CONTENZIOSO
E ARBITRATI
Ottobre 2015
LA CONVENZIONE DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA QUALE STRUMENTO DI DEGIURISDIZIONALIZZAZIONE
NELL’AMBITO DEL D. LGS. 12 SETTEMBRE 2014, N. 132 COME CONVERTITO DALLA LEGGE N.
162/2014
La recente riforma della giustizia civile attuata con Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132 (“DL”), convertito dalla
Legge 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto la “convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati”.
Le disposizioni in tema di negoziazione assistita sono già applicabili a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge
132/2014 (13 settembre 2014) e della successiva legge di conversione (11 novembre 2014). A ciò fanno eccezione le
disposizioni di cui all’art. 3, in tema di obbligatorietà dell’esperimento della procedura quale condizione di procedibilità
dell’azione, che hanno acquisito efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del
decreto legge n. 132/2014 e dunque a partire dal 9 febbraio 2015. A differenza della mediazione prevista dal d.l. 4
marzo 2010, n. 28, nella negoziazione assistita l’attività finalizzata al raggiungimento di una amichevole composizione
della controversia non è affidata a un terzo imparziale, bensì agli stessi difensori delle parti.
La negoziazione assistita è un procedimento volto alla risoluzione stragiudiziale della controversia, che si fonda su un
accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà al fine di risolvere in via
amichevole una controversia tra loro pendente con l’assistenza di avvocati iscritti all’albo (anche ai sensi dell’art. 6 del
d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, cioè di coloro che abbiano conseguito il relativo titolo all’estero e che intendano
esercitare in maniera permanente la professione in Italia, i c.d. avvocati stabiliti).
La negoziazione assistita può essere volontaria (art. 2 legge 162/2014) oppure obbligatoria (art. 3 legge 162/2014). È
obbligatoria nel caso di controversie relative (i) al risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti,
indipendentemente dal valore della controversia; (ii) al pagamento, a qualsiasi titolo, di una somma di denaro non
eccedente cinquantamila euro. In questi casi, l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita costituisce
condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di
decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.
Nei casi in cui l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, la
condizione si considera avverata se l’invito alla negoziazione non sia seguito da adesione, se è seguito da un rifiuto
entro il termine di 30 giorni dalla sua ricezione o, da ultimo, quando è decorso il termine concordato dalle parti per
l’espletamento della procedura (così il comma 2 del medesimo art. 3).
Il legislatore specifica espressamente alcuni dei casi in cui, viceversa, la negoziazione assistita non rappresenta causa di
improcedibilità della domanda giudiziale. Essi riguardano, oltre che le controversie in merito a obbligazioni contrattuali
derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (comma 1 art. 3):
i procedimenti di ingiunzione, inclusa l’opposizione;
i procedimenti di consulenza tecnica preventiva di cui all’art. 696 – bis c.p.c.;
i procedimenti in camera di consiglio;
l’azione civile esercitata nel processo penale.
Il comma 4 dell’art. 3 prevede poi che l’esperimento dei procedimenti di negoziazione assistita, nei casi in cui la legge
la prevede quale condizione di improcedibilità della domanda, non preclude comunque la concessione di provvedimenti
cautelari e urgenti.
Il procedimento è lo stesso sia per la negoziazione facoltativa, sia per la negoziazione obbligatoria. La convenzione di
negoziazione deve precisare a) il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, termine che, in
nessun caso, può essere inferiore ad un mese né superiore a tre mesi, prorogabili per ulteriori trenta giorni su accordo
delle parti e b) l’oggetto della controversia e le richieste dell’istante (e dunque il petitum e la causa petendi della
successiva ed eventuale azione) che non deve riguardare diritti indisponibili o vertere in materia di lavoro (art. 2,
comma 2, legge 162/2014).
La convenzione deve essere redatta, a pena di nullità, in forma scritta.
Gli avvocati devono certificare, sotto la propria responsabilità professionale, l’autografia delle sottoscrizioni apposte
dalle parti in calce alla convenzione (così l’art. 2, comma 6, legge 162/2014) e, da un punto di vista deontologico,
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devono informare il cliente, all’atto dell’assunzione del mandato per lo svolgimento di un’attività difensiva che
coinvolga la trattazione di una materia rientrante tra quelle risolvibili in via stragiudiziale, della possibilità di avviare la
procedura di negoziazione assistita (così il comma 7 dell’art. 2).
Per quanto concerne le conseguenze che la legge ricollega alla mancata accettazione dell’invito a stipulare la
convenzione, l’art. 4 legge 162/2014 prevede che l’invito medesimo deve indicare l’oggetto della controversia e
contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro 30 giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere
valutata dal giudice ai fini delle spese del giudizio, nonché ai fini della condanna al risarcimento del danno per lite
temeraria (ai sensi dell’art. 96 c.p.c.), nonché, infine, ai fini della concessione della provvisoria esecuzione del decreto
ingiuntivo (ai sensi dell’art. 642 c.p.c.).
Il mancato raggiungimento dell’accordo deve essere certificato dagli avvocati designati.
Nell’ipotesi in cui il procedimento di negoziazione si concluda positivamente, l’accordo deve essere sottoscritto dalle
parti e dagli avvocati che le assistono (che devono certificare l’autografia delle firme). L’accordo medesimo, così
formalizzato, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Dal momento della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita o dalla
sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data è
impedita, per una sola volta, la decadenza.
Quanto infine agli obblighi dei difensori a tutela della riservatezza, l’art. 9 legge 162/2014 prevede che i difensori non
possono essere nominati arbitri, ai sensi dell’art. 810 c.p.c., nelle controversie aventi il medesimo oggetto o tra loro
connesse (comma 1); gli stessi devono altresì osservare, unitamente alle parti, il dovere di comportarsi con lealtà e di
tenere riservate le informazioni ricevute (comma 2) con l’ulteriore precisazione che le dichiarazioni rese e le
informazioni acquisite nell’ambito del procedimento di negoziazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente
in tutto o in parte il medesimo oggetto. (comma 3). La violazione di tali obblighi costituisce per l’avvocato, ai sensi del
comma 4 bis, introdotto in sede di conversione del decreto legge, illecito disciplinare.
Per ulteriori informazioni:
Guido Bartalini, [email protected]
Gian Carlo Sessa, [email protected]
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