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Neuroanatomia della schizofrenia:
gli studi di Risonanza Magnetica
È stata effettuata un’attenta revisione degli studi di Risonanza Magnetica (RM) sulla schizofrenia che testimoniano un notevole progresso nell’attendibilità delle anomalie cerebrali osservate, offrendo risultati più accurati rispetto a tutti quelli precedentemente ottenuti nella storia
della ricerca su tale disturbo. Questo progresso, applicato al campo della neuropatologia del
disturbo schizofrenico è in gran parte dovuto all’evoluzione tecnologica nella visualizzazione
cerebrale in vivo, che ha portato all’identificazione di diverse alterazioni cerebrali. Queste anomalie comprendono l’ampliamento dei ventricoli laterali (riportato dall’80% degli studi che
hanno eseguito tale valutazione) e del terzo ventricolo (73% degli studi). È stata rilevata anche
l’implicazione delle strutture mediali del lobo temporale (74% degli studi), quali l’amigdala,
l’ippocampo ed il giro paraippocampale, nonché delle regioni neocorticali del lobo temporale
(giro temporale superiore) (100% degli studi). Se vengono presi in considerazione gli studi che
valutano sia la sostanza bianca sia la grigia del giro temporale superiore, anomalie vengono
evidenziate nel 67% di essi. Sono riportate anche evidenze di anomalie del lobo frontale (59%
degli studi), particolarmente della sostanza grigia prefrontale e nelle regioni orbitofrontali.
Sono state inoltre evidenziate anomalie sottocorticali (cavum septum pellucidum, 92% degli
studi; gangli della base, 68%; del corpo calloso, 63%; talamo, 42%). È ora quindi disponibile
tecnologia tale che, attraverso una accurata ricostruzione dell’anatomia cerebrale, può permettere una più profonda e valida conoscenza della neuroanatomia delle malattie mentali e di valutare ipotesi circa le relazioni tra encefalo e comportamento normale e patologico.
4:2002; 241-264
RIASSUNTO
NÓOς
Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università degli Studi dell’Aquila, L’Aquila
ESPLORAZIONE
MORFOFUNZIONALE DEL CERVELLO
E POTENZIALI APPLICAZIONI
CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA
ALESSANDRO ROSSI, ARTEMIS KALYVOKA,
OSVALDO RINALDI, PAOLO STRATTA
Parole chiave: Risonanza Magnetica Nucleare, lobi temporali, ventricoli laterali, nuclei
della base.
SUMMARY
This review of MRI studies witnesses the significant progress to more definitive findings, and
their reliability, of brain abnormalities in schizophrenia than any other time period in the history of schizophrenia research. Such progress in defining the neuropathology of schizophrenia is largely due to advances in in vivo MRI techniques. These advances have now led to the
identification of a number of brain abnormalities in schizophrenia. These findings include
ventricular enlargement (80% of studies reviewed) and third ventricle enlargement (73% of
studies reviewed). There is also preferential involvement of medial temporal lobe structures
(74% of studies reviewed), which include the amygdala, hippocampus, and parahippocampal
gyrus, and neocortical temporal lobe regions (superior temporal gyrus) (100% of studies
reviewed). When gray and white matter of superior temporal gyrus was combined, 67% of
studies reported abnormalities. There was also moderate evidence for frontal lobe abnormalities (59% of studies reviewed), particularly prefrontal gray matter and orbitofrontal regions.
Additionally, there was strong to moderate evidence for subcortical abnormalities (i.e. cavum
septi pellucidi-92% of studies reviewed, basal ganglia-68% of studies reviewed, corpus callosum-63% of studies reviewed, and thalamus-42% of studies reviewed). Technology advances
have now led to accurate reconstruction in vivo brain anatomy, allowing important findings
about the neuroanatomy of brain disorders, so hypotheses on the relationship between brain
and normal or abnormal behavior can be evaluated.
Key words: Magnetic Resonance Imaging, temporal lobes, lateral ventricles, basal nuclei.
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Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Alessandro Rossi, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università degli Studi, Via Vetoio, Coppito 2 - 67100 L’Aquila. Tel. e Fax 0862 433602.
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NEUROANATOMIA DELLA SCHIZOFRENIA:
GLI STUDI DI RISONANZA MAGNETICA
A. ROSSI - A. KALYVOKA
O. RINALDI, P. STRATTA
INTRODUZIONE
Con una prevalenza dell’1%, un esordio clinico in età giovanile ed un decorso tendenzialmente cronico, la schizofrenia rappresenta attualmente il più
problematico dei disturbi mentali.
Considerata una “psicosi funzionale” - etichetta che implica l’assenza di
alterazioni cerebrali evidenziabili - la ricerca sulla natura di questa malattia
fino agli anni Settanta ha tralasciato la ricerca neuropatologica come possibile ipotesi circa l’eziologia e la patofisiologia del disturbo.
Lo studio pubblicato1 nel 1976 in cui veniva utilizzata l’allora emergente tecnologia della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) per la valutazione del sistema ventricolare cerebrale, rappresenta una pietra miliare che
segna la ripresa dell’interesse dei ricercatori sulla neuropatologia della schizofrenia. I risultati indicavano che i soggetti affetti da disturbo schizofrenico
mostravano un ampliamento dei ventricoli cerebrali correlato ad un deterioramento cognitivo.
I successivi studi condotti con TAC e, più recentemente, con Risonanza
Magnetica (RM) hanno confermato l’ipotesi che la schizofrenia sia associata ad un’anomalia strutturale del Sistema Nervoso Centrale (SNC), benché di
grado variabile e senza valore diagnostico.
Ipotesi di tal genere venivano postulate fin dalla fine del secolo scorso: già
Kraepelin2, ad esempio, ipotizzava l’esistenza di un processo biologico degenerativo quale momento patofisiologico della dementia praecox, ma la mancanza di adeguati strumenti di indagine del SNC non permetteva conferme
sperimentali.
È ora disponibile una tecnologia che, attraverso un’accurata ricostruzione
dell’anatomia cerebrale ed una più profonda e valida conoscenza dello sviluppo e dell’invecchiamento cerebrale, ci permette di studiare la neuroanatomia dei disturbi mentali e di valutare le ipotesi circa le relazioni tra encefalo
e comportamento normale e patologico.
La RM fornisce in maniera non invasiva una ricostruzione dell’encefalo in
vivo in tutti i piani dello spazio e, ultimamente, anche in modo tridimensionale, così da ottenere importanti parametri in termini di volume cerebrale;
l’elevato grado di risoluzione delle immagini ha permesso di indagare aree
cerebrali non osservabili con i precedenti mezzi radiodiagnostici in ampie
popolazioni sia patologiche che normali3,4,5. Inoltre, l’impiego di sofisticati
sistemi computerizzati di analisi d’immagine6 ha permesso di ottenere valutazioni neuroanatomiche di elevata validità ed attendibilità, fondamentali
nello studio della neurobiologia dei disturbi mentali.
SISTEMA VENTRICOLARE
I primi studi di RM hanno cercato di replicare ed estendere le valutazioni
eseguite con la TAC che in gran parte avevano evidenziato un incremento
degli indici di misurazione del sistema ventricolare1,7. Gli studi condotti con
l’impiego della RM hanno confermato tale risultato sia in termini di superfi242
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cie che volumetrici8,9,10; l’80% circa degli studi eseguiti negli ultimi dieci
anni hanno riportato questo dato che attualmente è il più consistente tra quelli indicanti anomalie strutturali cerebrali11. Inoltre, anche studi che non
dimostravano incremento delle dimensioni ventricolari, evidenziavano
comunque un ampliamento del corno temporale del sistema ventricolare laterale,12 soprattutto a sinistra13-16.
È questo un dato che appare coerente con l’osservazione di riduzione della
sostanza grigia a livello del lobo temporale di sinistra ed incremento del
volume del liquido cerebrospinale (LCS) temporale sinistro rilevato in
gemelli monozigoti discordanti per schizofrenia17.
In un ampio studio di RM, Gur et al.18 hanno valutato il volume liquorale
centrale e periferico (ventricoli e solchi) in relazione alla tipologia clinica dei
pazienti. I pazienti con sintomi negativi mostravano alterazioni compatibili
con un processo di atrofia cerebrale, i pazienti con sintomi schneideriani
segni di tipo degenerativo compatibili con un processo di alterazione dello
sviluppo neurale, mentre quelli paranoidei non mostravano alterazioni dei
volumi del cranio, dell’encefalo o dei parametri liquorali.
È ipotizzabile che anomalie del neurosviluppo su base genetica come anche
noxae patogene di svariata natura (esposizione ad infezioni virali cliniche o
sub-cliniche e complicanze perinatali) siano in grado di determinare un rimaneggiamento della struttura ventricolare e periventricolare in senso aplasico,
evidenziabile quale aumento delle dimensioni ventricolari. Tale dato sembra
comunque piuttosto aspecifico e non fornisce indicazioni sulla natura della
“lesione” o del deficit dello sviluppo neurale alla base della schizofrenia.
LOBI FRONTALI
L’attenzione dei ricercatori si è quindi volta verso lo studio di specifiche aree
cerebrali il cui coinvolgimento nella neurobiologia della schizofrenia era ipotizzabile: tra queste i lobi frontali, una delle regioni neocorticali più complesse ed evolute del cervello umano, comprendente circa il 30% della neocorteccia, con importanti connessioni con tutte le altre aree della corteccia cerebrale, strutture limbiche e gangli della base19.
Andreasen et al2. hanno valutato i lobi frontali su una singola scansione
medio-sagittale evidenziando una riduzione delle dimensioni rispetto ad una
popolazione di controllo. De Myer et al.20 e Raine et al.21 hanno confermato
tale dato, riportando una riduzione del volume dei lobi frontali, così come
circa il 60% degli studi degli ultimi dieci anni11. Tali risultati non sono stati
però confermati in altri studi17,22-27.
Dal momento che i lobi frontali sono strutturalmente e funzionalmente differenziati, i ricercatori hanno quindi indagato la possibilità di rilevare anomalie
in specifiche aree frontali che potrebbero essere oscurate da una valutazione
frontale globale.
Buchanan et al.28 hanno riportato una riduzione del volume della sostanza
bianca e del giro inferiore di entrambi gli emisferi. Goldstein et al.29 hanno
osservato una riduzione del volume delle aree mediali e fronto-orbitali quan243
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tificabile tra il 7 ed il 15%; così Gur et al.30 hanno rilevato una riduzione del
volume della sostanza grigia delle aree dorsolaterali. Tale riduzione è maggiormente rilevante nei soggetti di sesso maschile a livello delle aree dorsomediali ed orbitofrontali.
Breier et al. 31 hanno riportato una riduzione significativa bilaterale del volume dei lobi prefrontali. Tale riduzione era inoltre associata ad una netta riduzione della sostanza bianca prefrontale ma non della grigia, permettendo di
ipotizzare l’esistenza di un’anomala connessione tra quest’area ed altre aree
cerebrali quali la corteccia parietale, il talamo e le strutture limbiche. Zipursky et al.32 hanno evidenziato una riduzione globale e diffusa della sostanza
grigia corticale ma non di quella bianca. Schlaepfer et al.33 hanno trovato
conferme sulla loro ipotesi circa una riduzione delle aree associative corticali
eteromodali. La corteccia dorsolaterale prefrontale, l’area parietale inferiore
ed il giro temporale superiore, rappresentano un sistema corticale altamente
integrato che coordina le attività sensoriali, motorie e comportamentali attraverso connessioni reciproche. Queste aree associative eteromodali non completano la loro mielinizzazione ed il rimaneggiamento sinaptico prima della
tarda adolescenza, periodo in cui l’incidenza della schizofrenia inizia a salire
bruscamente. Un’alterazione nella programmazione del fisiologico processo
di rimaneggiamento sinaptico potrebbe condurre ad un difetto della mielinizzazione di queste aree34,35.
Wible et al.36,37 hanno osservato una riduzione del volume della sostanza grigia dell’emisfero sinistro altamente correlata con il complesso amigdalaippocampo, Giro Temporale Superiore (GTS), complesso paraippocampale
di sinistra e sintomatologia negativa.
Questi dati suggeriscono la possibilità che anomalie di aree dei lobi frontali,
talora anche di minima entità da poter essere quantificate, siano associate ad
alterazioni di altre aree cerebrali anatomicamente e funzionalmente correlate,
così da poter ipotizzare che dirette ed indirette connessioni, soprattutto con
strutture limbiche, possano essere alterate nei soggetti affetti da disturbo
schizofrenico38.
È opportuno considerare che differenze di campionamento dei gruppi di studio e delle metodiche di misurazione, nonché valutazioni non sempre valide
ed attendibili, possono spiegare parte delle discrepanze riscontrabili tra i
citati risultati.
È probabile che più avanzate metodiche di visualizzazione tridimensionale
permetteranno adeguate valutazioni volumetriche delle aree associative eteromodali.
LOBI TEMPORALI
I lobi temporali hanno ricevuto negli ultimi anni notevole attenzione da parte
dei ricercatori. Vari studi hanno evidenziato l’esistenza di anomalie strutturali localizzate nelle regioni mediali temporo-limbiche39,17,40-42, (circa il 60%
degli studi pubblicati11), non confermate tuttavia da altri23,43,44.
Una riduzione volumetrica delle strutture medio temporali, quali ippocampo,
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amigdala (specialmente nella porzione anteriore) e giro paraippocampale, è
stata dimostrata da diversi autori8,39,17,41,45-51, con qualche risultato negativo52.
In uno studio eseguito con una metodica di Inversion Recovery, Rossi et al.53
hanno osservato una riduzione del volume dell’amigdala-ippocampo, in particolare nell’emisfero sinistro. Si evidenziava inoltre una rilevante tendenza,
pur non statisticamente significativa, per una complessiva riduzione del volume dei gangli della base. Tale studio conferma precedenti evidenze di anomalie della porzione mediale del lobo temporale associate ad alterazioni dei
gangli della base, ritenuti avere un ruolo fondamentale nell’integrazione e
nel processamento delle informazioni, e la cui disfunzione è ipotizzabile
essere in relazione con la sintomatologia nucleare della schizofrenia54,46.
Simili anomalie sono state osservate anche in soggetti affetti da disturbi
affettivi55, disturbo post-traumatico da stress56, ed in familiari di pazienti
affetti da disturbo schizofrenico57-59. Questi dati possono supportare l’ipotesi
che l’anomalia ippocampale rappresenti un fattore non-specifico di rischio
per lo sviluppo di patologie psichiatriche che si rivela a seguito di una risposta a stress, perinatali o più tardivi, attraverso un danno esocitotossico probabilmente mediato da steroidi60. Weinberger59 ipotizza che geni coinvolti
nello sviluppo e nel mantenimento del circuito ippocampale o nell’espressione di molecole che mediano alcuni aspetti della plasticità neurale dell’ippocampo possano avere un ruolo importante per una predisposizione genetica
per la schizofrenia. La gran parte di questi studi ha anche evidenziato che tali
anomalie sono più evidenti nell’emisfero sinistro e nei soggetti di sesso
maschile. Vari studi41,12,61-63 hanno riportato una significativa riduzione del
Giro Temporale Superiore (GTS) nei pazienti affetti da Schizofrenia, confermando quanto già affermato da Southard64 agli inizi del XX secolo. Tali
studi sono stati in parte replicati in campioni di studio più numerosi65-69.
Questi studi sollevano il quesito se tali alterazioni siano già presenti prima
dell’esordio del disturbo - aplasia e/o displasia - o se rappresentino l’evidenza di un processo progressivo di natura degenerativa successivo all’esordio
della malattia - atrofia -.
Marsh et al.70 hanno tentato di rispondere a questa complessa domanda attraverso l’applicazione del modello di regressione età-correlato coniato da
Zipursky et al.32,71. Il risultato globale di tale analisi statistica ha portato gli
autori a concludere che le alterazioni morfologiche cerebrali osservate negli
schizofrenici non sono correlate né all’età né alla durata di malattia e possiedono un basso indice di progressività rispetto alla popolazione sana.
L’interpretazione prevalente dei dati citati favorisce l’ipotesi del deficit dello
sviluppo neurale come “causa” della schizofrenia72. Secondo tale ipotesi una
noxa patogena, agendo verosimilmente durante il secondo trimestre di vita
intrauterina, modificherebbe il fisiologico sviluppo del SNC, favorendo l’insorgenza del disturbo34,35,72.
Una serie di considerazioni metodologiche devono comunque essere fatte.
La maggior parte degli studi che hanno misurato il volume dei lobi temporali
è stata effettuata su un numero ridotto di sezioni piuttosto che su una serie
continua di scansioni comprendenti l’intera struttura, e questo potrebbe in
parte giustificare alcune delle discrepanze emerse. Inoltre, differenze nel
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campionamento in termini di caratteristiche socio-demografiche e cliniche,
potrebbero rendere ragione della eterogeneità dei risultati. Ciononostante
sembra emergere in letteratura una notevole concordanza sulla presenza delle
anomalie a livello temporale e medio-limbico.
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NUCLEI DELLA BASE
L’avvento della RM ha fornito ai ricercatori la possibilità di analizzare in
vivo strutture sottocorticali quali i nuclei della base73-75.
Jernigan et al.76 hanno riportato un incremento delle dimensioni del nucleo lenticolare (includendo però in tale struttura, oltre che il putamen ed il pallido, anche
parte del nucleo accumbens). Swayze et al.47 hanno evidenziato un significativo
aumento delle dimensioni del putamen ed, in minor misura, del caudato, in un
gruppo di pazienti schizofrenici di sesso maschile confrontati con una popolazione di volontari sani ed una costituita da soggetti con diagnosi di disturbo
bipolare. In altri due studi23,14 è stato notato come le dimensioni del pallido fossero maggiori nei pazienti schizofrenici rispetto ad una popolazione di controllo,
anche se tale dato non raggiungeva la significatività statistica. Altri studi hanno
riportato invece una riduzione del volume del nucleo caudato77 o una tendenza
verso una riduzione del volume dei nuclei caudato e lenticolare14,68.
L’incremento dimensionale dei nuclei della base è stato da alcuni interpretato
come un arresto del fisiologico processo di eliminazione o rimaneggiamento
sinaptico76, da altri come una risposta compensatrice alla riduzione di neuroni afferenti provenienti dalle regioni temporali anteriori, frontali o talamiche,
forse anche secondaria all’uso di farmaci antipsicotici78,47,79. Questo dato
sembra essere confermato da Keshavan et al.80 che osserva un incremento del
volume del nucleo caudato in un follow-up a due anni e dall’osservazione di
una riduzione ad un follow-up ad un anno in soggetti che sono passati da una
terapia neurolettica ad una con antipsicotici atipici81. Gur et al.82, tuttavia,
non hanno osservato tali differenze tra soggetti mai trattati e che assumevano
terapia antipsicotica, benché l’incremento del volume del putamen fosse correlato con la sintomatologia positiva. Una riduzione del nucleo caudato è
stata comunque rilevata in studi su soggetti che non avevano assunto terapie
antipsicotiche83-85 ed in parenti di primo grado di probandi affetti86.
Gray et al.46 hanno proposto un elegante modello di integrazione tra aspetti
cognitivi e circuiti neuronali nella schizofrenia che suggerisce l’ipotesi di una
anomalia della comunicazione tra sistema limbico e nuclei della base, in particolare lo striato dorsale (nucleo caudato e putamen) e ventrale (nucleo
accumbens), quale momento chiave del processo patofisiologico della schizofrenia. Tale sistema neuronale sembra infatti coinvolto nelle funzioni esecutive, nel processamento delle informazioni provenienti dall’ambiente allo
scopo di elaborare programmi motori e cognitivi fondamentali per comportamenti finalizzati. L’anomalia delle funzioni esecutive è un fenomeno ben
documentato nella schizofrenia87,88 significativamente associato ad inadeguata funzionalità del soggetto89.
Stratta et al.90 hanno evidenziato una riduzione delle dimensioni dello striato,
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Una revisione di letteratura di studi eseguiti con TAC ha indicato che circa il
10% di pazienti schizofrenici mostra riduzione delle dimensioni cerebellari
rispetto alla popolazione di controllo92. Studi post-mortem hanno confermato
tali anomalie, localizzate soprattutto a livello del verme cerebellare93.
L’introduzione della RM ha reso possibile la visualizzazione del cervelletto
in differenti piani, ed il superamento dei numerosi artefatti della TAC dovuti
principalmente al notevole spessore osseo della fossa cranica posteriore.
Mentre in un primo studio di RM, utilizzando scansioni medio-sagittali dello
spessore di 10 mm non adeguato per una accurata misurazione del verme
cerebellare94, riportava risultati negativi95, studi successivi, che utilizzavano
sezioni più sottili (meno di 5 mm), hanno evidenziato risultati contrastanti.
Coffman et al.96 non trovavano differenze a livello del verme tra pazienti
schizofrenici e soggetti di controllo. Altrettanto Seidman et al.97 non evidenziavano differenze né per la sostanza grigia né per quella bianca. Nopoulos et
al.98 non rilevavano una riduzione globale del volume cerebellare, ma localizzata al lobo anteriore del verme. Nasrallah et al.99 riportavano un dato inaspettato, i pazienti schizofrenici mostravano una maggiore area cerebellare
rispetto ai controlli. In tale studio però gli autori riferivano di aver incluso
nelle misurazioni anche la tonsilla cerebellare, struttura che dal punto di
vista anatomo-funzionale appartiene agli emisferi cerebellari e non al verme.
Anche Levitt et al.100 osservavano un incremento del volume del verme e
della sostanza bianca con correlazione con sintomatologia positiva, disturbi
formali del pensiero ed anomalia della memoria verbale. Wassink et al.101
invece rilevavano una riduzione del volume del verme cerebellare predittiva
di maggiore entità della sintomatologia negativa e positiva e peggiore esito
psicosociale.
Rossi et al.102 hanno riportato una riduzione dell’area cerebellare limitata ai
lobuli I-V nei pazienti schizofrenici rispetto al gruppo di controllo; la differenza era significativa solo per pazienti di sesso maschile. Tale studio è stato
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in particolare nell’emisfero sinistro, in soggetti affetti da disturbo schizofrenico che presentavano una scarsa performance al Wisconsin Card Sorting
Test (WCST), una metodica di valutazione neuropsicologica ampiamente utilizzata in psichiatria, in grado di offrire validi indici circa le capacità del soggetto a livello di strategie di problem-solving, di elaborazione ed organizzazione di comportamenti finalizzati. Tale dato può confermare il coinvolgimento di circuiti dopaminergici ed offrire una ulteriore convergente evidenza
di un loro diretto impatto su importanti aspetti sintomatologici e clinici della
schizofrenia91.
Sebbene lo studio delle strutture sottocorticali con RM è relativamente più
recente rispetto a quello di aree mediosagittali e temporo-limbiche, i risultati
sono promettenti in particolare per la possibilità di comprendere le relazioni
tra tali aree, ricche di recettori dopaminergici, ed il trattamento con farmaci
antipsicotici.
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eseguito utilizzando una metodica computerizzata di analisi d’immagine che
ha permesso di escludere la tonsilla cerebellare dalle regioni anatomiche circostanti.
È probabile che una riduzione dell’area del verme possa essere di tipo atrofico, ovvero conseguenza del disturbo schizofrenico o secondaria a noxae di
tipo tossico-degenerativo, similmente a quanto accade in soggetti che abusano di alcool o che vengono trattati cronicamente con dintoina. Inoltre, nessuno degli studi effettuati sino ad oggi ha messo in evidenza anomalie morfologiche del cervelletto in pazienti all’esordio della malattia. Questo farebbe
supporre che le alterazioni sopra descritte potrebbero comparire in concomitanza del deterioramento clinico o potrebbero essere in qualche modo secondarie all’evoluzione del disturbo103. Dopo un normale sviluppo, il cervelletto
potrebbe risentire di disordini metabolici o degenerativi con conseguente
comparsa di atrofia parenchimale94. Ulteriori studi, in particolare di tipo prospettico, potranno valutare tali ipotesi.
Andreasen et al.104 hanno proposto un modello della patofisiologia della
schizofrenia che ipotizza un disturbo di un circuito cortico-cerebello-talamocorticale che considera il cervelletto quale modulatore del funzionamento
cognitivo e motorio. Una disfunzione di tale circuito porterebbe quindi ad
una “dismetria cognitiva” o mancanza di coordinazione nel processamento e
nel recupero dell’informazione che condurrebbe al deficit cognitivo della
schizofrenia. Tale ipotesi può essere in accordo con gli studi di Middleton &
Strick105 che descrivono circuiti che coinvolgono il cervelletto, i gangli della
base e regioni corticali, importanti in funzioni motorie e cognitive. Studi
ulteriori, volti soprattutto ad identificare le suddivisioni funzionali del cervelletto, potranno dare conferma di tali ipotesi.
ASIMMETRIE CEREBRALI
L’ipotesi che un’anomalia delle asimmetrie cerebrali possa avere un ruolo centrale nella patofisiologia della schizofrenia fu formulata per la prima volta da
Flor-Henry106 sulla base di studi condotti su pazienti affetti da epilessia del
lobo temporale sinistro con sintomi psicotici simil-schizofrenici; ulteriori indagini condotte su pazienti con diagnosi di disturbo schizofrenico hanno generato una serie di ipotesi che possono essere considerate ancora attuali107,108. Tuttavia fu con l’avvento delle moderne tecniche di visualizzazione cerebrale, in
particolare della RM, che l’ipotesi dell’esistenza di una relazione tra schizofrenia ed anomalia del meccanismo che determina la lateralizzazione morfo-funzionale del cervello umano ha ottenuto adeguate conferme sperimentali.
Studi relativi alle asimmetrie dei ventricoli laterali, hanno evidenziato un
incremento volumetrico del ventricolo laterale sinistro, in particolare del
corno temporale, ipotizzabile indice di una riduzione quantitativa del tessuto
nervoso presente a livello delle regioni medio temporali sinistre21,16,15. Questi risultati sono in accordo con quelli di Brown et al.61 che, in uno studio
post-mortem, hanno osservato nei pazienti schizofrenici un incremento del
19% del volume del ventricolo laterale sinistro e del 97% del corno tempora248
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le dello stesso emisfero. Crow et al.109 hanno confermato l’aumento volumetrico dei corni temporali, notando come esso fosse maggiormente evidente a
sinistra.
È probabile che la dilatazione dei corni temporali sia più specifica per la schizofrenia rispetto a quella dei ventricoli laterali in toto, che può essere osservata
anche in altri disturbi psichici ed in patologie neurologiche a carico del SNC.
Vari studi di RM che hanno rilevato alterazioni morfologiche del lobo temporale, hanno evidenziato tali anomalie lateralizzate, osservando comunque
tutti un volume del lobo temporale destro maggiore di quello sinistro sia nei
campioni dei soggetti affetti che in quelli di soggetti sani di controllo110-118.
Johnstone et al.119 hanno trovato l’area del lobo temporale sinistro relativamente ridotta nei pazienti affetti da schizofrenia, rispetto a pazienti affetti da
disturbi dell’umore e soggetti di controllo. Rossi et al.40,120 hanno riportato,
oltre al dato di una riduzione del lobo temporale sinistro, una significativa
interazione tra diagnosi e lato dell’anomalia. Rossi et al.45 hanno evidenziato
una riduzione dell’area dei lobi temporali nelle sezioni corrispondenti alla
regione ippocampale in pazienti schizofrenici, confrontati con una popolazione di pazienti bipolari. Tale riduzione era maggiormente pronunciata nell’emisfero sinistro sebbene nessuna interazione fosse presente.
Coffman et al.96 hanno riportato risultati assimilabili a quelli appena descritti; DeLisi et al.14 hanno evidenziato, in pazienti con diagnosi di schizofrenia
cronica, una riduzione delle dimensioni dei lobi temporali maggiormente
evidente a sinistra. In uno studio condotto su gemelli monozigoti discordanti
per schizofrenia, Suddath et al.8 hanno notato che i probandi mostravano,
rispetto ai fratelli sani, anomalie bilaterali dei lobi temporali ed una asimmetria del volume della sostanza grigia del lobo temporale, maggiormente
ridotta a sinistra.
Nel tentativo di comprendere quali regioni del lobo temporale possano essere
primariamente alterate, vari ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione
sullo studio del Planum Temporale (PT) e delle strutture ad esso correlate. Il
PT è nell’encefalo umano la struttura che presenta il più marcato grado di
asimmetria121; esso è localizzato sulla superficie della porzione posteriore
del giro temporale superiore (GTS) e presenta una superficie relativamente
piana situata posteriormente al giro temporale trasverso (giro di Heschl).
L’osservazione della asimmetria del PT121 è stata supportata da numerosi
studi post-mortem, e più recentemente con TAC e RM22,122-126. Il PT rappresenta un’interessante area sperimentale per la dimostrazione di un coinvolgimento del lobo temporale sinistro nella schizofrenia: infatti il PT presenta
un’asimmetria inversa rispetto a quella del lobo temporale in toto così che, se
fosse presente un coinvolgimento diffuso del lobo temporale nella schizofrenia, il PT dovrebbe essere una regione primariamente colpita.
Studi neuromorfologici suggeriscono che una riduzione della lateralizzazione delle regioni posteriori dell’area di Wernicke potrebbe giocare un ruolo
significativo nella patofisiologia della schizofrenia127,128.
Una recente meta-analisi129 ha permesso di osservare una riduzione della normale asimmetria del PT (sinistro > destro) nei soggetti affetti da disturbo schizofrenico dovuto a maggiori dimensioni del PT di destra rispetto ai soggetti di
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controllo. Tra gli studi che hanno evidenziato alterazioni delle dimensioni del
PT è stata rilevata anche un’inversione della normale asimmetria130-133,127. È
stata anche osservata una minore asimmetria nella porzione anteriore e maggiore asimmetria posteriore rispetto ai soggetti di controllo134.
Shenton et al.12 hanno trovato un’elevata correlazione tra riduzione delle
dimensioni del giro temporale superiore di sinistra e disturbi formali del pensiero, dato confermato anche da altri autori133,135. Barta et al.41 hanno riportato una correlazione altamente significativa tra riduzione volumetrica del
giro temporale superiore e gravità delle allucinazioni uditive. Entrambe queste aree sono in gran parte ricoperte dalla corteccia associativa uditiva. È
stata inoltre osservata una correlazione tra la riduzione del volume del PT
sinistro ed aumentati punteggi nella scala Sospettosità / Persecuzione (Positive Negative Symptoms Scale-PANSS).
Evidenze di una assenza di asimmetria tra PT destro e sinistro lascerebbero
inoltre ipotizzare l’esistenza di un’anomalia di sviluppo e/o di lateralizzazione della corteccia associativa uditiva in pazienti affetti da schizofrenia con
gravi disturbi del linguaggio135.
Questi dati rappresentano una prima conferma dell’“ipotesi della lateralizzazione” formulata da Crow136 secondo la quale un processo patologico darebbe origine ad un alterato sviluppo delle asimmetrie cerebrali nella schizofrenia. A simili conclusioni sono giunti anche gli autori di recenti studi postmortem e di RM che hanno valutato le dimensioni di regioni correlate al
PT45,137,128,138. In particolare Hoff et al.128 hanno trovato una riduzione di
asimmetria della scissura silviana; tale dato raggiungeva però la significatività statistica solo per il sesso femminile. Comunque, gli studi che hanno
messo in evidenza anomalie a carico delle regioni cerebrali posteriori di sinistra128,12 non hanno valutato direttamente il PT ma aree ad esso correlate
(giro temporale superiore posteriore e scissura silviana). Non sono attualmente disponibili studi che riportino correlazioni tra queste aree ed il PT per
cui non è possibile un diretto confronto dei risultati.
Pearlson et al.139 supportano l’ipotesi che le anomalie del PT siano correlate
con alterazioni della corteccia associativa eteromodale, quale sito primario
delle anomalie neuroanatomiche della schizofrenia. Queste regioni comprendono la porzione superiore del GTS, la corteccia prefrontale dorsolaterale ed
il lobulo parietale inferiore. Infine, l’anomalia strutturale del PT è stata considerata come specifica del disturbo schizofrenico, non presente in altre patologie psichiatriche, rilevabile fin dal primo episodio di malattia131.
Lo studio delle asimmetrie cerebrali sembra essere promettente alla luce dell’ipotesi che un deficit dello sviluppo neurale alteri il normale processo di
formazione delle fisiologiche asimmetrie cerebrali92.
CORPO CALLOSO
Evidenze derivanti da studi neuropsicologici e neurofisiologici hanno da
vario tempo suggerito l’ipotesi di anomalie della comunicazione interemisferica nella schizofrenia. Poiché il Corpo Calloso (CC) è la principale via di
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CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA
comunicazione tra i due emisferi cerebrali, vari studi morfometrici hanno
ricercato anomalie di questa struttura nella schizofrenia con risultati talora
non concordi140.
Grazie alla possibilità di offrire una visualizzazione dell’encefalo su differenti piani dello spazio, la RM è stata la tecnica che più di ogni altra ha permesso lo studio del CC nella schizofrenia.
Vari sono i risultati che questi studi hanno prodotto. Bigelow et al.141, replicando con la RM un precedente studio eseguito in post-mortem142, hanno evidenziato un maggior spessore del CC in pazienti affetti da schizofrenia con
esordio precoce rispetto a pazienti con esordio più tardivo, pazienti neurologici e pazienti psichiatrici non schizofrenici. Mathew et al.143 hanno osservato
una maggior lunghezza del CC senza differenze in misurazioni di area. Anomalie del corpo calloso sono state riportate anche da Uematso & Kaiya22.
Rossi et al.144,145 hanno invece riportato una riduzione dell’area del CC in
campioni di pazienti schizofrenici con incremento degli indici ventricolari.
Altri studi hanno messo in risalto differenze correlate al sesso nello spessore
delle regioni anteriore e posteriore del CC, osservate invertite in pazienti
affetti da schizofrenia146,147. La curvatura media del CC è stata anche osservata più accentuata rispetto a popolazione di controllo140. Più recenti studi di
analisi della forma del CC, sembrano poter offrire importanti spunti di indagine per chiarire il ruolo delle anomalie di questa struttura anatomica nella
schizofrenia148-150.
L’ipotesi dell’eterogeneità del campione dei pazienti è stata ipotizzata da
Stratta et al.151, che in uno studio di cluster analisi ha identificato sottogruppi
di pazienti di cui uno, caratterizzato da maggiore gravità di malattia alla
valutazione clinica, presentava riduzione dell’area del CC ed incremento
degli indici ventricolari, mentre gli altri cluster non presentavano differenze
in variabili neuroanatomiche dai soggetti di controllo. Tale ipotesi potrebbe
spiegare parte delle discrepanze riscontrabili tra diversi studi.
La possibilità che le dimensioni del CC siano in relazione con le asimmetrie
cerebrali sembra essere un’area di ricerca rilevante per lo studio della neuroanatomia della schizofrenia.
Uno studio neuromorfologico ha valutato la relazione tra CC ed asimmetrie
emisferiche in soggetti normali, evidenziando che la parte posteriore del CC,
in particolare l’Istmo, che connette le regioni perisilviane, è inversamente correlata all’entità delle asimmetrie di tali regioni solo in soggetti di sesso
maschile8.
Rossi et al.45 hanno rilevato in soggetti sani una significativa correlazione tra
le dimensioni dell’Istmo del CC ed il grado di asimmetria del PT. Tale correlazione era statisticamente significativa solo per i soggetti di sesso maschile.
Eseguendo tale valutazione in un campione di pazienti schizofrenici la correlazione non veniva più evidenziata. È ipotizzabile che una anomala perdita di
assoni durante il neurosviluppo possa provocare una variazione delle asimmetrie cerebrali con alterazioni sia a livello neuropsicologico che neurofisiologico152. Quale correlato clinico di tale studio è stato osservato che l’entità dei
disturbi formali del pensiero è in correlazione con l’asimmetria del PT (minore asimmetria - più gravi disturbi formali del pensiero). I pazienti con disturbi
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del pensiero presentavano inoltre riduzione dell’area dell’Istmo. Questi dati
suggeriscono l’ipotesi che anomalie nello sviluppo della lateralizzazione del
PT ed anomalie callosali siano maggiormente evidenti in soggetti che manifestano gravi disturbi del linguaggio. Recentemente l’ipotesi che un deficit dello
sviluppo neurale costituisca un momento causale nella genesi della schizofrenia è stato confermato dalla presenza di un setto pellucido non saldato
(Cavum Septum Pellucidum-CSP) in popolazioni di pazienti con diagnosi di
disturbo schizofrenico153-156,75, soprattutto nei soggetti di sesso maschile. Tale
osservazione sembra suggerire una rilevante importanza del sesso, soprattutto
in considerazione di possibili anomalie del neurosviluppo prenatale che tende
ad avere una maggiore prevalenza nel sesso maschile157.
FUTURI ORIENTAMENTI DI RICERCA
Le nostre conoscenze sulla neuroanatomia della schizofrenia sono notevolmente aumentate nell’ultima decade. I dati ottenuti per mezzo degli studi di
RM hanno confermato l’esistenza di alterazioni della struttura cerebrale nei
pazienti affetti da disturbo schizofrenico ed hanno ampliato gli ambiti di
ricerca scientifica sia clinica che di base che hanno volto la loro attenzione
sulla neurobiologia di questo disturbo.
I risultati ottenuti con la RM evidenziano:
1. ampliamento del sistema ventricolare;
2. alterazioni del lobo temporale medio (amigdala, ippocampo e giro paraippocampale);
3. alterazioni del planum temporale e del giro temporale superiore;
4. alterazioni di regioni sottocorticali quali il cervelletto, i nuclei della base,
il corpo calloso ed il cavum septum pellucidum.
Tali anomalie sembrano determinare un disturbo nella connessione sia tra le
varie aree cerebrali che all’interno di esse, verosimilmente originato nel
corso del neurosviluppo.
Alcune teorie sono state proposte nel tentativo di capire l’implicazione di
così numerose regioni cerebrali nella schizofrenia, molte delle quali tra loro
funzionalmente correlate. Andreasen et al.158,159,104 hanno ipotizzato che
anomalie nel talamo e nelle sue connessioni con la corteccia e il cervelletto
possano determinare una sorta di “dismetria cognitiva”.
Buschbaum et al.160 hanno focalizzato la loro attenzione sui lobi frontali,
gangli della base e sulle connessioni con il lobo temporale. Al contrario
Weinberger et al.38,161,162 hanno formulato ipotesi secondo le quali la schizofrenia possa essere considerata una encefalopatia del neurosviluppo ed hanno
proposto un “modello di disconnessione” per spiegare come alterazioni del
lobo temporale potrebbero interrompere le connessioni tra le regioni temporo-limbica e prefrontale e viceversa. Questo modello è stato indagato attraverso ricerche di base che hanno evidenziato il rapporto tra lesioni neonatali
del lobo temporale medio ed alterazioni di regioni corticali prefrontali.
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Feinberg163 ha ipotizzato che le anomalie del neurosviluppo potrebbero essere il risultato di un errato modellamento sinaptico che si verificherebbe all’esordio della patologia, durante la prima e la tarda adolescenza. Anche
Crow164-167 ha proposto un’ipotesi di un disturbo del neurosviluppo nella
genesi della schizofrenia, ma ha focalizzato la sua attenzione sui lobi temporali, regioni altamente lateralizzate e particolarmente importanti per l’elaborazione del linguaggio. Anche altre ricerche hanno proposto che le anomalie
del lobo temporale potrebbero essere la chiave d’accesso per la comprensione della neuropatologia della schizofrenia: nello specifico il danno nella rete
neuronale, funzionalmente importante sia per il linguaggio che per le funzioni mnemoniche, potrebbe spiegare il deficit cognitivo della schizofrenia168170,54,55. Infine Pearlson et al.139 hanno sottolineato l’importanza delle aree
associative “eteromodali” nella neuropatologia della schizofrenia.
Tutte queste teorie derivano da precedenti ipotesi di ricerca che, grazie alla
possibilità di utilizzare le nuove tecniche di visualizzazione cerebrale hanno
potuto ricevere conferme basate su dati obiettivi. Le future ricerche dovranno
utilizzare tecniche di biologia molecolare e la loro applicazione su tessuto
cerebrale post-mortem, così com’è stato effettuato sui modelli animali negli
studi che valutavano gli effetti delle lesioni su aree cerebrali connesse. Tali
ricerche potranno permetterci una maggiore conoscenza del funzionamento dei
circuiti neuronali, la comprensione delle anomalie del neurosviluppo e delle
modificazioni neurodegenerative della schizofrenia attraverso studi clinici che
selezionino gruppi omogenei di soggetti e che valutino in maniera dettagliata
la storia prenatale, le modalità del parto e seguano longitudinalmente i soggetti
dall’esordio della malattia sino agli stadi più avanzati di questa.
Questi studi dovranno anche indagare le anomalie cerebrali negli individui a
rischio di sviluppo della patologia schizofrenica, come i familiari di pazienti
schizofrenici, permettendo una adeguata comprensione della genetica del
disturbo. Anche se molti sono gli studi condotti in questa importante area di
ricerca73, molti altri sono tuttavia necessari. Sarebbero inoltre forieri di
importanti informazioni studi su soggetti affetti da disturbo schizotipico di
personalità, una patologia geneticamente collegata alla schizofrenia, o su soggetti geneticamente collegati a probandi affetti dal disturbo, senza mostrare
sintomi psicotici171-173. Questi soggetti sono particolarmente interessanti in
quanto mai stati esposti a terapie antipsicotiche o agli effetti di ospedalizzazioni, fattori confondenti in soggetti affetti da disturbo schizofrenico.
In termini di progresso tecnologico, nell’ultima decade la qualità dell’immagine di RM è notevolmente migliorata: per esempio oggi possiamo valutare
nelle immagini cerebrali voxel pressoché isotropici (ad esempio 1 mm3).
Sono stati sviluppati inoltre nuovi algoritmi di segmentazione, che permettono una maggiore precisione e velocità di segmentazione del cervello in materia grigia, bianca e liquido cefalo-rachidiano. Sarebbe inoltre fondamentale
nel futuro poter integrare valutazioni strutturali e funzionali.
Un altro importante passo in avanti sarà la valutazione di specifiche regioni
cerebrali di interesse. Infatti tali regioni vengono in genere delineate ancora
manualmente, il che comporta un lavoro piuttosto dispendioso. Potrebbero
essere impiegate tecniche di segmentazione guidate da forme prestabilite
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basate su tecniche di analisi di immagine quale quella della “distorsione”
(warping). Per esempio l’atlante cerebrale, con delineate multiple regioni
segmentate, utilizzato negli studi RM, potrebbe essere “distorto” nei dati di
RM ottenuti così da delineare specifiche regioni di interesse 174-181. Questo
tipo di approccio potrebbe consentire la segmentazione di varie regioni di
interesse in un gran numero di soggetti. Inoltre, questo approccio sarebbe
utile per l’indagine di multiple regioni cerebrali negli stessi soggetti piuttosto
che essere limitato solo ad un piccolo numero di regioni di interesse (region
of interest - ROI) per studio. I ricercatori saranno così in grado di valutare
correlazioni tra le regioni cerebrali. Crescendo inoltre sia il numero di ROI
cerebrali che il numero dei soggetti che possono essere valutati nello studio,
potrebbero essere indagate ulteriori relazioni tra le anomalie strutturali cerebrali e le valutazioni cliniche e cognitive.
Altre metodiche di indagine di regioni cerebrali con la RM importanti per
futuri studi dovrebbero includere l’utilizzo di: reti neuronali artificiali182; tecniche di analisi di immagine computerizzata, soprattutto di analisi della
forma (shape analysis 84,148,149,183-199).
La valutazione dell’alterazione della forma di regioni cerebrali piuttosto che
del solo volume, potrebbe fornire importanti informazioni sulle teorie del
neurosviluppo della schizofrenia, in quanto tali deformazioni potrebbero
essere associate ad anomalie del neurosviluppo stesso. Tale ipotesi è supportata dagli studi di Van Essen200 che hanno evidenziato come il corso dello
sviluppo delle connessioni cortico-corticali e sottocorticali-corticali determini il loro tipo di crescita e di forma.
Un’altra area di ricerca degna di attenzione sarà la valutazione delle anomalie della sostanza bianca. Vari studi hanno infatti riportato anomalie della
sostanza grigia, mentre pochi sono quelli che si sono occupati della sostanza
bianca. La sostanza bianca è alquanto difficile da delineare e da valutare con
le metodiche convenzionali di RM, in quanto appare uniforme ed omogenea.
Nuove tecniche di RM, come la Diffusion Tensor Imaging (DTI), recentemente utilizzata nell’umano, rende questo decisamente più semplice ed efficiente, come nel caso di lesioni cerebrali post-ictus201-204, tumori cerebrali
201,205 ed altre condizioni patologiche 206-210.
La DTI è ben adatta nella valutazione della sostanza bianca data la minor diffusione d’acqua determinata dalle caratteristiche fisiche delle fibre. Solo pochi
sono però gli studi che hanno utilizzato questa tecnica nella schizofrenia.
Buchsbaum et al.211 hanno osservato in sei pazienti affetti da disturbo schizofrenico, una ridotta DTI nella regione prefrontale destra inferiore. Lim et al.212
hanno dimostrato una ridotta anisotropia, indicativa di anomalia della sostanza
bianca in pazienti schizofrenici rispetto ad un gruppo di controllo. Infine
Foong et al.213 hanno riportato una diminuzione dell’anisotropia a livello dello
splenium del corpo calloso in pazienti con disturbo schizofrenico.
Tale tecnica può essere combinata con un’altra metodica, la Magnetization
Transfer Imaging (MTI), che permette una stima indiretta dei protoni legati
alla mielina ed alle membrane cellulari della sostanza bianca214; questa tecnica consente di ottenere indici che riflettono lo scambio magnetico tra i protoni legati e l’acqua libera, che informano sull’integrità mielinica ed assona-
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Le evidenze di un coinvolgimento di strutture cerebrali mesolimbiche e corticali nella genesi della schizofrenia è ormai un dato accettato dalla letteratura
internazionale come anche confermato in due recenti meta-analisi219,220.
Siamo probabilmente agli inizi di una rivoluzione tecnologica che ci consentirà di studiare la morfologia cerebrale, verosimilmente dallo sviluppo intrauterino88. Gli studi neuromorfologici di tipo prospettico in popolazioni “a
rischio” per lo sviluppo del disturbo schizofrenico potranno fornire indicazioni non solo sulla natura dell’agente eziologico221, ma anche sull’evoluzione dei sintomi e della malattia. La RM rappresenta oggi la tecnica in grado di
consentirci l’approfondimento di queste conoscenze.
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CONCLUSIONI
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CLINICHE NELLA SCHIZOFRENIA
le. La combinazione delle tecniche di MTI e DTI, può essere di notevole utilità nell’individuare anomalie specifiche della sostanza bianca, quindi nell’interpretazione della anomala connettività nel disturbo schizofrenico.
Infine, la tecnologia più recente e verosimilmente di maggiore importanza
nel campo della RM è la Risonanza Magnetica funzionale (RMf). Infatti,
uno dei più importanti progressi degli ultimi anni è stato il passaggio dall’esame di isolate aree cerebrali a quello delle interconessioni delle reti neuronali, verosimilmente danneggiate nel disturbo schizofrenico215-218; con l’avvento della RMf che permette lo studio sia della struttura che della funzionalità cerebrale, molti laboratori che la utilizzano stanno contribuendo a dare
nuove importanti informazioni218. In particolare, la RMf è utile per comprendere la relazione tra cognitività normale e connessioni funzionali e neuroanatomiche. È verosimile che nella prossima decade potremo assistere ad un’esplosione di studi che coinvolgerà gruppi di ricerca interdisciplinari, composti da fisici, neuroscienziati cognitivi, neuroscienziati, psicologi e psichiatri,
con lo scopo di capire meglio i meccanismi del cervello responsabili delle
osservate anomalie strutturali della schizofrenia.
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