Il trattamento integrato dei disturbi
del comportamento alimentare
FRANCESCA BRAMBILLA
1:2009; 91-102
Il trattamento dei disordini del comportamento alimentare, anoressia nervosa, bulimia
nervosa e disordine compulsivo da abbuffata è ancora oggi fonte di dibattito. I tre
principali tipi di terapia, infatti, e cioè la terapia nutrizionale, le psicoterapie e le farmacoterapie, quando somministrate separatamente, hanno dato esito a risultati molto
incerti, sicuramente positivi in casi singoli ma efficaci in una percentuale troppo
bassa di pazienti per risultare definitivamente accettabili, sia che esse siano state utilizzate in ambiente ambulatoriale, in day hospital o durante ricovero in reparto ospedaliero altamente specializzato. Le psicoterapie praticate sono la cognitivo comportamentale, la interpersonale, la terapia familiare, e la psicodinamica. Le farmacoterapie
hanno incluso antidepressivi triciclici e SSRI, i farmaci antipsicotici classici e atipici e una miscellanea di altri preparati. La risposta terapeutica migliore sembra essere
quella che fa seguito alla terapia integrata, che utilizza contemporaneamente la terapia
nutrizionale, psicoterapie e farmacoterapie.
NÓOς
RIASSUNTO
ANORESSIA E BULIMIA
NERVOSA
Centro per Studio e Cura dei Disordini del Comportamento Alimentare
Dipartimento di Scienze Neuropsichiche, Ospedale Sacco, Milano
Parole chiave: anoressia nervosa, bulimia nervosa, farmacoterapia, psicoterapia, terapia nutrizionale.
SUMMARY
The treatment of the disorders of eating behavior, anorexia nervosa, bulimia nervosa,
binge eating disorders is still question of debate. The three main treatments used
today are nutritional therapy, psychotherapy and pharmacotherapy, either in outpatients clinics, day hospital or specialized hospital department. When administered
separately, the three types of treatments have always ended in ambiguous results,
positive in single cases but only in a small percent of all the patients treated. Psychoterapies used were either cognitive-behavioral therapy, interpersonal therapy, family therapy and psychodynamic therapy. Pharmacotherapy included tricyclic antidepressants, SSRI, typical and atypical antipsychotics and a variety of miscellaneous
drugs. The best results seem to occur with a combination of nutritional, psychotherapeutic and pharmacological treatments.
Key words: anorexia nervosa, bulimia nervosa, pharmacotherapy, psychotherapy,
nutritional treatment.
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Indirizzo per la corrispondenza: Francesca Brambilla, Centro di Psiconeuroendocrinologia,
Piazza Grandi 3 - Milano 20129.
NÓOς
F. BRAMBILLA
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IL TRATTAMENTO INTEGRATO DEI DISTURBI
DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
INTRODUZIONE
Il trattamento dei disordini del comportamento alimentare (DCA) ha sempre
creato grandi problemi e risultati troppo spesso deludenti per molteplici ragioni. Anzitutto la definizione nosografica di queste patologie non è ancora definitiva e, anche se da lungo tempo è accettata dalla scienza psichiatrica, essa
lascia ampi dubbi ed è sempre oggetto di dibattito. Le tre patologie che ormai
sono stabilmente rappresentate nella patologia psichiatrica, l’anoressia nervosa (AN), la bulimia nervosa (BN), e il disordine compulsivo da abbuffata, o
Binge Eating Disorder (BED), sono nel loro complesso non completamente
definite, essendo suddivise in sottogruppi (AN-restrittiva= AN-R, AN – bingeing-purging = AN-BP, BN-purgeing= BN-P, BN – non purgeing= BN-NP,
BED con e senza obesità) che suscitano difficoltà di definizione e di inquadramento, anche per il loro frequente trasformarsi da una patologia all’altra
durante il loro decorso. A sua volta, l’eziologia di questi disordini non è ancora completamente definita, anche se oggi si porta in rilievo un’importante
componente genetica e probabilmente genica, da cui potrebbe derivare la
patologia biochimica cerebrale che caratterizza le tre sindromi, possibile causa
di caratteri di personalità patologici, le quattro componenti associate potendo
rappresentare la base dei DCA. Su di essa agiscono dal mondo esterno fattori
precipitanti, tra cui rapporti famigliari impropri, eventi stressanti che si presentano nella vita, influenza dei mass-media e del moderno tipo di cultura.
Così presentate queste “cause” sembrano concatenarsi in una consecutio temporum logica e comprensibile. Ma esse non sono sempre presenti in ogni
malato, e questo ci lascia alle prese non più con una causa ma con molteplici
cause, ciascuna di esse “primaria” o “secondaria” a seconda di come sembra
presentarsi sul piano temporale. Quale di queste “cause” dobbiamo affrontare
con i nostri trattamenti o dobbiamo affrontarle tutte? O quale dobbiamo
affrontare come primaria o come secondaria? Per ora non abbiamo risposte
assolute a questi quesiti, e dobbiamo procedere per tentativi.
Passando alla sintomatologia, la medicina odierna ha descritto l’AN, la BN e
il BED come le uniche per ora accettate come DCA, e considera come DCA
solo quelle che ottemperano strettamente alle regole che noi ci siamo date.
Ma come possiamo essere sicuri che l’AN, la BN e il BED siano proprio e
solo quelle che abbiamo catalogato sintomatologicamente con tanta minuziosità? E che facciamo di tutte le sindromi a cui manca un sintomo per farle
rientrare nell’AN, BN o BED, oppure hanno qualche sintomo speciale in più
che in qualche modo le differenzia dall’AN, BN e BED? Le definiamo come
DCA anche loro, magari col titolo di disordini del comportamento alimentare
non altrimenti definiti (EDNOS) che è solo un’etichetta non chiara dal punto
di vista eziologico e patogenetico, e le ignoriamo dal punto di vista terapeutico lasciando i pazienti al loro destino, quasi sempre molto negativo? Questi
sono i primi problemi, i più gravi, che dobbiamo affrontare davanti a pazienti
affetti da DCA, e che per ora non abbiamo certamente risolto.
Esiste ancora un altro importante aspetto da prendere in considerazione per
il trattamento dei DCA. Se la componente psicopatologica è certamente il
nucleo centrale delle tre patologie e deve essere presa in considerazione il più
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presto possibile poiché senza correzione della patologia mentale non vi è guarigione dell’AN, BN e BED, tuttavia, la componente organica periferica è
imponente, tanto imponente da determinare la diagnosi delle tre sindromi
sulla base del modo con cui il paziente affronta l’alimentazione da un lato e
sulla derivante struttura fisica dall’altro. Infatti, il non mangiare dell’AN, con
la conseguente perdita progressiva di peso, le crisi bulimiche della BN e del
BED, nella prima accompagnate da abuso di mezzi correttiva e nella seconda
da progressiva grave obesità, sono aspetti strettamente fisici che fanno porre
le diagnosi al primo approccio e finiscono per orientare le terapie. E ancora,
le alterazioni organiche periferiche, che sono secondarie alla psicopatologia
sempre attraverso l’abnorme nutrizione che ne deriva, possono riflettersi sull’assetto psichico dei pazienti, come avviene per le alterazioni ormonali, per
le patologie cardiache, per le alterazioni elettrolitiche e via di seguito. A parte
il fatto che le alterazioni organiche “secondarie” condizionano il modo di
vivere dei pazienti, quest’ultimo influenzando a sua volta la psicopatologia in
atto. E infine le alterazioni organiche sono troppo spesso causa di morte.
A questo punto, cosa affrontiamo in prima battuta come urgenza e cosa rimandiamo a un secondo tempo, la psicopatologia o le alterazioni organiche periferiche dei DCA? Su questo vi è continuo disaccordo, anche se teoricamente in
tutti i testi psichiatrici è scritto che la terapia deve essere “integrata”, cioè deve
prendere in considerazione tutti gli elementi patologici delle tre sindromi, contemporaneamente e con la stessa intensità, essendo questo l’unico tipo di
approccio che razionalmente potrebbe portare ad esito favorevole delle tre patologie. Il che però è spesso molto vagamente interpretato. Prima di tutto perché il
costo di un simile approccio terapeutico, che include sempre in contemporanea
psichiatri, psicologici e psicoterapeuti specializzati, nutrizionisti, internisti e,
occasionalmente, altri specialisti che prendano in carico specifiche patologie
organiche, comporta la creazione di nuclei diagnostico-terapeutici a un costo
che la sanità riesce raramente ad affrontare. E quindi si cerca di supplire con
gruppi terapeutici ridotti che tendono sempre a portare avanti in prima battuta il
proprio approccio scientifico, ovviamente con risultati del tutto scadenti.
Come si struttura una terapia integrata? Essa si compone di contemporaneo
trattamento con terapia nutrizionale, psicoterapie e farmacoterapie che possono essere praticate in ambiente ambulatoriale, in day hospital, in ricovero
ospedaliero. L’ambiente ambulatoriale è sempre preferibile, perché il paziente
continua a vivere nel mondo esterno e deve affrontare tutte le difficoltà che
l’hanno portato all’evolversi della patologia in atto. E quindi la terapia conduce il malato attraverso uno specifico percorso di adattamento al mondo esterno e di accettazione della vita così com’è. Si ricorre al ricovero ospedaliero
solo quando il paziente non riesce assolutamente ad affrontare la terapia da
solo, oppure la famiglia non capisce lo svolgersi della terapia e più o meno
inconsciamente si oppone ad essa. In questo caso il paziente deve essere assolutamente ricoverato in ambiente specializzato e unicamente dedicato al trattamento dei DCA, essendo i reparti psichiatrici generali del tutto inadatti al
trattamento di queste patologie. Il ricovero ospedaliero può essere dettato
dalla gravità delle alterazioni fisiche dei pazienti, tali da far presagire a breve
termine un esito letale. In questo caso è indispensabile un ricovero in medici-
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na interna, ambiente più dotato dei mezzi e delle competenze atte ad intervenire sulle patologie organiche letali. In questo caso però il paziente deve essere anche supportato da cure psichiatriche che lo appoggino nell’accettazione
di pratiche terapeutiche di rinutrizione e di ripresa rapida del peso, che terrorizzano il malato. Il day hospital è in genere usato come completamento del
ricovero ospedaliero, prima di riammettere il paziente nel mondo esterno.
TERAPIA NUTRIZIONALE
Ogni centro per la cura dei DCA segue delle proprie linee guida nutrizionali.
Nell’AN, in caso di ricovero ospedaliero in reparto di medicina con paziente
in fase premortale si ricorre sempre ad una terapia parenterale per via venosa
o enterale con sondino nasogastrico, utilizzando sacche nutritizie a contenuto
percentuale ben preciso dei vari componenti (protidi, glucidi, lipidi, vitamine,
minerali, acqua). Le dosi debbono essere graduali e la somministrazione lenta
per non provocare un carico idrico e metabolico troppo rapido a cui il sistema
gastroenterico o circolatorio devono adeguarsi gradualmente. È importante
tentare di associare anche l’assunzione diretta di cibi perché il paziente si riabitui a recepire il sapore dei cibi, masticare, inghiottire, digerire e assorbire i
vari alimenti. Nel caso di ricovero in ambiente ospedaliero specializzato o in
day hospital gli schemi di nutrimento possono variare, ma tendono in genere a
stabilire un percorso che il paziente anoressico deve conoscere ed accettare
con graduale riassunzione quantitativa e qualitativa dei cibi, oppure con
immediata ripresa del mangiare normale. Entrambi i sistemi possono essere
validi ed avere esiti positivi, ma sono praticabili nei pazienti che accettano lo
schema terapeutico proposto dal centro. Cioè pazienti che abbiano compreso
l’indispensabilità della terapia nutrizionale e sono decisi ad affrontarla. Che
fare dei pazienti che rifiutano il ricovero o il day hospital, e sono sospettosi e
resistenti anche al trattamento ambulatoriale? Si tenta in genere di iniziare il
percorso terapeutico con una psicoterapia e/o farmacoterapia per portare gradualmente a rivedere la propria posizione, e per procedere poi ad una lenta e
graduale ripresa di una corretta alimentazione.
Anche nella BN e nel BED la terapia nutrizionale si impone, perché in genere i pazienti tendono a ridurre o annullare i pasti normali per compensare gli
effetti delle crisi bulimiche, finendo con l’essere carenti di indispensabili elementi nutritizi di base (in specie proteine e vegetali), con lo sviluppo di vera
fame che va a sommarsi alle crisi bulimiche, e di vari dismetabolismi. Il
paziente va riportato subito ad una nutrizione normale nei tre pasti principali,
evitando spuntini intermedi che in genere scatenano le crisi bulimiche.
PSICOTERAPIE
Sono state tentate numerose psicoterapie nei DCA, la maggior parte delle
volte con esiti inconsistenti. Le psicoterapie più praticate oggi sono sostanzialmente quattro, con esiti buoni nella BN e nel BED e molto meno nell’AN.
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Descritta per la prima volta da Fairburn1 per il trattamento della BN, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) ha avuto enorme successo sia in
campo ospedaliero-day hospital che ambulatoriale. Essa consiste di procedure atte a sviluppare un pattern nutritizionale regolare e sufficiente, che includa anche cibi evitati perché temuti per il loro ipotetico potere ingrassante. A
questo fa seguito l’insegnare ad acquisire meccanismi di adeguamento a
situazioni di rischio di abbuffate e pratiche purgative, e atte a modificare attitudini anomale non solo a riguardo dell’alimentazione, ma anche dei rapporti
col mondo famigliare ed esterno. Infine, viene insegnato al paziente ad
apprendere e seguire procedure specifiche per evitare le ricadute. Il trattamento è limitato nel tempo, ed è orientato alla soluzione dei problemi irrisolti del paziente, e alla sua capacità di affrontare la vita2-4. In genere il trattamento è efficace nel 50-60% dei casi, ovviamente associato ad una terapia
nutrizionale corretta. La CBT agisce non solo sul sintomo bulimico ma sembra essere efficace sulla psicopatologia della BN in genere.
Nell’AN la CBT è stata utilizzata seguendo lo schema usato nella depressione5-9 con l’intento di modificare i pensieri negativi e gli assunti disfunzionali
riguardanti l’alimentazione e il peso. I risultati ottenuti sono complessi e
relativamente scarsi, anche se questa terapia sembra ridurre o eliminare le
ricadute, troppo frequenti in queste malattie.
Il trattamento del BED crea particolari problemi in dipendenza del fatto che la
cura della psicopatologia è centrale per la guarigione della malattia e richiede
psicoterapie o farmacoterapie che sono entrambi efficaci sui sintomi psichici
della malattia. Ma non su quelli fisici, cioè in particolare sull’aumento del
peso che può raggiungere nel tempo livelli molto elevati, accompagnati dalla
sindrome metabolica che ne deriva (diabete, ipercolesterolemia, ipertensione).
I pazienti chiedono sempre per prima cosa di eliminare questi aspetti fisici
della malattia, e tuttavia finché i disturbi psichici non sono affrontati e risolti
quelli fisici non sono in alcun modo correggibili. La CBT è stata adattata a
partire dallo schema per la BN2,10. Essa intende sviluppare un pattern regolare
di alimentazione con assunzione moderata di cibi, evitando le diete restrittive
tipicamente scelte da questi pazienti. Si tenta inoltre di far sviluppare al
paziente delle attitudini cognitive più adeguate e delle abilità comportamentali di approccio a situazioni ad alto rischio per abbuffata, modificando l’eccessiva preoccupazione disfunzionale per il peso e l’aspetto fisico.
ANORESSIA E BULIMIA
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Psicoterapia cognitivo-comportamentale
Psicoterapia interpersonale
La psicoterapia interpersonale (ITP) è una terapia focalizzata esclusivamente
sui meccanismi di relazione interpersonali, con poca o nulla attenzione a
modificare abbuffate e pratiche purgative, alimentazione disturbata ed esagerata preoccupazione per peso e forma corporea11. Problemi specifici di alimentazione sono visti come mezzo per comprendere il contesto interpersonale che si crede sia la causa dei DCA. Nella BN, la ITP è efficace come e non
più della CBT nel ridurre le abbuffate, ma è meno efficace per le pratiche
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purgative, per l’abuso di diete restrittive e per il disturbato rapporto con l’immagine corporea e il peso. Nel tempo però la ITP sembra raggiungere un’efficacia analoga alla CBT nella BN, essendo efficace in circa il 44% dei casi,
riducendo le abbuffate nel 95%, e il vomito nel 91% dei casi2,12.
Non si hanno dati molto significativi per l’uso di ITP nell’AN. Nel BED
l’ITP ha dimostrato di essere altrettanto efficace della CBT10,13.
Psicoterapia familiare
Una serie di studi al Maudsley Hospital di Londra, forse il centro più famoso
per la cura dei DCA, ha messo in evidenza come problemi disfunzionali
familiari siano spesso implicati nello sviluppo e nel mantenimento dell’AN.
E ha costruito la psicoterapia familiare, sulla scorta di rilievi e di una metodica presentata a suo tempo da Selvini Palazzoli14.
Nell’AN i pazienti usano la malattia per allontanare la famiglia da aspettative
di sviluppo che minacciano l’integrità familiare, oppure la usano per raggiungere una loro autonomia, o come diversivo per evitare conflitti in seno alla
famiglia. La psicoterapia familiare è molto valida solo in pazienti anoressici
infantili-adolescenziali, portando ad una significativa riduzione della comunicazione negativa e nei conflitti. Con la terapia la famiglia viene coinvolta e
posta in prima linea nel trattamento dei pazienti anoressici. Questo tipo di
terapia non sembra efficace nella BN e non è mai stata praticata nel BED.
Psicoterapia psicodinamica
La terapia psicodinamica presuppone che i DCA siano espressione di una
difesa dall’ansia causata da un conflitto inconscio, e quindi che il portare alla
luce questi conflitti possa essere la base per la loro guarigione e il totale
risolversi dei DCA. La terapia, applicata nella AN, nella BN e nel BED,
chiarisce ai pazienti le modalità relazionali alterate, le difese e i conflitti che
sono base e causa del disturbo alimentare e, attraverso un percorso molto
lungo, dovrebbe portare a risolvere sia il problema interpersonale sia quello
alimentare. Tale terapia può seguire il tipo di intervento psicoanalitico classico, oppure un tipo molto modificato, specifico per i DCA. Non esistono a
tutt’oggi dati statistici significativi per valutare l’efficacia di questo tipo di
terapia, che tuttavia sembra funzionare in un numero molto ristretto di
pazienti AN, BN e BED15.
L’auto-aiuto e l’auto-aiuto guidato
Negli ultimi anni sono stati proposti e molto usati dei testi di auto-aiuto per
la soluzione personale dei DCA, AN e BN, per i pazienti e per le loro famiglie. I testi possono essere usati direttamente dai pazienti (auto-aiuto) o con
il supporto di uno specialista (auto-aiuto guidato). Essi propongono dei percorsi terapeutici che il paziente e la sua famiglia debbono seguire giorno per
giorno, che consistono nel loro complesso di un intervento di tipo cognitivo
e comportamentale molto semplificato. Questo sistema è efficace solo in casi
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molto recenti e non molto gravi sia di AN che di BN, con una guarigione
circa nel 24% dei casi di AN e nel 56% dei casi di BN16.
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La necessità di praticare una farmacoterapia dei DCA è stata suggerita dall’osservazione che la terapia nutrizionale pura e le varie psicoterapie avevano effetti positivi con completa guarigione dalle malattie solo in una percentuale limitata di casi e sempre attraverso dei percorsi terapeutici molto prolungati e con dei tempi di latenza inaccettabili nelle patologie gravi. Le farmacoterapie sono state proposte anche sulla scorta del riconoscimento di
alterazioni biochimiche cerebrali ben specifiche nell’AN e nella BN, tali da
richiedere e imporre una correzione farmacologica.
Le farmacoterapie praticate sono di due tipi. La prima è orientata a curare le
comorbilità che si associano molto facilmente ai DCA, aggravandoli e spesso interferendo molto negativamente sull’andamento delle patologie di base
e sull’efficacia delle terapie praticate. Le comorbilità più frequenti sono rappresentate da depressione maggiore e bipolare, da malattie d’ansia, da disturbi di personalità, e da assunzione di sostanze dopanti, quest’ultima specie
nella BN e nel BED. La loro terapia è quella specifica che si attua nelle patologie sopracitate, deve essere praticata subito fin dall’inizio di ogni approccio terapeutico specifico dei DCA e prolungata fino alla sparizione o alla
messa sotto controllo delle comorbilità stesse, o essere continuata sempre,
secondo le regole terapeutiche di queste patologie. Il secondo tipo di farmacoterapia è quella che prende in considerazione specificamente i sintomi psicopatologici dei DCA, per correggerli ed eliminarli. I farmaci più usati sono
elencati qui a seguito.
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FARMACOTERAPIE
Farmaci antidepressivi
Nell’AN sono stati somministrati antidepressivi triciclici (amineptina, nortriptilina, desimipramina, clorimipramina, amisulpride), gli inibitori specifici
del reuptake della serotonina (SSRI) (fluoxetina, citalopram, sertralina,
paroxetina) o gli inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina (venlafaxina), con risultati nel complesso abbastanza deludenti17-26. Va specificato che le terapie farmacologiche sono state praticate in genere non per correggere una specifica alterazione biochimica cerebrale, ma piuttosto per analogia con altre psicopatologie con alcuni aspetti simili a quelli dell’AN. E in
particolare per correggere la presenza di sintomi depressivi e d’ansia, che
effettivamente si riducono significativamente, alleggerendo la gravità della
psicopatologia tipica dei DCA. Questo può essere già considerato un elemento favorevole eliminando dei sintomi che sono presenti in quasi tutti i
pazienti anoressici e che interferiscono fortemente sull’andamento della
malattia e sulla risposta alle terapie, ma non è sufficiente. Va poi tenuto
conto anche del fatto che queste terapie sono quasi sempre state somministrate per periodi brevi, in gruppi di pazienti eterogenei, ricercando una gua97
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rigione globale della malattia mentre in genere non è stato preso in considerazione l’effetto dei farmaci su specifici gruppi di sintomi. Infatti, là dove
questo approccio è stato attuato, si è evidenziato che i farmaci usati agivano
su alcuni sintomi e quasi mai sulla malattia in toto.
Anche nella BN sono stati usati farmaci antidepressivi triciclici (imipramina,
amineptina, desimipramina, clorimipramina) ed SSRI (fluoxetina, fluvoxamina), il trazodone, la moclobenemide, la reboxetina, la nomifensina, il
bupropione e farmaci anti-MAO, con risultati molto positivi ed una recessione della malattia nel 50-60% circa dei casi, in una percentuale cioè abbastanza simile a quella ottenuta con le psicoterapie e in particolare con la CBT26-30.
Anche in questi studi però le terapie sono state praticate per periodi di tempo
relativamente brevi, e si è sempre riportato l’effetto globale dei farmaci e
non quello su singoli gruppi di sintomi.
Va sottolineato che le farmacoterapie si sono rilevate particolarmente indicate nelle forme di BN molto gravi, con episodi di bulimia e vomito molto frequenti nelle 24 ore e di tale violenza da non permettere un approccio psicoterapeutico valido. In questi casi, l’iniziare il trattamento con una farmacoterapia può attutire la violenza della malattia e permettere l’uso di psicoterapie.
Nel trattamento del BED sono stati somministrati antidepressivi triciclici
(desimipramina, imipramina), SSRI (fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina,
sertralina, citalopram) o gli inibitori del reuptake di serotonina-noradrenalina
(venlafaxina)26,31-38, con risultati positivi sulla patologia psichica ma nessun
effetto sul peso e sulla sindrome metabolica.
Farmaci antipsicotici
Nell’AN gli antipsicotici tipici sono stati somministrati sulla scorta della
osservazione che tali farmaci esplicano un’azione ingrassante nei pazienti
psicotici. I farmaci dapprima somministrati sono stati gli antipsicotici tipici
(pimozide, sulpiride, amisulpiride, cloropromazina)39-41, con risultati a breve
termine positivi sulla ripresa del peso, ma del tutto negativi sulla psicopatologia tipica della malattia.
Recentemente si è ricorso agli antipsicotici atipici (risperidone, olanzapina).
Gli effetti globali sulla malattia non sono stati eclatanti, ma si è osservato che
alcuni gruppi sintomatologici riportavano effetti netti di miglioramento. In particolare con l’olanzapina si è osservato un miglioramento significativo dei sintomi depressivi e ansiosi, ma anche dell’ossessività compulsività (in particolare del pensiero anoressico), dell’ostilità, del disturbo dell’immagine corporea,
del pensiero delusionale e della perdita di percezione realistica26,42-44.
Non si hanno dati sul trattamento della BN e del BED con farmaci antipsicotici.
Farmaci misti
Nell’AN è stata somministrata ciproeptadina45, nell’ipotesi che la riduzione
del senso di sazietà indotta dal farmaco potesse influire sull’aspetto nutrizionale dei pazienti, con risultati modesti e non confermati. Lo zinco è stato
somministrato per stimolare la fame, senza nessun risultato46. Infine sono
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Nel complesso, lo studio dei dati terapeutici riportati in letteratura sulle terapie
dei DCA lascia piuttosto sconcertati e decisamente delusi. Anche là dove, infatti,
si sono osservati degli effetti nettamente positivi, con guarigione totale di AN,
BN e BED, ciò è avvenuto in piccoli gruppi di pazienti e la percentuale di soggetti veramente guariti è sempre stata decisamente troppo esigua per essere considerata soddisfacente. Per non parlare del fenomeno delle ricadute delle malattie, che
si presentano in una percentuale di pazienti tanto elevata da mettere sinceramente
in dubbio l’efficacia dei nostri trattamenti. Le varie scuole per lo studio dei DCA
sostengono l’importanza di usare l’una o l’altra terapia, ma nel complesso dobbiamo dire che non vi è una sostanziale differenza fra i risultati dei vari approcci
terapeutici, se non nel caso singolo. Che fare allora? Il trattamento dei DCA,
nutrizionale, psicoterapeutico o farmacoterapico, va integralmente rivisitato,
prendendo in considerazione vari punti, a nostro parere determinanti.
Anzitutto la scelta terapeutica deve essere sempre mirata ad uno specifico
scopo. È noto che i pazienti DCA presentano delle alterazioni biochimiche
cerebrali che vanno corrette per ottenere la funzionalità cerebrale appropriata
alle necessità dell’individuo. È possibile che queste alterazioni siano conseguenza di alterazioni geniche, per ora non completamente chiare e certamente
non modificabili, ma è possibile correggere le alterazioni neurotrasmettitoriali
e neuropeptidiche che sono sempre presenti nei DCA e talora si prolungano
ben dopo la loro guarigione, probabilmente essendo alla base delle ricadute.
Correggerle è certamente indispensabile, ma prima va evidenziato di che cosa
siano responsabili queste alterazioni dal punto di vista sintomatologico e prognostico, onde sapere chiaramente che cosa sia responsabile degli aspetti dei
DCA, fisici e psicologici, e quindi sapere cosa potremo correggere intervenendo con i nostri trattamenti sulla biochimica cerebrale. Se questo è chiaro e
indiscutibile per le farmacoterapie, a nostro parere lo è anche per le psicoterapie. Ben poco si è fatto a tutt’oggi per capire dove e come agiscano le psicoterapie a livello cerebrale, e non vi è da stupirsi quindi se esse non sono, e non
saranno mai, efficaci indistintamente in tutti i pazienti con DCA. Questo
aspetto va affrontato quanto prima, poiché non si può continuare a curare dei
sintomi e non le cause che li hanno determinati.
Il secondo punto riguarda i protocolli di trattamento. Va detto subito che la
maggior parte dei protocolli usati per le farmacoterapie non è appropriata,
essendo praticata per dei tempi troppo brevi per essere significativi. E comun-
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CONCLUSIONI: LA TERAPIA INTEGRATA
ANORESSIA E BULIMIA
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stati fatti degli sporadici tentativi terapeutici con antagonisti oppioidi (nalozone, naltrexone), sali di litio e preparati ormonici (ormone somatotropo,
estrogeni) senza risultati significativi26.
Nella BN sono stati somministrati sali di litio, anticonvulsivanti, preparati
antifame (fenfluramina, topiramato) ed l-triptofano, senza risultati evidenti26.
Il BED è stato trattato con preparati regolatori della fame e della sazietà, in
particolare con topiramato e sibutramina con effetti positivi sulle crisi bulimiche, ma non sugli aspetti più strettamente psicopatologici della malattia47,48.
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que va controllato durante ciascun trial farmacologico dove il farmaco agisca
dal punto di vista biochimico e quali siano i sintomi che vengono coinvolti in
ciascun trattamento come conseguenza di una manipolazione biologica ben
precisa. Cosa che è stata fatta ben di rado. Lo stesso va fatto per le psicoterapie, di cui è indispensabile studiare il meccanismo biologico d’azione, globalmente e per ogni gruppo sintomatologico. E infine anche per la terapia nutrizionale va chiarito quali siano gli aspetti psicopatologici che vengono modificati dalla rinutrizione, e attraverso quale meccanismo ciò avviene.
A tutt’oggi i trattamenti a nostra disposizione sono stati usati per risolvere le
patologie DCA nella loro totalità. Con risultati per lo più negativi, poiché il
più delle volte siamo riusciti ad ottenere dei miglioramenti netti di alcuni
aspetti dei DCA ma ben più di rado di tutte le sindromi nel loro complesso
globale. E questa a nostro parere è la ragione degli insufficienti risultati ottenuti a tutt’oggi, sia nei pazienti in toto sia in ciascun paziente. Questo significa solo che dobbiamo studiare di nuovo e dal principio e con una metodica di
approccio del tutto diversa tutte le nostre terapie e le prossime che verranno.
Che fare oggi, subito, davanti ad una massa di pazienti sempre più in crescita,
sempre più disperati, sempre più soli davanti alla malattia? Non abbiamo
molto, ma forse per ora la sola risposta valida è la “terapia integrata”.
Come già detto più sopra, il concetto di terapia integrata è stato proposto con
significati diversi, per lo più come associazione di terapia nutrizionale e psicoterapie. È chiaro che l’associazione di terapia mirata all’aspetto fisico della
malattia, nutrizionale, e quella diretto alla correzione dell’aspetto strettamente
psicopatologico, psicoterapie, è già un approccio razionalmente valido. Ma
non è ancora sufficiente perché non piglia in considerazione le alterazioni biochimiche cerebrali che sono presenti durante tutto il decorso delle malattie e
talora anche a lungo dopo la loro recessione, essendo probabilmente responsabili per le troppo frequenti ricadute. Non sappiamo quali siano i loro significati
patogenetici, ma esse debbono essere corrette se vogliamo ottenere uno stato
psicofisico normale. Quindi una terapia integrata deve sempre e comunque utilizzare anche la farmacoterapia in associazione con la psicoterapia e la terapia
nutrizionale. Sono ben pochi a tutt’oggi gli studi così strutturati, e anche quando il protocollo praticato era apparentemente corretto, il trattamento era spesso
non abbastanza prolungato, o le osservazioni fisiche e psichiche non sufficienti
a chiarire il reale effetto di queste terapie. Recentemente, noi abbiamo pubblicato uno studio in pazienti anoressiche trattate con terapia nutrizionale, CBT e
olanzapina, in cui avevamo largamente studiati gli effetti psicologici della terapia, quelli fisici e la risposta della dopamina alla somministrazione del farmaco
antidopaminergico, correlando quest’ultima al miglioramento psicofisico44.
Indipendentemente dai risultati specifici psicofisici osservati nei nostri pazienti
riteniamo che questo tipo di studio abbia dato un apporto metodologico significativo, indicando come deve essere strutturato un protocollo terapeutico, e
cosa ci si può attendere da questo tipo di approccio.
Lo studio dei trattamenti dei DCA è aperto a nuove linee guida. Quello che
sappiamo per ora è che le nostre attuali terapie debbono essere riviste per
essere adattate alle realtà eziopatogenetiche e sintomatologiche dei pazienti.
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Il trattamento integrato dei disturbi del comportamento alimentare