TN emigrazione 37 21-03-2007 11:41 Pagina 37 Vecchi mestieri ritornano Vini e vino santo della Valle dei Laghi La poesia e il profumo di un vino che sorseggiavano all’epoca del Concilio di Trento I VIGNAIOLI Una voce non trascurabile nell’economia della Valle dei Laghi, da sempre, è quella offerta dalla vite, in particolare del vitigno Nosiola coltivato attorno a Calavino, a Padergnone, al Castello di Toblino, a Dro; è il più antico vitigno ad acino bianco coltivato in Trentino ed è l’unico vitigno bianco autoctono (si coltiva anche sulle colline Avisiane e in Valle di Cembra). Dall’appassimento naturale delle sue uve si ottiene lo zuccherino Vino Santo. Anche se in passato veniva servito come vino da Messa non è comunque il vino servito nell’eucarestia; il termine “santo” interpreterebbe le operazioni di pigiatura delle uve appassite che si eseguono, ieri come oggi, durante la Settimana Santa. Per altri, invece, tradurrebbe il vocabolo greco xantós, nel significato di giallo, biondo, ch’è appunto il suo colore. È comunque il vino segnalato dallo storico Michelangelo Mariani, nel suo volume Trento con il sacro Concilio et altri notabili del 1673: «alle Sarche (…) si fanno vini bianchi e generosi con aver insieme del matto e muto». Quando in autunno giunge il tempo della vendemmia, i grappoli vengono raccolti a più riprese a seconda della maturazione e tagliati a piccole dimensioni; sono quindi posti ad appassire sui graticci, le arèle, in appositi ambienti ventilati dalla costante brezza del Garda. È questa, infatti, una prerogativa per una buona riuscita del vino, a cui si aggiunge necessariamente la componente calcarea del terreno. Appassiscono così le uve, sotto l’azione anche di una particolare muffa che provoca la concentrazione dello zucchero senza che l’acino marcisca; a marzo, in genere durante la Settimana Santa, assecondando una ritualità assai antica, si passa alla pigiatura e spremitura col torchio azionato con una pressione leggera ma costante. Il mosto viene 37 TN emigrazione 37 21-03-2007 Castel Toblino 11:41 Pagina 38 TN emigrazione 37 21-03-2007 11:41 quindi conservato in piccole botti di rovere per un minimo di cinque anni. Dopo questo periodo di invecchiamento, che conferisce al vino un residuo zuccherino di 10/15 gradi e un profumo che ricorda il lievito di pane, viene imbottigliato ed è pronto per accompagnare deliziosi piatti della gastronomia trentina, in particolare i dolci. In primavera, da diversi anni, si tiene a Castel Toblino la Mostra del Nosiola e del Vino Santo (di recente la manifestazione abbraccia anche il Rebo Trentino DOC e la Grappa di Nosiola) che, oltre a valorizzare questo prezioso vitigno, sottolinea l’importanza della collaborazione tra vignaioli ed enologi per la produzione di un vino che sia davvero “santo”. IL VINO SANTO Il vino di Calavino per taluni sarebbe il famoso vino Retico, che il poeta Pagina 39 Orazio cita accanto al Massico e al Falerno, vini presenti sulle mense dell’imperatore Augusto. Di certo, comunque, tra i vini che si producono nei vigneti di Calavino, come nell’intera Valle dei Laghi, c’è il Vino Santo o vin dólze, il vino prediletto dei Padri conciliari. Si narra che la ragione per cui in paese esista un gran numero di case rusticosignorili è proprio legata al vino: i Madruzzo, infatti, signori del luogo, non permettevano l’esportazione del vino santo se non a coloro che possedevano casa in pae- se. Il principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo, inoltre, vi nominò un bottigliere personale. La storia restituisce diversi documenti attestanti la produzione del Vino Santo soprattutto a partire dall’Ottocento – nel 1822 i Conti Wolkenstein lo producono nelle cantine di Castel Toblino di cui erano allora proprietari – un mercato che arriva al culmine alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, allorché viene prescelto dalla corte di Vienna. Poi, lentamente, l’avanza- ta dei vini dolci a basso costo provenienti dalle cantine del sud d’Italia inizia a segnare una crisi, fino a quando i produttori della valle, nel 1971, giungono al riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata (DOC); del 1980 è la creazione del Consorzio per la tutela e valorizzazione del Vino Santo Classico Trentino voluto per difendere il Vino Santo dalle imitazioni o dalle produzioni di bassa qualità. Il Vino Santo, delizia degli intenditori e perla dell’enologia trentina, è un vino che va degustato a piccoli sorsi, lasciando magari vagare la mente al delicato paesaggio che lo genera: ordinate pergole di vite le cui sfumature di verde si perdono nei riflessi delle acque dei laghi. I testi e le foto sono tratti dal volume “Vecchi mestieri ritornano” di Silvia Vernaccini, ed. Federzione Cori del Trentino, 2004. TN emigrazione 37 21-03-2007 11:41 Pagina 40 TRENTINO EMIGRAZIONE LA VALLE DEI LAGHI le casata che resse il Principato vescovile di Trento dalla metà del Cinquecento alla metà del secolo successivo. È proprio una leggenda di amori proibiti legata a Carlo Emanuele Madruzzo – ultimo erede della famiglia – a lanciare turisticamente il castello, assieme al richiamo del Vino Santo ottenuto dai vigneti che “ricamano” la zona tutt’attorno. Nel 1822 è noto che sono gli stessi Conti Wolkenstein, allora proprietari del castello, a produrre questo vino aromatico nelle cantine dello stesso Castel Toblino. Al conte Leopoldo Wolkenstein si deve anche il lussureggiante parco che lo circonda, adorno di diversi esemplari secolari; nel 1845, infatti, si fece arrivare dall’America piante esotiche, sequoie e tassodi, questi ultimi ancora visibili. Per conoscere la sfarzosa vita cortigiana dei Madruzzo e, al contempo, i più semplici costumi e i mestieri della gente della Valle dei Laghi, risulta piacevole assistere alla manifestazione in costume dal titolo Feste Madruzziane, che si tiene in estate a Calavino. o stemma comunale di Calavino, adottato nel 1989, ricorda la storia e l’economia locale: i grappoli d’uva per la coltivazione della vite e i busti di leone d’oro con la lingua rossa simbolo dei nobili del luogo, i de Negri, campeggiano inquartati. Così come è tutt’oggi visibile il bel palazzo dei de Negri di San Pietro, a dominio del paese, segnato da una torricella e circondato da un alto muro a protezione dei giardini e della cappella, così infatti sono una gioia per l’occhio i regolari campi coltivati a vigneto. Nel comune di Calavino rientra la frazione di Toblino, impreziosita anch’essa da generosi vitigni e, soprattutto, dall’omonimo castello che, per il Trentino, rappresenta un raro esempio di fortificazione lacustre. Probabile castelliere preistorico, quindi insediamento romano su un isolotto del lago che, causa l’abbassamento delle acque, divenne penisola, il castello si presenta con predominanti stilistiche rinascimentali, risultato del mecenatismo dei principi vescovi di Trento, in particolare Bernardo Clesio e Gian Gaudenzio Madruzzo, della nobi- L La Valle dei Laghi 40