ECOGRAFIA DEL CAPEZZOLO MEDIANTE IMMERSIONE IN ACQUA:
VALUTAZIONE NELLA BOVINA IN LATTAZIONE E ASCIUTTA
ULTRASONOGRAPHY OF TEAT BY WATER-FILLED CUP: EVALUATION IN
LACTATING AND DRIED COWS
DE DOMENICO A., PARISI F., LA SPISA M.*, PUGLIESE M., NIUTTA P.P., DE
MAJO M.
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Università di Messina (Italia) - * Med. Vet.
collaboratore esterno
KEY WORDS: Teat, ultrasonograpy, water filled cup, cows.
SUMMARY
In bovine medicine, examination of the teat is an important application. Ultrasonography
allows for the localization and demarcation of the extent of teat stenoses and other
abnormalities of the teat. The objective of this study was to evaluate various kinds of waterfilled cup ultrasonography technique on teats and the different aspects of ultrasonic images
of teats in lactation and in the dry period (measurement of teat canal length, teat diameter,
cistern diameter and teat wall thickness). Clinical and ultrasonographic teat examinations of
30 multiparous cows (all Holstein-Friesian, 15 lactating and 15 dried) were performed.
Ultrasonography was performed using Esaote-falco-100® ultrasonography units with linear
2-D transducer (6-8 MHz). The good cup was small, with thin wall and slightly flexible (7
cm diameter, 12 cm height, 0.5 mm thickness). Significant differences emerged between
lactating and dried cows. In some cows we found teat stenosis. Ultrasonography of teats by
water-filled cup is useful for appraising the different aspects of teats in dried and lactating
cows, but it is important to utilize a suitable cup. This technique could be useful to diagnose
anomalies of the teat that could lead to mastitis.
INTRODUZIONE
L’incremento produttivo e l’esigenza di avere sempre maggiori prodotti di qualità, nel
rispetto della sicurezza alimentare, hanno portato negli ultimi anni ad un innalzamento degli
standards igienico-sanitari della produzione e all’immissione di sistemi di indagine
articolati e sofisticati. In particolar modo questi sistemi operativi hanno trovato
applicazione nella produzione lattea, dove si richiede una riduzione assai marcata delle
cellule somatiche e la presenza di requisiti sempre più intransigenti per il conferimento dei
premi di qualità. Questo comporta una maggiore attenzione da una parte, ai processi
infettivi ed infiammatori della ghiandola, con particolare riguardo alla prevenzione e a tutti
quei fattori responsabili di entità nosologiche, dall’altra ai diversi distretti: cisterna
capezzoli dotti galattofori e sfinteri. Quest’ultimi oltre a rendere difficili le operazioni di
mungitura, possono rappresentare i pabula laeta per l’insediamento di processi patologici
responsabili di entità di non trascurabile interesse. Va considerato che le stesse operazioni
di mungitura sono capaci di provocare alterazioni, a volte patologiche, dei capezzoli (7, 9, 18,
19
). Quindi, se da un lato attraverso l’esame clinico dell’organo è possibile giungere ad una
diagnosi e, talvolta ad una prognosi, in molti casi si ha la necessità di ricorrere ad esami più
approfonditi, come ad esempio l’esame ecografico, strumento non invasivo di facile
applicazione che consente la valutazione della morfologia e della struttura dell’organo
stesso, portando all’identificazione di eventuali processi patologici.
Oltre alle già consolidate applicazioni dell’indagine ecografia nel campo della ginecologia,
l’ecografia della ghiandola mammaria e del capezzolo possiede interessanti potenzialità
nell’allevamento di vacche da latte ad alta produzione. Infatti, le informazioni che si
possono ottenere, accompagnate dai risultati dell’esame obiettivo particolare (E.O.P.)
dell’organo e degli esami di laboratorio, risultano particolarmente utili per formulare una
diagnosi, emettere una prognosi ed effettuare terapie appropriate (4, 5, 6). L’esame clinico del
capezzolo, riveste un ruolo fondamentale per lo stato sanitario della mammella in toto in
quanto, essendo di fatto la “porta dell’organo con il mondo esterno”, l’insorgenza di
processi mastitici spesso dipende dalla sua integrità (6, 16). Allo scopo di valutare l’integrità
anatomica del capezzolo, diversi Autori hanno studiato la possibilità di applicare
l’ecografia attraverso l’utilizzo di diverse metodologie (1, 10, 17). Queste applicazioni
ecografiche, attraverso alcune misurazioni (lunghezza e diametro del canale, diametro della
cisterna, spessore della parete), hanno consentito di correlare eventuali modificazioni alle
tecniche di mungitura meccanica e al prolungamento della stessa (8, 11, 12, 13, 14, 15). Obiettvi
del presente lavoro sono stati la valutazione in campo di differenti tipi di contenitori da
utilizzare per l’esame ecografico del capezzolo immerso in acqua e, ancora, la valutazione
delle modificazioni delle strutture anatomiche del capezzolo in relazione alla fase di
lattazione e di asciutta.
MATERIALI E METODI
Sono state utilizzate 35 bovine di razza Holstein-Friesian, multipare, allevate in una azienda
zootecnica sita nella provincia di Ragusa (Italia). Dei 35 animali, 20 erano in lattazione
(metà lattazione) e 15 in asciutta (da 9-30gg). Dall’anamnesi remota, risultava che alcuni
animali avevano presentato in passato episodi mastitici, trattati farmacologicamente con
successo. L’anamnesi prossima di alcune bovine in lattazione (n° 5) riportava svuotamento
difficoltoso dei quarti mammari alla mungitura meccanica, infatti nell’unità di tempo si
raccoglieva meno latte rispetto alle mungiture precedenti. Su tutti gli animali sono stati
effettuati esame obiettivo generale (E.O.G.), l’esame obiettivo particolare (E.O.P.) della
mammella in toto ed, infine, sulle bovine sane (15 in lattazione e 15 in asciutta), l’esame
ecografico del capezzolo mediante immersione in acqua. All’esame ispettivo della
mammella e del capezzolo, era possibile registrare in due bovine alterazioni a carico dei
meati esterni dei condotti papillari con ispessimento cutaneo (casi 1-2) (Fig. 9-10) e
difficoltà nello svuotamento dei quarti; alcun sintomo degno di nota nelle altre. Per
effettuare le indagini ecografiche, è stata utilizzata una macchina portatile Esaote-falco100® (Pie Medical Equipment B.V.–Philipsweg 1 6227 AJ Maastricht The Netherlands)
con sonda da 6-8 Mhz. Le video-immagini sono state registrate mediante masterizzatore
DVD+RW ed acquisite su Personal Computer. Tutte le ecografie sono state realizzate in
sala mungitura (Fig. 1) ad una temperatura ambientale di 27°C±2. Per ottenere delle buone
immagini ecografiche sono stiti valutati sperimentalmente quattro tipi di contenitori plastici
diversi per forma e consistenza:
1. bicchiere comune di plastica per uso alimentare (Fig. 2);
2. contenitore per detersivo da bucato, con impugnatura e ritagliato nella parte
inferiore (fig.3);
3.
4.
contenitore artigianale in plexiglass con 2 supporti (orizzontale e verticale) per la
sonda ecografica, dalle dimensioni di 15x15x15 cm e dello spessore di 3 mm nella
porzione di contatto con la superficie di lettura della sonda (Fig. 4);
contenitore per paillettes da fecondazione artificiale di dimensione 7x12x0.05 cm
rispettivamente di diametro, altezza e spessore (Fig. 5).
Per la valutazione dei contenitori sono stati considerati: qualità dell’immagine ecografica e
praticità di esecuzione dell’esame. Nella superficie di contatto tra sonda e contenitore è
stato applicato del gel ecografico. Le ecografie sono state effettuate su tutti i capezzoli delle
30 bovine, sia in scansione orizzontale che verticale, in modo da comprendere il capezzolo
dal meato esterno del condotto papillare fino alla piega anulare del seno galattifero. I
contenitori, riempiti con acqua corrente alla temperatura di 18°C, prima di passare da un
capezzolo all’altro, venivano lavati e disinfettati con clorexidina. Sui capezzoli delle 30
bovine sane sono state effettuate le seguenti misurazioni morfo-metriche: (a) lunghezza del
canale (Teat Canal Length, TCL); (b) diametro (Teat Diameter, CD); (c) diametro della
cisterna misurata a 10 mm da (b) (Cistern Diameter, CD); (d) spessore della parete (Teat
Wall Thickness, TWT) (fig. 6). Le misurazioni di (b) e (d) sono state realizzate anche in
scansione orizzontale, mentre le altre esclusivamente in verticale. Le misure dei vari
distretti considerati, sono state effettuate mediante software applicato alle immagini
acquisite su PC. Per tutte le misure sono stati calcolati valore medio e deviazione standard
sia nelle bovine in lattazione che in asciutta. I valori sono stati confrontati mediante test di
Student con significatività statistica per P < 0.001.
RISULTATI
Per quanto riguarda il contenitore n°1 (bicchiere di plastica), le immagini ecografiche
ottenute risultavano di qualità media anche se, datii i bruschi movimenti dell’animale, la
rottura del bicchiere era una evenienza frequente. Utilizzando il contenitore n° 2, comodo
da maneggiare per la presenza dell’impugnatura ergonomica, si ottenevano buone
immagini, ma l’eccessivo contenuto in acqua portava ad un esagerato affaticamento
dell’operatore dopo pochi minuti di utilizzo. Il terzo contenitore (n° 3), oltre ad essere poco
pratico per le stesse motivazioni espresse per il contenitore precedente, dava delle immagini
con presenza di artefatti di riverberazione nella porzione prossimale dell’immagine
ecografica (Fig. 7). L’ultimo contenitore (n° 4), oltre ad essere perfettamente dimensionato
per il capezzolo bovino, ha permesso di ottenere eccellenti immagini ecografiche sia in
scansione orizzontale che verticale; inoltre era possibile realizzare scansioni apicali (Fig. 8),
ponendo la sonda sulla base dello stesso. L’esame ecografico dei capezzoli degli animali
positivi all’E.O.P. (casi 1-2) ha fatto emergere allo stesso livello, un tipico aspetto
iperecogeno, riconducibile a processi infiammatori cronici (Fig. 9a-10a). Per gli altri
soggetti negativi all’E.O.P., in tre casi è stato possibile mettere in evidenza processi
patologici. In una bovina (Caso 3 - fig. 11) si osservava ecograficamente una
neoformazione ecogena (lunghezza 3,4 cm) a livello della cisterna del capezzolo, il canale
era anecogeno e quindi dilatato, edema di una porzione della mucosa della cisterna e, nello
spessore della parete, una varice di 1 cm di diametro. Nei casi 4 (Fig. 12) e 5 (Fig. 13) si
repertavano strutture ecogene, riconducibili a neoformazioni, all’interno del canale del
capezzolo che lo ostruivano a gradi differenti. Tutti i casi patologici riportati sono stati
riscontrati in bovine in lattazione. Nelle figure 14-15 e 16-17 vengono riportati alcuni
aspetti ecografici di capezzoli fisiologici rispettivamente in asciutta e in lattazione. I
risultati delle misurazioni, delle deviazioni standard e del confronto statistico tra le stesse
nei due gruppi vengono riportate in tabella 1. Le misurazioni (c) e (d) relative agli animali
in asciutta non sono state effettuate in quanto l’aspetto ecografico non consentiva una
misurazione precisa.
CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI
E’ oramai accertato che l’ecografia del capezzolo nella bovina risulta un potente strumento
diagnostico. In precedenti indagini gli stessi Autori avevano valutato la possibilità di
effettuare l’ecografia del capezzolo sia poggiando il trasduttore direttamente sulla cute, che
previa immersione del capezzolo in acqua (5), mediante l’utilizzo di un condom o di
differenti contenitori plastici così come suggerito da altri Ricercatori (1, 2, 3, 13). Riscontrata
la possibilità di ottenere buone immagini utilizzando le tecniche per immersione, è stato
ritenuto interessante approfondire le conoscenze sull’utilizzo di un contenitore
standardizzabile, di facile reperimento, dal prezzo modesto con il quale si potessero
ottenere immagini di qualità superiore ed il cui uso risultasse assolutamente pratico.
Dall’analisi delle differenti tecniche, si evince come l’utilizzo della sonda applicata
direttamente sulla cute, ma anche attraverso l’interposizione di un condom riempito di
acqua, risulti poco pratico. Difatti il sistema sonda-capezzolo, è eccessivamente mobile in
entrambi i casi e ancora per effetto della forza di gravità, il condom ripieno di acqua tende a
scivolare verso il basso e la porzione dorsale del capezzolo non è sempre ben leggibile.
Inoltre la necessità di mantenere il capezzolo in posizione corretta (interfaccia sonda
capezzolo), porta spesso alla deformazione dell’organo; sulla superficie al disotto della
sonda si esercita una compressione e su quella opposta alla sonda, una deformazione
causata dalla digito-pressione esercitata dall’operatore. In questi casi le immagini
risultavano spesso artefatte. Tra i differenti contenitori utilizzati nel presente lavoro, quello
assolutamente pratico e con il quale si ottengono le migliori immagini è risultato il n° 4:
involucro per paillettes da fecondazione artificiale. Oltre ai motivi sopra esposti, l’utilizzo
di questo contenitore ha permesso di effettuare scansioni apicali, utili soprattutto nella
valutazione della porzione distale del capezzolo, spesso interessata da processi patologici.
L’ennesima dimostrazione del potere diagnostico della tecnica ecografica per immersione
effettuata con un buon contenitore è stata dimostrata dal fatto di diagnosticare patologie del
capezzolo che non erano emerse all’ E.O.P.. Le lesioni riscontrate sui meati esterni dei
capezzoli nei casi 1 e 2, erano causate verosimilmente dall’impianto di mungitura non
perfettamente calibrato (eccessiva depressione) e da alcune tettarelle particolarmente
usurate. Relativamente all’aspetto ecografico che assume il capezzolo in asciutta, si è visto
come questo sia diffusamente ecogeno a dimostrazione di una sua significativa riduzione di
volume con conseguente collabimento delle pareti mucose della cisterna; questi aspetti sono
dimostrati dalla diminuzione della TCL (lunghezza del canale del capezzolo) e del TD
(diametro del capezzolo). L’aspetto ecografico, riscontrato in tutte le bovine in asciutta, ha
reso difficoltose le misurazioni del CD (diametro della cisterna del capezzolo) e dello TWT
(spessore della parete del capezzolo), in quanto, i limiti morfo-strutturali utilizzati per le
misurazioni non risultavano ben differenziati e le relative misurazioni sarebbero state
approssimative. Concludendo, si ritiene che la metodica ecografica mediante immersione
del capezzolo in acqua, realizzata in modo standardizzabile, possa permettere, oltre alla
diagnosi di patologie difficilmente rinvenibili mediante il comune E.O.P., la possibilità di
effettuare valutazioni morfo-strutturali tali, da esprimere importanti considerazioni in quei
periodi particolarmente delicati, rappresentati dalla messa in asciutta della bovina e dalla
ripresa della lattazione. Il mancato riscontro di queste modificazioni morfo-strutturali a
carattere protettivo potrebbe rappresentare un importante fattore di rischio per l’insorgenza
di processi infettivi di tipo ascendente del quarto mammario.
IMMAGINI E TABELLE
Fig. 1
Fig. 4
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 9
Fig. 8
Fig. 10
Fig. 9a
Fig. 10a
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
BIBLIOGRAFIA
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