo caso dimostri una specie di “con- leggere è invece inconcepibile. Borges disse: “Lo
gregazione” di lettori, ed è questa, per l’appunto, la scrittore scrive quello che può, mentre il lettore legsolitudine che unisce i lettori.
ge quello che vuole”. Ed è questa la differenza più
tra i due. I limiti e i condizionamenti colpiIl traduttore e il bibliotecario evidente
scono l’autore, non il lettore. Lo sapeva bene anche
Il traduttore è un lettore privilegiato che demo- Borges. Non per nulla non si è mai cimentato nella
lisce per poi ricostruire. Con lui il libro entro uno stesura di un romanzo. Diceva sempre che è bello
schema completamente nuovo. In un certo qual sen- fantasticare intorno ad una possibile trama, ma che
so egli si spinge oltre l’autore stesso, perché costret- scriverlo sul serio sarebbe stato eccessivo.
to a comprendere un certo ordine della composizioSegue alle pagine 3 e 4
ne testuale e determinate ambiguità dei termini di cui
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secondo la quale leggere assiduamente ci renderebbe uomini migliori rispetto a ciò che siamo per nostra natura e per le
azioni che ci definiscono.
Nato a Buenos Aires nel 1948, Alberto Manguel ha vissuto
in Italia, in Francia, in Inghilterra e a Tahiti. Il suo “Manuale
dei luoghi fantastici”, scritto a quattro mani con Gianni Guadalupi, risale alla prima giovinezza, quando, ventenne, lavorava in qualità di editor a Milano. A Tahiti fondò la prima casa
editrice del paese. “Con Borges” racconta l’incontro che ebbe
in una biblioteca di Buenos Aires con Jorge Luis Borges, ormai cieco, di cui sarebbe diventato lettore privato, “Diario di
un lettore” è, per l’appunto, un diario di un anno di letture in
cui ad ogni mese corrisponde un libro del cuore: di Chateaubriand, Wells, Goethe, Casares, Cervantes, Doyle e via elencando. Manguel crede ancora nel libro. In un’epoca in cui la
parola scritta e l’atto intellettuale sembrano aver perso gran
parte del loro prestigio, la battaglia che il lettore compie è ancor sempre quella contro la stupidità, contro la cancrena del
consumismo, contro i riflessi condizionati. Se mette in discussione il “sistema” e induce a pensare ciascuno per conto suo,
leggere è un anche un atto sovversivo. Dal 1985 è cittadino
canadese e vive a Toronto, dove ha collaborato regolarmente
con quotidiani locali, con la Canadian Broadcasting Corporation, il Times Literary Supplement, il New York Times, il Village Voice e Svenska Dagbladet. È stato insignito di numerosi premi, tra cui, nel 1992, il Premio McKitterick con “News
from a Foreign Country Came”.
Tra le sue ultime pubblicazioni: “Una storia della lettura”, Mondadori, 1998 (ristampa: Feltrinelli, 2009); “Con
Borges”, Adelphi, 2005; “Il computer di Sant’Agostino”,
Archinto, 2005; “Diario di un lettore”, Archinto, 2006;
“Stevenson sotto le palme”, Nottetempo, 2007; “Omero.
Iliade e Odissea. Una biografia”, Newton Compton, 2007;
“La biblioteca di notte”, Archinto, 2007; “Al tavolo del Cappellaio Matto”, Archinto.
(dd)
2 cultura
Martedì, 29 dicembre 2009
LIBRI / In occasione della Fiera del libro è stato aperto l’archivio dei volumi antichi della
Rari incunaboli e manoscritti
Arletta Fonio Grubiša
U
n edificio grigio dalla facciata fatiscente sul Colle
Castello di Pola non può
attrarre un ben che minimo interesse di pubblico. La città ha
altro da mostrare. Si fregia dei
suoi simboli monumentali, di
un’architettura vistosa che, anche senza intervento di ciceroni,
racconta agli ammiratori secoli
di esistenza. Eppure, quell’edificio scrostato sul colle nasconde
libroni dalle cui pagine traspira
la microstoria dell’Istria e, senza esagerazioni di sorta, la macrostoria dell’umanità.
La sensazione provata al
momento cruciale dell’apertura dell’archivio dei volumi antichi alla Biblioteca universitaria di Pola è meravigliosamente olfattiva, il passato ha il suo
dignitoso odore stantio, emanato dai manoscritti e dalle prime
carte stampate, le prove inconfutabili di quanto il genio umano ha immortalato con penna e
calamaio. Per la prima volta in
ben sessant’anni dalla sua costituzione, la Biblioteca scientifica, ora universitaria di Pola,
ha aperto la sua cassaforte in
cui erano celati gli esemplari
più preziosi dell’„Histrica“ (che
conta complessivamente 9 mila
titoli in 15 mila volumi, 330 titoli di riviste e 400 di giornali) la
collana dall’inestimabile valore
culturologico, unica e singolare,
da consultare obbligatoriamente per intraprendere una qualsivoglia opera di ricerca storicoscientifica che riguardi il territorio d’Istria e le genti del suo
passato.
rettore dell’universitaria), c’è
stata anche la mostra allestita
presso la Casa delle forze armate, quartier generale della manifestazione fieristica. Impossibile piazzare incunaboli veri,
incartamenti lasciati da copisti
e stampe (post)rinascimentali.
È per questo che si è voluto risaltarne la grandiosità con 15
repliche (ingrandimenti di 4
volte).
In occasione della Fiera del
libro, dunque, l’onore di mettersi i guanti bianchi per sfogliare gli incunaboli di Pola,
(l’“Ecclesiastica“, opera cui
Matthias Flacius Illyricus ha
conferito la sua indelebile impronta, il „De Ingenuis moribus“ di Pietro Paolo Vergerio),
è toccato al grande scrittore argentino Alberto Manguel. Questo il suo commento: “trovate
espositive così insolite non se ne
vedono proprio in altri ambienti culturali”.
ca), la Biblioteca dell’ammiragliato dell’Imperial e Regia marina (Pola 1886), la Biblioteca
civica (Pola 1903). Si è appreso
che dall’anno 1932 l’istituzione
si avvale del diritto di ottenere
una copia di tutto il materiale
stampato nella Provincia Venezia Giulia, dal 1951, in poi, invece, si raccoglie una copia obbligatoria di tutto quanto stampato in Croazia. Oggi il fondo
complessivo dell’universitaria
è costituito da 250 mila volumi,
100 mila riviste e 1.920 titoli di
giornale.
Pagine preziose
di Vergerio e Flaccio
Tra tanta quantità spiccano,
dunque le rarità, che da come
sentito, non avrebbero mai ottenuto finanziamenti a sufficienza
(dal competente Ministero alla
scienza, istruzione e sport) per
una loro conservazione davve-
ta da Tea Grujić: 4 incunaboli
di cui, si diceva, il più antico è
di Vergerio, grande umanista e
letterato capodistriano (13791444), si intitola “De ingenuis
moribus”, ed è niente meno che
il primo contributo al dibattito
pedagogico dell’umanismo europeo, libro risalente al 1475
con copertina dalle decorazioni
lineari a dir poco perfette; manca un terzo della pagina d’apertura ma è evidente l’iniziale decorata in oro. Come fatto presente dalla Grujić, eccelle per
importanza la cosiddetta “Flaciana”, una collezione corposa,
costituita da 27 libri di Mattia
Flaccio Illirico (Albona 1520
- Francoforte 1575), stampati
nel XVI secolo, 7 volumi contenenti le polemiche con i suoi
contemporanei e le due opere
più importanti del celebre protestante, esponente del luteranesimo intransigente ed autore
iper-prolifico di (più o meno)
nota anche come Centurie di
Magdeburgo viene considerata
nelle odierne enciclopedie una
rappresentazione monumentale della storia ecclesiastica contenuta in 13 volumi. Ogni suo
tomo ricostruisce un secolo di
storia. Da qui l’adozione del termine di centurie. I volumi che si
conservano
all’universitaria
polese (“Ecclesiastica Historia
integram ecclesiae Christi”) sono
databili dal 1562 al 1574 e arrivano da Basilea come la “Clavis
Scripturae sacrae” – Chiave della scrittura sacra (1580-1581),
grande vocabolario dei termini
biblici, cui sono aggiunti i dibattiti ermeneutici ed esegetici.
Una Bibbia del XV
secolo e la Naturalis
Historia di Plinio
Tra le altre opere dell’archivio bibliotecario, trasformate
in maxi-versione per il pubbli-
Manguel per primo
sfoglia il “tesoro”
Questo vero e proprio “museo” finora era stato tenuto gelosamente segreto e nascosto
dai bibliotecari. Ma i promotori della Fiera del libro, congiuntamente agli esperti custodi della Biblioteca universitaria, hanno voluto assumere un
atteggiamento senza precedenti e quanto mai apprezzabile:
le preziosità vanno sì conservate dai cultori eletti della storia
scritta ma anche il diritto del
pubblico a conoscere il patrimonio di cui è erede spirituale
va rispettato. Grazie alla nona
edizione de “Il week-end dei bibliotecari“, dedicato dalla Fiera
del libro, edizione 2010, si sono
voluti mostrare i libri più segreti con grande originalità. Oltre
all’apertura degli archivi con
l’esperto Bruno Dobrić (già di-
La “Cassiodoris Senatoris opera”:
l’opera magna di Cassiodoro
Con la preziosa guida della
bibliotecaria Tea Grujić, in dieci giorni fieristici, almeno 1.600
scolari e studenti hanno passato
in rassegna le riproduzioni dei
libri antichi messe in mostra.
Il patrimonio librario dell’universitaria è nato per simbiosi ovvero dall’unione di più
fondi librari: l’”importazione”
della Biblioteca provinciale dell’Istria (Parenzo 1861), della Biblioteca della società istriana di
Archeologia e Storia Patria (Parenzo 1884), poi la Casino bibliothec (epoca austro-ungari-
ro adeguata. Tantissimi sono i
motivi che inducono a pretendere il massimo delle cure per
degli “anziani” che non devono
rischiare l’estinzione. Considerata la fragilità di questi splendidi „organismi vivi“, straordinariamente sensibili all’usura
del tempo, all’umidità, ai noncuranti parassiti del materiale cartaceo, l’accorgimento minimo è di metterli sotto vetro e
dotarsi rigorosamente di buon
sistema d’allarme.
La lista di cui va tenuta cura
è incredibile e ci viene illustra-
Manguel, l’uomo che legge
Dalla prima pagina
Borges
Mi chiedete come leggere a regola d’arte. Be’, legge bene chiunque sappia leggere in armonia con la propria esperienza
e per la propria soddisfazione personale.
Ma è impossibile dire chi sia un lettore più
bravo di un altro. È anche impossibile credere di poter sapere come leggano gli altri.
Ma c’è un’eccezione: io so come leggeva
Borges, perché da adolescente ebbi questo
splendido privilegio di poter leggere per
I volumi della “Ecclesiastica Historia integram ecclesiae Christi” di Mattia Flaccio Illirico
lui che era cieco. Luis Jorge Borges perse
la vista all’età di cinquant’anni. Quando
ci incontrammo io ne avevo quindici e lui
sessanta. Mi chiese di leggere per lui perché aveva deciso di rimettersi a scrivere in
prosa (a distanza di un decennio che non
lo faceva più, appunto perché aveva perso la vista). Leggendogli le pagine più importanti della letteratura mondiale, quelle
che aveva letto da giovane, l’avrei aiutato,
insomma, a riscoprire la costruzione del
testo con James, Kipling, Papini... Borges leggeva in modo discontinuo. Mi in-
duecento libri e opuscoli in lingua latina e tedesca. Qui spiccano la “Ecclesiastica Historia” e
la “Chiave della scrittura sacra”.
Fa parte dell’esposizione dei volumi giganti di Pola proprio la
replica dell’”Ecclesiastica Historia”, prima grande storia della
chiesa cristiana la cui stesura
era iniziata per opera dello storico-teologo albonese, assieme
ad un gruppo di collaboratori, e ciò durante la sua permanenza a Magdeburgo. L’opera
denominata Ecclesiastica Historia, Centurie Magdeburgenses,
terrompeva ad ogni passo per notare gli
accorgimenti della composizione, la ripetizione dei termini, i vari approcci alla descrizione; ci metteva un suo commento ad
ogni pie’ sospinto. Era anche di gusti particolari. Non amava Proust, Balzac, Zola;
li trovava noiosi oltre ogni dire. Potreste
scrivere una storia della letteratura di tutto rispetto citando soltanto gli autori che
non erano cari a Borges! Ad ogni modo,
leggevamo sempre in soggiorno. Borges
abitava in un appartamento piccolo e modestamente arredato a proposito del quale il peruano Llosa ebbe a dirgli che non
era “commisurato alla sua statura di intellettuale di prim’ordine”. Ci rimase male,
co, Tea Grujić ci indica la Bibbia. Sosia di una particolare
rilegatura eseguita in pelle nel
1487, nella stamperia veneziana di de Georgius Arrivabenis.
Anche qui, iniziali in oro e tanto di lettere. C’é poi la “Naturalis historia”, di Plinio il Vecchio. Quella che si conserva a
Pola è un’edizione realizzata a
Venezia nel 1573, tradotta per
M. Lodovico Domenichi. Vittima dell’eruzione del Vesuvio,
che disgraziatamente, volle
osservare da vicino, il grande
storico latino realizzò un’ope-
ma gli rispose per le rime dicendo: “Sono
sicuro che la tua letteratura merita di alloggiare in una reggia”. La domestica mi
faceva entrare e Borges aspettava vestito
di tutto punto. Ci si metteva a leggere subito, senza troppi convenevoli. Sempre lo
stesso rituale, senza cerimonie, senza enfasi. Io avrei preferito leggere recitando,
ma Borges non volle: il suo era un tipo di
lettura che teneva conto unicamente dello scritto, l’oralità era sempre in secondo
piano, la recitazione superflua. Egli stesso,
quanto recitava, si trattasse pure della più
appassionante delle poesie d’amore, aveva
sempre la stessa cadenza, lo stesso ritmo,
la stessa monotonia.
cultura 3
Martedì, 29 dicembre 2009
Biblioteca universitaria di Pola
da tutelare
testo scientifico fondamentale
per tutto il medioevo. Si tratta di astronomia e geografia,
antropologia e fisiologia, zoologia, botanica, farmacopea,
mineralogia con ragguagli sulla storia dell’arte e dell’architettura. Non guasta sapere che
la “Naturalis historia” menziona anche l’Istria. A proposito
di testi storici, la bibliotecaria
Grujić ci ricorda che si conserva a Pola la “Magni Aur. Cassiodoris Senatoris opera”, volume che arriva da Parigi (1588)
e che integra scritti lasciati dal
celebre Cassiodoro (490-585),
politico, storico e monaco fondatore del monastero con scrittorio a Vivario, vero centro di
produzione dei manoscritti,
dove grazie alla pedante opera degli amanuensi vennero
trascritte numerose opere del
mondo antico che così furono
salvate dalla distruzione nei
tempi delle invasioni barbari-
Antoine De Ville (stampato ad
Amsterdam nel 1672) l’ingegnere militare, costruttore di
fortificazioni che, al servizio
della Serenissima edificò il castello di Pola, quindi il “Missale Romanum” (classe 1682), rilegatura in pelle del noto tipografo Baldassare Moretti, interessante per le sue illustrazioni
tematiche ispirate all’Antico e
Nuovo testamento. Altri libroni
attraenti per aspetto, contenuti
e rilegatura e per questo divenuti reperti da mostra: il manoscritto dal titolo “Prerogative, dignità et honori…con rime
e prose diverse Volgari & Latine” (del XVII secolo), opera di
Tranquillo Negri, legale, poeta
e pittore nominato cavaliere e
nobile romano da Papa Urbano VIII, nonché cavaliere dell’ordine di San Michele da re
Luigi XIII. Ancora “L’araldo
veneto ovvero Universale armerista metodico di tutta la scien-
L’ “Araldo Veneto” di Giulio Cesare Cavalier di Beatiano
XVII secolo. Merita più di una
menzione onorevole il trattato
“Dell’impiego del danaro libri
tre” (1746) di Scipione Maffei,
uno dei primi storici ad aver
scritto dell’Arena di Pola che
allora (secolo XVIII), diven-
tempo Casinò Marina) si è
ispirata in buona parte ai libri di maggior effetto visivo.
Il ricco forziere dell’universitaria nasconde un infinità di
altre rilegature a prima vista
anonime ma che andrebbero
Josip Voltić (Vienna 1803), il
“Kratak nauk karstjanski” di
Pietro Stanvovich, unica opera in croato del canonico barbanese.
Doveroso è dedicare un piccolo capitoletto finale ai vec-
L’archivio venuto alla luce esposto per l’occasione
Il “Missale Romanum” del 1682
realizzato dal noto tipografo Moretti
che. Non può passare inosservato, poi, il clone di una pergamena: “ORATIONI militari da
tutti gli historici greci, e latini,
antichi e moderni raccolte per m.
Remigio Fiorentino”. Di che si
tratta? È il più vecchio volume
della Biblioteca della Marina
(Anno Domini 1585) contente
i discorsi di comandanti militari. Detta raccolta di Remigio
Fiorentino è stata pubblicata a
Venezia dalla stamperia Giovanni Antonio Bertani. Salendo nei secoli ecco “La fortification ...ou L’ingenieur parfait” di
za araldica” (1682) di Giulio
Cesare Beatiano, poi un raro
esemplare di scrittura glagolittica stampato a Roma nel 1648,
il “Časoslov rimskij” curato
da francescano croato Rafael
Levaković. I filologi considerano l’opera un massimo esempio
di russificazione dei libri croato-glagolittici compiuta ai fini
della propagazione delle fede
cristiana. Poi il “Gazophylacium” di Ivan Belostenec, vocabolario enciclopedico latino-illirico e illirico-latino stampato
nel 1740 ma scritto ancora nel
Lettura condivisa
Trovo che sia molto importante leggere ad
alta voce e leggere in compagnia. Ho avuto
diverse esperienze piacevoli leggendo con e
per gli altri ed è per questo che mi sono molto
stupito notando che in Canada gli autori non
amassero leggere in pubblico i loro scritti.
Se ne vergognavano, perfino, lo consideravano esibizionismo. Io credo che il motivo
di questo pudore eccessivo derivasse dal fatto di vivere in una società sicura, una società
che offre garanzie sulla vita e l’incolumità del
cittadino. In posti come la Colombia, Sarajevo o il Libano – dove vivere equivale a vincere al lotto – leggere e recitare assieme aveva
tava oggetto di studio dell’architettura romana. Maffei non
è solo storico ma anche economista coraggioso. Nel suo libro
dedicato all’economia monetaria critica la chiesa cattolica
perché contraria all’usura ed a
coloro che la esercitavano.
Opere degli istriani
Santorio, Stancovich
Naturalmente la mostra
delle repliche delle antichità
librarie alla Fiera presso la
casa delle Forze armate (un
un’importanza determinante e difatti significava questo: “Eccoci qua, ci siamo ancora, respiriamo ancora”.
aggiudicate a prezzi elevatissimi all’asta delle rarità librarie: sei volumi dell’opera del
capodistriano Santorio Santorio (1561-1636), medico e autore di trattati di medicina.
All’epoca, il suo “De statica
medicina” veniva considerato un bestseller. Tutto fuorché trascurabili “La nuova
descrizione della Provincia dell’Istria” (1611) di Nicola Manzuoli, i vecchi libri scritti in
croato da autori istriani come
il “Ričoslovnik” (vocabolario croato-italiano-tedesco) di
stati compiuti da analfabeti, mentre altri tra i
più crudeli hanno avuto per autori “illustri”
uomini di lettere?
chi manoscritti. Il più vecchio
risale al XII o al XIV secolo e
descrive il cerimoniale di trasporto del sarcofago di Santa
Eufemia a Rovigno. Non mancano gli scritti di pugno dell’archeologo Pietro Kandler,
dello storico istriano Carlo De
Franceschi, lo straordinario
vocabolario del dialetto istroromanzo del territorio dignanese, compilato da Giovanni
Andrea Dalla Zonca (17921857).
Il libro e la dittatura
Il «nomadismo»
il paesaggio. Passatoci un certo tempo, notarono una casetta graziosa che decisero subito
di comprare. Poi vi si trasferirono pure, senza premeditazione. Ebbene in quella casetta ci
sono vissuti fino alla fine dei loro giorni.
È un ragionare per luoghi comuni credere
di poter proteggerci dalla dittatura leggendo.
La Germania nazista ha smentito una volta per
tutte questa fuorviante credenza. Lo scrivere
un libro, il leggerlo, il possederlo, non sono
categorie che ci definiscono: conta solo l’uso
che ne facciamo. Spero tanto che nessuno di
noi sia arrogate al punto da credere che la sola
abitudine di leggere basti a renderci uomini
migliori. C’è ancora bisogno di dire che alcuni dei gesti più umanitari di tutti i tempi sono
Quando lasciate un posto per trasferirvi,
non conoscete ancora i motivi di quello spostamento: mentre ci muoviamo non sappiamo
esattamente che cosa ci spinge a muoverci, lo
facciamo e basta. Le ragioni si cercando a fatto compiuto. Io stesso non ho mai saputo dove
mi avrebbe portato la vita e perché. Ho semplicemente seguito l’esempio di Chesterton,
che un giorno partì per un’escursione assieme
alla moglie. Presero un treno qualsiasi e scesero ad una stazione a caso, dove piacque loro
Ho letto molto gli autori dell’ex Jugoslavia, solo che all’epoca non sapevo di doverli
distinguere secondo la nazionalità. Leggendo
Andrić e Kiš frequentavo la letteratura mondiale, la letteratura europea. Benché ignaro della precisa collocazione geografica che
spettasse ai due, vi assicuro che entrambi vantano un posto d’onore nello scompartimento
dei miei libri preferiti.
Letteratura croata
4 cultura
Martedì, 29 dicembre 2009
FOTOGRAFIA / Dessardo, Vidotto e Hreljanović: gli scatti dei nostri artisti
Il bello di fiori, note e nudi
L
a sensazione dell’attimo raccontata
da tre artisti che gravitano all’interno del panorama dell’arte fotografica
della Comunità Nazionale Italiana in Croazia in tre mostre tenutesi di recente a Fiume:
Ivor Hreljanović
protagonisti Luca Dessardo, Lucio Vidotto
e Ivor Hreljanović. I tre si sono presentati
al pubblico con le esposizioni “Il profumo
dell’arte – La seduzione velata delle calle”, e rispettivamente “Note” e “Arcipelago Unico”.
Nel raccontare questo triplice percorso artistico che in certi punti s’intreccia, si distanzia,
si affianca, l’intenzione non è di presentare un
confronto competitivo bensì illustrare l’operato dei tre quale modalità di espressione con le
relative differenze della tecnica artistica.
Non c’è un filo tematico che collega le
mostre in questione. Due di loro, Dessardo e
Vidotto, espongono per la prima volta in una
personale; Hreljanović, invece, si confronta
per la prima volta con il colore; tutti hanno
partecipato al Concorso d’Arte e di Cultura “Istria Nobilissima”, nella Categoria Arti
visive, Sezione Fotografia, ottenendo diversi premi e menzioni onorevoli. Dessardo e
Vidotto sono fotografi per passione, mentre
Hreljanović per professione (è fotoreporter
della nostra testata) e sono pure amici di ogni
giorno (il primo collaboratore, gli altri due dipendenti dell’Edit)
I tre giovani artisti si si sono avvicinati
alla fotografia in tempi diversi, negli anni
della formazione scolastica e universitaria,
ciascuno inseguendo un bisogno espressivo
che ha sempre ritenuto la base di ogni produzione artistica. Che cosa emerge da questi tre approcci differenti? In primo luogo
la consapevolezza che l’arte fotografica
raccoglie sempre più interesse, soprattutto
nella cornice della nostra realtà comunitaria, e quindi questi nomi si possono già da
ora affiancare ad altri ben noti come quelli
di Rino Gropuzzo, Egon Hreljanović, Sergio Gobbo, Karim Shalaby e altri. Emerge
poi con chiarezza il bisogno di rispondere
Lucio Vidotto
ad una precisa vocazione artistica, dove la
fotografia diventa strumento di scoperta,
da cui poi con l’immedesimazione diven- colori, quelle in bianco e nero sono invece
ta creazione estetica. Osservando le foto perfettamente dosate con luci e ombre.
dei tre si riconosce subito la presenza di taFiori tra Eros e Thanatos
lento, o per lo meno la grande passione. Le
Ma veniamo alle mostre.
loro immagini sono forti, luminose, piene di
In quella di Luca Dessardo “Il profumo
dell’arte” che segna pure la sua prima personale d’arte fotografica (è stata presentata alla
Galleria Nebeska), l’artista connazionale – il
più giovane dei tre – ha esposto 26 fotografie di grande formato, tutte esclusivamente
in bianco e nero. Mentre gli altri due artisti
colgono l’attimo senza interferire sulla scena, Dessardo realizza foto in studio adattando a suo piacimento luce, inquadratura e posizione del soggetto. Si tratta principalmente
di scatti di calle ai quali si aggiunge una se-
ta di adoperare la tela al posto della tradizionale carta fotografica, principalmente come
strumento che rende più istantanee e accessibili le immagini, poiché è assente il riflesso del vetro.
Nudi di voyeur
Il tema della passione, dell’eros e del
voyeurismo sono alla base della personale
fotografica di Ivor Hreljanović, “Arcipelago
Unico”. Hreljanović, figlio d’arte, in questo
nuovo progetto che segna pure il suo primo
confronto con l’arte erotica e il mondo a colori, si è presentato con 14 immagini di grande formato, realizzate nel corso della manifestazione “Bikerfest” svoltasi a Preluca nel
2007.
Luca Dessardo
Il “bollente”
secondo Ivor Hreljanović
Luca Dessardo
rie di manichini. Con queste ultima raccolta
Dessardo ha partecipato alla scorsa edizione
del Concorso d’Arte e di Cultura “Istria Nobilissima”, nella Categoria Arti visive, Sezione Fotografia, ottenendo una menzione
onorevole. Attraverso l’obbiettivo il giovane
fotografo esplora il concetto di eros e thanatos, ovvero la sessualità e le morte secondo il
pensiero degli antichi greci. E lo fa fotografando calle in pieno fiore, altre che si stanno
accartocciando, e altre ancora che sono raggrinzite e non sono più nel massimo della
loro vitalità.
Quasi come Caravaggio
Completamente diversa la tematica affrontata da Lucio Vidotto, anche lui alla sua
prima personale intitolata “Note” che è stata
ospitata alla Comunità degli Italiani di Fiume. Lo storico e critico d’arte Erna Toncinich ha definito gli scatti del collega giornalista Lucio Vidotto, come opere nelle quali è
riproposta la tipica luce magica della pittura
di Caravaggio. Osservando le fotografie dell’artista si nota subito il concetto avanzato da
Erna Toncinich, ossia lo sbattimento di luce
e di ombra, di chiaro e di scuro. Atmosfere
tipiche del pittore italiano, che Lucio Vidotto riesce a esprimere con grande maestria.
“Note” è un’esposizione tematica poiché ritrae le espressioni di alcuni tra i chitarristi più
noti al mondo i quali si sono esibiti in concerto a Fiume. Questi sono ripresi in momenti,
atmosfere, situazioni e prospettive diverse.
Il fotografo non interferisce sulla scena, coglie la situazione così come è. Sono fotografie che raccontano il momento intenso che
precede l’esecuzione musicale. La bontà di
queste opere è poi espressa anche dalla scel-
Un’immagine di Lucio Vidotto
che ritrae il chitarrista Szandor Sabo
Egli esplora il mondo del “bollente” offrendo all’occhio dello spettatore un erotismo
ricercato. Le immagini ritraggono modelle
che con passione e senza pudore si concedono all’obiettivo. Da queste immagini scaturisce un’espressione maliziosa tipica del
voyeurismo. Il soggetto delle opere sono i
corpi delle modelle che come le isole s’incontrano, si amano e si uniscono per diventare un unico arcipelago. Da questo approccio filosofico deriva il titolo dell’esposizione,
“Arcipelago Unico” in visione alla Galleria
“Grinch”, nei pressi dell’albergo “Continental”, fino al 10 gennaio 2010 (gian)
cultura 5
Martedì, 29 dicembre 2009
EVENTI / Il Cenacolo culturale UI lancia “Differenti visioni”
Matija Debeljuh
Finalmente uno spazio
dedicato ai giovani CNI
Alba Nacinovich
& Leo Škec, presentati
da Martina Gamboz
di Gianfranco Miksa
È
stato un evento completamente diverso dai consueti canoni ai quali il
pubblico della nostra realtà comunitaria è abituato, quello tenutosi con il nome
di “Differenti visioni” a Pirano. Inconsueto
perché in scena al Teatro Tartini della città balneare slovena, non erano protagonisti
i cori, conferenze o presentazioni di opere
letterarie, bensì le giovani forze e la loro
creatività artistica. La serata è stata quindi
ottima occasione di presentazione, intesa
soprattutto a comprendere le espressioni e i
linguaggi creativi dei protagonisti.
A condurre l’intero evento è stata Martina Gamboz, presidente del Cenacolo degli operatori culturali della CNI, la quale ci
ha dichiarato che “uno degli obiettivi principali del Cenacolo nel 2009 era quello di
promuovere adeguatamente gli artisti della CNI. La manifestazione ‘Differenti visioni’ è stata dedicata quindi alla creatività dei giovani connazionali, sulla scia delle
necessità di promozione organica e professionale dell’attività artistica emersa sin dalla riunione costitutiva del Cenacolo. La serata organizzata in collaborazione con il responsabile del Settore Cultura di UI, Mario
Steffè, rientra nel piano di professionalizzazione delle attività riconducibili all’organizzazione delle ultime edizioni di Istria
Nobilissima. Inseriti nel contesto di un teatro attrezzato come il Tartini di Pirano, con
tutti gli accorgimenti tecnici necessari, i
giovani hanno dimostrato indubbie qualità
artistiche, che meriterebbero un supporto
costante. La realtà della creatività under 35
è estremamente diversificata, per citare un
esempio, ci sono vere e proprie factory artistiche, quali la generazione ‘82 di Capodistria, che senza temere confronti con l’altro,
è perfettamente inserita nel proprio contesto, facendo della propria alterità un punto
di forza creativa” – ha detto la presidente
del Cenacolo
Alle esibizioni hanno fatto seguito le interviste ai protagonisti, con note biografiche
e altre informazioni inerenti il loro percorso artistico. Il pubblico piranese ha potuto
seguire una serie di grandi interpretazioni
che spaziavano dalla musica alla fotografia,
dal teatro al canto, senza dimenticare l’alta
moda. In alcuni casi si è trattato di nomi già
relativamente noti, come quello dell’ artista
multimediale del capodistriano Tilen Žbona,
dei musicisti jazz Alba Nacinovich & Leo
Škec, o di Matija Debeljuh, video-artista del
dignanese. A questi interpreti già maturi si
sono affiancati altri giovani che stanno muovendo con successo i primi passi nell’ambito artistico come Luca Dessardo, fotografo
fiumano, che ha appena concluso la sua personale a Fiume. E poi ancora un altro fotografo di grande pregio e capacità tecnica,
Karim Shalaby della Comunità degli Italiani di Capodistria. Tra le tante interpretazioni
musicali c’è stata anche quella appassionante di “Rok Kleva & Manuel Šavron”, rispettivamente al violino e alla fisarmonica. Il
duo ha suonato alcuni eccezionali brani che
traggono ispirazione dalla tradizione istriana. Affascinati dalla musica abbiamo chiesto a Rok Kleva, figlio d’arte, cosa lo spingesse a comporre.
“Penso che in parte questo bisogno di
dover trasmettere emozioni senza parole
sia istintivo, e la musica è il mezzo perfetto
per raggiungere tale scopo. Questa rappresenta per me un mondo a parte; una realtà
alternativa nella quale l’unica dimensione
è il suono. Il motivo per il quale compongo
è semplicemente il voler fare qualcosa che
mi piace ascoltare e suonare. Per esattezza
non sono l’unico a comporre. Anche Manuel Šavron arrangia brani a modo suo e il
risultato è la combinazione delle nostre interpretazioni che sarebbe più coretto definire come ‘collage’ o ‘mosaici’ di diversi brani. Ora sto studiando all’accademia d’arte
a Lubiana, così che di tempo per pensare
ad altre cose c’è ne veramente poco...ma in
futuro speriamo di poter arricchire il nostro
repertorio con nuovi brani e di aggiungere
strumenti nuovi per rendere più interessante le nostre interpretazione”.
Alla serata gli spettatori hanno avuto la
possibilità di assistere alla proiezione di alcuni filmati di Matija Debeljuh, tra i quali
il commovente video musicale “La Piova”,
(tra l’altro premiato in una delle edizioni
passate del Concorso Istria Nobilissima),
valorizzato dalla voce profondamente suadente del cantante Livio Morosin. Il pubblico ha potuto inoltre assistere a un breve
spezzone di “Furiosa” e del cortometraggio sperimentale “Ossessione”. Sequenze
caratterizzate da immagini molto forti e di
grande coinvolgimento.
“L’arte per me è un modo di vivere”,
ci ha detto Debeljuh, “e le cose che voglio
esprimere come artista non sempre sono
percepite direttamente dallo spettatore. Anche perché, quando creo, è presente la tendenza a trattare determinati aspetti nel modo
più verosimile a quello che è la mia percezione della realtà. Nei miei lavori al centro
dell’attenzione ci sono sempre l’uomo e la
donna. Concepisco con intuizione cui fa seguito un’attenta analisi nella quale prendo
in considerazione tutti i punti di vista. Mi
interessa l’impatto tra sogno e realtà, come
anche i lati belli e quelli scuri del rapporto
umano. Voglio poter trasmettere l’emozione che si può provare in certe circostanze.
Attualmente lavoro su due progetti. Il primo è un corto sperimentale ispirato al testo
‘La Maladie de la mort’ di Marguerite Duras. Il film si baserà sul rapporto tra uomo e
donna e credo che l’eros avrà un ruolo fondamentale. Il secondo progetto richiede un
processo di lunga durata: ho in piano di fare
un lungometraggio che prende spunto da
una storia breve dello scrittore serbo Mirko
Kovač, intitolata ‘Dall’altra parte degli occhi’. Lavoro che nella mia concezione rappresenta un ritorno alla natura incontaminata. Il ritorno alle radici, alle cose primarie
della vita, senza l’uso di tecnologie, internet, tv, consumismo, ecc. In questo caso
l’uomo non ha bisogno d’altro che del suo
io, in cerca della sua personalità che sicuramente si trova dall’altra parte degli occhi.
Poi da cosa nasce cosa e con l’andare del
tempo si presentano altre opportunità per
capire al meglio come la nostra immaginazione del conscio e del subconscio diventa
realtà. Concretezza che un domani diventerà cinema…” ha concluso Matija Debeljuh.
Sono stati presentati anche diversi filmati di Črt Brajnik, tra cui “Silenzio morente”
premiato a Istria Nobilissima. Si tratta di un
Il pubblico del Teatro Tartini
documentario che racconta dell’Istria meno
nota, dove l’artista dimostra il suo notevole
talento nel dipingere le atmosfere di una terra desolata e spettrale. L’artista, attualmente
studente al dipartimento di montaggio dell’Accademia di cinema Famu di Praga, ci
ha spiegato che le sue creazioni filmiche
sono un autoriflessione, una continua ricerca di se stessi attraverso l’immagine e nell’immagine. “Comprendere chi siamo – ha
detto – porta inevitabilmente a scoprire il
territorio circostante, un ambiente che nel
secolo passato ha cambiato anche il modo
di percepire il tempo e lo spazio. Le città
affollate, le code, i clacson, la tv sono il nostro pane quotidiano. Riscoprire l’entroterra
istriano ha dunque un significato simbolico
di introspezione, di riscoperta di certi valori e rapporti in parte logorati dal pensiero
moderno. Credo che ogni uomo, in via più
o meno esplicita, percorra questa strada di
dubbi e grandi scoperte, sicché le diramazioni che egli incontra sulla via lo indirizzano in una certa direzione. Il mio interesse si
permea proprio nella comprensione di questo strano meccanismo, al rapporto dialettico che si crea tra mondo interno ed esterno
nell’uomo. Si tratta di un punto focale dove
si scrive il destino, a volte dettato dalla volontà, altre volte dalle circostanze” ha concluso Črt Brajnik .
6 cultura
Martedì, 29 dicembre 2009
MOSTRE / “Sguardi / Pogledi”: la fotografia del ‘900 nel FVG ha toccato anche Capodistria
Dal paesaggismo al neorealismo
dal fotogiornalismo alla pubblicità
D
opo il primo allestimento
espositivo in Slovenia, organizzato dal CRAF (Centro di Ricerca e Archiviazione
della Fotografia di Lestans) d’intesa con l’Ambasciata d’Italia a
Lubiana, l’Istituto Italiano di Cultura in Slovenia e il Museo Etnografico Nazionale della Slovenia,
la grande mostra itinerante sulla
fotografia del ‘900 in Friuli e Venezia Giulia ha fatto tappa a Capodistria (dal 20 novembre al 20
dicembre 2009), per poi proseguire verso Udine e Klagenfurt.
Nella circostanza si sono affiancati al CRAF, ideatore e promotore della mostra, la Comunità
degli Italiani “Santorio Santorio”
di Capodistria, il Museo Regionale di Capodistria e le gallerie
Costiere di Pirano in veste di organizzatori locali, per dar vita a
un corposo allestimento capodistriano articolatosi in tre distinti
raggruppamenti presso altrattante
sedi espositive (Palazzo Gravisi,
sede della CI di Capodistria; Palazzo Gravisi – Buttorai, sede del
Museo Regionale di Capodistria;
Loggia di Capodistria, Gallerie
Costiere di Pirano).
La mostra, dal titolo “Sguardi
/ Pogledi” è stata curata da Walter
Liva e Gianfranco Ellero e comprende oltre 145 fotografie originali provenienti dagli archivi del
CRAF, dei Civici Musei di Udine
e di altre Istituzioni e Centri Pubblici e privati della regione ed intende ripercorrere la storia del
medium fotografico attraverso le
opere dei più significativi Autori e delle scuole di pensiero
che hanno segnato
il Friuli e la Venezia
Giulia.
Con i reportages
realizzati alla fine
del giugno 1914 da
Francesco Penco e
da Carlo Wulz sull’arrivo a Trieste da
Sarajevo delle salme
di Francesco Ferdinando e della moglie
Sofia, ma anche con
le immagini rimaste
inedite per quasi un
secolo scattate dal
giovane André Kertesz a Gorizia e a
Trieste tra il dicembre 1914 e il gennaio 1915 - quando
fotografò i propri
commilitoni
quaMaurizio
si stessero andando
in vacanza - si aprì
lo scenario della prima guerra
mondiale, e fu la Grande Guerra a voltare definitivamente la
pagina di quel pittorialismo che,
sull’onda del Congresso Viennese di Fotografia del 1891 e dell’inglese Brotherhood of Linked
Ring aspirava (orientato in ciò
sia dalla pittura preraffaellita ché
dalle avanguardie culturali) a che
la fotografia venisse considerata
arte. Quel pittorialismo che aveva trovato, tra gli altri, espressione in Arturo Floeck (nel 1900 ritrasse Francesco Giuseppe in visita proprio a Gorizia), in Ernesto
Battigelli, a cui venne dedicato
nell’anteguerra un intero numero de “L’Illustrazione Italiana” e
in Pietro Modotti, lo zio della più
nota Tina Modotti presso il quale,
dopo aver fatto l’apprendista anche dal grande fotografo tedesco
Rudolph Duhrkoop a Monaco, lavorò Silvio Maria Bujatti.
Dopo la parentesi della prima
guerra mondiale (di cui ne fu testimone anche il giovane André
Kertesz), nel Friuli Venezia Giulia, la fotografia inugurò – specie
con con Ugo Pellis – un’esperienza di dialettica tra l’immagine e la lingua sulla base delle
tesi di Carl Jaberg e Jacob Jud
modellate sull’idea dell’ “Atlas
Linguistique de la France” e
contestualmente si consolidò
un’idea cartolinesca della fotografia con l’interpretazione bucolica del paesaggio e le scene di
vita dei paesi in particolare della
montagna con Umberto Antonelli e Attilio Brisighelli.
Nelle opere di Enrico del Torso vennero rappresentate le ultime famiglie della nobiltà agricola friulana mentre Francesco Krivec, nato a Tolmino, divenne il
più grande ritrattista del secolo in
Friuli e fu tra i primi ad introdurre
il colore in fotografia.
Nel secondo dopoguerra, accanto ad una ripresa delle arti e
della cultura più ampia (basterebbe citare solamente Pier Paolo Pasolini) la fotografia vide nascere a
Spilimbergo nel 1955 il “Gruppo
Friulano per una Nuova Fotografia”, unico gruppo in Italia a dotarsi di un Manifesto programmatico ispirato al neorealismo.
Italo Zannier, Gianni e Giu-
Carlo Bevilacqua, Grado, anni 50
Frullani, Il martirio di San Sebastiano
liano Borghesan, Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, Toni del
Tin e Fulvio Roiter (ma anche
Giuseppe Bruno), furono i protagonisti di quella stagione culturale e segnarono una tappa
fondamentale per la fotografia
italiana.
Dagli anni ’50 in poi aperaro anche altri fotografi di valore,
come Tin Piernu, che documentò
la vita delle minoranze slovene
nelle Valli del Natisone, il triestino Tullio Stravisi, il Goriziano Paolo Gasparini (che nel 1954
venne premiato a Spilimbergo
dalla “Giuria popolare” divenendo poi tra i più importanti fotografi del centro – sudamerica), il pordenonese Pierluigi Praturlon che
fu il fotografo della Dolce Vita
(sua la famosissima immagine
di Anita Ekberg nella fontana di
Trevi, ma anche le immagini scattate sul set di “Addio alle Armi”
girato a Venzone e tratto dal romanzo di Ernest Hemingway ).
Di livello nazionale – nell’ambito nella fotografia di paesaggio - è stata l’opera di Elio Ciol, la
cui fama ben presto ha travalicato i confini.
Nel decennio successivo, Edoardo Nogaro in Carnia e Riccardo
Toffoletti nelle Valli del Natisone
sono stati considerati tra i più significativi epigoni della fotografia
neorealista, richiamando appunto
nelle proprie estetiche lo stile introdotto dal Gruppo Friulano.
I fotogiornalisti Mario Magajna, Aldo Missinato e Claudio
Erné, ma anche Gianni Pignat e
Riccardo Viola, hanno documentato eventi come il disastro del
Vajont o l’inondazione di Pordenone del 1966, i funerali di Pasolini del 1975 e il terremoto del
1976 (evento interpretato fotograficamente anche dall’artista Bruno Lorini), mentre Massimo Cetin ha ripreso l’arrivo dei profughi
dalla Bosnia a Muggia e Davorin
Krizmančič i giorni dell’indipendenza della Slovenija.
Gianluigi Colin, anche art director del Corriere della Sera, ha
introdotto nuove semiotiche nella
fotografia “interpretando” l’arrivo
in Italia dei boat people albanesi,
mentre Ulderica Da Pozzo ha collaborato con riviste nazionali di
viaggi e turismo.
Un ruolo significativo è stato
quello svolto dai Circoli fotografici che, al pari del resto d’Italia,
hanno avuto una funzione aggregativa in particolare negli anni
’60, ’70 e ’80: espressione di questo mondo sono stati in particolare Tullio Stravisi, Adriano Perini,
Enzo Gomba e Giandomenico
Vendramin.
Dagli anni ’80, analogamente
a quanto accadeva più in generale in Italia, anche nel Friuli Venezia Giulia la fotografia assumeva
progressivamente un ruolo più
di arte che di documento: sono
quindi apparsi sulla scena “artisti
– fotografi” come Piccolo Sillani,
Albano Guatti, Pier Mario Ciani,
Stefano Tubaro, Maurizio Frullani, Roberto Kusterle, Walter Criscuoli, Sergio Scabar, Catia Drigo, Massimo Crivellari, Francesco Nonino, Gianni Cesare Bor-
ghesan, Cesare Genuzio, Guido
Cecere e poi molti altri giovani
che oramai, anche attraverso l’uso
del digitale, sono parte attiva nei
contemporanei processi di estensione linguistica della fotografia e
della sua globalizzazione.
Già con gli anni ’70, tutte le
arti incominciano anche a fondersi in modo antropico, segnando
così la trasformazione sociale e
culturale degli ultimi decenni del
Novecento, originando la multimedialità e quindi il postmodernismo, attraverso una decisiva innovazione dell’ uso della fotografia
da parte degli artisti.
Andrea Pertoldeo, Stefano
Graziani, Massimo Crivellari,
Luca Laureati, Carlo Andreasi,
Max Rommel, Francesca Dotta,
e Marco Citron in modo analogo sono attivi nella fotografia di
paesaggio urbano e architettura
andando oltre le oramai “preistoriche” vedute concettuali dell’ambiente e del paesaggio che risalivano alle culture dei primi anni
’70 che tendevano a enfatizzare
i segni visivi esclusi da ogni attribuzione di significato. Debora Vrizzi, Isabella e Tiziana Pers
hanno esposto in diverse città italiane e lavorano con il digitale costruendo anch’esse immagini caratterizzate dal simbolico, mentre
Pierpaolo Mittica e Roberta Valerio, da tempo attivi sulla scena
internazionale, si sono formati
come fotografi al CRAF.
Oggi, la nuova fotografia regionale è notevolmente influenzata, oltre che dalle innovazioni tecnologiche, anche dai nuovi usi dell’immagine fotografica,
nel fotogiornalismo e nella pubblicità.
cultura 7
Martedì, 29 dicembre 2009
MUSEI / L’artista polese ha lasciato un segno profondo nel paesaggio grafico istriano
Il design etico di Spasojević
di Maurizio Franolli
P
redrag Spasojević, affermato designer grafico polese, negli spazi espositivi
del Centro Multimediale Luka e
della galleria Aneks a Pola, ha
esposto recentemente i lavori realizzati in 25 anni d’intensa carriera. Spasojević è nato nel 1959 a
Čapljina. Si è laureato all’Accademia delle belle arti a Zagabria
nel 1985 con il prof. Šutej e si oc-
CUORE DI CANE, locandina
per il Dramma Italiano
cupa professionalmente di design grafico. Vincitore di numerosi
premi e riconoscimenti, collabora con vari fotografi, grafici, illustratori, ecc. Le sue più strette e
storiche collaboratrici sono Biserka Vranić e Feodora Gubaš dell’agenzia Medit di Pola, fondata
nel 1992. Ha esposti propri lavori
in mostre individuali a Pola, Zagabria, Sarajevo, Mostar, Parenzo, Albona e Rovigno, ma anche in collettive allestite a Lubiana, Varsavia, Brno, Hollywood,
Kyoto, Fort Collins (Colorado),
Messico, Portorose, Verona, Trier
(Treviri), Langenfeld.
In questo quarto di secolo di
attività professionale Spasojević
si è occupato con successo di
marketing e comunicazione pubblicitaria, design grafico, product
design, progettazione d’interni e
ultimamente, sempre più spesso e volentieri, ha rivolto la sua
attenzione al design etico come
risposta alle crescenti sfide dettate dalla società odierna in crisi
economica ma soprattutto in crisi
d’identità.
La critica dell’arte Gorka
Ostojić Cvajner, autrice tra l’altro
della prefazione del catalogo, ha
inaugurato la mostra presentando Predrag Spasojević come uno
dei più rilevanti protagonisti della
scena artistico-culturale istriana,
molti dei quali, assieme a colleghi e ad una moltitudine di amici erano presenti tra il numeroso e
caloroso pubblico accorso.
L’attività professionale di
Spasojević inizia nel 1984, quan-
16. VINISTRA - identità visiva della sedicesima rassegna
vinicola (ufficialmente mostra
dei vini), 2009
do come talentuoso studente dell’Accademia di belle arti di Zagabria, si è fatto conoscere al vasto
pubblico realizzando su sua personale iniziativa il materiale promozionale per il Festival del film
a Pola. Già da allora, come giovane autore emergente, grazie al suo
talento e alla sua preparazione professionale, si è guadagnato la fiducia di colleghi e committenti, gettando le basi per collaborazioni a
lunga scadenza protrattesi fino ai
giorni nostri.
Adeguandosi all’incessante sviluppo delle possibilità e degli strumenti tecnici, il designer polese ha
attualizzato costantemente il suo segno grafico, avendo sempre come
unico scopo la volontà di affinare la
comunicazione con il pubblico ed
essere in simbiosi con la gente, con
i reali fruitori del suo lavoro. Conciso, chiaro, pungente, diretto, minimale; usa una narrazione vivace,
veloce, molto spesso ironicamente
strutturata, con un talento innato
per la sintesi. Il suo segno di riconoscimento è un realismo ridotto, nel
quale tutto è direttamente visibile e
il messaggio immediatamente percepibile. I suoi lavori sono caratte-
14. PUF - identità visiva del quattordicesimo Festival internazionale del teatro a Pola, 2008
ne chic e Tolerancija; due lavori
che meglio degli altri illustrano le
caratteristiche dell’autore e i suoi
principi di vita. Lavori concisi, sintetici, con una base fotografica e interventi minimi al computer. Lavori
recenti antitetici ai lavori degli anni
Ottanta, nei quali Spasojević gravitava verso un realismo pittorico, quasi barocco. Da ricordare le
numerose locandine ideate per il
Dramma Italiano. Nel corso della
sua carriera ha ideato l’identità vi-
54. PFF identità visiva del 54. Pola Film Festival, 2007
rizzati dal senso di responsabilità e
dalla dignità professionale, caratteristiche che lo hanno indotto sempre a non essere un semplice servitore dei committenti e a rincorrere
esclusivamente il profitto.
Identità visiva
di cultura e turismo
In 25 anni di carriera professionale ha costruito un suo individuale, riconoscibile ed eccezionalmente etico approccio al design. Il design, come d’altronde l’architettura,
dovrebbe avere, se correttamente
usato, una valenza sociale ed educativa. Ciò richiede un approccio molto equilibrato a questo mondo complesso, avendo sempre ben chiaro il
proprio ruolo e sempre presente la
necessità di partecipare e contribuire in prima persona nel processo di
formazione e valutazione dei criteri etici ed estetici che influiscono
profondamente nei cambiamenti e
nella consapevolezza della società.
Proprio questa caratteristica profondamente radicata nel modus operandi di Spasojević, impreziosisce
il lavoro di questo importante autore istriano, uno dei pochi designer
che sono riusciti a coadiuvare simbolismo e comunicazione, elementi
essenziali del dialogo tra un singolo
individuo e la collettività.
In un mare di product design
commerciali, cartelloni pubblicitari, design d’interni, i lavori ai quali l’artista è più legato sono Cocai-
siva di molte manifestazioni importanti, i loghi di istituzioni e associazioni culturali, di progetti e prodotti
individuali, lasciando un segno profondo nel paesaggio grafico polese
e istriano, e di conseguenza indirettamente nelle coscienze della perso-
la locandina per la promozione dei
vini istriani, l’identità visiva della
fiera “Vinistra”, il calendario per
la promozione del Museo dell’arte contemporanea dell’Istria e, ultimamente, vari progetti d’interni.
Progetti che riguardano prevalentemente il ripristino di vecchie case
diroccate nell’Istria interna.
Progetti d’interni
per case istriane
Il primo dei progetti d’interni di
Spasojević, la sua casa per vacanze Una a Cranzetti (Sanvincenti),
è diventata a suo modo un esempio
nel restauro delle case istriane e nel
trattamento dei materiali. Si tratta di
una casa di 120 anni, abbandonata,
restaurata con pazienza e infinita
passione con l’uso di materiali originali come le vecchie travi in legno
ritrattate, le tavelle per i pavimenti,
i lavabi in pietra, senza dimenticare
gli elementi necessari per la vita e
il confort dei giorni nostri. Visto il
successo di questo intervento, sono
seguiti progetti a Barbariga, Zumesco, stanzia Salambatti e altri ancora, dove Spasojević si è occupato dei progetti d’interni ed esterni,
direzione dei lavori, lo studio dei
dettagli, dialogando e collaborando
con architetti, artigiani e altri esperti
del settore.
Particolarmente
interessanti sono le considerazioni fatte da
Spasojević su questo tema molto
attuale, soprattutto nell’ambito della cosiddetta toscanizzazione in atto
sul nostro territorio, ossia sull’equi-
SAZVJEZDJE (Costellazione) - locandina
per la promozione delle strade del vino in Istria, 2000
ne. Bisogna inoltre ricordare certamente la sua stretta collaborazione
con il fotografo Renco Kosinožić,
mancato da poco, con il quale ha
realizzato parecchi lavori, tra i quali
l’identità visiva per il Mondo delle
Malvasie.
Tra le altre opere recenti del designer vanno segnalate la proposta
per il frontespizio della guida gastronomica dell’Ente di promozione turistica della Regione Istriana,
tando (per fortuna) ad una saturazione del mercato immobiliare. Ad
esempio il ripetitivo uso della pietra
per le facciate si è rivelato un buon
espediente per la vendita, mentre
si possono ottenere ottimi risultati
usando l’intonaco, che tra l’altro è
più vicino alla tradizione istriana.
voco riguardante la costruzione di
case nuove come copie mal riuscite di quelle antiche. Secondo il designer, nel restauro, ma soprattutto
nella costruzione di queste cosiddette case istriane in pietra si è arrivati ad un punto cieco; l’uso ripetitivo di alcuni materiali ed il copia ed
incolla ossessivo di alcuni elementi
architettonici spacciati per tradizionali, ha creato case tutte uguali, senza un’anima, in crisi d’identità, por-
IL MONDO DELLE MALVASIE - identità visiva della prima
rassegna (ufficialmente mostra)
delle malvasie, 2009
Spasojević vede il futuro nel
campo del ripristino e della nuova
edificazione di questa tipologia di
edifici nella sapiente interpolazione del vecchio e del nuovo, mentre
la realizzazione di ville moderne incastonate nel paesaggio istriano potrebbe rappresentare il passo successivo. Come esempio cita villa
Haj situata a San Lorenzo (Umago), progettata dal nostro connazionale Mario Perossa.
L’impaginazione e la progettazione grafica di libri e monografie è un’altra attività alla quale
Spasojević è particolarmente legato
e che gli ha portato parecchie soddisfazioni; da ricordare Una, povedi i
mene (in collaborazione con Daniel
Načinović), le monografie di artisti come Robert Pauletta, Fulvio
Juričić, Mirjana Marušić Gorska.
Sono in preparazione le monografie di Emil Bobanović Ćolić, Eugen
Kokot, Đanino Božić e soprattutto
la sua monografia, Mea culpa.
Il designer polese, in questi 25
anni di carriera, è diventando un’infaticabile protagonista dell’impostazione creativa dell’identità visiva
istriana senza la quale l’Istria non
avrebbe l’aspetto che ha oggi. Uno
Spasojević ben disposto all’inaugurazione della mostra ha ricordato
che l’ultima sua mostra personale
risale all’inizio degli anni Novanta a Sarajevo e da allora non aveva
sentito il bisogno di esporre i propri
lavori. Vista la calorosa partecipazione di un folto pubblico, la quantità e soprattutto la qualità dei lavori
esposti, Predrag Spasojević ha più
di un motivo per esser soddisfatto.
E per continuare, per la gioia di noi
tutti, nel suo lavoro. Dopo la tappa
a Pola la mostra Mea culpa è stata
in esposizione a Zagabria presso la
galleria Ulupuh.
8 cultura
Martedì, 29 dicembre 2009
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John Berger
Načini gledanja
Zavod Emanat
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Capodistria, Galleria dell’Istituto bancario, rimane in visione fino al I febbraio 2010 la personale di quadri dell’artista
ŽARKO VREZEC.
Abbazia, Villa Angiolina, l’esposizione storica LA TAVOLA
DELLE FESTE rimane aperta fino al 2 febbraio 2010.
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Khaled Hosseini
Tek za zmajem
Mladinska knjiga
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J.Abramson – B.Keller
Obama –
Zgodovinska pot
Založba Sanje
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Julie Garwood
Divlja princesa
Mladinska knjiga
B
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Jamie Oliver
Ministrstvo za
prehrano
Vale-Novak
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Pisino, Museo etnografico dell’Istria, l’esposizione storica
VALIGE E DESTINI: L’ISTRIA FUORI DALL’ISTRIA
rimane in visione fino al 31 dicembre.
Fiume, Filodrammatica, l’annuale mostra collettiva del FOTOCLUB rimarrà aperta al pubblico fino al 31 dicembre.
Grisignana, Galleria Fonticus, ALLEGRO MA NON
TROPPO si intitola la mostra collettiva che prevede
l’esposizione di una trentina di opere di altrettanti autori.
Aperto fino al 31 dicembre.
Parenzo, Piccola Galleria, NELLE NUVOLE è il titolo del
nuovo ciclo artistico di Tereza Pavlović in visione fino al
11 gennaio 2010.
Fiume, Museo di arte moderna e contemporanea, la Biennale quadrilaterale 3 che porta il nome ARTE MEDIATICA – ANGOLI E PUNTI D’INCONTRO è in visione
fino al 13 gennaio 2010.
Capodistria, Galleria Medusa, HAPPY NEW YEAR TO
YOU – EVERYWERE! è il titolo della mostra vendita da
visitare fino al 15 gennaio.
Pola, Galleria Anex, in visione fino al 18 gennaio 2010 la
collettiva dei soci dell’Associazione istriana delle arti visive.
Fiume, Museo Civico, la retrospettiva dell’opus artistico di
ANDRIJA ČIČIN ŠAIN rimane in visone fino a 31 gennaio 2010.
Fiume, Erste Club, l’artista Vesna Kovačić presenta fino al
31 gennaio 2010 BIANCO, la nuova serie di tele bidimensionali.
Capodistria, Museo regionale si intitola I VOLTI NASCOSTI DI ALESSANDRIA. LE SUORE SCOLASTICHE
SLOVENE E LE ALESSANDRINE la mostra storica in
visione fino al 30 gennaio 2010.
Pirano, Galleria Herman Pečarič, Ljubo radovac si presenta fino al 30 gennaio 2010 con la personale VISIONE
STEREOGRAFICA.
Mary Balogh
Temni angel
Meander
I
C
Pero Simić
Tito – Fenomen
stoljeća
Večernji list
CALENDARIO: GLI APPUNTAMENTI CULTURALI
ISTRIA E QUARNERO
France Bučar
Slovenci in prihodnost
Didakta
P
Amanda Quick
Vragolije
Mladinska knjiga
L
I
F. Scott. Fitzgerald
Priče iz doba jazza
Šareni dućan
Mateja Jančar
Kapitelizem, tranzicija, demokracija
Inštitut Jože Pučnik
B
Jadranka Boban
Prirodno i slatko
Planetopija
Roberto Saviano
Gomora
Mladinska knjiga
B
U
T
Joaquín Navarro-Valls
A passo d’uomo
Mondadori
S
Ildefonso Falcones
La mano di Fatima
Longanesi
I
Haroki Murakami
L’arte di correre
Einaudi
IN SLOVENIA
P
C
Dennis Patrick
Zia Mame
Adelphi
Albert Sanchez Pinol
Pandora u Kongu
Fraktura
Sabrina P. Ramet
Tri Jugoslavije
– Izgradnja države
i izazov egitimacije
1918 -2005
Golden Marketing
Ayaan Hirsi Ali
Djevica u kavezu
Naklada Ljevak
I
José Saramago
Il quaderno
Bollati Boringhieri
E, Martin – A.
Carranza
Gaudjev ključ
Fraktura
Stribor Erega
Što banke ne žele
da znate
Profil international
L
Paulo Coelho
Il vincitore è solo
Bompiani
B
Bruno Vespa
Donne di Cuori
Mondadori
Paul Garde
Balkanske rasprave
Ceres
B
Fabio Volo
Il tempo che vorrei
Mondadori
Predrag Matvejević
Kruh naš
VBZ
U
Dan Brown
Il simbolo perduto
Mondadori
Curzio Maltese
La bolla. La pericolosa fine del sogno
berlusconiano
Feltrinelli
IN CROAZIA
P
A
I LIBRI PIÙ VENDUTI
IN ITALIA
UN BEL REGALO
DI CAPODANNO
ALTRI
Venezia, Galleria A + A, TRACKEDS ultimo lavoro del collettivo di artisti BridA - Tom Kerševan, Jurij Pavlica, Sendi Mango da visitare fino al 15 gennaio 2010.
Lubiana, Istituto Italiano di Cultura, la mostra pittorica internazionale curata da Vito Sutto ed intitolata TERPICTURA rimane aperta la pubblico fino al 15 gennaio 2010.
Lubiana, Museo Nazionale Sloveno, in collaborazione con
l’IIC la mostra SERATA ALL’OPERA: PASSEGGIATA
ESCLUSIVA ATTRAVERSO LE CARTOLINE rimane
in visione fino al 17 gennaio 2010.
TRIESTE
Civico museo del mare, STRAULINO LA VELA OLIMPICA si intitola la mostra documentaria in visione fino al 10
gennaio 2010.
Sala Comunale d’Arte, la personale di ALPINA DELLA
MARTINA rimane a disposizione del pubblico fino al 10
gennaio 2010.
Civico Aquario Marino, l’esposizione documentaria CON
LE STELLE PER MARE in visione fino al 31 gennaio
2010.
Museo Revoltella, FUTURISTICHERIE, è il tema della
mostra di Giorgio Carmelich da visitare fino al 5 aprile 2010.
Salone degli Incanti – ex Pescheria, MILA E LA NOTTE,
una mostra dedicata della nota stilista milanese di origini
dalmate Mila Schön che comprende 63 abiti da sera. Da
visitare fine al 18 aprile 2010.
Anno IV / n. 45 del 29 dicembre 2009
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina / Progetto editoriale di Silvio Forza
Art director: Daria Vlahov Horvat / edizione: CULTURA
Redattore esecutivo: Silvio Forza
Impaginazione: Annamaria Picco
Collaboratori: Daria Deghenghi Olujić, Arletta Fonio Grubiša, Gianfranko Miksa,
Maurizio Franolli, Viviana Car
La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare di Trieste, viene supportata dal Governo italiano
all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione MAE-UPT N° 1868 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009
Fiume e l’avventura fiumana si insediano in un
attimo cruciale della Storia, sono una sfida all’ordine costituito in un momento in cui si poteva decidere tra diverse possibilità: tra pacifismo o riarmo, tra nazionalismo o internazionalismo, tra consolidamento delle strutture liberal democratiche o
sovvertimento del principio parlamentare. Greta
rappresenta la parte fresca, giovane, pulita di ogni
società, perché le sue passioni si contrappongono con forza al cinismo e alle strumentalizzazioni
espresse dai grandi della storia.
ORDINI: tel.051/ 228799
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29.12.2009 - EDIT Edizioni italiane