LA VINIFICAZIONE
FATTORI PER FARE UN BUON VINO
I fattori che concorrono alla produzione di un vino di qualità sono:
 ENOLOGO
 VITIGNO
 VITICOLTORE
 EVENTI AMBIENTALI (clima, ecc.)
Ma soprattutto l’uva deve essere sana e al giusto grado di
maturazione
INFRUTTESCENZA DELLA VITE
Il frutto della vite è l’uva, questa, dal punto di vista botanico è una
infruttescenza, dovuta cioè alla trasformazione dell’infiorescenza della pianta. I
frutti singoli si chiamano bacche, meglio noti con il nome di acini e, sono
sostenuti nel grappolo, si originano da ramificazioni di natura erbacea e
legnosa, che funzionano da conduttrici degli alimenti del terreno per mezzo
della linfa ascendente.
STRUTTURA DEL GRAPPOLO
Il grappolo d’uva comprende le seguenti parti: il raspo o graspo
con un asse centrale o rachide; i peduncoli, i racimoli con i
pedicelli su cui si inseriscono gli acini; gli acini si suddividono a
loro volta in buccia, in semi o vinaccioli ed in polpa.
IL RASPO O GRASPO
Nelle uve coltivate in i raspi mediamente costituiscono dal 3% al
5% in peso dei grappoli; la loro composizione chimica media è la
seguente:
 Acqua 75 – 80 %
 Zuccheri 1%
 Tartrato acido di potassio 1%
 Acidi organici (malico, tartarico, ecc.) 0,3 - 0,6 %
 Tannino 2 – 3,5 %
 Sostanze minerali 2 - 2,5 %
 Sostanze azotate 1 - 1,5 %
L’ACINO
Il peso, la forma ed il volume degli acini
variano a seconda del vitigno,
dell'andamento stagionale e del grado di
maturazione. L’acino si suddivide in tre
parti: esternamente si ha la buccia o fiocine
(botanicamente detta epicarpo); nella parte
mediana si ha la polpa (botanicamente
detta mesocarpo); internamente si hanno i
semi o vinaccioli (botanicamente detti
endocarpo). La parte più importante
dell’acino è data dalla polpa, infatti, è da
questa che si ottiene il mosto. Per quanto
riguarda il peso, le bucce e i vinaccioli
rappresentano il 18% - 20% del peso umido
dell'acino.
LA BUCCIA
E' l'involucro entro cui sono contenuti la polpa ed i vinaccioli ed è molto importante dal
punto di vista enochimico e microbiologico. In peso rappresenta il 7% - 10% dell’acino,
allo stato umido. La buccia presenta la seguente composizione chimica:
• acqua 78 - 80%,
• tartrato acido di potassio 0,2 - 0,3%,
• acidi organici 1%,
• sostanze minerali 1,5 - 2%.
Nella buccia si trovano inoltre localizzate le sostanze coloranti, responsabili della
distinzione in uva bianca e nera. Sono composti da acidi fenolici (responsabili
dell'aroma nei vini bianchi); antociani (i coloranti delle uve rosse), essi sono solubili in
soluzione idralcolica, quindi passano nel mosto - vinificazione in rosso - solo se le bucce
rimangono un tempo sufficiente a contatto con il mosto stesso; i flavonoli o flavoni, che
conferiscono la colorazione gialla; i tannini non idrolizzabili; e più di 400 sostanze
aromatiche che determinano gli aromi primari (quelli del vino giovane), secondari (quelli
del vino maturo) e terziari (quelli del vino invecchiato).
I VINACCIOLI
Sono i semi della vite ed in peso costituiscono il 3% - 4% dell'acino. Esistono
uve senza semi, dette apirene, ma per lo più si tratta di uve da tavola e non da
vino. La forma dei vinaccioli è tipicamente piriforme con una parte rigonfia ed
appuntita o becco; la loro composizione chimica è la seguente:
 acqua 35% - 40%,
 sostanze grasse 10% - 12%,
 tannino 5%,
 cellulosa e sali minerali.
Il componente principale dei vinaccioli è l’olio che, estratto e reso
commestibile, può essere venduto come olio di semi di vinaccioli.
LA POLPA
E’ la parte più importante dal punto di vista sia tecnologico sia
quantitativo, perché essa, insieme all'acqua, contiene la maggior
parte delle sostanze che costituiscono il mosto.
Una volta che l'uva è giunta a maturazione il peso della polpa e
del mosto si equivalgono, la parte mediana della polpa che è la
più abbondante, è la più ricca di zuccheri (oltre 20% ) ma la più
povera di tannino. La parte interna che circonda i vinaccioli è la
più povera di zuccheri e ricca in acidi.
L’ACCRESCIMENTO DELL'ACINO
Seguendo l’accrescimento dell'acino si hanno tre fasi:
 periodo erbaceo: si formano oltre agli zuccheri per l’attività
fotosintetica, grandi quantità di acido malico;
 periodo dell’invaiatura: continua l'ingrossamento dell'acino e
incomincia l’accumulo degli zuccheri. La clorofilla scompare ed
il colore compare, dapprima come macchioline sparse e,
successivamente, colorando tutto l'acino;
 periodo della maturazione: si ha un forte accumulo di zuccheri,
l’acidità diminuisce per ossidazione degli acidi e per
neutralizzazione da parte del potassio e del calcio.
QUANDO VENDEMMIARE?
Col trascorrere del tempo gli acidi diminuiscono mentre crescono gli zuccheri.
Il punto di equilibrio dovrebbe essere il momento ideale per vendemmiare e ciò
viene stabilito dall'equipe (enologo, agronomo, ecc.) che segue l'evoluzione del
vigneto e la maturazione delle bacche.
QUANDO VENDEMMIARE?
La maturazione dell'uva è quindi un fattore estremamente
condizionante per la qualità prima del mosto e poi del vino:


se si vuole ottenere un prodotto ricco di acidi bisogna
anticipare la vendemmia (in genere il vino bianco)
circa 15 giorni prima della maturazione piena;
per un vino ricco di zuccheri occorre invece ritardarla
(in genere il vino rosso).
LA RACCOLTA (VENDEMMIA)
Dopo averlo tagliato, il grappolo viene
trasportato in cantina.
Durante il trasporto bisogna fare
attenzione a non schiacciarlo nelle
ceste perché il peso eccessivo potrebbe
rompere gli acini e causare una
fermentazione precoce (acetica) a
causa della fuoriuscita indesiderata di
polpa e liquidi.
Una tecnica per accrescere la presenza
di sostanze nella parte superiore del
grappolo è il taglio della parte inferiore
dello stesso durante la fase di crescita.
LA DIRASPATURA
Per evitare che le sostanze
contenute nel raspo (pectine,
tannini, cellulosa, resine)
conferiscano al prodotto
caratteristiche negative o
indesiderate, prima della
pigiatura degli acini si esegue la
diraspatura, cioè la separazione
degli acini dall'asse centrale che
li sorregge.
LA PIGIATURA
Dopo un'ulteriore selezione degli acini (si scartano quelli rotti
oppure attaccati da muffe) si procede alla pigiatura ottenendo:


una parte solida (bucce 15-20%, vinaccioli 3-6%)
una parte liquida (mosto 65-75%)
Se la pigiatura fosse eccessiva si rischierebbe l'emissione di
sostanze amaricanti.
IL MOSTO
Il mosto che si è ottenuto con la pigiatura ha questa composizione:
 acqua 70-85%
 zuccheri, il glucosio, detto anche "zucchero d'uva", maggiormente presente in uve parzialmente immature, il
fruttosio, in grande percentuale in uve con maturazione completa.
 acidi organici, l'acido tartarico dal gusto duro, il più caratteristico delle uve, l'acido malico dal gusto aspro, più
presente nelle zone a clima freddo, l'acido citrico dal gusto fresco ma decisamente meno presente degli altri. L'
"acidità totale" di un mosto è determinata dalla somma di:
 acidi "fissi" (tartarico, malico, citrico, altri acidi minori)
 acidi "volatili" (acido acetico, presente in misura minore).
Se l'acidità è adeguata il vino risulta serbevole e fresco, se è troppo bassa risulta piatto, se è alta risulta duro;
l'acidità totale si esprime in gr/l di acido tartarico, da 4x1000 a 9x1000;
 polifenoli (tannini e coloranti), sostanze che determinano il colore ed il sapore del vino; sono presenti nella
buccia e nei raspi e agiscono anche come antiossidanti (per questo motivo i vini bianchi sono più delicati
poiché ne contengono di meno). Si classificano in
 antociani (coloranti), che donano il colore rosso ai vini giovani;
 flavoni (coloranti), importanti per il colore dei vini bianchi;
 leucoantociani e catechine (tannini) che oltre al colore dei vini bianchi determinano il gusto astringente;
IL MOSTO - SEGUE







sostanze azotate, fondamentali per la crescita dei lieviti e quindi per la fermentazione (per inibirle si filtrano,
es: Asti spumante)
sostanze pectiche (pectine, gomme, mucillagini), che aumentano dopo la maturazione e diminuiscono dopo la
fermentazione; gomme e mucillagini possono essere responsabili di intorbidimento;
sostanze odorose (terpèni), sono presenti nelle bucce in percentuali molto variabili nelle diverse uve;
minerali, nella loro globalità definiti "ceneri" (ferro, calcio, rame, ecc.) determinano la limpidezza e la sapidità
del vino; sono assorbiti dal terreno o dal contatto con le attrezzature;
microrganismi, si classificano in
 lieviti, responsabili della fermentazione alcolica; in caso di uve colpite da oidio e peronospora si ricorre a
lieviti selezionati per eseguire una "fermentazione in purezza", che sarà assoluta se non ci saranno
organismi originali, relativa se saranno ancora presenti;
 batteri, alcuni responsabili di malattie del vino, altri in grado di realizzare la fermentazione malolattica
(lattici)
 muffe, dannose in genere per le uve ed i suoi derivati (nel caso della Botrydis Cinerea al contrario si
determina la formazione di aromi e sapori molto pregiati (es: Frascati Cannellino)
enzimi, proteine che aumentano la velocità di reazioni chimiche generalmente dannose
vitamine, microelementi
CORREZIONI DEL MOSTO
Per supportare eventuali carenze del mosto originario si procede alle cosiddette correzioni, che possono essere
così riassunte:
 aumento o diminuzione di
 grado zuccherino, se la maturazione è stata incompleta. La legislazione italiana vieta l'uso di saccarosio
per cui si ricorre a tagli con mosti più o meno ricchi di zucchero. Un esempio è costituito dal cosiddetto
mosto concentrato e rettificato (MCR) che si ottiene facendo evaporare l'acqua e creando un minimosto da utilizzare per integrare altri mosti carenti) oppure dal mosto muto (reso infermentescibile per
l'azione di SO2); per il calcolo della quantità di MCR da utilizzare si utilizza la Croce di Sant’Andrea.
 grado di acidità, se l'annata è stata fredda e umida. Si ricorre all'uso di acido tartarico o citrico per
elevare l'acidità, a sali come il carbonato di calcio o a tagli con mosti meno acidi per ridurla;
 pigiature specifiche (più o meno energiche)
 contatto con le vinacce
 tagli con altri mosti per modificare
 colore
 quantità di tannini
 estratti
APPLICAZIONE DELLA CROCE DI SANT’ANDREA
Grado mosto 16%
Grado MCR 65%
Grado che si vuole ottenere 20%
20 – 16= 4
(parti di MCR)
MCR 65%
20%
Mosto16%
Calcolo del MCR da aggiungere per ogni 100 litri:
45:4=100:x -> x= 400/45= 8,9 litri
60 – 20 = 45
(parti di mosto)
TRATTAMENTO DEL MOSTO
Esistono alcuni trattamenti del mosto che si effettuano utilizzando lieviti
selezionati per compensare eventuali carenze oppure esaltare le
caratteristiche dello stesso:
 chiarificazione, per evitare torbidità (si aggiungono sostanze es. bentonite
che fanno precipitare le sospensioni)
 filtrazione, centrifugazione, per ottenere maggiore limpidezza
 pastorizzazione, per eliminare microrganismi indesiderati
 termocondizionamento
Il trattamento più complesso è l'utilizzo anidride solforosa (SO2) la quale
elimina i batteri, blocca la fermentazione, blocca l'ossidazione (bianchi),
accelera la dissoluzione delle bucce (rossi), fa precipitare le fecce
(chiarificazione), produce il "mosto muto" (infermentescibile).
ANIDRIDE SOLFOROSA - CARATTERISTICHE






E' un gas bianco, nel senso che è incolore.
Acre e pungente, ottenuta per combustione dello zolfo e delle piriti.
E' tossica e soffocante.
Si liquefa, quindi da gas diventa liquida al disotto dei 10°C, o per effetto
della pressione, a 3,3 atmosfere con una temperatura di 20°C è liquida.
E' solubile in acqua, la sua solubilità diminuisce all'aumentare della
temperatura, perché i gas sono tanto più solubili quanto più bassa è la
temperatura.
Normalmente la dose giornaliera, assimilabile per una persona, è di 0,7
milligrammi per kg di peso corporeo.
ANIDRIDE SOLFOROSA - FORME DI UTILIZZO



gas (bombole).
liquido (soluzioni acquose di anidride solforosa). L'anidride solforosa, in
soluzione acquosa reagisce con l'acqua e quindi SO2+H20 dà l'acido
solforoso, che è instabile, si trova quindi la sua forma dissociata H+ e HSO3(ione solfito).
Con il termine di anidride solforosa libera non si intende l'acido libero, ma
l'acido solforoso liberabile per acidificazione del mezzo.
solida (sale, metabisolfito di potassio): a livello del sale, il 55% in peso del
sale è rappresentato da anidride solforosa. In generale il rendimento è del
50% (perché ci sono diverse perdite quando si apre il sacchetto), quindi si
pesa il doppio del sale per fare l'aggiunta voluta.
SO2 - AZIONI E PROPRIETA'
Azione antisettica: il motivo primario per il quale si iniziò ad
impiegare solforosa nel settore enologico, fu quello di controllo
della flora microbica. L'azione antisettica è sia sui lieviti che sui
batteri (i batteri sono sensibili a dosi più basse rispetto ai lieviti e
quindi a volte una fermentazione alcolica può avvenire e una
malolattica no), dovuta soprattutto all'SO2 molecolare.
La tolleranza alla solforosa, da parte dei lieviti, è maggiore nel
mosto che nel vino, perché in quest'ultimo c'e un'alta
concentrazione di alcol, anch'esso antisettico. I lieviti, a seconda
di genere e specie, hanno una diversa sensibilità nei confronti
della solforosa, normalmente quelli presenti sulle uve sono più
sensibili.
SO2 - AZIONI E PROPRIETA'
Azione selettiva: con la quale si ha un valore “barriera”, tale per
cui i lieviti selezionati, resistenti all'SO2, fermenteranno, quelli
selvaggi invece verranno bloccati (apiculati già sensibili a
50mg/litro), perché in vinificazione si parla di aggiunte di 6070/mg/litro. I batteri sono molto più sensibili dei lieviti.
SO2 - AZIONI E PROPRIETA'
Azione defecante: in fase di ammostamento. Un mosto, in fermentazione, per
avere una migliore esaltazione di profumi e minor problemi di stabilizzazione,
dovrebbe andarci abbastanza pulito, per cui si esegue una defecazione di tipo
statico o dinamico. Con quella di tipo statico, la massa è ferma all'interno del
serbatoio e le particelle precipitano per la legge di stokes con l'aggiunta di
coadiuvanti, che si vanno ad aggregare ai colloidi in sospensione, precipitando
dopo un certo tempo.
Se non impieghiamo il freddo, a temperatura ambiente i lieviti partono, la
massa diventa turbolenta e non riusciamo più a separare per decantazione il
particolato grossolano.
Quando non abbiamo abbastanza frigorie, si fa la defecazione impiegando la
solforosa, che garantisce un tempo di inattivazione dell'attività fermentativa e
la pulizia del prodotto.
SO2 - AZIONI E PROPRIETA'
Azione solubilizzante: Si và a sfruttare in fase di macerazione dei
rossi. La solforosa è un antisettico in grado di interagire con le
pareti cellulari delle membrane delle bucce, all'interno delle quali
sono presenti le sostanze estrattive.
Rende quindi più permeabile la membrana e favorisce il
passaggio dalla parte interna delle cellule della buccia, al liquido,
delle sostanze in essa contenuta (antociani).
Quindi estraiamo più antociani che nello stesso tempo sono
protetti da fenomeni di tipo ossidativo vista l'azione antiossidante
della solforosa.
SO2 - AZIONI E PROPRIETA'
Azione antiossidante e antiossidasica: quella antiossidasica è nei
confronti degli enzimi ossidasici (tirosinasi, nei confronti della
perossidasi è meno efficiente). L'effetto antiossidante, su reazioni
di natura chimica, si sfrutta lungo tutta la durata del processo, sia
in vinificazione che in conservazione.
In particolare la solforosa reagisce con gli intermedi che derivano
dall'ossidazione dei polifenoli (perossidi), per cui non c'e un
effetto diretto ossigeno-solforosa, ma ossigeno - polifenoli,
intermedi di ossidazione a maggiore attività ossidante
dell'ossigeno, che vanno a reagire con la solforosa, ed è qui che si
ha il blocco dell'attività ossidativa.
SO2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE
ORGANOLETTICHE
Migliora in generale la qualità perché:
 il colore è più stabile nel tempo (nel caso di uve rosse), perché
si è sfruttato l'effetto antiossidante e antiossidasico.
 il colore è più intenso perché si è sfruttato l'effetto
solubilizzante.
 abbiamo minore acidità volatile perché abbiamo sfruttato
l'azione antisettica selettiva.
 attenuazione del gusto di ossidato e di muffa in uve infette,
sempre per l'effetto di controllo antiossidante e antiossidasico.
 profumo più delicato perché l'andamento di fermentazione è
più regolare.
SO2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE
ORGANOLETTICHE
AGGIUNTE ECCESSIVE
Portano a:
 un accumulo di acetaldeide.
 produzione di acido solfidrico e mercaptani, soprattutto quando
il prodotto và in riduzione, con conseguenti odori anomali.
VINIFICAZIONE IN BIANCO
LA VINIFICAZIONE IN BIANCO
Il vino bianco viene generalmente ottenuto per fermentazione del
mosto in assenza di macerazione delle parti solide dell'uva. La
pressatura precede la fermentazione ed, insieme alle altre
operazioni meccaniche compiute sull'uva (trasporto, pigiatura e
sgrondatura), risulta un fattore determinante per la produzione di
un vino bianco di buona qualità. I migliori vini bianchi sono quelli
che contengono la minor quantità di sostanze provenienti da
bucce, vinaccioli, raspi ecc.
SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN BIANCO
LINEE DI LAVORAZIONE DELL'UVA
Nelle moderne tecniche di vinificazione ci si interessa sempre più
alle condizioni di trattamento meccanico dell'uva ed a tutti i
fenomeni che avvengono dopo la pigiatura e pressatura: questo
perché è universalmente riconosciuta la rilevanza di questi sul
risultato finale. Ciò implica che non è assolutamente possibile
pensare di fare artigianalmente un buon vino bianco. Vengono ora
descritti i tre metodi principali di estrazione del mosto. I processi
elementari che li compongono saranno discussi in seguito.
PRESSATURA SENZA PIGIATURA
Con questo metodo vengono prodotti i vini di qualità migliore o
vini particolari (es. spumanti). I grappoli interi vengono posti
all'interno della gabbia di una pressa idraulica; le pareti della
gabbia esercitano una pressione crescente sugli acini in modo
tale da farli scoppiare. In tal modo il succo proviene direttamente
dal centro dell'acino, e quindi è meno contaminato da sostanze
presenti sulla buccia. Il tempo di contatto con le parti solide è
ovviamente trascurabile, quindi trascurabili sono pure i fenomeni
di macerazione. Il succo ottenuto è limpido grazie all'azione
filtrante delle parti solide stesse.
PRESSATURA DOPO LA PIGIATURA
L'uva pigiata viene trasferita in una pressa, dalla quale il succo
sgronda durante il riempimento della pressa stessa. A più riprese
poi, si ottiene altro succo per effetto di pressature successive. I
succhi ottenuti con pressature successive vanno frazionati e
vinificati separatamente. Il processo descritto richiede
attrezzature meno onerose rispetto al precedente, ma il risultato è
un estratto peggiore rispetto al caso precedente.
PIGIATURA, SGRONDATURA E
PRESSATURA IN CONTINUO
Si tratta di lavorazioni utilizzate da grandi cantine. La pigiatrice è
disposta sopra lo sgrondatore, così si riducono al minimo le
esigenze di trasporto del pigiato ed i relativi processi di
macerazione. Lo sgrondatore meccanico permette di ottenere
grosse quantità di mosto in tempi relativamente brevi (ma questo
deve subire poi una defecazione). La vinaccia sgrondata è poi
pressata in più riprese, dando succhi che devono essere
necessariamente vinificati separatamente. La qualità del succo
che si ottiene è buona ma non eccellente.
PIGIATURA
Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di liberare i succhi e la
polpa, evitando però lacerazioni di bucce, vinaccioli e raspi. Sotto
quest'aspetto sono raccomandate come macchine le cosiddette
pigiatrici a rulli. La diraspatura è fortemente sconsigliata in
quanto i raspi fanno da filtro per il succo di sgrondo consentendo
una minor produzione di feccia. Ciò non vuol dire che essa è
sempre assente: l'opportunità di una diraspatura va decisa in
relazione alle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Da
evitarsi sono le pigiodiraspatrici centrifughe che schiacciano i
chicchi e l'azione brutale forma notevole feccia, la cui presenza
avvia processi rapidissimi di macerazione ed ossidazione.
CRIOMACERAZIONE
Nelle bucce e nei vinaccioli si nascondono sostanze necessarie ai vini rossi
(come i tannini e le sostanze coloranti) ma negative per i vini bianchi. Nella
parte interna delle bucce risiedono però la maggior parte degli aromi.
La criomacerazione permette di estrarre il massimo degli aromi senza acquisire
sostanze negative per il vino bianco. Il mosto, ottenuto tramite
pigiadiraspatura, viene raffreddato a 5-8° gradi per un periodo che va da 10 a
24 ore. Il freddo inibisce gli enzimi, e consente al vino, con l'avvio della
fermentazione alcolica, di acquisire molte sostanze odorose aromatiche e
pochi polifenoli.
Si ottiene un vino ricco di aromi primari, cioè quelli provenienti dal vitigno,
povero di tannini e di colore; in sostanza si avrà un vino morbido, con una vasta
gamma di profumi che richiamano l'uva dalla quale il vino è prodotto. Questo
vino risulta piuttosto stabile alle ossidazioni proprio perché sono stati inibiti gli
enzimi e quindi tende a mantenere a lungo un bel colore.
SGRONDATURA
Il passaggio allo sgrondatore va effettuato preferibilmente per
gravità, evitando pompaggi che favorirebbero lacerazioni dei raspi
e quindi macerazioni indesiderate. Di rado, a valle della pigiatura
e prima della sgrondatura, si procede alla macerazione per dotare
il vino di particolari caratteri organolettici. (CRIOMACERAZIONE)
Il processo di sgrondatura ha come obiettivo la separazione dei
succhi, liberati dalla pigiatura, dalla parte solida. Questo è il punto
debole della vinificazione in bianco, in quanto il contatto
prolungato tra le due parti degrada la qualità del prodotto finale.
Le tecniche di sgrondo principali sono:

Sgrondo statico o spontaneo

Sgrondo meccanico o dinamico
SGRONDO STATICO O SPONTANEO
Il processo vede lo sgrondo come fenomeno naturale, provocato
dalla gravità. Il processo è corrente nelle piccole cantine e non
consente di raccogliere più del 50% del succo estraibile dal
pigiato.
Siccome i tempi di sgrondo sono lunghi rispetto ai tempi di
pigiatura, è necessario disporre di vasche di sgrondo dove porre il
pigiato per poi pressarlo.
Le vasche tradizionali sono da evitare, perché accentuano la
macerazione. Va da sé che tale procedimento non consente la
produzione di vini di qualità elevata.
SGRONDO MECCANICO O DINAMICO
Lo sgrondo è provocato artificialmente da eliche rotanti. La
velocità di rotazione deve essere molto bassa, per impedire che si
abbia un'eccessiva formazione di feccia. Il procedimento consente
l'estrazione di circa il 75% di tutto il succo estraibile.
L'inconveniente è appunto la produzione di feccia, maggiore
rispetto al metodo precedente.
Il succo ottenuto dalla sgrondatura si dice mosto fiore, mentre le
parti solide sono sottoposte a successive pressature.
PRESSATURA
L'obiettivo della pressatura è la completa estrazione del succo contenuto nella
vinaccia. La pressione deve essere lieve, tanto da evitare le già menzionate
lacerazioni di raspi e vinaccioli, ma abbastanza elevata da consentire la
massima estrazione di succo consentita. Mentre è d'obbligo separare i mosti
ottenuti dalle ultime frazioni di pressatura (10-15%) è consigliabile frazionare
anche quelli ottenuti da pressature precedenti. In tal modo si ottengono vini di
prima qualità dal succo di prima spremitura, vini di qualità inferiore dai
successivi succhi.
L'operazione di pressatura può essere eseguita in numerosi modi, utilizzando
cioè numerose macchine (pressa verticale, orizzontale, orizzontale idraulica,
orizzontale pneumatica, pressatura continua, ecc.).
DEFECAZIONE
Il processo che va sotto il nome di defecazione consta nell'eliminazione delle
fecce dai succhi che, fermentati, daranno origine al vino bianco.
Finora si è sottolineata l'importanza dell'assenza di macerazione nel corso
della vinificazione in bianco, anche se si è ribadito il fatto che essa può essere
presente per dotare il vino di particolari caratteri organolettici.
Il processo di defecazione, in quest'ottica, è di importanza fondamentale per
ottenere un prodotto che risponda a requisiti qualitativi severi.
La differenza tra due vini, uno che ha subito la defecazione e l'altro che non
l'ha subita, non solo sta nel colore (il colore del vino defecato è molto più
chiaro) ma anche nel gusto: il vino non trattato con defecazione mostra un
gusto erbaceo e di terra, nonché di ammuffito, caratteristici aromi delle uve
marce.
DEFECAZIONE
Ciò non solo mostra l'importanza del processo in questione, ma
anche il fatto che l'operazione di defecazione deve essere
praticamente totale: una parziale eliminazione delle fecce dal vino
non ha una grande influenza sul prodotto finale. I processi di
defecazione più diffusi sono di seguito descritti:



Defecazione statica
Defecazione per centrifugazione
Defecazione a freddo
DEFECAZIONE STATICA
Il procedimento più usato per separare le fecce è la sedimentazione
spontanea. Normalmente, questo presuppone un periodo di riposo del vino,
della durata di 24-48 ore, accompagnato da un blocco delle attività
fermentative ottenuto tramite solfitazione. La principale difficoltà della
defecazione statica consiste nella lentezza della sedimentazione. Ovviamente il
processo avrà differenti velocità in relazione alla grandezza delle particelle da
eliminare: le particelle a diametro maggiore (e probabilmente più pesanti) si
sedimentano prima rispetto a quelle più piccole. La velocità di caduta dipende
inversamente dal coefficiente di viscosità dinamica, ovvero più il liquido è
denso più lenta sarà la defecazione spontanea. Questo è il motivo per il quale
l'eventuale correzione zuccherina del mosto (tipicamente operata con
l'aggiunta di mosti concentrati) è opportuno sia effettuata dopo la defecazione.
In generale il processo descritto permette di raccogliere un mosto ben
chiarificato; il grado di chiarezza del mosto dipende in misura notevole dal
vitigno di provenienza delle uve utilizzate.
DEFECAZIONE PER CENTRIFUGAZIONE
Poiché la defecazione statica è un processo molto lungo e
laborioso, che richiede notevoli capacità di vasche libere, si è
cercato di sostituirla con quella meccanica utilizzando la forza
centrifuga. La tecnica centrifuga si è rivelata soddisfacente specie
per le grandi cantine. La centrifugazione viene effettuata sul
mosto subito dopo l'estrazione ed un breve periodo di riposo, che
consente il deposito delle impurità terrose, la cui presenza può
danneggiare i macchinari. La velocità di chiarificazione è di circa
1000 volte superiore rispetto al caso esaminato
precedentemente. E' da dire, comunque, che la qualità del
prodotto ottenuto con questo metodo è inferiore rispetto al
prodotto ottenuto per defecazione statica.
DEFECAZIONE A FREDDO
Recentemente ha destato molto interesse la defecazione a
freddo, ovvero il processo di defecazione statica a temperatura di
2-5°C.
ARRICCHIMENTO
Questa fase prevede un possibile arricchimento del prodotto
filtrato, nel caso in cui quest'ultimo non garantisca il
raggiungimento della gradazione alcolica prestabilita. Possono
essere aggiunti mosti concentrati rifermentati (MCR) oppure mosti
concentrati (MC), in quantità che rispettino le normative vigenti
nel paese di produzione del vino. E' altresì possibile l'aggiunta di
additivi vari (nutrienti di varia composizione, tannini, acido
tartarico, ecc.) in riferimento alle caratteristiche del prodotto da
trattare ed al risultato finale che si vuole ottenere.
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
La fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli
zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico più anidride carbonica
(più calore):
Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica
la percentuale di zuccheri presenti nel mosto determinerà il titolo
alcolometrico del vino secondo questo algoritmo:
percentuale di zucchero x 0,6 = volume alcolico%
(da 1g di zucchero si ottengono 0,6ml di alcol);
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
Questo compito è svolto dai lieviti che possono esercitare
un'azione rapida e forte oppure lenta e delicata.
I lieviti sono microrganismi unicellulari responsabili della fermentazione alcolica.
Possono essere sommariamente classificati in apiculati ed ellittici.
 I lieviti apiculati si trovano sulle bucce e sui raspi delle uve e hanno una caratteristica
forma di piccolo limone (Candida e Kloeckera). Sono responsabili dell’inizio del
processo fermentativo ma non tollerano gli effetti sia dell’anidride solforosa sia
dell’alcol etilico da essi stessi prodotto, quando queste sostanze superano
determinate concentrazioni.
 I lieviti ellittici sono i veri responsabili della trasformazione del mosto in vino, hanno
una forma simile a quella di un’ellisse. I più utilizzati appartengono alla famiglia dei
Saccharomyces (cerevisiae varietà ellipsoideus, oviformis, bayanus e altri ancora).
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
Esistono contenitori ad hoc in acciaio per evitare che venga
superata la temperatura ideale (18-22°C per i bianchi).
Una temperatura troppo elevata, ad esempio superiore ai 35°C
non solo può provocare un arresto della fermentazione alcolica
ma anche una perdita di aroma, dovuta all'evaporazione di
sostanze aromatiche insieme con l'anidride carbonica che si
sviluppa. Oltretutto l'aroma secondario che si sviluppa, prodotto
dai lieviti che operano a temperature elevate, è meno intenso, più
grossolano ed a volte anche sgradevole.
Durante il primo periodo la fermentazione è detta tumultuosa
perché il mosto ribolle per lo sviluppo di CO2.
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
L'inizio della fermentazione dei mosti bianchi è, come già
sottolineato, meno rapido che di quelli rossi, poiché i lieviti sono
meno numerosi essendo in parte allontanati con le vinacce. Per
questo conviene intervenire preventivamente, per esempio,
inoculare lieviti selezionati per aiutare l'innesco della
fermentazione. E' infatti vantaggioso avere sin dall'inizio del
processo una rapida moltiplicazione delle cellule ed una elevata
popolazione di lieviti (coltura starter)
L'areazione, tecnica di attivazione largamente impiegata nella
vinificazione in rosso, viene sconsigliata in quella in bianco.
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
L'andamento della fermentazione può essere seguito analizzando
la concentrazione degli zuccheri riduttori: si ritiene terminata, una
fermentazione che avviene in presenza di un tenore di zuccheri
riduttori di circa 2g/hl.
FERMENTAZIONE MALOLATTICA
Secondo alcuni autori l'importanza della fermentazione malolattica è ormai
acquisita per i vini rossi; per i vini bianchi, invece, il suo insorgere da luogo a
risultati aleatori e spesso negativi, per cui viene ricercata soltanto in casi
particolari.
Nei vini bianchi secchi, la fermentazione secondaria non conduce ad un
miglioramento delle caratteristiche del prodotto: si tende a perdere l'aroma e la
tipicità del vino in questione.
Se invece si ricercano caratteristiche quali vinosità, rotondità e corpo,
caratteristiche di un certo invecchiamento del vino, la fermentazione
malolattica è necessaria per evitare l'insorgere di fermentazioni batteriche
incontrollate che trasformerebbero il vino in aceto.
In definitiva, l'esigenza o meno di una riduzione di acidità dovuta ad agenti
batterici è di carattere prevalentemente organolettico.
ULTIMAZIONE DELLA FERMENTAZIONE
Se la vinificazione è stata condotta correttamente, la
fermentazione è lenta e rallenta ulteriormente con l'aumentare
della gradazione alcolica. Tale andamento regolare è
fondamentale per ottenere vini bianchi di qualità. Ovviamente si
deve fare di tutto per consentire che la fermentazione alcolica non
si blocchi. Le operazioni successive dipendono da ciò che si vuole
fare con il mosto fermentato. Sebbene sconsigliata, potrebbe
volersi una fermentazione malolattica nel caso il mosto sia ricco
di acido malico e si preferisca ottenere un prodotto finale dal
gusto più morbido a scapito della freschezza.
SOLFITAZIONE E TRAVASO
Nella maggior parte dei casi, comunque, la fermentazione
malolattica non avviene e quindi il vino deve essere stabilizzato
con trattamenti a base di anidride solforosa. Non è corretto
solfitare direttamente nelle vasche di fermentazione, perché
l'agitazione necessaria alla distribuzione dell'anidride solforosa
stessa rimette in sospensione i lieviti depositati sul fondo: ciò non
deve avvenire in quanto l'anidride solforosa, combinandosi con i
lieviti, potrebbe dar luogo ad idrogeno solforato. Resta inteso che
è necessario omogeneizzare la SO2 nel mosto, al fine di ridurre la
quantità che se ne utilizza. La successiva fase quindi è il travaso
in altri recipienti del mosto fermentato (ormai vino novello) ed il
trattamento di questo con anidride solforosa.
TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI
Le cause di deterioramento del vino bianco che più interessano
l'enologo ed il consumatore finale sono quelle che
compromettono la stabilità del prodotto. La precaria stabilità del
vino bianco ne condiziona pesantemente la distribuzione: si è
spesso in presenza di eccellenti vini in cantina che poi perdono le
proprie caratteristiche, prima di arrivare al consumatore finale.
La maggior causa d'instabilità è l'ossidazione del prodotto.
L'ossigeno denatura l'aroma, incupisce il colore. Le fasi in cui si
ha grossa ossidazione sono la sgrondatura ed anche la
pressatura. Bisogna assolutamente arginare i fenomeni
enzimatici che ne scaturiscono, provocando perdita di qualità del
prodotto finale.
TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI
Sono di seguito descritte le principali tecniche di protezione da
ossidazione, attualmente più diffuse:





Solfitazione
Impiego di gas inerti
Refrigerazione
Defecazione e trattamento con bentonite
Riscaldamento
SOLFITAZIONE
Solfitazione: come già detto più volte, l'anidride solforosa ha
effetti antisettici. Come tale può essere utilizzata per evitare
l'insorgere di ossidazioni del mosto, eliminandone la causa prima,
vale a dire gli enzimi che la producono.
IMPIEGO DI GAS INERTI
Impiego di gas inerti : tenuto conto della velocità di consumo di
O2 nel mosto, è bene evitare ogni contatto tra questo ed ossigeno
(questo è il motivo al quale si accennava all'inizio, quando si è
detto che produrre vini bianchi di qualità in maniera artigianale è
praticamente impossibile). La tecnica di adoperare atmosfere di
azoto oppure anidride carbonica non ha avuto molto successo,
non tanto per le difficoltà tecniche che pone, peraltro facilmente
superabili, ma perché il trattamento non inibisce la causa ma solo
l'effetto. Il vino che ne deriva non è dunque stabile.
REFRIGERAZIONE
Refrigerazione: esperienze di laboratorio hanno messo in
evidenza che la massima velocità di consumo di ossigeno si ha ad
una temperatura appartenente al seguente intervallo 35-45°C;
per una temperatura di 12°C la velocità di consumo ossigeno è
tre volte inferiore rispetto a quella che si misura per 30°C. Una
possibile tecnica sarebbe quella di refrigerare il mosto.
In questo modo si riduce l'apporto di SO2 da utilizzare, ma
parallelamente si rende difficoltoso il processo di defecazione,
essenziale per la qualità ed il colore del prodotto finale.
DEFECAZIONE E TRATTAMENTO CON BENTONITE
Defecazione e trattamento con bentonite: una buona defecazione
riduce del 40% il consumo di ossigeno di un mosto, perché
elimina le tirosinasi, non solubili nel mosto stesso.
Il trattamento con bentonite favorisce cioè l'eliminazione di alcuni
enzimi responsabili del processo di ossidazione.
Tuttavia i due trattamenti non sembrano una esauriente risposta
al problema.
RISCALDAMENTO
Riscaldamento: il mosto portato a 65°C diviene praticamente
immune ad attacchi enzimatici, visto che gli enzimi vengono in
questo modo completamente eliminati. Il vino ottenuto con questo
trattamento è assolutamente stabile.
MATURAZIONE E AFFINAMENTO
Al termine della stabilizzazione, il processo della produzione del vino bianco si
avvia verso l'ultima fase e che consiste nella maturazione e nell'affinamento.
La maturazione è svolta in appositi contenitori i cui materiali utilizzati per la
costruzione influiranno nello sviluppo e nell'evoluzione dei caratteri
organolettici del vino. Tipicamente i contenitori utilizzati per la maturazione del
vino sono costruiti in acciaio, pertanto contenitori inerti, oppure in legno, cioè
botti di capacità diverse.
La scelta dell'uso di botti porterà ad una trasformazione piuttosto marcata
delle qualità del vino, aggiungendo aromi, struttura e caratteri tipici del legno a
scapito della freschezza e della finezza degli aromi floreali e fruttati. L'impronta
dei caratteri “legnosi” dipende da alcuni fattori, fra questi il grado di tostatura
del legno e il tempo di permanenza all'interno della botte.
Il vino bianco fatto maturare in contenitori inerti conserva i freschi aromi di
frutta e fiori e questa è la pratica utilizzata per la maggior parte dei vini prodotti
con uve delicate e aromatiche.
IMBOTTIGLIAMENTO
Al termine della maturazione il vino è pronto per essere
imbottigliato. Prima di procedere con quest'operazione, il vino
bianco viene ulteriormente filtrato e chiarificato in modo da
eliminare eventuali impurità derivate dalla maturazione e quindi
ottenere un prodotto più raffinato ed esente da difetti.
Dopo l'imbottigliamento il vino viene solitamente lasciato affinare
nei locali della cantina per alcuni mesi - in genere da tre a sei
mesi - e finalmente è pronto per la commercializzazione e per
allietare i calici degli appassionati.
VINIFICAZIONE IN ROSSO
LA VINIFICAZIONE IN ROSSO
La vinificazione in rosso, secondo la procedura tradizionale,
comporta quattro fasi:
 Trattamenti meccanici dell'uva: pigiatura, diraspatura,
riempimento dei tini di fermentazione.
 Fermentazione alcolica e macerazione.
 Operazioni meccaniche sul vino: rimontaggio, follatura,
svinatura e torchiatura.
 Fermentazione malolattica.
SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN ROSSO
TRATTAMENTI MECCANICI DELL'UVA
La prima operazione che interviene nella vinificazione è,
ovviamente, il trasporto delle uve raccolte dalla vigna alla cantina.
Questa operazione non è di fondamentale importanza per i vini
rossi, mentre lo è invece nella produzione di vini bianchi di
qualità.
Gli enologi raccomandano di evitare pigiature sommarie dell'uva,
pigiature che hanno l'obiettivo di ridurre i volumi di trasporto ma
che hanno l'effetto indesiderato di avviare fermentazioni e
macerazioni incontrollate, due processi importantissimi per la
produzione di un vino rosso di buona qualità.
PIGIATURA
Il successivo passo da compiere è la pigiatura dell'uva. Il
processo, noto anche come ammostatura, ha come scopo quello
di rompere la buccia, e di liberare il succo e la polpa. Il prodotto di
tale operazione è detto pigiato. Il pigiato può essere trattato con
anidride solforosa: ciò ha come scopo un aumento della velocità
di macerazione delle parti solide del pigiato stesso.
Spesso l'uva viene solo lievemente pigiata al fine di evitare la
lacerazione di raspi e vinaccioli, responsabili della formazione di
abbondanti fecce. Si preferisce aumentare la durata della
macerazione anzichè il grado di pigiatura del mosto.
DIRASPATURA - VANTAGGI




La sensibile riduzione del volume occupato dal pigiato (la
riduzione che si ottiene è del 30% circa).
Il succo dei raspi, ricco di potassio, può conferire al prodotto
finale un sapore erbaceo ed astringente.
I raspi modificano la composizione del vino, in quanto
contengono grosse quantità d'acqua e piccole quantità di
zucchero. Ciò si traduce in un annacquamento del vino.
I raspi assorbono alcool ed altre sostanze gli antociani,
responsabili, questi ultimi, della colorazione del vino. Il vino
prodotto senza diraspare sarà senza dubbio più chiaro rispetto
ad uno prodotto con diraspatura.
DIRASPATURA - SVANTAGGI


I raspi favoriscono, una buona termoregolazione: l'acqua
contenuta in essi, infatti, limita l'innalzamento della
temperatura che si ha durante la fase di fermentazione. Ciò è
senz'altro un vantaggio, in quanto temperature troppo alte
possono bloccare la fermentazione, evento questo fortemente
indesiderato.
I raspi favoriscono l'areazione del mosto, contenendo molto
ossigeno che è un elemento essenziale per una corretta
condotta della fase di macerazione e fermentazione.
FERMENTAZIONE
La fase successiva alla diraspatura è il riempimento dei tini di
fermentazione, anche detti fermentini. Si tratta di recipienti a
forma di tronco di cono, costruiti in vari materiali (cemento, legno,
metallo). I tini possono essere classificati come:
 Tini chiusi.
 Tini aperti a cappello galleggiante: tini che favoriscono il
galleggiamento delle parti solide del mosto (note anche con il
nome di vinacce o cappello).
 Tini aperti a cappello sommerso: tini che costringono il
cappello che si forma a rimanere sommerso nel succo d'uva.
Ciò avviene utilizzando speciali setacci montati nel tino.
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
Nei tini di fermentazione, i processi che avvengono sono essenzialmente due:
la fermentazione alcolica e la macerazione. Queste due fasi sono di
fondamentale importanza per un corretto processo di vinificazione in rosso.
In questa fase, infatti, si decide la qualità del prodotto finale più che in ogni
altra fase del processo.
La fermentazione alcolica è indotta dalla presenza di lieviti.
I lieviti siano presenti sulle bucce delle uve (indigeni), oppure possono essere
aggiunti (selezionati).
La fermentazione alcolica ha come obiettivo la trasformazione di zuccheri in
alcool.
La reazione chimica che regola tale trasformazione produce come elemento
secondario anidride carbonica ed è inoltre fortemente esotermica:
C6H12O6
2C2H5OH + 2CO2 + Calore
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
I principali parametri che influenzano la fermentazione alcolica
sono:



La temperatura: una temperatura superiore ai 30 °C comporta il blocco
della fermentazione. D'altro canto anche una temperatura troppo bassa può
causare l'arresto della fermentazione. La temperatura ideale alla quale
condurre la fermentazione dipende dal tipo di vinificazione che si sta
effettuando: per la vinificazione in rosso una temperatura ideale è intorno ai
25-27 °C.
Il pH: un ambiente eccessivamente acido abbatte fortemente il tasso di
crescita dei lieviti, causando quindi un blocco della fermentazione.
La concentrazione di ossigeno: una mancanza di ossigeno non favorisce la
riproduzione di lieviti, causando ancora una volta il blocco della
fermentazione.
LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
La fermentazione deve avvenire ad opera di lieviti, contenuti nel cappello;
questi, per riprodursi e sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno, di una
temperatura e di una gradazione alcolica non troppo elevate.
Una temperatura superiore a 30°C causa, come detto, il blocco della
fermentazione alcolica, ossia il blocco della trasformazione dello zucchero in
alcool. Questo è un evento fortemente indesiderato, visto che la presenza di
zucchero vuol dire instabilità biologica del prodotto finale che, quindi, non potrà
essere conservato a lungo.
Infatti vini affetti da un arresto precoce della fermentazione sono tipicamente
molto dolci ed instabili.
La mancanza di ossigeno nella fermentazione provoca la riduzione dei lieviti e
lo sviluppo di fermentazioni deviate ad opera di batteri lattici ed acetici, il cui
risultato è la trasformazione dello zucchero in prodotti diversi dall'etanolo, quali
acido lattico ed acido acetico.
LA MACERAZIONE
La macerazione è il processo di scambio di sostanze, contenute
nella vinaccia, tra cappello e vino fiore.
Le sostanze in questione sono soprattutto antociani rossi e
tannini.
Gli antociani, come già detto, sono responsabili della colorazione
del vino; i tannini invece, se presenti in quantità non eccessive,
ostacolano la precipitazione in soluzione degli antociani stessi.
Lo scambio di sostanze deve essere favorito operando
meccanicamente sul cappello: le operazioni di rottura del cappello
e lisciviazione dello stesso sono note come follatura e
rimontaggio, rispettivamente.
LA MACERAZIONE
Secondo alcuni autori, la macerazione avviene tanto più
velocemente quanto maggiore è il numero di cellule morte
presenti nel cappello: ciò si spiega semplicemente se si pensa
che le cellule morte non trattengono affatto le sostanze che le
costituiscono. E' quindi chiaro che le condizioni ambientali nelle
quali si vorrebbe che avvenisse la macerazione (temperature alte,
pH bassi, tenore alcolico elevato) sono nettamente in contrasto
con quelle desiderate per ottenere una buona fermentazione
alcolica.
IL RIMONTAGGIO
Il rimontaggio consta nella spillatura del vino fiore dal fondo del tino e nella
reimmissione di esso nella parte superiore del tino. Il processo ha molteplici
effetti positivi:
 Favorisce la dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nella
vinaccia (lieviti, antociani e tannini).
 Favorisce l'areazione del mosto: infatti il vino fiore spillato viene areato e poi
pompato in cima al tino per la reimmissione. L'aggiunta di ossigeno
favorisce la proliferazione di lieviti nel cappello.
 Favorisce il raffreddamento del mosto nel tino di fermentazione, anche se
questo effetto è da considerarsi marginale e secondario rispetto ai due
precedenti.
E' opportuno rimontare nei primissimi giorni della fermentazione alcolica, mentre è inutile
rimontare il mosto non fermentato oppure il mosto a fermentazione quasi terminata: sono i lieviti in
via di accrescimento che hanno bisogno di ossigeno, non il mosto.
LA FOLLATURA
La follatura è il processo di rottura meccanica del cappello in un
tino di fermentazione. Il processo favorisce:
 La dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nel
cappello.
 Lo scambio termico del sistema con l'ambiente esterno al tino.
 Una distribuzione più omogenea della temperatura nel mosto
in fermentazione.
E' utile operare una follatura nel caso in cui la temperatura del mosto incominci
a crescere pericolosamente. Si tenga conto del fatto che un semplice
rimontaggio difficilmente riattiva una fermentazione bloccata, evento questo
più probabile se l'azione prodotta sul mosto è una follatura.
LA SVINATURA
Alcuni autori ritengono la fermentazione alcolica terminata
quando il tenore di zucchero disciolto in soluzione è circa di 2g/hl.
La svinatura è l'estrazione del vino fiore dal tino di fermentazione
e la separazione di questo dalle vinacce. Il vino così ottenuto è
conservato in un altro tino.
Il vino può essere sottoposto a solfitazione al fine di ottenere un
vino che non dovrà invecchiare ma che sia tuttavia
biologicamente stabile.
LA TORCHIATURA
La vinaccia viene poi sottoposta a torchiatura: il vino estratto
dalla prima torchiatura è qualitativamente meno pregiato del vino
fiore e viene detto vino di prima torchiatura.
Esso potrà essere vinificato a parte od aggiunto al vino fiore.
Le successive fasi di torchiatura, invece, forniscono un vino che è
via via peggiore di quelli precedentemente estratti, e che va
vinificato a parte per la produzione di aceto (tipicamente).
LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA
La successiva fase di trattamento del vino è detta fermentazione
malolattica. Di norma a tale fase possono essere sottoposti i vini
destinati ad invecchiamento e quindi non trattati con solfitazione.
L'anidride solforosa infatti, è un vero e proprio antisettico e quindi
inibisce, se usata in dosi opportune, la fermentazione malolattica.
In realtà la solfitazione è usata anche come processo di selezione
dei lieviti che portano avanti la fermentazione alcolica: questo
effetto selettivo può tuttavia aversi solo con impieghi modesti
dell'anidride solforosa.
LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA
La fermentazione malolattica consta nella trasformazione
dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Il processo
di fermentazione avviene, questa volta, ad opera di batteri
malolattici.
Alcuni autori ritengono che un vino non può ritenersi
biologicamente stabile ed immune da successive incontrollate
fermentazioni se non ha subito la fermentazione malolattica.
Nel caso in cui tale fermentazione stentasse ad avviarsi, è pratica
comune l'aggiunta al vino di batteri malolattici coltivati in vitro,
oppure l'aggiunta al vino che non fermenta di un vino che è in
piena fermentazione malolattica (l'aggiunta è circa il 10% del
volume del vino che non fermenta).
LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA
I principali parametri che influenzano la fermentazione malolattica sono:

La temperatura: la velocità di fermentazione è massima per temperature
appartenenti all'intervallo 20-25°C.

Il pH: più aumenta l'acidità del vino più specie batteriche si inibiscono e quindi la
fermentazione malolattica diviene più difficoltosa ma più pura, nel senso che solo
l'acido malico è la sostanza che viene attaccata e trasformata. Il pH ottimo è tra 3.3
e 4.0; più è alto questo valore tanto più aumenta la velocità della fermentazione, e
ciò è dovuto al fatto che i batteri lattici si sviluppano meglio in un ambiente non
troppo acido.

Il tempo di macerazione: siccome i batteri si sviluppano principalmente nel
cappello, è necessario evitare macerazioni troppo lunghe che potrebbero dar luogo
a spunti lattici durante la fase di fermentazione alcolica. E' tuttavia vero che un
maggior numero di batteri favorisce la fermentazione malolattica.
Il vino ottenuto dalla fermentazione malolattica viene successivamente sottoposto ad
invecchiamento.
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