Torbiere e altri habitat di zone umide 373 TORBIERE 7110 7140 7150 7210 7220 7230 Torbiere alte attive * Torbiere di transizione e instabili Depressioni su substrati torbosi del Rhynchosporion Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae * Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) * Torbiere basse alcaline Introduzione Questi tipi di habitat sono stati evidenziati in una categoria a sé stante, nonostante possano essere inclusi fra gli habitat di acqua dolce, per la notevole rarità e l’eccezionale importanza scientifica. Si tratta di habitat in via di forte rarefazione che hanno subito una progressiva riduzione per cause sia naturali sia antropiche. Essi ospitano numerose specie rare e minacciate nella loro sopravvivenza, talvolta Sistema complesso di torbiera con mosaici di habitat riferibili a 7110, 7140, 7230 e 6430 nella Riserva delle Agoraie (foto S. Marsili). 374 Atlante degli Habitat isolate testimonianze di eventi paleogeografici, come le glaciazioni, che hanno modellato le nostre regioni e influito sulla storia dei popolamenti naturali e umani. Questi habitat possono avere avuto origine diversa, ma poiché i processi con cui si sono formati sono stati molto lenti, essi risalgono, nella maggior parte dei casi a migliaia di anni fa. Possono presentare aspetti connessi con l’acqua da un legame più o meno diretto, ma quasi sempre esigono che l’acqua sia sempre presente nei livelli più superficiali. Questi aspetti si possono presentare come cinture di caratteristiche zonazioni attorno agli specchi di acqua libera e confinare verso l’esterno con formazioni erbacee igrofile già precedentemente descritte. Nell’Europa centro-settentrionale essi possono ricoprire superfici più estese di quanto avvenga in Italia e si presentano con un corteggio di specie molto più ricco di specie esclusive. Nella fisionomia degli habitat giocano un ruolo essenziale diverse specie di briofite, in particolare quelle chiamate comunemente sfagni, che possono trattenere enormi quantità d’acqua e cederle gradualmente alle piante. Sotto il profilo scientifico è da evidenziare anche la componente faunistica che, come la flora, può includere specie a gravitazione boreale o artico-alpina; notevole infine è l’interesse per il ruolo di questi habitat come “archivi” storici che riuniscono informazioni importanti sulle vicende geografiche e biologiche del passato nei depositi di pollini e spore fossili, di cui essi sono i custodi naturali. Le torbiere della Liguria In Liguria sono individuabili con certezza cinque tipi di “torbiera”: le torbiere alte attive, le torbiere di transizione e instabili, le depressioni su substrati torbosi del Rhynchosporion, le torbiere basse alcaline e le formazioni con Cladium mariscus. Inoltre, anche se non di vere e proprie torbiere si tratta, sono inclusi in questo gruppo le sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion), segnalate per la prima volta grazie all’osservazione di Marco Alberti e Fulvio Dente sulle Alpi Liguri. La localizzazione di questi habitat in Liguria sui confini tra la regione biogeografica continentale e quella mediterranea evidenzia la loro straordinaria importanza nonostante si presentino generalmente impoveriti e frammentati. Sono habitat altamente vulnerabili e dotati di scarsa e comunque lenta capacità di autorigenerazione, soggetti a evolvere verso formazioni erbacee ed erbaceo-arbustive a causa dei processi naturali di interramento. Il loro stato di conservazione nella nostra regione è mediamente soddisfacente, con locali situazioni di rischio dovute all’estrema riduzione delle superfici e di degrado dovute ad attività di pascolo e danni da parte di cinghiale. Buono Medio Cattivo n.v. 7110 7140 7150 7210 7220 7230 Totali % 0 0 0 0 0 1 1 4,5 1 3 3 3 2 4 16 72,7 0 0 0 0 0 5 5 22,7 0 0 0 0 0 0 0 0 Stato di conservazione delle torbiere dell’Allegato I dir 92/43 (numero di siti) La gestione delle torbiere Gli obiettivi per questo tipo di habitat sono sempre di rigorosa conservazione, intendendo questa non come semplice inattività, ma come un complesso di azioni mirate al mantenimento delle caratteristiche e delle funzioni delle torbiere. Ciò può essere favorito dal fatto che molte di queste sono Torbiere e altri habitat di zone umide 375 all’interno di parchi regionali (dell’Aveto, del Beigua, di Montemarcello-Magra), soggetti che sono consapevoli della loro importanza e che spesso hanno dato prova di voler conservare e valorizzare questo patrimonio ambientale. Il mantenimento degli habitat di torbiera dipende per gran parte dal regime idrico e quindi dall’equilibrio fra apporti e deflussi, che può essere monitorato e condizionato favorevolmente con piccoli interventi, purché scientificamente controllati nei loro effetti. Nelle schede seguenti è stato dedicato un dettaglio maggiore che altrove, alle tecniche di intervento per conservare questi habitat, ma sarebbero auspicabili ulteriori approfondimenti e sperimentazioni sulle possibilità di aumentare la superficie di paludi e torbiere, di rallentare i processi di interramento e di costruire nuovi sistemi torbigeni. Aspetto quasi monofitico ad Equisetum in Val d’Aveto (foto S. Marsili). 376 7110 Atlante degli Habitat Torbiere alte attive * Particolare di torbiera riferibile a 7110 nella Riserva delle Agoraie (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide Codici 51.1 Torbiere alte quasi naturali > > # > # > 377 Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 C1.4/P-51.13 Pozze di torbiera alta C1.4/P-51.15 Lagg D1.1 Torbiere alte D1.1/P-51.1 Torbiere alte attive, relativamente non danneggiate G5.6 Stadio iniziale naturale e seminaturale dei boschi e del rinnovamento G5.6/P-51.16 Torbiera alta preforestale Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Torbiere acide, ombrotrofiche, povere in nutrienti minerali, sostenute soprattutto dalla pioggia con un livello idrico generalmente più alto di quello delle falde idriche circostanti, con vegetazione perenne dominata da pittoresche “collinette” di Sphagna che portano alla crescita della torbiera (Erico-Sphagnetalia magellanici, Scheuchzerietalia palustris p., Utricularietalia intermedio-minoris p., Caricetalia fuscae p.). Il termine “attivo” deve essere riferito a un’area significativa con vegetazione che normalmente sta costituendo torba, sono comprese anche torbiere dove la formazione attiva di torba è temporaneamente ferma, come dopo un incendio o durante un ciclo climatico naturale, un periodo di aridità. Piante: Erico-Sphagnetalia magellanici - Andromeda polifolia, Carex pauciflora, Cladonia spp., Drosera rotundifolia, Eriophorum vaginatum, Odontoschisma sphagni, Sphagnum magellanicum, Sphagnum imbricatum, Sphagnum fuscum, Vaccinium oxycoccos; nella regione boreale anche Betula nana, Chamaedaphne calyculata, Calluna vulgaris, Ledum palustre e Sphagnum angustifolium. Scheuchzerietalia palustris p., Utricularietalia intermedio-minoris p., Caricetalia fuscae p. - Carex fusca, Carex limosa, Drosera anglica, Drosera intermedia, Eriophorum gracile, Rhynchospora alba, Rhynchospora fusca, Scheuchzeria palustris, Utricularia intermedia, Utricularia minor, Utricularia ochroleuca; nella regione boreale anche Sphagnum balticum e Sphagnum majus. Animali: Libellule - Leucorrhinia dubia, Aeshna subartica, Aeshna caerulea, Aeshna juncea, Somatochlora arctica, Somatochlora alpestris. Farfalle - Colias palaeno, Boloria aquilonaris, Coenonympha tullia, Vacciniina optilete, Hypenodes turfosalis, Eugraphe subrosea. Ragni - Pardosa sphagnicola, Glyphesis cottonae. Formiche - Formica transkaucassia [sic!]. Grilli/cavallette - Metrioptera brachyptera, Stethophyma grossum. Note: Allo scopo di facilitare la conservazione di questo ecosistema sul suo areale geografico e la sua diversità genetica, può essere necessario includere le aree marginali di minore qualità, come risultato di danno o degradazione, ma a contatto con torbiere alte attive e, dove praticabile, rigenerarle. In Europa vi è un numero estremamente basso di torbiere attive intatte o quasi intatte, eccetto che in Finlandia e Svezia dove le torbiere attive sono il tipo di complesso paludoso predominante nelle regioni emiboreali e boreali meridionali. Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è presente con sicurezza solo nella RNO delle Agoraie. Aspetti d’incerta attribuzione sono rilevabili nei territori del “Gruppo” di Voltri e del Massiccio del Beigua. Caratteri generali Si tratta di habitat o complessi di habitat, talora eterogenei sotto il profilo della copertura vegetale. Carattere comune è la presenza di processi torbigeni in atto o momentaneamente sospesi. La maggior parte delle torbiere di questa categoria sono acide, fortemente oligotrofe (con scarsissima disponibilità di nutrienti) ed ombrotrofiche, cioè con alimentazione idrica dipendente solo o quasi dagli apporti meteorici. Ciò non esclude che corrispondano a mosaici in cui alcune tessere si differenziano per apporti idrici superficiali e maggiore disponibilità di nutrienti assimilabili. La costruzione della torba dipende direttamente dalla produzione di biomassa di alcune specie vegetali. Mentre nei paesi dell’Europa centro-settentrionale, con apporti meteorici particolarmente abbondanti e continui, questi habitat possono occupare estese superfici, 378 Atlante degli Habitat in Italia e in particolare in Liguria, dove sono al limite meridionale della loro distribuzione, si presentano come frammenti impoveriti di ridotte dimensioni nell’ambito di complessi di torbiera con habitat non solo ombrotrofici e acidofili, ma insieme con aspetti neutro-alcalini di torbiere basse o di transizione. La presenza di specie della classe Oxycocco-Sphagnetea (pressoché assente in Liguria) e l’abbondanza di cuscini di sfagni nelle torbiere rappresenta un indicatore importante per l’identificazione di aspetti riferibili all’habitat 7110. Essi sono, infatti, tra gli elementi vegetali maggiormente connessi agli apporti idrici meteorici (sia di pioggia, sia di precipitazione occulte) che evidenziano processi di ombrotrofizzazione e di indipendenza dal suolo per l’alimentazione della disponibilità dei minerali. In alcuni mosaici di torbiera questi aspetti a sfagno riferibili all’habitat 7110 possono essere limitati solo a pochi metri quadrati e sono associati ad habitat di torbiera definibili con altri codici (7140, 7150). Nelle depressioni si ritrovano specie vegetali come Menyanthes trifoliata, Eriophorum angustifolium, Lycopodiella inundata, con esigenze ecologiche particolari. In Liguria aspetti riferibili a 7110 sono presenti sicuramente, seppure con tessere ridotte, in Val d’Aveto e, con aspetti di incerta attribuzione, in alcune zone umide del Beigua e del Gruppo di Voltri. Fondamentale per l’identificazione è l’esistenza di cuscini di sfagno e l’alimentazione esclusivamente o prevalentemente ombrotrofica rilevabile con l’assenza o la riduzione dei contatti fra lo strato muscinale (a sfagno) e l’orizzonte minerale del suolo. La presenza o meno di altre specie dipende da diversi fattori e soprattutto dalla presenza di depressioni (con o senza acqua di scorrimento) e dai contatti con altri habitat e con altri aspetti di torbiera. L’habitat, insieme con altri, partecipa a sistemi che ospitano diverse specie di anfibi quali Triturus spp. e Rana temporaria e di artropodi (in particolare odonati, lepidotteri, ditteri). Nelle pozze si rinvengono larve diverse di invertebrati. Specie guida Piante Drosera rotundifolia, Carex fusca, Rhynchospora alba, Trichophorum cespitosum, Sphagnum fuscum, S. palustre, S. capillifolium, Aulacomnium palustre, Menyanthes trifoliata, Eriophorum angustifolium, Lycopodiella inundata. Animali Triturus spp, Rana temporaria, specie diverse di odonati. Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat più tipicamente riferibili a 7110 sarebbero inquadrabili nella classe Oxycocco-Sphagnetea, per la quale in Liguria non è mai stato segnalato alcun aspetto vegetazionale, ma la cui presenza con aspetti molto impoveriti e frammentari caratterizzati da Sphagnum non è del tutto esclusa. A complessi di habitat riferibili a 7110 partecipano però anche tessere inquadrabili nella classe Scheuchzerio-Caricetea fuscae, della quale è invece nota con sicurezza la presenza, seppure con aspetti frammentari e impoveriti. Lo schema sintassonomico è il seguente: ÿTorbiere alte attive ancorché frammentarie lComunità a sfagno su suoli torbosi con collegamenti, seppure deboli, con la classe Oxycocco palustris-Sphagnetea magellanici ° Comunità montane a sfagno con vegetazione riferibile allo Sphagnion medii (S. magellanici) lComunità ad emicriptofite e geofite, su suoli torbosi, da oligotrofi a mesotrofi, collinari o montane riferibili alla classe Scheuchzerio palustris-Caricetea fuscae ° Habitat di torbiera alta attiva con vegetazione riferibile al Rhynchosporion albae ° Habitat di torbiera alta attiva con vegetazione riferibile al Caricion lasiocarpae 379 Torbiere e altri habitat di zone umide Aspetti dinamici e potenzialità Gli aspetti ottimali di questo habitat caratterizzati da cuscini di sfagno derivano da quelli propriamente acquatici ed evolvono verso aspetti più asciutti. Anche se non si dispone d’informazioni al riguardo sui popolamenti liguri, in analogia con quanto rilevato altrove, è probabile che nelle zone umide a sfagno si verifichi o si sia verificata una successione Sphagnum subsecundum ‡ Sphagnum palustre ‡ Sphagnum capillifolium. In Liguria è invece comune osservare gli stadi di colonizzazione dei cuscini a sfagno operata da specie acidofile proprie dei molinieti e delle lande umide a calluna (Calluna vulgaris, Parnassia palustris, Potentilla erecta, ecc.), da giovani piante di Frangula alnus e di Alnus glutinosa. Rapporti con l’utilizzo del territorio Gli unici esempi di questo habitat ricadono all’interno della Riserva Naturale Orientata delle Agoraie, in un contesto forestale pubblico, per il quale sono state avanzate proposte tese a una maggiore fruizione ecoturistica. Importanza L’importanza scientifica della torbiera attiva in Liguria è eccezionale per la sua rarità, nonostante la frammentarietà e l’impoverimento che l’habitat 7110 subisce a causa della posizione geografica marginale. Proprio questa è tra le principali ragioni dell’interesse scientifico e conservazionistico. Si tratta di un habitat che ospita specie molto rare a livello regionale e talora a scala territoriale più ampia (appenninica). Eccezionale è inoltre il ruolo per le attività trofiche e riproduttive di diversi animali legati all’acqua e alle comunità igrofile (anfibi e alcuni insetti, soprattutto). Data la scarsa estensione e la difficile raggiungibilità, l’habitat non riveste alcun valore economico per l’estrazione di torba. Particolare importanza ha invece in relazione al ruolo come principale elemento d’attrazione culturale della Riserva Naturale Orientata delle Agoraie. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è di livello medio. La vulnerabilità dell’habitat 7110 è molto elevata e la resilienza è purtroppo bassa. Le osservazioni ripetute nel corso di 25 anni hanno evidenziato variazioni dipendenti dalla diversa disponibilità idrica registrabile nel corso dei diversi anni, più che da un progressivo e continuo inaridimento (Mariotti et al., in stampa). Per la tutela della torbiera delle Agoraie sono stati eseguiti in passato interventi per mantenere in efficienza briglie in pietra garantendo un idoneo livello dell’acqua. Altri interventi di asportazione della torba eseguiti per “ringiovanire” la vegetazione hanno invece sortito effetti negativi per l’habitat. Le norme previste dalla istituzione e dal Piano del Parco dell’Aveto garantiscono la conservazione dell’habitat. Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 0 1 0 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 1 0 0 0 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. Stante il regime di protezione vigente, i rischi maggiori derivano da: ßevoluzione naturale della vegetazione con espansione delle specie legnose, ßriduzione della disponibilità idrica per cause naturali o antropiche, ßdanni da ungulati selvatici. 380 Atlante degli Habitat Qualora si procedesse a modificare le attuali forme di fruizione, si aggiungerebbero altri rischi, fra i quali quelli derivanti da un eccesso di frequentazione. Tecniche di identificazione e valutazione La complessità dell’habitat e il suo impoverimento in Liguria rendono particolarmente difficile la sua identificazione e distinzione rispetto ad aspetti di torbiera riferibili a 7140, 7150 e 7230. L’individuazione dell’habitat dipende principalmente dall’analisi fitosociologica e dall’accertamento dei processi di formazione della torba. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida (in primo luogo le specie di Sphagnum e quelle degli Scheuchzerio-Caricetea); ßla struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per odonati, ortotteri e lepidotteri; ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche del suolo con particolare riguardo a: livello idrico, tessitura, tipo di torba, nutrienti, conducibilità, disponibilità di ossigeno, pH; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie meno igrofile; ßla comparsa e la tendenza delle specie e legnose; ßla continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ßla presenza di contatti catenali e seriali. Lycopodiella inundata in depressione dell’habitat 7110 nella Riserva delle Agoraie (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide 381 Indicazioni gestionali La rarità e l’importanza di questo habitat per la Liguria evidenzia la necessità di piani di gestione dettagliati con una programmazione nell’immediato e nel lungo termine. In ogni caso occorre evitare drasticamente captazioni e movimentazioni di terreno che determinano l’inaridimento delle aree, evitare qualsiasi trasformazione nella destinazione d’uso delle aree, evitare interventi come la forestazione o la messa a coltura. Molte di queste misure generali dovrebbero riguardare non solo le aree su cui insiste direttamente l’habitat, ma il contesto e il bacino che esse sottendono. Obiettivi Gli obiettivi sono obbligatoriamente di rigorosa conservazione, che non significa assenza assoluta di interventi, ma adozione delle misure più idonee a conservare nel tempo l’habitat. Qualora il monitoraggio evidenziasse problemi di conservazione dell’habitat, occorre aggiornare gli obiettivi privilegiando le azioni per il miglioramento o il ripristino. Subordinatamente, un obiettivo ulteriore è rappresentato dalla valorizzazione a scopo didattico-educativo. Interventi Per il raggiungimento degli obiettivi di conservazione dell’habitat 7110 in linea generale possiamo citare: ßadozione di misure rigorose di tutela; ßeventuali interventi per la regolazione di afflussi e deflussi idrici programmati in base ai risultati dei monitoraggi; ßeventuali recinzioni nell’ambito di programmi di tutela e valorizzazione; ßlimitazioni drastiche al pascolo laddove esistente; ßeventuali attività circoscritte di sfalcio, di pascolo gestito o di decespugliamento; ßcontenimento del cinghiale e altri ungulati; ßpotenziamento della sorveglianza. Ogni eventuale intervento dovrebbe essere studiato in funzione dei risultati del monitoraggio dei livelli della falda e della qualità dell’acqua, nonché di altri parametri inerenti gli aspetti biologici. Fondamentale risulta quindi proprio il controllo quantitativo dell’acqua e in particolare il bilancio tra afflussi e deflussi che può essere regolato scegliendo in linea di massima fra tre soluzioni progettuali – briglia viva in legname e pietrame – paratoia mobile – viminata Briglia in legname (da Ciuffardi e Mariotti, 2006). 382 Atlante degli Habitat La briglia viva in legname e pietrame è un’opera d’ingegneria naturalistica di consolidamento, di modeste dimensioni trasversali, a struttura piena. Per le briglie di minori dimensioni, si potrà alternare alle travi di legno viminate o fascinate vive, ben fissate al terreno di fondazione e ai pali di sostegno mediante picchetti di legno e legature metalliche. La funzione di questo tipo di sbarramento sarà quella di regolare il flusso idrico in modo da ampliare la superficie di ristagno dell’acqua, per l’insediamento delle specie proprie di habitat idro-igrofili. Dimensioni e localizzazione devono essere attentamente definite nella fase progettuale. La seconda soluzione è rappresentata da una paratoia mobile (saracinesca) in legno di dimensioni di circa 50-60 cm, realizzata in tavole di 4 cm di spessore, con funzione di valvola per regolare la quantità d’acqua da far convogliare nella canaletta di scolo o di afflusso della superficie di allagamento. Anche in questo caso, dimensioni e localizzazioni vanno attentamente definite in fase progettuale, ma occorre prevedere anche le competenze per l’azionamento del manufatto. Infine la terza soluzione è rappresentata da una viminata, lunga circa 3 m, costituita da paletti infissi nel terreno e verghe intrecciate. La collocazione strategica in un solco d’impluvio a valle della zona umida su versante non acclive (ben diversa da quella di frequente impiego normalmente destinata al consolidamento dei versanti in erosione) permette il trattenimento del deflusso, mentre posta sul versante a monte della zona umida contribuisce a trattenere il terreno evitando l’accentuarsi dei processi d’interramento. Dimensioni e localizzazioni andranno, anche in questo caso, definite nel dettaglio in fase progettuale. In alternativa alla viminata, nei casi di maggiore importanza si potrà procedere realizzando briglie in massi o modificando briglie esistenti. In alcuni casi, per regolare l’apporto idrico, può essere sufficiente una piccola modellazione degli impluvi o interventi di carattere “manutentivo”. Tali azioni vanno comunque attentamente progettate e in linea di massima calibrate alle singole situazioni. Possono essere rappresentate da: semplici interventi di rimozione di blocchi pietrosi o terrigeni che limitano l’afflusso idrico; approfondimento o riduzione della profondità; allargamento o restringimento dei solchi di impluvio; modellazione degli stessi secondo linee di poco divergenti dalle attuali; piccole opere di ingegneria naturalistica che aumentano il convogliamento delle acque e il trattenimento dei solidi sospesi. Poiché l’efficacia dello sfalcio ai fini della conservazione dell’habitat è controversa e molti autori non condividono questa pratica, essa potrà eventualmente avvenire solo nell’ambito di sperimentazioni su aree limitatissime comparabili con aree adiacenti non sottoposte a sfalcio. Paratoia mobile (da Ciuffardi e Mariotti, 2006). Torbiere e altri habitat di zone umide 383 Viminata (da Ciuffardi e Mariotti, 2006). Per le modalità di sfalcio si rimanda alla scheda dell’habitat 7230. Anche altri interventi come la decapitazione manuale o meccanica dei suoli (décapage) o il pascolo devono essere sottoposti a sperimentazione su aree molto ristrette e valutate nella loro efficacia prima di essere eventualmente riproposte su superfici più ampie (Dupieux, 1998). Per le modalità d’intervento a questo riguardo si rimanda alla scheda dell’habitat 7150. Anche il pascolo può essere impiegato per il controllo di specie legnose o erbacee (Calluna, Molinia, Scirpus, ecc) che predispongono l’habitat alla senescenza e alla trasformazione; in questi casi si dovrebbe procedere con un carico iniziale molto ridotto (0,2-0,3 UBA/Ha) per 2/10 giornate all’anno. Altri eventuali interventi positivi potrebbero essere lo sradicamento di arbusti o piante arborescenti (salici, pini, sorbi, ecc) che invadono la torbiera, o in alternativa il taglio degli stessi e il trattamento dei monconi con trichlopyr, ovviamente con la massima precauzione e nel periodo di discesa della linfa. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 7110 è nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione dell’area protetta e per l’unico sito in cui esso è presente sono disponibili diverse pubblicazioni divulgative e audiovisivi, che meritano comunque aggiornamenti. Visite guidate alla RNO delle Agoraie, se riservate a studenti motivati e secondo le regole vigenti contribuiscono a diffondere le conoscenze su questo habitat. Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad altissima risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ßcensimento di specie guida vegetali o animali, con particolare riguardo agli sfagni, agli odonati e ai lepidotteri eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione del livello idrico; ßmisurazione dell’incremento della torba; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il suolo. 384 Atlante degli Habitat Gli indici da calcolare possono essere: ß Variazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ß Ricchezza specifica; ß Consistenza delle specie guida; ß Presenza e consistenza di specie estranee all’habitat, in particolare di specie preforestali e forestali; ß Presenza e sviluppo lineare di contatti seriali e catenali; ß Profondità del livello idrico. Il monitoraggio è estremamente importante e dovrebbe essere pianificato in modo adeguato; esso richiederebbe controlli con cadenza annuale. Ricerca Primi insediamenti di Carex successivi allo stadio iniziale a Potamogeton (foto S. Marsili). L’habitat è stato oggetto di studi floristici e fitosociologici (Aita et al., 1979). Occorre innanzitutto procedere all’aggiornamento di tali studi e ad approfondimenti sulla consistenza delle specie più rare e degli sfagni; è essenziale la raccolta e l’analisi di dati finalizzati a stabilire le relazioni tra vegetazione e livello idrico. Inoltre sono da avviare o completare censimenti micologici e faunistici. Aspetto iniziale a Potamogeton che ha colonizzato l’area precedentemente occupata da aspetti di torbiera 7110 e 7230, drasticamente asportati con interventi sperimentali avvenuti circa 15 anni prima nella Riserva delle Agoraie (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide Torbiere di transizione e instabili Aspetto a Menyanthes trifoliata di torbiera riferibile a 7140 in Val d’Aveto (foto S. Marsili). 385 7140 386 Atlante degli Habitat Codici 54.5 Zone umide [mires] di transizione < > > > > > > > > > > > > > > > > Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 D2.3 Zone umide di transizione e terreni umidi instabili [aggallati] D2.3/P-54.51 Tappeti erbosi cespitosi a Carex lasiocarpa D2.3/P-54.52 Terreni umidi instabili a Carex diandra D2.3/P-54.53 Terreni umidi instabili a Carex rostrata D2.3/P-54.54 Tappeti erbosi cespitosi a Carex limosa D2.3/P-54.55 Tappeti erbosi cespitosi a Carex chordorrhiza D2.3/P-54.56 Tappeti erbosi cespitosi a Carex heleonastes D2.3/P-54.57 Terreni umidi instabili a Rhynchospora alba D2.3/P-54.58 Aggallati di Sphagnum e Eriophorum D2.3/P-54.59 Aggallati di Menyanthes trifoliata e Potentilla palustris D2.3/P-54.5A Zone umide a Calla palustris D2.3/P-54.5B Tappeti di muschi bruni D2.3/P-54.5C Terreni umidi instabili ad Eriophorum vaginatum D2.3/P-54.5D Terreni umidi instabili a Molinia coerulea D2.3/P-54.5E Calamagrostis stricta D2.3/P-54.5F Terreni umidi instabili a Scirpus hudsonianus (Trichophorum alpinum) D2.3/P-54.5G Terreni umidi instabili iberici Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Comunità torbigene sviluppate sulle superfici di acque da oligotrofiche a mesotrofiche, con caratteristiche intermedie tra i tipi soligeni e ombrogeni. Esse presentano un’ampia e diversificata gamma di comunità vegetali. In grandi sistemi torbosi, le comunità più evidenti sono formazioni cespitose barcollanti, tappeti natanti o zone umide instabili [aggallati] formati da carici di media e bassa taglia, associati con sfagni o muschi bruni. Essi sono generalmente accompagnati da comunità acquatiche e anfibie. Nella regione boreale questo tipo di habitat comprende torbiere [fens] minerotrofiche che non sono parte di un largo complesso palustre, paludi aperte e piccole torbiere nella zona di transizione tra acqua (laghi, stagni) e suolo minerale. Queste zone umide e torbiere sono riferibili all’ordine Scheuchzerietalia palustris (tappeti oligotrofici natanti tra gli altri) e Caricetalia fuscae (comunità instabili, “barcollanti”). Sono comprese comunità oligotrofiche di interfaccia fra acqua e terreno con Carex rostrata. Piante: Eriophorum gracile, Carex chordorrhiza, Carex lasiocarpa, Carex diandra, Carex rostrata, Carex limosa, Scheuchzeria palustris, Hammarbya paludosa, #Liparis loeselii, Rhynchospora alba, Rhynchospora fusca, Menyanthes trifoliata, Epilobium palustre, Pedicularis palustris, Sphagnum sp. (Sphagnum papillosum, Sphagnum angustifolium, Sphagnum subsecundun, Sphagnum fimbriatum, Sphagnum riparium, Sphagnum cuspidatum, Calliergon giganteum, Drepanocladus revolvens, Scorpidium scorpioides, Campylium stellatum, Aneura pinguis). Note: Comunità anfibie associate (22.3, Comunità anfibie a macrofite), torbiere (54.2, torbiere ricche e 54.4, torbiere acide), torbiere (51.1, torbiere alte quasi naturali; 51.2, torbiere a molinia cerulea) o terreni erbosi umidi (37.2, Formazioni erbacee eutrofiche umide; 37.3, Formazioni erbacee oligotrofiche umide). Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è presente, seppure con superfici limitate, nelle zone umide della Val d’Aveto, del “Gruppo” di Voltri e del Massiccio del Beigua. Caratteri generali Si tratta di habitat o complessi di habitat igrofili, talora eterogenei, con caratteri intermedi fra le torbiere basse minerotrofiche (soligene) e quelle alte ombrotrofiche (ombrogene). Presentano, cioè, alimentazione idrica che in parte deriva dalla falda e dall’acqua di scorrimento superficiale e in parte Torbiere e altri habitat di zone umide 387 dalle precipitazioni. La disponibilità di nutrienti dipende dal grado di collegamento fra gli apparati radicali e il suolo; queste torbiere presentano infatti sia zone instabili galleggianti (aggallati) sviluppatesi sul pelo dell’acqua sia zolle consolidate e ancorate al substrato minerale. Pertanto questi habitat hanno carattere intermedio fra le torbiere oligotrofiche e quelle mesotrofiche. I processi torbigeni possono essere ancora in atto, ma con incrementi ridotti e per lo più avviati a conclusione. Rispetto al pH le torbiere riferibili al codice 7140 sono prevalentemente neutrofile o acidofile, ma comprendono aspetti neutrobasofili o indifferenti. Si presentano spesso come mosaici con tessere differenti collegate a variazioni micromorfologiche e del reticolo idrico e talora in associazione con habitat riferibili ad altri aspetti di torbiera (7110, 7150) e a molinieti umidi. In quasi tutti gli aspetti delle torbiere di transizione e instabili si osserva una dominanza di carici di media taglia (in primo luogo Carex fusca e C. rostrata), fra cui si sviluppa uno strato di muschi pleurocarpi, epatiche e sfagni e si inseriscono specie diverse come Menyanthes trifoliata e Rhynchospora alba. In Liguria questi habitat si sviluppano nel piano montano in zone con apporti idrici significativi. Rispetto a quanto si osserva nel centro Europa si presentano con corteggi floristici più poveri e superfici più ridotte (da uno a poche centinaia di metri quadrati), ma non per questo di minore importanza. Carattere essenziale per l’identificazione è una relativa indipendenza dell’alimentazione da parte delle precipitazioni; questo carattere è infatti importante per distinguere 7140 da 7110. Tra gli invertebrati, nelle pozze di torbiera troviamo cladoceri, copepodi, larve diverse di ditteri, di tricotteri, di odonati (queste ultime formidabili predatori), efemerotteri, plecotteri, eterotteri, coleotteri acquatici come i ditiscidi e gli idrofilidi. Al di fuori dell’acqua, tra le erbe, gli invertebrati più diffusi sono gli odonati (libellule), gli ortotteri e i ditteri culicidi; meno numerosi sono i coleotteri (carabidi, stafilinidi e crisomelidi); non mancano ragni e gasteropodi. Una densa concentrazione di piccoli organismi si trova alla base dei cespi delle carici e dei giunchi. Con l’eccezione dei microlepidotteri, scarsa è la presenza dei lepidotteri; Carex fusca è pianta nutrice della nottua Deltote uncula. I vertebrati comprendono tritoni (Triturus spp.), Rana temporaria, natrice (Natrix natrix), piccoli toporagni. Specie guida Piante Carex fusca, C. rostrata, C. pauciflora, Cladium mariscus, Drosera rotundifolia, Eriophorum angustifolium, E. latifolium, Lycopodiella inundata, Menyanthes trifoliata, Parnassia palustris, Rhynchospora alba, Trichophorum cespitosum, Utricularia minor, Viola palustris, Sphagnum contortum, Campylium stellatum, Bryum pseudotriquetrum. Animali Triturus spp., Rana temporaria, Natrix natrix, Deltote uncula, numerosi inverterbrati acquatici. Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat più tipicamente riferibili a 7140 s’inquadrano nella classe Scheuchzerio-Caricetea fuscae, della quale in Liguria si osservano solo aspetti frammentari e impoveriti. Quasi tutti gli aspetti di 7140 sono riferibili all’ordine Caricetalia fuscae che rappresenta le torbiere “tremolanti” al passo, mentre rarissimi sono gli aspetti galleggianti inquadrabili nell’alleanza Scheuchzerietalia. Lo schema sintassonomico è il seguente: ÿTorbiere di transizione instabili ancorché frammentarie riferibili agli Scheuchzerio palustris-Caricetea fuscae lTorbiere di transizione instabili riferibili agli Scheuchzerietalia palustris ° Habitat di torbiera di transizione con vegetazione riferibile al Rhynchosporion albae ° Habitat di torbiera di transizione con vegetazione riferibile al Caricion lasiocarpae lTorbiere di transizione instabili riferibili ai Caricetalia fuscae 388 Atlante degli Habitat Aspetti dinamici e potenzialità Le torbiere di transizioni succedono agli stadi acquatici e svolgono un ruolo di primo piano nei processi d’interramento. In Liguria si assiste, a seconda dei luoghi, o a una discreta stabilità o a una evoluzione indirizzata verso i prati umidi a molinia e le lande a calluna; l’interramento viene segnalato anche dall’ingresso di specie legnose come Salix elaeagnos, Frangula alnus, Alnus glutinosa. Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat ricade in ambiti montani all’interno di aree protette e in un caso (Agoraie) in una Riserva Naturale Orientata. In diversi casi le aree sono soggette a pascolo, tuttavia la ridotta estensione degli habitat non dovrebbe evidenziare conflittualità, che tuttavia di fatto emergono seppure in modo circoscritto. Importanza Per la sua rarità in Liguria e nell’Italia peninsulare l’habitat 7140 ha notevole importanza scientifica, anche se, per la posizione geografica marginale, si presenta su superfici ridotte e frammentate. Fondamentale è la presenza di questo habitat per la conservazione di diverse specie idro-igrofile sia vegetali, sia animali. Pressoché nullo l’interesse economico produttivo, salvo il ruolo di elemento di attrazione culturale per il turismo focalizzato sui valori naturalistici. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è di livello medio, anche se non mancano situazioni puntuali di alterazione dovute soprattutto agli effetti di eccessivo calpestio da parte di animali al pascolo e di ungulati selvatici. La vulnerabilità dell’habitat 7140 è molto elevata e la resilienza è purtroppo bassa; la tendenza dello stato conservativo appare indirizzata verso un peggioramento. Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 0 3 0 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 0 3 0 0 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. I rischi maggiori derivano da: ßevoluzione naturale della vegetazione, ßprocessi di interramento e di inaridimento, ßalterazioni indotte dall’eccessiva frequentazione di cinghiale, altri ungulati selvatici e bestiame, ßapporti eccessivi di nutrienti derivanti dal bestiame. I regolamenti e le altre norme vigenti nelle aree protette garantiscono entro certi limiti la conservazione dell’habitat. Tecniche di identificazione e valutazione Gli aspetti liguri non possono certamente essere paragonati a quelli tipici nord-europei; le comunità debolmente torbigene, come alcune comunità a sfagni e le stazioni di Menyanthes trifoliata, si possono inquadrare in questo habitat. La complessità dell’habitat 7140 e il suo impoverimento in Liguria rendono particolarmente difficile la sua identificazione e distinzione rispetto ad aspetti di torbiera riferibili a 7110, 7150 e 7230. L’individuazione dell’habitat dipende principalmente dall’analisi fitosociologica e dall’accertamento dei processi di formazione della torba e di alcune caratteristiche stazionali. Torbiere e altri habitat di zone umide 389 I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida (in primo luogo le specie di Sphagnum e di altre briofite acquatiche, nonché di alcune specie degli Scheuchzerio-Caricetea); ßla struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per odonati, ortotteri e lepidotteri; ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche del suolo con particolare riguardo a: livello idrico, tessitura, tipo di torba, nutrienti, conducibilità, disponibilità di ossigeno, pH; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie meno igrofile; ßla comparsa e la tendenza delle specie legnose; ßla continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ßla presenza di contatti catenali e seriali; ßl’eventuale presenza di attività (sfalcio, pascolo ecc). Indicazioni gestionali L’importanza delle torbiere per la Liguria rende necessari piani di gestione dettagliati con una programmazione nell’immediato e nel lungo termine. Occorre sempre evitare captazioni e movimentazioni di terreno che determinano l’inaridimento delle aree, evitare qualsiasi trasformazione nella destinazione d’uso delle aree e interventi come la forestazione o la messa a coltura. Queste misure generali dovrebbero essere applicate non solo alle aree su cui insiste direttamente l’habitat, ma anche al loro contesto. Obiettivi Per l’habitat 7140 l’obiettivo è ovunque, in Liguria, di conservazione e, subordinatamente, di valorizzazione a scopo didattico-educativo. Interventi Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di conservazione dell’habitat 7140 non sono diversi da quelli proposti per l’habitat 7110; essi riguardano: ßadozione di misure rigorose di tutela; ßeventuali interventi per la regolazione di afflussi e deflussi idrici programmati in base ai risultati dei monitoraggi; ßeventuali recinzioni nell’ambito di programmi di tutela e valorizzazione; ßlimitazioni drastiche al pascolo laddove esistente; ßeventuali attività circoscritte di sfalcio, di pascolo gestito o di decespugliamento; ßcontenimento del cinghiale e altri ungulati; ßpotenziamento della sorveglianza. Fondamentale risulta il controllo dei livelli della falda e della qualità dell’acqua. Ogni eventuale intervento dovrebbe essere studiato prioritariamente in funzione dei risultati del monitoraggio di questi parametri e dei dati inerenti gli aspetti biologici. Poiché l’efficacia dello sfalcio e l’uso del pascolo per il controllo delle piante prenemorali ai fini della conservazione dell’habitat è controversa e molti autori non condividono queste pratiche, esse potranno eventualmente avvenire solo nell’ambito di sperimentazioni su aree limitatissime comparabili con aree adiacenti non sottoposte a tali sperimentazioni. Particolare attenzione dovrà essere prestata per evitare o ridurre al minimo il calpestamento da parte del bestiame e delle persone (visitatori, operatori, ecc). Nel contesto ligure la realizzazione di passerelle per incanalare visitatori come avviene in aree protette del centro e nord Europa non può essere adottata facilmente in quanto l’estensione delle torbiere è molto 390 Atlante degli Habitat più limitata e si andrebbe sicuramente incontro, oltre che a deturpazioni del paesaggio, a frammentazioni e alterazioni significative; è quindi prioritario agire, se necessario, regolando gli afflussi. Anche altri interventi come la decapitazione manuale o meccanica dei suoli (décapage) o il pascolo devono essere sottoposti a sperimentazione su aree molto ristrette e valutate nella loro efficacia prima di essere eventualmente riproposte su superfici più ampie (Dupieux, 1998). Anche il pascolo può essere impiegato per il controllo di specie legnose o erbacee (Calluna, Molinia, Scirpus, ecc) che predispongono l’habitat alla senescenza e alla trasformazione; in questi casi si dovrebbe procedere con un carico limitato a 1 o 2 capi bovini per 2 giornate all’anno. Altri eventuali interventi positivi potrebbero essere lo sradicamento di arbusti o piante arborescenti (salici, pini, sorbi, ecc) che invadono l’habitat o, in alternativa, il taglio degli stessi e il trattamento dei monconi con trichlopyr, ovviamente con la massima precauzione. Per i dettagli delle modalità d’intervento relative alla regolazione dei flussi idrici, al décapage e allo sfalcio si rimanda rispettivamente alle schede degli habitat 7110, 7150 e 7230. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 7140 è abbastanza nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione del territorio. Sono già disponibili materiali editoriali e multimediali divulgativi dedicati alle principali zone umide di cui 7140 fa parte. Maggiori necessità sussistono per la diffusione di informazioni tecniche per la gestione. Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad altissima risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ßcensimento di specie guida vegetali o animali, con particolare riguardo agli sfagni e alle altre briofite igrofile, agli odonati e ai lepidotteri eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione del livello idrico; ßmisurazione dell’incremento della torba; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ßVariazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ßRicchezza specifica; ßConsistenza delle specie guida; ßPresenza e consistenza di specie estranee all’habitat, in particolare preforestali e forestali; ßPresenza e sviluppo lineare di contatti seriali e catenali; ßProfondità del livello idrico. Il monitoraggio è estremamente importante e dovrebbe essere pianificato in modo adeguato; esso richiederebbe controlli con cadenza annuale; ciò esige che debbano essere privilegiate le situazioni a maggior rischio e quelle più rappresentative. Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare gli studi floristici, fitosociologici e faunistici attraverso censimenti ripetuti e di dettaglio che evidenzino le relazioni fra popolamenti vegetali e livelli idrici e i rapporti dinamici fra i diversi aspetti vegetazionali. Particolare importanza hanno gli studi applicati dedicati alla sperimentazione di differenti modalità gestionali e quelli relativi alle tecniche di “habitat restoration”. Torbiere e altri habitat di zone umide Depressioni su substrati torbosi del Rhynchosporion Codici 54.6 Comunità a Rinchospora e fondo fangoso 391 7150 Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 < D2.3 Zone umide di transizione e torbiere instabili [“barcollanti”] = D2.3/P-54.61 Comunità torbose di zone nemorali denudate Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Comunità pioniere altamente costanti di torba umida esposta o, talvolta, sabbia, con Rhynchospora alba, Rhynchospora fusca, Drosera intermedia, Drosera rotundifolia, Lycopodiella inundata, che si forma su aree denudate di torbiere coperte o torbiere alte, ma anche su aree naturalmente drenate- o erose dal gelo di lande umide e torbiere, nelle risorgive e nella zona di oscillazione di pozze oligotrofiche con sabbia, substrato appena torboso. Queste comunità sono simili, e strettamente correlate, a quelle di fossi di torbiera poco profondi (Pal. 51.122) e torbiere di transizione (Pal. 54.57). Piante: Rhynchospora alba, Rhynchospora fusca, Drosera intermedia, Drosera rotundifolia, Lycopodiella inundata. Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è presente nelle zone umide della Val d’Aveto, del “Gruppo” di Voltri e del Massiccio del Beigua. 392 Atlante degli Habitat Caratteri generali Si tratta di habitat igrofili a gravitazione circumboreale - subatlantica legati alle depressioni di limitata profondità (qualche cm) presenti nelle torbiere del piano montano, dove l’acqua può affiorare solo periodicamente, ma il fondo è costituito per lo più da torba (raramente sabbia o limo) con elevato grado di umidità. Altri caratteri distintivi sono la scarsità di nutrienti assimilabili dalle piante (oligotrofia) e il pH acido. La copertura vegetale è in genere continua e dominata da poche specie erbacee perenni di piccola taglia, fra le quali si distinguono Rhynchospora alba, Drosera rotundifolia e localmente Carex limosa, Viola palustris, Lycopodiella inundata. L’estensione di questi habitat è ridotta a pochi metri quadrati, talora differenziati per la presenza esclusiva di una o due specie insediate su substrati torbosi scuri. In alcuni casi oltre alle specie citate si ritrovano strati sottili di sfagno, che tuttavia tendono a svilupparsi maggiormente in cuscinetti ai lati delle depressioni. L’habitat è per lo più accostato ad altri habitat idro-igrofili di torbiera riferibili a diversi codici. La contiguità tra l’habitat 7150 e altri habitat propri delle torbiere unita alla ridotta estensione, comportano l’ingresso di altre specie quali Carex nigra, Eriophorum latifolium, Menyanthes trifoliata. Poiché questo tipo di habitat partecipa, con altri, alla costituzione di sistemi complessi, i popolamenti animali sono approssimativamente quelli descritti per l’habitat 7140. Specie guida Piante Rhynchospora alba, Drosera rotundifolia, Carex limosa, Lycopodiella inundata Animali Odonati, microlepidotteri e ditteri diversi. Rhynchospora alba nella torbiera del Lajone (foto S. Marsili). 393 Torbiere e altri habitat di zone umide Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Gli habitat riferibili a 7150 s’inquadrano nella classe Scheuchzerio-Caricetea fuscae, della quale in Liguria si osservano solo aspetti frammentari e impoveriti. Si tratta in ogni caso di microhabitat propri di depressioni e aspetti di cicatrizzazione in ecomosaici idro-igrofili di torbiere con vegetazione riferibile al Rhynchosporion. Aspetti dinamici e potenzialità Si tratta di comunità che possono essere definite pioniere in relazione al complesso ecosistemico di cui generalmente fanno parte. Esse sono legate infatti a piccole depressioni destinate a colmarsi e quindi soggette alla sostituzione da parte di aspetti di vegetazione relativamente meno igrofila, ma ciò, salvo perturbazioni e apporti solidi imprevisti, avviene in un arco di tempo piuttosto lungo. La velocità con cui si assiste alla progressiva evoluzione della vegetazione dipende da numerosi fattori: la microtopografia, le caratteristiche delle comunità vegetali adiacenti all’habitat 7150, il regime idrologico e l’eventuale trasporto di sedimenti. Non di rado peraltro, si possono osservare puntuali fenomeni di ringiovanimento determinati dalla spontanea formazione di nuove depressioni che possono favorire l’insediamento dell’habitat. Nella maggior parte dei casi l’habitat si colloca in un contesto la cui tappa matura è rappresentata dai boschi del Fagion sylvaticae. Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat ricade in ambiti montani per la maggior parte all’interno di aree protette. In diversi casi le aree interessate sono soggette a pascolo, tuttavia la ridotta estensione degli habitat non dovrebbe evidenziare conflittualità significative. Importanza L’importanza scientifica dell’habitat 7150 in Liguria è eccezionale per la posizione geografica al margine della sua distribuzione e per la sua rarità. Esso contribuisce alla caratterizzazione di zone umide piccole, ma complesse, indispensabili per la vita di diverse specie propriamente idro-igrofile sia vegetali, sia animali, alcune delle quali di elevato valore biogeografico e didattico. Il valore economico a fini produttivi è pressoché nullo. Assai limitato è pure il contributo al paesaggio. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è di livello medio, con situazioni puntuali particolarmente a rischio per l’estrema riduzione delle superfici occupate dall’habitat. La vulnerabilità dell’habitat 7150 è molto elevata e la resilienza è purtroppo bassa; la tendenza dello stato conservativo appare indirizzata verso un peggioramento. Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 0 3 0 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 0 3 0 0 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. I rischi maggiori sono simili a quelli per gli altri habitat di torbiera e derivano da: ßevoluzione naturale della vegetazione, ßprocessi di interramento e di inaridimento, 394 Atlante degli Habitat ßalterazioni indotte dall’eccessiva frequentazione di cinghiale, altri ungulati selvatici e bestiame al pascolo, ßapporti eccessivi di nutrienti derivanti dal bestiame. I regolamenti e le altre norme vigenti nelle aree protette garantiscono abbastanza la conservazione dell’habitat. Tecniche di identificazione e valutazione Come riportato da Lasen (2006) per il Trentino, anche in Liguria e forse maggiormente, la distinzione dell’habitat 7150 rispetto ad altri habitat idro-igrofili (7110, 7140, 7230) che partecipano ai medesimi complessi ecosistemici, non è agevole. L’individuazione dell’habitat dipende principalmente da una attenta analisi fitosociologica e di alcune caratteristiche stazionali. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida (in primo luogo Rhynchospora alba e altre specie del Rhynchosporion); ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche microtopografiche (profondità e sviluppo delle microdepressioni); ßle caratteristiche del suolo con particolare riguardo a: livello idrico, tessitura, nutrienti, conducibilità, disponibilità di ossigeno, pH; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo a quelle meno igrofile; ßla comparsa e la tendenza delle specie legnose; ßla continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ßla presenza e lo sviluppo di contatti catenali e seriali; ßl’eventuale presenza di attività (sfalcio, pascolo ecc). Indicazioni gestionali La rarità e l’importanza degli aspetti frammentari riferibili all’habitat 7150 in Liguria, come per altri aspetti di torbiera, impone la necessità di procedere alla redazione di piani di gestione dettagliati (Mariotti et al., 2005; 2006) da realizzare nel breve e nel lungo periodo. Appare del tutto ovvio che occorre sempre evitare captazioni e movimentazioni di terreno che determinano l’inaridimento delle aree, evitare qualsiasi trasformazione nella destinazione d’uso delle aree e interventi come la forestazione o la messa a coltura con riferimento sia alle aree su cui insiste direttamente l’habitat sia al contesto più ampio. Obiettivi Gli obiettivi per l’habitat 7150 sono ovunque di conservazione; quelli minimi sono indirizzati a conservare gli aspetti residuali dell’habitat nelle attuali condizioni ed estensioni, evitando alterazioni, mentre quelli ottimali a raddoppiare l’estensione delle superfici attualmente occupate, integrando la conservazione con la valorizzazione del ruolo didattico-educativo ed ecologico. Interventi Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di conservazione dell’habitat 7150 non sono molto diversi da quelli proposti per l’habitat 7110 e 7140; tra essi si possono citare: ßadozione di misure rigorose di tutela; ßeventuali interventi per la regolazione di afflussi e deflussi idrici programmati in base ai risultati dei monitoraggi; ßeventuali recinzioni nell’ambito di programmi di tutela e valorizzazione; Torbiere e altri habitat di zone umide 395 ßlimitazioni drastiche al pascolo laddove esistente; ßeventuali attività circoscritte di sfalcio, di pascolo gestito o di decespugliamento; ßcontenimento del cinghiale e altri ungulati; ßpotenziamento della sorveglianza. Fondamentale risulta il controllo dei livelli della falda e della qualità dell’acqua. Ogni eventuale intervento dovrebbe essere studiato prioritariamente in funzione dei risultati del monitoraggio di questi parametri e dei dati inerenti gli aspetti biologici. Poiché l’efficacia dello sfalcio e l’uso del pascolo per il controllo delle piante pre-nemorali ai fini della conservazione dell’habitat è controversa e molti autori non condividono queste pratiche, esse potranno eventualmente avvenire solo nell’ambito di sperimentazioni su aree limitatissime comparabili con aree adiacenti non sottoposte a tali sperimentazioni. Particolare attenzione dovrà essere prestata per evitare o ridurre al minimo il calpestamento da parte del bestiame e delle persone (visitatori, operatori, ecc). Nel contesto ligure la realizzazione di passerelle per incanalare visitatori come avviene in aree protette del centro e nord Europa non può essere adottata facilmente in quanto l’estensione delle torbiere è molto più limitata e si andrebbe sicuramente incontro, oltre che a deturpazioni del paesaggio, a frammentazioni e alterazioni significative; è quindi prioritario agire, se necessario, regolando gli afflussi. Tra gli altri interventi che dovrebbero essere valutati attentamente per ripristinare condizioni con acqua affiorante ferma o a lento scorrimento e relative situazioni di margine con terreno più o meno torboso e/o minerale nudo disponibile per la riespansione degli habitat si può evidenziare la decapitazione (décapage) dei suoli, che, se è il caso, va attentamente pianificata ed eseguita solo su piccolissime superfici. Essa si attua con scavi di solchi o piccole buche a fondo obliquo e l’estirpazione puntuale della vegetazione. Occorre asportare la parte aerea della vegetazione, gli apparati radicali e la lettiera, oltre a porzioni più o meno profonde del suolo per creare delle superfici di suolo denudato dove si possono stabilire le specie pioniere del Rhynchosporion. Si tratta di interventi che richiedono una certa abilità tecnica e possono avere riflessi traumatici per l’ambiente: pertanto non devono essere realizzati, come già detto, se non su piccolissime superfici, al solo scopo di diversificare i microhabitat in maniera puntuale (Dupieux,1998). I criteri da seguire sono i seguenti: a) intervenire prima della primavera per rispettare il ciclo fenologico dei vegetali e preservare la microfauna del suolo; b) posizionare la tessera d’intervento preferibilmente in settori “facili” (assenza di getti o grosse radici), accessibili e lontani da specie vegetali indesiderabili, dotate di forti capacità colonizzatrici (es.: Molinia); c) delimitare con picchetti la zona da sottoporre all’intervento; d) rilevare lo stato iniziale della vegetazione; e) sfalciare la vegetazione soprattutto per eliminare gli individui portasemi delle specie invasive; f) procedere al décapage delle tessere manualmente, per esempio con una zappa, o meccanicamente con l’aiuto di una mini-pala meccanica; in questo caso stabilire degli itinerari precisi che evitino le zone più fragili e impiegare delle tavole ondulate, dei supporti o dei geotessili per preservare il suolo e la vegetazione; g) limitare il décapage a piccole tessere (da 10 à 100 m2 o meno) creando una struttura a mosaico; h) intervenire a una profondità che permetta di ottenere un’umidità permanente; a tal fine realizzare un sondaggio e/o un monitoraggio piezometrico così da stabilire se occorra intervenire lungo le linee di minor pendenza o in gradini per ottenere un gradiente d’umidità nella tessera; i) effettuare, se è il caso per determinare la profondità ottimale d’intervento, un’analisi delle banche dei semi del suolo (mediante carotaggio e messa in coltura della frazione del suolo); j) non abbandonare sul posto il materiale ottenuto col décapage; ripulire e asportare sotto copertura di teloni o tavole ondulate eventualmente con cavallo, mulo o piccoli mezzi a motore in funzione dei volumi asportati; k) gestire un percorso fin dall’inizio degli interventi e predisporre un protocollo di monitoraggio della colonizzazione delle tessere (se possibile col metodo dei quadrati permanenti); l) ripetere eventualmente gli interventi in alcune tessere. 396 Atlante degli Habitat Anche altri interventi, come la decapitazione manuale o meccanica dei suoli (décapage) o il pascolo, devono essere sottoposti a sperimentazione su aree molto ristrette e valutate nella loro efficacia prima di essere eventualmente riproposte su superfici più ampie (Dupieux, 1998). Anche il pascolo sotto rigido controllo può essere impiegato per limitare specie legnose o erbacee invadenti che predispongono l’habitat alla senescenza e alla trasformazione (Calluna, Frangula alnus, Molinia, Scirpus, ecc); in questi casi si dovrebbe procedere con un carico limitato a 1 o 2 capi bovini per 2 giornate all’anno. Altri eventuali interventi positivi potrebbero essere lo sradicamento di arbusti o piante arborescenti (salici, pini, sorbi, ecc) che invadono l’habitat o, in alternativa, il taglio degli stessi e il trattamento dei monconi con trichlopyr, ovviamente con la massima precauzione e nel periodo di discesa della linfa. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 7150 non è sufficientemente nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione del territorio. Appaiono necessarie iniziative di divulgazione indirizzate soprattutto verso i soggetti coinvolti nella gestione delle aree protette e più in generale del territorio, nonché verso operatori del mondo rurale. Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad altissima risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ßcensimento di specie guida, con particolare riguardo a Rhynchospora alba e alle specie del Rhynchosporion o comunque a maggiore igrofilia eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento di elevato dettaglio della topografia; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione del livello idrico; ßmisurazione della torbidità dell’acqua e dell’eventuale trasporto solido; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ßVariazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ßRicchezza specifica; ßConsistenza delle specie guida; ßPresenza e consistenza di specie estranee all’habitat; ßPresenza e sviluppo lineare di contatti seriali e catenali; ßProfondità del livello idrico. Il monitoraggio è estremamente importante e dovrebbe essere pianificato in modo adeguato; esso richiederebbe controlli con cadenza annuale; ciò esige che debbano essere privilegiate le situazioni a maggior rischio e quelle più rappresentative. Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare i censimenti floristici e faunistici e gli studi fitosociologici; sono inoltre necessari approfondimenti sulle banche del seme presenti nel suolo, sui processi dinamici della vegetazione e sulle relazioni fra questa e i livelli dell’acqua e dei nutrienti. Sotto il profilo applicativo sarebbe interessante sperimentare, con le dovute cautele, tecniche per l’espansione dell’habitat. Torbiere e altri habitat di zone umide 7210 397 Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae * Codici 53.3 Aree palustri torbose [fens] a carici Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 < D5.2 Formazioni con grandi carici normalmente senza acqua liberamente ferma > D5.2/P-53.31 Formazioni di aree palustri torbose [fens] a Cladium mariscus > D5.2/P-53.32 “Isole”a Cladium di Valencia Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Formazioni a Cladium mariscus di zone con piante emerse di laghi, terre incolte o stadi dinamici di prati umidi estensivamente coltivati a contatto con la vegetazione del Caricion davallianae e altre specie del Phragmition [Cladietum marisci (Allorge 1922) Zobrist 1935]. Piante: Cladium mariscus, #Kostelezkia pentacarpos. Note: A contatto con torbiere calcaree (7230), ma anche acide, prati umidi estensivi, altre formazioni a canne e comunità di alte carici. Distribuzione geografica In Liguria è segnalato, con estensioni sempre molto ridotte, solo ai Piani di Praglia, vicino al confine col Piemonte, in località Moglie sopra Framura e sulla riva sinistra del fiume Magra in località Falaschi (toponimo che si riferisce al nome locale di Cladium mariscus). 398 Atlante degli Habitat Caratteri generali Si tratta di habitat caratterizzati dalla presenza e per lo più la dominanza di Cladium mariscus che si sviluppano su substrati organici torbosi, da mesotrofi a eutrofi, spesso in contatto con aggruppamenti paludosi neutroalcalini, più raramente acidofili. La densità di Cladium m. può essere molto variabile, da qualche cespo disperso nelle paludi e nelle torbiere di transizione diversificate e aperte sino ai cladieti paucispecifici o monospecifici, densi e impenetrabili. A questi aspetti si aggiungono formazioni riparie a Cladium su substrati minerali. Mancano in Liguria gli aspetti flottanti su specchi d’acqua libera che precedono l’evoluzione verso gli aggruppamenti delle torbiere. Le esigenze ecologiche dell’habitat sono riferibili per gran parte a quelle della specie caratteristica (Cladium mariscus), sensibile alle eccessive variazioni del livello della falda idrica; poiché l’apparato radicale non si sviluppa troppo in profondità (in genere è intorno a 30 cm), un abbassamento troppo prolungato della falda è mal sopportato. Tra i fattori favorevoli vi è quindi una alimentazione idrica regolare e persistente per tutto l’anno; i suoli possono essere sia ricchi in materia organica, sia minerali, sabbiosi e ghiaiosi. L’ampia valenza ecologica e la strategia di C. mariscus si possono tradurre in processi invasivi nei confronti di differenti aggruppamenti vegetali. La moltiplicazione avviene essenzialmente per via vegetativa, grazie alla produzione di rizomi, che danno luogo a nuovi getti. Le condizioni di germinazione di questa specie sono particolarmente limitate: la maturazione e la germinazione degli acheni necessitano della sequenza di un periodo caldo e di uno freddo (indispensabile perché il seme possa imbibirsi d’acqua). Oltre all’esistenza di un termoperiodismo con picchi termici elevati (20-30°C) associato a un irraggiamento regolare, sembra essere necessario anche il flottaggio del seme dopo il suo contatto con il suolo. La disseminazione è essenzialmente idrocora e probabilmente anche ornitocora. La longevità di C. mariscus è stimata tra 10 e 15 anni. In definitiva si distinguono in Liguria due tipi principali: i cladieti di zone umide con acque ferme (Piani di Praglia e Framura) e quelli ripari (Fiume Magra). La sola presenza di C. mariscus è sufficiente a identificare l’habitat che non esiste se non in presenza di questa stessa specie. Nonostante la sua strategia invasiva, un certo numero di specie l’accompagnano, caratteristiche residuali degli aggruppamenti in fase di colonizzazione. Le principali specie compagne sono: Phragmites australis, Lythrum salicaria, Lysimachia vulgaris, Thelypteris palustris; altre specie possono essere in comune con le torbiere basse alcaline (Carex flava, Schoenus nigricans, Eriophorum latifolium, Parnassia palustris), con le praterie a Molinia (Molinia caerulea, Sanguisorba officinalis, Succisa pratensis, Gentiana pneumonanthe, Serratula tinctoria), con le torbiere di transizione (Menyanthes trifoliata, Viola palustris, Spiranthes aestivalis, Rhynchospora alba), con le torbiere alte attive (Sphagnum spp., Drosera rotundifolia). Anche in questo caso la zoocenosi è simile a quella illustrata per le torbiere di transizione, con la differenza di una maggiore componente ornitologica dovuta alle funzioni di supporto e rifugio di Cladium mariscus e Phragmites australis; vi troviamo pertanto il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), l’airone cinerino (Ardea cinerea) e quello rosso (A. purpurea), la garzetta (Egretta garzetta) e il tarabusino (Ixobrychus minutus). A questi si aggiungono arvicole e toporagni, tritoni, rane e raganelle. Tra gli invertebrati i più diffusi sono i ditteri, gli odonati e gli ortotteri. Specie guida Piante Cladium mariscus. Animali Natrix natrix, Triturus spp., Rana spp., Hyla intermedia, H. meridionalis, Acrocephalus arundinaceus, odonati e ortotteri. Torbiere e altri habitat di zone umide 399 Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici La posizione fitosociologica dei cladieti è complessa poiché la specie dominante ha un ampio spettro ecologico avendo la capacità di svilupparsi in aggruppamenti molto diversi che è in grado di destrutturare e nei quali può eliminare le specie caratteristiche. Gli aggallati (non presenti in Liguria) e i cladieti ripari molto densi e monospecifici sono descritti come Cladietum marisci, i cladieti invasivi di altre comunità rappresentano una facies a C. mariscus di aggruppamenti denaturati che spesso conservano gli altri loro attributi sintassonomici. La posizione stessa del Cladietum marisci è soggetta a controversie circa la posizione sia nei fragmiteti dei Phragmitetalia australis, sia nei cariceti dei Magnocaricetalia elatae. Lo schema degli habitat riferibili a 7210 è il seguente: ÿHabitat caratterizzati da Cladium mariscus lHabitat palustri con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae ° Cladieti di suoli paludosi o torbosi in ambiti con aspetti riferibili agli Scheuchzerio-Caricetea fuscae ° Cladieti di suoli paludosi o torbosi riferibili al Phragmition australis (Phragmitetea) lCladieti ripari Aspetti dinamici e potenzialità In relazione al dinamismo, la colonizzazione di C. mariscus può avvenire secondo due dinamiche ben distinte: a partire “da un orizzonte d’acqua” o “da un substrato terrestre”. Nel primo grazie, al potente apparato radicale, Cladium mariscus può giocare un ruolo determinante nei processi di interramento dei corpi idrici, generalmente da mesotrofi a eutrofi, neutro-alcalini. C. mariscus può formare aggallato (sorta di «zattere») costituite da un intreccio di radici flottanti sulla superficie dell’acqua, progredendo a cinture in senso centripeto. Questo fenomeno avviene in acque poco profonde (inferiori a 80 cm in generale) perchè, se i rizomi galleggiano sulla superficie dell’acqua, delle radici avventizie dovranno ancorarsi al substrato e non lo potranno fare oltre una certa profondità. Questi aggallati a C. mariscus, pionieri, sono densi, generalmente poveri di specie e C. mariscus domina largamente in compagnia di Phragmites e Carex elata. Ciascuna «isola» flottante cresce verso il centro e verso il fondo; tale crescita verticale, l’ispessimento, determina l’annullamento del rapporto con l’orizzonte idrico. Gli aggruppamenti acquatici (a Potamogeton, Utricularia, Nuphar), inizialmente presenti nei cladieti pionieri, regrediscono e tendono ad accantonarsi in qualche depressione. Poco a poco, la “zattera” subisce meno l’influenza delle acque mineralizzate a causa dell’elevazione della stessa “zattera” e si affranca con la progressiva alimentazione minerotrofica; allo stesso tempo l’aggallato si alimenta di acque meteoriche più povere di elementi nutritivi. Questa doppia alimentazione minero-umbrotrofica s’accompagna a un cambiamento della vegetazione, soprattutto per lo sviluppo degli aggruppamenti delle torbiere di transizione. Le riserve di acque meteoriche dia parte del “materasso” radicale favorisce l’acidificazione dell’ambiente che può allora permettere l’insediamento degli sfagni e allo stesso tempo compaiono specie acidofile quali Aulacomnium palustre, Drosera rotundifolia sui cuscini stessi di sfagno, accompagnate nelle depressioni da Carex spp. e Rhynchospora alba. Questo processo dinamico tipico degli “aggallati” difficilmente può essere riscontrato in Liguria per la mancanza di invasi naturali. Più diffuso in Liguria è il processo tipico degli aggruppamenti «terrestri» dove C. mariscus può invadere aspetti diversi, talora in seguito all’abbandono dello sfalcio o del pascolo). Si tratta per lo più di ambienti basifili, talvolta neutro-basifili. In assenza di gestione, la colonizzazione può essere rapida se le condizioni ambientali sono favorevoli a C. mariscus, come nel caso delle torbe mesotrofiche particolarmente apprezzate dalla specie che si sviluppa male in ambienti oligotrofi e incontra la concorrenza di Phragmites sulle torbe eutrofiche. L’evoluzione di questi cladieti dipende in primo luogo dal bilancio idrico: se le precipitazioni sono abbondanti, il cladieto si avvantaggia della crescente alimentazione ombrotrofica con acque poco 400 Atlante degli Habitat mineralizzate che inducono lo sviluppo dei cuscini di sfagni prefigurando l’evoluzione verso una torbiera acidofila. In questi casi la progressiva diminuzione del pH della superficie della torbiera può raggiungere valori prossimi a 4. Se invece il bilancio idrico è sfavorevole, gli sfagni non possono insediarsi e si sviluppa un cladieto denso che evolve verso una torbiera acidofila. Questa evoluzione verso l’ombrotrofizzazione e l’acidificazione, possibile solo nelle regioni più umide di settori relativamente caldi, è forse il processo più probabile in Liguria. Anche se gli aspetti fisionomico-strutturali sono simili, la posizione dinamica dei cladieti è invece molto differenziata: C. mariscus può essere specie colonizzatrice nel passaggio verso la torbiera di transizione oppure essere tipica specie d’invasione delle torbiere basse alcaline a seguito dell’abbandono (subclimax). Molti cladieti, compresi quelli liguri appaiono abbastanza stabili da un punto di vista dinamico. È il caso dei cladieti densi dove l’importante accumulo della lettiera sopra il suolo costituisce una barriera che rende estremamente difficile la loro colonizzazione da parte di altre specie, i semi hanno grandi difficoltà a raggiungere il suolo e a germinare anche per la quasi totale assenza di luce sotto la lettiera. La colonizzazione dei cladieti densi da parte delle specie legnose è quindi difficile. Nel caso di una colonizzazione simultanea di Cladium e di legnose (Frangula alnus, Alnus glutinosa, più raramente salici), C. mariscus dominerà nelle prime fasi grazie alle sue grandi capacità di accrescimento, poi si troverà intrappolato dalle legnose che lo supereranno e lo potranno soppiantare fino a farlo sparire, in quanto Cladium mariscus, è specie eliofila e difficilmente si mantiene sotto copertura arborea. Al contrario un’apertura nei cladieti densi, per esempio a opera della grande fauna col calpestamento, può determinare una destrutturazione della lettiera, favorendo l’espressione di un corteggio diversificato di specie vegetali ma anche la germinazione e lo sviluppo delle specie legnose. Una riduzione del livello della falda, per esempio in seguito a drenaggio, è pregiudizievole per il mantenimento del cladieto, esigente per l’alimentazione idrica. Cladium mariscus regredisce a favore delle specie meglio adattate, come per esempio Molinia coerulea o Phragmites MANCA LA FOTO 7210 Cladium mariscus (foto M.G. Mariotti) 401 Torbiere e altri habitat di zone umide australis, ma ugualmente a favore delle specie legnose colonizzatrici quali Frangula alnus e Alnus glutinosa. L’eutrofizzazione è ugualmente negativa per C. mariscus che in molti casi regredisce a favore di Phragmites australis. Il contesto dei cladieti liguri è eterogeneo; si possono evidenziare riferimenti alla serie della roverella (a Praglia) e a quella del leccio (sopra Framura e nella Piana della Magra). Rapporti con l’utilizzo del territorio Dei tre cladieti liguri, quello in provincia di Genova ricade in una zona umida montana circondata da praterie, in parte arbustate, con scarse potenzialità produttive; quello sulle rive della Magra risente di un contesto fluviale fortemente antropizzato, mentre quello sopra Framura è in un contesto interessato da attività estrattive. Importanza L’importanza scientifica e didattica dei cladieti in Liguria, come in altre regioni italiane, è notevolissima per la sua rarità e limitata estensione. Il numero di specie vegetali presenti nei cladieti è solitamente basso, tuttavia solo nell’habitat 7210 trova ospitalità Cladium mariscus, la specie che lo caratterizza. Discreto è il ruolo nei confronti delle attività trofiche e riproduttive della fauna, in particolare per anfibi e uccelli, soprattutto nelle situazioni riparie o connesse con specchi acquei. L’importanza a fini produttivi è pressoché nulla. Scarso è il contributo al paesaggio. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione era stato giudicato di livello medio e abbastanza stabile, tuttavia la ridotta superficie occupata dall’habitat 7210 pone a particolar rischio il suo mantenimento. La vulnerabilità dell’habitat 7210 è molto elevata e la resilienza è, salvo eccezioni, bassa; la tendenza dello stato conservativo appare indirizzata in alcuni casi verso un peggioramento mentre in altri si osserva una certa stabilità. Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 0 3 0 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 0 3 0 0 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. Le minacce maggiori riguardano i due cladieti della provincia spezzina. In generale i rischi derivano da: ßinaridimento del suolo a seguito di fenomeni naturali o artificiali (captazioni); ßevoluzione della vegetazione con espansione delle specie legnose; ßaccentuazione della pressione antropica; ßtrasformazione dell’uso del territorio (espansione delle attività estrattive); ßeventuali consolidamenti e difese spondali. Tecniche di identificazione e valutazione Esistono pochi rischi di confusione con altri tipi di habitat, la presenza di C. mariscus permette agevolmente di caratterizzare l’habitat. 402 Atlante degli Habitat I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti di Cladium mariscus; ßla presenza e la consistenza di specie appartenenti al Caricion davallianae e al Phragmition; ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche del suolo con particolare riguardo a: livello idrico, tessitura, nutrienti, conducibilità, disponibilità di ossigeno, pH; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie legnose; ßla comparsa e la tendenza delle specie legnose, di Phragmites australis e Molinia coerulea; ßla continuità/frammentazione dell’habitat; ßla presenza e lo sviluppo di contatti catenali e seriali. Indicazioni gestionali L’importanza e la rarità per la Liguria dei cladieti impone l’adozione di rigorose misure, frequenti controlli ed eventuali interventi per la loro tutela. È pertanto auspicabile, come per altri habitat idroigrofili, la predisposizione di piani da avviare nel breve periodo e realizzare in tempi differenziati. In ogni caso occorre sempre evitare captazioni e movimentazioni di terreno che determinano l’inaridimento delle aree, evitare qualsiasi trasformazione nella destinazione d’uso delle aree e interventi come la forestazione o la messa a coltura con riferimento sia alle aree su cui insiste direttamente l’habitat sia al contesto più ampio; da evitare è inoltre la realizzazione di opere idrauliche (difese spondali) che alterino gli aspetti ripari di 7210. Obiettivi Gli obiettivi minimi per l’habitat 7210 sono di conservazione delle attuali superfici e condizioni; nel medio e lungo periodo è auspicabile agire per un obiettivo di espansione dell’habitat, per esempio in corrispondenza delle foci e dei tratti terminali dei principali corsi d’acqua. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi per l’habitat 7210 si possono citare: ßadozione di misure rigorose di tutela; ßeventuali interventi per la regolazione di afflussi e deflussi idrici programmati in base ai risultati dei monitoraggi; ßeventuali attività circoscritte di estirpazione o taglio selettivo di specie concorrenti; ßeventuale recinzione nell’ambito di programmi di tutela e valorizzazione; ßcontenimento del cinghiale e limitazioni drastiche al pascolo; ßpotenziamento della sorveglianza. Rispetto a quanto previsto per altri habitat di torbiera, si ritiene che lo sfalcio e il pascolo abbiano più facilmente effetti destrutturanti negativi anche quando esercitati in modo limitato. Data la limitata estensione delle superfici occupate dall’habitat in Liguria occorre pertanto evitare il pascolo e privilegiare l’estirpazione e/o il taglio puntuale delle piante legnose o erbacee invadenti; nel caso delle piante legnose, è preferibile l’estirpazione; nei casi di taglio, invece, può essere opportuna una successiva applicazione di trichlopyr sui monconi effettuata con la massima precauzione. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 7210 è poco nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione del territorio. Sono necessarie iniziative di divulgazione indirizzate a tali soggetti e agli studenti delle scuole superiori e dei corsi universitari. Torbiere e altri habitat di zone umide 403 Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad altissima risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ßcensimento delle specie guida con particolare riguardo a Cladium mariscus, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßprelievi e analisi della seed bank; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione del livello idrico; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il suolo e l’acqua. Gli indici da calcolare possono essere: ßVariazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ßRicchezza specifica; ßConsistenza delle specie guida, in primo luogo di Cladium mariscus; ßPresenza e consistenza di specie estranee all’habitat o competitrici di Cladium mariscus (Phragmites australis, Molinia coerulea, Frangula alnus, ecc); ßPresenza e sviluppo lineare di contatti seriali e catenali; ßProfondità del livello idrico. Il monitoraggio è estremamente importante e dovrebbe essere pianificato in modo adeguato; esso richiederebbe controlli con cadenza annuale. Ricerca Nell’ambito della ricerca di base è importante privilegiare i censimenti floristici, faunistici e fitosociologici e la cartografia di dettaglio delle superfici occupate dall’habitat. È essenziale comprendere meglio i processi dinamici e le relazioni fra habitat 7210 e regime dei livelli idrici. Sotto il profilo applicativo occorre incrementare le sperimentazioni per favorire il mantenimento e, ove possibile, una lieve espansione dell’habitat. 404 7220 Atlante degli Habitat Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) * Pinguicula vulgaris (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide Codici 54.12 Zone umide sorgive di acque dure 405 Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 < C2.1 Sorgenti, rivi sorgentizi e geysers = C2.1/P-54.121 Sorgenti pietrificanti con formazioni a tufi o travertino Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Sorgenti di acque dure con formazione attiva di travertino o tufi. Queste formazioni si trovano in ambienti diversi come foreste o zone aperte di campagna. Esse sono generalmente piccole (formazioni puntuali o lineari) e dominate da briofite (Cratoneurion commutati). Piante: Arabis soyeri, Cochlearia pyrenaica (in siti con metalli pesanti) Pinguicula vulgaris, Saxifraga aizoides. Muschi: Catoscopium nigritum, Cratoneuron commutatum, Cratoneuron commutatum var. falcatum, Cratoneuron filicinum, Eucladium verticillatum, Gymnostomum recurvirostrum. Nella regione Boreale anche Carex appropinquata, Epilobium davuricum, Juncus triglumis, Drepanocladus vernicosus, Philonotis calcarea, Scorpidium revolvens, Scorpidium cossoni, Cratoneuron decipiens, Bryum pseudotriquetum. Note: Possono costituire complessi con torbiere di transizione, torbiere, comunità casmofitiche di ambienti freddi e umidi, lande e terreno erboso calcareo (Festuco-Brometalia). Al fine di conservare questo habitat di estensione molto ridotta in campo, è essenziale conservare i suoi contesti e l’intero sistema idrologico che lo riguarda. Distribuzione geografica In Liguria l’habitat è stato segnalato esclusivamente in otto punti delle Alpi Liguri, ricadenti in due siti della Rete Natura 2000, a monte della strada provinciale di Colla Melosa tra 1450 e 1600 m s.l.m. e lungo la strada in sponda sinistra del Torrente Tanarello, a valle del Ponte Schiarante, tuttavia, date le notevoli difficoltà di reperimento e identificazione, è probabile che sia presente anche in altre zone caratterizzate da substrati calcarei e abbondanti disponibilità idriche. Caratteri generali Si tratta di comunità di muschi, tra i quali domina Cratoneuron commutatum, a cui si uniscono specie vascolari degli ambienti umidi, come Pinguicula vulgaris, Saxifraga aizoides. In alcuni casi predominano grosse epatiche plagiotrope come Pellia endiviifolia, Conocephalum conicum. Data la ridotta estensione nell’habitat si possono registrare ingressi di specie provenienti da altri ambienti igrofili, come Molinia coerulea, Carex spp. Il livello di diversità è generalmente basso, a causa dell’estrema specializzazione richiesta alle specie. L’aspetto più caratteristico evidenzia cuscinetti muscinali di varie dimensioni con incrostazioni tufacee o travertinose disposte su pareti o pendii stillicidiosi con acque dure, presso sorgenti o ruscelli. Aspetti temporanei iniziali identificabili in rocce calcaree bagnate coperte da patine nerastre, la cui componente principale sono licheni del genere Collema, possono stabilizzarsi ed evolvere verso gli aspetti più evoluti e concrezionati dell’habitat 7220. Nulla si sa circa i popolamenti animali. Specie guida Piante Cratoneuron commutatum, Brachythecium rivulare, Bryum pseudotriquetrum, Pellia endiviifolia, Eucladium verticillatum, Conocephalum conicum, Pinguicula vulgaris, Saxifraga aizoides. Animali Non noti 406 Atlante degli Habitat Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Le scarsissime conoscenze su questo habitat non permettono una chiara distinzione mediante un sistema gerarchico. Il riferimento fitosociologico è quello già definito dalla denominazione nell’alleanza del Cratoneurion commutatae. Aspetti dinamici e potenzialità L’habitat è di tipo azonale e non fa parte di successioni climatiche, dipendendo esclusivamente dalla disponibilità idrica e dalle condizioni edafiche determinate dagli affioramenti calcarei. In Liguria sono evidenti contatti catenali con praterie arbustate a Genista cinerea. L’habitat può essere soggetto a dinamiche stagionali caratterizzate da variazioni del livello e della temperatura dell’acqua, con alternanza di periodi secchi, periodi con stillicidi lenti e periodi con acqua ruscellante. Anche le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua influiscono sulla stabilità dell’habitat; l’acidificazione, così come una perdurante e significativa riduzione degli apporti idrici, possono portare rapidamente alla sua scomparsa attraverso tappe d’invasione dominate da specie erbacee meno specializzate. Anche la copertura da parte di individui legnosi, arbustivi, arborei o arborescenti, attraverso una riduzione del soleggiamento, può determinare variazioni consistenti nella fisionomia e nella composizione floristica, soprattutto per quanto riguarda le briofite. Rapporti con l’utilizzo del territorio Gli aspetti liguri di questo habitat sono in un contesto montano aperto con rupi e praterie arbustate a ginestra cinerina, non significativamente influenzato dall’uomo, tranne che per la vicinanza di strade, all’interno del Parco Regionale delle Alpi Liguri. Le ridotte dimensioni determinano uno scarso condizionamento sull’uso delle risorse territoriali. Importanza L’eccezionale rarità dell’habitat 7220 e di alcune sue specie caratterizzanti, con esigenze ecologiche particolarmente ristrette, ne esalta l’importanza scientifica e didattica. Il valore dell’habitat 7220 a fini produttivi è nullo, quello paesaggistico assai ridotto, anche se la sua presenza può contribuire a evidenziare scorci di particolare interesse e bellezza a una scala puntuale o lungo percorsi escursionistici. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è stato giudicato di livello medio. I rischi sussistono per l’esiguità delle superfici occupate dall’habitat e per le attività connesse con la manutenzione delle strade. La vulnerabilità dell’habitat 7220 è molto elevata e la resilienza è purtroppo bassa; poiché la segnalazione dell’habitat in Liguria è recente non si dispone di informazioni circa la tendenza dello stato conservativo. Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 0 2 0 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 0 2 0 0 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. I rischi maggiori derivano dalla possibilità di: ßcaptazioni e riduzioni dell’apporto idrico, ßalterazione delle scarpate stradali con interventi di manutenzione non adeguata, Torbiere e altri habitat di zone umide 407 ßdistruzione dell’habitat per interventi di ampliamento degli assi viari, ßsviluppo di una copertura arborea eccessiva. La notevole fragilità dell’habitat esige una particolare attenzione tesa al monitoraggio dello stato di conservazione e delle attività che si svolgono nel contesto in cui l’habitat ricade. Tecniche di identificazione e valutazione L’individuazione dell’habitat dipende principalmente dall’accertamento di caratteristiche fisico-chimiche e dalla presenza delle specie guida. Le problematiche derivano dalla necessità di non includere nell’habitat 7220 aspetti di stazioni più calde caratterizzate da capelvenere (Adiantum capillus-veneris), Samolus valerandi e piccole briofite epilitiche calcicole xerocline. I limiti tra questi aspetti e 7220 non sono sempre chiari. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti delle diverse specie guida (in primo luogo delle briofite proprie del Cratoneurion); ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche del substrato con particolare riguardo al pH, alla disponibilità idrica, alla concentrazione di ioni calcio assimilabili; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie invasive, con particolare riguardo alle specie meno igrofile; ßla continuità/frammentazione dell’habitat; ßla presenza e lo sviluppo dei contatti catenali; ßl’eventuale presenza di attività. Indicazioni gestionali La rarità dell’habitat 7220 sia in Liguria, sia a livello nazionale, impone una particolare attenzione nella sua gestione, che va comunque integrata con quella del contesto in cui questi aspetti puntuali si collocano. È indispensabile evitare qualsiasi trasformazione delle aree e garantire rigorosamente una idonea quantità e qualità dell’acqua, evitando captazioni o altri interventi che alterino l’equilibrio idrico e la disponibilità di nutrienti, ma anche le condizioni di illuminazione. Obiettivi Gli obiettivi per l’habitat 7220 sono ovunque di conservazione e subordinatamente di valorizzazione a scopo didattico-educativo. Interventi Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di conservazione per l’habitat 7220 riguardano ßadozione di norme e misure rigorose di tutela; ßadozione di norme e misure per garantire condizioni di illuminazione favorevoli (scarse a bassa quota e maggiori a quote più elevate); ßPotenziamento della sorveglianza per garantire il rispetto delle norme adottate. Particolare attenzione dovrà essere prestata per garantire le condizioni di stillicidio continuo. Trasferimento delle informazioni L’habitat 7220 è uno dei meno conosciuti sia per gli abitanti delle zone in cui ricade, sia per i soggetti coinvolti nella gestione del territorio, ma anche per gli stessi studiosi degli habitat. Sarebbe necessario avviare un programma di divulgazione aperto al coinvolgimento di più soggetti, che potrebbero contri- 408 Atlante degli Habitat buire anche alla raccolta di nuove segnalazioni. La presenza di piante carnivore come Pinguicula vulgaris, rende l’habitat di particolar interesse didattico; il facile accesso agli habitat liguri dovuto alla vicinanza di strade consentirebbe una valorizzazione come punto d’interesse naturalistico nell’ambito di percorsi escursionistici. Monitoraggio Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra e conseguente elaborazione delle immagini in sequenze diacroniche; ßcensimento di specie guida eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione della disponibilità idrica; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il substrato. Gli indici da calcolare possono essere: ßVariazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ßRicchezza specifica; ßConsistenza delle specie guida; ßPresenza e consistenza di specie estranee all’habitat, in particolare di specie a minore igrofilia; ßPresenza e sviluppo lineare di contatti catenali; ßQuantità di acqua disponibile nel corso dell’anno. Il monitoraggio è estremamente importante e dovrebbe essere pianificato in modo adeguato; esso richiede controlli con cadenza annuale. Ricerca La scarsissima conoscenza dell’habitat, esige un programma di approfondimenti circa la sua reale distribuzione nella nostra regione e la caratterizzazione dei suoi aspetti. Anche se si tratta di un habitat di difficile osservazione per le ridotte dimensioni, si può procedere con una preselezione di aree, su basi idrogeologiche e geomorfologiche, nelle quali compiere esplorazioni sul terreno tese a individuare l’esistenza delle specie guida. A completamento dell’indagine corologica, occorrono censimenti floristici con il contributo essenziale di esperti briologi e di idrogeologi rispettivamente per l’identificazione e la valutazione dei popolamenti briofitici e la caratterizzazione fisico-chimica dell’acqua. Infine sarebbe opportuna una indagine faunistica rivolta soprattutto a quei gruppi sistematici di piccoli invertebrati stenoeci legati all’habitat. 409 Torbiere e altri habitat di zone umide Torbiere basse alcaline Codici 54.2 Torbiere [fens] alcaline = > > > > > > > > > > > > > > > > > > 7230 Classificazione paleartica Classificazione EUNIS 2002 D4.1 Torbiere ricche, comprendenti, torbiere eutrofiche ad alte erbe e risorgive calcaree e terreni paludosi [soaks] D4.1/P-54.21 Torbiere a Schoenus nigricans D4.1/P-54.22 Torbiere a Schoenus ferrugineus D4.1/P-54.23 Torbiere subcontinentali a Carex davalliana D4.1/P-54.24 Torbiere pirenaiche a Carex davalliana D4.1/P-54.25 Torbiere a Carex dioica, Carex pulicaris e Carex flava D4.16 Torbiere alcaline a Carex nigra D4.1/P-54.27 Torbiere alcaline a Carex saxatilis D4.1/P-54.28 Torbiere a Carex frigida D4.1/P-54.29 Risorgive [flushes] britanniche a Carex demissa - Saxifraga aizoides D4.1/P-54.2A Torbiere a Eleocharis quinqueflora D4.1/P-54.2B Torbiere mediterraneo-turaniche a piccole carici D4.1/P-54.2C Torbiere alcaline a Carex rostrata D4.1/P-54.2D Torbiere alcaline a Scirpus hudsonianus (Trichophorum alpinum) D4.1/P-54.2E Torbiere alcaline a Trichophorum cespitosum D4.1/P-54.2F Torbiere medioeuropee a Blysmus compressus D4.1/P-54.2G Torbiere alcaline a piccole erbe D4.1/P-54.2H Torbiere calcaree dunali a Juncus e carici D4.1/P-54.2I Torbiere ad alte erbe 410 Atlante degli Habitat Manuale d’interpretazione EUR25 Descrizione: Comunità di zone umide a piccole carici e muschi bruni, per la maggior parte o largamente occupate da torba o che producono tufi, sviluppate su suoli permanentemente allagati, con alimentazione di acqua ricca di basi o spesso calcarea di tipo soligeno o topogeno, e con falda idrica a livello o appena sopra o appena sotto il substrato. La formazione di torba, quando avviene, è infra-acquatica. Comunità palustri usualmente dominate da piccole carici calcifile e altre Cyperaceae, appartenenti al Caricion davallianae, caratterizzate da un tappeto usualmente prominente a “muschio bruno” costituito da Campylium stellatum, Drepanocladus intermedius, Drepanocladus revolvens, Cratoneuron commutatum, Acrocladium cuspidatum, Ctenidium molluscum, Fissidens adianthoides, Bryum pseudotriquetrum e altri, un corteggio erboso di Schoenus nigricans, Schoenus ferrugineus, Eriophorum latifolium, Carex davalliana, Carex flava, Carex lepidocarpa, Carex hostiana, Carex panicea, Juncus subnodulosus, Scirpus cespitosus, Eleocharis quinqueflora, e una flora erbacea molto ricca comprendente Tofieldia calyculata, Dactylorhiza incarnata, Dactylorhiza traunsteineri, Dactylorhiza traunsteinerioides, Dactylorhiza russowii, Dactylorhiza majalis ssp. brevifolia, Dactylorhiza cruenta, #Liparis loeselii, Herminium monorchis, Epipactis palustris, Pinguicula vulgaris, Pedicularis sceptrum-carolinum, Primula farinosa, Swertia perennis. Terreni erbosi bagnati (Molinietalia caeruleae, 37), formazioni ad alte carici (Magnocaricion, 53.2), formazioni di canneto (Phragmition, 53.1), formazioni di torbiera a carici (Cladietum marisci, 53.3), possono formare parte del sistema palustre torboso, con comunità collegate alle torbiere di transizione (54.5, 54.6) e alla vegetazione acquatica o anfibia (22.3, 22.4) o comunità delle sorgenti (54.1) che si sviluppano in depressioni. Le subunità seguenti, che possono, da sole o in combinazione, e insieme con codici selezionati dalle categorie appena menzionate, descrivere la composizione della zona torbosa [fen], sono intese comprendere le comunità palustri sensu stricto (Caricion davallianae), la loro transizione al Molinion, e le commistioni che, sebbene possano essere fitosociologicamente riferibili alle associazioni alcaline del Molinion, contengono un’ampia rappresentazione delle specie del Caricion davallianae elencate, in aggiunta all’essere integrate nel sistema palustre; ciò piuttosto equivale alla definizione di una classe integrata Molinio-Caricetalia davallianae in Rameau et al., 1989. Esternamente ai sistemi torbosi ricchi, comunità di torbiera possono presentarsi come piccole aree in sistemi lenti dunali (16.3), in torbiere di transizione (54.5), in praterie umide (37), in coni tufacei (54.121) e in poche altre situazioni. I codici seguenti possono essere usati, insieme col principale codice rilevante, per segnalare la loro presenza. Torbiere ricche sono eccezionalmente dotate di specie spettacolari, specializzate, fortemente localizzate. Esse sono fra gli habitat che hanno subito il declino più serio. Essi sono essenzialmente estinti in numerose regioni e gravemente danneggiate nella maggior parte. Piante: Schoenus nigricans, S. ferrugineus, Carex spp., Eriophorum latifolium, Cinclidium stygium, Tomentypnum nitens. Distribuzione geografica Tra gli habitat di torbiera è quello maggiormente diffuso, anche se con esempi molto ridotti. È stato segnalato in dieci siti compresi tra l’Albenganese e l’alta Val Petronio, con aree di maggiore diffusione sui substrati ofiolitici del Gruppo del Beigua, Gruppo di Voltri, Piani di Praglia e Alta Val d’Aveto. Caratteri generali Si tratta di habitat di torbiera neutro-alcalini con copertura densa di piccole erbe perenni, per lo più cespitose, e muschi a tappeto. La localizzazione è su aree piane o a lievissima inclinazione purché sempre con falda molto superficiale per tutto l’anno, in corrispondenza di ristagni o sorgenti. Il substrato è costantemente bagnato, anche se non necessariamente costituito da alti spessori di torba. Questa può provocare brevi periodi di inondamento, ma anche durante l’estate, non si allontana mai in modo rilevante dalla superficie. La torba è generalmente nera, il pH delle acque da neutro a basico, le disponibilità di nutrienti determinano condizioni da oligotrofe a mesotrofe. Il corteggio floristico è dominato da diverse specie di Carex (C. davalliana, C. flava, C. echinata, C. nigra, C. panicea, C. vesicaria) e altre ciperacee (Eriophorum latifolium, E. angustifolium, Eleocharis palustris, Trichophorum cespitosum, Triglochin palustre, Schoenus nigricans). Particolarmente evidente può apparire talvolta la componente orchidologica (Dactylorhiza incarnata, D. latifolia, D. maculata, Epipactis palustris, Gymnadenia conopsea, G. odoratissima, Orchis laxiflora, Spiranthes aestivalis). Tra le altre specie più frequenti troviamo Agrostis stolonifera, Blysmus compressus, Drosera rotundifolia, Equisetum arvense, E. palustre, Galium palustre, Juncus acutiflorus, J. articulatus, Molinia coerulea, Parnassia palustris, Potentilla erecta, Viola palustris. Nello strato muscinale rinveniamo Campylium stellatum, Calliergonella cuspidata. Particolari e localizzati sono rari aspetti a Sesleria uliginosa. Torbiere e altri habitat di zone umide 411 L’habitat 7230 può far parte di geosigmeti o microgeosigmeti idro-igrofili insieme con altri habitat di torbiera, cariceti a Carex nigra, fragmiteti, cladieti, molinieti, nardeti e cenosi proprie delle sorgenti e dei tratti iniziali dei corsi d’acqua a Caltha palustris; pertanto sono frequenti aspetti di mescolanza che evidenziano gli effetti di variazioni microtopografiche. L’habitat ospita significative popolazioni di anfibi che necessitano dell’acqua per la riproduzione: Rana temporaria, Rana kl. esculenta, Triturus carnifex, T. alpestris. Frequente è la natrice (Natrix natrix) e notevole è la presenza di diverse specie di odonati e di ortotteri. Da evidenziare le segnalazioni alla base di Carex vesicaria, in una zona umida della Val d’Aveto, del carabide Trepanes (Trepanedoris) doris e del dryopide Dryops similaris (R. Poggi in litteris). Nelle pozze si evidenziano larve di gruppi diversi di insetti (eterotteri, efemerotteri, culicidi, ecc). Specie guida Piante Carex flava, C. panicea, C. davalliana, Anagallis tenella, Dactylorhiza latifolia, Epipactis palustris, Eriophorum latifolium, Gymnadenia odoratissima, Schoenus nigricans, Sesleria uliginosa, Spiranthes aestivalis, Trichophorum cespitosum, Triglochin palustre. Muschi Campylium stellatum, Calliergonella cuspidata Animali Rana temporaria, Rana kl. esculenta, Triturus carnifex, T. alpestris Sistema degli habitat elementari e riferimenti fitosociologici Si tratta di un complesso di habitat e micro-habitat solo apparentemente omogeneo, ma in realtà alquanto differenziato, con aspetti che solo in parte sono stati sufficientemente indagati e descritti. In base alle attuali conoscenze, lo schema del tutto provvisorio degli habitat riferibili a 7230 è il seguente: ÿTorbiere basse alcaline lTorbiere alcaline e neutro-alcaline, oligotrofe, da collinari a montane riferibili al Caricion davallianae ° Formazioni a Sesleria uliginosa lTorbiere alcaline e neutro-alcaline, oligotrofe, da collinari a montane riferibili a unità diverse dal Caricion davallianae Aspetti dinamici e potenzialità Le torbiere riferibili a 7230 sono generalmente localizzate in contesti riferibili alla serie dei boschi del Fagion sylvaticae. Esse possono essere abbastanza stabili laddove prevale il carattere soligeno determinato dal ruscellamento, mentre dove prevale l’apporto idrico delle precipitazioni tendono a evolvere verso le formazioni a Nardus stricta, il molinieto (habitat 6410), gli aspetti erbaceo-arbustivi dei Nardo-Callunetea con Calluna vulgaris via via sempre più dominante e infine in stadi prenemorali della faggeta. Rapporti con l’utilizzo del territorio L’habitat ricade in ambiti montani in diversi casi all’interno di aree protette e in un caso (Agoraie) in una Riserva Naturale Orientata. Alcune delle aree interessate sono soggette a pascolo, tuttavia la ridotta estensione degli habitat non dovrebbe evidenziare conflittualità, che tuttavia emergono seppure in modo circoscritto. Importanza In Liguria, la rarità, la frammentarietà e la scarsa estensione delle tessere, la marginalità rispetto all’area principale di distribuzione, rappresentano condizioni che determinano una notevole importanza scientifica 412 Atlante degli Habitat dell’habitat 7230. La presenza di questo habitat è fondamentale per la conservazione di diverse specie idro-igrofile sia vegetali, sia animali. Il contributo al paesaggio è ridotto a piccole variazioni cromatiche su una scala puntuale di osservazione, meglio apprezzabile nell’epoca di alcune fioriture. Pressoché nullo è l’interesse economico a fini produttivi, tuttavia l’habitat può essere considerato importante elemento di attrazione culturale per il turismo focalizzato sui valori naturalistici. Problematiche di conservazione Lo stato di conservazione è stato giudicato di livello medio-basso soprattutto in relazione alla progressiva riduzione delle disponibilità idriche e all’avanzamento dei processi di interramento, che si fanno particolarmente sentire sulle tessere con superfici ridotte. La vulnerabilità dell’habitat 7230 è molto elevata e la resilienza è purtroppo bassa; la tendenza dello stato conservativo appare indirizzata verso un peggioramento, ma non mancano casi isolati in cui l’habitat si presenta stabilmente in buone condizioni (es.: Lajone). Stato di conservazione J K L n.v. N° di siti 1 4 5 0 Importanza dei siti N° di siti JJJ JJ J K L n.v. 0 0 6 2 2 0 Numero di siti della Rete Natura 2000 valutati in relazione allo stato di conservazione e alla loro importanza per l’habitat. Aspetto ad Eriophorum di torbiera riferibile a 7230 in Val d’Aveto (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide 413 Tecniche di identificazione e valutazione Gli aspetti liguri non possono certamente essere paragonati a quelli tipici nord-europei; la complessità dell’habitat 7230 e il suo impoverimento in Liguria rendono particolarmente difficile la sua identificazione e distinzione rispetto ad aspetti di torbiera riferibili a 7110, 7140, 7150. L’individuazione dell’habitat dipende principalmente dall’analisi fitosociologica e dall’accertamento dei processi di formazione della torba e di alcune caratteristiche stazionali. I parametri principali su cui basare la valutazione dello stato conservativo sono: ßil numero delle stazioni in cui è presente l’habitat; ßl’estensione dell’habitat; ßla consistenza dei popolamenti delle specie guida vegetali; ßla struttura dell’entomofauna con particolare attenzione per odonati, ortotteri e lepidotteri; ßla ricchezza generale della biodiversità come numero di specie; ßle caratteristiche del suolo con particolare riguardo a: livello idrico, tessitura, tipo di torba, nutrienti, conducibilità, disponibilità di ossigeno, pH; ßla comparsa e la tendenza di eventuali specie erbacee invasive, con particolare riguardo alle specie meno igrofile; ßla comparsa e la tendenza delle specie legnose; ßla continuità/frammentazione dei diversi aspetti dell’habitat; ßla presenza di contatti catenali e seriali; ßl’eventuale presenza di attività (sfalcio, pascolo ecc). Carex rostrata (foto S. Marsili). 414 Atlante degli Habitat Indicazioni gestionali L’importanza di questo habitat per la Liguria esige la predisposizione di piani di gestione dettagliati con una programmazione nell’immediato e nel lungo termine che trovi applicazione non solo nelle aree su cui insistono direttamente i diversi aspetti di 7230, ma sui complessi ecosistemici e sui bacini idrografici di cui fanno parte. In ogni caso occorre evitare captazioni e altre azioni che determinano l’inaridimento delle aree, evitare qualsiasi trasformazione nella destinazione d’uso delle aree, evitare interventi come la forestazione o la messa a coltura. Obiettivi Gli obiettivi per l’habitat 7230 nei siti della rete Natura 2000 sono di conservazione o di miglioramento. Interventi Tra gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di conservazione e miglioramento dell’habitat 7230 si possono evidenziare: ßadozione di misure rigorose di tutela; ßeventuali interventi per la regolazione di afflussi e deflussi idrici programmati in base ai risultati dei monitoraggi; ßripristino di condizioni relative alla disponibilità idrica favorevoli all’habitat laddove queste sono venute a mancare; ßeventuali interventi di ringiovanimento mediante rimozione di torba, fango e biomassa (décapage); Drosera rotundifolia (foto S. Marsili). Torbiere e altri habitat di zone umide 415 ßlimitazioni drastiche al pascolo (sono ammesse solo attività finalizzate al mantenimento dell’habitat); ßeventuali attività circoscritte di sfalcio finalizzate esclusivamente alla conservazione dell’habitat; ßeventuali attività circoscritte di estirpazione o taglio selettivo di specie concorrenti; ßeventuali recinzioni nell’ambito di programmi di tutela e valorizzazione; ßcontrollo e drastica limitazione del cinghiale con ogni mezzo; ßpotenziamento della sorveglianza per garantire il rispetto delle norme adottate. Non tutti gli esperti sono concordi sulla positività dello sfalcio; pertanto un’azione eventuali di questo tipo indirizzata al mantenimento delle torbiere va attentamente pianificata, eseguita su tessere ed eventualmente interrotta sulla base delle valutazioni dei risultati intermedi. Nella maggior parte dei casi lo sfalcio dovrà avvenire in epoca tardiva (da settembre a febbraio condizioni meteorologiche permettendo) nell’ambito di un quadro gestionale ai fini conservativi che stabilisca un mosaico di parcelle a diverso trattamento. Vista la ridotta estensione degli habitat e la loro localizzazione è preferibile lo sfalcio manuale o, in subordine, con piccole motofalciatrici piuttosto che con mezzi meccanizzati di maggiori dimensioni. Per meglio preservare la fauna è preferibile praticare lo sfalcio nelle ore più calde della giornata, quando gli animali sono più mobili. Nelle singole parcelle, lo sfalcio dovrà essere eseguito in senso centrifugo o per bande a ritmo lento per permettere la fuga della fauna. Ciascuna parcella da sottoporre a sfalcio non potrà essere superiore a 0,10-0,25 ha; in ciascun anno vi saranno parcelle sottoposte allo sfalcio alternate ad altre non sottoposte a tale trattamento. Il ritmo di ritorno sullo stesso ambiente sarà di circa due-tre anni o tre-cinque anni a seconda delle facies (più frequenti quelle connesse coi prati a Molinia), ma potrà essere meglio calibrato in funzione dei risultati. Per evitare effetti negativi connessi al calpestamento e al transito nelle fasi di lavoro, potrà essere necessario predisporre camminamenti protetti da tavole ondulate. Per un risultato migliore e duraturo e per poter valutare i risultati degli interventi è consigliabile marcare opportunamente e in modo preciso le diverse parcelle. In quelle situazioni dove la vegetazione legnosa o altre specie invasive si stanno già affermando, si potrà procedere con interventi di ripristino consistenti in: estirpazione o taglio raso della maggior parte delle piante legnose (con interventi a mosaico); allontanamento o abbruciamento in posto del materiale ottenuto previa adozione di misure per evitare l’eventuale combustione della torba; nel caso dell’estirpazione, è bene che rimanga una microdepressione laddove era l’apparato radicale. Qualora la specie legnosa sia particolarmente invasiva come Frangula alnus, si potrà ricorrere a trattamenti chimici dei getti, mediante applicazioni estremamente precise di trichlopyr, adottando le migliori precauzioni. Nel caso di invasione eccessiva di Phragmites sarà invece preferibile intervenire con due sfalci successivi nella medesima stagione (giugno e luglio) ripetutamente per più anni. Circa i dettagli di altri interventi come il décapage, l’uso del pascolo per il contenimento delle specie invasive o la regolazione dei bilanci idrici si rimanda alle schede degli habitat 7110 e 7140. Trasferimento delle informazioni L’importanza dell’habitat 7230 è generalmente nota alla popolazione e ai soggetti coinvolti nella gestione del territorio; inoltre l’habitat è stato oggetto di diversi prodotti editoriali e multimediali divulgativi. In alcuni casi le aree in cui si può osservare l’habitat possono essere individuate come tappe essenziali per attività didattiche o come punti di richiamo per l’escursionismo naturalistico. Monitoraggio Premesso che è auspicabile, in programma per il censimento e la mappatura degli habitat di torbiera, comprendente la ricerca di nuove stazioni e il rilievo fitosociologico a scala di dettaglio, entro e fuori i siti della Rete Natura 2000, il monitoraggio può comunque essere condotto prioritariamente nelle situazioni maggiormente a rischio e più rappresentative. 416 Atlante degli Habitat Le tecniche di monitoraggio sono rappresentate soprattutto da: ßrilevamento fotografico da terra, da piattaforma aerea o satellitare (purché ad altissima risoluzione) e conseguente elaborazione delle immagini; ßcensimento di specie guida vegetali, con particolare riguardo alle briofite igrofile e alle specie caratteristiche di syntaxa propri dell’habitat, eventualmente mediante transetti o aree permanenti; ßvalutazione dettagliata della diffusione e della estensione delle superfici occupate dall’habitat; ßrilevamento fitosociologico su eventuali aree permanenti; ßmisurazione del livello idrico; ßmisurazione dell’incremento della torba; ßmisurazione di diversi parametri caratterizzanti il suolo. Gli indici da calcolare possono essere: ßVariazione della superficie occupata dall’habitat (mq); ßRicchezza specifica; ßConsistenza delle specie guida; ßPresenza e consistenza di specie estranee all’habitat, in particolare di specie erbacee a minore igrofilia e specie preforestali e forestali; ßPresenza e sviluppo lineare di contatti seriali e catenali; ßProfondità del livello idrico. Ricerca La ricerca di base dovrebbe privilegiare studi floristici, fitosociologici e faunistici attraverso censimenti ripetuti e di dettaglio che evidenzino le relazioni fra popolamenti vegetali e livelli idrici e i rapporti dinamici fra i diversi aspetti vegetazionali. Occorre inoltre procedere nelle mappatura delle zone dove si rinviene l’habitat anche al di fuori della rete Natura 2000 e alla cartografia della vegetazione. Particolare importanza hanno gli studi dedicati alla sperimentazione di differenti modalità gestionali e alle tecniche di “habitat restoration”.