SECONDA UNIVERSITÀ DEGLI STUD DI NAPOLI
DIPARTIMENTO DI LETTERE E BENI CULTURALI
ANNO ACCADEMICO 2014/2015
DIRITTO DELL’UNIONE
PROF.AVV. G IANMARCO C AROZZA
7-10 maggio 1947
Congresso dell'Aia: riunione dei movimenti federalisti
europei
5 maggio 1949
Nasce, con il trattato di Strasburgo, il Consiglio d'Europa
9 maggio 1950
Il piano Schuman suggerisce ai paesi europei di stabilire una
politica comune per le industrie del carbone e dell'acciaio
18 aprile 1951
Nasce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA); vi
aderiscono Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi
25 marzo 1957
Con i trattati di Roma le comunità europee diventano tre: nascono
infatti la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per
l'energia atomica (EURATOM), che vanno ad aggiungersi alla CECA
9-10 dicembre 1974
Creazione del Consiglio europeo, al quale partecipano i capi di stato e di
governo dei paesi membri
7-10 giugno 1979
Prime elezioni del Parlamento europeo con suffragio universale
1° luglio 1987
Entra in vigore l'Atto unico europeo
1° novembre 1993
Entra in vigore il trattato sull'Unione Europea
1° gennaio 1994
Con l'istituzione dell'Istituto monetario europeo (Banca centrale europea) ha
inizio
la seconda fase dell'unione economica e monetaria
26 marzo 1995
Entra in vigore l'accordo di Schengen tra sette paesi dell'UE (Belgio,
Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna)
15 giugno 1997
Consiglio europeo di Amsterdam; conclusione della Conferenza
intergovernativa
Maggio 1998
Nascita ufficiale dell'euro, la moneta unica europea. Vi aderiscono 11
paesi dell'Unione Europea; Danimarca, Gran Bretagna e Svezia non
aderiscono per propria scelta politica, mentre la Grecia non soddisfa i
criteri di convergenza stabiliti dal trattato di Maastricht
07.12.2000
Trattato di Nizza e firma della Carta fondamentale dei diritti
dell’uomo
1° luglio 2002
L'euro è l'unica moneta in circolazione nei paesi dell'UME
 Il 70% della legislazione nazionale è originato o influenzato dalla legislazione comunitaria
 La preminenza del diritto comunitario è stato affermato nella sentenzaCosta – Enel (1964)
 Atto Unico Europeo, 1986, nasce l’idea di un mercato unico, tut avia nonostante l’adesione a tale
mercato, gli stati riescono a porre ostacoli all a libera circolazione delle merci (e talvolta vengono
sanzionati per ciò). Art. 2 sancisce formalmente l’esistenza del Consiglio europeo
 La Corte di Giustizia e competente a pronunciarsi sulla legit imità, non sul merito (per il primo pilastro
sì)
Il sistema giuridico dell’Unione Europea è quel complesso di norme che disciplina i rapporti tra gli stati
membri dell’Unione, tra questi e le istituzioni nonché tra le istituzioni, gli stati membri ed i singoli. Si tratta
di norme che hanno natura diversa:
1. Natura Internazionale :
 Trattati istitutivi
 Trattati che modificano i trattati istitutivi
 Accordi conclusi tra la comunità ed una organizzazione internazionale,
1. Natura comunitaria/intergovernativa:
 Regolamenti
 Direttive
 Decisioni
 atti di tipo intergovernativo: 2 e 3 pilastro
Direttiva dell'Unione europea
La direttiva, nell'ambito del diritto dell'Unione europea, è uno degli atti di diritto dell'Unione
europea che il Parlamento europeo, congiuntamente con il Consiglio dell'Unione europea, può
adottare per l'assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di
armonizzazione delle normative degli stati membri.
È così prevista normativamente:
« La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi »
(art. 288 TFUE, 3° comma)
La direttiva obbliga gli stati membri a un determinato risultato, il legislatore nazionale sceglierà i
mezzi per ottenerlo. La direttiva non può essere applicata parzialmente: essa è vincolante solo per
quanto riguarda gli obiettivi da conseguire. Essa si differenzia dal regolamento perché
quest'ultimo si applica direttamente agli stati membri, la direttiva deve essere prima recepita. Il
recepimento consiste nell'adozione di misure di portata nazionale che consentono di conformarsi
ai risultati previsti dalla direttiva.
L'elemento principale della direttiva è, pur essendo un atto vincolante, la portata individuale che
la contraddistingue dal regolamento, invece generale: i destinatari dell'atto normativo sono un
singolo o un numero definito di stati membri, anche se non sono mancate cosiddette direttive
generali rivolte a tutti gli stati. Il fine principale di questa fonte del diritto comunitario è
l'avvicinamento degli istituti giuridici riguardanti date materie tra gli Stati dell'Unione.
Regolamento dell'Unione europea
Il regolamento dell'Unione europea è un atto di diritto dell'Unione europea così descritto:
« Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e
direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri »
(art. 288 comma 2 TFUE)
Si tratta di un atto giuridico vincolante, diretto non solo agli stati membri, ma anche ai
singoli.
Cosiddetti "self-executing", sono direttamente applicabili nel senso che, a differenza delle
direttive, non necessitano di alcun atto di recepimento o di attuazione, che sarebbe superfluo
e anzi incompatibile, in quanto la trasposizione di un regolamento in un atto di diritto interno
finirebbe per oscurare la natura di diritto dell'Unione europea, con effetti relativi alla
possibilità di proporre rinvio pregiudiziale, e all'efficacia nel tempo del regolamento stesso.
La diretta applicabilità tuttavia non esclude che il Consiglio, o più spesso la Commissione, ed
eccezionalmente gli Stati (questo può verificarsi qualora ad esempio agli stati sia demandato
di stabilire l'entità delle sanzioni o altri oneri) intervengano con dei provvedimenti integrativi
o d'esecuzione del regolamento. I giudici nazionali li applicano direttamente, eventualmente
anche al posto delle disposizioni interne incompatibili.
I regolamenti sono obbligatori in ogni loro elemento (obbligatorietà integrale), nel senso che
gli Stati membri hanno l’obbligo di applicarli integralmente, senza deroghe o modifiche di
sorta.
Di regola sono dotati di efficacia diretta sia verticale sia orizzontale, ma se sono privi
di sufficiente precisione o non sono incondizionati questa è esclusa.
Gli atti normativi dell'UE si caratterizzano per il fatto di non essere il risultato di
accordi intervenuti tra Stati (come nel caso dei Trattati), ma di essere l'esito di
attività di organi della Comunità Europea. In altre parole, la caratteristica
fondamentale di queste norme è quella di provenire non da attività di natura
convenzionale, ma da attività di natura istituzionale.
Gli organi principali della Comunità, sotto il profilo della produzione normativa,
sono il Consiglio, la Commissione e il Parlamento ; accanto ad essi ha però assunto
un ruolo di crescente importanza la corte di giustizia, poiché alcuni suoi interventi e
interpretazioni le hanno di fatto conferito una funzione che non può essere limitata
alla semplice attuazione e interpretazione del diritto comunitario, ma partecipa anche
alla" creazione " di questo diritto.
Tra questi organi sono il Consiglio e il Parlamento Europeo i centri formali della
approvazione legislativa comunitaria.
L'azione del consiglio e del parlamento si esprime, sotto il profilo normativo,
attraverso l'emanazione di regolamenti e direttive.
La proposta del progetto di regolamento o di direttiva è solitamente preceduta da un'ampia
consultazione tra gli organi comunitari ed è inoltre accompagnata da un rapporto, nel quale
sono contenute valutazioni che sono alla base della proposta stessa.
Il ruolo del parlamento europeo è oggi però al centro di un importante dibattito istituzionale
finalizzato ad attribuirgli poteri più consistenti.Il più recente trattato, Lisbona, ha cercato di
attribuire un ruolo di maggiore spicco al parlamento. Tale partecipazione è oggi realizzata
attraverso quattro procedure differenti : la consultazione, la concertazione, la cooperazione
e la coodecisione. Il parlamento diviene titolare di un vero e proprio potere di veto sui
provvedimenti che il consiglio intenda emanare in maniera difforme rispetto alle indicazioni
del Parlamento.
I regolamenti e gli altri atti del Unione Europea valgono in tutti i paesi membri.
L'iter legislativo
Sul piano formale, i regolamenti devono essere motivati e far riferimento a proposte e pareri previsti
obbligatoriamente, dopodiché devono essere firmati dal presidente del Parlamento europeo e dal
presidente del Consiglio dell'Unione europea, ovvero solo da quest'ultimo se è approvato
esclusivamente dal Consiglio, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, prima di
entrare in vigore 20 giorni dopo.
Con la Costituzione europea i regolamenti comunitari avrebbero dovuto prendere il nome di "legge
europea", ma il trattato di Lisbona ha ripristinato la denominazione corrente.
Direttiva dell'Unione europea
La direttiva, nell'ambito del diritto dell'Unione europea, è uno degli atti di diritto dell'Unione
europea che il Parlamento europeo, congiuntamente con il Consiglio dell'Unione europea, può
adottare per l'assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di
armonizzazione delle normative degli stati membri.
È così prevista normativamente:
« La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi »
(art. 288 TFUE, 3° comma)
La direttiva obbliga gli stati membri a un determinato risultato, il legislatore nazionale sceglierà i
mezzi per ottenerlo. La direttiva non può essere applicata parzialmente: essa è vincolante solo per
quanto riguarda gli obiettivi da conseguire. Essa si differenzia dal regolamento perché
quest'ultimo si applica direttamente agli stati membri, la direttiva deve essere prima recepita. Il
recepimento consiste nell'adozione di misure di portata nazionale che consentono di conformarsi
ai risultati previsti dalla direttiva.
L'elemento principale della direttiva è, pur essendo un atto vincolante, la portata individuale che
la contraddistingue dal regolamento, invece generale: i destinatari dell'atto normativo sono un
singolo o un numero definito di stati membri, anche se non sono mancate cosiddette direttive
generali rivolte a tutti gli stati. Il fine principale di questa fonte del diritto comunitario è
l'avvicinamento degli istituti giuridici riguardanti date materie tra gli Stati dell'Unione.
La direttiva non è obbligatoria in tutti i suoi elementi, in quanto, dettando solo un obbligo di
risultato, lascia spazio all'iniziativa normativa di ogni stato cui è diretta. La libertà dello
Stato non è assoluta in quanto deve garantire l'effetto voluto dall'Unione: se ad esempio
deve modificare una materia disciplinata da fonti primarie (leggi e atti aventi "forza di
legge") non può farlo attraverso fonti regolamentari.
Allo Stato è inoltre posto un obbligo di stand still: nel periodo antecedente il termine di
attuazione non può adottare atti in contrasto con gli obiettivi della direttiva. Lo Stato deve
inoltre, in fase di recepimento, comunicare la forma e i mezzi attraverso i quali la direttiva è
stata recepita sì da permettere, nel caso, alla Corte di giustizia dell'Unione europea di
valutare se i mezzi adottati corrispondono al principio di certezza del diritto.
Effetti della Direttiva Europea
La Corte di giustizia ha stabilito che in determinate circostanze (termine scaduto senza attuazione,
disposizioni di precettività immediata e sufficientemente precise) le direttive, pur non essendo
direttamente applicabili, possono avere effetti diretti (caratteristica propria anche di alcune
disposizioni dei trattati), possono cioè essere idonee a creare situazioni giuridiche soggettive in
capo ai singoli e prendono il nome di direttive dettagliate. Tale interpretazione è nota anche come
principio dell'effetto utile cioè nel riservare agli atti dell'Unione la maggiore efficacia possibile
nella realizzazione degli obiettivi dell'Unione, efficacia che sarebbe compromessa se alle
posizioni giuridiche attribuite da una direttiva inattuata ai singoli non fosse concesso tutela
giurisdizionale.
L'idoneità a produrre effetti diretti di una direttiva inattuata è solo "verticale": le situazioni
giuridiche soggettive che essa pone in capo ai singoli possono essere fatte valere solo nei
confronti degli organi statali (in quanto responsabili dell'inadempimento). Si tratta dunque di una
sanzione a carico dello Stato che non può più pretendere l'adempimento di un dovere imposto ai
singoli che sia in contrasto con tale atto.
Le norme (contenute in direttive) prive di effetti diretti, in quanto carenti dei
requisiti di chiarezza, precisione e carattere incondizionato, assumono rilevanza
nell'ordinamento in via indiretta grazie all'obbligo di interpretazione conforme
che è posto in capo ai giudici nazionali e all'effetto legato alla responsabilità
dello Stato per violazione del diritto dell'Unione europea. Tale ultimo effetto,
affermatosi con la sentenza Francovich del 1991, impone che lo stato sia tenuto
a risarcire il danno causato al singolo dalla mancata attuazione di una direttiva
priva di effetti diretti a tre condizioni:
che sia volta a conferire dei diritti ai singoli;
che vi sia una grave e manifesta violazione del diritto (la Corte la presume per il
fatto stesso della mancata attuazione da parte dello stato);
che vi sia la presenza di un danno.
Con la Costituzione europea le direttive comunitarie avrebbero assunto il nome
di legge quadro europea. Tuttavia, con la bocciatura della Costituzione europea
e con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si è ritornati alla dicitura
originale.
Decisione dell'Unione europea
Le decisioni costituiscono la terza categoria degli atti vincolanti dell'Unione europea così
previste:
« La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria
soltanto nei confronti di questi. »
(art. 288, comma 4 TFUE)
Con le modifiche introdotte ai trattati dal trattato di Lisbona, le decisioni, che secondo la
previgente disciplina avevano necessariamente destinatari individuati, possono assumere
anche portata generale, assumendo caratteristiche di tipo organizzativo (ex art. 17 TUE, il
Consiglio europeo può, con decisione, modificare il numero dei membri della Commissione
europea, ad esempio).
I destinatari individuati possono essere Stati, gruppi di Stati, e persone fisiche e giuridiche.
Rivolte agli Stati sono simili alle direttive, ma lasciano loro molta meno discrezionalità;
rivolte, invece, ai singoli, costituiscono un titolo esecutivo come stabilito dall'art. 299
TFUE. Nella prassi, questo tipo di provvedimento è frequentemente adottato dalla
Commissione europea in ambito di concorrenza.
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Slides prima lezione diritto UE