INTRODUZIONE La scelta di trattare questo preciso decennio del secolo scorso e, in particolare, di focalizzare gli eventi avvenuti negli Stati Uniti, nasce da una tranquilla serata in compagnia degli amici di sempre. Un Sabato di Maggio 2013, vuoto e piatto come tutti i precedenti, decidemmo, in extremis, di andare al cinema. Il film designato era “Il Grande Gatsby”, pellicola del regista Baz Luhrmann e capolavoro dello scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald risalente al lontano 1925. Non avevo mai sentito nominare né il libro né il suo autore. O meglio, era uno di quei libri che avevo sfogliato distrattamente così tante volte da rendermelo noioso ancor prima di averne letto il primo capitolo; un masterpiece della letteratura ristampato in un numero così copioso di edizioni da risultarmi insopportabile alla vista, e paragonavo il desiderio di approcciarmi ad esso alla felicità di un bambino che, sedendosi a tavola, inorridisce scoprendo che, per la quindicesima volta di seguito, a pranzo c’è il solito piatto di pasta al sugo. Una disgrazia, una piccola crisi esistenziale. Ma quella sera ciò che si parò davanti ai miei occhi assonnati ed alla mia mente senza aspettative non fu un film banale, piuttosto una rivelazione. Una rivelazione che mi lasciò basita per intere notti ed alla disperatissima ricerca di un modo per rielaborare quelle ore. Cos’erano stati gli Anni Venti? Decennio scintillante intriso di speranza nel futuro contrapposta ad una percezione della vita vuota ed insignificante, fin dalla prima scena mi era sembrato simile al mio periodo storico. Altrettanto promettente e ricco di comode innovazioni, infatti, quel 2013 non sembrava altro che un 1925 amplificato ed io, insicura diciottenne carente di risposte alle mie domande più intime, mi accostavo agli insignificanti personaggi dell’opera. La settimana dopo comprai il libro e lo divorai più volte, rivedendomi contemporaneamente il film ed immergendomi completamente in quel mondo lontano eppure così affine al mio. Man mano che analizzavo situazioni e persone, frammenti della mia vita si incastravano uno dopo l’altro, iniziando a comporre un puzzle bizzarro. Affrontando i temi della morte, della società, delle illusioni e dei sogni appartenenti a quegli anni, intravedevo sempre più me stessa e mi sentivo in compagnia di infinite altre anime. Con l’avvento del quinto ed ultimo anno di liceo, le riflessioni estive sui Roaring Twenties si arricchirono di opere letterarie novecentesche. Fu così che mi imbattei in Hemingway ed Eliot, che rispettivamente con “The Sun Also Rises” e “The Waste Land”, delineavano ancor più quel disordinato intreccio di sentimenti che provavo nei confronti dell’esistenza e del mondo. Ritenevo il loro pessimismo eccessivamente pronunciato, tuttavia non potevo far altro che scoprirmi in accordo con loro nella denuncia dell’aridità dei valori e dei desideri della società moderna: gli uomini erano per lo più vuoti, falsi, limitati ed ipocriti, schiavi dei soldi, della bellezza esteriore e della tecnologia. L’incontro con Eugenio Montale e le sue affinità con l’angloamericano Eliot ebbi modo di saggiare il mal di vivere all’italiana e l’impotenza umana. Ad una cosa, però, non riuscivo a rinunciare totalmente: la speranza. Un mondo magnifico quanto il nostro non poteva essere in punto di morte, incapace di reagire alla decadenza umana, talmente debole da non ospitare una società credente nel progresso e nella rinascita di veri ideali. Inoltre, presa la decisione di tentare il test di Medicina, entrai in contatto con la scienza ed il calcolo, ma, soprattutto, con il concetto di “far del bene” ad estranei e di provvedere al mantenimento del più grande dono di cui un uomo può disporre: la salute. Non riuscivo a capacitarmi di come gli stessi esseri viventi potessero contemporaneamente essere così meschini, ma dedicare la propria vita a rendere migliore quella di altri. Progresso e società assumevano sempre più due facce contrastanti tra loro. Giunta a Giugno, ho deciso di raccogliere scritti, fotografie, opere ed innovazioni che hanno contribuito alla mia visione degli Anni Venti, ma, soprattutto, al personale tentativo di spiegare o almeno capire la vita, partendo dagli spunti che i Roaring Twenties ed il concetto di American Dream mi hanno lasciato. Questa tesina è la mia analisi, lo studio ed il mio pensiero riguardo tutto ciò. Nella storia: The Jazz Age L’emancipazione femminile e la nascita della donna moderna La guerra civile culturale The Noble Experiment Nella letteratura angloamericana: The Lost Generation Francis Scott Fitzgerald and “The Great Gatsby” Ernest Hemingway and “The Sun Also Rises” Thomas Stearnes Eliot and “The Waste Land” Nella letteratura italiana: Eliot, Montale e l’aridità dell’esistenza umana Nel progresso scientifico: La scoperta dell’insulina La scoperta della penicillina Le onde elettromagnetiche e la diffusione della radio Gli Anni Ruggenti Gli Anni Venti videro la società statunitense essere protagonista di drammatici cambiamenti culturali e politici. Per la prima volta, si abbandonò l’individualismo decadente dei decenni precedenti, più americani abitavano in metropoli piuttosto che nelle aziende agricole e la ricchezza complessiva degli Stati Uniti avviò un processo che l’avrebbe portata a raddoppiare nel giro di nove anni. Questa crescita delirante portò con sé il primo concetto di consumismo a cui gli americani si abbandonarono, lasciandosi catturare dagli ingannevoli scintillii della neonata “società dei consumi”: dalla East alla West Coast, si poteva usufruire degli stessi beni, essere soggetti a pubblicità a livello nazionale, dipendere dalle medesime catene di negozi … Ma soprattutto divertirsi in egual modo, ascoltando musica jazz, scatenandosi con il charleston, assistendo a proiezioni cinematografiche! Molti americani, però, si schierarono contro questa sfavillante, urbana, spesso fin troppo vivace "cultura di massa", memori dei valori tradizionali e restii a cambiamenti così profondi. Inoltre, la maggior parte delle famiglie continuava a vivere in miseria, guadagnando 2000 dollari l’anno e rassegnandosi all’impossibilità di risentire del boom economico. Tuttavia, per una piccola manciata di giovani spavaldi delle grandi città della nazione, gli Anni Venti ruggivano davvero, destinandoli ad essere testimoni di un decennio caratterizzato da profumo di progresso e dinamismo assolutamente irripetibili! La costruzione del Rockefeller Center, 1929 The Jazz Age Complice il boom economico, le case americane andarono via via riempiendosi di nuovi prodotti “tecnologici”, prime tra tutti le radio. A fine 1920 più di dodici milioni di famiglie ne possedevano una e nello stesso anno nasceva la prima stazione radio commerciale degli Stati Uniti, KDKA di Pittsburgh; tre anni dopo nella stessa nazione ve ne erano più di 500. Grazie alla diffusione di questi apparecchi, il mondo conobbe la musica che divenne simbolo di quegli anni: il jazz. In quegli anni migliaia di ragazzi viaggiarono da una parte all’altra degli States per lanciarsi nelle piste da ballo e scatenarsi a ritmo di Charleston, cake walk, black bottom e flea hop, mentre i più grandi interpreti jazz si esibivano nei teatri più belli della nazione, suscitando ondate di consensi. Tuttavia, non tutti accettarono di buon grado questo genere giudicandolo una parentesi della musica volgare e depravata e sottolineando come la maggior parte dei musicisti fosse di colore. L’emancipazione femminile e la nascita della donna moderna L’idea di progresso accomunava tutti i cittadini americani dell’epoca, uomini o donne che fossero. Tuttavia, se ogni ambito della società novecentesca pareva in netto sviluppo, la visione della figura femminile non accennava al minimo mutamento e, nonostante le donne chiedessero a gran voce i medesimi diritti degli uomini, non era stata ancora varata alcuna legge che favorisse l’uguaglianza tra i sessi. All’immagine di donna sottomessa al padrone di casa, le giovani di quel tempo contrapposero una nuova figura femminile più disinibita, autosufficiente ed intraprendente; nacquero movimenti che sfidavano apertamente la chiusura della società attraverso manifestazioni allora considerate particolarmente provocatorie: andare in bicicletta, indossare pantaloni, scendere in piazza a manifestare. Qualche anno dopo, finalmente, con il diciannovesimo emendamento del 1920 alle donne degli Stati Uniti d’America vennero legalmente riconosciuti gli stessi diritti degli uomini. Esse iniziarono a votare, lavorare e dare sfogo alla propria individualità, affermandosi persone di carattere, rompendo la tradizione e cominciando ad ambire a cariche politiche. Inaspettatamente, l’arma più potente che individuarono per evidenziare definitivamente la rottura con il passato fu la moda. Abbigliamento ed acconciature si trasformarono in strumenti provocatori che esaltavano non più la dolcezza dei tratti, ma piuttosto la forza, l’indipendenza e la sensualità femminili. Comparvero tagli cortissimi, pantaloni e gonne che lasciavano intravedere le ginocchia… Così facendo la donna mandava in frantumi l’antica immagine di creatura indifesa, rivendicando il suo posto nei ruoli centrali della società e ponendosi alla pari degli uomini. La prima stilista a comprendere le nuove esigenze del suo sesso fu Coco Chanel, icona indiscussa della moda degli Anni Ruggenti e sinonimo internazionale di raffinata eleganza. Coco Chanel fuma una sigaretta in compagnia di Salvador Dalì Misurazione della lunghezza del costume da bagno. Se risultava troppo corto, la donna veniva multata La guerra civile culturale L’espansione delle grandi città del nord avvenne contemporaneamente ad una grande migrazione di afroamericani provenienti dalle campagne del sud che, stabilendosi lì definitivamente, mutarono per sempre la struttura delle metropoli americane. Successivamente, con la crescente visibilità della cultura nera, il successo di jazz e blues e la nascita del movimento letterario conosciuto come Harlem Renaissance, numerosi cittadini bianchi iniziarono ad accusare razzismo ed a rivendicare la superiorità della razza ariana. Sconcertati dai repentini cambiamenti e speranzosi di poter ristabilire la situazione precedente, milioni di persone aderirono al Ku Klux Klan, organizzazione razzista che richiedeva una pulizia delle città dalla cultura afroamericana. Questa raggiunse un tale consenso da ottenere cariche politiche in numerose città e l’amministrazione di alcuni stati quali Indiana ed Illinois.Nel 1920 quattro milioni di cittadini diedero la loro adesione e nel 1924 il gruppo raggiunse la quota di sei milioni di iscritti. Per questi americani il Ku Klux Klan rappresentava l’unico modo per tornare ai valori che avevano caratterizzato gli Stati Uniti dei secoli precedenti, tuttavia, quando l’associazione si rivelò a stampo terroristico perse credibilità, riuscendo a raccogliere i voti di poche migliaia di cittadini tradizionalisti. Contemporaneamente a queste tensioni interne, il popolo statunitense sviluppò una fobia anche nei confronti degli stranieri che giungevano negli States da ogni parte del mondo alla ricerca del Sogno Americano. Gli ideali di Gruppi anti-comunismo presero sempre più piede negli animi dei cittadini che nel 1924 accolsero di buon grado una legge particolarmente restrittiva sull’immigrazione, la National Origins Act. Alla base di questa vi era la predilezione razzista per alcuni popoli piuttosto che per altri: se infatti gli immigrati inglesi venivano accettati, quelli dei paesi orientali venivano rifiutati nella schiacciante maggioranza dei casi. Il figlioletto di un iscritto al Ku Klux Klan che osserva perplesso il proprio riflesso nello scudo antisommossa di un poliziotto di colore The Noble Experiment Meglio conosciuto come Proibizionismo, si intende il periodo fra il 1919 e il 1933 in cui negli Stati Uniti, tramite il XVIII emendamento e il Volstead Act, venne sancito il bando sulla fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool. Esso nacque su forte pressione delle così dette “società di temperanza”, gruppi religiosi e politici caratterizzati in genere da un forte moralismo e fondamentalismo rispetto alle posizioni sostenute. Le principali erano: la Woman's Christian Temperance Union, l'AntiSaloon League, l'American Temperance Society, la Daughters of Temperance, il Prohibition Party, lo Scientific Temperance Federation e la New York Society for the Suppression of Vice; esse, forti di milioni di iscritti, riuscirono a proibire la spedizione per mezzo della posta di stampe erotiche di ogni tipo, testi di biologia che mostravano rappresentazioni accurate del corpo umano ed addirittura corrispondenze epistolari private con accenni o riferimenti di natura sessuale. Ben presto, tuttavia, l’obbiettivo delle loro campagne di proibizionismo divenne l’alcol. Ai tempi questo era infatti additato come principale piaga sociale della nazione e causa, non solo di violenza sulle donne, ma anche di assenteismo: gli uomini, ubriachi, lavoravano di meno e peggio. Fu così che alle società di temperanza si aggiunsero anche i ricchi imprenditori nella speranza che, in assenza di alcol, i dipendenti migliorassero la qualità del lavoro. Nel 1914, all'Harrison Narcotics Act che vietava l’uso dell’oppio seguirono le campagne per il regime “dry”: "I liquori sono responsabili del 25% della miseria, del 37% del depauperamento, del 45,8% della nascita di bambini deformi, del 25% delle malattie mentali, del 19,5% dei divorzi e del 50% dei crimini commessi nel nostro Paese". Il 1919 fu l’anno della vittoria delle società: l’alcol venne bandito tramite il Volstead Act ed il XVIII emendamento degli Stati Uniti, entrati in vigore il 16 gennaio 1920. La sera del 15 gennaio decine di migliaia di persone si riversarono nei negozi per fare rifornimento delle ultime bottiglie legalmente in vendita. A mezzanotte e tre quarti del 15 gennaio, a Chicago, una banda armata assaltò un treno e rapinò un carico di whiskey dal valore di 100.000 dollari, dando così ufficialmente i natali al contrabbando e al mercato nero sugli alcolici. Il bando dell’alcol lo aveva ufficialmente reso un prodotto di rarità ed il suo prezzo era salito alle stelle: Milioni di americani volevano continuare a bere ed erano disposti a pagare quanto richiesto dai mercati illegali nero per farlo! Nacquero allora bande di contrabbando, laboratori clandestini e “Speak-easy”, club con ingresso tramite parola d'ordine dove si poteva bere tranquillamente. Alla fine del 1920 nella sola New York erano presenti 32.000 Speak-easy, contro i soli 15.000 bar legittimi di prima della proibizione. Il whiskey prodotto da una fabbrica illegale di Detroit viene rovesciato perle strade della città Il manifesto attaccato alla porta di un negozio di alcolici smascherato Il proibizionismo, infine, diede vita al fenomeno definito come “gangsterismo”, il cui principale esponente fu Al Capone, immortale personaggio dello scorso secolo. Egli assieme a molti altri fece fortuna sfruttando la proibizione, l’esenzione delle tasse e l’adozione di comportamenti senza scrupoli. Quello dell’alcol si rivelò un giro d'affari nell'ordine dei miliardi di dollari dell'epoca, esentasse e Capone, numero uno del business di Chicago, vantava 1927 di oltre cento milioni di dollari. Nel 1929 il Congresso votò un ampliamento alla legge sul Proibizionismo: ritenendo che la stessa non avesse funzionato per quasi un decennio a causa della sua blandezza, si approvò una norma che stabiliva pene detentive anche per chi consumasse alcol, mentre fino a quel momento erano vietate solo la produzione, l'importazione e la vendita. Si aprì così una fase di forte belligeranza fra la polizia, le bande criminali e la pubblica opinione, che iniziava a chiedersi se proibire una sostanza fosse il modo più razionale per arginare gli eventuali problemi collegati al suo consumo. Le società di temperanza iniziarono allora a disgregarsi: i grandi imprenditori avevano notato che i lavoratori lavoravano ancora peggio a causa dei surrogati che bevevano e che, piuttosto che non bere, spendevano illegalmente tutti i propri risparmi; le madri iniziarono a preferire la vendita legale poiché era più semplice “controllare” i figli; lo Stato aveva subito enormi perdite a causa della scomparsa della tassa sugli alcolici. Alle 17.27 di Martedì 5 dicembre 1933 il presidente Roosvelt sancì la fine del Volstead Act e del XVIII emendamento, rendendo liberi milioni di americani, riempiendo le casse delle stato e mandando in fumo gli affari da miliardi di dollari di milioni di criminali. Al Capone, il gangster per eccellenza Lo sfogo di un uomo dopo tredici anni di proibizionismo The Lost Generation The "Lost Generation" was the generation that came of age during World War I. The term was popularized by Ernest Hemingway, who used it as one of two contrasting epigraphs for his novel “The Sun Also Rises”. In that volume Hemingway credits the phrase to Gertrude Stein, who was then his mentor and patron. In “A Moveable Feast”, published after Hemingway and Stein's death, Hemingway claims that Stein heard the phrase from a garage owner who serviced Stein's car. When a young mechanic failed to repair the car quickly enough, the garage owner shouted at the boy, "You are all a "génération perdue." Stein, in telling Hemingway the story, added, "That is what you are. That's what you all are ... all of you young people who served in the war. You are a lost generation." After WWI, many young Americans left their native country and formed a circle of artistic expatriates formed in Paris under Stein's guidance and shared their revolutionary ideas on art. While they helped define Modernist techniques in literature and painting, the Americans innocently catalogued the social upheaval in their homeland and drifted irresponsibly through the prosperous era now known as the Roaring 20s. In common with the European members of the circle, they had a vision of life aimless and empty, in which human beings have to live without hope and faith. Although this pessimistic point of view, these artists rarely gave up completely, trying every time to win their personal battle against a grey existence. This generation included distinguished artists such as F. Scott Fitzgerald,T. S. Eliot, Ernest Hemingway, John Dos Passos, Pablo Picasso, Waldo Peirce, Isadora Duncan, Abraham Walkowitz, Alan Seeger, and Erich Maria Remarque. In the next pages, there are presented the analysis of three masterpieces of the “Lost Generation”: “The Great Gatsby” by F.S. Fitzgerald, “The Sun Also Rises” by E. Heminqway and “The Waste Land” by T.S. Eliot. The aim of this collection is to examine closely the deeper emotions and the interior crisis of the modern man, creating a invisible link between the Roaring Twenties and our era. Gertrude Stein Allegheny, 3/02/1874 – Neuilly-sur-Seine, 27/07/ 1946 The Great Gatsby Francis Scott Key Fitzgerald (September 24, 1896 – December 21, 1940) is an American author of novels and short stories, whose works are the paradigmatic writings of the Jazz Age, a term he coined. He is widely regarded as one of the greatest American writers of the 20th century. Fitzgerald is considered a member of the "Lost Generation" of the 1920s and finished four novels: This Side of Paradise, The Beautiful and Damned, The Great Gatsby and Tender Is the Night. A fifth, unfinished novel, The Love of the Last Tycoon, was published posthumously. Fitzgerald also wrote many short stories that treat themes of youth and promise along with age and despair. For what concerns “The Great Gatsby”, the began planning the novel in 1923 desiring to produce, in his words, "something new—something extraordinary and beautiful and simple and intricately patterned." First published by Scribner's in April 1925, The Great Gatsby received mixed reviews and sold poorly; in its first year, the book sold only 20,000 copies. Fitzgerald died in 1940, believing himself to be a failure and his work forgotten. However, the novel experienced a revival during World War II and became a part of American high school curricula and numerous stage and film adaptations in the following decades. Today, The Great Gatsby is widely considered to be a literary classic and a contender for the title "Great American Novel". The book is consistently ranked among the greatest works of American literature. In 1998 the Modern Library editorial board voted it the best American novel and the second best novel in the English language. The Portrait of The Roaring Twenties The work is considered a seminal work on the fallibility of the American dream and Fitzgerald seems to argue that the possibility of social mobility in America is an illusion, and that the social hierarchies of the "New World" are just as rigid as those of Europe. Gatsby genuinely believes that if a person makes enough money and amasses a great enough fortune, he can buy anything. He thinks his wealth can erase the last five years of his and Daisy’s life and reunite them at the point at which he left her before he went away to the war. In a similar fashion, all Americans have a tendency to believe that if they have enough money, they can manipulate time, staying perpetually young, and buy their happiness through materialistic spending. Throughout the novel, there are many parties, a hallmark of the rich. But each festivity ends in waste (the trash left behind by the guests) or violence (Myrtle’s broken nose and subsequent accidental death.) Between the wealth of New York City and the fashionable Egg Islands lies the Valley of Ashes, the symbol of the waste and corruption that characterizes the wealthy. When Gatsby’s dream is crushed by Daisy’s refusal to forget the past or deny that she has ever loved Tom, Fitzgerald is stating that the American Dream of wealth and beauty is just as fragile. History has proven that view correct. The sense of wonder of the first settlers in America quickly turned into an excessive greed for more wealth. The ostentatious, wild lifestyle of the wealthy during the 1920s was followed by the reality of the stock market crash and the Great Depression of the 1930s. Where there is great wealth, sadness and waste always seems to follow. The end product is always a valley of ashes. Watching over the Valley of Ashes, that lies between the wealthy of the Egg Islands and the wealthy of New York City, are the all-knowing eyes of T.J. Eckelberg, a symbol of the omniscience of God; but his image is fading, as if he is totally tired of sadly looking down at the wasteland below. He seems ashamed of mankind’s extravagance that cause the ashheaps. His is a powerful image that is repeatedly referenced to hold the novel together and to emphasize Fitzgerald's key theme: wealth corrupts. Main Themes Honesty Honesty is does not seem to determine which characters are sympathetic and which are not in this novel in quite the same way that it does in others. Nick is able to admire Gatsby despite his knowledge of the man's illegal dealings and bootlegging. Ironically, it is the corrupt Daisy who takes pause at Gatsby's sordid past. Her indignation at his "dishonesty," however, is less moral than class-based. Her sense of why Gatsby should not behave in an immoral manner is based on what she expects from members of her milieu, rather than what she believes to be intrinsically right. The standards for honesty and morality seem to be dependent on class and gender in this novel. Tom finds his wife's infidelity intolerable, however, he does not hesitate to lie to her about his own affair. Decay Decay is a word that constantly comes up in The Great Gatsby, which is appropriate in a novel which centers around the death of the American Dream. Decay is most evident in the so-called "valley of ashes." With great virtuosity, Fitzgerald describes a barren wasteland which probably has little to do with the New York landscape and instead serves to comment on the downfall of American society. It seems that the American dream has been perverted, reversed. Gatsby lives in West Egg and Daisy in East Egg; therefore, Gatsby looks East with yearning, rather than West, the traditional direction of American frontier ambitions. Fitzgerald portrays the chauvinistic and racist Tom in a very negative light, clearly scoffing at his apocalyptic vision of the races intermarrying. Fitzgerald's implication seems to be that society has already decayed enough and requires no new twist. Gender Roles In some respects, Fitzgerald writes about gender roles in a quite conservative manner. In his novel, men work to earn money for the maintenance of the women. Men are dominant over women, especially in the case of Tom, who asserts his physical strength to subdue them. The only hint of a role reversal is in the pair of Nick and Jordan. Jordan's androgynous name and cool, collected style masculinize her more than any other female character. However, in the end, Nick does exert his dominance over her by ending the relationship. The women in the novel are an interesting group, because they do not divide into the traditional groups of Mary Magdalene and Madonna figures, instead, none of them are pure. Myrtle is the most obviously sensual, but the fact that Jordan and Daisy wear white dresses only highlights their corruption. Violence Violence is a key theme in The Great Gatsby, and is most embodied by the character of Tom. An ex-football player, he uses his immense physical strength to intimidate those around him. When Myrtle taunts him with his wife's name, he strikes her across the face. The other source of violence in the novel besides Tom are cars. A new commodity at the time that The Great Gatsby was published, Fitzgerald uses cars to symbolize the dangers of modernity and the dangers of wealth. The climax of the novel, the accident that kills Myrtle, is foreshadowed by the conversation between Nick and Jordan about how bad driving can cause explosive violence. The end of the novel, of course, consists of violence against Gatsby. The choice of handgun as a weapon suggests Gatsby's shady past, but it is symbolic that it is his love affair, not his business life, that kills Gatsby in the end. Class Class is an unusual theme for an American novel. It is more common to find references to it in European, especially British novels. However, the societies of East and West Egg are deeply divided by the difference between the noveau riche and the older moneyed families. Gatsby is aware of the existence of a class structure in America, because a true meritocracy would put him in touch with some of the finest people, but, as things stand, he is held at arm's length. Gatsby tries desperately to fake status, even buying British shirts and claiming to have attended Oxford in an attempt to justify his position in society. Ultimately, however, it is a class gulf that seperates Gatsby and Daisy, and cements the latter in her relationship to her husbad, who is from the same class as she is. Religion It is interesting that Fitzgerald chooses to use some religious tropes in a novel that focuses on the American Dream, a concept which leaves no room for religion save for the doctrine of individualism. The most obvious is the image of the "valley of ashes," which exemplifies America's moral state during the "Roaring Twenties." This wasteland is presided over by the empty eyes of an advertisement. Fitzgerald strongly implies that these are the eyes of God. This equation of religion with advertising and material gain are made even more terrifying by the fact that the eyes see nothing and can help no one (for example, this "God" can do nothing to prevent Myrtle or Gatsby's deaths). World War I Because The Great Gatsby is set in the Roaring Twenties, the topic of the Great War is unavoidable. The war was crucial to Gatsby's development, providing a brief period of social mobility which, Fitzgerald claims, quickly closed after the war. Gatsby only came into contact with a classy young debutante like Daisy as a result of the fact that he was a soldier and that no one could vouch for whether he was upper-class or not. The war provided him with further opportunities to see the world, and make some money in the service of a millionaire. Gatsby's opportunities closed up after the end of the war, however, when he found upon returning to America that the social structure there was every bit as rigid as it was in Europe. Unable to convince anyone that he is truly upper-class (although his participation in the war gave him some leeway about lying), Gatsby finds himself unable to break into East Egg society. The original cover of the masterpiece Francis Scott Fitzgerald 24/06/1896 – 21/12/1940 The Sun Also Rises By Ernest Hemingway The Epigraph The Sun Also Rises will maintain a place in history not only for its literary merit, but also for its documentation of what the painter, poet, and social center of the American expatriates in 1920s Paris Gertrude Stein called the "Lost Generation." Hemingway prefaces the novel with two quotes, one by Stein and one by Ecclesiastes from the Bible. Stein's quote proclaims that Hemingway's is a "lost generation." Her title stuck and has since defined the moral, emotional and physical emptiness of the young post-WWI generation, devastated by war and aimlessly seeking comfort in the superficial, hedonistic atmosphere of the 1920s. The quote from Ecclesiastes compares the permanence of the earth to the transience of men; Hemingway altered the words "'The sun also riseth'" for his novel's title. In one sense, the words of Ecclesiastes are an optimistic antidote to Stein's pessimism; though Hemingway's generation may be "lost," soon mankind will find himself again ("'One generation passeth away, and another generation commeth'"). On another level, the quote embraces the rejuvenation nature offers. This promise of natural rejuvenation will play an important role in the novel. Links with “The Great Gatsby” Hemingway and Fitzgerald employed their keen social observation in writing The Sun Also Rises and The Great Gatsby, respectively, widely considered the two masterpieces of Lost Generation fiction. The novels are remarkably similar: a somewhat indistinct young man narrates a story of unrequited desire for an untouchable woman in a hedonistic social environment. The major difference is that in The Sun Also Rises, the narrator can’t hit the mark because of a physical impairment, while in Fitzgerald's work, Gatsby (not the narrator) cannot have his love interest for other reasons. Secondly, if Hemingway, like Fitzgerald, explores and critiques the superficiality of his characters' indulgent lifestyles, he touches upon a number of other themes, many of which have to do with new notions of masculinity arising after the war. Jake's impotence is a powerful symbol for the emasculated postwar male psyche, and bull-fighting describes sex as warfare on several metaphorical levels. These ideas are delivered in Hemingway's spare, unadorned, journalistic prose, another contrast to Fitzgerald, who has a more ornate writing. The Style Hemingway's spare, laconic prose was influenced by his early work as a journalist, and he has probably had the greatest stylistic influence over 20th-century American writers of anyone. It is characterized by short sentences, life-like dialogues, basic punctuation and the absence of the narrator’s point of view, but the real key to Hemingway's style is omission! The reader usually learns less about Jake through his direct interior narration, but more through what he leaves out and how he reacts to others. Main characters Jake Barnes The protagonist and narrator of the novel, Jake is a young American expatriate working in a Paris newspaper office. He is a veteran of WWI and has an injury from it which, it appears, has left him impotent. He desires Brett, with whom he developed a relationship while in the war hospital, but cannot have her because of his physical condition. His submissive pursuit of her often undermines his values and sense of self-worth. His other passion besides Brett is bull-fighting and spends his days and nights living irresponsibly and drinking heavily with his friends, none of whom he seems to care about too deeply, such as Robert Cohn. Overall, Jake represents the worst of the Lost Generation: irresponsible, aimless, and bitter, his life seems over before it has begun. Brett (Lady Ashley) Although the true antagonist in the novel is the lack of values and direction of the Lost Generation, Brett comes closest to personifying this malaise and provoking it in others: she consistently manipulates Jake and makes him undermine his sense of self. Brett is the strongest, most conventionally "masculine" character in the novel, dominating her lovers and manipulating them like a bull-fighter; in fact, she even has a short haircut and refers to herself as a "chap." However, in her carelessly dominating relationships with Jake, Mike, Cohn and Romero, she appears to be dependent on them as well: she needs men to let her be dominant. Robert Cohn A Jewish novelist from Princeton, Cohn is the only central male character who is not a war veteran, and perhaps because of this he is the only one whose values have not been fully compromised. He represents American pre-war romanticism and idealism, and it is often painful to watch him pitted against a world that has lost these beliefs. Although he is mainly humiliated by Jake’s circle, he is an excellent boxer, a skill developed to compensate for his inferiority complex. Pedro Romero Although Romero appears only briefly in the novel, his presence is crucial, as he is the only man who seems capable of manipulating Brett. His appeal to her, beyond his beautiful appearance, is clear through the parallels Hemingway draws between bull-fighting and sexuality. Like Brett with her submissive men, Romero is highly skilled at a somewhat "feminine" manipulation of the bulls. Jake admires him because he is a great bull-fighter and because he fulfills the code of the hero, as Hemingway defined it: a man of action who exhibits "grace under pressure." While Jake fought in the war, he never controls his destiny in the face of death as Romero does, and with such command. Mike Campbell Brett's fiancé, Mike has gone bankrupt through business associations with "'false friends.'" He often gets drunk and grows possessive of Brett. Though he supposedly doesn't mind that she has affairs openly, he hates Cohn for his fling with her. He humiliates Cohn to his face and tosses off anti-Semitic comments at him behind his back. Bill Gorton Jake's writer-friend, Bill seems to waste his literary talent on witty, ironic quips and drunken socializing; he may represent Hemingway's fellow Lost Generation writer, F. Scott Fitzgerald, or Hemingway's own worst tendencies. Still, he bonds with Jake while they go fishing, opening up to an intimacy unavailable in the city, and at times he seems like Jake's only real friend. Main themes The Lost Generation The Sun Also Rises is an impressive document of the people who came to be known, in Gertrude Stein's words (which form half the novel's epigraph), as the "Lost Generation." The young generation she speaks of had their dreams and innocence smashed by World War I, emerged from the war bitter and aimless, and spent much of the prosperous 1920s drinking and partying away their frustrations. Jake epitomizes the Lost Generation: physically and emotionally wounded from the war, he is disillusioned and cares little about conventional sources of hope (family, friends, religion, work). Irresponsibility also marks the Lost Generation but, while Hemingway critiques the superficial, empty attitudes of the Lost Generation, the other quote in the epigraph, the one from Ecclesiastes, expresses the hope that future generations may rediscover themselves. Emasculation and impotence One of the key changes Hemingway observes in the Lost Generation is that of the new male psyche, battered by the war and newly domesticated. Jake embodies this new emasculation: most likely physically impotent, he cannot have sex and, therefore, can never have the insatiable Brett. The protagonist admires bull-fighters so much and Romero in particular because they are far more heroic than he is or ever was. Though Romero's appearance is more feminine than Jake's, he fulfills the code of the Hemingway hero, commandingly confronting death as a man of action with what Hemingway has called "grace under pressure." Jake, on the other hand, has returned from his confrontation with death feeling like less of a man, physically and emotionally. Paradoxically, he is threatened by the homosexual men who dance with Brett in Paris because while not sexually interested in her, they have more "manhood" than Jake. Nature and regeneration Hemingway depicts nature as a pastoral paradise uncorrupted by the city or women. For instance, each time Jake ventures into nature, especially on his fishing trip, he is rejuvenated. while fishing with Bill, they are unafraid to be intimate with each other; Jake does not mind that the fish he has caught are smaller than Bill's, in what sounds like an admission of lesser sexual virility, while Bill tells Jake he is fond of him and says that he would be called a "'faggot'" in the city for saying that. Ernest Hemingway 21/071899 – 2/07/1961 The Waste Land By George Eliot The Composition and Pound’s Contribution "The Waste Land" was published in 1922 and today is the most widely translated and studied Englishlanguage poem of the twentieth century. The final work is not quite the poem Eliot originally drafted. Eliot's close friend and colleague, Ezra Pound, significantly revised the poem, suggesting major cuts and compressions. Thanks to Pound's heavy editing, "The Waste Land" defined Modernist poetry and became possibly the most influential poem of the century. Devoid of a single speaker's voice, it ceaselessly shifts its tone and form, instead grafting together numerous allusive voices from Eliot's substantial poetic repertoire: Dante, for example, shares the stage with nonsense sounds (a technique that also showcases Eliot's dry wit). Believing this style best represented the fragmentation of the modern world, Eliot focused on the sterility of modern culture and its lack of tradition and ritual. Despite this pessimistic viewpoint, many find its mythical, religious ending hopeful about humanity's chance for renewal. Pound's influence on the final version of "The Waste Land" is significant. At the time of the poem's composition, Eliot was ill, struggling to recover from his nervous breakdown and languishing through an unhappy marriage. Pound offered him support and friendship; his belief in and admiration for Eliot were enormous. In turn, however, he radically trimmed Eliot's long first draft (nineteen pages, by some accounts), bringing the poem closer to its current version. This is not to say Eliot would not have revised the poem on his own in similar ways; rather, the two men seemed to have genuinely collaborated on molding what was already a loose and at times free-flowing work. Pound, like Eliot a crucible of modernism, called for compression, ellipsis, reduction. The poem grew yet more cryptic; references that were previously clear now became more obscure. Explanations were out the window. The result was a more difficult work, but arguably a richer one. Eliot did not take all of Pound's notes, but he did follow his friend's advice enough to turn his sprawling work into a tight, elliptical, and fragmented piece. Once the poem was completed, Pound lobbied on its behalf, convincing others of its importance. He believed in Eliot's genius, and in the impact "The Waste Land" would have on the literature of its day. That impact ultimately stretched beyond poetry, to novels, painting, music, and all the other arts. John Dos Passos's Manhattan Transfer owes a significant debt to "The Waste Land," for example. Eliot's take on the modern world profoundly shaped future schools of thought and literature, and his 1922 poem remains a touchstone of the English-language canon. The Style Eliot’s work is a complex and long poem composed by five sections. The first four parts correspond to the Greek classical elements of earth, air, fire and water, while the final one is referred to ether. The poet decided to use a extended variety of cultures, literatures and languages at the aim of claim his personal view of art: he believed that writers should refer to past works in their writing not to reproduce the same concepts, but to create a constant link between past, present and future. Main Themes “The Waste Land” is the expression of an intense personal and global crisis. Eliot’s view of life is hopeless and the modern world is seen as a desolate land empty of any significant value or meaning. Death Two of the poem’s sections -- “The Burial of the Dead” and “Death by Water” --refer specifically to this theme. What complicates matters is that death can mean life; in other words, by dying, a being can pave the way for new lives. Eliot asks his friend Stetson: “That corpse you planted last year in your garden, / Has it begun to sprout? Will it bloom this year?” Similarly, Christ, by “dying,” redeemed humanity and thereby gave new life. The ambiguous passage between life and death finds an echo in the frequent allusions to Dante, particularly in the Limbo-like vision of the men flowing across London Bridge and through the modern city. Rebirth The Christ images in the poem, along with the many other religious metaphors, posit rebirth and resurrection as central themes. The Waste Land lies fallow and the Fisher King is impotent; what is needed is a new beginning. Water, for one, can bring about that rebirth, but it can also destroy. What the poet must finally turn to is Heaven, in the climactic exchange with the skies: “Datta. Dayadhvam. Damyata.” Eliot’s vision is essentially of a world that is neither dying nor living; to break the spell, a profound change, perhaps an ineffable one, is required. Hence the prevalence of Grail imagery in the poem; that holy chalice can restore life and wipe the slate clean; likewise, Eliot refers frequently to baptisms and to rivers – both “life-givers,” in either spiritual or physical ways. The Seasons "The Waste Land" opens with an invocation of April, “the cruellest month.” That spring be depicted as cruel is a curious choice on Eliot’s part, but as a paradox it informs the rest of the poem to a great degree. What brings life brings also death; the seasons fluctuate, spinning from one state to another, but, like history, they maintain some sort of stasis; not everything changes. In the end, Eliot’s “waste land” is almost seasonless: devoid of rain, of propagation, of real change. The world hangs in a perpetual limbo, awaiting the dawn of a new season. Lust Perhaps the most famous episode in "The Waste Land" involves a female typist’s liaison with a “carbuncular” man. Eliot depicts the scene as something akin to a rape. This chance sexual encounter carries with it mythological baggage – the violated Philomela, the blind Tiresias who lived for a time as a woman. Sexuality runs through "The Waste Land," taking center stage as a cause of calamity in “The Fire Sermon.” Nonetheless, Eliot defends “a moment’s surrender” as a part of existence in “What the Thunder Said.” Lust may be a sin, and sex may be too easy and too rampant in Eliot’s London, but action is still preferable to inaction. What is needed is sex that produces life, that rejuvenates, that restores – sex, in other words, that is not “sterile.” Love The references to Tristan und Isolde in “The Burial of the Dead,” to Cleopatra in “A Game of Chess,” and to the story of Tereus and Philomela suggest that love, in "The Waste Land," is often destructive. Tristan and Cleopatra die, while Tereus rapes Philomela, and even the love for the hyacinth girl leads the poet to see and know “nothing." Water "The Waste Land" lacks water; water promises rebirth. At the same time, however, water can bring about death. Eliot sees the card of the drowned Phoenician sailor and later titles the fourth section of his poem after Madame Sosostris’ mandate that he fear “death by water.” When the rain finally arrives at the close of the poem, it does suggest the cleansing of sins, the washing away of misdeeds, and the start of a new future; however, with it comes thunder, and therefore perhaps lightning. The latter may portend fire; thus, “The Fire Sermon” and “What the Thunder Said” are not so far removed in imagery, linked by the potentially harmful forces of nature. History History, Eliot suggests, is a repeating cycle. When he calls to Stetson, the Punic War stands in for World War I; this substitution is crucial because it is shocking. At the time Eliot wrote "The Waste Land," the First World War was definitively a first - the "Great War" for those who had witnessed it. There had been none to compare with it in history. The predominant sensibility was one of profound change; the world had been turned upside down and now, with the rapid progress of technology, the movements of societies, and the radical upheavals in the arts, sciences, and philosophy, the history of mankind had reached a turning point. Eliot revises this thesis, arguing that the more things change the more they stay the same. He links a sordid affair between a typist and a young man to Sophocles via the figure of Tiresias; he replaces a line from Marvell’s “To His Coy Mistress” with “the sound of horns and motors”; he invokes Dante upon the modern-day London Bridge, bustling with commuter traffic; he notices the Ionian columns of a bar on Lower Thames Street teeming with fishermen. The ancient nestles against the medieval, rubs shoulders with the Renaissance, and crosses paths with the centuries to follow. History becomes a blur. Eliot’s poem is like a street in Rome or Athens; one layer of history upon another upon another. George Eliot Saint Louis, 26 settembre 1888 – Londra, 4 gennaio 1965 The original cover of the first The Waste Land Eliot, Montale e l’aridità dell’esistenza umana Nel 1925 a Londra venivano pubblicati i “Poems” di Thomas Stearns Eliot e, in contemporanea, in Italia Eugenio Montale dava alla stampa quella che sarebbe stata la sua raccolta più famosa, “Ossi di seppia”. Nonostante ovvie somiglianze tematiche e stilistiche accomunassero le due opere, i due autori non entrarono in contatto fino a quando l’illustre anglista Mario Praz decise di divulgare l’opera eliotiana in Italia attraverso la rivista «Solaria». Il destino volle che uno dei collaboratori di Praz fosse proprio Montale. La teoria del “correlativo oggettivo” era stata definita da Eliot nel 1919 nell’articolo “Hamlet and his problems”: «L’unica via per dare espressione artistica all’emozione è di trovare un correlativo oggettivo: in altre parole un insieme di oggetti, una situazione, una catena di avvenimenti che sarà la formula di quella particolare emozione: dati i fatti esterni, che debbono avere per termine l’esperienza dei sensi, l’emozione sarà immediatamente evocata». Gli oggetti rappresentati sono cioè «tra loro legati e correlati a specifiche emozioni in cui si risolve il significato più profondo della poesia: questo significato si dà attraverso la densità fisica degli oggetti, l’intensità con cui essi si impongono alla mente del lettore » (Ferroni). Montale, entusiasta dell’analisi di Eliot, tradusse in poco tempo il “Mercoledì delle ceneri” ed altre poesie di Eliot, il quale ricambiò, pubblicando nel 1928 sulla sua rivista «Criterion» “Arsenio”, una lirica di Ossi di seppia. I due si incontrarono di persona a Londra solo nel 1948, anno in cui al poeta angloamericano fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Le analogie tra i due poeti sono evidenti soprattutto nella visione del mondo, che appare ai loro occhi inaridito, spiritualmente sterile e vuoto come l’esistenza umana. L’uomo non ha più nulla da offrire alle successive generazioni se non un groviglio di illusioni, incertezze e paure. Questi concetti si possono riscontrare in “Gli uomini vuoti” e “Non chiederci la parola”, poesie rispettivamente di Eliot e Montale. La prima, scritta tra il 1923 e il 1925 è figlia della percezione di fine di una civiltà e di distruzione di ogni certezza successiva alla Prima guerra mondiale, e, come in generale tutti i componimenti del poeta, intende comunicare, mediante una serie di correlativi oggettivi, il senso assurdo della vita. La terra è popolata da uomini impagliati che si appoggiano l’un l’altro, senza occhi per vedere né voce per comunicare né forza per agire; le loro parole sono mormorii privi di senso, che stridono come il vento tra l’erba o le zampe di topi sui vetri infranti. Agli uomini vuoti si contrappongono le anime dei defunti, che hanno già attraversato il fiume che li separa dai vivi. I morti, se pure si ricordano dei vivi, non li ricordano come anime perdute e violente, ma solo come uomini vuoti, ancora più vuoti dei morti, che con i loro occhi diritti hanno una forza che manca ai vivi. L’immagine degli uomini dalle teste di paglia è simbolo di una condizione di non vita in un mondo privo di punti di riferimento, perché separato da Dio. Alla desolazione interiore corrispondono termini come arida cantina, voci secche, erba piano l’atmosfera di una terra desolata che, anche se contrapposta all’aldilà, appare come il vero regno dei morti. La seconda, invece, capolavoro montaliano, fa corrispondere agli uomini vuoti «l’uomo che se ne va sicuro»: umano e ombra insieme egli non vive ad occhi aperti, si illude di avere delle certezze e non si interroga sulla propria illusoria identità. A costui, il poeta, attraverso le sue opere, non può comunicare certezze, non può dare ordine al caos né far luce sul groviglio dell’animo. Tuttavia, nonostante entrambi i messaggi principali siano di estrema desolazione, l’autore italiano, diversamente da Eliot, non dichiara una completa impotenza umana: egli, con la sua poesia arida, vuole far prendere coscienza al lettore della dolorosa condizione esistenziale, invitandolo a guardarsi dai facili ottimismi e a non aver paura della verità. Gli uomini vuoti T.S. Eliot I Siamo gli uomini vuoti Siamo gli uomini impagliati Che appoggiano l'un l'altro La testa piena di paglia. Ahimè! Le nostre voci secche, quando noi Insieme mormoriamo Sono quiete e senza senso Come vento nell'erba rinsecchita O come zampe di topo sopra vetri infranti Nella nostra arida cantina Figura senza forma, ombra senza colore, Forza paralizzata, gesto privo di moto; Coloro che han traghettato Con occhi diritti, all'altro regno della morte Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime Perdute e violente, ma solo Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati.. II Occhi che in sogno non oso incontrare Nel regno di sogno della morte Questi occhi non appaiono: Laggiù gli occhi sono Luce di sole su una colonna infranta Laggiù un albero ondeggia E voci vi sono Nel cantare del vento Più distanti e più solenni Di una stella che si spegne. Non lasciate che sia più vicino Nel regno di sogno della morte Lasciate anche che porti Travestimenti così deliberati Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate In un campo Comportandomi come si comporta il vento Non più vicino Non quel finale incontro Nel regno del crepuscolo III Questa è la terra morta Questa è la terra dei cactus Qui le immagini di pietra Sorgono, e qui ricevono La supplica della mano di un morto Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo. E' proprio così Nell'altro regno della morte Svegliandoci soli Nell'ora in cui tremiamo Di tenerezza Le labbra che vorrebbero baciare Innalzano preghiere a quella pietra infranta. IV Gli occhi non sono qui Qui non vi sono occhi In questa valle di stelle morenti In questa valle vuota Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti In quest'ultimo dei luoghi d'incontro Noi brancoliamo insieme Evitiamo di parlare Ammassati su questa riva del tumido fiume Privati della vista, a meno che Gli occhi non ricompaiano Come la stella perpetua Rosa di molte foglie Del regno di tramonto della morte La speranza soltanto Degli uomini vuoti. V Qui noi giriamo attorno al fico d'India Fico d'India fico d'India Qui noi giriamo attorno al fico d'India Alle cinque del mattino. Fra l'idea E la realtà Fra il movimento E l'atto Cade l'Ombra Perché Tuo è il Regno Fra la concezione E la creazione Fra l'emozione E la responsione Cade l'Ombra La vita è molto lunga Fra il desiderio E lo spasmo Fra la potenza E l'esistenza Fra l'essenza E la discendenza Cade l'Ombra Perché Tuo è il Regno Perché Tuo è La vita è Perché Tuo è il E' questo il modo in cui finisce il mondo E' questo il modo in cui finisce il mondo E' questo il modo in cui finisce il mondo Non già con uno schianto ma con un lamento. Non chiederci la parola Eugenio Montale Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo L’Insulina Scoperta La scoperta dell’insulina risale al 1921 e costituisce, assieme alla penicillina, il più grande passo avanti in campo biomedico degli Anni 20. La storia dell'insulina è legata allo scienziato Nicolae Constantin Paulescu, nato a Bucarest il 30 ottobre 1869 . Nel 1921 Paulescu, primo al mondo, è in grado di curare il diabete, tanto che l'anno successivo, per la precisione il 10 aprile del 1922, ottiene il brevetto per la scoperta della Pancreina. Nel febbraio del 1922, oltre otto mesi dopo, due ricercatori dell'Università di Toronto, il dottor Frederick Grant Banting ed il biochimico John James Richard Macleod, pubblicano sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine un saggio sui risultati positivi nella normalizzazione dei livelli glicemici ottenuti su un cane diabetico attraverso l'uso di un estratto pancreatico acqueo. Si apre una lunga discussione perché i due ricercatori sembrano aver semplicemente messo in pratica ciò che Paulescu ha scritto nei suoi lavori, tanto che i due studiosi ammettono di aver fatto riferimento a quell'articolo scientifico e dichiarano solo di confermare i rivoluzionari risultati ottenuti da Paulescu. Nel 1923, però, il comitato per il Nobel di Stoccolma assegna il Premio per la Fisiologia e la Medicina a Banting e Macleod, ignorando del tutto il lavoro e le ricerche di Paulescu. Tutte le contestazioni e suoi nuovi lavori pubblicati sugli Archives Internationales de Physiologie sono inutili. Paulescu muore a Bucarest il 17 luglio del 1931, senza aver ottenuto giustizia. Negli Anni Settanta, tuttavia, lo scienziato Ion Pavel, in pieno regime comunista romeno, rende pubblica una lettera del 15 ottobre 1969 ricevuta da Charles H. Best, un collaboratore di Banting e Macleod, nella quale si ammette che i due vincitori del Nobel non avevano fatto altro che riprodurre in laboratorio le ricerche di Paulescu. Definizione L'insulina è un ormone peptidico dalle proprietà anaboliche, prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans all'interno del pancreas; è formata da due catene unite da due ponti solfuro: catena A di 21 aminoacidi e catena B di 30 aminoacidi. La sua funzione più nota è quella di regolatore dei livelli di glucosio ematico riducendo la glicemia mediante l'attivazione di diversi processi metabolici e cellulari. Ha inoltre un essenziale ruolo nella proteosintesi (sintesi proteica) assieme ad altri ormoni che sinergicamente partecipano a tale processo, tra cui il testosterone. L'insulina è il principale ormone responsabile del fenomeno di ingrassamento (lipogenesi), cioè lo stoccaggio di lipidi all'interno del tessuto adiposo. Struttura Insulina in forma cristallina Funzioni metaboliche L'insulina stimola l´ingresso di glucosio nel citosol delle cellule di organi insulino-dipendenti legandosi ad un recettore esterno della membrana cellulare. Tale funzione è possibile grazie all'interazione dell'insulina col suo recettore presente sulla membrana cellulare, che promuove una catena di fosforilazioni di peptidi nel citoplasma che attivano la proteina insulino-sensibile PKB. Tale proteina rende inattivo l'enzima glicogeno-sintasi-chinasi, responsabile dell'inattività della glicogeno-sintasi. Questo, stimolato così dall'insulina, unisce i monomeri di glucosio ed agevola la formazione e l'allungamento delle molecole di glicogeno nel fegato e nei muscoli scheletrici. Contemporaneamente disincentiva il processo di demolizione del glicogeno da parte della glicogeno fosforilasi, privandola di un gruppo fosfato tramite un enzima fosfatasi. I suoi ormoni antagonisti sono il cortisolo (ormone alla base dell'insulinoresistenza), l'adrenalina, il glucagone, l'aldosterone e il GH. Gli ormoni che invece migliorano la sua azione sono il testosterone, il fattore di crescita insulino-simile e, in minor misura gli estrogeni (stimolano la sintesi della proteina, la transcortina, che lega e inibisce il cortisolo). Non per ultimo, l'insulina ha anche altre funzioni non meno importanti: stimola le mitosi, la crescita della massa muscolare ed ossea, la crescita della massa adiposa ed aumenta il colesterolo LDL. Utilizzazione La carenza assoluta di insulina o un deficit secretorio relativo delle β-cellule associato a una ridotta azione biologica dell’ormone può determinare l’insorgenza, rispettivamente, del diabete mellito di tipo 1 e 2. Se nel passato in terapia veniva utilizzata l’insulina estratta dal pancreas di suino o bovino, oggi giorno viene prodotta dall’industria farmaceutica con varie preparazioni. A seconda del tipo e della durata d’azione, viene somministrata per via parenterale, sottocutanea o endovenosa, nella terapia del diabete mellito di tipo 1 e in alcuni casi di diabete mellito di tipo 2 quando gli ipoglicemizzanti orali siano insufficienti o controindicati. Nicolae Paulescu 30/10/1869 – 17/07/1931 Penicillina La scoperta La scoperta della penicillina avvenne per puro caso: durante i primi anni del Novecento la convinzione che ci fossero agenti micotici che potessero aiutare l'uomo a difendersi da altri germi patogeni era diffusa, ma non provata. La ricerca in questo senso languiva senza poter produrre effetti utili. Il punto di svolta si ebbe quando Alexander Fleming, nel suo laboratorio di St. Martin, a Londra, verificando lo stato di una coltura di batteri, vi trovò una copertura di muffa. Questo evento non aveva nulla di straordinario, poiché erano normali situazioni del genere; la cosa eccezionale fu invece il fatto che questa muffa aveva annientato tutti i batteri circostanti. La scoperta, come si è detto, fu casuale; infatti, se si fosse trattato di un altro tipo di germi, o di un altro tipo di muffa, o più semplicemente di uno scienziato più distratto, probabilmente tutto sarebbe passato inosservato. La scoperta non suscitò all'epoca grande entusiasmo, anche perché la penicillina non curava molte altre malattie, tra cui la più banale influenza, non immunizzava e soprattutto non eliminava definitivamente i batteri, ma li 'stordiva', in attesa che il sistema immunitario si organizzasse per combatterli e distruggerli. Inoltre, essendo eliminata piuttosto velocemente, erano necessarie diverse somministrazioni giornaliere per ottenere l'effetto desiderato. Nel 1941 però successe qualcosa che dimostrò, invece, l'efficacia reale di questo ritrovato. In un ospedale di Oxford, durante la guerra, era ricoverato un poliziotto che stava per morire di setticemia a causa di una piccola ferita infetta al lato della bocca.Rivelatesi inutili le somministrazioni di sulfamidici, al poliziotto venne iniettata una dose di penicillina di 200 mg. Accanto al suo letto non c'era Fleming, ma i suoi due collaboratori Chain e Florey; un netto miglioramento cominciò a vedersi. Purtroppo, le scorte di penicillina si esaurirono ed il poliziotto morì, ma l'efficacia del farmaco contro le infezioni fu definitivamente dimostrato. In Gran Bretagna e negli USA cominciò una massiccia produzione del preparato. Nel 1944 Alexander Fleming fu insignito del titolo di baronetto e l'anno dopo divise il premio Nobel con i suoi collaboratori Chain e Florey. Fleming morì nel 1955 e fu sepolto nella Cattedrale di S. Paolo, insieme ad altri inglesi illustri. Generalità Le penicilline sono antibiotici isolati da prodotti del metabolismo di alcune specie di Penicillium, in particolare Penicillium notatum oggi noto come Penicillium chrysogenum. Esse sono attive contro la maggior parte i batteri: tafilococchi, streptococchi, spirochete, gonococchi e meningococchi. Sono disponibili sotto diverse preparazioni farmaceutiche: preparazioni somministrabili per via orale (sotto forma di capsule, compresse, sciroppi, polvere solubile, gocce), per via parenterale (sospensioni sterili liofilizzate in flaconi da ricostituire e somministrare poi per via sottocutanea, intramuscolare, endovenosa) ma anche supposte e ovuli, preparazioni somministrabili per via topica come creme, pomate, unguenti, colliri, pomate oftalmiche. Somministrazione Rispetto agli altri antibiotici, la penicilline possiede il pregio di unire a una grande attività antibatterica un’ottima solubilità e una tossicità praticamente nulla: l’uomo adulto può sopportare dosi giornaliere superiori a 100 milioni di Unità Internazionali (UI); la dose media terapeutica per l’uomo adulto è di 600.000-2.000.000 di unità per via parenterale. L’UI, o unità Oxford, corrisponde a una quantità pari a 0,6 c del preparato standard internazionale del sale sodico di penicillina cristallizzata. Il grande inconveniente della penicillina è di essere eliminata, soprattutto dai tubuli renali, con estrema rapidità. Per ovviare a ciò si è cercato di trovare, in un primo tempo, sostanze (probenecid) in grado di ostacolarne l’eliminazione tubulare e, successivamente, altre che, rendendola meno solubile, ne ritardassero l’assorbimento. I preparati penicillinici che contengono queste ultime sostanze sono detti penicilline-ritardo. Meccanismo d’azione Le PBP (Penicillin Binding Proteins) sono enzimi essenziali della parete batterica che permettono la sintesi del peptidoglicano. Le penicilline si legano a tali enzimi inibendo sia la sintesi del peptidoglicano e quindi la crescita batterica (effetto batteriostatico), sia la sintesi degli inibitori delle autolisine: quando non vengono più inibite le autolisine si ottiene la distruzione della parete batterica (che normalmente rimodellano), con conseguente morte del batterio (effetto battericida). Effetti indesiderati Il problema più grave legato all’uso della penicillina è costituito dalle reazioni anafilattiche, che possono insorgere a tutte le età e sono più frequenti in seguito alla somministrazione parenterale. Esistono dei test in vitro ed in vivo per predire l’eventuale insorgere di una reazione allergica, tuttavia la loro specificità e sensibilità non è sufficientemente elevata. Negli ultimi anni sta emergendo in modo molto grave il fenomeno della resistenza alle penicilline (penicillino-resistenza), attraverso diversi meccanismi, come le modificazioni strutturali delle PBP e la produzione da parte del batterio di enzimi inattivanti, capaci di rendere impotente la penicillina. Alexander Fleming ed un campione di Penicillium Onde radio e mass media La scoperta dell’esistenza delle onde elettromagnetiche viene datata 1864 ad opera del fisico James Maxwell. Prima che si diffondessero ovunque, però, si dovette aspettare non solo la nascita della radio, piuttosto l’enorme successo che quest’ultima ottenne a partire dal 1919. Gli Anni Venti videro la sua ascesa fulminante e la consacrarono come uno dei primi mass media di sempre. Grazie ad essa, ogni individuo era in sintonia con migliaia di altri che ascoltavano insieme pezzo jazz, ballavano sulle stesse note, fremevano all’annuncio delle medesime notizie. Definizione di radio Per definizione, l'apparecchio elettronico che permette di trasmettere e/o ricevere onde radio, è chiamato radio. In particolare, se è in grado solo di trasmettere è chiamato "radiotrasmettitore" o "radiotrasmittente"; se è in grado solo di ricevere è chiamato "radioricevitore", o "radioricevente"; se è in grado sia di ricevere che di trasmettere è chiamato "ricetrasmettitore" o "ricetrasmittente". Principio di funzionamento di una radio Una radio elementare è composta da un circuito sintonizzatore, un rilevatore e un trasduttore acustico. Il circuito sintonizzatore è costituito da un solenoide e da un condensatore, di ci si tralasciano le resistenze. Questi componenti, in base alle grandezze di induttanza, resistenza e capacità, entrano in risonanza ad una determinata frequenza. Questa è la frequenza del segnale che si vuol ricevere, proveniente dalla trasmittente. Per poter ricevere una banda di frequenze e per ovviare alla criticità della sintonizzazione si usa un condensatore variabile, il quale, variando il valore della sua capacità, varia conseguentemente la frequenza di risonanza. Il circuito rilevatore discrimina infine la componente del segnale che effettivamente si desidera ascoltare, mentre il trasduttore acustico (auricolare, cuffia, altoparlante) converte il segnale elettrico in onda sonora. Composizione del segnale trasmesso e ricevuto Il segnale irradiato dall'antenna trasmittente è un segnale composito formato dalla miscelazione di due segnali: “portante” e “informazione”. Poiché l’orecchio umano percepisce solo le frequenze comprese tra i 20 ed i 20000 hertz, relativamente una banda bassa, anche l’informazione trasmessa appartiene a questo range. Essa viene convertita in segnali elettrici ed utilizzata per modulare il segnale in alta frequenza definito portante in quanto utilizzato come mezzo di trasporto. Nonostante esistano più modulazioni, quelle che interessano la radio come fenomeno di massa sono la modulazione di ampiezza o AM (Amplitude Modulation) e la modulazione di frequenza o FM (Frequency Modulation). Nella modulazione di ampiezza (AM) il segnale irradiato di frequenza fissa varia in ampiezza in base al segnale di bassa frequenza che così lo modula. Nella modulazione di frequenza (FM), al contrario, il segnale trasmesso ha ampiezza fissa e frequenza variabile. Giunto al ricevitore, questo adotta il procedimento inverso rivelando, con il modulo rivelatore, una sola semionda del segnale che viene filtrato eliminando la componente in alta frequenza. La scelta di utilizzare la modulazione FM Rispetto alla modulazione di ampiezza, quella FM ha il vantaggio di essere molto meno sensibile ai disturbi e di permettere una trasmissione di miglior qualità. Ha inoltre un'efficienza energetica molto maggiore dato che la potenza del segnale modulato FM è esclusivamente quella della portante, il segnale di informazione cioè non richiede potenza aggiuntiva per essere trasmesso. Il difetto principale è la necessità di circuiti molto più complessi sia per la generazione del segnale da trasmettere che per la sua ricezione. L'attuale tecnologia ha permesso di superare agevolmente tali problematiche con il risultato che le trasmissioni in modulazione di frequenza sono sempre più usate a discapito di quelle a modulazione di ampiezza, soprattutto in ambito di broadcasting commerciale. Classificazione onde radio Tutte le frequenze interessanti per le trasmissioni radio-televisive sono state classificate in un'assemblea internazionale delle Radio e Telecomunicazioni tenutasi ad Atlantic City (USA) nel 1947. Nella tabella che segue è riportata la suddivisione delle onde radio nelle varie bande di frequenza con le relative denominazioni secondo lo standard IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineers – Organizzazione USA) adottato dall'ITU (International Telecommunication Union - Agenzia delle Nazioni Unite) nello stesso anno. Sigla Gamma di Lunghezza d'Onda Definizione Onda da 3 KHz a 30 KHz VLF (Very Low Frequencies) da 100 Km a 10 Km miriametriche da 30 KHz a 300 KHz LF (Low Frequencies) da 10 Km a 1 Km chilometriche da 300 KHz a 3000 KHz MF (Medium Frequencies) da 1 Km a 0,1 Km ettometriche da 3 MHz a 30 MHz HF (High Frequencies) da 100 m a 10 m decametriche da 30 MHz a 300 MHz VHF (Very High Frequencies) da 10 m a 1 m metriche da 300 MHz a 3000 MHz UHF (Ultra High Frequencies) da 100 cm a 10 cm decimetriche da 3 GHz a 30 GHz SHF (Super High Frequencies) da 10 cm a 1 cm centimetriche da 30 GHz a 300 GHz EHF (Extra High Frequencies) da 10 mm a 1 mm millimetriche da 300 GHz a 3000 GHz microonde da 1 mm a 0,1 mm decimillimetriche Gamma di Frequenza Metereologia Introduzione La meteorologia è la branca delle scienze dell'atmosfera che studia i fenomeni fisici che avvengono nell'atmosfera terrestre (troposfera) e responsabili del tempo atmosferico. Il termine deriva dal greco μετεωρολογία, meteōrología, da μετέωρος metéōros, "elevato" e λέγω légō, "parlo", quindi "discorso razionale intorno agli oggetti alti". Lo studio dell’atmosfera è lo studio dei suoi parametri fondamentali e delle leggi fisiche o processi che intercorrono tra essi: temperatura dell'aria, umidità atmosferica, pressione atmosferica, radiazione solare, vento; è uno studio sia sperimentale, che fa largo uso di osservazioni e misurazioni per mezzo di stazioni meteorologiche, sonde, razzi, palloni e satelliti meteorologici, sia teorico, facente cioè uso dell'astrazione propria del linguaggio della fisica matematica per la quantificazione delle leggi fisiche appartenenti alla fisica dell'atmosfera. I due approcci confluiscono nel risultato finale ovvero l'ideazione, l'implementazione e l'inizializzazione di modelli matematici in grado di ottenere una previsione o prognosi a breve scadenza dei vari fenomeni atmosferici su un dato territorio. Meteorologia e Climatologia La meteorologia studia sia fenomeni di breve durata, sia l'andamento medio del meteo nell'ambito di una regione in un certo lasso temporale. Questa scienza ha l'obiettivo di misurare dati istantanei e fornire previsioni su determinati eventi futuri, ma anche quello di registrare l'andamento climatico osservando i parametri atmosferici sul lungo periodo. Tuttavia, mentre il tempo atmosferico è definito come l'insieme delle condizioni atmosferiche in un certo istante temporale su un dato territorio, il Clima invece è l'insieme delle condizioni meteorologiche medie di un territorio su di un arco temporale di almeno 30 anni, come stabilito dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), per cui talune analisi che si riferiscono in primis all'ambito meteorologico non possono essere estese all'ambito climatologico essendo questo una media statistica sul lungo periodo. La disciplina che si occupa dello studio del clima è la climatologia. Quindi la Meteorologia ha come finalità ultime la comprensione dei fenomeni atmosferici a breve scadenza con relativa previsione, la climatologia studia invece i processi dinamici che modificano le condizioni atmosferiche medie a lunga scadenza come ad esempio i cambiamenti climatici. Strumentazione L'uomo dispone di innumerevoli nuovi strumenti per osservare le varie interazioni: radiometri e scatterometri. Localizzati su satelliti meteorologici, misurano l'energia elettromagnetica reirradiata dal pianeta verso lo spazio esterno, fornendo un'immagine dello stato dell'atmosfera e della presenza di nuvole. palloni sonda. Attraversano verticalmente l'atmosfera per ottenere profili verticali di pressione, temperatura, umidità e vento. radar meteorologici. Irradiano energia elettromagnetica e ricavano informazioni sull'atmosfera analizzando le caratteristiche del segnale da essa riflesso. Sono utilizzati per individuare eventi di precipitazione, stimarne l'entità e prevederne l'evoluzione a breve termine (nowcasting), e in alcuni casi per sondare la struttura interna delle nubi. Possono essere installati a terra o su satellite. Due particolari classi di radar utili in meteorologia sono le seguenti: 1. radar Doppler: sono in grado di misurare la componente radiale della velocità del vento 2. radar polarimetrici: sfruttano l'informazione sulla polarizzazione del segnale riflesso per stimare in maniera particolarmente accurata l'intensità della precipitazione. Radar Il radar (RAdio Detection And Ranging) è nato negli anni ’30 in ambito militare come strumento di difesa contro gli attacchi aerei. Inizialmente i segnali generati dalla presenza in atmosfera di precipitazioni erano considerati dei disturbi da filtrare, solo dopo la Seconda Guerra Mondiale si è iniziato ad installare radar dedicati unicamente alla meteorologia. Esempio di radar storico Esempio di radar attuale Un radar meteorologico è una tipologia di radar che consente di rilevare le idrometeore, quali pioggia, neve, grandine o pioggia ghiacciata, permettendo quindi di calcolarne il moto, valutarne il tipo e predirne la posizione futura e l'intensità. I radar meteorologici moderni sono soprattutto del tipo radar doppler, in grado di rilevare il moto delle goccioline di pioggia o cristalli di neve e determinare l'intensità della precipitazione. Entrambi i tipi di dati possono essere analizzati per determinare la struttura dei temporali e la loro capacità di creare tempo fortemente perturbato o addirittura pericolo per la navigazione aerea. La diffusione dei dati sul tempo in atto tramite il radar e la previsione meteorologica a brevissima scadenza (meno di 3 ore) sono dette nowcasting. Principio di funzionamento I Radar Meteo inviano impulsi direzionali di radiazione a microonde, per la lunghezza di un microsecondo, utilizzando un klystron, ovvero un tubo collegato da una guida d'onda a un’antenna parabolica. Le lunghezze d'onda da 1 a 10 cm sono circa dieci volte il diametro delle particelle di ghiaccio o goccioline di interesse, perché lo scattering di Rayleigh si verifica a queste frequenze. Ciò significa che la parte di energia di ogni impulso di rimbalzo fuori queste piccole particelle, torna in direzione della stazione radar. Dopo aver mandato un impulso, lo strumento rimane ad ascoltare eventuali segnali di ritorno per circa un millisecondo: quest'attesa è necessaria per assicurarsi di evitare qualsiasi tipo di interferenza. La distanza di eventuali precipitazioni può essere allora calcolata tenendo conto che le onde mandate dal radar viaggiano alla velocità della luce. Schema del funzionamento di un radar doppler Risoluzione La risoluzione del radar è limitata dalla distanza: infatti, ogni onda mandata in una direzione occupa un volume d'aria maggiore man mano che si allontana dalla sorgente, e quindi lo strumento può essere molto preciso a corto raggio ma perde rapidamente dettaglio. Ostacoli orografici quali montagne ma anche costruzioni possono inoltre rendere impossibile il rilevamento di precipitazioni in certe aree, o fornire dati errati. Utilizzo L'uso più frequente del radar si trova negli aeroporti come supporto al controllo e sicurezza del traffico aereo così come in ambito di ricerca meteorologica per lo studio dei fenomeni atmosferici violenti o nella gestione del territorio per la prevenzione da eventi meteorologici estremi come alluvioni, o per seguire l'andamento di eventi quali tornado o uragani.