Giulio Tagliavini – Massimo Regalli
Corso di Economia
degli Intermediari Finanziari
Gli intermediari finanziari e le banche
La banca: definizione (1)


Dal punto di vista giuridico, la banca è l’impresa
autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria.
Questa si sostanzia:



nell’esercizio congiunto del credito e della raccolta del
risparmio presso il pubblico;
in ogni altra attività finanziaria (es. leasing finanziario,
consulenza alle imprese, custodia e amministrazione di
valori mobiliari);
in attività connesse e strumentali (es. produzione di
servizi informatici per proprio uso).
Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.
La banca

L’estensione operativa effettiva di una banca costituisce una
scelta discrezionale del management. L’esercizio congiunto
del credito e della raccolta del risparmio è necessario e
sufficiente per ottenere la qualifica di banca.

La congiunzione dell’esercizio del credito e della raccolta
presso il pubblico separa nettamente le banche da altri
intermediari finanziari (società di leasing, di factoring)
sprovvisti di un’autonoma capacità di provvista presso gli
operatori finali.
La banca: definizione (2)

Da un punto di vista economico e operativo la banca è
un’impresa di servizi, multibusiness, che nell’ambito del
sistema finanziario svolge essenzialmente una funzione

MONETARIA (e di trasmissione degli impulsi di politica
monetaria)

CREDITIZIA
N.B.: l’esercizio congiunto di tali funzioni espone la banca ad
un rischio di liquidità e solvibilità particolarmente intensi.
La banca e la funzione monetaria
Le passività bancarie (i depositi in c/c) sono accettate come
mezzo di pagamento. Tale accettazione presuppone:
-
che la singola banca e il sistema bancario godano della
fiducia del pubblico (il rischio di insolvenza delle banche deve
essere percepito come non rilevante);
- che il sistema predisponga una serie di procedure operative e
di strutture tecnologiche che rendano efficiente, sicuro ed
accessibile l’uso della moneta bancaria.
La banca e la funzione creditizia (1)

La funzione creditizia si sostanzia nel consentire il
collegamento - l’incontro - delle unità in surplus e in deficit
affinché possano scambiarsi risorse finanziarie.

La banca si interpone tra gli scambisti finali e assume
posizioni debitorie nei confronti delle prime e creditorie
verso le seconde.
Banca
Circuito intermediato
Unità in deficit
Unità in surplus
Circuito diretto
La banca e la funzione creditizia (2)

E’ una funzione propria anche dei mercati e di altre tipologie di
intermediari. Tuttavia la funzione di trasferimento delle banche
si qualifica per i seguenti motivi:

non avviene tramite i mercati ma si basa sul circuito creditizio;

comporta una trasformazione dei rischi e delle scadenze (la banca
rende compatibili schede di preferenza disallineate);

svolge una funzione di selezione ex ante e controllo ex post (la
banca riduce i problemi connessi alle asimmetrie informative).
Lo stato patrimoniale della banca (1)

Visto che la gestione caratteristica della banca consiste
nell’attività di intermediazione creditizia, il suo stato
patrimoniale presenta in via generale la seguente struttura
stilizzata:
Attività fruttifere di interesse
(AFI)
Altre attività finanziarie
(AAF)
Attività non finanziarie
(ANF)
Passività onerose di interessi
(PFI)
Passività non onerose di interessi
(PNO)
Mezzi propri
(MP)
Lo stato patrimoniale della banca (2)






Attività fruttifere di interessi (AFI): riserve di liquidità fruttifere,
finanziamenti concessi in varie forme (prestiti bancari, finanziamenti
di leasing e di factoring, credito al consumo)
Altre attività finanziarie (AAF): moneta legale, altri valori
monetari in cassa, crediti non fruttiferi
Attività non finanziarie (ANF): immobilizzazioni materiali e
immateriali
Passività onerose di interessi (PFI): depositi bancari, depositi
rappresentati da titoli (obbligazioni, certificati di deposito), debiti
verso banche, passività subordinate
Passività non onerose di interessi (PNO): fondo TFR, Fondo
rischi, Fondi per spese future
Mezzi propri (MP): capitale sociale e riserve di capitale, fondo
rischi bancari generali, utile d’esercizio
Lo stato patrimoniale della banca (3)
Sul fronte dello stato patrimoniale va in particolare osservata la:

Composizione dell’attivo: le risorse raccolte vengono variamente
allocate - prestiti alla clientela, valori mobiliari, riserve di base
monetaria, investimenti in attività reali strumentali all’esercizio
dell’impresa - con implicazioni sul fronte reddituale e dei rischi
molto differenziate;

Dimensione relativa delle passività onerose rispetto ai
mezzi propri: la banca agisce in condizioni di elevata leva
finanziaria;

Composizione per scadenze del passivo: la banca mostra un
prevalente orientamento alle passività a breve, a vista e a scadenza
indeterminata (strumenti per larga parte dotati di funzione
monetaria).
La banca e gli equilibri aziendali

Il fine istituzionale di una banca, in quanto impresa, è
quello di produrre un margine economico che risulti
adeguato.

L’obiettivo aziendale non è quello di massimizzare la
redditività, ma di ottimizzarla nel rispetto dei vincoli di
liquidità e solvibilità.
N.B.: Per margine economico si intende la differenza tra ricavi
derivanti dalle vendite e i costi sostenuti per l’acquisto di tutti i
fattori produttivi impiegati.
L’equilibrio economico (1)

La nozione di equilibrio economico identifica la capacità
dell’intermediario di conseguire con stabilità un risultato
economico che consenta una durevole permanenza
dell’azienda nel sistema.

Tale risultato deve essere soddisfacente in termini di livello e
variabilità rispetto:
- alle aspettative del soggetto economico;
- alle previsioni della direzione aziendale;
- all’andamento medio del settore.
L’equilibrio economico (2)


L’attività di intermediazione svolta dalle banche si sostanzia
nell’acquisizione di attività finanziarie fruttifere finanziate
prevalentemente dall’emissione di passività onerose, che
generano rispettivamente ricavi per interessi attivi e costi per
interessi passivi;
L’equilibrio economico delle banche si fonda principalmente
sul margine di interesse, costituito dalla differenza fra le due
voci di ricavo e di costo menzionate.
Ricavi per interessi attivi
(-) Costi per interessi passivi
(=) Margine di interesse
L’equilibrio economico (3)

(-)
(=)
(-)
(=)
(-)
(=)
(-)
(=)
-)
(=)
Più in dettaglio, il conto economico di una banca,
riclassificato in forma scalare, presenta in via generale la
seguente struttura stilizzata:
Ricavi per interessi attivi
Costi per interessi passivi
Margine di interesse (MI)
Ricavi netti da servizi
Margine di intermediazione
Costi operativi
Risultato di gestione
Accantonamenti, proventi e oneri diversi
Risultato lordo di imposte
Imposte
Risultato netto
L’equilibrio finanziario (1)

La nozione di equilibrio finanziario rinvia alla capacità della
gestione aziendale di:
- mantenere con sufficiente continuità e stabilità l’equilibrio
fra i flussi di cassa in entrata e quelli in uscita;
- essere costantemente in grado di far fronte ai propri
impegni di pagamento nella specie monetaria richiesta.

Eventuali difficoltà di fronteggiare tempestivamente ed
economicamente le uscite di cassa profila l’esposizione della
banca al rischio di liquidità.
L’equilibrio finanziario (2)


Le banche sono particolarmente esposte al rischio
di liquidità a causa delle funzioni assolte
nell’ambito del sistema:

il loro passivo a vista (che rappresenta la componente
fondamentale della moneta detenuta dal pubblico) è per
definizione soggetto ad un rischio di prelievo a
discrezione del depositante;

una parte delle attività detenute in portafoglio (i prestiti)
non è negoziabile sui mercati secondari e non sono
facilmente liquidabili a discrezione della banca.
La scadenza media dell’attivo è dunque
normalmente superiore a quella del passivo.
L’equilibrio finanziario (3)

Il rischio finanziario deriva dalla possibilità che non si
raggiunga nel medio periodo un equilibrio fra entrate e
uscite in condizione di redditività soddisfacente.

Lo squilibrio fra entrate e uscite può essere coperto tramite:
- l’utilizzo di riserve di base monetaria appositamente
costituite;
- la vendita di attività sul mercato secondario;
- l’emissione di nuove passività.

La sistematicità del ricorso a tali correttivi può generare costi
finanziari che nel lungo periodo rischiano di intaccare la
redditività aziendale.
L’equilibrio patrimoniale (1)

La nozione di equilibrio patrimoniale si riferisce alla capacità
della banca di mantenere nel tempo un CAPITALE NETTO
POSITIVO, cioè un’adeguata eccedenza del valore attuale
dell’attivo rispetto a quello nominale del passivo;

In tal caso si dice che la banca è solvibile, è cioè in grado di
fronteggiare totalmente le obbligazioni verso i propri
creditori senza perdite di capitale proprio in ipotesi di
liquidazione dell’attività;
N.B.: il concetto di valore attuale va inteso come valore delle
attività al netto delle possibili perdite che ragionevolmente si
possono immaginare in base agli andamenti dei tassi di
mercato o in base alle condizioni di solvibilità della clientela.
L’equilibrio patrimoniale (2)

La determinazione del valore attuale delle attività è
abbastanza problematica, specie per un osservatore esterno;

Nell’ambito del vincolo di solvibilità entra allora in gioco il
livello di capitalizzazione della banca, che costituisce una
garanzia di solvibilità aziendale e dunque di equilibrio
patrimoniale;

Il rischio patrimoniale deriva dalla possibilità che la banca
mostri un livello di patrimonializzazione inadeguato ai fini del
raggiungimento degli obiettivi aziendali o rispetto alle
prescrizioni delle Autorità preposte alla vigilanza sul sistema
finanziario.
Il rischio di tasso di interesse

Si identifica con la possibilità che l’andamento dei tassi di
mercato provochi variazioni divergenti del rendimento medio
degli impieghi e del costo medio della raccolta, con
conseguenti ripercussioni sul margine di interesse.

Tale rischio scaturisce dalla presenza in bilancio di un
disallineamento tra poste attive e passive che riguarda:
- la durata contrattuale (per i contratti
a scadenza
determinata);
- i tempi di repricing (rivedibilità dei tassi) per le operazioni
a scadenza indeterminata.
Il rischio di tasso di interesse: step di calcolo
1.
Definisco l’orizzonte temporale entro il quale valutare
l’esposizione della banca al rischio considerato;
2.
Riclassifico il bilancio separando le operazioni a tasso
rinegoziabile da quelle a tasso non rinegoziabile;
3.
Quantifico l’ammontare del GAP;
4.
Formulo previsioni circa l’andamento dei tassi sul mercato (in
 o in );
5.
Gestisco il GAP in funzione delle previsioni sui tassi e tenendo
conto del tipo di strategia - prudenziale o speculativa - che il
management intende seguire.
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 1 – orizzonte temporale

Definisco l’orizzonte temporale t0 - t1 (gapping period) entro il
quale valutare l’esposizione al rischio.
Ad esempio la valutazione può essere a fine mese,
fine trimestre o fine anno.

E’ essenziale definire chiaramente l’orizzonte temporale assunto
come riferimento del calcolo perché esso consente di discriminare
tra poste sensibili e non sensibili;

Una posta può essere “sensibile” ai tassi o invece essere ” non
sensibile” a seconda del periodo prescelto.
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 2 – poste sensibili

In bilancio considero solo le poste che generano direttamente il
margine di interesse: le attività fruttifere di interesse e le passività
onerose;

Tra queste separo le operazioni a tasso rinegoziabile - sensibili - da
quelle a tasso non rinegoziabile - non sensibili.
Quali sono le poste sensibili?
 Quelle il cui tasso di interesse può essere rivisto al variare dei tassi
sul mercato, cioè:
 quelle che scadono nell’intervallo temporale considerato t0 - t1
 quelle che prevedono contrattualmente la possibilità di revisione del
tasso in t0 - t1
 quelle scadenti a vista o a tempo indeterminato
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 3 – quantificazione del GAP

Il Gap è dato dalla differenza tra le attività sensibili e le
passività sensibili individuate in bilancio:
GAP= AS - PS
Due indicatori:

GAP/ATTIVITA’ FRUTTIFERE TOT = esprime l’importanza
relativa del grado di mismatching

GAP/MP = fornisce una misura dell’adeguatezza della dotazione
patrimoniale nel fronteggiare il tipo di rischio considerato
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 3 – il gap
1. Gap è positivo se AS>PS: significa che la scadenza media
ponderata delle attività è inferiore a quella delle passività. Il Margine
di Interesse (MI) migliora in fase di interessi crescenti e peggiora in
fase di tassi calanti;
2. Gap è nullo se AS=PS: l’intermediario si trova in questo caso in
una situazione sostanzialmente protetta dal rischio di tasso di
interesse (nell’ipotesi che la variazione dei tassi di mercato impatti in
modo uniforme sulle poste attive e passive);
3. Gap è negativo se AS<PS: significa che la scadenza media
ponderata delle attività è superiore a quella delle passività. In tale
evenienza il MI peggiora in fase di interessi calanti e migliora in fase
di tassi crescenti.
Il rischio di tasso di interesse
Esempio 1
 prevedo che
aumentino
i
tassi
di
interesse
sul
mercato

Se il Gap > 0 e i tassi  allora MI  : questo perché la quota di
AS è maggiore rispetto alla quota di PS dunque i ricavi per
interessi attivi aumentano più dei costi per interessi passivi;

Se il Gap è nullo, cioè AS = PS, il MI resta sostanzialmente
invariato;

Se il Gap < 0 e i tassi  allora il MI  perché la banca dovrà
rinegoziare il prezzo sulle passività sensibili (sostenendo l’onere
di maggiori tassi passivi) a fronte di tassi attivi prefissati.
L’incremento dei ricavi sulle AS sarà inferiore rispetto
all’aumento dei costi sulle PS.
Il rischio di tasso di interesse
Esempio 2

prevedo che i tassi di interesse sul mercato si riducano

Se Gap > 0 e i tassi  allora MI : questo perché la quota di AS è
maggiore della quota di PS quindi la riduzione dei ricavi per
interessi attivi sarà superiore alla riduzione del costo per interessi
passivi;

Se il Gap è nullo il MI resta sostanzialmente invariato;

Se Gap<0 e i tassi  allora il MI : questo perché la quota di
Attività il cui tasso di interesse può essere rivisto - si riduce - è
inferiore rispetto alla quota di passività onerose il cui costo varia si riduce - al variare dei tassi.
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 4 – formulazione di previsioni circa l’andamento dei
tassi sul mercato

Si prevede che i tassi di interesse si riducano


Si profila un aumento del MI se il Gap è negativo, una sua
riduzione se il Gap è positivo.
Si prevede che i tassi di interesse sul mercato aumentino

Si prospetta una situazione contraria alla precedente.
N.B.: le implicazioni delle variazioni di tasso sul mercato sono
molto diverse a seconda del livello e del segno del GAP che
caratterizza la banca in un dato istante
Il rischio di tasso di interesse
STEP DI CALCOLO 5 - Manovra del GAP in funzione dell’approccio di
gestione del rischio seguito

Esistono due diversi approcci di gestione del rischio di tasso di
interesse: uno prudenziale e l’altro più speculativo.

Strategia tendente alla completa eliminazione del mismatching e
dunque al costante pareggiamento delle AS e delle PS (strategia detta
di IMMUNIZZAZIONE);

Strategia tendente al periodico aggiustamento del gap allo scopo di
trarre vantaggio dalle previsioni sull’evoluzione dei tassi di mercato. Si
tratta dunque di portarsi ad avere il massimo GAP positivo in ipotesi di
rialzo dei tassi e il massimo GAP negativo qualora si prevedesse invece
un ribasso dei tassi di interesse sul mercato.
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Lucidi 09 – Intermediari