CULTURANDO Storia della lettura... Bibliofilo appassionato e insaziabile, Manguel possiede una collezione privata di oltre 35.000 volumi, alcuni letti più volte, altri lasciati a metà o prima, perché anche questo è lecito: scegliere un autore su un altro, divorarne alcuni e ripudiarne altri, applicare quella che lo scrittore argentino chiama “censura personale”, giacché ogni lettore è autorizzato a compiere, e compie di fatto, un atto di censura tutte le volte che si rifiuta di leggere qualcosa che sente non appartenergli. L’autore di “Una storia delle lettura” – autentico monumento letterario al libro in quanto tale e alle biblioteche che sono “serbatoi di memoria collettiva” – non ha pretese d’insegnare a leggere, né tanto meno impartisce indicazioni che conducano a preferire un testo rispetto ad un altro. Chiunque legga per la propria soddisfazione personale e nei limiti concessi dalla propria esperienza, legge bene e non ha da renderne conto a nessuno. Non c’è lettore inferiore ad un altro, a meno che il desiderio della lettura sia alimentato da ragioni sbagliate come la fissazione di dover leggere per apprendere (“Leggete per il piacere di leggere; va da sé che qualcosa s’imparerà strada facendo, ma non fatelo con il chiodo fisso di doverlo fare per imparare”), oppure la convinzione assolutamente infondata DEL POPOLO Alberto Manguel A Pola l’autore di “Diario di un lettore” Manguel, l’uomo che legge C’ l’autore nemmeno si accorge, tanto è vero che, quando il traduttore cerca chiarimenti dall’autore del testo, quest’ultimo spesso non sa cosa rispondergli. In verità, noi non leggiamo Omero, non leggiamo la Bibbia. Leggiamo sempre e soltanto una traduzione di Omero e una traduzione della Bibbia. Non deve stupire, quindi, che Borges fosse solito affermare: “A volte l’originale non è all’altezza della traduzione”. A mio avviso ogni civiltà che si consideri realmente civiledovrebbe necessariamente erigere, in tutte le sue città, tre monumenti in onore al altrettanti personaggi benemeriti: un bibliotecario, un insegnante e un traduttore. Sono questi, infatti, i pilastri di ogni cultura, di ogni civiltà. E le biblioteche sono i loro serbatoi di memoria. ce vo /la .hr dit w.e ww di Daria Deghenghi erano stati anche Orhan Pamuk, Umberto Eco e Dacia Maraini tra gli ospiti d’onore della Fiera del libro polese. Quest’anno – il quindicesimo della massima rassegna culturale di fine anno in Istria – il posto d’onore è stato riservato all’argentino Alberto Manguel, scrittore, saggista, traduttore, curatore di fama internazionale che il pubblico polese ha avuto modo di incontrare alla cerimonia di apertura del 4 dicembre, al primo “Crepuscolo con il libro” allestito per presentare “Biblioteca di notte” nell’edizione serba della belgradese “Geopoetika”, e alla prima delle squisite “Colazioni con l’autore” dirette da un intervistatore superbo quale Vojo Šiljak. Durante la conversazione, Manguel ha regalato ai presenti spunti di riflessione (compresi commenti a pregiudizi) interessanti in Le dediche merito alla natura del libro e a piacere / dovere della Le dediche dell’autore nei libri? Mi viene in menlettura. Di seguito riportiamo gli spunti salienti delle te di nuovo Borges, che aveva il vizio di innamorarsi risposte offerte dall’autore al pubblico di Pola.. perdutamente ogni fine settimana e di conseguenza La lettura e la solitudine era sempre costretto a cambiare l’intestazione della Leggere è il modo migliore di essere soli insie- dedica. Succedeva allora che la stessa poesia fosse me. D’altra parte il desiderio di leggere è anche un dedicata ora a una donna, ed ora a un’altra, dipenegregio collante: si legge, si consiglia una lettura ad dentemente dalla data di pubblicazione del libro. un amico, l’amico la suggerisce a sua volta ad un al- Qualcuno ebbe a dire in proposito dissero che “tutte tro amico, una generazione la tramanda a quella suc- le donne di Borges sono uniche e insostituibili”. Un cessiva e così all’infinito! È così che la lettura dif- altro episodio la dice lunga ed è quello di Golding fonde tra i lettori sentimenti di grande fraternità e che alla Fiera del libro di Toronto si è trovato nella libertà. Mi viene in mente a proposito un aneddoto condizione di rilasciare autografi a migliaia di lettori su Boris Pasternak: ebbene quando Pasternak ven- che avevano dato vita ad una coda lunga un chilomene messo all’indice in Russia, dovette rassegnarsi a tro,. Dopo due giorni in cui praticamente non ha mai tradurre e si mise allora a tradurre i sonetti di Shake- smesso di firmare libri, disse ad uno degli ultimi arspeare. Quando poi le autorità decisero di consentir- rivati: “Ci pensi bene prima di chiedermi l’autogragli un intervento ad un congresso di letterati, l’udito- fo: verrà il tempo in cui la sua copia, essendo l’unica rio (polizia segreta compresa, beninteso) attese con senza dedica, avrà un valore inestimabile”. grande impazienza il suo primo discorso in pubbliLeggere o scrivere co. Ma Pasternak disse soltanto “96” e fu silenzio di tomba. Da lì a poco, però, il pubblico si alzò in pieCosa preferisco? Che domande! Potrei vivere di e prese a recitare il 96.esimo sonetto di William senza scrivere? Certamente. Ne sarei anche felicisShakespeare da lui tradotto! Ciò che sto cercando di simo, ma chi mi pagherebbe? Vivere senza poter dire è che è questo caso dimostri una specie di “con- leggere è invece inconcepibile. Borges disse: “Lo gregazione” di lettori, ed è questa, per l’appunto, la scrittore scrive quello che può, mentre il lettore legsolitudine che unisce i lettori. ge quello che vuole”. Ed è questa la differenza più tra i due. I limiti e i condizionamenti colpiIl traduttore e il bibliotecario evidente scono l’autore, non il lettore. Lo sapeva bene anche Il traduttore è un lettore privilegiato che demo- Borges. Non per nulla non si è mai cimentato nella lisce per poi ricostruire. Con lui il libro entro uno stesura di un romanzo. Diceva sempre che è bello schema completamente nuovo. In un certo qual sen- fantasticare intorno ad una possibile trama, ma che so egli si spinge oltre l’autore stesso, perché costret- scriverlo sul serio sarebbe stato eccessivo. to a comprendere un certo ordine della composizioSegue alle pagine 3 e 4 ne testuale e determinate ambiguità dei termini di cui cultura An no IV 9 200 e r • n. 4 b 5 • Martedì, 29 dicem secondo la quale leggere assiduamente ci renderebbe uomini migliori rispetto a ciò che siamo per nostra natura e per le azioni che ci definiscono. Nato a Buenos Aires nel 1948, Alberto Manguel ha vissuto in Italia, in Francia, in Inghilterra e a Tahiti. Il suo “Manuale dei luoghi fantastici”, scritto a quattro mani con Gianni Guadalupi, risale alla prima giovinezza, quando, ventenne, lavorava in qualità di editor a Milano. A Tahiti fondò la prima casa editrice del paese. “Con Borges” racconta l’incontro che ebbe in una biblioteca di Buenos Aires con Jorge Luis Borges, ormai cieco, di cui sarebbe diventato lettore privato, “Diario di un lettore” è, per l’appunto, un diario di un anno di letture in cui ad ogni mese corrisponde un libro del cuore: di Chateaubriand, Wells, Goethe, Casares, Cervantes, Doyle e via elencando. Manguel crede ancora nel libro. In un’epoca in cui la parola scritta e l’atto intellettuale sembrano aver perso gran parte del loro prestigio, la battaglia che il lettore compie è ancor sempre quella contro la stupidità, contro la cancrena del consumismo, contro i riflessi condizionati. Se mette in discussione il “sistema” e induce a pensare ciascuno per conto suo, leggere è un anche un atto sovversivo. Dal 1985 è cittadino canadese e vive a Toronto, dove ha collaborato regolarmente con quotidiani locali, con la Canadian Broadcasting Corporation, il Times Literary Supplement, il New York Times, il Village Voice e Svenska Dagbladet. È stato insignito di numerosi premi, tra cui, nel 1992, il Premio McKitterick con “News from a Foreign Country Came”. Tra le sue ultime pubblicazioni: “Una storia della lettura”, Mondadori, 1998 (ristampa: Feltrinelli, 2009); “Con Borges”, Adelphi, 2005; “Il computer di Sant’Agostino”, Archinto, 2005; “Diario di un lettore”, Archinto, 2006; “Stevenson sotto le palme”, Nottetempo, 2007; “Omero. Iliade e Odissea. Una biografia”, Newton Compton, 2007; “La biblioteca di notte”, Archinto, 2007; “Al tavolo del Cappellaio Matto”, Archinto. (dd) 2 cultura Martedì, 29 dicembre 2009 LIBRI / In occasione della Fiera del libro è stato aperto l’archivio dei volumi antichi della Rari incunaboli e manoscritti Arletta Fonio Grubiša U n edificio grigio dalla facciata fatiscente sul Colle Castello di Pola non può attrarre un ben che minimo interesse di pubblico. La città ha altro da mostrare. Si fregia dei suoi simboli monumentali, di un’architettura vistosa che, anche senza intervento di ciceroni, racconta agli ammiratori secoli di esistenza. Eppure, quell’edificio scrostato sul colle nasconde libroni dalle cui pagine traspira la microstoria dell’Istria e, senza esagerazioni di sorta, la macrostoria dell’umanità. La sensazione provata al momento cruciale dell’apertura dell’archivio dei volumi antichi alla Biblioteca universitaria di Pola è meravigliosamente olfattiva, il passato ha il suo dignitoso odore stantio, emanato dai manoscritti e dalle prime carte stampate, le prove inconfutabili di quanto il genio umano ha immortalato con penna e calamaio. Per la prima volta in ben sessant’anni dalla sua costituzione, la Biblioteca scientifica, ora universitaria di Pola, ha aperto la sua cassaforte in cui erano celati gli esemplari più preziosi dell’„Histrica“ (che conta complessivamente 9 mila titoli in 15 mila volumi, 330 titoli di riviste e 400 di giornali) la collana dall’inestimabile valore culturologico, unica e singolare, da consultare obbligatoriamente per intraprendere una qualsivoglia opera di ricerca storicoscientifica che riguardi il territorio d’Istria e le genti del suo passato. rettore dell’universitaria), c’è stata anche la mostra allestita presso la Casa delle forze armate, quartier generale della manifestazione fieristica. Impossibile piazzare incunaboli veri, incartamenti lasciati da copisti e stampe (post)rinascimentali. È per questo che si è voluto risaltarne la grandiosità con 15 repliche (ingrandimenti di 4 volte). In occasione della Fiera del libro, dunque, l’onore di mettersi i guanti bianchi per sfogliare gli incunaboli di Pola, (l’“Ecclesiastica“, opera cui Matthias Flacius Illyricus ha conferito la sua indelebile impronta, il „De Ingenuis moribus“ di Pietro Paolo Vergerio), è toccato al grande scrittore argentino Alberto Manguel. Questo il suo commento: “trovate espositive così insolite non se ne vedono proprio in altri ambienti culturali”. ca), la Biblioteca dell’ammiragliato dell’Imperial e Regia marina (Pola 1886), la Biblioteca civica (Pola 1903). Si è appreso che dall’anno 1932 l’istituzione si avvale del diritto di ottenere una copia di tutto il materiale stampato nella Provincia Venezia Giulia, dal 1951, in poi, invece, si raccoglie una copia obbligatoria di tutto quanto stampato in Croazia. Oggi il fondo complessivo dell’universitaria è costituito da 250 mila volumi, 100 mila riviste e 1.920 titoli di giornale. Pagine preziose di Vergerio e Flaccio Tra tanta quantità spiccano, dunque le rarità, che da come sentito, non avrebbero mai ottenuto finanziamenti a sufficienza (dal competente Ministero alla scienza, istruzione e sport) per una loro conservazione davve- ta da Tea Grujić: 4 incunaboli di cui, si diceva, il più antico è di Vergerio, grande umanista e letterato capodistriano (13791444), si intitola “De ingenuis moribus”, ed è niente meno che il primo contributo al dibattito pedagogico dell’umanismo europeo, libro risalente al 1475 con copertina dalle decorazioni lineari a dir poco perfette; manca un terzo della pagina d’apertura ma è evidente l’iniziale decorata in oro. Come fatto presente dalla Grujić, eccelle per importanza la cosiddetta “Flaciana”, una collezione corposa, costituita da 27 libri di Mattia Flaccio Illirico (Albona 1520 - Francoforte 1575), stampati nel XVI secolo, 7 volumi contenenti le polemiche con i suoi contemporanei e le due opere più importanti del celebre protestante, esponente del luteranesimo intransigente ed autore iper-prolifico di (più o meno) nota anche come Centurie di Magdeburgo viene considerata nelle odierne enciclopedie una rappresentazione monumentale della storia ecclesiastica contenuta in 13 volumi. Ogni suo tomo ricostruisce un secolo di storia. Da qui l’adozione del termine di centurie. I volumi che si conservano all’universitaria polese (“Ecclesiastica Historia integram ecclesiae Christi”) sono databili dal 1562 al 1574 e arrivano da Basilea come la “Clavis Scripturae sacrae” – Chiave della scrittura sacra (1580-1581), grande vocabolario dei termini biblici, cui sono aggiunti i dibattiti ermeneutici ed esegetici. Una Bibbia del XV secolo e la Naturalis Historia di Plinio Tra le altre opere dell’archivio bibliotecario, trasformate in maxi-versione per il pubbli- Manguel per primo sfoglia il “tesoro” Questo vero e proprio “museo” finora era stato tenuto gelosamente segreto e nascosto dai bibliotecari. Ma i promotori della Fiera del libro, congiuntamente agli esperti custodi della Biblioteca universitaria, hanno voluto assumere un atteggiamento senza precedenti e quanto mai apprezzabile: le preziosità vanno sì conservate dai cultori eletti della storia scritta ma anche il diritto del pubblico a conoscere il patrimonio di cui è erede spirituale va rispettato. Grazie alla nona edizione de “Il week-end dei bibliotecari“, dedicato dalla Fiera del libro, edizione 2010, si sono voluti mostrare i libri più segreti con grande originalità. Oltre all’apertura degli archivi con l’esperto Bruno Dobrić (già di- La “Cassiodoris Senatoris opera”: l’opera magna di Cassiodoro Con la preziosa guida della bibliotecaria Tea Grujić, in dieci giorni fieristici, almeno 1.600 scolari e studenti hanno passato in rassegna le riproduzioni dei libri antichi messe in mostra. Il patrimonio librario dell’universitaria è nato per simbiosi ovvero dall’unione di più fondi librari: l’”importazione” della Biblioteca provinciale dell’Istria (Parenzo 1861), della Biblioteca della società istriana di Archeologia e Storia Patria (Parenzo 1884), poi la Casino bibliothec (epoca austro-ungari- ro adeguata. Tantissimi sono i motivi che inducono a pretendere il massimo delle cure per degli “anziani” che non devono rischiare l’estinzione. Considerata la fragilità di questi splendidi „organismi vivi“, straordinariamente sensibili all’usura del tempo, all’umidità, ai noncuranti parassiti del materiale cartaceo, l’accorgimento minimo è di metterli sotto vetro e dotarsi rigorosamente di buon sistema d’allarme. La lista di cui va tenuta cura è incredibile e ci viene illustra- Manguel, l’uomo che legge Dalla prima pagina Borges Mi chiedete come leggere a regola d’arte. Be’, legge bene chiunque sappia leggere in armonia con la propria esperienza e per la propria soddisfazione personale. Ma è impossibile dire chi sia un lettore più bravo di un altro. È anche impossibile credere di poter sapere come leggano gli altri. Ma c’è un’eccezione: io so come leggeva Borges, perché da adolescente ebbi questo splendido privilegio di poter leggere per I volumi della “Ecclesiastica Historia integram ecclesiae Christi” di Mattia Flaccio Illirico lui che era cieco. Luis Jorge Borges perse la vista all’età di cinquant’anni. Quando ci incontrammo io ne avevo quindici e lui sessanta. Mi chiese di leggere per lui perché aveva deciso di rimettersi a scrivere in prosa (a distanza di un decennio che non lo faceva più, appunto perché aveva perso la vista). Leggendogli le pagine più importanti della letteratura mondiale, quelle che aveva letto da giovane, l’avrei aiutato, insomma, a riscoprire la costruzione del testo con James, Kipling, Papini... Borges leggeva in modo discontinuo. Mi in- duecento libri e opuscoli in lingua latina e tedesca. Qui spiccano la “Ecclesiastica Historia” e la “Chiave della scrittura sacra”. Fa parte dell’esposizione dei volumi giganti di Pola proprio la replica dell’”Ecclesiastica Historia”, prima grande storia della chiesa cristiana la cui stesura era iniziata per opera dello storico-teologo albonese, assieme ad un gruppo di collaboratori, e ciò durante la sua permanenza a Magdeburgo. L’opera denominata Ecclesiastica Historia, Centurie Magdeburgenses, terrompeva ad ogni passo per notare gli accorgimenti della composizione, la ripetizione dei termini, i vari approcci alla descrizione; ci metteva un suo commento ad ogni pie’ sospinto. Era anche di gusti particolari. Non amava Proust, Balzac, Zola; li trovava noiosi oltre ogni dire. Potreste scrivere una storia della letteratura di tutto rispetto citando soltanto gli autori che non erano cari a Borges! Ad ogni modo, leggevamo sempre in soggiorno. Borges abitava in un appartamento piccolo e modestamente arredato a proposito del quale il peruano Llosa ebbe a dirgli che non era “commisurato alla sua statura di intellettuale di prim’ordine”. Ci rimase male, co, Tea Grujić ci indica la Bibbia. Sosia di una particolare rilegatura eseguita in pelle nel 1487, nella stamperia veneziana di de Georgius Arrivabenis. Anche qui, iniziali in oro e tanto di lettere. C’é poi la “Naturalis historia”, di Plinio il Vecchio. Quella che si conserva a Pola è un’edizione realizzata a Venezia nel 1573, tradotta per M. Lodovico Domenichi. Vittima dell’eruzione del Vesuvio, che disgraziatamente, volle osservare da vicino, il grande storico latino realizzò un’ope- ma gli rispose per le rime dicendo: “Sono sicuro che la tua letteratura merita di alloggiare in una reggia”. La domestica mi faceva entrare e Borges aspettava vestito di tutto punto. Ci si metteva a leggere subito, senza troppi convenevoli. Sempre lo stesso rituale, senza cerimonie, senza enfasi. Io avrei preferito leggere recitando, ma Borges non volle: il suo era un tipo di lettura che teneva conto unicamente dello scritto, l’oralità era sempre in secondo piano, la recitazione superflua. Egli stesso, quanto recitava, si trattasse pure della più appassionante delle poesie d’amore, aveva sempre la stessa cadenza, lo stesso ritmo, la stessa monotonia. cultura 3 Martedì, 29 dicembre 2009 Biblioteca universitaria di Pola da tutelare testo scientifico fondamentale per tutto il medioevo. Si tratta di astronomia e geografia, antropologia e fisiologia, zoologia, botanica, farmacopea, mineralogia con ragguagli sulla storia dell’arte e dell’architettura. Non guasta sapere che la “Naturalis historia” menziona anche l’Istria. A proposito di testi storici, la bibliotecaria Grujić ci ricorda che si conserva a Pola la “Magni Aur. Cassiodoris Senatoris opera”, volume che arriva da Parigi (1588) e che integra scritti lasciati dal celebre Cassiodoro (490-585), politico, storico e monaco fondatore del monastero con scrittorio a Vivario, vero centro di produzione dei manoscritti, dove grazie alla pedante opera degli amanuensi vennero trascritte numerose opere del mondo antico che così furono salvate dalla distruzione nei tempi delle invasioni barbari- Antoine De Ville (stampato ad Amsterdam nel 1672) l’ingegnere militare, costruttore di fortificazioni che, al servizio della Serenissima edificò il castello di Pola, quindi il “Missale Romanum” (classe 1682), rilegatura in pelle del noto tipografo Baldassare Moretti, interessante per le sue illustrazioni tematiche ispirate all’Antico e Nuovo testamento. Altri libroni attraenti per aspetto, contenuti e rilegatura e per questo divenuti reperti da mostra: il manoscritto dal titolo “Prerogative, dignità et honori…con rime e prose diverse Volgari & Latine” (del XVII secolo), opera di Tranquillo Negri, legale, poeta e pittore nominato cavaliere e nobile romano da Papa Urbano VIII, nonché cavaliere dell’ordine di San Michele da re Luigi XIII. Ancora “L’araldo veneto ovvero Universale armerista metodico di tutta la scien- L’ “Araldo Veneto” di Giulio Cesare Cavalier di Beatiano XVII secolo. Merita più di una menzione onorevole il trattato “Dell’impiego del danaro libri tre” (1746) di Scipione Maffei, uno dei primi storici ad aver scritto dell’Arena di Pola che allora (secolo XVIII), diven- tempo Casinò Marina) si è ispirata in buona parte ai libri di maggior effetto visivo. Il ricco forziere dell’universitaria nasconde un infinità di altre rilegature a prima vista anonime ma che andrebbero Josip Voltić (Vienna 1803), il “Kratak nauk karstjanski” di Pietro Stanvovich, unica opera in croato del canonico barbanese. Doveroso è dedicare un piccolo capitoletto finale ai vec- L’archivio venuto alla luce esposto per l’occasione Il “Missale Romanum” del 1682 realizzato dal noto tipografo Moretti che. Non può passare inosservato, poi, il clone di una pergamena: “ORATIONI militari da tutti gli historici greci, e latini, antichi e moderni raccolte per m. Remigio Fiorentino”. Di che si tratta? È il più vecchio volume della Biblioteca della Marina (Anno Domini 1585) contente i discorsi di comandanti militari. Detta raccolta di Remigio Fiorentino è stata pubblicata a Venezia dalla stamperia Giovanni Antonio Bertani. Salendo nei secoli ecco “La fortification ...ou L’ingenieur parfait” di za araldica” (1682) di Giulio Cesare Beatiano, poi un raro esemplare di scrittura glagolittica stampato a Roma nel 1648, il “Časoslov rimskij” curato da francescano croato Rafael Levaković. I filologi considerano l’opera un massimo esempio di russificazione dei libri croato-glagolittici compiuta ai fini della propagazione delle fede cristiana. Poi il “Gazophylacium” di Ivan Belostenec, vocabolario enciclopedico latino-illirico e illirico-latino stampato nel 1740 ma scritto ancora nel Lettura condivisa Trovo che sia molto importante leggere ad alta voce e leggere in compagnia. Ho avuto diverse esperienze piacevoli leggendo con e per gli altri ed è per questo che mi sono molto stupito notando che in Canada gli autori non amassero leggere in pubblico i loro scritti. Se ne vergognavano, perfino, lo consideravano esibizionismo. Io credo che il motivo di questo pudore eccessivo derivasse dal fatto di vivere in una società sicura, una società che offre garanzie sulla vita e l’incolumità del cittadino. In posti come la Colombia, Sarajevo o il Libano – dove vivere equivale a vincere al lotto – leggere e recitare assieme aveva tava oggetto di studio dell’architettura romana. Maffei non è solo storico ma anche economista coraggioso. Nel suo libro dedicato all’economia monetaria critica la chiesa cattolica perché contraria all’usura ed a coloro che la esercitavano. Opere degli istriani Santorio, Stancovich Naturalmente la mostra delle repliche delle antichità librarie alla Fiera presso la casa delle Forze armate (un un’importanza determinante e difatti significava questo: “Eccoci qua, ci siamo ancora, respiriamo ancora”. aggiudicate a prezzi elevatissimi all’asta delle rarità librarie: sei volumi dell’opera del capodistriano Santorio Santorio (1561-1636), medico e autore di trattati di medicina. All’epoca, il suo “De statica medicina” veniva considerato un bestseller. Tutto fuorché trascurabili “La nuova descrizione della Provincia dell’Istria” (1611) di Nicola Manzuoli, i vecchi libri scritti in croato da autori istriani come il “Ričoslovnik” (vocabolario croato-italiano-tedesco) di stati compiuti da analfabeti, mentre altri tra i più crudeli hanno avuto per autori “illustri” uomini di lettere? chi manoscritti. Il più vecchio risale al XII o al XIV secolo e descrive il cerimoniale di trasporto del sarcofago di Santa Eufemia a Rovigno. Non mancano gli scritti di pugno dell’archeologo Pietro Kandler, dello storico istriano Carlo De Franceschi, lo straordinario vocabolario del dialetto istroromanzo del territorio dignanese, compilato da Giovanni Andrea Dalla Zonca (17921857). Il libro e la dittatura Il «nomadismo» il paesaggio. Passatoci un certo tempo, notarono una casetta graziosa che decisero subito di comprare. Poi vi si trasferirono pure, senza premeditazione. Ebbene in quella casetta ci sono vissuti fino alla fine dei loro giorni. È un ragionare per luoghi comuni credere di poter proteggerci dalla dittatura leggendo. La Germania nazista ha smentito una volta per tutte questa fuorviante credenza. Lo scrivere un libro, il leggerlo, il possederlo, non sono categorie che ci definiscono: conta solo l’uso che ne facciamo. Spero tanto che nessuno di noi sia arrogate al punto da credere che la sola abitudine di leggere basti a renderci uomini migliori. C’è ancora bisogno di dire che alcuni dei gesti più umanitari di tutti i tempi sono Quando lasciate un posto per trasferirvi, non conoscete ancora i motivi di quello spostamento: mentre ci muoviamo non sappiamo esattamente che cosa ci spinge a muoverci, lo facciamo e basta. Le ragioni si cercando a fatto compiuto. Io stesso non ho mai saputo dove mi avrebbe portato la vita e perché. Ho semplicemente seguito l’esempio di Chesterton, che un giorno partì per un’escursione assieme alla moglie. Presero un treno qualsiasi e scesero ad una stazione a caso, dove piacque loro Ho letto molto gli autori dell’ex Jugoslavia, solo che all’epoca non sapevo di doverli distinguere secondo la nazionalità. Leggendo Andrić e Kiš frequentavo la letteratura mondiale, la letteratura europea. Benché ignaro della precisa collocazione geografica che spettasse ai due, vi assicuro che entrambi vantano un posto d’onore nello scompartimento dei miei libri preferiti. Letteratura croata 4 cultura Martedì, 29 dicembre 2009 FOTOGRAFIA / Dessardo, Vidotto e Hreljanović: gli scatti dei nostri artisti Il bello di fiori, note e nudi L a sensazione dell’attimo raccontata da tre artisti che gravitano all’interno del panorama dell’arte fotografica della Comunità Nazionale Italiana in Croazia in tre mostre tenutesi di recente a Fiume: Ivor Hreljanović protagonisti Luca Dessardo, Lucio Vidotto e Ivor Hreljanović. I tre si sono presentati al pubblico con le esposizioni “Il profumo dell’arte – La seduzione velata delle calle”, e rispettivamente “Note” e “Arcipelago Unico”. Nel raccontare questo triplice percorso artistico che in certi punti s’intreccia, si distanzia, si affianca, l’intenzione non è di presentare un confronto competitivo bensì illustrare l’operato dei tre quale modalità di espressione con le relative differenze della tecnica artistica. Non c’è un filo tematico che collega le mostre in questione. Due di loro, Dessardo e Vidotto, espongono per la prima volta in una personale; Hreljanović, invece, si confronta per la prima volta con il colore; tutti hanno partecipato al Concorso d’Arte e di Cultura “Istria Nobilissima”, nella Categoria Arti visive, Sezione Fotografia, ottenendo diversi premi e menzioni onorevoli. Dessardo e Vidotto sono fotografi per passione, mentre Hreljanović per professione (è fotoreporter della nostra testata) e sono pure amici di ogni giorno (il primo collaboratore, gli altri due dipendenti dell’Edit) I tre giovani artisti si si sono avvicinati alla fotografia in tempi diversi, negli anni della formazione scolastica e universitaria, ciascuno inseguendo un bisogno espressivo che ha sempre ritenuto la base di ogni produzione artistica. Che cosa emerge da questi tre approcci differenti? In primo luogo la consapevolezza che l’arte fotografica raccoglie sempre più interesse, soprattutto nella cornice della nostra realtà comunitaria, e quindi questi nomi si possono già da ora affiancare ad altri ben noti come quelli di Rino Gropuzzo, Egon Hreljanović, Sergio Gobbo, Karim Shalaby e altri. Emerge poi con chiarezza il bisogno di rispondere Lucio Vidotto ad una precisa vocazione artistica, dove la fotografia diventa strumento di scoperta, da cui poi con l’immedesimazione diven- colori, quelle in bianco e nero sono invece ta creazione estetica. Osservando le foto perfettamente dosate con luci e ombre. dei tre si riconosce subito la presenza di taFiori tra Eros e Thanatos lento, o per lo meno la grande passione. Le Ma veniamo alle mostre. loro immagini sono forti, luminose, piene di In quella di Luca Dessardo “Il profumo dell’arte” che segna pure la sua prima personale d’arte fotografica (è stata presentata alla Galleria Nebeska), l’artista connazionale – il più giovane dei tre – ha esposto 26 fotografie di grande formato, tutte esclusivamente in bianco e nero. Mentre gli altri due artisti colgono l’attimo senza interferire sulla scena, Dessardo realizza foto in studio adattando a suo piacimento luce, inquadratura e posizione del soggetto. Si tratta principalmente di scatti di calle ai quali si aggiunge una se- ta di adoperare la tela al posto della tradizionale carta fotografica, principalmente come strumento che rende più istantanee e accessibili le immagini, poiché è assente il riflesso del vetro. Nudi di voyeur Il tema della passione, dell’eros e del voyeurismo sono alla base della personale fotografica di Ivor Hreljanović, “Arcipelago Unico”. Hreljanović, figlio d’arte, in questo nuovo progetto che segna pure il suo primo confronto con l’arte erotica e il mondo a colori, si è presentato con 14 immagini di grande formato, realizzate nel corso della manifestazione “Bikerfest” svoltasi a Preluca nel 2007. Luca Dessardo Il “bollente” secondo Ivor Hreljanović Luca Dessardo rie di manichini. Con queste ultima raccolta Dessardo ha partecipato alla scorsa edizione del Concorso d’Arte e di Cultura “Istria Nobilissima”, nella Categoria Arti visive, Sezione Fotografia, ottenendo una menzione onorevole. Attraverso l’obbiettivo il giovane fotografo esplora il concetto di eros e thanatos, ovvero la sessualità e le morte secondo il pensiero degli antichi greci. E lo fa fotografando calle in pieno fiore, altre che si stanno accartocciando, e altre ancora che sono raggrinzite e non sono più nel massimo della loro vitalità. Quasi come Caravaggio Completamente diversa la tematica affrontata da Lucio Vidotto, anche lui alla sua prima personale intitolata “Note” che è stata ospitata alla Comunità degli Italiani di Fiume. Lo storico e critico d’arte Erna Toncinich ha definito gli scatti del collega giornalista Lucio Vidotto, come opere nelle quali è riproposta la tipica luce magica della pittura di Caravaggio. Osservando le fotografie dell’artista si nota subito il concetto avanzato da Erna Toncinich, ossia lo sbattimento di luce e di ombra, di chiaro e di scuro. Atmosfere tipiche del pittore italiano, che Lucio Vidotto riesce a esprimere con grande maestria. “Note” è un’esposizione tematica poiché ritrae le espressioni di alcuni tra i chitarristi più noti al mondo i quali si sono esibiti in concerto a Fiume. Questi sono ripresi in momenti, atmosfere, situazioni e prospettive diverse. Il fotografo non interferisce sulla scena, coglie la situazione così come è. Sono fotografie che raccontano il momento intenso che precede l’esecuzione musicale. La bontà di queste opere è poi espressa anche dalla scel- Un’immagine di Lucio Vidotto che ritrae il chitarrista Szandor Sabo Egli esplora il mondo del “bollente” offrendo all’occhio dello spettatore un erotismo ricercato. Le immagini ritraggono modelle che con passione e senza pudore si concedono all’obiettivo. Da queste immagini scaturisce un’espressione maliziosa tipica del voyeurismo. Il soggetto delle opere sono i corpi delle modelle che come le isole s’incontrano, si amano e si uniscono per diventare un unico arcipelago. Da questo approccio filosofico deriva il titolo dell’esposizione, “Arcipelago Unico” in visione alla Galleria “Grinch”, nei pressi dell’albergo “Continental”, fino al 10 gennaio 2010 (gian) cultura 5 Martedì, 29 dicembre 2009 EVENTI / Il Cenacolo culturale UI lancia “Differenti visioni” Matija Debeljuh Finalmente uno spazio dedicato ai giovani CNI Alba Nacinovich & Leo Škec, presentati da Martina Gamboz di Gianfranco Miksa È stato un evento completamente diverso dai consueti canoni ai quali il pubblico della nostra realtà comunitaria è abituato, quello tenutosi con il nome di “Differenti visioni” a Pirano. Inconsueto perché in scena al Teatro Tartini della città balneare slovena, non erano protagonisti i cori, conferenze o presentazioni di opere letterarie, bensì le giovani forze e la loro creatività artistica. La serata è stata quindi ottima occasione di presentazione, intesa soprattutto a comprendere le espressioni e i linguaggi creativi dei protagonisti. A condurre l’intero evento è stata Martina Gamboz, presidente del Cenacolo degli operatori culturali della CNI, la quale ci ha dichiarato che “uno degli obiettivi principali del Cenacolo nel 2009 era quello di promuovere adeguatamente gli artisti della CNI. La manifestazione ‘Differenti visioni’ è stata dedicata quindi alla creatività dei giovani connazionali, sulla scia delle necessità di promozione organica e professionale dell’attività artistica emersa sin dalla riunione costitutiva del Cenacolo. La serata organizzata in collaborazione con il responsabile del Settore Cultura di UI, Mario Steffè, rientra nel piano di professionalizzazione delle attività riconducibili all’organizzazione delle ultime edizioni di Istria Nobilissima. Inseriti nel contesto di un teatro attrezzato come il Tartini di Pirano, con tutti gli accorgimenti tecnici necessari, i giovani hanno dimostrato indubbie qualità artistiche, che meriterebbero un supporto costante. La realtà della creatività under 35 è estremamente diversificata, per citare un esempio, ci sono vere e proprie factory artistiche, quali la generazione ‘82 di Capodistria, che senza temere confronti con l’altro, è perfettamente inserita nel proprio contesto, facendo della propria alterità un punto di forza creativa” – ha detto la presidente del Cenacolo Alle esibizioni hanno fatto seguito le interviste ai protagonisti, con note biografiche e altre informazioni inerenti il loro percorso artistico. Il pubblico piranese ha potuto seguire una serie di grandi interpretazioni che spaziavano dalla musica alla fotografia, dal teatro al canto, senza dimenticare l’alta moda. In alcuni casi si è trattato di nomi già relativamente noti, come quello dell’ artista multimediale del capodistriano Tilen Žbona, dei musicisti jazz Alba Nacinovich & Leo Škec, o di Matija Debeljuh, video-artista del dignanese. A questi interpreti già maturi si sono affiancati altri giovani che stanno muovendo con successo i primi passi nell’ambito artistico come Luca Dessardo, fotografo fiumano, che ha appena concluso la sua personale a Fiume. E poi ancora un altro fotografo di grande pregio e capacità tecnica, Karim Shalaby della Comunità degli Italiani di Capodistria. Tra le tante interpretazioni musicali c’è stata anche quella appassionante di “Rok Kleva & Manuel Šavron”, rispettivamente al violino e alla fisarmonica. Il duo ha suonato alcuni eccezionali brani che traggono ispirazione dalla tradizione istriana. Affascinati dalla musica abbiamo chiesto a Rok Kleva, figlio d’arte, cosa lo spingesse a comporre. “Penso che in parte questo bisogno di dover trasmettere emozioni senza parole sia istintivo, e la musica è il mezzo perfetto per raggiungere tale scopo. Questa rappresenta per me un mondo a parte; una realtà alternativa nella quale l’unica dimensione è il suono. Il motivo per il quale compongo è semplicemente il voler fare qualcosa che mi piace ascoltare e suonare. Per esattezza non sono l’unico a comporre. Anche Manuel Šavron arrangia brani a modo suo e il risultato è la combinazione delle nostre interpretazioni che sarebbe più coretto definire come ‘collage’ o ‘mosaici’ di diversi brani. Ora sto studiando all’accademia d’arte a Lubiana, così che di tempo per pensare ad altre cose c’è ne veramente poco...ma in futuro speriamo di poter arricchire il nostro repertorio con nuovi brani e di aggiungere strumenti nuovi per rendere più interessante le nostre interpretazione”. Alla serata gli spettatori hanno avuto la possibilità di assistere alla proiezione di alcuni filmati di Matija Debeljuh, tra i quali il commovente video musicale “La Piova”, (tra l’altro premiato in una delle edizioni passate del Concorso Istria Nobilissima), valorizzato dalla voce profondamente suadente del cantante Livio Morosin. Il pubblico ha potuto inoltre assistere a un breve spezzone di “Furiosa” e del cortometraggio sperimentale “Ossessione”. Sequenze caratterizzate da immagini molto forti e di grande coinvolgimento. “L’arte per me è un modo di vivere”, ci ha detto Debeljuh, “e le cose che voglio esprimere come artista non sempre sono percepite direttamente dallo spettatore. Anche perché, quando creo, è presente la tendenza a trattare determinati aspetti nel modo più verosimile a quello che è la mia percezione della realtà. Nei miei lavori al centro dell’attenzione ci sono sempre l’uomo e la donna. Concepisco con intuizione cui fa seguito un’attenta analisi nella quale prendo in considerazione tutti i punti di vista. Mi interessa l’impatto tra sogno e realtà, come anche i lati belli e quelli scuri del rapporto umano. Voglio poter trasmettere l’emozione che si può provare in certe circostanze. Attualmente lavoro su due progetti. Il primo è un corto sperimentale ispirato al testo ‘La Maladie de la mort’ di Marguerite Duras. Il film si baserà sul rapporto tra uomo e donna e credo che l’eros avrà un ruolo fondamentale. Il secondo progetto richiede un processo di lunga durata: ho in piano di fare un lungometraggio che prende spunto da una storia breve dello scrittore serbo Mirko Kovač, intitolata ‘Dall’altra parte degli occhi’. Lavoro che nella mia concezione rappresenta un ritorno alla natura incontaminata. Il ritorno alle radici, alle cose primarie della vita, senza l’uso di tecnologie, internet, tv, consumismo, ecc. In questo caso l’uomo non ha bisogno d’altro che del suo io, in cerca della sua personalità che sicuramente si trova dall’altra parte degli occhi. Poi da cosa nasce cosa e con l’andare del tempo si presentano altre opportunità per capire al meglio come la nostra immaginazione del conscio e del subconscio diventa realtà. Concretezza che un domani diventerà cinema…” ha concluso Matija Debeljuh. Sono stati presentati anche diversi filmati di Črt Brajnik, tra cui “Silenzio morente” premiato a Istria Nobilissima. Si tratta di un Il pubblico del Teatro Tartini documentario che racconta dell’Istria meno nota, dove l’artista dimostra il suo notevole talento nel dipingere le atmosfere di una terra desolata e spettrale. L’artista, attualmente studente al dipartimento di montaggio dell’Accademia di cinema Famu di Praga, ci ha spiegato che le sue creazioni filmiche sono un autoriflessione, una continua ricerca di se stessi attraverso l’immagine e nell’immagine. “Comprendere chi siamo – ha detto – porta inevitabilmente a scoprire il territorio circostante, un ambiente che nel secolo passato ha cambiato anche il modo di percepire il tempo e lo spazio. Le città affollate, le code, i clacson, la tv sono il nostro pane quotidiano. Riscoprire l’entroterra istriano ha dunque un significato simbolico di introspezione, di riscoperta di certi valori e rapporti in parte logorati dal pensiero moderno. Credo che ogni uomo, in via più o meno esplicita, percorra questa strada di dubbi e grandi scoperte, sicché le diramazioni che egli incontra sulla via lo indirizzano in una certa direzione. Il mio interesse si permea proprio nella comprensione di questo strano meccanismo, al rapporto dialettico che si crea tra mondo interno ed esterno nell’uomo. Si tratta di un punto focale dove si scrive il destino, a volte dettato dalla volontà, altre volte dalle circostanze” ha concluso Črt Brajnik . 6 cultura Martedì, 29 dicembre 2009 MOSTRE / “Sguardi / Pogledi”: la fotografia del ‘900 nel FVG ha toccato anche Capodistria Dal paesaggismo al neorealismo dal fotogiornalismo alla pubblicità D opo il primo allestimento espositivo in Slovenia, organizzato dal CRAF (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Lestans) d’intesa con l’Ambasciata d’Italia a Lubiana, l’Istituto Italiano di Cultura in Slovenia e il Museo Etnografico Nazionale della Slovenia, la grande mostra itinerante sulla fotografia del ‘900 in Friuli e Venezia Giulia ha fatto tappa a Capodistria (dal 20 novembre al 20 dicembre 2009), per poi proseguire verso Udine e Klagenfurt. Nella circostanza si sono affiancati al CRAF, ideatore e promotore della mostra, la Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria, il Museo Regionale di Capodistria e le gallerie Costiere di Pirano in veste di organizzatori locali, per dar vita a un corposo allestimento capodistriano articolatosi in tre distinti raggruppamenti presso altrattante sedi espositive (Palazzo Gravisi, sede della CI di Capodistria; Palazzo Gravisi – Buttorai, sede del Museo Regionale di Capodistria; Loggia di Capodistria, Gallerie Costiere di Pirano). La mostra, dal titolo “Sguardi / Pogledi” è stata curata da Walter Liva e Gianfranco Ellero e comprende oltre 145 fotografie originali provenienti dagli archivi del CRAF, dei Civici Musei di Udine e di altre Istituzioni e Centri Pubblici e privati della regione ed intende ripercorrere la storia del medium fotografico attraverso le opere dei più significativi Autori e delle scuole di pensiero che hanno segnato il Friuli e la Venezia Giulia. Con i reportages realizzati alla fine del giugno 1914 da Francesco Penco e da Carlo Wulz sull’arrivo a Trieste da Sarajevo delle salme di Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, ma anche con le immagini rimaste inedite per quasi un secolo scattate dal giovane André Kertesz a Gorizia e a Trieste tra il dicembre 1914 e il gennaio 1915 - quando fotografò i propri commilitoni quaMaurizio si stessero andando in vacanza - si aprì lo scenario della prima guerra mondiale, e fu la Grande Guerra a voltare definitivamente la pagina di quel pittorialismo che, sull’onda del Congresso Viennese di Fotografia del 1891 e dell’inglese Brotherhood of Linked Ring aspirava (orientato in ciò sia dalla pittura preraffaellita ché dalle avanguardie culturali) a che la fotografia venisse considerata arte. Quel pittorialismo che aveva trovato, tra gli altri, espressione in Arturo Floeck (nel 1900 ritrasse Francesco Giuseppe in visita proprio a Gorizia), in Ernesto Battigelli, a cui venne dedicato nell’anteguerra un intero numero de “L’Illustrazione Italiana” e in Pietro Modotti, lo zio della più nota Tina Modotti presso il quale, dopo aver fatto l’apprendista anche dal grande fotografo tedesco Rudolph Duhrkoop a Monaco, lavorò Silvio Maria Bujatti. Dopo la parentesi della prima guerra mondiale (di cui ne fu testimone anche il giovane André Kertesz), nel Friuli Venezia Giulia, la fotografia inugurò – specie con con Ugo Pellis – un’esperienza di dialettica tra l’immagine e la lingua sulla base delle tesi di Carl Jaberg e Jacob Jud modellate sull’idea dell’ “Atlas Linguistique de la France” e contestualmente si consolidò un’idea cartolinesca della fotografia con l’interpretazione bucolica del paesaggio e le scene di vita dei paesi in particolare della montagna con Umberto Antonelli e Attilio Brisighelli. Nelle opere di Enrico del Torso vennero rappresentate le ultime famiglie della nobiltà agricola friulana mentre Francesco Krivec, nato a Tolmino, divenne il più grande ritrattista del secolo in Friuli e fu tra i primi ad introdurre il colore in fotografia. Nel secondo dopoguerra, accanto ad una ripresa delle arti e della cultura più ampia (basterebbe citare solamente Pier Paolo Pasolini) la fotografia vide nascere a Spilimbergo nel 1955 il “Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia”, unico gruppo in Italia a dotarsi di un Manifesto programmatico ispirato al neorealismo. Italo Zannier, Gianni e Giu- Carlo Bevilacqua, Grado, anni 50 Frullani, Il martirio di San Sebastiano liano Borghesan, Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, Toni del Tin e Fulvio Roiter (ma anche Giuseppe Bruno), furono i protagonisti di quella stagione culturale e segnarono una tappa fondamentale per la fotografia italiana. Dagli anni ’50 in poi aperaro anche altri fotografi di valore, come Tin Piernu, che documentò la vita delle minoranze slovene nelle Valli del Natisone, il triestino Tullio Stravisi, il Goriziano Paolo Gasparini (che nel 1954 venne premiato a Spilimbergo dalla “Giuria popolare” divenendo poi tra i più importanti fotografi del centro – sudamerica), il pordenonese Pierluigi Praturlon che fu il fotografo della Dolce Vita (sua la famosissima immagine di Anita Ekberg nella fontana di Trevi, ma anche le immagini scattate sul set di “Addio alle Armi” girato a Venzone e tratto dal romanzo di Ernest Hemingway ). Di livello nazionale – nell’ambito nella fotografia di paesaggio - è stata l’opera di Elio Ciol, la cui fama ben presto ha travalicato i confini. Nel decennio successivo, Edoardo Nogaro in Carnia e Riccardo Toffoletti nelle Valli del Natisone sono stati considerati tra i più significativi epigoni della fotografia neorealista, richiamando appunto nelle proprie estetiche lo stile introdotto dal Gruppo Friulano. I fotogiornalisti Mario Magajna, Aldo Missinato e Claudio Erné, ma anche Gianni Pignat e Riccardo Viola, hanno documentato eventi come il disastro del Vajont o l’inondazione di Pordenone del 1966, i funerali di Pasolini del 1975 e il terremoto del 1976 (evento interpretato fotograficamente anche dall’artista Bruno Lorini), mentre Massimo Cetin ha ripreso l’arrivo dei profughi dalla Bosnia a Muggia e Davorin Krizmančič i giorni dell’indipendenza della Slovenija. Gianluigi Colin, anche art director del Corriere della Sera, ha introdotto nuove semiotiche nella fotografia “interpretando” l’arrivo in Italia dei boat people albanesi, mentre Ulderica Da Pozzo ha collaborato con riviste nazionali di viaggi e turismo. Un ruolo significativo è stato quello svolto dai Circoli fotografici che, al pari del resto d’Italia, hanno avuto una funzione aggregativa in particolare negli anni ’60, ’70 e ’80: espressione di questo mondo sono stati in particolare Tullio Stravisi, Adriano Perini, Enzo Gomba e Giandomenico Vendramin. Dagli anni ’80, analogamente a quanto accadeva più in generale in Italia, anche nel Friuli Venezia Giulia la fotografia assumeva progressivamente un ruolo più di arte che di documento: sono quindi apparsi sulla scena “artisti – fotografi” come Piccolo Sillani, Albano Guatti, Pier Mario Ciani, Stefano Tubaro, Maurizio Frullani, Roberto Kusterle, Walter Criscuoli, Sergio Scabar, Catia Drigo, Massimo Crivellari, Francesco Nonino, Gianni Cesare Bor- ghesan, Cesare Genuzio, Guido Cecere e poi molti altri giovani che oramai, anche attraverso l’uso del digitale, sono parte attiva nei contemporanei processi di estensione linguistica della fotografia e della sua globalizzazione. Già con gli anni ’70, tutte le arti incominciano anche a fondersi in modo antropico, segnando così la trasformazione sociale e culturale degli ultimi decenni del Novecento, originando la multimedialità e quindi il postmodernismo, attraverso una decisiva innovazione dell’ uso della fotografia da parte degli artisti. Andrea Pertoldeo, Stefano Graziani, Massimo Crivellari, Luca Laureati, Carlo Andreasi, Max Rommel, Francesca Dotta, e Marco Citron in modo analogo sono attivi nella fotografia di paesaggio urbano e architettura andando oltre le oramai “preistoriche” vedute concettuali dell’ambiente e del paesaggio che risalivano alle culture dei primi anni ’70 che tendevano a enfatizzare i segni visivi esclusi da ogni attribuzione di significato. Debora Vrizzi, Isabella e Tiziana Pers hanno esposto in diverse città italiane e lavorano con il digitale costruendo anch’esse immagini caratterizzate dal simbolico, mentre Pierpaolo Mittica e Roberta Valerio, da tempo attivi sulla scena internazionale, si sono formati come fotografi al CRAF. Oggi, la nuova fotografia regionale è notevolmente influenzata, oltre che dalle innovazioni tecnologiche, anche dai nuovi usi dell’immagine fotografica, nel fotogiornalismo e nella pubblicità. cultura 7 Martedì, 29 dicembre 2009 MUSEI / L’artista polese ha lasciato un segno profondo nel paesaggio grafico istriano Il design etico di Spasojević di Maurizio Franolli P redrag Spasojević, affermato designer grafico polese, negli spazi espositivi del Centro Multimediale Luka e della galleria Aneks a Pola, ha esposto recentemente i lavori realizzati in 25 anni d’intensa carriera. Spasojević è nato nel 1959 a Čapljina. Si è laureato all’Accademia delle belle arti a Zagabria nel 1985 con il prof. Šutej e si oc- CUORE DI CANE, locandina per il Dramma Italiano cupa professionalmente di design grafico. Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, collabora con vari fotografi, grafici, illustratori, ecc. Le sue più strette e storiche collaboratrici sono Biserka Vranić e Feodora Gubaš dell’agenzia Medit di Pola, fondata nel 1992. Ha esposti propri lavori in mostre individuali a Pola, Zagabria, Sarajevo, Mostar, Parenzo, Albona e Rovigno, ma anche in collettive allestite a Lubiana, Varsavia, Brno, Hollywood, Kyoto, Fort Collins (Colorado), Messico, Portorose, Verona, Trier (Treviri), Langenfeld. In questo quarto di secolo di attività professionale Spasojević si è occupato con successo di marketing e comunicazione pubblicitaria, design grafico, product design, progettazione d’interni e ultimamente, sempre più spesso e volentieri, ha rivolto la sua attenzione al design etico come risposta alle crescenti sfide dettate dalla società odierna in crisi economica ma soprattutto in crisi d’identità. La critica dell’arte Gorka Ostojić Cvajner, autrice tra l’altro della prefazione del catalogo, ha inaugurato la mostra presentando Predrag Spasojević come uno dei più rilevanti protagonisti della scena artistico-culturale istriana, molti dei quali, assieme a colleghi e ad una moltitudine di amici erano presenti tra il numeroso e caloroso pubblico accorso. L’attività professionale di Spasojević inizia nel 1984, quan- 16. VINISTRA - identità visiva della sedicesima rassegna vinicola (ufficialmente mostra dei vini), 2009 do come talentuoso studente dell’Accademia di belle arti di Zagabria, si è fatto conoscere al vasto pubblico realizzando su sua personale iniziativa il materiale promozionale per il Festival del film a Pola. Già da allora, come giovane autore emergente, grazie al suo talento e alla sua preparazione professionale, si è guadagnato la fiducia di colleghi e committenti, gettando le basi per collaborazioni a lunga scadenza protrattesi fino ai giorni nostri. Adeguandosi all’incessante sviluppo delle possibilità e degli strumenti tecnici, il designer polese ha attualizzato costantemente il suo segno grafico, avendo sempre come unico scopo la volontà di affinare la comunicazione con il pubblico ed essere in simbiosi con la gente, con i reali fruitori del suo lavoro. Conciso, chiaro, pungente, diretto, minimale; usa una narrazione vivace, veloce, molto spesso ironicamente strutturata, con un talento innato per la sintesi. Il suo segno di riconoscimento è un realismo ridotto, nel quale tutto è direttamente visibile e il messaggio immediatamente percepibile. I suoi lavori sono caratte- 14. PUF - identità visiva del quattordicesimo Festival internazionale del teatro a Pola, 2008 ne chic e Tolerancija; due lavori che meglio degli altri illustrano le caratteristiche dell’autore e i suoi principi di vita. Lavori concisi, sintetici, con una base fotografica e interventi minimi al computer. Lavori recenti antitetici ai lavori degli anni Ottanta, nei quali Spasojević gravitava verso un realismo pittorico, quasi barocco. Da ricordare le numerose locandine ideate per il Dramma Italiano. Nel corso della sua carriera ha ideato l’identità vi- 54. PFF identità visiva del 54. Pola Film Festival, 2007 rizzati dal senso di responsabilità e dalla dignità professionale, caratteristiche che lo hanno indotto sempre a non essere un semplice servitore dei committenti e a rincorrere esclusivamente il profitto. Identità visiva di cultura e turismo In 25 anni di carriera professionale ha costruito un suo individuale, riconoscibile ed eccezionalmente etico approccio al design. Il design, come d’altronde l’architettura, dovrebbe avere, se correttamente usato, una valenza sociale ed educativa. Ciò richiede un approccio molto equilibrato a questo mondo complesso, avendo sempre ben chiaro il proprio ruolo e sempre presente la necessità di partecipare e contribuire in prima persona nel processo di formazione e valutazione dei criteri etici ed estetici che influiscono profondamente nei cambiamenti e nella consapevolezza della società. Proprio questa caratteristica profondamente radicata nel modus operandi di Spasojević, impreziosisce il lavoro di questo importante autore istriano, uno dei pochi designer che sono riusciti a coadiuvare simbolismo e comunicazione, elementi essenziali del dialogo tra un singolo individuo e la collettività. In un mare di product design commerciali, cartelloni pubblicitari, design d’interni, i lavori ai quali l’artista è più legato sono Cocai- siva di molte manifestazioni importanti, i loghi di istituzioni e associazioni culturali, di progetti e prodotti individuali, lasciando un segno profondo nel paesaggio grafico polese e istriano, e di conseguenza indirettamente nelle coscienze della perso- la locandina per la promozione dei vini istriani, l’identità visiva della fiera “Vinistra”, il calendario per la promozione del Museo dell’arte contemporanea dell’Istria e, ultimamente, vari progetti d’interni. Progetti che riguardano prevalentemente il ripristino di vecchie case diroccate nell’Istria interna. Progetti d’interni per case istriane Il primo dei progetti d’interni di Spasojević, la sua casa per vacanze Una a Cranzetti (Sanvincenti), è diventata a suo modo un esempio nel restauro delle case istriane e nel trattamento dei materiali. Si tratta di una casa di 120 anni, abbandonata, restaurata con pazienza e infinita passione con l’uso di materiali originali come le vecchie travi in legno ritrattate, le tavelle per i pavimenti, i lavabi in pietra, senza dimenticare gli elementi necessari per la vita e il confort dei giorni nostri. Visto il successo di questo intervento, sono seguiti progetti a Barbariga, Zumesco, stanzia Salambatti e altri ancora, dove Spasojević si è occupato dei progetti d’interni ed esterni, direzione dei lavori, lo studio dei dettagli, dialogando e collaborando con architetti, artigiani e altri esperti del settore. Particolarmente interessanti sono le considerazioni fatte da Spasojević su questo tema molto attuale, soprattutto nell’ambito della cosiddetta toscanizzazione in atto sul nostro territorio, ossia sull’equi- SAZVJEZDJE (Costellazione) - locandina per la promozione delle strade del vino in Istria, 2000 ne. Bisogna inoltre ricordare certamente la sua stretta collaborazione con il fotografo Renco Kosinožić, mancato da poco, con il quale ha realizzato parecchi lavori, tra i quali l’identità visiva per il Mondo delle Malvasie. Tra le altre opere recenti del designer vanno segnalate la proposta per il frontespizio della guida gastronomica dell’Ente di promozione turistica della Regione Istriana, tando (per fortuna) ad una saturazione del mercato immobiliare. Ad esempio il ripetitivo uso della pietra per le facciate si è rivelato un buon espediente per la vendita, mentre si possono ottenere ottimi risultati usando l’intonaco, che tra l’altro è più vicino alla tradizione istriana. voco riguardante la costruzione di case nuove come copie mal riuscite di quelle antiche. Secondo il designer, nel restauro, ma soprattutto nella costruzione di queste cosiddette case istriane in pietra si è arrivati ad un punto cieco; l’uso ripetitivo di alcuni materiali ed il copia ed incolla ossessivo di alcuni elementi architettonici spacciati per tradizionali, ha creato case tutte uguali, senza un’anima, in crisi d’identità, por- IL MONDO DELLE MALVASIE - identità visiva della prima rassegna (ufficialmente mostra) delle malvasie, 2009 Spasojević vede il futuro nel campo del ripristino e della nuova edificazione di questa tipologia di edifici nella sapiente interpolazione del vecchio e del nuovo, mentre la realizzazione di ville moderne incastonate nel paesaggio istriano potrebbe rappresentare il passo successivo. Come esempio cita villa Haj situata a San Lorenzo (Umago), progettata dal nostro connazionale Mario Perossa. L’impaginazione e la progettazione grafica di libri e monografie è un’altra attività alla quale Spasojević è particolarmente legato e che gli ha portato parecchie soddisfazioni; da ricordare Una, povedi i mene (in collaborazione con Daniel Načinović), le monografie di artisti come Robert Pauletta, Fulvio Juričić, Mirjana Marušić Gorska. Sono in preparazione le monografie di Emil Bobanović Ćolić, Eugen Kokot, Đanino Božić e soprattutto la sua monografia, Mea culpa. Il designer polese, in questi 25 anni di carriera, è diventando un’infaticabile protagonista dell’impostazione creativa dell’identità visiva istriana senza la quale l’Istria non avrebbe l’aspetto che ha oggi. Uno Spasojević ben disposto all’inaugurazione della mostra ha ricordato che l’ultima sua mostra personale risale all’inizio degli anni Novanta a Sarajevo e da allora non aveva sentito il bisogno di esporre i propri lavori. Vista la calorosa partecipazione di un folto pubblico, la quantità e soprattutto la qualità dei lavori esposti, Predrag Spasojević ha più di un motivo per esser soddisfatto. E per continuare, per la gioia di noi tutti, nel suo lavoro. Dopo la tappa a Pola la mostra Mea culpa è stata in esposizione a Zagabria presso la galleria Ulupuh. 8 cultura Martedì, 29 dicembre 2009 A A V V I T A R R A I T A C John Berger Načini gledanja Zavod Emanat A N V I T A R R R A I N T R S A I A N C C Capodistria, Galleria dell’Istituto bancario, rimane in visione fino al I febbraio 2010 la personale di quadri dell’artista ŽARKO VREZEC. Abbazia, Villa Angiolina, l’esposizione storica LA TAVOLA DELLE FESTE rimane aperta fino al 2 febbraio 2010. I I Khaled Hosseini Tek za zmajem Mladinska knjiga L T J.Abramson – B.Keller Obama – Zgodovinska pot Založba Sanje B S Julie Garwood Divlja princesa Mladinska knjiga B I Jamie Oliver Ministrstvo za prehrano Vale-Novak U C A Pisino, Museo etnografico dell’Istria, l’esposizione storica VALIGE E DESTINI: L’ISTRIA FUORI DALL’ISTRIA rimane in visione fino al 31 dicembre. Fiume, Filodrammatica, l’annuale mostra collettiva del FOTOCLUB rimarrà aperta al pubblico fino al 31 dicembre. Grisignana, Galleria Fonticus, ALLEGRO MA NON TROPPO si intitola la mostra collettiva che prevede l’esposizione di una trentina di opere di altrettanti autori. Aperto fino al 31 dicembre. Parenzo, Piccola Galleria, NELLE NUVOLE è il titolo del nuovo ciclo artistico di Tereza Pavlović in visione fino al 11 gennaio 2010. Fiume, Museo di arte moderna e contemporanea, la Biennale quadrilaterale 3 che porta il nome ARTE MEDIATICA – ANGOLI E PUNTI D’INCONTRO è in visione fino al 13 gennaio 2010. Capodistria, Galleria Medusa, HAPPY NEW YEAR TO YOU – EVERYWERE! è il titolo della mostra vendita da visitare fino al 15 gennaio. Pola, Galleria Anex, in visione fino al 18 gennaio 2010 la collettiva dei soci dell’Associazione istriana delle arti visive. Fiume, Museo Civico, la retrospettiva dell’opus artistico di ANDRIJA ČIČIN ŠAIN rimane in visone fino a 31 gennaio 2010. Fiume, Erste Club, l’artista Vesna Kovačić presenta fino al 31 gennaio 2010 BIANCO, la nuova serie di tele bidimensionali. Capodistria, Museo regionale si intitola I VOLTI NASCOSTI DI ALESSANDRIA. LE SUORE SCOLASTICHE SLOVENE E LE ALESSANDRINE la mostra storica in visione fino al 30 gennaio 2010. Pirano, Galleria Herman Pečarič, Ljubo radovac si presenta fino al 30 gennaio 2010 con la personale VISIONE STEREOGRAFICA. Mary Balogh Temni angel Meander I C Pero Simić Tito – Fenomen stoljeća Večernji list CALENDARIO: GLI APPUNTAMENTI CULTURALI ISTRIA E QUARNERO France Bučar Slovenci in prihodnost Didakta P Amanda Quick Vragolije Mladinska knjiga L I F. Scott. Fitzgerald Priče iz doba jazza Šareni dućan Mateja Jančar Kapitelizem, tranzicija, demokracija Inštitut Jože Pučnik B Jadranka Boban Prirodno i slatko Planetopija Roberto Saviano Gomora Mladinska knjiga B U T Joaquín Navarro-Valls A passo d’uomo Mondadori S Ildefonso Falcones La mano di Fatima Longanesi I Haroki Murakami L’arte di correre Einaudi IN SLOVENIA P C Dennis Patrick Zia Mame Adelphi Albert Sanchez Pinol Pandora u Kongu Fraktura Sabrina P. Ramet Tri Jugoslavije – Izgradnja države i izazov egitimacije 1918 -2005 Golden Marketing Ayaan Hirsi Ali Djevica u kavezu Naklada Ljevak I José Saramago Il quaderno Bollati Boringhieri E, Martin – A. Carranza Gaudjev ključ Fraktura Stribor Erega Što banke ne žele da znate Profil international L Paulo Coelho Il vincitore è solo Bompiani B Bruno Vespa Donne di Cuori Mondadori Paul Garde Balkanske rasprave Ceres B Fabio Volo Il tempo che vorrei Mondadori Predrag Matvejević Kruh naš VBZ U Dan Brown Il simbolo perduto Mondadori Curzio Maltese La bolla. La pericolosa fine del sogno berlusconiano Feltrinelli IN CROAZIA P A I LIBRI PIÙ VENDUTI IN ITALIA UN BEL REGALO DI CAPODANNO ALTRI Venezia, Galleria A + A, TRACKEDS ultimo lavoro del collettivo di artisti BridA - Tom Kerševan, Jurij Pavlica, Sendi Mango da visitare fino al 15 gennaio 2010. Lubiana, Istituto Italiano di Cultura, la mostra pittorica internazionale curata da Vito Sutto ed intitolata TERPICTURA rimane aperta la pubblico fino al 15 gennaio 2010. Lubiana, Museo Nazionale Sloveno, in collaborazione con l’IIC la mostra SERATA ALL’OPERA: PASSEGGIATA ESCLUSIVA ATTRAVERSO LE CARTOLINE rimane in visione fino al 17 gennaio 2010. TRIESTE Civico museo del mare, STRAULINO LA VELA OLIMPICA si intitola la mostra documentaria in visione fino al 10 gennaio 2010. Sala Comunale d’Arte, la personale di ALPINA DELLA MARTINA rimane a disposizione del pubblico fino al 10 gennaio 2010. Civico Aquario Marino, l’esposizione documentaria CON LE STELLE PER MARE in visione fino al 31 gennaio 2010. Museo Revoltella, FUTURISTICHERIE, è il tema della mostra di Giorgio Carmelich da visitare fino al 5 aprile 2010. Salone degli Incanti – ex Pescheria, MILA E LA NOTTE, una mostra dedicata della nota stilista milanese di origini dalmate Mila Schön che comprende 63 abiti da sera. Da visitare fine al 18 aprile 2010. Anno IV / n. 45 del 29 dicembre 2009 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina / Progetto editoriale di Silvio Forza Art director: Daria Vlahov Horvat / edizione: CULTURA Redattore esecutivo: Silvio Forza Impaginazione: Annamaria Picco Collaboratori: Daria Deghenghi Olujić, Arletta Fonio Grubiša, Gianfranko Miksa, Maurizio Franolli, Viviana Car La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare di Trieste, viene supportata dal Governo italiano all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione MAE-UPT N° 1868 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009 Fiume e l’avventura fiumana si insediano in un attimo cruciale della Storia, sono una sfida all’ordine costituito in un momento in cui si poteva decidere tra diverse possibilità: tra pacifismo o riarmo, tra nazionalismo o internazionalismo, tra consolidamento delle strutture liberal democratiche o sovvertimento del principio parlamentare. Greta rappresenta la parte fresca, giovane, pulita di ogni società, perché le sue passioni si contrappongono con forza al cinismo e alle strumentalizzazioni espresse dai grandi della storia. ORDINI: tel.051/ 228799 ACQUISTI: LIBRERIA EDIT A FIUME