LA VINIFICAZIONE FATTORI PER FARE UN BUON VINO I fattori che concorrono alla produzione di un vino di qualità sono: ENOLOGO VITIGNO VITICOLTORE EVENTI AMBIENTALI (clima, ecc.) Ma soprattutto l’uva deve essere sana e al giusto grado di maturazione INFRUTTESCENZA DELLA VITE Il frutto della vite è l’uva, questa, dal punto di vista botanico è una infruttescenza, dovuta cioè alla trasformazione dell’infiorescenza della pianta. I frutti singoli si chiamano bacche, meglio noti con il nome di acini e, sono sostenuti nel grappolo, si originano da ramificazioni di natura erbacea e legnosa, che funzionano da conduttrici degli alimenti del terreno per mezzo della linfa ascendente. STRUTTURA DEL GRAPPOLO Il grappolo d’uva comprende le seguenti parti: il raspo o graspo con un asse centrale o rachide; i peduncoli, i racimoli con i pedicelli su cui si inseriscono gli acini; gli acini si suddividono a loro volta in buccia, in semi o vinaccioli ed in polpa. IL RASPO O GRASPO Nelle uve coltivate in i raspi mediamente costituiscono dal 3% al 5% in peso dei grappoli; la loro composizione chimica media è la seguente: Acqua 75 – 80 % Zuccheri 1% Tartrato acido di potassio 1% Acidi organici (malico, tartarico, ecc.) 0,3 - 0,6 % Tannino 2 – 3,5 % Sostanze minerali 2 - 2,5 % Sostanze azotate 1 - 1,5 % L’ACINO Il peso, la forma ed il volume degli acini variano a seconda del vitigno, dell'andamento stagionale e del grado di maturazione. L’acino si suddivide in tre parti: esternamente si ha la buccia o fiocine (botanicamente detta epicarpo); nella parte mediana si ha la polpa (botanicamente detta mesocarpo); internamente si hanno i semi o vinaccioli (botanicamente detti endocarpo). La parte più importante dell’acino è data dalla polpa, infatti, è da questa che si ottiene il mosto. Per quanto riguarda il peso, le bucce e i vinaccioli rappresentano il 18% - 20% del peso umido dell'acino. LA BUCCIA E' l'involucro entro cui sono contenuti la polpa ed i vinaccioli ed è molto importante dal punto di vista enochimico e microbiologico. In peso rappresenta il 7% - 10% dell’acino, allo stato umido. La buccia presenta la seguente composizione chimica: • acqua 78 - 80%, • tartrato acido di potassio 0,2 - 0,3%, • acidi organici 1%, • sostanze minerali 1,5 - 2%. Nella buccia si trovano inoltre localizzate le sostanze coloranti, responsabili della distinzione in uva bianca e nera. Sono composti da acidi fenolici (responsabili dell'aroma nei vini bianchi); antociani (i coloranti delle uve rosse), essi sono solubili in soluzione idralcolica, quindi passano nel mosto - vinificazione in rosso - solo se le bucce rimangono un tempo sufficiente a contatto con il mosto stesso; i flavonoli o flavoni, che conferiscono la colorazione gialla; i tannini non idrolizzabili; e più di 400 sostanze aromatiche che determinano gli aromi primari (quelli del vino giovane), secondari (quelli del vino maturo) e terziari (quelli del vino invecchiato). I VINACCIOLI Sono i semi della vite ed in peso costituiscono il 3% - 4% dell'acino. Esistono uve senza semi, dette apirene, ma per lo più si tratta di uve da tavola e non da vino. La forma dei vinaccioli è tipicamente piriforme con una parte rigonfia ed appuntita o becco; la loro composizione chimica è la seguente: acqua 35% - 40%, sostanze grasse 10% - 12%, tannino 5%, cellulosa e sali minerali. Il componente principale dei vinaccioli è l’olio che, estratto e reso commestibile, può essere venduto come olio di semi di vinaccioli. LA POLPA E’ la parte più importante dal punto di vista sia tecnologico sia quantitativo, perché essa, insieme all'acqua, contiene la maggior parte delle sostanze che costituiscono il mosto. Una volta che l'uva è giunta a maturazione il peso della polpa e del mosto si equivalgono, la parte mediana della polpa che è la più abbondante, è la più ricca di zuccheri (oltre 20% ) ma la più povera di tannino. La parte interna che circonda i vinaccioli è la più povera di zuccheri e ricca in acidi. L’ACCRESCIMENTO DELL'ACINO Seguendo l’accrescimento dell'acino si hanno tre fasi: periodo erbaceo: si formano oltre agli zuccheri per l’attività fotosintetica, grandi quantità di acido malico; periodo dell’invaiatura: continua l'ingrossamento dell'acino e incomincia l’accumulo degli zuccheri. La clorofilla scompare ed il colore compare, dapprima come macchioline sparse e, successivamente, colorando tutto l'acino; periodo della maturazione: si ha un forte accumulo di zuccheri, l’acidità diminuisce per ossidazione degli acidi e per neutralizzazione da parte del potassio e del calcio. QUANDO VENDEMMIARE? Col trascorrere del tempo gli acidi diminuiscono mentre crescono gli zuccheri. Il punto di equilibrio dovrebbe essere il momento ideale per vendemmiare e ciò viene stabilito dall'equipe (enologo, agronomo, ecc.) che segue l'evoluzione del vigneto e la maturazione delle bacche. QUANDO VENDEMMIARE? La maturazione dell'uva è quindi un fattore estremamente condizionante per la qualità prima del mosto e poi del vino: se si vuole ottenere un prodotto ricco di acidi bisogna anticipare la vendemmia (in genere il vino bianco) circa 15 giorni prima della maturazione piena; per un vino ricco di zuccheri occorre invece ritardarla (in genere il vino rosso). LA RACCOLTA (VENDEMMIA) Dopo averlo tagliato, il grappolo viene trasportato in cantina. Durante il trasporto bisogna fare attenzione a non schiacciarlo nelle ceste perché il peso eccessivo potrebbe rompere gli acini e causare una fermentazione precoce (acetica) a causa della fuoriuscita indesiderata di polpa e liquidi. Una tecnica per accrescere la presenza di sostanze nella parte superiore del grappolo è il taglio della parte inferiore dello stesso durante la fase di crescita. LA DIRASPATURA Per evitare che le sostanze contenute nel raspo (pectine, tannini, cellulosa, resine) conferiscano al prodotto caratteristiche negative o indesiderate, prima della pigiatura degli acini si esegue la diraspatura, cioè la separazione degli acini dall'asse centrale che li sorregge. LA PIGIATURA Dopo un'ulteriore selezione degli acini (si scartano quelli rotti oppure attaccati da muffe) si procede alla pigiatura ottenendo: una parte solida (bucce 15-20%, vinaccioli 3-6%) una parte liquida (mosto 65-75%) Se la pigiatura fosse eccessiva si rischierebbe l'emissione di sostanze amaricanti. IL MOSTO Il mosto che si è ottenuto con la pigiatura ha questa composizione: acqua 70-85% zuccheri, il glucosio, detto anche "zucchero d'uva", maggiormente presente in uve parzialmente immature, il fruttosio, in grande percentuale in uve con maturazione completa. acidi organici, l'acido tartarico dal gusto duro, il più caratteristico delle uve, l'acido malico dal gusto aspro, più presente nelle zone a clima freddo, l'acido citrico dal gusto fresco ma decisamente meno presente degli altri. L' "acidità totale" di un mosto è determinata dalla somma di: acidi "fissi" (tartarico, malico, citrico, altri acidi minori) acidi "volatili" (acido acetico, presente in misura minore). Se l'acidità è adeguata il vino risulta serbevole e fresco, se è troppo bassa risulta piatto, se è alta risulta duro; l'acidità totale si esprime in gr/l di acido tartarico, da 4x1000 a 9x1000; polifenoli (tannini e coloranti), sostanze che determinano il colore ed il sapore del vino; sono presenti nella buccia e nei raspi e agiscono anche come antiossidanti (per questo motivo i vini bianchi sono più delicati poiché ne contengono di meno). Si classificano in antociani (coloranti), che donano il colore rosso ai vini giovani; flavoni (coloranti), importanti per il colore dei vini bianchi; leucoantociani e catechine (tannini) che oltre al colore dei vini bianchi determinano il gusto astringente; IL MOSTO - SEGUE sostanze azotate, fondamentali per la crescita dei lieviti e quindi per la fermentazione (per inibirle si filtrano, es: Asti spumante) sostanze pectiche (pectine, gomme, mucillagini), che aumentano dopo la maturazione e diminuiscono dopo la fermentazione; gomme e mucillagini possono essere responsabili di intorbidimento; sostanze odorose (terpèni), sono presenti nelle bucce in percentuali molto variabili nelle diverse uve; minerali, nella loro globalità definiti "ceneri" (ferro, calcio, rame, ecc.) determinano la limpidezza e la sapidità del vino; sono assorbiti dal terreno o dal contatto con le attrezzature; microrganismi, si classificano in lieviti, responsabili della fermentazione alcolica; in caso di uve colpite da oidio e peronospora si ricorre a lieviti selezionati per eseguire una "fermentazione in purezza", che sarà assoluta se non ci saranno organismi originali, relativa se saranno ancora presenti; batteri, alcuni responsabili di malattie del vino, altri in grado di realizzare la fermentazione malolattica (lattici) muffe, dannose in genere per le uve ed i suoi derivati (nel caso della Botrydis Cinerea al contrario si determina la formazione di aromi e sapori molto pregiati (es: Frascati Cannellino) enzimi, proteine che aumentano la velocità di reazioni chimiche generalmente dannose vitamine, microelementi CORREZIONI DEL MOSTO Per supportare eventuali carenze del mosto originario si procede alle cosiddette correzioni, che possono essere così riassunte: aumento o diminuzione di grado zuccherino, se la maturazione è stata incompleta. La legislazione italiana vieta l'uso di saccarosio per cui si ricorre a tagli con mosti più o meno ricchi di zucchero. Un esempio è costituito dal cosiddetto mosto concentrato e rettificato (MCR) che si ottiene facendo evaporare l'acqua e creando un minimosto da utilizzare per integrare altri mosti carenti) oppure dal mosto muto (reso infermentescibile per l'azione di SO2); per il calcolo della quantità di MCR da utilizzare si utilizza la Croce di Sant’Andrea. grado di acidità, se l'annata è stata fredda e umida. Si ricorre all'uso di acido tartarico o citrico per elevare l'acidità, a sali come il carbonato di calcio o a tagli con mosti meno acidi per ridurla; pigiature specifiche (più o meno energiche) contatto con le vinacce tagli con altri mosti per modificare colore quantità di tannini estratti APPLICAZIONE DELLA CROCE DI SANT’ANDREA Grado mosto 16% Grado MCR 65% Grado che si vuole ottenere 20% 20 – 16= 4 (parti di MCR) MCR 65% 20% Mosto16% Calcolo del MCR da aggiungere per ogni 100 litri: 45:4=100:x -> x= 400/45= 8,9 litri 60 – 20 = 45 (parti di mosto) TRATTAMENTO DEL MOSTO Esistono alcuni trattamenti del mosto che si effettuano utilizzando lieviti selezionati per compensare eventuali carenze oppure esaltare le caratteristiche dello stesso: chiarificazione, per evitare torbidità (si aggiungono sostanze es. bentonite che fanno precipitare le sospensioni) filtrazione, centrifugazione, per ottenere maggiore limpidezza pastorizzazione, per eliminare microrganismi indesiderati termocondizionamento Il trattamento più complesso è l'utilizzo anidride solforosa (SO2) la quale elimina i batteri, blocca la fermentazione, blocca l'ossidazione (bianchi), accelera la dissoluzione delle bucce (rossi), fa precipitare le fecce (chiarificazione), produce il "mosto muto" (infermentescibile). ANIDRIDE SOLFOROSA - CARATTERISTICHE E' un gas bianco, nel senso che è incolore. Acre e pungente, ottenuta per combustione dello zolfo e delle piriti. E' tossica e soffocante. Si liquefa, quindi da gas diventa liquida al disotto dei 10°C, o per effetto della pressione, a 3,3 atmosfere con una temperatura di 20°C è liquida. E' solubile in acqua, la sua solubilità diminuisce all'aumentare della temperatura, perché i gas sono tanto più solubili quanto più bassa è la temperatura. Normalmente la dose giornaliera, assimilabile per una persona, è di 0,7 milligrammi per kg di peso corporeo. ANIDRIDE SOLFOROSA - FORME DI UTILIZZO gas (bombole). liquido (soluzioni acquose di anidride solforosa). L'anidride solforosa, in soluzione acquosa reagisce con l'acqua e quindi SO2+H20 dà l'acido solforoso, che è instabile, si trova quindi la sua forma dissociata H+ e HSO3(ione solfito). Con il termine di anidride solforosa libera non si intende l'acido libero, ma l'acido solforoso liberabile per acidificazione del mezzo. solida (sale, metabisolfito di potassio): a livello del sale, il 55% in peso del sale è rappresentato da anidride solforosa. In generale il rendimento è del 50% (perché ci sono diverse perdite quando si apre il sacchetto), quindi si pesa il doppio del sale per fare l'aggiunta voluta. SO2 - AZIONI E PROPRIETA' Azione antisettica: il motivo primario per il quale si iniziò ad impiegare solforosa nel settore enologico, fu quello di controllo della flora microbica. L'azione antisettica è sia sui lieviti che sui batteri (i batteri sono sensibili a dosi più basse rispetto ai lieviti e quindi a volte una fermentazione alcolica può avvenire e una malolattica no), dovuta soprattutto all'SO2 molecolare. La tolleranza alla solforosa, da parte dei lieviti, è maggiore nel mosto che nel vino, perché in quest'ultimo c'e un'alta concentrazione di alcol, anch'esso antisettico. I lieviti, a seconda di genere e specie, hanno una diversa sensibilità nei confronti della solforosa, normalmente quelli presenti sulle uve sono più sensibili. SO2 - AZIONI E PROPRIETA' Azione selettiva: con la quale si ha un valore “barriera”, tale per cui i lieviti selezionati, resistenti all'SO2, fermenteranno, quelli selvaggi invece verranno bloccati (apiculati già sensibili a 50mg/litro), perché in vinificazione si parla di aggiunte di 6070/mg/litro. I batteri sono molto più sensibili dei lieviti. SO2 - AZIONI E PROPRIETA' Azione defecante: in fase di ammostamento. Un mosto, in fermentazione, per avere una migliore esaltazione di profumi e minor problemi di stabilizzazione, dovrebbe andarci abbastanza pulito, per cui si esegue una defecazione di tipo statico o dinamico. Con quella di tipo statico, la massa è ferma all'interno del serbatoio e le particelle precipitano per la legge di stokes con l'aggiunta di coadiuvanti, che si vanno ad aggregare ai colloidi in sospensione, precipitando dopo un certo tempo. Se non impieghiamo il freddo, a temperatura ambiente i lieviti partono, la massa diventa turbolenta e non riusciamo più a separare per decantazione il particolato grossolano. Quando non abbiamo abbastanza frigorie, si fa la defecazione impiegando la solforosa, che garantisce un tempo di inattivazione dell'attività fermentativa e la pulizia del prodotto. SO2 - AZIONI E PROPRIETA' Azione solubilizzante: Si và a sfruttare in fase di macerazione dei rossi. La solforosa è un antisettico in grado di interagire con le pareti cellulari delle membrane delle bucce, all'interno delle quali sono presenti le sostanze estrattive. Rende quindi più permeabile la membrana e favorisce il passaggio dalla parte interna delle cellule della buccia, al liquido, delle sostanze in essa contenuta (antociani). Quindi estraiamo più antociani che nello stesso tempo sono protetti da fenomeni di tipo ossidativo vista l'azione antiossidante della solforosa. SO2 - AZIONI E PROPRIETA' Azione antiossidante e antiossidasica: quella antiossidasica è nei confronti degli enzimi ossidasici (tirosinasi, nei confronti della perossidasi è meno efficiente). L'effetto antiossidante, su reazioni di natura chimica, si sfrutta lungo tutta la durata del processo, sia in vinificazione che in conservazione. In particolare la solforosa reagisce con gli intermedi che derivano dall'ossidazione dei polifenoli (perossidi), per cui non c'e un effetto diretto ossigeno-solforosa, ma ossigeno - polifenoli, intermedi di ossidazione a maggiore attività ossidante dell'ossigeno, che vanno a reagire con la solforosa, ed è qui che si ha il blocco dell'attività ossidativa. SO2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE Migliora in generale la qualità perché: il colore è più stabile nel tempo (nel caso di uve rosse), perché si è sfruttato l'effetto antiossidante e antiossidasico. il colore è più intenso perché si è sfruttato l'effetto solubilizzante. abbiamo minore acidità volatile perché abbiamo sfruttato l'azione antisettica selettiva. attenuazione del gusto di ossidato e di muffa in uve infette, sempre per l'effetto di controllo antiossidante e antiossidasico. profumo più delicato perché l'andamento di fermentazione è più regolare. SO2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE AGGIUNTE ECCESSIVE Portano a: un accumulo di acetaldeide. produzione di acido solfidrico e mercaptani, soprattutto quando il prodotto và in riduzione, con conseguenti odori anomali. VINIFICAZIONE IN BIANCO LA VINIFICAZIONE IN BIANCO Il vino bianco viene generalmente ottenuto per fermentazione del mosto in assenza di macerazione delle parti solide dell'uva. La pressatura precede la fermentazione ed, insieme alle altre operazioni meccaniche compiute sull'uva (trasporto, pigiatura e sgrondatura), risulta un fattore determinante per la produzione di un vino bianco di buona qualità. I migliori vini bianchi sono quelli che contengono la minor quantità di sostanze provenienti da bucce, vinaccioli, raspi ecc. SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN BIANCO LINEE DI LAVORAZIONE DELL'UVA Nelle moderne tecniche di vinificazione ci si interessa sempre più alle condizioni di trattamento meccanico dell'uva ed a tutti i fenomeni che avvengono dopo la pigiatura e pressatura: questo perché è universalmente riconosciuta la rilevanza di questi sul risultato finale. Ciò implica che non è assolutamente possibile pensare di fare artigianalmente un buon vino bianco. Vengono ora descritti i tre metodi principali di estrazione del mosto. I processi elementari che li compongono saranno discussi in seguito. PRESSATURA SENZA PIGIATURA Con questo metodo vengono prodotti i vini di qualità migliore o vini particolari (es. spumanti). I grappoli interi vengono posti all'interno della gabbia di una pressa idraulica; le pareti della gabbia esercitano una pressione crescente sugli acini in modo tale da farli scoppiare. In tal modo il succo proviene direttamente dal centro dell'acino, e quindi è meno contaminato da sostanze presenti sulla buccia. Il tempo di contatto con le parti solide è ovviamente trascurabile, quindi trascurabili sono pure i fenomeni di macerazione. Il succo ottenuto è limpido grazie all'azione filtrante delle parti solide stesse. PRESSATURA DOPO LA PIGIATURA L'uva pigiata viene trasferita in una pressa, dalla quale il succo sgronda durante il riempimento della pressa stessa. A più riprese poi, si ottiene altro succo per effetto di pressature successive. I succhi ottenuti con pressature successive vanno frazionati e vinificati separatamente. Il processo descritto richiede attrezzature meno onerose rispetto al precedente, ma il risultato è un estratto peggiore rispetto al caso precedente. PIGIATURA, SGRONDATURA E PRESSATURA IN CONTINUO Si tratta di lavorazioni utilizzate da grandi cantine. La pigiatrice è disposta sopra lo sgrondatore, così si riducono al minimo le esigenze di trasporto del pigiato ed i relativi processi di macerazione. Lo sgrondatore meccanico permette di ottenere grosse quantità di mosto in tempi relativamente brevi (ma questo deve subire poi una defecazione). La vinaccia sgrondata è poi pressata in più riprese, dando succhi che devono essere necessariamente vinificati separatamente. La qualità del succo che si ottiene è buona ma non eccellente. PIGIATURA Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di liberare i succhi e la polpa, evitando però lacerazioni di bucce, vinaccioli e raspi. Sotto quest'aspetto sono raccomandate come macchine le cosiddette pigiatrici a rulli. La diraspatura è fortemente sconsigliata in quanto i raspi fanno da filtro per il succo di sgrondo consentendo una minor produzione di feccia. Ciò non vuol dire che essa è sempre assente: l'opportunità di una diraspatura va decisa in relazione alle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Da evitarsi sono le pigiodiraspatrici centrifughe che schiacciano i chicchi e l'azione brutale forma notevole feccia, la cui presenza avvia processi rapidissimi di macerazione ed ossidazione. CRIOMACERAZIONE Nelle bucce e nei vinaccioli si nascondono sostanze necessarie ai vini rossi (come i tannini e le sostanze coloranti) ma negative per i vini bianchi. Nella parte interna delle bucce risiedono però la maggior parte degli aromi. La criomacerazione permette di estrarre il massimo degli aromi senza acquisire sostanze negative per il vino bianco. Il mosto, ottenuto tramite pigiadiraspatura, viene raffreddato a 5-8° gradi per un periodo che va da 10 a 24 ore. Il freddo inibisce gli enzimi, e consente al vino, con l'avvio della fermentazione alcolica, di acquisire molte sostanze odorose aromatiche e pochi polifenoli. Si ottiene un vino ricco di aromi primari, cioè quelli provenienti dal vitigno, povero di tannini e di colore; in sostanza si avrà un vino morbido, con una vasta gamma di profumi che richiamano l'uva dalla quale il vino è prodotto. Questo vino risulta piuttosto stabile alle ossidazioni proprio perché sono stati inibiti gli enzimi e quindi tende a mantenere a lungo un bel colore. SGRONDATURA Il passaggio allo sgrondatore va effettuato preferibilmente per gravità, evitando pompaggi che favorirebbero lacerazioni dei raspi e quindi macerazioni indesiderate. Di rado, a valle della pigiatura e prima della sgrondatura, si procede alla macerazione per dotare il vino di particolari caratteri organolettici. (CRIOMACERAZIONE) Il processo di sgrondatura ha come obiettivo la separazione dei succhi, liberati dalla pigiatura, dalla parte solida. Questo è il punto debole della vinificazione in bianco, in quanto il contatto prolungato tra le due parti degrada la qualità del prodotto finale. Le tecniche di sgrondo principali sono: Sgrondo statico o spontaneo Sgrondo meccanico o dinamico SGRONDO STATICO O SPONTANEO Il processo vede lo sgrondo come fenomeno naturale, provocato dalla gravità. Il processo è corrente nelle piccole cantine e non consente di raccogliere più del 50% del succo estraibile dal pigiato. Siccome i tempi di sgrondo sono lunghi rispetto ai tempi di pigiatura, è necessario disporre di vasche di sgrondo dove porre il pigiato per poi pressarlo. Le vasche tradizionali sono da evitare, perché accentuano la macerazione. Va da sé che tale procedimento non consente la produzione di vini di qualità elevata. SGRONDO MECCANICO O DINAMICO Lo sgrondo è provocato artificialmente da eliche rotanti. La velocità di rotazione deve essere molto bassa, per impedire che si abbia un'eccessiva formazione di feccia. Il procedimento consente l'estrazione di circa il 75% di tutto il succo estraibile. L'inconveniente è appunto la produzione di feccia, maggiore rispetto al metodo precedente. Il succo ottenuto dalla sgrondatura si dice mosto fiore, mentre le parti solide sono sottoposte a successive pressature. PRESSATURA L'obiettivo della pressatura è la completa estrazione del succo contenuto nella vinaccia. La pressione deve essere lieve, tanto da evitare le già menzionate lacerazioni di raspi e vinaccioli, ma abbastanza elevata da consentire la massima estrazione di succo consentita. Mentre è d'obbligo separare i mosti ottenuti dalle ultime frazioni di pressatura (10-15%) è consigliabile frazionare anche quelli ottenuti da pressature precedenti. In tal modo si ottengono vini di prima qualità dal succo di prima spremitura, vini di qualità inferiore dai successivi succhi. L'operazione di pressatura può essere eseguita in numerosi modi, utilizzando cioè numerose macchine (pressa verticale, orizzontale, orizzontale idraulica, orizzontale pneumatica, pressatura continua, ecc.). DEFECAZIONE Il processo che va sotto il nome di defecazione consta nell'eliminazione delle fecce dai succhi che, fermentati, daranno origine al vino bianco. Finora si è sottolineata l'importanza dell'assenza di macerazione nel corso della vinificazione in bianco, anche se si è ribadito il fatto che essa può essere presente per dotare il vino di particolari caratteri organolettici. Il processo di defecazione, in quest'ottica, è di importanza fondamentale per ottenere un prodotto che risponda a requisiti qualitativi severi. La differenza tra due vini, uno che ha subito la defecazione e l'altro che non l'ha subita, non solo sta nel colore (il colore del vino defecato è molto più chiaro) ma anche nel gusto: il vino non trattato con defecazione mostra un gusto erbaceo e di terra, nonché di ammuffito, caratteristici aromi delle uve marce. DEFECAZIONE Ciò non solo mostra l'importanza del processo in questione, ma anche il fatto che l'operazione di defecazione deve essere praticamente totale: una parziale eliminazione delle fecce dal vino non ha una grande influenza sul prodotto finale. I processi di defecazione più diffusi sono di seguito descritti: Defecazione statica Defecazione per centrifugazione Defecazione a freddo DEFECAZIONE STATICA Il procedimento più usato per separare le fecce è la sedimentazione spontanea. Normalmente, questo presuppone un periodo di riposo del vino, della durata di 24-48 ore, accompagnato da un blocco delle attività fermentative ottenuto tramite solfitazione. La principale difficoltà della defecazione statica consiste nella lentezza della sedimentazione. Ovviamente il processo avrà differenti velocità in relazione alla grandezza delle particelle da eliminare: le particelle a diametro maggiore (e probabilmente più pesanti) si sedimentano prima rispetto a quelle più piccole. La velocità di caduta dipende inversamente dal coefficiente di viscosità dinamica, ovvero più il liquido è denso più lenta sarà la defecazione spontanea. Questo è il motivo per il quale l'eventuale correzione zuccherina del mosto (tipicamente operata con l'aggiunta di mosti concentrati) è opportuno sia effettuata dopo la defecazione. In generale il processo descritto permette di raccogliere un mosto ben chiarificato; il grado di chiarezza del mosto dipende in misura notevole dal vitigno di provenienza delle uve utilizzate. DEFECAZIONE PER CENTRIFUGAZIONE Poiché la defecazione statica è un processo molto lungo e laborioso, che richiede notevoli capacità di vasche libere, si è cercato di sostituirla con quella meccanica utilizzando la forza centrifuga. La tecnica centrifuga si è rivelata soddisfacente specie per le grandi cantine. La centrifugazione viene effettuata sul mosto subito dopo l'estrazione ed un breve periodo di riposo, che consente il deposito delle impurità terrose, la cui presenza può danneggiare i macchinari. La velocità di chiarificazione è di circa 1000 volte superiore rispetto al caso esaminato precedentemente. E' da dire, comunque, che la qualità del prodotto ottenuto con questo metodo è inferiore rispetto al prodotto ottenuto per defecazione statica. DEFECAZIONE A FREDDO Recentemente ha destato molto interesse la defecazione a freddo, ovvero il processo di defecazione statica a temperatura di 2-5°C. ARRICCHIMENTO Questa fase prevede un possibile arricchimento del prodotto filtrato, nel caso in cui quest'ultimo non garantisca il raggiungimento della gradazione alcolica prestabilita. Possono essere aggiunti mosti concentrati rifermentati (MCR) oppure mosti concentrati (MC), in quantità che rispettino le normative vigenti nel paese di produzione del vino. E' altresì possibile l'aggiunta di additivi vari (nutrienti di varia composizione, tannini, acido tartarico, ecc.) in riferimento alle caratteristiche del prodotto da trattare ed al risultato finale che si vuole ottenere. LA FERMENTAZIONE ALCOLICA La fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico più anidride carbonica (più calore): Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica la percentuale di zuccheri presenti nel mosto determinerà il titolo alcolometrico del vino secondo questo algoritmo: percentuale di zucchero x 0,6 = volume alcolico% (da 1g di zucchero si ottengono 0,6ml di alcol); LA FERMENTAZIONE ALCOLICA Questo compito è svolto dai lieviti che possono esercitare un'azione rapida e forte oppure lenta e delicata. I lieviti sono microrganismi unicellulari responsabili della fermentazione alcolica. Possono essere sommariamente classificati in apiculati ed ellittici. I lieviti apiculati si trovano sulle bucce e sui raspi delle uve e hanno una caratteristica forma di piccolo limone (Candida e Kloeckera). Sono responsabili dell’inizio del processo fermentativo ma non tollerano gli effetti sia dell’anidride solforosa sia dell’alcol etilico da essi stessi prodotto, quando queste sostanze superano determinate concentrazioni. I lieviti ellittici sono i veri responsabili della trasformazione del mosto in vino, hanno una forma simile a quella di un’ellisse. I più utilizzati appartengono alla famiglia dei Saccharomyces (cerevisiae varietà ellipsoideus, oviformis, bayanus e altri ancora). LA FERMENTAZIONE ALCOLICA Esistono contenitori ad hoc in acciaio per evitare che venga superata la temperatura ideale (18-22°C per i bianchi). Una temperatura troppo elevata, ad esempio superiore ai 35°C non solo può provocare un arresto della fermentazione alcolica ma anche una perdita di aroma, dovuta all'evaporazione di sostanze aromatiche insieme con l'anidride carbonica che si sviluppa. Oltretutto l'aroma secondario che si sviluppa, prodotto dai lieviti che operano a temperature elevate, è meno intenso, più grossolano ed a volte anche sgradevole. Durante il primo periodo la fermentazione è detta tumultuosa perché il mosto ribolle per lo sviluppo di CO2. LA FERMENTAZIONE ALCOLICA L'inizio della fermentazione dei mosti bianchi è, come già sottolineato, meno rapido che di quelli rossi, poiché i lieviti sono meno numerosi essendo in parte allontanati con le vinacce. Per questo conviene intervenire preventivamente, per esempio, inoculare lieviti selezionati per aiutare l'innesco della fermentazione. E' infatti vantaggioso avere sin dall'inizio del processo una rapida moltiplicazione delle cellule ed una elevata popolazione di lieviti (coltura starter) L'areazione, tecnica di attivazione largamente impiegata nella vinificazione in rosso, viene sconsigliata in quella in bianco. LA FERMENTAZIONE ALCOLICA L'andamento della fermentazione può essere seguito analizzando la concentrazione degli zuccheri riduttori: si ritiene terminata, una fermentazione che avviene in presenza di un tenore di zuccheri riduttori di circa 2g/hl. FERMENTAZIONE MALOLATTICA Secondo alcuni autori l'importanza della fermentazione malolattica è ormai acquisita per i vini rossi; per i vini bianchi, invece, il suo insorgere da luogo a risultati aleatori e spesso negativi, per cui viene ricercata soltanto in casi particolari. Nei vini bianchi secchi, la fermentazione secondaria non conduce ad un miglioramento delle caratteristiche del prodotto: si tende a perdere l'aroma e la tipicità del vino in questione. Se invece si ricercano caratteristiche quali vinosità, rotondità e corpo, caratteristiche di un certo invecchiamento del vino, la fermentazione malolattica è necessaria per evitare l'insorgere di fermentazioni batteriche incontrollate che trasformerebbero il vino in aceto. In definitiva, l'esigenza o meno di una riduzione di acidità dovuta ad agenti batterici è di carattere prevalentemente organolettico. ULTIMAZIONE DELLA FERMENTAZIONE Se la vinificazione è stata condotta correttamente, la fermentazione è lenta e rallenta ulteriormente con l'aumentare della gradazione alcolica. Tale andamento regolare è fondamentale per ottenere vini bianchi di qualità. Ovviamente si deve fare di tutto per consentire che la fermentazione alcolica non si blocchi. Le operazioni successive dipendono da ciò che si vuole fare con il mosto fermentato. Sebbene sconsigliata, potrebbe volersi una fermentazione malolattica nel caso il mosto sia ricco di acido malico e si preferisca ottenere un prodotto finale dal gusto più morbido a scapito della freschezza. SOLFITAZIONE E TRAVASO Nella maggior parte dei casi, comunque, la fermentazione malolattica non avviene e quindi il vino deve essere stabilizzato con trattamenti a base di anidride solforosa. Non è corretto solfitare direttamente nelle vasche di fermentazione, perché l'agitazione necessaria alla distribuzione dell'anidride solforosa stessa rimette in sospensione i lieviti depositati sul fondo: ciò non deve avvenire in quanto l'anidride solforosa, combinandosi con i lieviti, potrebbe dar luogo ad idrogeno solforato. Resta inteso che è necessario omogeneizzare la SO2 nel mosto, al fine di ridurre la quantità che se ne utilizza. La successiva fase quindi è il travaso in altri recipienti del mosto fermentato (ormai vino novello) ed il trattamento di questo con anidride solforosa. TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI Le cause di deterioramento del vino bianco che più interessano l'enologo ed il consumatore finale sono quelle che compromettono la stabilità del prodotto. La precaria stabilità del vino bianco ne condiziona pesantemente la distribuzione: si è spesso in presenza di eccellenti vini in cantina che poi perdono le proprie caratteristiche, prima di arrivare al consumatore finale. La maggior causa d'instabilità è l'ossidazione del prodotto. L'ossigeno denatura l'aroma, incupisce il colore. Le fasi in cui si ha grossa ossidazione sono la sgrondatura ed anche la pressatura. Bisogna assolutamente arginare i fenomeni enzimatici che ne scaturiscono, provocando perdita di qualità del prodotto finale. TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI Sono di seguito descritte le principali tecniche di protezione da ossidazione, attualmente più diffuse: Solfitazione Impiego di gas inerti Refrigerazione Defecazione e trattamento con bentonite Riscaldamento SOLFITAZIONE Solfitazione: come già detto più volte, l'anidride solforosa ha effetti antisettici. Come tale può essere utilizzata per evitare l'insorgere di ossidazioni del mosto, eliminandone la causa prima, vale a dire gli enzimi che la producono. IMPIEGO DI GAS INERTI Impiego di gas inerti : tenuto conto della velocità di consumo di O2 nel mosto, è bene evitare ogni contatto tra questo ed ossigeno (questo è il motivo al quale si accennava all'inizio, quando si è detto che produrre vini bianchi di qualità in maniera artigianale è praticamente impossibile). La tecnica di adoperare atmosfere di azoto oppure anidride carbonica non ha avuto molto successo, non tanto per le difficoltà tecniche che pone, peraltro facilmente superabili, ma perché il trattamento non inibisce la causa ma solo l'effetto. Il vino che ne deriva non è dunque stabile. REFRIGERAZIONE Refrigerazione: esperienze di laboratorio hanno messo in evidenza che la massima velocità di consumo di ossigeno si ha ad una temperatura appartenente al seguente intervallo 35-45°C; per una temperatura di 12°C la velocità di consumo ossigeno è tre volte inferiore rispetto a quella che si misura per 30°C. Una possibile tecnica sarebbe quella di refrigerare il mosto. In questo modo si riduce l'apporto di SO2 da utilizzare, ma parallelamente si rende difficoltoso il processo di defecazione, essenziale per la qualità ed il colore del prodotto finale. DEFECAZIONE E TRATTAMENTO CON BENTONITE Defecazione e trattamento con bentonite: una buona defecazione riduce del 40% il consumo di ossigeno di un mosto, perché elimina le tirosinasi, non solubili nel mosto stesso. Il trattamento con bentonite favorisce cioè l'eliminazione di alcuni enzimi responsabili del processo di ossidazione. Tuttavia i due trattamenti non sembrano una esauriente risposta al problema. RISCALDAMENTO Riscaldamento: il mosto portato a 65°C diviene praticamente immune ad attacchi enzimatici, visto che gli enzimi vengono in questo modo completamente eliminati. Il vino ottenuto con questo trattamento è assolutamente stabile. MATURAZIONE E AFFINAMENTO Al termine della stabilizzazione, il processo della produzione del vino bianco si avvia verso l'ultima fase e che consiste nella maturazione e nell'affinamento. La maturazione è svolta in appositi contenitori i cui materiali utilizzati per la costruzione influiranno nello sviluppo e nell'evoluzione dei caratteri organolettici del vino. Tipicamente i contenitori utilizzati per la maturazione del vino sono costruiti in acciaio, pertanto contenitori inerti, oppure in legno, cioè botti di capacità diverse. La scelta dell'uso di botti porterà ad una trasformazione piuttosto marcata delle qualità del vino, aggiungendo aromi, struttura e caratteri tipici del legno a scapito della freschezza e della finezza degli aromi floreali e fruttati. L'impronta dei caratteri “legnosi” dipende da alcuni fattori, fra questi il grado di tostatura del legno e il tempo di permanenza all'interno della botte. Il vino bianco fatto maturare in contenitori inerti conserva i freschi aromi di frutta e fiori e questa è la pratica utilizzata per la maggior parte dei vini prodotti con uve delicate e aromatiche. IMBOTTIGLIAMENTO Al termine della maturazione il vino è pronto per essere imbottigliato. Prima di procedere con quest'operazione, il vino bianco viene ulteriormente filtrato e chiarificato in modo da eliminare eventuali impurità derivate dalla maturazione e quindi ottenere un prodotto più raffinato ed esente da difetti. Dopo l'imbottigliamento il vino viene solitamente lasciato affinare nei locali della cantina per alcuni mesi - in genere da tre a sei mesi - e finalmente è pronto per la commercializzazione e per allietare i calici degli appassionati. VINIFICAZIONE IN ROSSO LA VINIFICAZIONE IN ROSSO La vinificazione in rosso, secondo la procedura tradizionale, comporta quattro fasi: Trattamenti meccanici dell'uva: pigiatura, diraspatura, riempimento dei tini di fermentazione. Fermentazione alcolica e macerazione. Operazioni meccaniche sul vino: rimontaggio, follatura, svinatura e torchiatura. Fermentazione malolattica. SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN ROSSO TRATTAMENTI MECCANICI DELL'UVA La prima operazione che interviene nella vinificazione è, ovviamente, il trasporto delle uve raccolte dalla vigna alla cantina. Questa operazione non è di fondamentale importanza per i vini rossi, mentre lo è invece nella produzione di vini bianchi di qualità. Gli enologi raccomandano di evitare pigiature sommarie dell'uva, pigiature che hanno l'obiettivo di ridurre i volumi di trasporto ma che hanno l'effetto indesiderato di avviare fermentazioni e macerazioni incontrollate, due processi importantissimi per la produzione di un vino rosso di buona qualità. PIGIATURA Il successivo passo da compiere è la pigiatura dell'uva. Il processo, noto anche come ammostatura, ha come scopo quello di rompere la buccia, e di liberare il succo e la polpa. Il prodotto di tale operazione è detto pigiato. Il pigiato può essere trattato con anidride solforosa: ciò ha come scopo un aumento della velocità di macerazione delle parti solide del pigiato stesso. Spesso l'uva viene solo lievemente pigiata al fine di evitare la lacerazione di raspi e vinaccioli, responsabili della formazione di abbondanti fecce. Si preferisce aumentare la durata della macerazione anzichè il grado di pigiatura del mosto. DIRASPATURA - VANTAGGI La sensibile riduzione del volume occupato dal pigiato (la riduzione che si ottiene è del 30% circa). Il succo dei raspi, ricco di potassio, può conferire al prodotto finale un sapore erbaceo ed astringente. I raspi modificano la composizione del vino, in quanto contengono grosse quantità d'acqua e piccole quantità di zucchero. Ciò si traduce in un annacquamento del vino. I raspi assorbono alcool ed altre sostanze gli antociani, responsabili, questi ultimi, della colorazione del vino. Il vino prodotto senza diraspare sarà senza dubbio più chiaro rispetto ad uno prodotto con diraspatura. DIRASPATURA - SVANTAGGI I raspi favoriscono, una buona termoregolazione: l'acqua contenuta in essi, infatti, limita l'innalzamento della temperatura che si ha durante la fase di fermentazione. Ciò è senz'altro un vantaggio, in quanto temperature troppo alte possono bloccare la fermentazione, evento questo fortemente indesiderato. I raspi favoriscono l'areazione del mosto, contenendo molto ossigeno che è un elemento essenziale per una corretta condotta della fase di macerazione e fermentazione. FERMENTAZIONE La fase successiva alla diraspatura è il riempimento dei tini di fermentazione, anche detti fermentini. Si tratta di recipienti a forma di tronco di cono, costruiti in vari materiali (cemento, legno, metallo). I tini possono essere classificati come: Tini chiusi. Tini aperti a cappello galleggiante: tini che favoriscono il galleggiamento delle parti solide del mosto (note anche con il nome di vinacce o cappello). Tini aperti a cappello sommerso: tini che costringono il cappello che si forma a rimanere sommerso nel succo d'uva. Ciò avviene utilizzando speciali setacci montati nel tino. LA FERMENTAZIONE ALCOLICA Nei tini di fermentazione, i processi che avvengono sono essenzialmente due: la fermentazione alcolica e la macerazione. Queste due fasi sono di fondamentale importanza per un corretto processo di vinificazione in rosso. In questa fase, infatti, si decide la qualità del prodotto finale più che in ogni altra fase del processo. La fermentazione alcolica è indotta dalla presenza di lieviti. I lieviti siano presenti sulle bucce delle uve (indigeni), oppure possono essere aggiunti (selezionati). La fermentazione alcolica ha come obiettivo la trasformazione di zuccheri in alcool. La reazione chimica che regola tale trasformazione produce come elemento secondario anidride carbonica ed è inoltre fortemente esotermica: C6H12O6 2C2H5OH + 2CO2 + Calore LA FERMENTAZIONE ALCOLICA I principali parametri che influenzano la fermentazione alcolica sono: La temperatura: una temperatura superiore ai 30 °C comporta il blocco della fermentazione. D'altro canto anche una temperatura troppo bassa può causare l'arresto della fermentazione. La temperatura ideale alla quale condurre la fermentazione dipende dal tipo di vinificazione che si sta effettuando: per la vinificazione in rosso una temperatura ideale è intorno ai 25-27 °C. Il pH: un ambiente eccessivamente acido abbatte fortemente il tasso di crescita dei lieviti, causando quindi un blocco della fermentazione. La concentrazione di ossigeno: una mancanza di ossigeno non favorisce la riproduzione di lieviti, causando ancora una volta il blocco della fermentazione. LA FERMENTAZIONE ALCOLICA La fermentazione deve avvenire ad opera di lieviti, contenuti nel cappello; questi, per riprodursi e sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno, di una temperatura e di una gradazione alcolica non troppo elevate. Una temperatura superiore a 30°C causa, come detto, il blocco della fermentazione alcolica, ossia il blocco della trasformazione dello zucchero in alcool. Questo è un evento fortemente indesiderato, visto che la presenza di zucchero vuol dire instabilità biologica del prodotto finale che, quindi, non potrà essere conservato a lungo. Infatti vini affetti da un arresto precoce della fermentazione sono tipicamente molto dolci ed instabili. La mancanza di ossigeno nella fermentazione provoca la riduzione dei lieviti e lo sviluppo di fermentazioni deviate ad opera di batteri lattici ed acetici, il cui risultato è la trasformazione dello zucchero in prodotti diversi dall'etanolo, quali acido lattico ed acido acetico. LA MACERAZIONE La macerazione è il processo di scambio di sostanze, contenute nella vinaccia, tra cappello e vino fiore. Le sostanze in questione sono soprattutto antociani rossi e tannini. Gli antociani, come già detto, sono responsabili della colorazione del vino; i tannini invece, se presenti in quantità non eccessive, ostacolano la precipitazione in soluzione degli antociani stessi. Lo scambio di sostanze deve essere favorito operando meccanicamente sul cappello: le operazioni di rottura del cappello e lisciviazione dello stesso sono note come follatura e rimontaggio, rispettivamente. LA MACERAZIONE Secondo alcuni autori, la macerazione avviene tanto più velocemente quanto maggiore è il numero di cellule morte presenti nel cappello: ciò si spiega semplicemente se si pensa che le cellule morte non trattengono affatto le sostanze che le costituiscono. E' quindi chiaro che le condizioni ambientali nelle quali si vorrebbe che avvenisse la macerazione (temperature alte, pH bassi, tenore alcolico elevato) sono nettamente in contrasto con quelle desiderate per ottenere una buona fermentazione alcolica. IL RIMONTAGGIO Il rimontaggio consta nella spillatura del vino fiore dal fondo del tino e nella reimmissione di esso nella parte superiore del tino. Il processo ha molteplici effetti positivi: Favorisce la dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nella vinaccia (lieviti, antociani e tannini). Favorisce l'areazione del mosto: infatti il vino fiore spillato viene areato e poi pompato in cima al tino per la reimmissione. L'aggiunta di ossigeno favorisce la proliferazione di lieviti nel cappello. Favorisce il raffreddamento del mosto nel tino di fermentazione, anche se questo effetto è da considerarsi marginale e secondario rispetto ai due precedenti. E' opportuno rimontare nei primissimi giorni della fermentazione alcolica, mentre è inutile rimontare il mosto non fermentato oppure il mosto a fermentazione quasi terminata: sono i lieviti in via di accrescimento che hanno bisogno di ossigeno, non il mosto. LA FOLLATURA La follatura è il processo di rottura meccanica del cappello in un tino di fermentazione. Il processo favorisce: La dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nel cappello. Lo scambio termico del sistema con l'ambiente esterno al tino. Una distribuzione più omogenea della temperatura nel mosto in fermentazione. E' utile operare una follatura nel caso in cui la temperatura del mosto incominci a crescere pericolosamente. Si tenga conto del fatto che un semplice rimontaggio difficilmente riattiva una fermentazione bloccata, evento questo più probabile se l'azione prodotta sul mosto è una follatura. LA SVINATURA Alcuni autori ritengono la fermentazione alcolica terminata quando il tenore di zucchero disciolto in soluzione è circa di 2g/hl. La svinatura è l'estrazione del vino fiore dal tino di fermentazione e la separazione di questo dalle vinacce. Il vino così ottenuto è conservato in un altro tino. Il vino può essere sottoposto a solfitazione al fine di ottenere un vino che non dovrà invecchiare ma che sia tuttavia biologicamente stabile. LA TORCHIATURA La vinaccia viene poi sottoposta a torchiatura: il vino estratto dalla prima torchiatura è qualitativamente meno pregiato del vino fiore e viene detto vino di prima torchiatura. Esso potrà essere vinificato a parte od aggiunto al vino fiore. Le successive fasi di torchiatura, invece, forniscono un vino che è via via peggiore di quelli precedentemente estratti, e che va vinificato a parte per la produzione di aceto (tipicamente). LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA La successiva fase di trattamento del vino è detta fermentazione malolattica. Di norma a tale fase possono essere sottoposti i vini destinati ad invecchiamento e quindi non trattati con solfitazione. L'anidride solforosa infatti, è un vero e proprio antisettico e quindi inibisce, se usata in dosi opportune, la fermentazione malolattica. In realtà la solfitazione è usata anche come processo di selezione dei lieviti che portano avanti la fermentazione alcolica: questo effetto selettivo può tuttavia aversi solo con impieghi modesti dell'anidride solforosa. LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA La fermentazione malolattica consta nella trasformazione dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Il processo di fermentazione avviene, questa volta, ad opera di batteri malolattici. Alcuni autori ritengono che un vino non può ritenersi biologicamente stabile ed immune da successive incontrollate fermentazioni se non ha subito la fermentazione malolattica. Nel caso in cui tale fermentazione stentasse ad avviarsi, è pratica comune l'aggiunta al vino di batteri malolattici coltivati in vitro, oppure l'aggiunta al vino che non fermenta di un vino che è in piena fermentazione malolattica (l'aggiunta è circa il 10% del volume del vino che non fermenta). LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA I principali parametri che influenzano la fermentazione malolattica sono: La temperatura: la velocità di fermentazione è massima per temperature appartenenti all'intervallo 20-25°C. Il pH: più aumenta l'acidità del vino più specie batteriche si inibiscono e quindi la fermentazione malolattica diviene più difficoltosa ma più pura, nel senso che solo l'acido malico è la sostanza che viene attaccata e trasformata. Il pH ottimo è tra 3.3 e 4.0; più è alto questo valore tanto più aumenta la velocità della fermentazione, e ciò è dovuto al fatto che i batteri lattici si sviluppano meglio in un ambiente non troppo acido. Il tempo di macerazione: siccome i batteri si sviluppano principalmente nel cappello, è necessario evitare macerazioni troppo lunghe che potrebbero dar luogo a spunti lattici durante la fase di fermentazione alcolica. E' tuttavia vero che un maggior numero di batteri favorisce la fermentazione malolattica. Il vino ottenuto dalla fermentazione malolattica viene successivamente sottoposto ad invecchiamento.