LA LOGICA FUZZY NELLA
RICERCA SOCIALE CON
PARTICOLARE RIGUARDO
ALLE SCALE DI
ATTEGGIAMENTI.
Il caso di studio ; ‘Aspetti emotivi nell’apprendimento di una
disciplina
01/01/2011
Dottorato MESS XXIII Ciclo
Serenella Stasi
INDICE
Capitolo 1
Pagina
– La formalizzazione del pensiero nella logica classica e nella logica
fuzzy
1.1 Contesto e origini storiche della logica fuzzy
5
-
1.2 Differenze e limiti della logica classica
6
-
1.3 Il principio di non contraddizione (PNC)
8
-
1.4 Il linguaggio e le logiche alternative: Strawson e Lukasiewicz
14
-
1.5 Definizione dizionario e definizione enciclopedica
26
Capitolo 2
La fuzzy analysis nelle scienze sociali
29
2.1 La logica fuzzy nelle scienze sociali
30
2.11 Un piccolo esempio (definizione di povertà e soglia di povertà)
31
2.1.2 Un altro esempio: il paradosso del mentitore
32
2.3.1 La funzione di appartenenza e l’entropia nella logica fuzzy
2.3.2 Una piccola applicazione pratica
33
34
2.3.3Le tre fasi di un sistema fuzzy: fuzzyficazione, defuzzificazione, 41
elaborazione
2.4 Differenza tra la concezione probabilistica e la concezione fuzzy
42
2.4.1 Overlapping e fuzzy analysis sinergie e differenze
46
2.5 fuzzy analysis e scienze sociali quale rapporto ?
48
2.5.2 Il laboratorio di ricerca sociale dell'università di Pisa
50
2.5.3 L'operazionalizzazione del concetto di povertà e la logica fuzzy.
52
2.5.4 Smithson e le mappe concettuali fuzzy
54
2.5.5 La cluster fuzzy
58
Capitolo 3
61
Misurazione, scaling e classificazione; cosa cambia con la logica fuzzy ?
64
3.1 Sulla misurazione, è possibile la misurazione nelle scienze sociali e secondo
64
quali convenzioni ?
2
3.1.2. Schemi di classificazione/scaling dei caratteri statistici
68
3.1.3. Le scale indirette o derivate
70
3.2 Complessità e misurazione, il problema degli indicatori
71
3.2.1. Un piccolo esempio applicato a due concetti classici di uso della logica 73
fuzzy nella ricerca sociale
3.2.2. Classificazione e logica fuzzy
74
3.2.3. fuzzy analysis e fuzzy logic applicate alla classificazione
75
3.2.6. Costruzione degli indici sintetici, classificazione e casi devianti
76
3.3 Due esempi/proposte di uso della funzione di appartenenza nella ricerca 80
sociale
Capitolo 4
83
Costruire uno scaling a partire da modelli logici fuzzy; la scala Likert
83
4.1 La misurazione/rilevazione degli atteggiamenti con la logica sfumata
83
4.1.2.Misurazione degli atteggiamenti e tecniche di scaling
84
4.2 La distensione della proprietà sul continuum
85
4.3 La scala Likert, pregi e limiti
87
4.3.1 Un evoluzione della scala Likert ; La Thurstone Likert Like
88
4.4 La Likert fuzzy prime costruzioni
90
4.4.1 Il problema delle categorie linguistiche e l’ambiguità
93
4.4.2Costruzione di una fuzzy Likert
95
.4.4.3 Una propostala TLL fuzzy
96
CAP 5
Il caso di studio: le scale di atteggiamento Likert applicate ad
un’indagine
empirica
sugli
Aspetti
non
cognitivi
dell’apprendimento della statistica
5 Il caso di studio; gli aspetti non cognitivi sull'apprendimento della statistica
5.1 Attitudine e apprendimento quale rapporto ?
5.2 Il concetto “attitudine verso la statistica” e le sue componenti.
5.3 Gli strumenti di “misura”.
5.4Validità ed attendibilità degli strumenti con particolare attenzione alla scala
3
SATS
5.4.1 Relazione dell'attitudine verso la statistica con altre variabili; la predizione
del rendimento, il modello delle relazioni tra variabili
5.4.2 Brevi conclusioni e linee di lavoro sugli studi presentati
5.5
La ricerca presentata
5.6 Lo strumento di rilevazione
5.6.1 Alcuni cenni sui numeri fuzzy
5.6.2 Cenni di calcolo logico in ambiente fuzzy
5.6.3 Costruzione di una scala con numeri fuzzy
5.7
La presentazione grafica
5.8 Preparazione ed analisi dei dati
5.8.1 Il segmento
5.9 Confronto tra rilevazione con Likert su segmento e Likert in punteggi
5.9.1.Analisi attendibilità dei 28 items in punteggi e segmento
5.9.2 Cenni ACP
5.9.3 Costruzione dell'indice di atteggiamento attraverso i profili medi ed
analisi fuzzy
5.9.4
5.9.5
L'analisi bivariata con la fuzzy
Le quattro dimensioni analisi dei profili
Brevi conclusioni sul caso di studio
6 Conclusioni
Appendice I questionario
Appendice II matrice 28 items
grafici
Altro
4
La Formalizzazione del pensiero
nella logica classica e nella logica fuzzy
In questo primo capitolo si cercherà di capire i precursori logici della fuzzy analisi, le
motivazioni e le criticità logiche che hanno portato al suo sviluppo e in ultimo l’importanza
di questi argomenti nella ricerca sociale.
1.1 Contesto ed origini storiche della logica fuzzy
La logica fuzzy ha una data di nascita apparentemente recente, tra gli anni 60 e 70, se con
tale termine vogliamo intendere la teoria degli insiemi fuzzy concretizzata da Lofti Zadeh
(1965).
Nasce ufficialmente come teoria logica matematica a partire dalla teoria degli insiemi
sfocati o meglio come estensione/derivazione di essa all’interno dell’ingegneria robotica,
basandosi sulle intuizioni di Russel, Einstein, Heisenberg, Black e Jan Lukasiewicz .
Il termine fuzzy entra quindi nel vocabolario scientifico con Zadeh circa trenta anni dopo il
lavoro di Lukasiewicz (suo predecessore logico); fino a quel momento questi scienziati
avevano parlato di “vagueness (vaghezza) termine introdotto da Russel ed inseguito ripreso
da Black (1937 Philosophy of Science Vagueness :An Exercise in Logical Analysis) o di
logica con multi valori.
L’innovazione che tale teoria voleva apportare e che la qualifica all’interno della storia
della scienza, era quella di poter tenere conto di una infinità di gradi di verità opponendosi
alla logica classica binaria di derivazione aristotelica che permette attraverso un’opera di
semplificazione della realtà di considerare due soli valori di verità (vero falso presente
assente). Attraverso la logica sfumata si può invece o si dovrebbe potere attribuire ad una
proposizione un grado di verità compreso tra 0 ed 1.
La popolarità di questa teoria è data in parte dal suo tentativo di comprendere la
complessità; sfida che accomuna molte teorie e modelli utilizzati o teorizzati dalle scienze
denominate hard, idea presente invece fin dalla loro nascita nelle scienze inerenti l’essere
umano. Altro punto di forza è l’aver determinato notevoli successi nella progettazione
informatica, dunque applicata ad un campo ben determinato e lontano dagli studi
sociologici di cui in questo scritto voglio occuparmi. Parte del fascino della fuzzy viene
dall’affinità con alcune filosofie orientali viste, utilizzando paradossalmente una
semplificazione dicotomica, in totale opposizione con il pensiero occidentale, di moda negli
anni in cui Zadeh e Kosko diffondevano e ampliavano tale teoria. Senza soffermarmi in
questa prima parte ad una esposizione dettagliata della fuzzy system logic e ad un
esposizione della storia della sua formazione, intendo cominciare a discutere ed esplorare la
concezione logica-filosofica della stessa partendo proprio dal pensiero cui intende opporsi ;
la logica binaria, i suoi usi e percorsi nella scienza e nella filosofia con una particolare
attenzione alla sociologia, per arrivare a capire cosa questa impostazione logica
“alternativa” (fuzzy logic) possa dare, o ha già dato, giacché in parte presente sotto altri
nomi senza adeguata formalizzazione o pubblicità, in questo specifico campo della
conoscenza.
Una precisazione diventa doverosa, quando faccio riferimento alla logica classica
definendola binaria, mi riferisco seguendo la logica di Zadeh alla creazione di insiemi/classi
mutuamente esclusive i cui valori di appartenenza/ non appartenenza all'insieme creato è
binario, in quanto o si appartiene o non si appartiene a quel dato insieme/classe, si è o non si
5
è poveri o benestanti ecc.. ma non si può essere classificati come in parte poveri ed in parte
benestanti a meno di non creare un ulteriore classe ad oc. Proprio perché tale definizione è
stata usata convenzionalmente e nonostante possa dare adito a fraintendimenti, ho deciso
comunque di mantenerla perchè riesce a dar conto di quanto si vuole dire e nello stesso
tempo evidenzia quanto questa teoria sia dipendente nella sua formulazione dall'ingegneria
informatica che lavora principalmente con il sistema binario.
1.2 Differenze e limiti della logica classica rispetto alla logica classica
Kosko e Zadeh contrappongono la logica aristotelica binaria su cui si basa gran parte della
scienza e del pensiero occidentale, al pensiero orientale più incline a tener conto delle
sfumature esistenti e lontano dalla concezione binaria riassumibile nel principio di non
contraddizione; A o non A questo o non questo, che banalizzando può essere espresso
affermando che un soggetto è cattivo o non cattivo, ma non può essere buono e cattivo allo
stesso tempo, o che qualcuno è sano o non sano ma non può essere sano e non sano insieme.
In realtà la logica binaria ha sollevato dubbi e critiche proprio in seno al pensiero
occidentale fin dalla sua prima formulazione però la contrapposizione suddetta è
sicuramente utile sia a spiegare il successo della fuzzy in estremo oriente che come
presentazione e sintesi della teoria suddetta.
A questo punto vale la pena analizzare il significato del termine logica (dal greco λόγος,
parola, discorso, o anche pensiero), e il suo uso al fine di chiarire cosa è la logica fuzzy e
come questa cambia (e a che livello ) il processo di indagine. Del termine “logica” sono
state date nel corso del suo sviluppo diverse definizioni, distinte, questa materia di studio
può comunque in generale essere definita come “ la disciplina che studia le condizioni di
correttezza del ragionamento”(F. Berto La Logica da Zero a Godel 2007). Scopo della
logica è pertanto elaborare criteri e metodi, attraverso i quali poter distinguere ragionamenti
corretti e pertanto validi (ma non veri) da quelli scorretti o invalidi. Un ragionamento (o
argomento) è un gruppo strutturato di enunciati (distinguibili in premesse e conclusioni),
che deve risultare coerente per poter essere considerato valido, in altre parole la sua
conclusione deve seguire dalle sue premesse. I ragionamenti vengono tradizionalmente
divisi in induttivi e deduttivi (denominati anche logica simpliciter).
L’esempio per eccellenza di scienza deduttiva è senza dubbio la matematica, in quanto
partendo da determinate premesse giunge, attraverso un procedimento deduttivo rigoroso ai
diversi teoremi che la costituiscono. Il valore di un risultato è per il matematico
indipendente dalle ipotesi di partenza e posto che queste siano state correttamente enunciate
il procedimento è esente da critica. Quindi come ricordato da B. Russel “non deve essere
necessario in matematica nessun appello al senso comune, o alla intuizione né a qualsiasi
altra cosa non sia la stringente logica deduttiva, una volta poste le premesse”. L’induzione1
come già accennato è il procedimento che dai particolari porta all’universale, questa
definizione aristotelica (top,I,12 ,105 a 11) ha trovato concordi tutti i filosofi. L’induzione è
secondo Aristotele priva di valore necessario o dimostrativo, il suo ambito di validità è e
1
Nella filosofia postaristotelica se gli Stoici ne negarono il valore gli Epicurei la ritennero invece l’unico procedimento di inferenza legittimo. Secondo gli
Stoici non poteva, ad esempio, bastare la constatazione che gli uomini che ci sono intorno o di cui abbiamo notizia sono mortali al fine di affermare che in ogni tempo e
luogo gli uomini erano e saranno mortali; in quanto in tal caso bisognava stabilire che gli uomini fossero mortali in quanto uomini, al fine di dare all’inferenza la necessità.
Gli Epicurei opponevano a ciò il fatto che finche niente si oppone a tale conclusione la generalizzazione induttiva è valida. In Sesto Empirico la critica posta dagli stoici si
ripropone in modo più radicale, partendo dalla distinzione di una induzione completa ed un induzione incompleta. “Poiché vogliono confermare per via dell’induzione
l’universale movendo dai particolari, faranno questo o percorrendo tutti i particolari o solo alcuni, l’induzione sarà incerta, rimanendo possibile che all’universale
contrasti qualcuno dei particolari tralasciati. Altrimenti aggiunge tutti intraprenderanno una fatica impossibile perché i particolari sono infiniti ed illimitati.”(Ip. Pirr., II,
204). La stessa critica come sappiamo, in termini diversi fu portata avanti in tuttala storia della filosofia, solo per fare alcuni esempi veloci si può pensare alla critica di
Bacone che dichiarò puerile per tale ragione l’induzione per enumerationem semplicem, per proporre invece una tipologia di induzione utile alla scienza, che “vagli le
esperienze e concluda necessariamente dopo le debite esclusioni e eliminazioni”(Nov.Org., Distrib. Op.).
6
rimane quello della totalità dei casi in cui sia stata riscontrata valida, essa può quindi essere
utilizzata a fini di esercizio nella dialettica, come arma persuasiva nella retorica ma non può
per il filosofo essere considerata scienza. La certezza dell’induzione consisteva per Bacone
nel fatto che da ultimo essa mette capo alla determinazione della forma della cosa naturale
intendendo per forma “La differenza vera o natura naturante o fonte di emanazione che
spieghi il processo latente e lo schematismo occulto(Ibid,II,1).A porre chiaramente il
problema della validità del procedimento induttivo fù D. Hume “Tutte le esperienze tratte
dall’esperienza suppongono come loro fondamento, che il futuro sia rassomigliante al
passato e che poteri simili saranno uniti a simili qualità sensibili. Se ci fosse qualche
sospetto che il corso della natura possa cambiare e che il passato non servisse di regola al
futuro, ogni esperienza diverrebbe inutile non potrebbe dare origine a nessuna inferenza o
conclusione. È impossibile pertanto che argomenti tratti dall’esperienza possano provare la
rassomiglianza del passato con il futuro”.(Inq.Conc. Underst., IV,2)è in questi termini che il
problema2 dell’induzione è costantemente posto nel mondo moderno.
La statistica ad esempioè una disciplina induttiva, sia perché nasce come disciplina che si
occupa dello studio quantitativo di fenomeni collettivi empirici sociali (demografici, sanitari
,politici ), naturali (biologici, atmosferici),relativi ad insiemi di unità,(popolazioni
statistiche) applicando a tal fine metodologie consone, sia perchè il presupposto del metodo
statistico, nonché ciò che lo differenzia è determinato da un limite nel conoscere, prevedere
e in conseguenza studiare, in modo esaustivo tutte le cause e da ciò i fenomeni oggetto di
studio. Come sottolineato da M. Fraire (complessità, instabilità e caos : Esplorazione
statistica multidimensionale e fenomeni sociali in B.Consarelli e N. Di Penta Il mondo delle
passioni nell’immaginario utopico , ed Giuffrè 1997) l’induzione statistica e le leggi
statistiche che enunciano un risultato globale, macroscopico( in termini di frequenza o di
probabilità) relativo ad un gran numero di fenomeni analoghi non analizzabili con
traiettorie individuali, microscopiche, instabili ed in cui la ricerca ed analisi delle cause
avviene come è noto, per i fenomeni sociali soltanto ex post”,ha differenziato tale disciplina
ed il suo metodo dalle altre scienze sperimentali.
Pertanto da sempre l’impossibilità di conoscere, prevedere e studiare in modo esaustivo
tutte le cause di un fenomeno ha reso tale disciplina una disciplina induttiva adatta allo
studio di fenomeni ad alta complessità, infatti troverà una forte applicazione nelle scienze
naturali a partire dalle teorie che studiano il caos ed i sistemi complessi, data l'inadeguatezza
e la conseguente crisi dei modelli deterministici nell'analisi dei sistemi complessi e
dell'irreversibilità dei fenomeni naturali, che visti sotto questo punto di vista, cominciano
nei metodi di studio ad accomunarsi ai fenomeni sociali. Attraverso il sopraggiungere di
questo mutamento di approccio, anche nelle scienze denominate forti il contrasto tra l'uso di
leggi naturali e statistiche è scomparso. A tal proposito anche all'interno della statistica che
abbiamo definito come scienza sostanzialmente induttiva, possiamo sopratutto per quel che
concerne le tecniche che vengono utilizzate per descrivere fenomeni complessi fare una
differenza tra tecniche e modelli di tipo sostanzialmente inferenziale (esplorative) attraverso
la quale si cerca di descrivere e sintetizzare queste strutture ed un'analisi volta invece
2
A tale problema sono state date come ricordato da Abbagnano (Dizionario di Filosofia) tre soluzioni diverse ;La soluzione oggettivistica; la soluzione
soggettivistica; la soluzione pragmatica, che segna il passaggio dalla concezione necessaristica (insita nelle prime due) ad una concezione probabilistica dell’induzione.
Brevemente ricordiamo che la soluzione oggettivistica consiste nel ritenere che esista una uniformità della natura che consente la generalizzazione delle esperienze
uniformi. Nella seconda tipologia quella soggettivistica (o critica tipica del Kantismo ), prospettata dallo stesso kant al fine di rispondere al dubbio di proposto da Hume
sulla possibilità della generalizzazione scientifica, consiste nell’ammettere l’uniformità”della struttura categoriale dell’intelletto e quindi della forma generale della natura
che da esso dipende. La giustificazione pragmatica è stata avanzata dalla filosofia contemporanea, nel momento in cui si è riconosciuta l’impossibilità di una
giustificazione teoretica ma non si è giunti invece a negare la legittimità del problema e quindi la richiesta di una giustificazione. La giustificazione è stata cercata tramite
un’interpretazione probabilistica dell’induzione.
7
verificare e confermare (confermativo) modelli ed ipotesi pensati su tali fenomeni. Quindi
da un lato la conferma di modelli logico teorici e dall'altro una descrizione a partire dal dato
empirico.
La correttezza dei ragionamenti viene studiata indipendentemente dal contenuto degli
enunciati che lo compongono, indipendentemente, pertanto, da ciò che quegli enunciati
significano. Russel affermava scherzosamente che “la logica è quel ambito in cui non
sappiamo di cosa stiamo parlando, ne se ciò che stiamo dicendo è vero”. Data questa breve
sintesi diventa importante chiedersi a cosa serve la logica all’interno delle scienze
particolari, secondo G. Frege padre della logica contemporanea compito delle scienze
empiriche è scoprire la verità, mentre compito della logica è scoprire le leggi dell’essere
vero. Il controllo di quali enunciati siano “veri” spetta dunque alle singole scienze,
attraverso questi si afferma che qualcosa sta in un certo modo, e così facendo tentiamo di
descrivere parzialmente il mondo, la logica mira invece allo studio delle relazioni che
esistono tra gli enunciati , anzitutto tra premesse e conclusioni e quindi come già detto alle
condizioni di validità delle inferenze in ogni campo, ponendosi quindi alla base di ogni
sapere particolare, come substrato comune e struttura formale del modo di ragionare
scientifico e filosofico, garantendone la demarcazione dal senso comune (almeno in parte).
1.3 Il principio di non contraddizione (PNC)
Il primo punto da sottolineare è che la logica classica trae origine dalle idee di Parmenide e
Aristotele, per poi essere ulteriormente perfezionata nel medioevo e quindi formalizzata da
G. Frege nel XIX secolo. Alla base delle sue indagini Parmenide pose le seguenti
affermazioni “ l’essere è ed il non essere non è” e che in conseguenza “è impossibile che
l’essere non sia e che il non essere sia”, queste due proposizioni vennero in seguito chiamate
principio di identità e principio di non contraddizione3. L’affermare che l’essere è e non può
non essere è per Parmenide la via della verità, ed è proprio a partire da tale pensatore che
questo principio verrà posto in maniera sempre più consapevole come fondamento o
elemento del fondamento di ogni sapere. Il problema nasce in questo pensatore nel
considerare la realtà del mondo esterno dove si attesta tramite l’esperienza che l’essere è
molteplice e che si realizza in una molteplicità di determinazioni. La negazione logica
effettuata dal filosofo del molteplice e del divenire in nome di tale principio rende implicito
che l’essere è inteso come l’assolutamente semplice, che rimane quando da questo vengono
separate tutte le determinazioni di esso. Il filosofo non nega, e non potrebbe farlo, la realtà
esterna, ma la squalifica di fronte alla ragione e quindi al principio di non contraddizione ed
al sistema che discende dalle sue conseguenze necessarie. La ragione viene considerata il
regno della verità (άλήθεια), la realtà circostante e per conseguenza la rappresentazione del
mondo, in altre parole l’esperienza, è il regno delle apparenze e dell’opinione illusoria
(δόξα), l’aporia nasce dal fatto che così come è impossibile negare il principio di non
contraddizione allo stesso modo è impossibile negare la nostra esperienza, in tal senso così
3
Emanuele Severino in “Fondamento della Contraddizione” pone una domanda importante per l’argomento che intendo discutere; “che cosa significa che il
principio di non contraddizione sta alla base dell’indagine? E quindi cosa significa il suo essere principio?” La risposta secondo Severino si può trovare a partire dal modo
in cui Parmenide conduce l’indagine. I due principali teoremi(l’immobilità e la semplicità dell’essere) sono “guadagnati facendo vedere che la loro negazione implica la
”
negazione dei principio di identità-non contraddizione, e quindi rendendoli partecipi dell’incontrovertibilità e impossibilità di negazione di tale principio . Quindi
possiamo affermare che Parmenide fu il primo a dare una dimostrazione rigorosa in senso filosofico, di una proposizione. “Diciamo infatti che una proposizione q è, in
questo senso rigoroso, dimostrata quando si è in grado di mostrare che la sua negazione implica necessariamente la negazione del principio di identità - non contraddizione
(cioè di ciò che non può essere negato), e che quindi nemmeno la proposizione q può essere negata” (Severino E.) In altri termini il principio suddetto è alla base degli altri
asserti. La stessa modalità di dimostrazione la riscontriamo nelle altre scienze classiche, ad esempio nella geometria (dimostrazioni per assurdo) si dimostra un teorema
dimostrando che la negazione di questo implica la negazioni di proposizioni primitive denominate postulati,che presentano a differenza di altre proposizioni un alto grado
di accettabilità, assolvendo ad una funzione analoga al principio di identità-non contraddizione. Siamo in questo caso in presenza di un metodo di studio e
razionalizzazione della realtà oggetto d’indagine, ma questo principio ha in realtà per Parmenide ed in seguito per Aristotele fino in parte ai nostri giorni un valore diverso.
8
come l’esperienza è δόξα rispetto al principio di non contraddizione, allo stesso modo
questo e le conseguenze che ne derivano, sono δόξα rispetto all’esperienza.
Questa aporia mette in luce da subito la difficoltà di spiegare la complessità empirica del
mondo, attraverso un pensiero logico che per essere efficiente deve tendere alla
semplificazione e categorizzazione dell’oggetto d’indagine.
Tale principio fu comunque già all’epoca messo in discussione da alcune scuole filosofiche
in particolare i Megarici, i Sofisti e i Cinici, che in modo differente ammettono la possibilità
che si possa affermare ogni cosa di ogni cosa. Gli Eraclitei che ammettono che l’essere, nel
divenire si identifichi con il non essere. Secondo Aristotele chi si opponeva al principio di
non contraddizione si possono dividere in due gruppi. Coloro che fanno consistere la loro
polemica nella semplice negazione, e che finiscono col negare lo stesso solo a parole e
quelli che arrivano a tale convinzione in seguito a difficoltà sorte nell’ambito delle proprie
indagini, cioè in alcuni casi si presentano dei paradossi o degli assurdi che potrebbero essere
risolti negando quel principio. Afferma su questo punto il filosofo “ la persuasione che gli
asserti contradditori ed i contrari possano esistere insieme scaturì, in coloro che si trovarono
in quelle difficoltà, dalla considerazione delle cose sensibili, dove è manifesto che i contrari
si generano dalla medesima cosa. Ora se ciò che non è non può generarsi, la cosa
preesistente deve essere già ambedue i contrari insieme; come appunto dice Anassagora, per
il quale tutto è mescolato in tutto. Anche Democrito sostiene che tanto il vuoto quanto il
pieno si trovano in ogni parte del corpo, sebbene l’uno dei due sia non ente e l’altro un
ente”(Aristotele Libro IV Metafisica II,19 in Severino E. Fondamento della
Contraddizione). Il problema sottolineato in questi due brani nasce dal fatto che l’esperienza
prova che dallo stesso oggetto si possono generare esperienze contrarie, in altre parole che il
divenire, attestato, attestato dall’esperienza, è passaggio da una determinazione alla
determinazione contraria. In questo senso i contrari possono convenire insieme alla stessa
cosa, in quanto il principio dell’ex nihil appare come assioma che non può essere negato, la
cui applicazione al dato del divenire esige quanto sopra sottolineato., ossia riprendendo un
esempio noto che il liquido tiepido deve essere insieme caldo e freddo o che il liquido che
da caldo diviene freddo deve essere insieme (potenzialmente )le due cose prima di divenirne
una. Anche il principio di identità sollevava diverse critiche tra cui può bastare ricordare i
paradossi (o in decidibili per i logici medioevali) sollevati dalla scuola Megarica, o il
mucchio di sabbia di Zenone di cui non si poteva trovare il momento di passaggio tra
l’essere mucchio di sabbia e il non esserlo più.
È interessante notare che benché il principio non può essere chiarito “polemicamente” in
quanto fondamento di ogni dimostrazione l’argomento addotto da Aristotele in difesa dello
stesso muove dal fatto che chi nega tale principio non asserisce nessuna cosa e fatto ancor
più grave (e riproposto ancora oggi seppure in modi e forme differenti) “toglie la possibilità
di qualsiasi scienza (Abbagnano). In Aristotele il possibile esiste, al contrario di quanto
affermato da Parmenide, che solo il necessario esiste, ma quello che afferma è che solo il
necessario può essere oggetto del sapere scientifico e che pertanto la scienza stessa non può
che essere apodittica(dimostrativa), il possibile viene ammesso solo come oggetto di arti e
discipline che hanno un carattere imperfetto o approssimativamente scientifico. Quello che
viene sottolineato e che influenzerà anche in seguito il pensiero scientifico è che l’essere
necessario è l’unico oggetto della scienza e che anche di ciò che non è necessario si può
avere conoscenza solo nella misura in cui ci si avvicina alla necessità, nel senso che tale
oggetto deve manifestare una certa uniformità e una certa consistenza.
9
Tra i problemi cui Aristotele cercava di dare risposta troviamo infatti quello della ricerca di
una forma generale della scienza, ricordiamo che per il filosofo greco le scienze potevano
distinguersi in tre grandi gruppi4e che queste tre specie di scienze dovevano, per essere tali
avere in comune, pur nella loro diversità per quel che concerne l’oggetto, la forma e cioè la
natura del loro procedimento. La disciplina che descrive e studia tale procedimento è la
logica dal filosofo denominata analitica. La logica ha in questo sistema di pensiero per
oggetto la struttura della scienza in generale che è poi la stessa struttura dell’essere che è
oggetto della scienza. È per questo che questa disciplina deve analizzare il linguaggio
dichiarativo (o apofantico), tipico delle scienze teoretiche, all’interno del quale hanno luogo
le determinazioni di vero e falso a seconda che l’unione o la separazione dei segni,di cui è
costituita una proposizione, riproduca (o non riproduca) l’unione o la separazione delle
cose5. Ricordiamo che il filosofo si preoccupa di stabilire il rapporto tra proposizione
universale e particolare, le quali a loro volta possono essere affermative o negative.
Questi rapporti sono rappresentati nello schema sottostante :
Fig 1 : Quadrato degli opposti 6
Universale affermativa( A)
Ogni uomo è bianco
contrarie
Particolare affermativa(1)
Qualche uomo è bianco
Universale negativa(E)
Nessun uomo è bianco
Particolare negativa(O)
Qualche uomo non è bianco
▲
contraddittorie
Come possiamo notare dallo schema Aristotele denomina l’opposizione tra la proposizione
universale affermativa e la universale negativa “contraria”, “contraddittoria” l’opposizione
tra l’universale affermativa e la particolare negativa (e la particolare affermativa e
l’universale affermativa)7. Sia per le proposizioni “contrarie” che per le “contradditorie” il
principio di non contraddizione è per il filosofo rigorosamente valido, in quanto una delle
due deve essere falsa e l’altra vera. Il fatto che almeno una delle due deve essere vera e per
conseguenza l’altra falsa, (principio fondamento della conoscenza dicotomica) è prescritto
dal principio che in un secondo tempo fu denominato del terzo escluso e che pur non
distinguendolo dal principio di non contraddizione Aristotele difese molte volte
(Met.,IV,7,1011 b, 23;X,7,1057 a,33), affermando che “tra gli opposti contradditori non c’è
mezzo”.
4
5
6
7
10
Scienze teoretiche: fisica, matematica, filosofia, il cui oggetto era o l’essere in qualche suo aspetto o l’essere in
generale. Scienze pratiche o normative:di cui la principale è la politica, il cui oggetto è l’azione. Scienze poetiche
che regolano la produzione degli oggetti.
In realtà Aristotele non nega l’esistenza di altri tipi di linguaggio ma fa del linguaggio apofantico il vero linguaggio
a partire dal quale tutti gli altri devono essere giudicati.
Lo schema fu costruito in questa forma dai logici medioevali e rappresenta la dottrina aristotelica.
I logici medioevali definirono subcontraria la relazione tra la particolare negativa e la particolare affermativa, in
questa opposizione per Aristotele non vale il principio di non contraddizione, poiché entrambe possono essere
contemporaneamente vere.
Il filosofo nel de interpretatione discute a lungo dei diversi tipi di enunciati assertori, cioè
tali da poter essere veri o falsi. Lo Stagirita fa fondamentalmente due dicotomie.
1) enunciati affermativi e negativi; Quando si unisce un soggetto ad un predicato si fa una
affermazione, quando invece si separa un soggetto da un predicato si fa una negazione.
2) enunciati universali e particolari.
Questa distinzione è stata ed è in parte ancora oggi estremamente utile per la scienza,che
deve fare generalizzazioni a partire dall'esperienza, infatti un asserzione tipica della scienza
è quella di asserire se tutti i fenomeni dello stesso tipo hanno o meno una data proprietà.
combinando le due coppie di opposizioni si ottengono quattro tipi di enunciati :
Fig 2 Quadrato delle opposizioni (pons asinorum)
Universali affermative
Universali negative
Particolari affermative
Particolari negative
Tale quadrupla di proposizioni è stata a lungo studiata dai logici medioevali al fine di
inquadrare i rapporti intercorrenti tra questi tipi di enunciati, che tradizionalmente vennero
chiamati A,E,I,O8.
Questa rappresentazione denominata quadrato delle opposizioni assunse una enorme
importanza nel pensiero medioevale9, al punto di essere considerato il pons asinorum, ossia
il ponte che dovevano passare tutti se volevano proseguire gli studi a livello universitario ed
acquisire così la capacità di ragionare secondo un giusto criterio ( ricordiamo che tale
modello di ragionamento era basilare per ogni disciplina di studio dalla teologia al diritto
dalla matematica alla filosofia o alla scienza teorica). In seguito divenne il cardine del
pensiero logico tradizionale, al punto che chiunque volesse modificare la logica tradizionale
doveva tenerne conto, infatti lo stesso Frege nella sua critica all'algebra di Boole (che
rappresenta la prima vera formalizzazione della logica Aristotelica e Stoica) non può
prescindere dallo studio dello stesso. In realtà bisogna sottolineare che gli scolastici fecero
del sillogismo Aristotelico un uso prevalentemente formalistico, senza una grande
attenzione ai contenuti utilizzandolo prevalentemente come strumento di disputa teologica.
Durante il Rinascimento la logica sillogistica venne criticata in maniera sempre più
incessante fino a culminare nell’opera di Kant ed Hegel. Brevemente si ricorda che Kant
rese evidenti i limiti e le contraddizioni della logica tradizionale, e che Hegel elaborò un
approccio dinamico alla logica, che includeva movimento e contraddizione.
Innanzitutto come suggerito da P. Ciaravolo (“Individualità ”1981), si deve sottolineare che
“la struttura logica di una proposizione ha la funzione di determinare l’indeterminatezza
8
9
11
A dalla prima lettera di adfirmo rappresenta le universali affermative
E dalla prima vocale di nego rappresenta le universali negative
I dalla seconda vocale di adfirmo, rappresenta le particolari affermative
O dalla seconda vocale di nego rappresenta le particolari negative
Infatti a partire dalle traduzioni di Boezio(512- 523) delle opere di Platone ed in particolare di Aristotele la cultura
medioevale acquisì quella componente razionale che dal sec.XI in poi si porrà come base di un nuovo modo di
concepire la ricerca filosofica-teologica. Le traduzioni di Boezio rimarranno in occidente fino al sec.XII( quando
cominciarono ad essere effettuate nuove traduzioni dal greco e soprattutto dall’arabo) l’unica chiave di accesso al
pensiero aristotelico.
del soggetto assunto. L’articolazione dei suoi interni rapporti logici risponde allo scopo di
precisare il contenuto del soggetto sia che si tratti di proposizioni affermative che negative”,
il giudizio “qualunque sia la forma è determinativo, indipendentemente dal grado di
esaustività, si sviluppa allo scopo di dare un volto al soggetto che è posto come
un’incognita, come tentativo logico di sciogliere l’incognita stessa”.
Attraverso il quadrato delle opposizioni è perciò possibile vedere i rapporti logici che
intercorrono tra le suddette proposizioni.
Fig 3 : Quadrato delle opposizioni
A tutti i piaceri
sono beni
I qualche piacere
è bene
E nessun piacere
è bene
O qualche piacere
non è bene
Considerando lo schema notiamo che come nelle figure precedenti gli angoli del quadrato presentano
enunciati contraddittori. Per le contrarie possiamo notare che A ed E non possono essere entrambe
vere, ma potrebbero essere entrambe false, se valgono insieme I e O. Le subcontrarie I e O non
possono essere entrambe false ma possono essere entrambe vere( le particolari sono subalterne rispetto
alle universali)10.
Le prime osservazioni concernono la presenza della dicotomia nel concetto di verità.
Il concetto dicotomico di verità non si mostra sempre perfettamente adeguato se applicato
alle scienze empiriche, ma fin dagli inizi del pensiero filosofico, la riflessione cercò al
tempo stesso l'unità, la coerenza e la saggezza, riconoscendo alla filosofia il compito di
conferire un ordine alle cose, come è ricordato anche nel detto classico: “sapientis est
ordinare”. Per questo bisogno di ordine a cui consegue il tentativo di semplificare a fini
conoscitivi la realtà fenomenologica, fin dalla sua origine la filosofia ha tentato di evitare la
contraddizione e quindi l'ambiguità, anche se il fatto di fuggirla non ha certo impedito che
questa continuasse a sussistere nella realtà e soprattutto, cosa molto più importante, che tale
tentativo sia sempre stato utile alla risoluzione dei problemi in analisi. Lo Stagirita stesso
vedeva la “logica” come strumento di ordinamento ed organizzazione del
pensiero”scientifico”, di fatto la logica non era presentata come un modo per acquisire
conoscenza ma come sistema per ordinarla, come qualcosa che permettesse di parlare dei
10
I modi in cui una proposizione può presentarsi per conseguenza sono: possibile, impossibile, contingens e necessarium, inoltre una proposizione per i logici
medioevali può assumere altri due modi verum e falsum. Data una proposizione che denomineremo “p” un operatore di possibilità “M” e la negazione proposizionale “¬”
si possono formalmente caratterizzare quattro tipi di proposizioni ;
1 é possibile che p= Mp;
2 è impossibile che p= ¬Mp
3è possibile che non p= M¬p
4 è necessario che p= ¬M¬p
Una proposizione è detta contingente se se sia essa sia la sua negazione sono possibili e si può caratterizzare come l'unione della 1 e della 3 Mp ᴧ ¬Mp. Tra le
quattro proposizioni modali valgono i quattro rapporti già esaminati di contrarietà(2 e 4) contradditorietà (1e2 3 e 4), implicazione (4 e 1 2e3) subcontrarietà (1 e 3).
12
concetti e dei rapporti tra concetti oltre che delle proposizioni. Pur accennando ad un
rappresentazione condizionale del ragionamento del tipo se…allora, il lavoro principale di
Aristotele fu quello di definire un tipo particolare di ragionamento da usare all’interno
dell’iniziale pensiero scientifico e di definire regole per stabilirne la validità.
Un esempio tipico di ragionamento deduttivo, in cui il principio dicotomico si esplica
chiaramente è il modus tollens11 ; schema deduttivo utilizzato in matematica alla base della
struttura delle dimostrazioni per assurdo12.
Questa modalità di ragionamento astratto può essere esplicitata attraverso una modalità
empirica di ragionamento (con tutte le semplificazioni necessarie ai fini del suddetto
esempio) ; sia A una teoria sociologica che asserisce che “ in periodi di transizione da un
tipo di struttura sociale ad un altro ci sia la tendenza a prodursi una situazione di anomia
sociale da cui si ritiene derivi ad un livello di generalizzazione più basso un aumento del
tasso dei suicidi date determinate leggi scientifiche e situazioni espressamente indicate ”.
Dalla teoria in questione supponiamo possa discendere la proposizione B che asserisce che
in un certo tempo t ed in un dato luogo sia possibile osservare il suddetto aumento del tasso
dei suicidi. Lo scopo di tale deduzione può essere duplice: predire un evento sulla base di
una teoria accettata e/o controllare la bontà della medesima teoria attraverso la sua capacità
di predire/spiegare un evento.
La logica formale tratterà la situazione dopo che l’evento sia accaduto in vari modi; In un
primo caso l’aumento del tasso dei suicidi si verifica al tempo t nel luogo indicato nelle
modalità prescritte, la predizione sembra quindi confermata sia qualitativamente che
quantitativamente. Formalmente però abbiamo questa situazione:
A→B
-B
Questo in quanto A potrebbe essere sia vero che falso perché il vero si deduce dall’uno e
dall’altro. Nel contesto di una disciplina scientifica, l’accadimento di B anche senza
verificare la teoria suddetta ne aumenta la plausibilità (questo è ad esempio sostenuto da
Ploya 1968 che ne cerca una possibile formalizzazione).
In un secondo caso invece l’evento si verifica ma ad un tempo t+Δt, in questo caso il modus
tollens è formalmente applicabile e quindi sempre a livello formale la teoria si dimostra
falsa. Qui però sul piano empirico ritorna il vecchio problema del buon accordo dei dati
empirici con quelli previsti dalla teoria (kuhn 1961) se t+Δt non è troppo grande può ad
esempio essere imputata a fattori casuali esterni e quindi la teoria non sarà ritenuta falsa.
Ora possiamo notare che in quanto esposto precedentemente sono stati utilizzati dei termini
e dei concetti che difficilmente possono rientrare a pieno titolo nella concezione della logica
dicotomica ; aumento della plausibilità, buon accordo tra i … troppo grande ecc...
Quello che principalmente genera difficoltà nella logica classica rispetto al piano empirico e
11
date due proposizioni A e B e dato che da A si può dedurre B ( A implica B in forma simbolica A → B) ponendo il caso che B è considerata falsa -B si deduce per
modus tollens che anche A è falsa.
A→ B
-B
_________
-A
12
In questo caso A è l’insieme degli assiomi e dei teoremi dimostrati, A → B è il teorema in considerazione B è perciò la tesi del teorema
stesso. Allora assumendo la validità del teorema e della negazione della tesi, B è quindi la tesi del teorema stesso. Allora assumendo la validità del
teorema e della negazione della tesi, B, si mostra che si giunge ad un assurdo, cioè ad una negazione delle premesse A. Ma siccome le premesse non
sono in discussione proprio dal fatto che non B è falso si deduce che B è vero.
13
che viene esplicitato dalle suddette espressioni, è l’impossibilità di attribuire una verità
certa, anche in modo solo probabile, alle proposizioni che si considerano. Se questo
viceversa fosse possibile si dovrebbe poter formalizzare la relazione A e B (hanno un buon
accordo senza essere uguali) come A=B con verità solo parziale e cioè come un caso
intermedio tra A=B e A≠B. La dicotomia vero/falso viene quindi espressa in una forma che
elimina i casi intermedi attraverso il rispetto del “principio del terzo escluso (secondo cui la
disgiunzione di una proposizione con la sua negazione è una tautologia) indipendentemente
da ciò che A è, in quanto indipendente dal fatto che A può essere vero solo un po’. Nella
struttura logica dicotomica A è o non è, non può esistere un caso intermedio anche se nella
realtà siamo spesso di fronte a tale situazione. Il principio dicotomico ci richiede una
accezione forte ed esatta di verità, che può essere difficilmente generalizzabile, anche se
come ricordato da L. Mari non si tratta di cercare un principio totalmente alternativo, pena
“la perdita di un intero corpus di conoscenze e metodi di cui anche a partire da tali principi
la nostra cultura si è dotata. Piuttosto si tratta di capire se in determinate situazioni non si
possa adottare una prospettiva più ampia, che si dimostri migliore”, e questo è il punto da
sottolineare, “per formalizzare i dati di cui si dispone.”(Mari la rappresentazione di dati non
esatti).
La critica alla logica dicotomica e al PNC mette in discussione, se portata alle sue estreme
conseguenze lo stesso complesso concetto di verità13, e quindi la capacità di dirimere molte
questioni pratiche, come sottolineato tra gli altri da Lukasiewicz.
D’altra parte da sempre la filosofia ed in seguito la filosofia della scienza si sono poste il
problema di dare un senso univoco al concetto di verità, considerato come punto d’arrivo
della conoscenza e il punto d’avvio della logica formale. Non si devono dimenticare su
questo tema le riflessioni conclusive di F. Lombardi14 “La verità non può coincidere con il
morto e mummificato essere di una forma eterna, immutabile e perfetta, di per sé esistente
in un aurea senza tempo; la verità si fonda invece sul particolare sforzo, critico ed
autocritico, che l'umano e sanguigno pensiero dell'individuo sottratto dall'anemico
sopramondo del vero idealistico riesce ad esercitare di fatto, per essere ben piantato nella
terrestrità della storia”che segnalano come tale concetto non può che essere
contestualizzato, non ideale ma sfumato in quanto legato alla natura dell'essere umano, in
quanto tale.
1.4 Il linguaggio e le logiche alternative : Strawson e Lukasiewicz
Per Strawson in ultima analisi il problema di corrispondenza-non corrispondenza (mondo
reale e linguaggio reale e descrizione scientifica-linguaggio scientifico) è un problema che
ha attinenza col concetto di verità, la bivalenza della scienza modernain questo senso anche
per Kosko, “nega o da una mano di puro bianco e nero sulla verità grigia dando luogo a
paradossi e autocontraddizioni, a differenza della logica fuzzy/sfumata che invece pur
ammettendo in alcuni casi estremi la bivalenza afferma che tutte le verità sono grigie,
parziali, frazionali quindi in altre parole fuzzy.
È importante sottolineare ancora unavolta che se da un lato il linguaggio logico matematico
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14
14
Per verità si intende in generale la qualità per cui una procedura conoscitiva qualsiasi risulta efficace o ha successo
Questa caratterizzazione può applicarsi ugualmente sia alle concezioni la conoscenza un processo mentale sia a
quelle che vedono in essa un processo linguistico o segnico. Si possono distinguere cinque concetti fondamentali
della verità. 1) La V. come corrispondenza; 2)La V. come rivelazione ;3)La V. come conformità ad una regola ;4)La
V. come coerenza.(Abbagnano dizionario di filosofia).
Franco Lombardi “Problemi della libertà”
(e non solo) deve creare per comodità rigidi confini tra le cose reali, la ragione ed il buon
senso mettono in luce costantemente la tendenza a sfumare ed attenuare i giudizi sul mondo
reale. Lo stesso linguaggio comune non segue, come dimostrato da Strawson15in
“Introduzione alla teoria logica” (1975), le regole della logica formale. Nel parlare l’uomo
compie operazioni logiche, che per essere comprese bisognano di strumenti più vari di
quelli utilizzati dalla logica. Questo perché gli strumenti di quest’ultima sono le asserzioni
come elementi di base e i due tipi di relazione tra esse più fondamentali la contraddizione e
l’implicazione. Nei confronti di questi idoli della tradizione Strawson muove la sua critica,
chiedendosi se è proprio vero che questi strumenti con le loro regole costituiscano i binari
obbligati del nostro parlare quotidiano ed è per questo che come prima cosa l’autore critica
il principio fondamentale della logica; il principio di non contraddizione. Se la logica nega
la possibilità della contraddizione Strawson mette in luce il fatto che questo non vale nel
linguaggio comune. In esso esistono enunciati che possono apparire contradditori e che
invece hanno per noi un senso. Alla domanda, ad esempio se è o meno piaciuto un
determinato spettacolo si può rispondere che è piaciuto e non piaciuto, senza per questo
cadere in contraddizione .
Fig 4 Posizionamento nel quadrato delle opposizioni dell'enunciato contradditorio
Questo spettacolo è piaciuto e non piaciuto
A Tutti gli spettacoli
E Nessuno spettacolo
sono piaciuti
è piaciuto
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------I Qualche spettacolo
O Qualche spettacolo
è piaciuto
non è piaciuto
Come possiamo vedere dallo schema la proposizione “questo spettacolo è piaciuto e non piaciuto”si trova al
centro del poligono in quanto è una combinazione contraddittoria delle affermazioni I e O. Lo schema riportato
è un'ulteriore elaborazione del precedente.
Per la logica formale cado in contraddizione e nell’assurdo, (asserisco qualcosa che
contemporaneamente nego) ma nella vita reale chiunque capisce che in pratica sono piaciute
alcune cose ed altre no. Perché la risposta possa incorrere nei divieti logici legati alla
contraddizione avrei dovuto affermare secondo Strawson che “è vero che mi è piaciuto ed è
vero che non mi è piaciuto, in quanto in tal caso l’introduzione della formula è vero porta ad
una valutazione logica. L’esempio mostra il carattere ibrido del linguaggio comune che si
colloca a metà strada tra ciò che costituisce l’ambito della logica e ciò che le è estraneo.
Quando pronunciamo asserzioni che si riferiscono (descrivono) fatti reali le contraddizioni
15
15
Peter F. Strtawson filosofo analitico tra i maggiori esponenti della scuola di Oxford, interessato tra l’altro,ai rapporti
tra logica e linguaggio ordinario
apparenti che è possibile incontrare non sono percepite dai parlanti come reali e non
pongono nessun problema ne di comprensione ne di adeguatezza al reale. Quando invece
pronunciamo proposizione che contengono termini di valutazione logica (è vero che…. È
falso che… ecc) allora quello che diciamo è subordinato alla logica. La contraddizione è
quindi declassata da Strawson a componente secondaria della prassi del linguaggio
ordinario. Come conseguenza di tale considerazione segue il declassamento di un altro
principio logico: l’implicazione. Va a Strawson il merito di aver analizzato la sfasatura che
intercorre tra il concetto logico di implicazione ed il suo corrispettivo nel linguaggio
ordinario. La logica esprime tale concetto con “implica” il linguaggio comune dice
“se….allora” , ma il senso delle due espressioni anche se può a prima vista coincidere a
volte non corrisponde affatto. Quando la logica afferma che un antecedente implica un
conseguente, asserisce un rapporto, tale per cui se è vero l’antecedente, allora
necessariamente è vero il conseguente16. Con il se…allora del linguaggio normale ricorda
Strawson le cose sono differenti “ esso non esprime sempre una conseguenza necessaria,
come avviene in un collegamento logico tra un antecedente ed un conseguente. Se qualcuno
dice “se piove sto a casa” qualora non mantenga fede alle sue parole ed esca di casa, non
diremo che quella persona è caduta in contraddizione e perciò ha affermato il falso, ma
sosterremmo invece più semplicemente che ha cambiato idea” (P.F.Strawson “Introduzione
alla teoria logica”, Torino 1975 p 116). Inoltre cosa assai più importante per i fini del nostro
discorso, nella comune prassi linguistica, un conseguente può avverarsi come risultato di
fattori che non hanno connessione alcuna con l’antecedente stesso ; ad esempio se quel
qualcuno, di cui si stava parlando precedentemente, rimanesse realmente in casa,
confermando quanto detto, potrebbe essere spinto da una circostanza del tutto diversa, come
un influenza, o una qualche ragione che gli impedisca di uscire, che può sembrare una
conferma di quanto affermato, ma non lo è ( in quanto l’azione è determinata da un altro
antecedente del tutto indipendente dal primo).
Quindi possiamo concordare con Strawson sul fatto che la logica formale non possa
costituire un valido strumento di analisi per quel che concerne il linguaggio quotidiano,
perché questo è spesso distante dalla legge, basilare per la logica formale, di non
contraddizione, così come, da quanto visto, risulta distante dal rispetto dell’implicazione,
che costituisce come si sa, il modello logico basilare di qualsiasi ragionamento formale.
L’ultimo punto sottolineato dal filosofo è legato all’impiego delle asserzioni. In questo caso
l’autore vuole sottolineare come le espressioni logiche vadano incontro ad evidenti
paradossi quando si pretenda di tradurli in un contesto di vita comune. Le asserzioni si
prestano a tale dimostrazione in virtù della loro funzione ; non sono regole logiche, anche se
non sono meno importanti di queste ultime, costituiscono infatti il nucleo elementare di ogni
ragionamento logico (possiamo infatti definirle i mattoni della logica). Un’asserzione è
definibile come una qualsiasi frase di cui sia possibile affermare la verità o falsità della
stessa ; dunque senza asserzioni non c’è ragionamento logico. Una conversazione comune,
quale può avvenire tra due persone, non sempre è considerabile un ragionamento in senso
logico, in quanto spesso è privo di asserzioni nel senso precedentemente definito, quello che
Strawson vuole dimostrare è che le asserzioni, pur indispensabili a costruire gli edifici
logici, portati sul terreno della vita comune, a volte minacciano lo stesso buon senso base
della vita quotidiana. Per dirla in termini diversi le asserzioni logiche trasferite nel
16
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Infatti per il logico le affermazioni “ Tutti i cavalli sono mortali; furia è un cavallo ; quindi, Socrate è Francese”, o “Se Barbanera era una donna,
Napoleone uccise Maradona, sono verissime anche se correlano proposizioni innegabilmente false. C
linguaggio quotidiano possono diventare origine di diversi paradossi. Le asserzioni che il
filosofo mette in crisi sono quelle logicamente più importanti ; le asserzioni generali (quelle
precedute da parole quali “Tutti….Nessuno), ma anche tutti quei casi in cui la logica ha
l’esigenza di sostituire le espressioni imprecise del linguaggio comune attraverso
quantificatori che specifichino rigorosamente se il soggetto è uno, alcuni, tutti o nessuno. Da
alcuni esempi17 fatti da Strawson la questione può sembrare irrilevante o senza conseguenze
(se non in senso umoristico) ma le cose non sono così semplici, quello che viene messo in
luce in questa sede è l’insufficienza degli strumenti d’analisi con cui il logico analizza il
linguaggio comune e la dimostrazione che le maglie del linguaggio logico tradizionale sono
in effetti troppo strette e inadeguate, per cogliere la complessità e la ricchezza del
linguaggio ordinario. La risposta che Strawson dà all’interrogativo che sorge spontaneo da
quanto detto ( la disamina dell’insufficienza degli strumenti d’analisi con cui il logico
analizza il linguaggio comune-contraddizione, implicazione , asserzioni- conduce dunque a
escludere in assoluto un’interpretazione logica del linguaggio ordinario?), è piuttosto vaga.
In alcuni scritti posteriori alla “Introduzione” il logico cerca di chiarire in che cosa consista
la complessità del linguaggio e come farvi fronte, ma con scarsi risultati, in quanto cerca di
sostituire lo schematismo della logica tradizionale una diversa fenomenologia, che però
risulta ugualmente schematica. Comunque il tentativo di Strawson procede a partire dall’uso
della teoria di Austin, indicando come alternativa all’analisi logica del linguaggio comune la
possibilità di analizzarne un aspetto caratteristico che non si può considerare logico in senso
proprio. L’aspetto in questione è l’aspetto performativo del linguaggio ; di quegli enunciati
linguistici che costituiscono azioni : “vi dichiaro marito e moglie” “L’imputato è colpevole”
ecc….A questo proposito le analisi proposte da Strawson spiegano come distinguere
rigorosamente gli aspetti convenzionali e quelli intenzionali all’interno del linguaggio
adoperato a fini performativi, ma rivelano due difetti; Si rivolgono a una parte del
linguaggio comune che non è la più decisiva (esiste l’uso descrittivo18 del linguaggio più
utilizzato nel vivere quotidiano, all’interno del quale l’uso delle regole della logica è
utilizzato in modo approssimato, in fondo pochi amano contraddirsi apertamente), ed
inoltre tende a esagerare l’importanza di locuzioni comuni, interessanti per l’analisi, ma di
uso limitato, ricadendo in quegli errori che lui stesso aveva rimproverato alla logica
formale. Altro equivoco in cui incorre Strawson ed anche molti degli analisti oxoniensi e
non, sottolineato da P. Emanuele (“Il mito dell’analisi da Aristotele a Rorty”1993 P.212) è
provocato dal “ritenere che il modello logico, rappresentato soprattutto dalla dicotomia
vero/falso condizioni soltanto il linguaggio descrittivo e non gli altri tipi di linguaggio
comune. È vero che questi ultimi tipi non derivano direttamente dal modello logico, ma
sarebbe falso asserire che ne prescindano. Ad esempio se in un testamento (linguaggio
performativo) si legge “ Lascio al mio amico Marco la mia villa di campagna” , il donatore
enuncia una volontà e non ha senso interrogarsi sulla verità o falsità della frase. Vi è però un
aspetto collaterale per cui la dicotomia cacciata dalla porta, rientra dalla finestra : qualora
17
Alcuni esempi analizzati da Strawson: La frase “Tutti i libri della mia stanza sono di autori inglesi” per il senso comune afferma sostanzialmente
due cose; che nella mia stanza ci sono dei libri, e che tutti sono di autori inglesi. Per la logica predicativa il significato di questa frase non è così
scontato. Depurata dal suo simbolismo questa logica traduce la frase in questo modo “Non esiste niente che insieme sia un libro nella mia stanza
e non sia di autore inglese. Se a prima vista può sembrare che tale frase si limiti a rendere una asserzione comune in una forma che nessuno
userebbe, le cose non sono così semplici. Questo perché per la logica tale asserzione risulta vera in due casi ; il primo è quello valido anche per il
senso comune, il secondo è quello che si realizza se nella mia stanza non vi fosse nessun libro, in quanto non risarebbero libri di autori non
inglesi. Un altro esempio di tali paradossi viene dall’uso della frase “C’è almeno una cosa che…” riferita al passato anziché al presente. Anche
l’analisi ad oltranza del linguaggio comune comporta una serie di paradossi su cui quine offre diversi esempi.
18
Accanto alle tre tipologie classiche di linguaggio (descrittivo performativo e espressivo) ne esistono altri non meno
teorizzabili quali ad esempio l’ottativo che enuncia auspici e/o desideri.
17
sia falso che il donatore possieda la villa, la frase testamentaria risulterebbe priva di senso”.
In conclusione vorrei sottolineare che l’importanza, a mio parere, del pensiero di Strawson
consiste in particolare nell’aver reso evidente la maggiore ricchezza e complessità del
linguaggio comune rispetto al linguaggio logico e conseguentemente scientifico, con tutte le
conseguenze che possiamo derivarne nell’ambito delle scienze sociali, in parte già
evidenziate da molti autori (Marradi, Pitrone ad esempio).
La pretesa di esaustività di ogni tipo di analisi relativa al linguaggio ordinario non può
essere soddisfatta, in quanto le diverse porzioni/tipi di linguaggio non sono nettamente
separati tra loro ma in continua interazione reciproca. Tale situazione è in contrasto con la
procedura inerente l’analisi del linguaggio, in quanto questa comporta il ridurre il
complesso al semplice, isolandolo dai possibili contesti, in tal senso occorre che l’analista
sappia temperare questa procedura indispensabile all’analisi con l’esigenza altrettanto
fondamentale, di non sacrificare la complessità a vantaggio della semplicità. Per di più
come ricordato da P. Emanuele “ ogni analisi tende a rivelarsi, presto o tardi unilaterale,
proprio perché, quanto più realizza il suo intento di semplificazione, tanto più si trova a
deformare l’effettiva realtà analizzata. Accade però che il tramonto di un dato tipo di
analisi rivelatosi unilaterale non scoraggi l’intento dell’analizzare, ma segni piuttosto
l’avvento di un altro tipo di analisi volto ad ovviare all’unilateralità della precedente”.
La teoria di Strawson assume nelle scienze sociali una particolare importanza se viene letta
alla luce di alcune asserzioni di Lazarsfeld circa la determinazione dei termini concetti nelle
scienze: “tutte le scienze sociali si occupano di concetti in apparenza piuttosto vaghi. Chi
può dire esattamente cosa è una società rurale? A chi è che non è capitato di leggere interi
volumi in cui si discuteva il vero significato di opinione pubblica? Chi è in grado di
riconoscere effettivamente una personalità estroversa? Molte sono le ragioni per cui il
linguaggio degli scienziati sociali contiene tanti termini come questi, che, a prima vista,
sembrano scarsamente definiti ed i cui contorni rimangono nel migliore dei casi
indistinti”(Lazarsfeld 1966 117).
Anche Russel nel saggio “Vagueness19”mette in luce la “vaghezza” del linguaggio
quotidiano, fornendo spunti di grande interesse. Nel saggio citato Russel sostiene l’esistenza
di una tipologia di vaghezza caratteristica dei termini che indicano qualità sensibili, quali ad
esempio un colore. Questi termini hanno insita una certa dose di incertezza determinata dal
fatto di indicare una parte di una qualità continua, in questo caso lo spettro della luce, sui
confini del quale non c’è univocità di definizione. La vaghezza, secondo Russel è inerente
anche ai nomi propri ed è dovuta in questo caso alla mancanza di univocità dei processi di
morte e nascita degli enti, come le persone o gli animali, a cui sono riferiti. Inoltre per
l’autore è scontata e tipica la vaghezza dei termini astratti quali : materia, causalità, ecc…
Per i simboli della logica il discorso è diverso, secondo Russel, questi non sono denotati da
una intrinseca vaghezza, ma piuttosto questa dipende dagli enunciati presi in
considerazione. La vaghezza è in questo caso caratteristica delle rappresentazioni, e varia a
seconda della fedeltà della rappresentazione, rispetto a ciò che si intende rappresentare. In
tal senso Russel afferma:
“One systeme of related in various ways i san accurate representation of another system of
terms related in various other ways if there is a one-one relation of terms of the one to terms
of the others, and likewise a one-one relation of the relations of the one to the relation of the
others, such that, when two or more terms in the one system have a relationbelonging to that
19
18
B. Russel, Vagueness, in “The Australian Journal of Psychology and Philosophy, vol. 1, 1923, .
system, the corresponding terms of the other system have the corresponding relation
belonging to the other system20”
In altri termini se manca una accurata corrispondenza allora saremo sempre in presenza di
vaghezza. Nel senso individuato dall’autore la vaghezza sembra non essere più una
proprietà insita al sistema che si sta studiando,quanto piuttosto una proprietà relazionale,
che può essere valutata solo quando questo sia posto in relazione con un altro sistema del
quale, come specificato da Russel, è una rappresentazione.
Da quanto detto finora possiamo segnalare alcuni punti di interesse per l’argomento di cui si
intende trattare :
La vaghezza è un fenomeno pervasivo del pensiero e del linguaggio ordinario, infatti
si definisce un’espressione linguistica “vaga” quando il suo significato non è
abbastanza determinato, sicché vi sono dei casi in cui è difficile decidere se questa è
applicabile o meno, in questo senso Pierce21 ricorda che “un’espressione si dice vaga
quando sono possibili stati di cose, riguardo ai quali chi parla, anche
contemplandoli, sarebbe intrinsecamente incerto se siano affermati o negati dalla
proposizione. Con intrinsecamente incerto intendiamo parlare di ciò che è dubbio,
non per l’ignoranza di chi interpreta, ma per l’indeterminazione di chi parla”.
Infatti, ad esempio, tutti hanno una buona idea di cosa significhi dire che una persona
sia ricca o alta o vecchia, ma ciò nonostante non è sempre chiarissimo quali siano i
confini ed i contenuti di tali termini. Possiamo infatti affermare che alcuni uomini
sono decisamente alti(ad esempio il giocatore N.B.A. Yao Ming) altri non lo sono
decisamente (Edith Piaf ad esempio poteva essere definita decisamente non alta),
altri invece (e sono la maggioranza dei casi) sono casi intermedi, oltretutto, non esiste
un limite oggettivo tra chi è alto e chi non lo è, in quanto il concetto di altezza fa
parte di quei concetti che come ricordato da Frege sono privi di una frontiera precisa.
La vaghezza non va identificata né con l’ambiguità né con la generalità, e si
configura come un problema quantitativo e non come un problema qualitativo,
perché come già detto tutti i termini sono più o meno vaghi. Anche se c’è chi sostiene
che i termini numerici o quelli logici sono esenti da vaghezza, questo non si può
affermare in quanto comporterebbe la confusione della dimensione sintattica del
calcolo con la dimensione semantica implicita nella rappresentazione di un modello,
in quanto, anche in fisica, scienza presa spesso ( e mi si conceda erroneamente) come
scienza assolutamente esatta, una cosa sono i numeri e le formule astratte, ed un’altra
le misure, che notoriamente vengono sempre e comunque espresse con qualche grado
di approssimazione, come ricordato anche da Russel “All traditional logic habitually
assumes that precise symbols are being employed. It is therefore not applicable to
this terrestial life, but only to an imagined celestial existence”.
Su questo discorso si innesta un concetto centrale nella riflessione del secondo
Wittgenstein attraverso il quale si può afferrare meglio come la vaghezza sia un
elemento implicito del linguaggio; il concetto di insieme a somiglianza di famiglia.
Con questa nozione il filosofo si riferiva ad un tipo particolare di insieme,
caratterizzato dall’assenza di un criterio unico per l’attribuzione degli elementi. Si ha
una tipologia di questo genere, ad esempio prendendo in considerazione l’insieme di
tutti gli usi possibili di una determinata parola, infatti in questo caso non possiamo
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21
19
B. Russel, Vagueness, in “The Australian Journal of Psychology and Philosophy, vol. 1, 1923,
In Baldwin, Dictionary of philosophy and phychology, Macmillan, London 1902 II, pp 748.
trovare un unico elemento che accomuna tutti i variegati utilizzi. Questo fatto è
dovuto secondo Wittengstein all’impossibilità di definire completamente un termine
solo risalendo al concetto cui lo stesso si riferisce. La situazione suddetta viene
riferita dall’autore alla natura intersoggettiva (e quindi in altri termini sociale) del
linguaggio, da cui consegue l’impossibilità di stabilire relazioni biunivoche tra parole
e cose, o tra concetti e parole. Detto questo ricordiamo il fatto che per Wittengstein
l’insieme degli usi di una parola somiglia alla fotografia di una grande famiglia, dalla
quale si percepisce che le persone ritratte appartengono alla stessa famiglia attraverso
un insieme di piccoli elementi, ma da cui non riusciremo mai a trarre un elemento
singolo e determinante in grado di accomunarle tutte. La vaghezza del linguaggio è
data proviene quindi dal fatto di non descrivere in modo accurato la realtà, dal fatto
che lo stesso è intrinsecamente intersoggettivo ed utilizzabili in una pluralità di
contesti diversi che ne mutano il senso, ed inoltre il linguaggio è vago anche nella
sua funzione cognitiva, cioè nei confini delle categorie che orientano il pensiero.
In genere nelle scienze sociali la vaghezza è una presenza costante, (per molti
studiosi è anche una presenza ingombrante) sia in quanto presente nel linguaggio
degli attori sociali, sia nei concetti utilizzati dall’osservatore stesso nel processo di
definizione operativa di un dato fenomeno.
Tra i molti tentativi di ricercare una logica più adeguata alle situazioni reali e della
rappresentazione dell'incertezza e di dare risposta al paradosso del sorite ricordiamo
brevemente, due categorie di logiche non classiche: Le logiche modali e le logiche
multivalori. In breve la soluzione data dalle prime consiste nel qualificare la verità delle
proposizioni, senza per questo dover necessariamente modificare il classico insieme dei
valori di verità (vero/falso), attraverso l'uso di operatori che alterano l'interpretazione delle
proposizioni. La logica classica semplicemente asserisce la verità/falsità di una proposizione
in questo tipo di logica invece un operatore modale consente di qualificare tale verità.
Per quel che concerne le logiche multivalori (vedi per approfondimenti Rescher 1969),
invece la soluzione scelta è quella di generalizzare la logica classica estendendone l'insieme
di valori di verità, introducendo dei valori aggiuntivi. Le differenze interne tra questo
gruppo sono date dalle differenze sulla cardinalità dell'insieme dei valori di verità , sulla
definizione dei connettivi logici e sull'interpretazione da dare ai valori di verità aggiuntivi
(ai già esistenti vero, falso).
Tra le logiche suddette mi soffermerò su quella teorizzata da Łukasiewicz che partendo da
alcune considerazioni sulle proposizioni modali e dai concetti connessi di necessità e
possibilità, (Osservazioni filosofiche sui sistemi polivalenti della logica proposizionale
1930) struttura il sistema trivalente del calcolo proposizionale. È interessante notare come
nell’articolo citato Łukasiewicz cerca di dimostrare come non sia possibile una trattazione
(estensionale) adeguata delle nozioni modali all’interno del linguaggio del calcolo
proposizionale bivalente, ma come sottolineato da Becchi (2006) si “renda necessario il
rifiuto della bivalenza e l’introduzione di un terzo valore logico, per poter giustificare in
modo rigoroso le intuizioni alla base dei principi modali tradizionalmente accettati dalla
logica. Il logico Polacco viene spinto a mettere in discussione il principio di bivalenza sulla
base di due questioni che vedeva strettamente legate tra loro
L'importo ontologico in senso deterministico del principio di bivalenza ;
La possibilità di un approccio estensionale alla logica della modalità.
Guardando la storia della logica Łukasiewicz nota che possono essere enucleati tre principi
20
rispetto alle proposizioni modali22, ognuno dei quali farebbe riferimento ad una peculiare
accezione dei concetti di possibilità e di necessità. Il primo si riferisce alle verità
autoevidenti che non hanno bisogno di dimostrazione e che non sono ricavabili direttamente
dal quadrato modale delle opposizioni,23 essendo in essi coinvolta la nozione di esistenza. Il
secondo gruppo che fa riferimento ad una diversa accezione di necessità, che definisce
“necessità temporale” o ex hypothesi rappresentato validamente dal seguente teorema
unumquodque, quando est, oportet esse (qualunque cosa, quando è, è necessaria)24
Łukasiewicz mette in luce che l'espressione quando (ότάν in Aristotele) non è una particella
condizionale ma invece temporale, e che per conseguenza la necessità e l'impossibilità a cui
si fa riferimento, concerne il non poter essere altrimenti di qualcosa, nel momento in cui
questo qualcosa è, in pratica l'assenza di alternative rispetto ad un determinato stato di cose
dato o anche pensato come già esistente. Il terzo gruppo di principi modali è basato sul
concetto aristotelico di “possibilità bilaterale”, vi sono, asserisce il filosofo, delle cose che
possono essere e possono anche non essere, riferendosi alle cose contingenti25.
Questi tre gruppi di principi modali vengono rappresentati dai seguenti teoremi:
I Se non è possibile che p, allora non p.
II Se è supposto che non-p, allora non è possibile che p (se vale questa supposizione)
III Per un certo p: è possibile che p ed è possibile che non-p
Nel calcolo proposizionale :
I ¬Mp→¬p;
II ¬p→¬Mp;
III ∃ p(Mp Ʌ M¬p).
I teoremi II e III presi singolarmente o insieme portano secondo il logico polacco (1930
trad. it 244-247) a conseguenze indesiderabili all'interno del calcolo bivalente, cioè al
collasso modale, ed infatti il motivo che lo spinge ad assumere un terzo valore logico,
mettendo in discussione la bivalenza, risiede nel fatto che all'interno di tale logica i concetti
modali come comunemente intesi non trovano spazio. In particolare il concetto di possibilità
bilaterale o di contingenza (teorema3). I due teoremi suddetti non possono essere mantenuti
entrambi all'interno di un quadro logico permanente, pena contraddizione. Non è però
possibile neanche abbandonare solo uno di questi due teoremi, perchè abbandonando il 2
saremmo poi costretti sulla base del terzo ad ammettere che ogni cosa è possibile, ed allora
è insensato introdurre le proposizioni modali, se invece optassimo per mantenere solo il 2
andremmo incontro ad un collasso di modalità, e dovremmo inoltre rinunciare alla nozione
fondamentale ed intuitiva di possibilità bilaterale, per evitare la contraddizione. Osserva
infatti Łukasiewicz “ Ciò diventa particolarmente chiaro se il sistema del calcolo
22
23
24
25
21
Per principi modali si intende conformemente alla tradizione medioevale i 4 modi in cui una proposizione può
presentarsi “possibile, impossibile, contigens, necessarium”.
esmpi del primo gruppo sono :ab oportere ad esse valet consequentia; ad esse ad posse valet consequentia;ab non
posse ad non esse valet consequentia.
Questo teorema risale almeno al de interpretatione di Aristotele (19a23): che ciò che è sia, quando è, e ciò che non è
non sia, quando non è, risulta certo necessario; non è però necessario che tutto ciò che è sia, né che tuttto ciò che
non è non sia. In effetti, l'essere per necessitàdi tutto ciò che è,quando è, non equivale all'essere per necessità,
assolutamente, di tutto ciò che è.(sottolineature aggiunte)
19a10-13 In linea generale agli oggetti che non sempre sono in atto tocca indifferentemente il potere di essere o di
non essere; per tali oggetti entrambe le cose sono possibili, sia l'essere che il non essere, cosi risultano possibili sia
il divenire che il non divenire. E molti oggetti si comportano evidentemente a questo modo
proposizionale a due valori è definito dal cosiddetto metodo matriciale. Sulla base di questo
metodo si assume che tutte le variabili proposizionali possano prendere solo due valori
costanti, cioè “0” o il “falso” e “1” o “il vero”(ivi, p. 250)26. E più avanti aggiunge “Si ha
infatti l'impressione che le nostre intuizioni connesse con i concetti di possibilità e di
necessità facciano riferimento ad un sistema logico che è fondamentalmente diverso dalla
logica ordinaria basata sulla legge di bivalenza”(p 258-259). Comunque bisogna sempre
tenere presente che il rapporto Aristotele-Łukasiewicz rimane all’insegna della continuità.
Łukasiewicz non intendeva demolire la logica aristotelica in quanto tale per poi sostituirla,
piuttosto voleva assumere come punto di partenza i punti deboli delle premesse come delle
argomentazioni di Aristotele al fine di sviluppare ciò che implicitamente anche Aristotele
ammetteva. La costruzione di una logica “non-aristotelica” diviene quindi una messa in atto
di accenni, indicazioni, premesse potenzialmente rintracciabili tra le pagine di Aristotele27.
Il problema logico-empirico che con questo sistema Łukasiewicz voleva risolvere è
l'annosa quanto antica questione dei futuri contingenti, in pratica il problema consiste nel
capire se gli enunciati e proposizioni che esprimono fatti non ancora accaduti, cioè fatti
contingenti (che potrebbero o meno verificarsi) posseggano già al momento presente un
valore logico (bivalente) già determinato(vero o falso). Tale problema affrontato per la
prima volta (almeno per quanto pervenutoci) da Aristotele (De interpretatione cap. 9),
risiede nel problema ancora discusso, del domandarsi in che misura è possibile sostenere
allo stesso tempo una indeterminatezza ontologica rispetto a determinati fatti futuri e la
validità universale del principio che asserisce che ogni enunciato o è vero o è falso? La
contrapposizione di cui Łukasiewicz intende dar conto, concerne ciò che attualmente risulta
ancora indeterminato e ciò che risulta invece attualmente già deciso, e quindi del diverso
modo in cui gli eventi possono prodursi nel mondo reale. Potremmo utilizzando una
terminologia metafisica asserire che un dato evento può presentarsi come determinato
positivamente (quindi esistente) o determinarsi negativamente (non esistente), ma potremmo
trovarci anche a dire che l'evento sia indeterminato, in quanto ha sia la possibilità di
prodursi che di non prodursi. Per esplicitare tale situazione Łukasiewicz propone un
esempio: Posso assumere senza contraddizione che la mia presenza a Varsavia ad un certo
istante del prossimo anno, per esempio a mezzogiorno del 21/12, non sia in questo momento
decisa né in senso positivo né in senso negativo. Quindi è possibile ma non necessario che
io sarò presente a Varsavia in quel dato momento. Sotto questa ipotesi la proposizione
“Sarò a Varsavia a mezzogiorno del 21/12 dell'anno prossimo” non può essere oggi ne vera
ne falsa. Infatti, se fosse vera oggi,la mia futura presenza a Varsavia dovrebbe essere
necessaria, il che è in contraddizione con l'ipotesi. Se d'altra parte, essa fosse oggi falsa, la
mia futura presenza a Varsavia dovrebbe essere impossibile, il che pure è in contraddizione
con l'assunzione. Quindi la proposizione considerata non è oggi ne vera ne falsa e deve
possedere un terzo valore diverso da 0 falsità e da 1 verità. Possiamo denotare questo
26
27
Nel quadro bivalente infatti un qualunque operatore monadico φ coincide con una di queste quattro funzioni : φ(0)=0 e φ(1)=0
φ(0)=1 e φ(1)=1
φ(0)=1 e φ(1)=0
φ(0)=0 e φ(1)=1
La prima (funzione falso) associa il valore falso ad ogni argomento, La seconda(FV) vi associa il valore vero. La terza coincide con il
valore proposizionale ¬p. La quarta può essere detta funzione identica (Kp) poiché il valore che essa assume è identico al suo
argomento.L'operatore modale M dovrebbe coincidere con una delle suddette 4 funzioni, tuttavia nessuno dei casi verifica tutti e tre
i teoremi modali.(A. Becchi, p 47)
Dopo aver formulato in Metafisica (IV 3, 1005b19-20) il PNC, Aristotele si appresta a mostrarne il valore. Proprio in questo frangente, egli sostiene che tale
principio non è dimostrabile e aggiunge che il volerlo dimostrare sarebbe un evidente segno di ignoranza giacché “è ignoranza non sapere di quali cose si debba ricercare
una dimostrazione e di quali, invece, non si debba ricercare.
22
valore con ½ . Esso è proprio il possibile che si affianca al vero ed al falso come terzo
valore........Il sistema trivalente della logica proposizionale deve la sua origine a questa
linea di pensiero” (ivi pp 251-253). La prima cosa da notare è che l'autore fa un salto dal
concetto di verità a quello di necessità e tra quello di falsità a quello di impossibilità.
Volendo rappresentare graficamente quanto detto, su un piano cartesiano possiamo riportare
i valori di verità,utilizzando il caso bidimensionale, di una coppia di variabili (ad esempio il
reddito e l’età); notiamo che in questo caso, in sintesi, una proposizione che affermi un
valore di verità può essere vera, falsa o a metà tra le due, perchè incerta. La logica binaria
può infatti dar conto solo dei vertici della figura è solo con l'aggiunta del valore trivalente
che è possibile dar conto dell'incertezza legata al divenire e comunque per estensione
all'incertezza.
Fig 5
Grafico sulla logica trivalente
la posizione centrale rappresenta l'incertezza assoluta.
(0 1)
½
(1 1)
½
½
½
(0 0)
½
(1 0)
Anche in questo caso si ripete la struttura grafica al fine di evidenziare l'innovazione apportata dal logico polacco che rende possibile dare
conto della proposizione suggerita da Strawson
In questo modo siamo in grado di tener conto della totale incertezza ½ ma non dei gradi
della stessa.
In un saggio del 1946 Łukasiewicz mostra come dalla legge del terzo escluso sia derivabile,
con opportuni passaggi logici, la tesi deterministica, e a partire da questo aspetto si convince
ulteriormente dell'importanza di aggiungere un terzo valore alla bivalenza al fine di dar
conto della realtà empirica, in quanto per accettare il principio del terzo escluso per un
enunciato al futuro ha senso solo se si accetta un principio di causalità forte. Nella sua
carriera il logico polacco si occupò molto del principio di causualità, sopratutto nei lavori
giovanili. Tale concetto è per lui un “concetto astratto reale” un concetto che descrive un
aspetto pratico della realtà. L'errore concettuale in cui secondo Łukasiewicz incorrono molti
logici risiede nel fatto di credere che la serie infinita di cause da cui dipenderebbe un fatto
futuro debba necessariamente raggiungere l'istante presente e quindi ogni istante passato.
Potrebbe invece per il logico esserci un “limite inferiore” in un istante successivo a quello
presente oltre il quale tale serie non può spingersi, con le parole dell'autore “ questo
ragionamento mostra che possono esistere infinite serie causali che non hanno avuto
ancora inizio che appartengono interamente al futuro. Tale idea è non solo logicamente
possibile ma sembra essere anche più ragionevole rispetto alla credenza che ogni evento
futuro anche il più insignificante abbia le proprie cause agenti fin dall'inizio dell'universo.
Nessuno è infatti in gradi di prevedere oggi che una mosca che ancora non è in esistenza
ronzerà nel mio orecchio alle 12 del 7/9 del prossimo anno. La credenza che il
23
comportamento futuro di questa mosca futura trovi le sue cause già nel presente e le abbia
sempre avute fin dall'inizio dei tempi, appare più una tesi di fantasia che una tesi
supportata da un barlume di conferma scientifica”. Al momento attuale niente, si può
sostenere, renda vera o falsa la proposizione suddetta che è quindi indeterminata.
Łukasiewicz inoltre segnala a questo proposito una simmetria di questi enunciati con
enunciati riferiti al passato che esprimono fatti che esprimono fatti che non hanno più alcun
impatto causale sul presente. L'incertezza diviene quindi ontologica e non dipende soltanto
dalla limitatezza delle nostre conoscenze. (per ulteriori approfondimenti vedi Łukasiewicz
“on determinist e Becchi A. Łukasiewicz e il determinismo storico” per una critica del
pensiero del logico polacco ). Quindi in sintesi ; il principio del terzo escluso ha senso in
riferimento ad enunciati al futuro o al passato solo ammettendo un principio forte di
causalità ; non esistono ragioni logiche tali da giustificare tale accettazione, da cui discende
il fatto che è corretto sospendere la validità generale e necessaria di tale principio e quindi
della logica bivalente.
Il PNC, secondo Łukasiewicz, va ammesso sulla base di argomentazioni morali, politiche e
sociali: “il principio di contraddizione non ha certamente valore logico perché può valere
solo come assunzione (cioè non può venire rigorosamente dimostrato), ma proprio per
questo gli spetta un tanto più importante valore etico-pratico”. Continua Łukasiewicz:
Il principio di contraddizione è l’unica arma contro l’errore e la menzogna. Se non
riconoscessimo questo principio, e ritenessimo possibile la contemporanea affermazione e
negazione, non potremmo difenderci dalle asserzioni false o menzognere di altri. Un uomo
accusato falsamente di omicidio non troverebbe alcun mezzo per dimostrare la propria
innocenza in tribunale. Egli potrebbe tutt’al più solo produrre la prova che non ha
commesso nessun omicidio, ma questa verità negativa, se il principio di non contraddizione
non vale, non può eliminare la sua contraddittoria positiva […]. Da qui si vede che la
necessità di riconoscere il principio di non contraddizione è un segno dell’imperfezione
intellettuale ed etica dell’uomo” una logica a due soli valori rappresenta una sorta di
certezza implicita riguardo alla conoscibilità del valore di verità.
In seguito però delegando agli utili principi suddetti potremo senza dubbio approfondire la
possibilità di conoscenza sul fenomeno e sulla modalità di presentazione dello stesso,
cercando di valutare i gradi di connessione delle variabili in gioco dilatando la logica
dicotomica e migliorando l’adattamento dei modelli utilizzati al complesso mondo reale che
come già visto non risponde sempre al sistema dicotomico (utile allo scienziato così come
all’uomo della strada per questioni legate alle esigenze di sintesi, decisionali e di
falsificabilità dei modelli utilizzati).
A questo conviene interrogarsi sul ruolo dei connettivi che nella logica classica sono
operatori verofunzionali (operatori logici che permettono di ottenere enunciati composti a
partire da enunciati atomici)28. In sintesi l’opzione più comunemente utilizzata da chi
scieglie le logiche con più valori di verità sono state introdotte da Łukasiewicz negli anni
trenta pensando a logiche possibili con infiniti valori. Le regole sono :
(A)[⌐P] =1 –[P29] che indica che esiste una proporzione tra la verità di un enunciato e la sua
negazione (e viceversa).
(B)[P∩Q] =min {[P]} che indica che il grado di una congiunzione è equivalente al grado di
verità del suo congiunto meno vero.
28
29
Ricordiamo che ⌐ = non / V o ∩=e ∪ =oppure / →= se….allora/ ↔ =se e solo se
Grado verità di P
24
(C) [P ∪ Q]= max {[P], [Q]}. Che indica che il grado di verità di una disgiunzione è
equivalente al grado di verità del suo disgiunto più vero o meno falso.
(D)[ P→Q]= 1
se [Q] ≥ [P]
=1 – ([P]-[Q]
se Prima di lasciare l'esposizione di Łukasiewicz è
importante notare le affinità del pensiero del logico polacco con alcune questioni presenti
nelle scienze sociali.
-Lo stato di incertezza di una proposizione può derivare come abbiamo già detto dal suo
essere relativa ad un evento futuro, o dal suo essere relativa ad un evento passato di cui si è
persa la ricostruzione esatta, o dall’instaurarsi di catene causali “false” a loro volta
determinate da testimonianze che ricostruiscono i fatti in modo non conforme ai reali
avvenimenti di cui trattano. Come in effetti ricordava A. Christie in “Gli Elefanti hanno
buona memoria” “Ricordando l’episodio a distanza di molti anni ognuno arriva a
conclusioni diverse. Non è confortante, vero?” . Un buon esempio di questa situazione si
ritrova nell’uso di fonti orali nella ricerca sociologica (o storico-antropologica) che come
sappiamo sono spesso tacciate di essere costitutivamente imprecise. Questo nasce dal fatto
che esiste, come ricordato da W. Benjamin, una grande differenza tra evento vissuto ed
evento ricordato, “Un evento vissuto è finito, o perlomeno è chiuso nella sola sfera
dell’esperienza vissuta, mentre un evento ricordato è senza limiti, poiché è solo la chiave
per tutto ciò che è avvenuto prima e dopo di esso”, in altre parole possiamo affermare che
un determinato fatto/evento viene elaborato, trasformato, interpretato dalla memoria del
singolo e della collettività di cui questo fa parte. Sappiamo che nella maggioranza dei casi
esiste uno scarto tra come un evento viene ricordato dalle persone e gli archivi o le fonti
ufficiali che trattano dello stesso, questa situazione è determinata da alcuni meccanismi
generali di funzionamento della memoria, che sarebbe troppo lungo e complesso esporre in
questa sede. Quello che si può sommariamente dire è che questo stato di cose produce una
serie di affermazioni discrepanti e soprattutto una serie di imprecisioni, che sono però una
ricchezza insita in questo tipo di analisi per due motivi ; il primo, che possiamo esprimere
prendendo nuovamente in prestito le parole di A. Cristhie “E invece le notizie ci possono
essere utili ugualmente…. È importante conoscere certi fatti che sono rimasti appiccicati
alla memoria della gente, anche se questa gente non ricorda con esattezza come sono
andate le cose. In compenso forse verremmo a sapere dei particolari che non sospettiamo
nemmeno” nasce dalla soggettività dei narranti, e ci informa oltre che dei fatti, sul senso che
questi fatti hanno avuto per queste persone. Il secondo nasce proprio dall’analisi della
discrepanza suddetta, perché in questo scarto si insinua l’immaginazione, il simbolico, il
desiderio degli intervistati come singoli e come parte di un aggregato sociale. In altre parole
rifacendosi ad una categoria letteraria dei formalisti russi, possiamo concepire le fonti orali
come un’insostituibile integrazione delle altre fonti per quanto concerne la “fabula” la
successione temporale, logica e causale degli avvenimenti, ma queste acquistano una loro
unicità attraverso l’intreccio, la forma, l’ordine, il rapporto con cui i vari motivi vengono
organizzati nel racconto30, in altri termini con Portelli31 possiamo affermare che “ è in questa
attività di organizzazione narrativa, oltre che nei tratti meno espliciti del discorso, che si
esprimono (utilizzando per lo più modalità e canoni socialmente elaborati) la soggettività
del narratore all’interno della soggettività del gruppo sociale di riferimento”.
30
31
25
B. Tomasevskij, La costruzione dell’intreccio, in I formalisti russi, a cura di Tz. Todorov, Einaudi, Torino 1968, pp
305-50.
A. Portelli Storie Orali,Racconto, Immaginazione, dialoghi. Donzelli 2007 Roma pp 11-17
Peraltro una situazione simile si presenta anche utilizzando tecniche quantitative, in quanto
il problema dell’imprecisione dei dati è comune così come lo sono tutte le questioni a monte
della scelta della tecnica/e di analisi legate alla definizione operativa.
Il significato di questi due termini è di per sé controverso, pertanto al fine di usare una
terminologia il meno imprecisa possibile utilizzerò la proposta di Prade (1985) secondo la
rielaborazione di Mari :
Una proposizione è imprecisa se il valore in essa dichiarato non è sufficientemente
determinato rispetto ad un dato universo
Una proposizione è incerta se la sua verità non può essere stabilita in modo definito
Una proposizione è non esatta se è imprecisa e/o incerta.
Da questa definizione la relatività di tale concetto risulta palese, soprattutto per due ragioni
: abbiamo detto che esiste imprecisione se il valore dichiarato non è sufficientemente
determinato rispetto ad un dato universo (in quanto possiamo apprezzare l’imprecisione solo
rispetto a qualcosa che consideriamo convenzionalmente determinato). Da quanto detto
discende che spetta all’osservatore la necessità e la responsabilità di scegliere un universo
del discorso a priori e la sufficiente precisione dei dati rilevati sulla base delle sue esigenze
cognitive , sempre da quanto esposto possiamo dare conferma, anche se in realtà non ce n’è
bisogno, al fatto che la precisione assoluta non esiste neanche e/o sopratutto a livello
scientifico. Per di più come chiunque svolga ricerca sa bene l’ottenimento della massima
precisione non è e non può essere considerato obiettivo assoluto, ma deve invece essere
considerato sulla base degli scopi per cui viene effettuata la misurazione. A questo punto un
nuovo breve riferimento al pensiero di Lombardi (filosofo vicino alle scienze sociali), può
tornare utili per i fini di questa trattazione. Il Lombardi nella sua rielaborazione complessiva
del pensiero greco considera importante come sottolineato da Chiusano (Il mondo degli
uomini di Franco Lombardi),il passaggio tra “l'umano dialogo di Socrate” come modalità di
costruzione della conoscenza, alla logica e alla metafisica fondamento del pensiero
Platonico-Aristotelico determinante per lo sviluppo del pensiero occidentale dal quale, però,
derivano alcune gravi ed insanabili antinomie che peseranno sullo svolgimento della
filosofia, della logica ed in parte della scienza occidentali. Quello che caratterizzava la
ricerca socratica è il trovare il suo campo di esperienza nel mondo degli uomini reali,
costituito da cose reali e concrete. Socrate infatti si interroga sulle nozioni di cui disponiamo
per affrontare la vita quotidiana, attraverso un continuo dialogo con i suoi interlocutori,
correndo il rischio di essere confutato, al fine di chiarire le condizioni e le acquisizioni del
sapere. Questo nello sforzo di arrivare a definire dei concetti e delle verità condivise sulle
quali i parlanti e più generalmente gli uomini possano concordare, in quel momento.
Pertanto Socrate altro non cerca di fare che pervenire attraverso le molte opinioni
discordanti presenti nel discorso, alla unità del concetto. Ma questo concetto così costruito
non ha una natura diversa dalle opinioni, non prevede un salto da un mondo ingannevole ed
incerto delle opinioni ad un mondo certo ed oggettivo dei concetti. “Al contrario, il concetto
nel quale Socrate si accorda, quando si accorda, con i suoi interlocutori, è per così dire
materiato di quelle opinioni” (Lombardi).
1.5 Definizione dizionario e definizione enciclopedica
Come ricordato da Campelli “secondo l'impostazione classica sono propriamente predicati
vaghi quelli di cui non è possibile determinare l'estensione” mentre per concetti generici si
26
intendono enunciati dal significato flessibile in grado di coprire situazioni etereogenee e
quindi tali da risultare veri in condizioni differenti. Per predicato ambiguo si intende invece
termini con referenti differenti che possono essere perciò attribuiti a situazioni differenti.
Sappiamo che di un concetto non si può affermare né la verità né la falsità, in quanto non
afferma niente, a differenza della proposizione, sul suo referente empirico: Quando ci si
riferisce ad un qualunque processo di concettualizzazione si deve tenere conto dell'atto
definitorio del termine concetto in questione. Formalmente l'operazione di definizione
consiste nel dichiarare l'equivalenza semantica di un termine, (o più tra loro connessi)con
una frase composta da un certo numero di termini. Il processo definitorio può, secondo
quanto affermato da Eco, fare capo a due tipologie di modelli principali ; un modello a
dizionario ed un modello ad enciclopedia. Un modello a dizionario dovrebbe utilizzare per
la definizione di un termine ed in conseguenza del concetto corrispondente, solo quelle
proprietà necessarie e sufficienti a distinguere quel concetto da altri, quelle proprietà
definite da Kant analitiche, generalmente fa riferimento ad un sistema assiomatico.
Nell'esempio di U. Eco “proprietà analitiche di -cane- sarebbero allora ANIMALE,
MAMMIFERO e CANIDE ( in base alle quali un cane è distinguibile da un gatto ed è
logicamente scorretto e semanticamente improprio asserire di qualcosa che è un cane ma
non è animale).” Come possiamo notare in questa definizione non si assegna al cane ad
esempio la capacità di abbaiare o di essere domestico che in effetti non sono strettamente
necessarie, in quanto può esserci un cane non domestico o impossibilitato ad abbaiare, ma
sono proprietà importanti per conoscere l'animale in questione. Inoltre queste proprietà “non
fanno parte di una lingua ma semmai sono parte di una conoscenza del mondo, ed in questo
senso appartengono al modello definitorio enciclopedico”. Spesso le definizioni dizionariali
si dissolvono nelle definizioni enciclopediche in quanto ogni tentativo logico di costruire
una rete definitoria su queste basi, in grado di descrivere o servire da base per incrementare
le nostre conoscenze perde il suo carattere analitico. Esempio tipico ne è l'albero di Porfirio,
che come dimostrato da Eco non può che esplodere in una galassia disordinata ed illimitata
di elementi di conoscenza del mondo che altro non è che una definizione di tipo
enciclopedica.
Il tentativo Porfirio, peraltro ammirevole, è un tentativo di ridurre ad uno schema
bidimensionale un sistema polidimensionale. Tale sistema ad ogni tentativo di
classificazione genera un labirinto32 a rete delle differenze, creando un patrimonio di
conoscenze mai attingibile completamente e capace di generare interpretazioni diverse a
seconda dei diversi contesti e circostanze. In tal senso una rappresentazione enciclopedica
non è mai globale ma sempre locale, perché attivata a seconda dei contesti, delle
circostanze, e dei bisogni di chi se ne serve e perchè viene costruita attraverso il dialogo in
senso socratico. Quindi per tornare alla definizione di “cane” se tale espressione appare in
un discorso sulle armi da fuoco, genererà interpretazioni diverse tra i parlanti, attivando
quindi parti diverse della rete, rispetto alla stessa espressione utilizzata come animale
vivente, che a sua volta attiverà un determinato percorso per un veterinario ed un altro se la
rete è utilizzata da un cacciatore (e così via, con minore e maggiore approfondimenti a
32
27
Esistono tre tipi principali di labirinto; Il primo tipo è il labirinto classico ed è unicursale. Se vi si entra non si può che raggiungere il centro e quindi uscirne, porta
solo dove deve condurre per( renderlo interessante deve avere un minotauro). Questo tipo non può rappresentare un modello di enciclopedia. Il secondo tipo è il
labirinto manieristico (Irrweg), propone scelte alternative, tutti i percorsi portano ad un punto morto tranne uno, funziona in un certo senso come un diagramma di
flusso. Il terzo tipo è una rete,in cui ogni punto può essere connesso con qualsiasi altro punto, è estendibile all'infinito e non possiede né esterno né interno (e quindi in
un certo senso né entrata né uscita). In questa struttura il processo di connessione è un processo continuo, di correzione delle connessioni, per questo la sua struttura è
in continuo cambiamento ed è percorribile sempre seguendo linee diverse. Come ricorda Eco “ Chi viaggia deve anche imparare a correggere di continuo l'immagine
che si fa di esso, sia questa una concreta immagine di una sezione, sia essa l'immagine regolatrice ed ipotetica della sua struttura globale ( inconoscibile sia per ragioni
sincroniche che diacroniche)” (U.Eco Dall'albero al labirinto 2007 ). Questo rappresenta l'idea di enciclopedia aperta a cui possiamo riferirci.
seconda dei casi).Per enciclopedia quindi si intende in sintesi una ipotesi regolativa in base
alla quale, in occasione di un testo (conversazione, testo scientifico, sacro ecc..), il
destinatario decide di costruire una porzione di enciclopedia concreta che gli consenta di
assegnare al testo o all'emittente una serie di competenze semantiche, o in altre parole
l'insieme registrato e condiviso di tutte le interpretazioni concepibili a cui fare riferimento in
presenza di un determinato oggetto o testo da definire tra cui verranno scelti quegli aspetti
funzionali alla situazione problematica da definire.
In effetti come suggerito da Kosko in (il fuzzy pensiero 148) “le parole ed aggiungerei le
definizioni sono insiemi.”Ad esempio la parola casa rappresenta molte case. Rappresenta
una casa diversa per ognuno di noi perchè diverse sono le case che abbiamo visto” di cui
comunque abbiamo esperienza. Ed in effetti pur pronunciando le stesse parole non sempre
pensiamo alle stesse cose. Con le parole di Kosko “le parole sono pubbliche ma gli insiemi
che conosciamo sono privati”. Quindi con casa intendiamo una serie di strutture diverse, ma
quali strutture sono considerate case comunemente e quali no? A detta dell'autore citato, è
questione di misura, ed aggiungerei della misura che il ricercatore intende adottare.
Alcune regole utilizzate nelle operazioni definitorie ereditate dalla dottrina classica (che
possiamo riferire alle definizioni dizionario, e che trova in Porfirio ed in tempi più attuali in
Hjelmslev e in katz i maggiori rappresentanti) sono esse stesse portatrici di vaghezza. Ad
esempio i generi vengono suddivisi in specie considerando un (solo) aspetto dell'intensione
del concetto di genere, aspetto che dalla filosofia scolastica era definito fundamentum
divisionis,e quindi articolandolo. Se il fundamentum è uno, i generi si denominano classi ed
hanno confini strettamente delimitati, infatti data una coppia di classi nessun referente può
essere pensato come attribuibile ad entrambe le classi (questo principio è detto di mutua
esclusività). Inoltre sempre facendo riferimento alla dottrina classica sappiamo che il
complesso delle classi istituito con una classificazione deve essere esaustivo, quindi ogni
possibile stato sulla proprietà deve essere stato assegnato ad una delle classi. Tali requisiti,
senza dubbio logici e tuttora in parte utilizzati, applicabili pienamente all'accezione classica
di definizione, pongono senza dubbio problemi nel momento in cui si applicano a referenti
tangibili (animali piante ecc..) o non tangibili ma indirettamente esperibili come ad esempio
gli atteggiamenti. Questo in quanto, come evidenziato da Jevons33 “le forme viventi non
ammettono rigorose linee di demarcazione, e ogni categorizzazione è in qualche misura una
forma di violenza”, pertanto è condivisibile quanto sostenuto dai cognitivisti Rosch e Lakoff
nell'affermare che non sempre l'appartenenza o meno di un referente ad una delle classi
arbitrariamente costituite è determinabile in modo univoco, ma che più spesso è una
questione di gradi.
33
28
W.S.Jevons (1874) The Principles of Science. A Treatise on Logic and Scientific Method, London 1874 Macmillan.
- La fuzzy analysis nelle scienze sociali
2.1 La logica fuzzy
Nel 1965 in un'articolo Lofti Zadeh (fuzzy sets, in “information and control”,VIII, pp 33856) osservò che quasi tutte le collezioni di oggetti che incontriamo nel mondo reale non
sono definite con precisione. Infatti, classi con contorni incerti pervadono come abbiamo
visto, il linguaggio e il pensiero umano giocando un ruolo fondamentale nei processi
definitori e di conseguenza nella comunicazione e nell'informazione. L'idea di Zadeh
(professore di ingegneria elettrica alla University of California) fu di quantificare
l'incertezza derivante dall'assenza di criteri chiaramente definiti di appartenenza alle classi.
Il concetto che ne risulta; l'insieme fuzzy, usa la rigorosa precisione della matematica per
trattare l'imprecisione del nostro pensiero e delle nostre classificazioni. La domanda che a
questo punto è spontaneo porsi è cosa sono gli insiemi fuzzy, e soprattutto a cosa possono
servire, in altre parole come questa tipologia di insiemi può arricchire un settore di indagine.
Come prima cosa va ricordato che la logica fuzzy e le conseguenti applicazioni di questa
nascono in campo matematico-ingegneristico/informatico dove ha riportato notevoli
successi nella progettazione di computer, elettrodomestici digitali ed armi, ma che da
qualche tempo tecniche di analisi fuzzy, spesso coniugate con applicazioni delle reti neurali
sono state utilizzate in vari campi tra i quali l'ingegneria delle trasmissioni automatiche, la
diagnosi medica, l'economia con particolare attenzione alla previsione dei tassi di cambio
monetari, le scienze sociali ed in particolare la sociologia dove si è utilizzata con maggiore
frequenza la cluster fuzzy, la regressione fuzzy, ed alcune altre tecniche
multivariate/multidimensionali modificate in senso fuzzy. In parte molte tecniche di analisi
e di rilevazione sono pensabili secondo categorie di logica sfumata, ad esempio l'utilizzo
diffuso negli ultimi anni di questionari on line in cui le preferenze vengono indicate
attraverso un cursore che indica un intervallo che va tra 0 e 1 può essere analizzato
attraverso una elaborazione fuzzy, ma anche analisi classiche quali l'ACP o AF sono in
fondo basate su questa logica. Quello che è mancato, in parte, nell'uso di tecniche di analisi
fuzzy è una attenta riflessione sulla concettualizzazione la modellizzazione, la
misurazione/rilevazione e classificazione ; cioè la logica fuzzy inserita nelle varie fasi di una
ricerca sociale e non pensata solo come una tecnica di derivazione matematico statistica
complessa. Questo perchè qualsiasi tecnica porta con se un modello ed una prospettiva
teorica con cui studiare i fenomeni, che deve essere esplicitata. Tornando agli insiemi si può
affermare che ciò che in genere li caratterizza è il fatto che solitamente ed in questo caso
necessariamente, ogni dato oggetto ha la proprietà di essere o non essere nell'insieme. La
tipologia di insieme fuzzy emerge più chiaramente, ed è utile, quando i confini fra gli
insiemi si fanno incerti, quando in altri termini, ciò che una cosa è si sovrappone a ciò che
quella cosa non è. Questa condizione come sappiamo è inaccettabile se si seguono i dettami
della logica classica, ed è per questo che situazioni come questa vengono spiegate
ricorrendo alla supposizione che esista un'altra proprietà sotto cui sussumere il fenomeno o
l'oggetto in questione. Secondo Kosko34 “è in effetti in questi casi sfuggita una proprietà. É
sfuggita loro l'entropia fuzzy, proprio come è sfuggita loro la sottoinsiemità che hanno
scambiato per una indefinita causalità o probabilità”. L'idea di Zadeh per trattare queste
34
29
Bart Kosko “Il fuzzy pensiero. Teoria e applicazioni della logica fuzzy” edizioni Baldini & Castoldi Milano 1995 pp
151.
classi vaghe o mal definite, fu di permettere al grado di appartenenza di prendere qualunque
valore compreso tra 0 ed 1, costruendo in tal modo gli insiemi fuzzy35. Gli insiemi fuzzy
quindi estendono la logica classica binaria fatta di 0 ed 1 permettendo di formalizzare
l'appartenenza parziale di un oggetto ad insiemi diversi e sovrapposti.
2.1.1 Un Piccolo Esempio (definizione di povertà e soglia di povertà)
Utilizzerò un esempio tratto da A. Sangalli (L'Importanza di essere fuzzy) al fine di mettere
in luce i vantaggi dell'uso di insiemi fuzzy; possiamo considerare la classe P delle persone
definite povere (partendo dal concetto più semplice di povertà valutato a partire dal reddito)
e dimostrare che se consideriamo tale insieme secondo la teoria ordinaria arriviamo ad un
assurdo. Infatti se una persona con reddito annuo X (poniamo 2000 euro) è un elemento di
P, allora anche una persona con reddito annuo x+1 sarà elemento di p in quanto un euro
l'anno non può costituire una grande differenza. Per lo stesso motivo anche i soggetti che
avessero un reddito pari ad x+2 x+3 e così di seguito saranno poveri (possiamo in questo
esempio riconoscere una forma del paradosso del sorite base del problema della vaghezza).
Però in questo modo ripetendo tale ragionamento per N volte si potrebbe arrivare ad
affermare che un soggetto che guadagna 100.000 euro l'anno sia povero. Chiaramente il
problema è facilmente risolvibile ponendo una soglia di povertà (espediente utilizzato in
molti programmi di aiuto alle fasce povere che chiaramente considerano, più fattori oltre il
reddito annuo, anche se dimostrerò nel prossimo capitolo che il problema pur divenendo più
complesso sostanzialmente non cambia). Con questa soglia il singolo euro potrebbe fare
tutta la differenza, al punto che per assurdo un soggetto che guadagnasse un solo euro al di
sopra della soglia non potrebbe fruire degli aiuti o dei programmi previsti da una
amministrazione. Nel momento in cui si cercasse di rendere più sfumata la individuazione di
una fascia di povertà si sta entrando all'interno della teoria degli insieme fuzzy e quindi
potersi servire di una modellizzazione e formalizzazione adeguata a quanto si è
probabilmente sempre fatto alla luce del buon senso e di una buona teoria potrebbe rendere
il lavoro di implementazione e valutazione di un programma più chiaro e definito. Ora si
potrebbe pensare di considerare il reddito suddiviso in tre classi distinte reddito basso
(povertà), reddito medio, reddito alto. Questa classificazione può venire espressa da una
stringa di tre Bit (Binary digiT in ingegneria), ognuno dei quali esprime “la verità”con la
quale posso affermare che un individuo possa essere classificato come parte dell'insieme.
Tab 1
R. basso
R. medio
R.alto
n1
1
1
0
n2
1
0
0
n3
0
0
1
n4
1
0
0
n..
0
1
1
nn
0
0
1
Se si utilizza la logica fuzzy i valori vengono rimpiazzati da valori detti Fit (fuzzy digIT)
che variano con continuità da zero ad uno ed esprimono il grado di appartenenza degli
elementi agli insiemi suddetti (avendo stabilito le soglie di differenziazione tra i redditi
attraverso soglie di valori comprese tra intervalli (toppe). Lo stesso soggetto può in questo
modo appartenere a due classi contigue contemporaneamente, con gradi di appartenenza
35
30
In inglese il termine fuzzy può significare confuso, indistinto, sfocato, ma anche sfrangiato, o coperto di peluria.
differenti.
Tab 1.1
Fig 6 I triangoli sono le classi sovrapposte. I segmenti rappresentano
R. basso R. medio
R.alto
n1
0,4
0,6
0
n2
0,8
0,2
0
n3
0
0,3
0,7
n4
1
0
0
n..
0
0,2
0,8
n..n
1
0
0
RM
RB
RA
le soglie che separano le tre classi.
Volendo rappresentare graficamente il concetto di Fit si può riportare i valori di
appartenenza agli insiemi (o i valori di verità di un enunciato)su un diagramma cartesiano,
attraverso tale rappresentazione possiamo riscontrare che la logica binaria può ricoprire
solamente i vertici del tetrado che rappresenta l'universo del discorso, mentre attraverso
l'applicazione della logica fuzzy l'intera figura viene riempita.
Fig 7 rappresentazione concetto Fit (valori fuzzy all'interno dello spazio tridimensionale
Alto1
o,4
1 Basso
0
0,6
Medio1
m.a-
In questo modo è possibile classificare quelle situazioni di semi appartenenza ad un insieme,
in altre parole il famoso bicchiere mezzo vuoto (o mezzo pieno )non pone più problemi in
quanto esso appartiene a due classi (0.5-0.5) e quindi una proposizione che lo colloca in una
delle due categorie e che costituiva un enunciato logico uguale al suo opposto, divenendo un
paradosso, se descritto attraverso la logica fuzzy viene risolto, perchè diviene un enunciato
vero a metà. In generale l'opposto di una stringa di verità fuzzy è composto dalla stringa dei
complementi a 1 di tale verità, come si può osservare dalla tabella. Infatti un soggetto ha un
reddito compreso tra la fascia di povertà e la fascia media. Molti paradossi basati sul
principio di non contraddizione e del terzo escluso possono trovare in questo modo una
soluzione, che oltretutto apre alla considerazione dei sistemi caotici. Gli insiemi
complementari, quindi, rimangono distinti ma non disgiunti, ogni sottoinsieme, in questo
caso, contiene in parte l'insieme intero; tutto è questione di misura.
2.1.2. Un'altro esempio : Il Paradosso del mentitore.
Possiamo trovare alcuni esempi rilevanti nell'analisi dei paradossi semantici e degli
enunciati . Prendiamo subito un esempio concreto da uno dei paradossi più famosi e studiati
della storia della logica, e della filosofia in generale: il paradosso del mentitore. L'enunciato
"questa affermazione è falsa" è autoreferenziale: infatti, se è vero allora è falso, e se è falso
31
allora è vero. Dà a se stesso un valore di verità che in un sistema logico a due valori non può
essere calcolato senza cadere in contraddizione.
Dopo i diversi tentativi di superare l'inconveniente tramite le logiche polivalenti,
recentemente si è cercato di applicare la logica fuzzy. In un sistema di logica fuzzy applicata
al paradosso del mentitore si può partire dall'affermazione che
la stessa pretesa di dire sempre il falso è già una mezza verità. Riprendiamo l'enunciato di
prima:"Questa affermazione è falsa ". Indichiamo da adesso l'enunciato con P, e con p il suo
valore di verità che in logica a due valori di verità sarà uguale a P = 1 – p Questo perché se
P è vero, allora la sua negazione, non-P, è falsa, e il suo valore di verità è 0. Ora, 1 - 0 = 1 e
1 - 1 = 0; pertanto, se il valore di verità di P è p, allora il valore di verità di non-P è 1 - p. Da
qui nasce il paradosso: se p = 0, allora P ci dice che p = 1 - 0 = 1; e se p = 1, allora P ci dice
che p = 1 - 1= 0; in entrambi i casi c'è una contraddizione. In logica fuzzy possiamo evitare
il paradosso dando il valore : p = 0,5 L'uso di una logica dinamica ci obbliga a correggere di
volta in volta la stima delvalore di verità dell'enunciato in oggetto. Il valore assegnato prima
di p = 0,5 è l'unico che non porta a una oscillazione: se si fosse affermato, per esempio, che
P è vera al 30 per cento, avremmo trovato una continua oscillazione di p = 0,3, corretto poi
in p = 0,7, nuovamente corretto con p = 0,3, e così via con una successione infinita di valori
di verità che oscillano tra 0,3 e 0,7. Per vedere come la logica fuzzy ci possa essere utile per
osservare e controllare sistemi caotici nella logica e nella
semantica prendiamo un altro esempio. Consideriamo l'enunciato seguente:"Platone
è un buon giocatore di golf " che indicheremo con S.
Affermiamo che il valore di verità di S sia s = 0,4. Ora consideriamo anche questo
secondo enunciato T : "S è vero al 100%"
Se T fosse vero al 100%, allora S sarebbe anche vero al 100%, ma abbiamo stabilito
che S non è vero al 100%. Il grado di verità di T, che riguarda S, dipende dall'effettivo
valore di verità di S e dal valore di verità attribuito a S da T.
Più la mia valutazione sarà quindi imprecisa, più falsa diventa la mia affermazione.
Sappiamo che s = 0.4, ma secondo T il valore è 1. La differenza in questo caso è pari a
0,6,quindi T è falso nella misura del 60%, cioè è vero al 40%.
Se avessi detto che S è vero al 50% la differenza sarebbe stata del solo 10%, quindi
T sarebbe stato vero al 90%. Logicamente, se avessi detto che S è vero al 40%, avrei avuto
ragione al 100%. Riassumendo, se supponiamo che io abbia un enunciato P con valore di
verità p
e un enunciato Q che ci porta a stimare in più il valore di verità di P, il valore di
verità di Q è: q = 1 - |p - p'|che sarà la nostra formula di stima. Possiamo quindi formulare
l'enunciato del mentitore caotico. Questo enunciato è tanto vero quanto viene stimato falso.
Se il suo valore di verità è - c allora esso ci dice di stimare un valore di verità pari a 1-c.
Secondo la formula di stima il suo valore di verità è: 1 - |c - (1 - c)| = 1 - |1 - 2c|
Ci troviamo così di fronte a un processo dinamico : c = 1 - |1 – 2c| di ri-calcolo del
valore di verità di c. Scegliamo due valori di partenza qualsiasi, per esempio c = 0,12345 e c
= 0,12346. Scopriremo che i valori successivi sono caotici.
Se sostituiamo il valore di partenza con: 19 c = 1 - |0,999999 – 2c| possiamo osservare
anche il famoso effetto farfalla. Naturalmente dobbiamo evitare che il calcolo si stabilizzi
con arrotondamenti su 0 o 1. In conclusione, si parte dall'idea del calcolo del valore di verità
di un insieme di enunciati autoreferenziali e si accede a un processo dinamico al quale si
possono applicare le tecniche della teoria del caos.
32
2.3.1 La Funzione di Appartenenza e l'Entropia nella Logica Fuzzy
Sotto questo aspetto le descrizioni costituite attraverso la logica fuzzy, possono contribuire
alla costituzione di modelli più rappresentativi di realtà complesse, in quanto i Fit sono
portatori di maggiore contenuto informativo, pertanto attraverso tale logica si possono fare
deduzioni anche a partire da una conoscenza imprecisa o vaga. I problemi connessi a questo
approccio derivano innanzitutto dall'introduzione di una maggiore complessità matematica,
necessaria al fine di non sacrificare la completezza dell'informazione in nome della sua
chiarezza formale, in quanto come ricorda M. Veronesi36 “ se il rigore della logica classica
ha in qualche modo soffocato la ricchezza semantica del linguaggio naturale, la tolleranza
all'imprecisione di quella fuzzy ci consente di manipolarne la vaghezza attraverso una
scrittura matematica formale che ne permette una rappresentazione numerica”. Bisogna
comunque evidenziare che un conto è pensare ad una determinata classe A come ad un
insieme fuzzy e un altro è riuscire a determinare la sua funzione di appartenenza A(x) in
formula :ųf :U→[0-1]. Allo stesso modo in cui, come abbiamo visto, non esiste una linea di
povertà ben definita che separi i poveri dagli altri, non esiste una vera funzione di
appartenenza dell'insieme delle persone povere o di qualunque altro insieme fuzzy.
Comunque la scelta del grado di appartenenza non è totalmente arbitraria; nella scelta
intervengono considerazioni teoriche ed empiriche legate anche al contesto di studio. Anche
in questo caso si può affermare che la migliore ragione per scegliere una data funzione di
appartenenza è perché funziona. Una rappresentazione di quanto una verità è fuzzy è stata
data da B. Kosko (1995), ed è costituita dal concetto di entropia fuzzy. L'idea di Kosko si
basa sul tentativo di rappresentare ogni sottoinsieme fuzzy di X mediante un punto in un
sistema cartesiano. Si definisce entropia fuzzy il rapporto tra le distanze di Hamming (pari
alla somma delle differenze tra le coordinate cartesiane omologhe) di una n-upla di gradi di
verità fuzzy rispetto al vertice più vicino e da quello più lontano del corrispondente ipercubo n-dimensionale. In altri termini secondo Kosko il teorema dell'entropia fuzzy “dà
l'entropia E(A) di un'insieme fuzzy A come il rapporto fra il calcolo della sovrapposizione o
intersezione A ∩ Ac ed il calcolo della esclusione o unione AUAc
E(A) = A ∩ Ac /AUAc , dove Ac indica il complemento di A ossia l'insieme non A. Con
insiemi non fuzzy l'intersezione è vuota e così il numeratore è uguale a 0, con insiemi fuzzy
l'intersezione c'è ed il numeratore è sempre maggiore di 0”.
Con gli insiemi fuzzy si può operare allo stesso modo che con gli insiemi tradizionali. Dal
momento che i valori di verità degli enunciati non sono più binari si rende necessaria la
ridefinizione degli operatori logici
elementari NOT(¬) , AND (U), OR (∩ ) al fine di comprendere come gli insiemi trattati con
metodo fuzzy possono essere utilizzati nella pratica.
Il complemento o negazione.......μ⌐A(x)=μA(x). Come nel caso booleano la negazione di A
ha gradi di verità pari al complemento ad 1 del valore di verità di A ponendo:
μ⌐A(x)=1-μA(x)............da cui μA(x)= ½ otteniamo la soluzione del paradosso del mentitore
enunciato vero in misura di ½ .
Fig 8 Negazione fuzzy
36
33
M.Veronesi A.Visioli Logica fuzzy fondamenti teorici e applicazioni pratiche.Franco Angeli Milano 2003 pp 17
A
non A
Anche nel caso dell'unione(OR) fuzzy si tratta di una semplice estensione del caso booleano
(dove come sappiamo i gradi di verità possono essere solo 0 o 1).
μAVB(x)=max(μA(x);μB(x)
Fig 9 unione (OR) fuzzy
A B AvB
AUB
o o
o
1 0 1
0 1 0
1 1 1
A
B
Anche nell'intersezione è evidente l'estensione del caso booleano riportato in tabella come sopra
fig 10 intersezione
(and fuzzy)
A B A∩B
0 0 0
1 0 0
0 1 0
1 1 1
A
A∩B
B
Quello che si può notare è che in questo caso i teoremi di De Morgan rimangono validi. Da questi esempi è facile
vedere come i principi di non contraddizione e del terzo escluso non siano più validi con questo approccio.
2.3.2 Una piccola applicazione pratica
Al fine di spiegare attraverso una semplice applicazione pratica quanto espresso dalla
formula prima citata Kosko ricorre ad un esempio estremamente chiaro utilizzando i
punteggi utilizzati nel tiro al piattello. Considera un giocatore che deve sparare 25 colpi, ad
34
ogni tiro normalmente l'arbitro assegna 2 punteggi 1=colpito, 0= mancato. A volte può
capitare che un colpo intacchi parzialmente il piattello, ed in questi casi a seconda di criteri
prestabiliti il giudice deciderà di assegnare il punteggio 1 o 0. Il punteggio finale di ogni
giocatore sarà costituito da una lista di 25 bit, tutti i punteggi si troveranno in uno dei circa
33 milioni di angoli dicotomici di un cubo di 25 dimensioni. Se invece consideriamo il fatto
che il piattello si rompa solo in parte possiamo aggiungere un terzo valore (come abbiamo
già visto nella logica elaborata da Łukasiewicz), in tal caso il giudice aggiunge il punteggio
½= intaccato. In questo caso si avrebbe un numero maggiore ed accurato di liste punteggi
(troppe e troppo accurati per uno sport) e la maggioranza di tali liste avrebbe una certa
entropia fuzzy, e quindi avremmo oltre i punteggi bit i punteggi Fit, che si troverebbero
all'interno dell'ipercubo fuzzy. Il nuovo bilione (circa) di punti, definisce un reticolo
all'interno del cubo fuzzy, e la lista dei punteggi solo intaccati (½ ½... ½) definisce il punto
centrale del cubo, in cui è presente una entropia fuzzy pari al 100%.
Fig 11 grafico dei punteggi classico(punto o non punto) e con aggiunta del valore di totale incertezza ( ½
punto) I grafici rispecchiano l'aumentare dei punteggi possibili (la struttura grafica viene riproposta per
evidenziare quanto apportato dalla logica fuzzy.
½1
(0,1)
piattello
2
(1,1)
(0,1
2
(1,1)
Piat.2
½0
(0,0)
piattello 1
colpito, non colpito
(1,0)
(0,0) piattello 1
(1,0)
colpito non colpito per metà
il cubo fuzzy si riempie se il giudice ammettesse punteggi molteplici. Ad esempio il giudice
potrebbe conteggiare due colpi sparati con 5 punteggi ; mancato, intaccato, parzialmente
intaccato, parzialmente a segno, quasi in pieno, colpito, ossia ¼, ½, ¾ e 1. Questo determina
un reticolo fuzzy più denso. I quattro angoli bit hanno lo 0% di entropia fuzzy, il punto
centrale il 100% e gli altri 20 punti hanno valori di entropia fuzzy compresi tra questi
estremi
Fig 12 grafico punteggi tenendo conto di punteggi non pieni con piattelli semi intaccati
(0,1)
(1,1)
35
½
(0,0)
(1,0)
colpiti per ¼ , colpito per metà, colpito, non colpito
Il giudice potrebbe ammettere una serie di punteggi in successione continua fra 0 e 1, ed
allora il cubo si riempirebbe ed avremo un cubo solido, in cui saranno sempre presenti ; un
punto centrale con il 100% di entropia ed i 4 angoli bivalenti con entropia pari allo 0%. Tutti
gli altri punti sono fuzzy in una certa misura. L'entropia fuzzy “mostra che più vicino è
l'insieme al punto centrale più è fuzzy”(Kosko ibid). Ora se prendiamo un punto, (A) nel
cubo fuzzy (che nell'esempio precedente può essere costituito dal punteggio 2/3, ¼ che
registra un colpo che ha quasi polverizzato il primo piattello seguito da un altro che ha solo
intaccato il secondo).
Fig 13
A
2/3
¼,
¼,
calcolo entropia fuzzy calcolo distanza del punto dal punto centrale di totale incertezza
Dal punto A all'angolo più vicino possiamo tendere un filo rosso che ci indica a quale
distanza siamo dal centro e dagli angoli, portiamo un filo blu all'angolo più lontano e
l'entropia fuzzy sarà data dividendo la lunghezza del filo rosso per la lunghezza del filo blu.
Il teorema usa la lunghezza o il calcolo di questi insiemi ; l'insieme (2/3, 1/4 )si calcola
sommando i Fit. In sintesi da quanto abbiamo visto possiamo renderci conto della
definizione di entropia fuzzy precedentemente data, che in questo caso viene applicata
attraverso questa espressione:
/
1/4+1/3 3/4+2/3 = 41% = grado entropia insieme fuzzy
Quindi possiamo affermare che in un certo senso l'entropia fuzzy misura l'intensità con la
quale un'insieme è sfocato, cioè il grado di misura con il quale l'intero è contenuto nella
parte. In altre parole possiamo dimostrare che l'entropia di un qualsiasi insieme fuzzy possa
essere calcolata come rapporto tra l'intersezione dell'insieme con il suo complementare e la
loro unione, e quindi:
E(A)= A∩!A = 1/4 +1/3
AU!A 3/4+2/3
Nel 1962 Zadhe propose la teoria degli insiemi fuzzy ed introdusse tale termine per dare
36
conto della polivalenza nell'articolo From Circuit Theory to System Theory37. Zadeh nello
strutturare l'idea di insieme fuzzy, partì dall'idea che quanto più complesso diventava il
sistema, tanto minore era il significato degli enunciati precisi, questa era la considerazione
che era alla base del principio di incompatibilità 38da lui definito che afferma che ; Allorché
aumenta la complessità di un sistema, diminuisce la nostra capacità di fare enunciati
precisi e significativi sul suo comportamento, finché si raggiunge una soglia oltre la quale
precisione, da un lato, e significato (o aderenza),dall'altro, diventano caratteristiche quasi
reciprocamente escludentisi...Un corollario può essere così succintamente enunciato “più
da vicino uno considera un problema concernente il mondo reale, più fuzzy diventa la
soluzione”. Sappiamo che il concetto di insieme ha in matematica e non solo una
fondamentale importanza, e che si può definire insieme una collezione di “oggetti o
proprietà”, con la logica fuzzy si cerca di eliminare, come abbiamo già visto la discontinuità
tra insiemi. Un aspetto importante della logica fuzzy deriva dalla possibilità che tale teoria
offre di trasformare grazie all'uso degli insiemi fuzzy, variabili qualitative espresse con
termini quali basso, medio, alto (ed altre) in relazioni numeriche con cui eseguire calcoli,
ossia è, come disse Zadhe “un metodo per calcolare con le parole”. I valori di una variabile
linguistica x vengono considerati come sottoinsiemi di un qualche insieme di numeri X, ad
esempio se x è come nell'esempio precedente il reddito di un determinato gruppo di
individui, ed i suoi possibili valori linguistici sono “alto, medio, basso” allora X potrebbe
essere l'insieme dei numeri compresi tra 200 e 10.000, ed ognuna delle parole precedenti
indicherebbe un sottoinsieme di X. Da quanto visto possiamo sottolineare che la logica
fuzzy si basa su asserzioni linguistiche di tipo qualitativo, composte da variabili linguistiche
unite da connettivi logici. Come nel ragionamento classico e in generale in quasi ogni forma
di ragionamento razionale o semirazionale l'espressione logica fondamentale si costruisce
sulle regole se....allora. In effetti le regole fuzzy dovrebbero consentire di creare sistemi e
modelli più vicini al senso comune e all'esperienza(in grado cioè di renderne conto) di
quanto sia possibile fare attraverso l'applicazione dei principi della logica classica. Partendo
dal presupposto che le nostre azioni comunemente si basano su norme dettate dal senso
comune, non da un pensiero sempre logico e coerente di forma possibilmente algoritmica, in
quanto l'uso di un algoritmo logico non sempre potrebbe essere funzionale a dare risposta
alle situazioni ed ai problemi quotidiani, sia per mancanza di tempo, di elementi conoscitivi
sufficienti, sia per una inadeguatezza dello stesso a dipanare situazioni complesse ed
ambigue, possiamo affermare che nella vita quotidiana il modello di ragionamento utilizzato
somiglia di più alle inferenze fuzzy. Una regola di inferenza fuzzy assume la forma generale
di :
Nel 1990 Bart Kosko dimostrò che attraverso la costruzione di un sistema fuzzy si può
costituire un modello che approssima in modo ottimale i sistemi complessi. Il termine FAT
significa Fuzzy Approximation Theorem. L'idea su cui è basato tale teorema è relativamente
semplice ed ha una rappresentazione geometrica ugualmente semplice che nelle parole di
Kosko “consente di ricoprire al meglio una curva serpeggiante con delle toppe, meglio le
toppe ricoprono la curva più
Fig 14 curva sistema FAT (gli ovali che coprono la curva sono le toppe fuzzy)
37
38
37
Pubblicato in Proceedings of the IRE rivista di ingegneria molto prestigiosa in quel periodo.
1972 L.Zadhe tratto da B.Kosko Il fuzzy pensiero pp 175
toppa fuzzy
toppa fuzzy
toppa fuzzy
toppa fuzzy
sistema è intelligente”. L'andamento serpeggiante della curva sta a significare che il sistema
di cui si vuole dare conto è non lineare. Attraverso un sistema fuzzy si possono fare
congetture del mondo non lineare senza costruire un modello matematico forte dello stesso,
ed in effetti possiamo sostenere che una delle più grandi innovazioni risiede in questa
possibilità di effettuare una “valutazione approssimazione” o in altre parole una
valutazione“a-modellistica (model-free)” , priva di un modello basato su equazioni
matematiche. La curva nelle parole di Kosko “si copre con lo stesso procedimento con cui
staccheremmo con uno stampino per dolci una linea nera stampata su un foglio di pasta. Per
coprire la linea si fanno sovrapporre i tagli. Più piccolo è lo stampino più sottile la striscia
coperta ma più numerose le volte che si deve tagliare.” Come si può immaginare meno
sappiamo di un fenomeno più le regole fuzzy saranno approssimative (e quindi graficamente
le toppe saranno raffigurate larghe) e si tenderà ad usare pochi insiemi fuzzy che
rappresentano più cose e casi. Per capire come costruire un sistema fuzzy mi servirò di un
esempio utilizzato da Kosko inerente il controllo di un condizionatore d'aria.
Sia X la temperatura in gradi Fahrenheit e Y la variazione della velocità del motore.
Vogliamo ottenere un aumento della velocità del motore quando fa più caldo ed una
diminuzione della stessa con il freddo al fine di mantenere una temperatura ambientale
piacevole. A questo punto vanno definiti i sottoinsiemi fuzzy di X e di Y.
Per X avremo :fredda, fresca, buona, calda caldissima. Per Y: nulla, bassa, regolare, alta,
massima. Gli insiemi più ampi sono quelli che forniscono un controllo approssimativo.
Quello che desideriamo dal sistema è che ci porti fuori, rapidamente dai due estremi
Fig 15 temperatura e sottoinsiemi fuzzy
1
f
0 45
F
50
55
temperatura g. F.
B
60
65
c
70
cs
75
80
85
90
per focalizzarsi sulla temperatura “buona (60°-70°), cercando di evitare brusche sovra o
sotto regolazioni tipiche dei sistemi a regolazione dicotomica.
38
A questo punto si traccia il grafico delle velocità del motore (coi numeri da 0 a 100).
Fig 16 velocità motore
1
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Ora bisogna definire le regole fuzzy, che associano la temperatura con la velocità del
motore, ad esempio; se X è fredda allora Y è nulla, se X e fresca allora Y è bassa e così via.
La prima cosa da osservare come sottolinea Kosko è che in effetti queste regole sono
costituite da termini verbali e sono “questione di misura”, gli insiemi fuzzy sono definiti su
numeri, e questo collega parole e matematica, rendendo possibile il controllo.
Rappresentando graficamente le regole suddette si vede immediatamente perché queste
vengono denominate toppe.
Questa toppa in matematica viene detta prodotto matematico di due triangoli. Possiamo
notare che le regole possono attivarsi contemporaneamente in misura diversa( vedi schema),
questa modalità di funzione delle regole rende più adattabile il modello a rappresentare un
sistema complesso. In altri termini le regole dei sistemi fuzzy vengono eseguite in parallelo,
pertanto il risultato delle operazioni eseguite con queste regole è la sommatoria della
combinazione di queste inferenze, che spesso possono essere contraddittorie tra loro
39
Fig 18 regole fuzzy funzionamento condizionatore
Il primo sistema fuzzy venne ideato da Mandani all'inizio degli anni settanta, con lo scopo
di controllare una macchina a vapore, nel 1978 parlò del suo lavoro in questi termini “L'idea
fondamentale che c'è dietro questo approccio è quella di incorporare l'esperienza“di un
operatore umano nel progetto del dispositivo di controllo. Da un insieme di regole
linguistiche che descrivono la strategia di controllo dell'operatore si ricava un algoritmo di
controllo in cui le parole sono definite come insiemi fuzzy. I vantaggi principali di questo
approccio sembrano essere la possibilità di rendere realmente attuabili la complessità.
conoscenza basata su pure regole empiriche, l'intuizione, l'euristica ed il fatto che esso non
richiede un modello del processo.” La possibilità di tenere conto ed esplicitare le
conoscenze empiriche ed informali del ricercatore che normalmente si aggiungono alle
conoscenze strutturali, consente una migliore contestualizzazione del modello ed un
arricchimento di informazioni al fine di raggiungere una migliore gestione della
complessità.
40
2.3.3.LeTre fasi di un sistema fuzzy : fuzzyficazione defazzificazione elaborazione
Un sistema fuzzy è caratterizzato da tre fasi ; fuzzificazione, inferenza e defuzzificazione.
Graficamente potremmo riportare la modalità di ragionamento /funzionamento di tali
sistemi
Fig 19 sistema fuzzy (modalità/regole di ragionamento del sistema)
Elaborazione
SeA1 allora B1
Input
B1
B2
X1 →A
→B
Processo
Dfuzzifi Output
cante
→ Y
Centroida
le
Bm
Il processo di fuzzificazione o input consiste nel trasformare un valore Bit in una funzione
di appartenenza fuzzy. In sostanza in questa fase gli input che sono i dati rilevati vengono
trasformati in insiemi fuzzy determinati dal massimo grado di verità che i valori rilevati
consentono di attivare.
A questo segue il processo di elaborazione o inferenza in cui vengono applicate le regole
fuzzy. I dati input (x nello schema) attivano la parte A di ogni regola in un certo grado
ottenendo la parte B della regola sempre in una certa misura, a questo punto si sommano gli
insiemi B' e si ottiene l'output finale B. Ogni sistema applica quindi interi gruppi di regole
dette (Knowledge base).Ogni regola come illustrato crea dei sottoinsiemi (fuzzy subset) .
Come ricordato da Pizzaleo39 ci sono varie tipologie di inferenze applicabili tra cui le
principali sono : Metodo del minimo in cui l'insieme fuzzy è determinato dal valore del
grado di attivazione (o alfa ) della regola applicata all'insieme input (con tale termine si
intende il minimo dei gradi di verità degli insiemi fuzzy antecedenti; Metodo del prodotto:
L'insieme output viene ottenuto moltiplicando la funzione meberschip dell'insieme
originario per i gradi di attivazione della regola. Indipendentemente dal metodo di inferenza
scelto, gli insiemi output ottenuti devono a questo punto essere combinati tra loro e questo
viene fatto o attraverso il metodo della somma, che è quello esposto sopra o attraverso il
metodo dell'unione, in cui viene applicata l'operazione logica OR su esposta.
Se a questo punto il nostro obbiettivo è quello di ottenere un risultato numerico preciso, o
comunque un risultato dirimente, l'aver individuato l'insieme fuzzy output non è sufficiente
e perciò si procede al processo di defuzzificazione, in cui si traducono i valori fuzzy con
valori Bit. Con tale operazione si individua, attraverso principalmente due metodi, il valore
più rappresentativo dell'insieme output. I due metodi sono : il metodo denominato Cog
(Center of gravity) o del centroide, in cui il valore Bit che si ricava all'ascissa del baricentro
della figura solida delimitata dall'insieme output. Il metodo Mom (Medium of maxima) che
calcola a tal fine la media dei valori corrispondenti ai massimi delle funzioni d'appartenenza
dell'insieme output. In sintesi quindi, quando si procede ad indagare un fenomeno con
l'ausilio di questo tipo strumento si procede come consueto, si inizia con il concettualizzare
39
41
Antonella Giulia Pizzaleo”Fuzzy Logic Come insegneremo alle macchine a ragionare da uomini”Castelvecchi 2000
Roma
l'oggetto di studio, utilizzando la complessità/vaghezza della definizione (che come
abbiamo ricordato è di tipo enciclopedico) come una risorsa. La logica fuzzy entrerà sia
nella strutturazione di un modello di relazione tra variabili, che in generale nel processo di
operazionalizzazione del concetto.
2.4 La probabilità differenze con concezione fuzzy e uso della probabilità
La distinzione tra il concetto di probabilità e di caso dal concetto di fuzzy o vaghezza è una
distinzione rilevante al fine di indagarne i rapporti. I rapporti tra probabilità e logica fuzzy
sono problematici e per molti versi non risolti. Se da un lato in modo riduttivo si potrebbe
considerare l'esistenza di due visioni che dovrebbero corrispondere in modo quasi naturale
alla contrapposizione tra chi sostiene la logica fuzzy (compresi chi ha ufficialmente creato
questo approccio L. Zadeh e chi lo ha perfezionato e fatto conoscere B. Kosko), che nel
sostenere una specificità del loro approccio, sottolineano che la differenza esistente tra i
concetti di casualità e di probabilità ed i concetti di vaghezza porterebbe un'opposizione tra i
due concetti. Dall'altra parte si dovrebbero invece schierare i sostenitori della probabilità tra
cui M. Motta40 R.Giles che giudicano la logica fuzzy un'errata copia ( Si potrebbe dire una
copia non conforme) della probabilità. In realtà le cose non sono esattamente così, in quanto
Kosko utilizza concetti legati alla probabilità e alcuni studiosi di logica e di teoria del caso
non negano la vaghezza e la possibilità di un suo studio ( in realtà come abbiamo
sottolineato la logica fuzzy nasce a partire da riflessioni precedenti svolte nell'ambito logico
matematico e filosofico). Il calcolo della probabilità ha avuto origine all'incirca tre secoli fa
a partire dall'esigenza di analizzare determinate situazioni inerenti il gioco d'azzardo,
secondo Laplace la probabilità “è al fondo buon senso tradotto in calcolo” e già da questa
affermazione si capisce perchè secondo molti i concetti di vaghezza e probabilità sono
sovrapponibili. Però il seguito dell'affermazione ci fornisce già un chiarimento, “ci fa
valutare con esattezza ciò che una mente ragionevole sente per istinto”. Il termine esattezza
pone già una differenza fondamentale rispetto all'idea che sta alla base della fuzzy analisi.
Sappiamo che sia il calcolo della probabilità che l'inferenza fuzzy si riferiscono alla vita di
tutti i giorni e sono una formalizzazione di un ragionamento di senso comune, il problema è
che sono la formalizzazione di due tipi di ragionamento diverso che a volte possono
diventare complementari sia nella vita pratica che nella scienza. La concezione di caso si
lega poi con entrambe le teorie essendo legata all'incertezza nel momento in cui per caso
non si intende soltanto caso operazionale, ad esempio le coincidenze assolute. Il concetto di
probabilità è legato alla nozione di caso o di conoscenza parziale di un evento, in tutti quei
casi in cui i fatti osservabili non sono prevedibili ed il loro verificarsi è incerto interviene il
calcolo di probabilità al fine di stimare il realizzarsi dell'evento41.
In senso generale la differenza tra logica fuzzy e probabilità è che l'approccio probabilistico
presuppone che un evento si presenti o non si presenti o che un soggetto appartenga ad un
dato insieme o non vi appartenga, facendo quindi una previsione che rimane esterna al
soggetto e/o all'evento di cui calcola la misura in cui il tale evento può accadere o avverarsi.
40
41
42
M. Motta “Fuzziness, probabilità e dintorni” in computer programming n 4, 1997
Esistono diverse definizioni di probabilità ma per l'economia di questo lavoro non è importante una loro definizione
in quanto comunque le differenze sottolineate con la logica fuzzy nella sostanza non cambiano.
Una analisi puntuale delle diverse definizioni/usi del concetto di probabilità e delle differenze e sinergie con la
logica fuzzy potrebbe però in un altro contesto essere interessante.
In questo senso si basa sulla logica bivalente in quanto con questo approccio non ha senso
affermare e valutare in che misura lo stesso evento si presenti o non si presenti. Ad esempio
nel principio fondamentale del calcolo combinatorio si afferma che se ad esempio un
esperimento ha m esiti possibili ed un altro esperimento ha n esiti possibili allora i due
esperimenti hanno mn esiti possibili, di cui si può calcolare la probabilità del verificarsi di
ciascuno ma non la possibilità del verificarsi di due eventi contemporaneamente nello stesso
esperimento. Riprendendo l'esempio della povertà. L' affermazione il soggetto A ha una
probabilità pari ad x di essere povero è semanticamente diversa dall'affermazione che
asserisce che lo stesso soggetto appartiene all'insieme dei poveri con un grado x. Nel primo
caso presupponiamo che x possa essere o povero o non povero, nel secondo caso si sta
cercando di evidenziare quanto il soggetto x sia povero e quanto non lo sia. La valutazione
fuzzy conserva una stretta relazione con il soggetto considerato considerando una qualità
dell'oggetto. In questo senso ci saranno in riferimento allo stesso oggetto e/o evento un
numero maggiore di misure di proprietà fuzzy che non misure di probabilità. Un'altra
differenza tecnica deriva dal fatto che mentre nel calcolo della probabilità all'aumentare
delle informazioni disponibile la probabilità si riduce, le caratteristiche fuzzy dell'evento
diventano più evidenti. Secondo Kosko alla base del concetto di probabilità si trova un
concetto fuzzy il concetto di appartenenza, o in altre parole la misura con cui una cosa ne
contiene un'altra, o un insieme ne contiene un'altra. In un certo senso più che pensare ad un
insieme fuzzy dobbiamo pensare a degli elementi fuzzy, che possiedono una certa qualità in
una certa misura. La logica fuzzy opera una generalizzazione secondo la quale è vero sia
che l'insieme contiene la parte, come affermato anche dalla logica classica, ma anche che la
parte contiene l'intero secondo quanto affermato dalla teoria della sottoinsiemità di Kosko.
Inizialmente la logica fuzzy si basava sul concetto definito da Kosko elementità, con cui si
intende la proprietà degli elementi di avere una determinata proprietà in una determinata
misura e di appartenere perciò a più insiemi anche contraddittori in una certa misura. Per
sottoinsiemità si intende invece la misura (sfumata) in cui un insieme è contenuto in un altro
insieme.
Nella teoria fuzzy tradizionale l'assunto era che la sottoinsiemità fosse bivalente, ad
esempio “ Gli uomini molto alti costituivano un sottoinsieme contenuto al 100% in quello
degli uomini alti e questo aveva un senso in quanto ogni uomo molto alto è necessariamente
alto. Ma in questa visione l'insieme degli uomini alti costituiva solo un insieme incluso allo
0% nell'insieme degli uomini molto alti. Questo non andava bene. Gli uomini alti infatti
sono in una certa misura uomini molto alti, anche in misura piccola”. La sottoinsiemità è il
passo successivo della elementità, in quanto la sussume come un caso speciale.
La sottoinsiemità vale tra insiemi mentre l'elementità vale all'interno degli insiemi. Se nella
teoria classica degli insiemi un insieme può contenere un sottoinsieme o completamente o
per nulla come nella teoria fuzzy classica, per kosko è invece questione di misura e la
sottoinsiemità può assumere un valore contenuto tra lo 0 e il 100%. questa misura definita
attraverso il teorema della sottoinsiemità deriva dalle relazioni di perpendicolarità ed
ortogonalità del teorema di Pitagora.
La sottoinsiemità definisce un nuovo modo di considerare la probabilità di un evento, che
non è altro che la misura in cui la parte contiene l'evento stesso. In altre parole l'intero nella
parte è la probabilità.
L'idea di Kosko nasce dal tentativo di determinare quello che lui stesso definisce il carattere
fuzzy del gioco d'azzardo, a partire dalla considerazione ovvia che “tutti gli eventi nel
43
quadro della probabilità sono per definizione o bianchi o neri” e la legge aristotelica del
terzo escluso vale sempre, le monete danno sempre o testa o croce mai il bordo. L'insieme
dei tentativi favorevoli non si sovrappone mai all'insieme dei tentativi sfavorevoli,
Fig 23 insieme tentativi lancio monete
Probabilità su 25 tentativi
croce.
50%
testa
50%
L'aspetto fuzzy risiede nella sottoinsiemità cioè in quanto dell'intero è contenuto nella parte.
Consideriamo un insieme A (tentativi fortunati) non fuzzy contenuto nell'insieme grande X
ossia nell'intero (tutti i tentativi effettuati).
Fig 24 insieme tentativi fortunati contenuto nell’insieme totale dei tentativi
A
Se l'insieme A si riducesse in un punto e svanisse, non potrebbe in nessun caso contenere
l'intero, se si espandesse fino a riempire l'insieme x conterebbe l'intero al 100%, tra i due
estremi l'inclusione assume valori che variano tra 0 e 1, in proporzione alla sua estensione
sovrapposta all'intero. L'intero nella parte è perciò la probabilità della parte. La probabilità
di un esito favorevole è dato dalla misura in cui l'insieme di tutti gli esiti favorevoli contiene
l'insieme di tutti i tentativi con una rapida dimostrazione matematica si può vedere come
questo concetto sia alla base della probabilità condizionale ( In Kosko). S(X,A) rappresenta
la misura in cui x è un sottoinsieme di A. Dal momento che A è totalmente un sottoinsieme
di X,S(A,X)=1. Ma in generale l'opposta sottoinsiemità S(X,A) è compresa tra gli estremi
44
bivalenti
0 <S(X,A)< 1, Supponendo che X contenga N tentativi ed agli NA tentativi coronati da
successo. Allora il teorema in questione implica che
S(X,A)=
( numero degli elementi in A∩X )
=NA/N,
( numero degli elementi in X)
vale a dire la frequenza relativa degli esiti positivi di tutti i tentativi.
Proseguendo nel testo Kosko, probabilmente a fini pubblicistici arriva ad una negazione
della teoria della probabilità, salvo poi servirsene nuovamente nel teorema FAT (teorema di
approssimazione fuzzy) in cui utilizza la teoria dell'aspettativa matematica, al fine di
arrivare a decisioni o spiegazioni con probabilità ottimale, ed afferma “bisogna dare una
interpretazione probabilistica di un insieme fuzzy per trovare la matematica che porti ad una
conclusione, ma lo si può sempre fare, l'ottimalità non è un difetto i sistemi fuzzy fanno
medie fuzzy ponderate, questo è un fatto nonché una benedizione in termini matematici”. In
questo senso sembra potersi affermare che in realtà tra le due teorie esiste un rapporto di
complementarietà, così come sono complementari la logica bivalente e la logica polivalente,
in quanto come afferma Morin “non si può né sfuggire totalmente alla logica di derivazione
Aristotelica, ma neanche rinchiuderci in essa”.
Detto questo rimane un problema da sciogliere, che è poi il motivo che spinge chiunque
voglia parlare di fuzzy analisy a parlare di probabilità, l'asserzione presente nelle prime
pagine di molti testi di calcolo delle probabilità dove si asserisce che “la probabilità sarebbe
non un metodo ma il metodo di formalizzazione dell'incertezza”(Luca Mari 1996). Questo è
supportato da una lunga tradizione storica che da più di trecento anni vede nella probabilità
lo strumento per rendere trattabile l'incertezza. Allora la domanda è la probabilità è o non è
adeguata come misura dell'incertezza? Un possibile motivo di inadeguatezza emerge nella
modalità con cui in termini probabilistici vengono formalizzate le situazioni di completa
ignoranza sulla certezza delle proprietà considerate possibili. Questo perché in accordo con
il principio di indifferenza, in questi casi come distribuzione di probabilità sull'universo X,
per X=N<∞, si assume che per ogni x Є X, p(x)=1/N trattandosi quindi di una distribuzione
uniforme. In altri termini non disponendo di alcuna informazione specifica su particolari
elementi di X, si minimizza il grado di certezza attribuito a ciascuno di essi,
compatibilmente con la condizione di normalizzazione Σp(x)=1. In questo modo però non si
può distinguere a proposito dei singoli elementi tra mancanza di conoscenze specifiche su
una proprietà e conoscenze che portano ad attribuire una scarsa certezza alla proprietà stessi.
Per illustrare quanto detto prendiamo un esempio da Shafer42, Si supponga di dover
attribuire un gradi di certezza alla proposizione y1= “Il sistema di sirio ha dei pianeti”. Non
si dispone di informazioni che possano mettere in grado di ritenere più certa la proposizione
y1 della sua negazione -y1= “Il sistema di Sirio non ha dei pianeti”, si proporrà pertanto
Pr(y1)=Pr(-y1)=1/2. Poniamo che in un contesto assolutamente indipendente ci venga chiesto
di esprimere formalmente un grado di certezza a y2= “su un pianeta del sistema di Sirio
esistono forme di vita”. In coerenza con il principio di indifferenza si assegnerà Pr(y2)=Pr(y2)=1/2. Ora se in un contesto ancora differente ci venisse chiesto di attribuire una
probabilità a z1=Il sistema di Sirio non ha dei pianeti, z2=Il sistema di Sirio ha dei pianeti
42
45
Shafer G. “A Mathematical theory of evidence, Princeton , NJ, Princeton University Press, 1976
senza forme di vita, z3=Il sistema di Sirio ha dei pianeti con delle forme di vita, si potrebbe
assegnare Pr(z1)=Pr(z2)=Pr(z3)=1/3 ? La terza richiesta porta a concludere che le prime due
affermazioni sono contraddittorie: se si considerasse corretta la terza assegnazione, si
dovrebbe concludere sulla base di considerazioni solo linguistiche (senza un aumento di
conoscenza sul sistema Sirio) che si è stati portati a modificare la certezza sulle proposizioni
in esame. Detto questo però anche la teoria probabilistica a partire da Lewis43 (1970) è stata
utilizzata per affrontare e formalizzare la vaghezza. La teoria di Lewis è stata in seguito
perfezionata da Kamp44 (1975) e successivamente da Edgington45. Anche i sostenitori
dell'uso della teoria probabilistica in accordo con i teorici (logici) dei gradi di verità,
ritengono che quando si introducono predicati vaghi è utile parlare di gradi di verità degli
enunciati con valori infiniti. La differenza risiede nel fatto che le regole per i connettivi
logici non possono per questi studiosi essere vero-funzionali ma vanno calcolati attraverso
regole probabilistiche. Come è noto l'idea su cui è imperniata la teoria probabilistica è che
ad un enunciato deve essere associato in primis un determinato insieme e in seguito a questo
insieme deve essere associato un numero che è la probabilità dell'enunciato. Ad esempio
all'enunciato “ fra sei mesi andrò a Lisbona in vacanza” viene associato un insieme di mondi
possibili che hanno una storia che fino a quel momento fino ad oggi del tutto identica a
quella del mondo attuale e che si differenziano da domani in poi. La probabilità viene
stabilità in base alla proporzione fra il numero dei mondi possibili in cui l'enunciato è vero
(numero tragicamente basso in questo caso) ed il numero dei mondi possibili in cui è falso.
Nel caso di enunciati con predicati vaghi, l'insieme associato agli enunciati è un insieme di
precisazioni ammissibili. La probabilità è stabilita dalla proporzione fra le precisazioni in
cui l'enunciato è vero e quelle in cui è falso. Non esistono però regole vero-funzionali che
stabiliscono il grado di probabilità di tali enunciati.
2.4.1 Overlapping e fuzzy analysis sinergie e differenze
Al fine di chiarire la differenza e la sinergia tra questi due strumenti logici trovo necessario
riprendere molto brevemente alcuni concetti noti ma fondamentali.
Il primo concetto da chiarire è che “nella scienza non si utilizzano classi e/o insiemi opposte
ma solo disgiunte, ad esempio in zoologia le parole vertebrati invertebrati designano
apparentemente classi opposte ma sono in realtà disgiunte essendo sottintesa la parola
animali”(A. Padoa, Ideografia logica ed assiomi in Enciclopedia delle matematiche, 1930
Milano ed. Hoepli).
Si ricorda che “una classe opposta è quella classe a cui appartiene ogni individuo che non
appartenga alla classe considerata, due classi sono tra loro disgiunte quando sono prive di
elementi in comune od in altri termini quando la loro intersezione è una classe vuota e che
due classi possono essere disgiunte ma non opposte”. Le classificazioni o gli insiemi che
43
44
45
46
Lewis D.”General Semantics, in Synthése”, 22 pp 18-67, ristampato in Lewis D. Philosophical Papers”vol1 Oxford
University Press, Oxford 1983 pp189-232
Kamp H. Two Theories about Adjectives, in E.L. Keenan (ed) Formal Semantics of Natural Languages, Cambridge
University Press, Cambridge pp123-55 1975
- The Paradox of the Heap, in U. Monnich, (ed) Aspects of Philosophical Logic, Reidel, Boston pp157-74
Edgington D.1992 Validy, Uncertaintry and Vagueness, in Analyisis 52 pp193-204
-1997 Vagueness by Degrees, in Kneefe, Smith 1997 pp294-316
-2000 Indeterminacy de re, in Philosophical Topics ,28 pp27-44
vengono analizzate dalle varie scienze sono perciò niente altro che sottoinsiemi di un
insieme generale, infatti a ben analizzare non esistono proposizioni o classi veramente
opposte. In questo senso il PNC viene delegato tra gli insiemi disgiunti interni all'insieme
generale che logicamente e teoricamente li comprende ma mai tra due insiemi opposti,
questo perché nelle scienze il Tutto logico non è considerato. Dato un insieme di N oggetti
si dice partizione una suddivisione dell'insieme46 originario in K sottoinsiemi tra loro
disgiunti e tali da esaurire l'insieme originario. La logica fuzzy indica in questo caso i gradi
di appartenenza agli insiemi. Un ricoprimento è invece una suddivisione dell'insieme
originario in K sottoinsiemi che esauriscono l'insieme originario non necessariamente
disgiunti (ma spesso sovrapposti). Il ricoprimento (overlapping o clumping) e la fuzziness
sono due proprietà sovrapponibili e distinte. Combinando lle due logiche e le tipologie di
suddivisione possiamo ottenere :
Tab 19 Soluzioni ottenibili combinando le due dicotomie logiche e di suddivisione degli insiemi
Logica classica
Logica fuzzy
Partizione
classica
Partizione fuzzy
partizione
overlapping
Ricoprimento classico Ricoprimento fuzzy
Una partizione fuzzy ci dice in che grado un elemento appartiene/non appartiene ad un
insieme ma fissa una soglia precisa tra gli insiemi al fine di discriminare quali elementi
appartengono o no all'insieme, rispetto ad una partizione classica ha la capacità di dirce in
che grado l'elemento appartiene all'insieme. In questo modo abbiamo sempre un insieme
sfumato, ma non abbiamo ricoprimento tra gli insiemi. I casi dalla collocazione incerta si
troveranno sui margini degli insiemi. Questa tipologia viene utilizzata quando si ha un
motivo per tenere una soglia precisa tra i due (o più) insiemi ma si vuole approfondire
l'analisi interna degli elementi. Può essere il caso ad esempio di un progetto di intervento
sulla povertà che fissa le soglie di reddito per i diversi interventi. In questo modo avendo
un'appartenenza graduata si hanno maggiori informazioni e si possono graduare in modo
migliore gli interventi.
Il ricoprimento è la soluzione fuzzy per antonomasia, non si stabilisce una soglia rigida tra
gli insiemi ed i casi di collocazione incerta possono essere formalizzati dando conto
dell'incertezza. Questo però potrebbe essere fatto anche con insiemi nebulosi, quello che
caratterizza la fuzzy anche in questo caso è la presenza dei gradi di appartenenza.
Se osserviamo una partizione ed un ricoprimento fuzzy possiamo osservare che nel primo
caso la somma dei gradi di appartenenza/non appartenenza è sempre uno
esempio
μa
μb
0,9
0,1
0,7
0,3
S1 : ∑k μk=1
nel secondo può essere maggiore di uno, visto che gli insiemi sono sovrapponibili.
46
47
Si precisa che a seconda del modello logico adoperato possiamo avere insiemi classici a 2 valori (0-1); insiemi
nebulosi a tre valori (0-1/2 -1); insiemi sfocati ad infiniti valori con funzione di appartenenza nell'intervallo che va
da 0 a 1.
μa
μb
0,8
0,3
0,8
0,4
S2 : ∑k μk > 1
La scelta di avere o meno dei ricoprimenti (se non si tratta di una analisi cluster fuzzy
perché in quel caso l'algoritmo potrebbe essere impostato per generare uno o l'altro sotto
determinate condizioni ) dipende dai dati, dall'impostazione teorica, dalla funzione di
appartenenza che si vuole impostare e come questa dipende dalle scelte del ricercatore.
In genere però la presenza di ricoprimenti è data per scontata dimenticando la possibilità di
effettuare una partizione fuzzy laddove il ricoprimento potrebbe risultare eccessivamente
confuso, visto che un ricoprimento sovrappone gli insiemi anche se non necessario.
2.5 Fuzzy analysis e scienze sociali; quale rapporto?
Nelle scienze sociali c'è sempre stata come in parte abbiamo visto e come cercherò di
dimostrare più avanti, una impostazione che in parte ha sempre delegato ai principi della
logica classica bivalente. Però nel tentativo di ridurre comunque i sistemi studiati al codice
binario (cosa a volte utile), viene spesso nascosta o comunque non sfruttata pienamente la
ricchezza derivante a volte dal trasgredire sui principi suddetti. In ogni caso le logiche come
ricordato da Morin (Le vie della complessità 1985) “sono strumento del pensiero”, e quindi
come tutti gli strumenti vanno utilizzate al momento opportuno, all'interno di una stessa
ricerca od in ricerche diverse, questo in quanto in realtà non esiste una reale incompatibilità
totale delle logica classica con le logiche a più valori, principalmente in quanto le seconde
altro non sono che una estensione della prima. Se in effetti nella logica fuzzy molti autori
riscontrano una visione del mondo più vicina alla filosofia dell'estremo oriente (vedi Kosko,
Zadhe, Mandami ed altri) tuttavia non si può dimenticare che la logica fuzzy poggia le basi
nella rivoluzione scientifica del XX sec. E che soprattutto la discussione sui principi della
logica classica, come abbiamo già visto, comincia dal momento stesso della sua nascita. In
ogni caso non penso che le due logiche possano essere pensate come due polarità
incomunicabili ed incompatibili,ma piuttosto come due strumenti che possono compendiarsi
reciprocamente, anche in questo caso l'importante è, come ricordato da Campelli che il
“discorso scientifico sia costruito da asserzioni controllabili” e quindi giustificabili, e che
tali asserzioni siano pubblicamente replicabili, in altre parole che vengano rispettati i criteri
di scientificità inerenti il metodo scientifico.
Questo metodo nasce come un'interpretazione flessibile della vaghezza e della pluralità di
senso della complessità del reale, pur rimanendo una teoria matematica, nasce nelle
intenzioni del suo fondatore come una rinuncia all'applicazione di fondamenti matematici
troppo rigorosi per rappresentare il ragionamento umano, con le parole di Kosko nasce per
rispondere in modo più adeguato all'annoso problema della non corrispondenza di una realtà
“vaga multiplanare ed incerta ad un tentativo di semplificazione basato su una riduzione dei
sistemi complessi ad un codice binario estremamente formalizzato” Le applicazioni di
questa teoria (applicazioni che ne hanno consentito la diffusione e lo sviluppo), sono state
inizialmente legate a prodotti industriali di uso comune, quali lavatrici,condizionatori,
migliorandone le prestazioni, rendendole capaci di “fare inferenze” o in altri termini
rendendole “più umane”. Il successo di queste applicazioni è stato inoltre amplificato dal
clamoroso insuccesso dei sistemi “di quinta generazione” progettati in Giappone. Da queste
48
prime applicazioni questa teoria e questi modelli si sono diffusi in altre discipline.
Prima di esporre un modello formulato attraverso la logica fuzzy, vorrei evidenziare alcune
questioni. Se da un lato lo scopo di questo scritto è di evidenziare come in alcuni casi la
vaghezza sia una risorsa, e come del resto tale risorsa possa in alcune situazioni essere resa
utilizzabile attraverso l'uso di modelli e tecniche basate sulla logica fuzzy, d'altra parte,
concordando in pieno con Campelli, non si vuole qui né affermare un principio assoluto, né
in riferimento alla logica sfocata né per quanto riguarda i già citati vantaggi di un utilizzo
della vaghezza come risorsa. Semmai “di entrambe se ne può apprezzare la produttività in
determinati casi e a seconda degli interessi cognitivi del ricercatore”(E. Campelli Elogio
della vaghezza. Riflessione quasi epistemologica sul tempo presente in Sociologia e Ricerca
sociale n°89 2010). Anche rispetto a posizioni troppo forti, dettate a volte dal tentativo di
dare rilievo ad un nuovo strumento logico, ed altre da una eccessiva fiducia in un mezzo che
pur avendo i suoi indubbi pregi non risolve ogni tipo di problema legato ad una indefinita
complessità e vaghezza dell'oggetto di studio e tanto meno può dare una rappresentazione
“reale” del mondo, affermano ontologicamente che il mondo è fuzzy o che ogni cosa è
sfumata. In realtà come in ogni altro tipo di logica e come in fondo gli stessi autori della
fuzzy logic al di là di intenti pubblicistici affermano, la logica sfumata inerisce alle nostre
concettualizzazioni. Quello che in altre parole si vuole dire è che l'utilità delle logiche
bimodali e/o sfumate non dipende dall'esistenza di concetti sfumati per loro natura
intrinseca ma “ di un'indicazione analitica, di prospettiva e di interesse cognitivo, tale da
riferirsi a limiti, asintotici nel senso matematico del termine” (E. Campelli Elogio della
vaghezza. Riflessione quasi epistemiologica sul tempo presente in Sociologia e Ricerca
sociale n°89 2010).
Secondo alcuni autori che possiamo definire teorici della complessità, tra cui possiamo
citare Morin, nella società occidentale si assiste ad una crisi del pensiero razionale di
derivazione aristotelica, che ha prodotto l’emersione della complessità latente della realtà.
O in altri termini che il paradigma suddetto strutturato dai principi di disgiunzione,
riduzione ed astrazione, ha perso parte della sua funzione di metodo utile alla riduzione
semplificazione ed organizzazione dei fenomeni sotto indagine, in quanto “questo tipo di
pensiero ha dimenticato la possibilità di comprimere, sintetizzare e di globalizzare”.
Se i due termini chiave della complessità sono secondo Morin (Introduction à la pensée
complexe,Paris,ESF,1990) la complementarietà e la contradittorietà, che caratterizzano le
relazioni macro e microsistemiche queste, osserva il sociologo francese “costituiscono
relazioni dialogiche, cioè, allo stesso tempo, complementari e contradittorie.”
Per poter leggere la complessità è secondo questi autori necessario, parafrasando Pascal
l'unione dei due tipi “ posso comprendere un tutto solo se conosco le parti in maniera
specifica,ma posso comprendere le parti solo se conosco il tutto” per andare al di là sia del
riduzionismo che dell'olismo. Oggi afferma Morin “il pensiero ha bisogno di trasgredire
questa logica.... l'introduzione del pensiero sfumato nell'ambito della logica matematica è
stato un …..passo verso un pensiero complesso. In questa accezione la logica fuzzy è uno
strumento che può aiutare a cogliere e spiegare la complessità del mondo sociale.
Infatti aggiunge Morin che le due componenti principali della complessità sono la tessitura
contemporanea di più trame e l'incertezza. Occorre creare un pensiero complesso che si
serva di logiche polivalenti in grado di creare un rapporti dialogico tra la complessità e
l'incertezza, quest'ultima non è eliminabile e deve perciò essere funzionalizzata.
Tuttavia nelle scienze sociali la logica fuzzy comincia solo da pochi anni a trovare spazio, i
49
motivi di questo possono essere imputabili secondoT. Pistelli McClelland (Vague Tendences
: A Review of fuzzy set theory comparative studies in The Lab's Quarterly Il trimestrale del
Laboratorio 2009 Laboratorio di Ricerca sociale Pisa) “alla prevalenza in sociologia di
modelli di ricerca e analisi dei dati basati sull'impiego di metodi statistici-matematici
(quantitativi) e sulla relativa minore influenza di quegli approcci metodologici che
privilegiano metodi a carattere logico(ad esempio la metodologia povera suggerita da
Bruschi)”. Difatti i settori in cui la logica fuzzy si è maggiormente affermata sono quelli
delle analisi comparative su insiemi di numerosità ridotta , meno adatti ai metodi statistici
campionari e più inclini ad una problematizzazione logica dei nessi di causazione, come ad
esempio il metodo elaborato da C. Ragin che ha esteso un suo precedente metodo di analisi
qualitativa comparativa denominato QCA (Qualitative Comparative Analysis) impiegando
la logica fuzzy ed ottenendo così un nuovo metodo da lui denominato fs/QCA (fuzzy set
Qualitative Comparative Analysis) adatto principalmente all'analisi di casi con N piccolo.
2.5.1 Charles Ragin
Una via per applicare la fuzzy logic alla ricerca sociale è come accennato, quella seguita da
Charles Ragin con il saggio Fuzzy Set Social Science (2000 Chicago University press).
Ragin che aveva precedentemente individuato le linee generali di una metodologia
comparativa in chiave logico formale ( The Comparative Method Moving Beyond
Qualitative and Quantitative Strategies, Berkeley Los Angeles/London : University of
California Press, 1987), ha inteso l'utilizzo della fuzzy come un possibile ponte tra ricerche
qualitative e quantitative. In estrema sintesi Ragin utilizza gli insiemi fuzzy per formalizzare
relazioni di causazione complessa all'interno dell'analisi comparativa. Praticamente le
tradizionali variabili della suddetta analisi vengono trasformate in insiemi fuzzy con
funzioni di appartenenza che possono essere discrete o continue a seconda del modello di
partenza e del fenomeno che si vuole indagare. Un aspetto importante di questo metodo
risiede nel confronto tra l'appartenenza agli insiemi fuzzy della variabile indipendente con
l'appartenenza all'insieme fuzzy relativo alla variabile dipendente identificando così quali
sono le combinazioni di variabili e quali fra esse possono essere considerate necessarie e/o
sufficienti.
In pratica una analisi condotta con il metodo fs/QCA inizia con la definizione del contesto
di applicazione al fine di identificare a che livello di astrazione si pongano le unità di analisi
e quale arco temporale prendere in considerazione a cui segue la scelta dei casi e delle
variabili che compongono il modello del fenomeno sotto indagine. Questa fase ha un
importanza cruciale per tutto il processo di ricerca, la scelta dei casi deve essere sostenuta
teoricamente in quanto bisogna evitare l'esclusione di casi rilevanti (o l'inclusione di casi
irrilevanti) ai fini della procedura comparativa. Sulle variabili vengono fatte delle ipotesi
volte a stabilire quali variabili siano dipendenti e quali indipendenti e di far corrispondere a
ciascuna di esse una funzione di appartenenza, attraverso la quale sarà possibile assegnare
ad ogni caso il punteggio relativo alla specifica variabile.
Il metodo di Ragin prevede arrivati a questo punto la conduzione di appositi test per
identificare quelle variabili che corrispondono (in senso logico) a condizioni necessarie e
sufficienti.
I test utilizzati sono il necessity test con il quale si raggruppano i casi che abbiano un
punteggio simile sulla variabile dipendente e quindi un valore simile di appartenenza al
relativo insieme fuzzy, e si controlla per i raggruppamenti dei casi quali sono le variabili
50
indipendenti che hanno punteggi simili ; saranno queste da un punto di vista logico le
condizioni necessarie.
L'altro test denominato sufficiency test prevede il raggruppamento dei casi che hanno un
punteggio fuzzy simile sulle variabili indipendenti e si controlla se i gruppi di casi hanno
valori simili di appartenenza alla variabile dipendente. Utilizzando questi due test sarà
possibile attribuire un punteggio di necessità ed uno di sufficienza mediante la
combinazione logica dei punteggi delle variabili riconosciute come necessarie e delle
variabili sufficienti. Tutto questo permette di correggere il modello di partenza tenendo
conto dei risultati dell'analisi comparativa.
Un esempio tratto dal suo libro chiarirà il metodo illustrato. Ragin nel decimo capitolo del
suo libro applica il metodo basato sugli insiemi fuzzy in una analisi secondaria sulle proteste
contro il FMI ( Fondo Monetario Internazionale). Costruisce una analisi comparativa
utilizzando come unità di analisi i singoli paesi dove sono avvenute le proteste, Ragin
sottolinea la natura sfumata della categoria “proteste contro il FMI” e sottolinea la
inevitabile difficoltà di misurazione derivata dal fatto che la fonte dei dati che aveva scelto
di utilizzare derivasse dai mass media. Definisce come variabile dipendente un insieme
fuzzy denominato “ paesi in cui si sono avute importanti manifestazioni contro il FMI”.
All'interno di questo insieme aveva stabilito sette livelli di appartenenza a seconda
dell'intensità delle manifestazioni, a cui su questa base venivano assegnati i vari casi. Lo
studio si basa sull'analisi secondaria di dati tratti da un suo precedente saggio, (J.Walton e
C.Ragin Global and National Source of Political Protest: Third World Responses to the Debt
Crisis in American Sociological Review, vol 55 12/1990, pp 876-890), all'interno del quale
veniva tracciata una rete di relazioni causali con variabili indipendenti considerate rilevanti
per l'insorgere delle proteste contro il FMI, tra cui il grado di urbanizzazione, la pressione
esercitata dal FMI sull'economia locale, le difficoltà economiche, il liberalismo politico, la
dipendenza dagli investimenti e il grado di interventismo statale. Queste variabili nello
studio considerato vengono trasformate in insiemi fuzzy, con una attribuzione di
appartenenza discreta a sette valori. A questo punto l'autore cerca di individuare quali tra
queste variabili citate siano da considerare come necessarie attraverso il test di necessità
(Necessity test), che non è altro che la selezione dei casi con la stessa funzione di
appartenenza alla variabile dipendente, e si controlla se questi mostrano di avere un
punteggio tra loro simile nelle variabili indipendenti. Risulteranno condizioni causali l'
urbanizzazione e la pressione del FMI. Fatto questo attraverso il sufficiency test è possibile
identificare le condizioni sufficienti, selezionando i casi con le medesime condizioni causali
e verificando se mostrano lo stesso valore di appartenenza sulla dipendente. Ciascun caso
nazione ottiene quindi un grado di appartenenza all'insieme fuzzy “ paesi in cui si sono
avute importanti manifestazioni contro il FMI” e un punteggio di necessità ed uno di
sufficienza. Dalla tabella ottenuta si può facilmente controllare la bontà del modello teorico
ipotizzato, sottolineando eventuali incongruenze che possono evidenziare a volte
l'esclusione di variabili rilevanti per il modello di spiegazione, arricchendo il modello
causale. É inoltre possibile dare conto dei casi devianti, ad esempio quelle nazioni che pur
avendo dei punteggi di appartenenza agli insiemi identificati come cause necessarie, non
hanno avuto manifestazioni. Nello studio in questione vennero evidenziati dei fattori
soppressivi allo scatenarsi di manifestazioni di piazza. Questo modello è alla base del
software fs/QCA (fuzzy set/Qualitative Comparative Analysis) sviluppato da Ragin e da
Kriss Drass.
51
Sono stati prodotti molti saggi a partire dal metodo comparativo di Ragin raccolti sopratutto
tra i Working papers dell'associazione COMPASS (COMparative methods for the
Advancement of Systematic cross-case analysis and Small-n Studies.
I saggi, seguendo l'indicazione di T. Pistelli McClelland, possono essere suddivisi in tre
diversi tipi ; saggi a carattere prevalentemente metodologico tra i quali l'autrice cita tra gli
altri : Goertz-Mahoney 2003 che analizza l'utilizzo della logica fuzzy al fine di formalizzare
teorie a due livelli, Goertz 2003 dove l'autore indaga i criteri per stabilire l'importanza delle
cause necessarie e sufficienti, Goertz-Levy 2004 dove viene approfondito il ruolo delle
condizioni necessarie nelle spiegazioni causali e Ragin 2007 che si occupa della
calibrazione degli strumenti di misurazione nell'ambito delle scienze sociali;
La seconda tipologia è costituita da saggi che affrontano aspetti tecnici secondari dell'analisi
fs/QCA tra cui : Schneider-Grofman 2006 che si occupa di descrivere i metodi migliori per
illustrare graficamente tale metodo e Wagemann-Schneider 2007 sugli accorgimenti da
utilizzare per impostare in modo corretto una ricerca con i metodi comparativi.
La terza tipologia di saggi presenti sono volti a esporre analisi comparative condotte con
fs/QCA, tra questi Moury 2003 che analizza le differenze nella natura degli accordi di
coalizione tra partiti politici in diversi stati Europei, Skaaning 2005 analizza il tasso di
rispetto dei diritti civili negli ex paesi comunisti (non utilizza solo questo metodo).
2.5.2 Il laboratorio di ricerche sociali dell'università di Pisa
Questo gruppo di ricerca ha rivolto da alcuni anni l'attenzione alle implicazioni sociologiche
della logica sfumata, integrando questa in un paradigma generale volto a trattare la
complessità dei sistemi sociali. Il laboratorio è diretto dal prof. Ampola47 che nel corso degli
anni ha sistematizzato il suo approccio teorico all'argomento entro la cui cornici diversi
collaboratori hanno approfondito questioni tecniche, metodologiche inerenti l'applicazione
della fuzzy logic nella ricerca sociale a partire dal paradigma della complessità. Ampola
analizza l'utilizzo della logica fuzzy nella determinazione dei rapporti tra livello teorico e
livello empirico nella ricerca sociale (2000), dell'uso della logica fuzzy e dei frattali al fine
di investigare e modellizzare la complessità del mondo sociale48 . Nello stesso saggio
l'autore delinea delle possibili applicazioni della fuzzy al fine di costruire indicatori ed
indici sintetici servendosi come esempio dello scaling di atteggiamenti ed opinioni.
L'approccio di questo gruppo di ricerca, in particolare se declinato nel contesto degli studi
comparativi, da cui del resto prende spunto, implica l'accentuazione del carattere artificiale
dei dati. La comparazione è già di per se una operazione di manipolazione concettuale
condotta su altri concetti, che devono trovare giustificazione nella loro utilità euristica come
nel caso della costruzione idealtipica, utilizzata da questa scuola da alcuni autori per definire
la funzione di appartenenza che genera i dati fuzzy. In questo senso la logica degli insiemi
sfumati è adatta sotto il profilo squisitamente tecnico, come nel caso del metodo fs/QCA o
in altri ambiti gli algoritmi di fuzzy clustering, ma anche sotto il profilo epistemologico
perché adatta alla trattazione dei margini di vaghezza dei costrutti concettuali che come
visto più sopra non derivano dalla incertezza dello strumento di “misura” ma dalla natura
intrinsecamente vaga.
47
48
52
Ricordiamo tra i saggi di Ampola “From the theory to the empirical level : hypothesis of fuzzy logic”in Atti of Fifth
International Conference on Logic and Methodology, Colony, TT Publikaties 2000 (Bulletin of sociological
methodology, n 68).
M. Ampola “Complexity, Vagueness, Fractals and Fuzzy Logic”2009
É possibile trovare un elemento di riflessione comune tra gli studiosi del laboratorio pisano.
L'elemento comune risiede nella riflessione collettiva sul concetto che uscendo dalla
tradizionale rappresentazione insiemistica cantoriana viene concepito come “costrutto dai
confini sfumati, vaghi” in particolare i costrutti concettuali utilizzati dagli scienziati sociali.
A questi concetti viene inoltre riconosciuta una natura frattale(49)nel senso che essi
riconoscono la propria natura di astrazione basata su una pluralità di concetti di primo
livello costituiti dai singoli attori sociali e colti analiticamente dall'osservatore stesso
secondo il modello matematico alla base degli oggetti frattali. In questa chiave “la logica
fuzzy viene riconosciuta adeguata alla formalizzazione di modelli, indici ed indicatori messi
in opera dal ricercatore nel tentativo di mantenere al massimo livello il rispetto delle pretese
di senso degli attori sociali, dai quali proviene la materia prima dei costrutti concettuali di
secondo livello oggetto di riflessione sociologica”( T. Pistelli McClelland). Il gruppo di
ricerca propone l'utilizzo della logica fuzzy insieme alla “metafora frattale”al fine di rendere
conto della natura complessa dei sistemi sociali, secondo gli autori questo approccio è più
adeguato allo studio multidimensionale della complessità rispetto ai tradizionali sistemi di
ricerca che nascono a partire da una concezione lineare della società. L'irregolarità della
forma del frattale, i suoi confini sfumati (i colori sfumano infatti uno nell'altro e sono
sempre compresenti in gradi differenti nelle varie parti), la loro dimensione frazionaria, si
adattano allo studio della complessità del mondo sociale. In particolare ricorda Givigliano
che la dimensione frattale “nel caso delle mondo delle relazioni sociali, non
monodimensionali, non tridimensionale, ma multidimensionale, indica una delle varie
dimensioni che hanno come vertice il soggetto/individuo, più precisamente quella dei
costrutti del soggetto formatisi con una categorizzazione che parte dalle funzioni di
appartenenza e dai valori che loro assegnano, per arrivare ad una elaborazione operata in
base alla teoria delle somiglianze di famiglia di Ludwig Wittgenstein”.
Tra gli studiosi del laboratorio sempre Givigliano (1999) indaga l'adeguatezza della logica
fuzzy per trattare concetti di verità, appartenenza, dimostrabilità, in senso epistemologico
più ampio nel contesto del programma scientifico della sociologia. Concetto cardine per
qualsiasi concettualizzazione sociologica complessa/multidimensionale di secondo livello,
secondo il principio di ologrammaticità di Morin, è per questo autore il superamento del
principio logico del terzo escluso. A. Givigliano ( “Teorema di Godel, logica fuzzy, pensiero
complesso : una lettura metodologica Livorno Quaderno n. 22 del Centro Studi Sociali A
Grandi 1999) tratta delle conseguenze metodologiche del paradosso dell'autoreferenza e del
teorema di Godel. Attraverso il teorema di Godel sottolinea Givigliano si è reso evidente
l'impossibilità di un sistema totalmente chiuso in se stesso, in grado di rispondere a tutti i
problemi che trova sulla sua strada. La scelta della logica fuzzy proprio a partire da questa
considerazione e dal pensiero di Godel mira a presentare una metodologia diversa, alla
costruzione di una diversa architettura del pensiero, all'uso di strumenti di indagine
differenti, volti ad una rilettura maggiormente adeguata della realtà che il soggetto sociale
costruisce, in cui vive e da cui è circondato. Il ricercatore è quindi chiamato ad utilizzare
nuovi strumenti, nuove concettualizzazioni e sopratutto nuove categorizzazioni per indagare
49
In senso intuitivo : Di forma estremamente irregolare, interrotta o frammentata e che rimane uguale qualunque sia la scala a cui lo si esamina;
contenente degli elementi distintivi le cui scale sono molto varie e coprono una gamma molto larga. Dimensione frattale: Numero che serve a
quantificare il grado di irregolarità e di frammentazione di un insieme geometrico o di un oggetto naturale; in senso specifico dimensione nel senso di
Hausdorff e Besicovitch
Insieme frattale : Insieme di dimensione frattale superiore alla dimensione ordinaria (topologica) Oggetto frattale Oggetto naturale che è ragionevole e
utile rappresentare matematicamente a mezzo di un insieme frattale.
53
il mondo delle relazioni sociali, che è un mondo complesso ed ambiguo e non lineare come
fino ad oggi è stato modellizzato.
Chiuppesi ribadisce ed approfondisce (2007) l'importanza della natura rappresentazionale
dei costrutti sociologici. La logica fuzzy viene contestualizzata nell'ambito di un approccio
che cerca di conciliare “le cautele metodologiche della prospettiva fenomenologica e
costruttivistica con gli spunti scientifici provenienti dalla teoria della complessità. (T.
Pistelli McClelland).
Secondo l'autore citato il sistema sociale emerge dal comportamento ripetuto degli attori
sociali “nella loro incarnazione di ruoli determinati, l'operazione di selezionare le grandezze
sociali che emergono dai comportamenti iterati di questi attori è una operazione necessaria”.
Se queste categorie sono formalizzate attraverso la logica fuzzy si potrà condurre questa
costruzione utilizzando il linguaggio degli attori sociali e si potranno avere delle
appartenenze sfumate degli elementi campionari. Gli autori propongono di tipizzare i fatti
sociali con riferimento all'invarianza che li caratterizza. Si cerca, quindi, di far emergere
delle grandezze rispetto alle quali emerga la natura frattale del sistema sociale. In
considerazione del fatto che il frattale è una figura geometrica di costruzione complessa, il
discorso è condotto in chiave di approssimazione, il sistema sociale può avvicinarsi o meno
al frattale, a seconda della maggiore o minore diffusione della sua natura autopoietica ,
avendo una dimensione frattale più o meno evidente.
Il gruppo di ricerca ha svolto indagini empiriche che utilizzano la logica fuzzy alle quali si
rimanda per ulteriori riferimenti (vedi bibliografia) quali ad esempio la ricerca condotta da
Ferretti C. in cui paragona l’uso della logica classica con l’uso della logica fuzzy in una
ricerca sulle cause che predispongono all’uso di droghe evidenziando come con la logica
fuzzy si possano ottenere in questo caso(modello multidimensionale/multicausale)
maggiori informazioni più precise e dettagliate.
In conclusione si può affermare che l'approccio qui presentato è complementare a quello
dominante nel contesto degli approcci comparativisti basati sulla logica fuzzy che centra in
parte l'attenzione a problematiche prettamente tecniche quali la calibrazione dello strumento
comparativo e l'operativizzazione dei concetti di partenza ma non da eccessivo risalto alla
problematizzazione del livello ontologico di pertinenza dei costrutti su cui il ricercatore
conduce la propria analisi.
2.5.3 L'operazionalizzazione del concetto di povertà e la logica fuzzy.
Gli studi sulla povertà sono stati tra i primi settori di applicazione della fuzzy logic
probabilmente per l'estrema complessità di questo fenomeno e per il fatto che all'interesse
cognitivo segue un interesse pragmatico di sviluppo di programmi di intervento nelle varie
realtà di studio. Attraverso la descrizione di questo settore di applicazione si cercherà di
rendere evidente quale è l'apporto che questo metodo può dare alla conoscenza sociologica.
In altri termini si cercherà di mostrare come l'impiego della teoria degli insiemi fuzzy
facilita e approfondisce lo studio quantitativo e multidimensionale del concetto povertà e
per estensione di altri concetti/fenomeni rilevanti delle scienze sociali.
In generale la povertà può essere ritenuta una condizione presente in numerose società
umane, può presentarsi come fenomeno di massa nel caso in cui si è di fronte ad una
mancanza di risorse che colpisce la collettività ma più spesso riguarda individui e gruppi
sociali in situazione di ineguaglianza rispetto ad altri. Proprio perché la povertà è una
54
condizione da sempre presente nelle società umane da sempre queste, sia ispirate da
sentimenti benevoli che in altri casi dal timore della pericolosità sociale insita in uno stato
diffuso di bisogno e/o insoddisfazione, hanno tentato di varare interventi e provvedimenti
atti a lenire lo stato di bisogno. A tal fine da sempre si è cercato di conoscere e descrivere
questo fenomeno sociale anche se una vera riflessione scientifica sulla povertà si sviluppa
solo in epoca moderna in concomitanza dello sviluppo economico e demografico che si
manifestò in Francia ed Inghilterra dalla seconda metà del secolo XVIII. Senza fermarsi
troppo sulle distinzioni fondamentali tra miseria e povertà e tra i diversi gradi di povertà in
questo paragrafo si cercherà di delineare come la logica fuzzy è stata utilizzata nello studio
di questo fenomeno. La definizione di povertà sottostante ai diversi approcci
unidimensionali volti ad operazionalizzare/misurare il fenomeno è principalmente quella di
povertà come mancanza di benessere economico. L'approccio multidimensionale nasce
dall'esigenza cognitiva di non identificare la dimensione monetaria come l'unica rilevante.
In questo senso le teorizzazioni unidimensionali/monetarie sottintendono che i programmi
volti ad un miglioramento o ad un uscita dallo stato di povertà debbono determinare un
aumento del reddito. Negli approcci multidimensionali questa assunzione è sottoposta a
critica e si ritiene che non sempre un aumento del reddito determini un'uscita dallo stato di
povertà o ad un miglioramento dello stato di benessere. Gli interventi proposti tengono
conto di più variabili proprio perché la povertà è considerata un fenomeno complesso. Tra
gli approcci multidimensionali si ricordano i lavori di Renè Lenoir che accanto alla variabile
economica prende in considerazione le sfere dei diritti civili e politici, i meccanismi che
generano svantaggi sociali e l'isolamento sociale che si sovrappone pur essendo un concetto
a se stante alla povertà e l'approccio delle capabilities di Amartya Sen. Negli ultimi anni la
costruzione di indici di povertà basati su un approccio multidimensionale è stato
riconosciuto validi da molte agenzie internazionali tra le quali l'ONU. Ricordiamo l' indice
di povertà umana (HPI) rilevato all'interno del programma di sviluppo delle Nazioni Unite.
Dopo questa più che sommaria presentazione del motivo che ha spinto alla scelta
dell'approccio multidimensionale e la citazione di alcune definizioni multidimensionali di
tale concetto ai quali si rimanda (vedi bibliografia) passerò ad illustrare l'approccio
multidimensionale fuzzy. Una delle prime applicazioni della fuzzy allo studio
multidimensionale della povertà è stato elaborato da A. Cerioli e S. Zani50 ed è denominato
il TFA (Totally fuzzy Approach). Gli autori propongono un sistema in grado di gestire una
pluralità di variabili riferite a diverse dimensioni del fenomeno povertà, al tal fine
distinguono tre casi a seconda del tipo di variabile coinvolta; dicotomiche, dove non si ha
una fuzzyficazione dell'insieme e vige quindi la logica classica binaria; ad intervalli e
continue.
Per le variabili ad intervalli, quali ad esempio i livelli di soddisfazione rispetto alla propria
condizione, rilevate attraverso uno scaling con item a scelta multipla (ad esempio un
Likert), associando dei punteggi Sj ai diversi stati della variabile con modalità ordinate in
maniera tale che a valori bassi del punteggio corrisponda un basso rischio di povertà. Viene
prevista l'individuazione tra i punteggi di due valori soglia che individuano i valori passati i
quali si è o sicuramente in uno stato di deprivazione o in uno stato di non deprivazione,
quindi viene attribuita una funzione lineare alla variazione compresa tra le due soglie. Il
tutto viene formulato in questa maniera :
50
55
Cerioli A. Zani S. A fuzzy Approach to the Measurement of Poverty in Dagmun C., Zenga M. Income and Wealth
Distrubution, Inequality and Poverty, Berlino, Springer, 1990 pp 272-274.
g (Xij) = 0 se Sij < Sminj
g (Xij) = grado di appartenenza
dell'elemento i rispetto all'insieme
rispetto all'insieme costruito sulla
variabileXj.
Smaxj - Sij
g (Xij) =
se Sminj < Sij < Smaxj
Smaxj- Sminj
g (Xij) = 1 se Sij > Smaxj
Dove
Sij= punteggi dell'elemento i
Smaxj e Sminj = valori soglia
Per le variabili continue il metodo adoperato dai due ricercatori è simile, prevede in pratica
di sostituire i valori dei punteggi assegnati alle modalità con il valore della variabile stessa,
anche in questo caso vengono identificati dei valori soglia. Nel caso del reddito Cerioli e
Zani propongono come valori soglia come limite inferiore la soglia di sussistenza e come
limite superiore in funzione della media del reddito generale.
B. Cheli e A. Lemmi51sviluppano a partire dalla proposta di Cerioli-Zani, un'altro approccio
alla misurazione multidimensionale della povertà il TFR (Totally Fuzzy and Relative) a
partire dal riconoscimento dei limiti delle indagini tradizionali; La rigidità della dicotomia
povero/non povero e la natura prevalentemente monetaria degli indicatori utilizzati. La
metodologia fuzzy permette di superare il primo limite attraverso l'uso di appartenenze
sfumate e di non utilizzare solo indicatori relativi al reddito ed al livello di consumo. I due
autori criticano la specificazione delle funzioni di appartenenza di Cerioli e Zani per quel
che concerne le variabili continue ed ordinali in quanto la scelta di valori soglia porta a
decisioni troppo arbitrarie. Inoltre la forma lineare della funzione di appartenenza tra i valori
soglia secondo Cheli e Lemmi non ha fondamento ne dal punto di vista teorico ne empirico.
Per questo preferiscono l'utilizzo dei dati stessi per la definizione della funzione di
appartenenza. Le variabili dicotomiche vengono trattate secondi il metodo TFA, le variabili
ordinali e continue invece secondo la definizione:
g(Xij) = H(Xj) dove : g(Xij) = grado di appartenenza dell'elemento Xi all'insieme costruito
sulla variabile Xj; H(Xj) = funzione di distribuzione della variabile campionaria Xj le cui
modalità (se ordinale) siano state ordinate sulla base del rischio di povertà connesso. Lemmi
e Cheli elaborano una funzione alternativa per i casi in cui una variabile abbia una frequenza
elevata52 per una modalità estrema che associa in modo forzato l'appartenenza di 0 alla
modalità minima e di 1 alla massima, mantenendo struttura curvilena trai valori estremi. Per
i fattori di peso da attribuire nelle medie ponderate attravero cui aggregare i punteggi i due
studiosi generalizzano il metodo di Cerioli-Zani, calcolandoli come logaritmo naturale
dell'inverso della proporzione fuzzy di elementi poveri rispetto all'indicatore.
Per la variabile Xj il peso Wj è calcolato :
n
Wj = 1n
1
g(Xj)
51
52
56
con g(Xj)= 1/n∑ g(Xij)
j=1
In questo modo come in Cerioli e Zani si
attribuisce un peso maggiore ad un fattore
maggiormente presente nella popolazione di
riferimento.
Cheli B.Lemmi A. A totaly fuzzy and relative approach to the multidimensional analysis of poverty, in Economic
Notes by Monte dei Paschi di Siena, 1, 1995, pag. 115-134.
Per evitare la distorsione che si produrrebbe con valori anormalmente elevati associati ad un rischio di povertà
basso.
E.C. Martinetti sviluppa una metodologia fuzzy basata sulla teoria delle capabilities di
A.Sen. Cercando di mantenerne i punti di forza affrontandone i limiti tra i quali si segnalano
la modalità di scelta ed aggregazione degli indicatori dimensionali e la scelta dei
funzionamenti da introdurre nell'analisi empirica. La metodologia degli insiemi fuzzy
secondi Martinetti riveste utilità sia dal punto di vista pragmatico, in quanto consente di
scegliere tra le molte famiglie di operatori possibili rendendone possibile l'uso sia in
presenza di variabili quantitative che qualitative con dimensioni multiple che metodologico
in quanto tale metodo risulta particolarmente adeguato a trattare i margini di vaghezza
collegati a molti dei concetti presenti nella teoria dei capabilities. Lo spazio di valutazione è
costruito a giudizio del ricercatore o sulle capabilities53, che in generale vengono preferiti in
un contesto di progettazione della ricerca anche se in questi casi è possibile utilizzare lo
spazio dei functionings54 raggiungibili o sui functionings raggiunti se ci si sta basando su
dati secondari. Dopo aver selezionato dimensioni ed indicatori rilevanti il metodo (come
tutti i metodi fuzzy presentati) prevede la scelta della funzione di appartenenza che deve
essere la più adeguata alla loro fuzzificazione. L'autrice consiglia di scegliere le funzioni
sulla base della natura dei dati rilevati, per ridurre i margini di arbitrarietà introdotta dal
ricercatore, che altrimenti nel imporre delle funzioni su base teorica sarebbe alta. Verranno
pertanto impiegate funzioni sigmoidi, logistiche o gaussiane per variabili non equidistribuite
e funzioni lineari o trapezioidali nel caso di variabili equidistribuite, in seguito la
ricercatrice di far emergere dai dati stessi la funzione attraverso l'interpolazione o il metodo
dei minimi quadrati oppure derivando la funzione dal giudizio di esperti esterni o dai
soggetti stessi della ricerca. La studiosa utilizza operatori fuzzy di unione a media ponderata
al fine di aggregare in un unico indicatore più indicatori elementari relativi ad un unico
functioning, con lo stesso sistema o con l'operatore di intersezione, attraverso l'aggregazione
di sottoinsiemi fuzzy relativi ad i diversi functioning in un indice per ogni unità di analisi.
Questo metodo è stato applicato dall'autrice ai dati dell'Indagine Multiscopo 1994 ISTAT, da
cui ha elaborato quindici indicatori, di cui alcuni compositi, aggregati in cinque insiemi
fuzzy corrispondenti a cinque functioning relativi a: abitazione, salute,
educazione/conoscenza, relazioni sociali, condizioni psicologiche. Tale approccio è stato in
seguito sviluppato dalla Martinetti che individua tre fasi di applicazione dell'insiemistica
fuzzy: descrizione che è la fase in cui si costruisce il rapporto tra i costrutti concettuali
(functionings) e gli insiemi fuzzy. L'uso di questi insiemi consente di usare etichette
linguistiche in corrispondenza con i diversi livelli raggiunti con i vari functionings (ad
esempio essere nutrito poco-sufficientemente-abbastanza ecc.. )in modo sfumato, cosa
impossibile in genere con una variabile ordinale. É a questa fase che si riconduce la
definizione delle funzioni di appartenenza
l'aggregazione ed inferenza. Per l'aggregazione come già detto vengono utilizzati gli
operatori fuzzy scegliendo in base al contesto tra complemento intersezione ed unione.
La terza ed ultima fase l'inferenza concerne il passaggio dall'identificazione, descrizione ed
53
54
57
Trad. capacità. Sono le capacità e le possibilità che ne conseguono che gli individui hanno o non hanno di
raggiungere gli obbiettivi desiderati
Trad. funzionamenti. Sono stati di essere e di fare, situazioni o corsi di azione che le persone intendano raggiungere
e/o porre in essere come ad esempio essere in buona salute ecc...Un reddito basso diminuisce la possibilità di
raggiungere determinati funzionamenti, ma a parità di reddito diversi livelli di capacità aumentano le possibilità di
trasformare in funzionamenti il reddito. Il reddito resta uno degli indicatori fondamentali del benessere, ma questo
viene definito in modo multidimensionale sulla base di diversi indicatori, parametri non solo monetari che a parità di
reddito possono influenzarne il raggiungimento.
aggregazione dei functionings alla formazione di una valutazione globale del benessere
individuale servendosi dell'inferenza fuzzy sviluppata da Mamdani e Assilian. Molti sono
gli studi che integrano e confrontano le diverse metodologie illustrate tra cui vale la pena
citare M. Qizilbash A note on the measurement of poverty and vulnerability in the South
African context, in Journal of International Development, 14, 2002, pp 757-772 e M.
Qizilbash e D.A.Clark The Capability Approach and fuzzy Poverty Measures : An
Application to the South African context, in Social Indicators Research, 74, 2005, pp103139. Dagli studi mostrati emergono le possibilità di questo metodo ed i suoi limiti. Appare
chiaramente come proprio la scelta della funzione di appartenenza che è la caratteristica dei
metodi che utilizzano la logica sfumata sia la fase più delicata. In questi studi la logica
fuzzy è utilizzata sin dalle prime fasi di progettazione dell'indagine anche se a volte i dati
vengono rilevati con strumenti progettati a partire dalla logica binaria e poi attraverso la
funzione di appartenenza fuzzificati.
2.5.4 M. Smithson uso della fuzzy logic per la chiarificazione dei concetti e la
costruzione di un sistema fuzzy.
Un'altra applicazione della logica fuzzy alla ricerca sociale è nell'opera di Micheal
Smithson. In Fuzzy Set theory: applications in the Social Sciences l'autore estende gli studi
che aveva già impostato in Fuzzy Set Analysis for the Behavioral and Social Sciences, in cui
evidenziava l'importanza di una corretta formulazione in chiave fuzzy, attraverso le
opportune funzioni di appartenenza, dei concetti chiave della ricerca nella fase preliminare
di chiarificazione dei concetti come momento preliminare alla costruzione del metodo di
rilevazione. Smithson evidenzia come le molteplici possibilità di strutturazione interna
offerte da un insieme fuzzy permettano la misurazione di proprietà differenti dalla sola
cardinalità di un insieme, con tutto ciò che ne consegue in fase dei concetti considerati
secondo la logica fuzzy. Tra differenti insiemi fuzzy, che corrispondono a concetti,
indicatori e variabili vengono come nel caso dell'utilizzo della logica classica, operate
composizioni mediante l'utilizzo degli operatori logici visti nel paragrafo dedicato a Ragin.
Nella ricerca empirica secondo Bruschi la logica può essere utilizzata in due modi; come
strumento di calcolo o come strumento di ragionamento. Nel primo caso parliamo di un
insieme di operazioni matematiche su entità a due valori, somme o prodotti logici utilizzati
per risolvere equazioni logiche; si parla infatti in questo caso di calcolo logico o di algebra
logica. Il secondo tipo riguarda i processi argomentativi attraverso i quali si passa da
premesse a conclusioni, ed è l’uso classico di tale disciplina, prima della formalizzazione
studiata da Boole. Il cuore di un ragionamento fuzzy è dato (come più sopra accennato) da
una serie di proposizioni del tipo If-Then che codificano l'uscita y dell'algoritmo a fronte di
determinate combinazioni dei suoi ingressi. Questi enunciati vengono denominati regole ed
il loro insieme, base delle regole, rappresenta la codifica di tutte le conoscenze che abbiamo
sul sistema oggetto di studio (o perlomeno le conoscenze che utilizzeremo per studiare da
una determinata prospettiva quel dato oggetto). Sia l'antecedente che a volte (meno spesso)
il conseguente possono essere combinazioni logiche di diversi enunciati fuzzy. Nell'ambito
della teoria fuzzy per spiegare e effettuare previsioni su sistemi complessi vengono
utilizzate le mappe cognitive fuzzy, queste delineano immagini causali che collegano ed
elaborano gli enunciati riferiti a determinati eventi e fenomeni.
In sociologia possiamo avere relazioni causali, o covariazione55 tra variabili (o spesso un
55
58
Abbiamo correlazione o covarazione quando osserviamo su due variabili variazioni concomitanti, in altre parole al
sistema misto). Una mappa fuzzy ha chiaramente dei presupposti causali, le regole si
presentano nella forma :
IF(x1 IS A1 AND x2 IS B1 THEN (y is C1 ).
La funzione di un algoritmo fuzzy è quella di esonerare lo studioso dal dover conoscere,
quando e se esistono, le precise regole matematiche che incorrono tra le grandezze in gioco,
consentendoci in cambio di esprimere ciò che di quel sistema sappiamo attraverso un
sistema non matematico. Infatti i sistemi fuzzy vengono utilizzati per formalizzare ed
implementare sistemi esperti sulla conoscenza empirica senza dover ricavare un modello
matematico che descrive i fenomeni in gioco ma il cui reale beneficio non vale lo sforzo
effettuato per ottenerlo. Inoltre per ottenere tale modello, in particolare nelle scienze sociali
si devono introdurre pesanti approssimazioni (spesso di linearità) che a volte rendono quasi
inutile o problematica questa complessa formulazione.
Le principali fonti per costruire un sistema fuzzy sono : le conoscenze consolidate spesso
approssimative e qualitative, ed i dati rilevati. Il sistema come accennato si costruisce con
le tipiche regole if- then affini al ragionamento umano sulla base di teorie ed esperienze
pregresse ed estraendo queste regole dai dati attraverso specifiche tecniche quali ad esempio
il fuzzy clustering. Quindi si passa ad un successivo tuning (taratura) delle funzioni di
appartenenza e delle regole. La struttura del modello, forma delle funzioni di appartenenza,
numero di regole utilizzate, molteplicità delle proposizioni antecedenti e conseguenti,
determina la flessibilità dell'algoritmo nell'approssimarsi ad un sistema osservato. La prima
cosa da fare per costruire questo tipo di modello è scegliere le variabili di ingresso e di
uscita del modello, così come sulla base di conoscenze teoriche ed empiriche si formulano
le relazioni tra le variabili, in un modello ad equazioni strutturali.
In questa prima fase di costruzione di un algoritmo fuzzy, la conoscenza pregressa (teorica
ed empirica) e lo scopo cognitivo del modello sono l'unica guida che ha il ricercatore, è
importante che i fuzzy set definiti per ogni variabile siano in grado di ricoprire i valori
effettivamente assunti dalla variabile nell'applicazione di cui ci si sta occupando.
La scelta del numero e della forma delle funzioni di appartenenza determina chiaramente i
gradi di risoluzione del modello che si è impostato, una maggiore densità è raccomandata
nel caso si abbia bisogno di risultati più accurati, ricordando che però in questo caso cresce
l'impegno di risorse del sistema di elaborazione.
Come sottolineato da Veronesi-Visioli il numero di fuzzy set per ciascuna variabile è in
genere dispari, sopratutto nelle applicazioni tecniche operative (lavatrici condizionatori e
applicazioni di decision making), in quanto si cerca di ottenere una simmetria rispetto ad
una classe centrale. É chiaro che il grado di sovrapposizione tra fuzzy set non può essere
nullo, ma non può neanche essere esagerato, la sovrapposizione è in genere tra due classi
adiacenti.
Le regole si strutturano in base, come già detto alle conoscenze disponibili e al grado di
precisione e/o flessibilità che si intende dare al modello.
Un modello fuzzy, così come un algoritmo della stessa specie, con N input da M funzioni di
appartenenza ciascuno e con L output richiederebbe un massimo di Mn L regole, che però
non sono tutte necessarie per descrivere l'oggetto di studio.
variare di una varia anche l'altra. Nella causazione è invece implicata una nozione di produzione, in questo tipo di
relazione sono quindi presenti gli elementi di direzionalità della relazione, relazione causa effetto, e di legame
diretto in quanto il variare di una variabile è dovuto e non solo associato al variare dell'altra. La causalità appartiene
al mondo della teoria ma deve tenere chiaramente conto dellle covariazioni riscontrate empiricamente.
59
Secondo Kosko una mappa cognitiva fuzzy (FCM) serve per fornire un immagine
dell'oggetto di studio delineando un'immagine causale “che collega fatti e cose e li elabora
in valori, politiche, obiettivi”e possiamo aggiungere spiegazioni. “Ciò consente di fare
previsioni su come interagiscono e si svolgono eventi complessi”.
Il processo di definizione operativa non cambia nella sua struttura, ma viene arricchito dalla
possibilità di rilevare il grado di attivazione dei meccanismi individuati, e il grado di
appartenenza del singolo individuo alla tipologia creata. I primi esempi di FCM sono stati
dati da Kosko a partire dal 1983, la rappresentazione grafica di uno di questi modelli può
essere utile.
Ogni freccia della figura sottostante definisce una regola fuzzy, definendo un legame di
dipendenza tra le variabili (chiaramente il simbolo + corrisponde ad un incremento ed il
simbolo – ad un decremento del legame).
A queste frecce viene dato un valore attraverso un numero compreso tra -1e +1, oppure si
possono inizialmente utilizzare valutazioni non numeriche categoriali quali ; poco, molto,
più o meno...
Anche i nodi o concetti sono fuzzy, possono infatti attivarsi in una determinata misura su un
continuum compreso tra 0 a 100. Ogni nodo rappresenta un insieme fuzzy, ogni evento o
ogni caso lo attiva o gli appartiene in qualche misura.
Fig 22 Esempio di FCM (mappa cognitiva fuzzy).
sempre
Traffico
Autostradale
congestionato
Cattivo
Tempo
di solito
alquanto
incidenti
un pò
spesso
+
molto
Riluttanza
A rischiare
sempre
freq.
pattuglie
moltissimo
alquanto
Velocità guida
(Kosko FCM con retroazione pp 261 incidenza del cattivo tempo sugli incidenti).
Questa FCM mostra quanto può incidere il cattivo tempo sulla velocità di guida in una
autostrada californiana. Le frecce sono le regole fuzzy e hanno pesi non quantitativi, come
di solito e un po'. I singoli concetti messi in relazione possono essere graduati, possiamo
avere un cattivo tempo più o meno cattivo, degli incidenti più o meno gravi, e quindi sia nel
rilevarli che nel metterli in relazione potremmo creare dei continuum che mettono in luce le
diverse possibilità. In questa FCM troviamo vari tipi di relazioni tra variabili, relazioni
dirette in quanto in generale come ricordato da Corbetta “ una teoria scientifica nella
maggioranza dei casi non è altro che un insieme di proposizioni causali, e la sua
rappresentazione formalizzata il modello, non è altro che una rete di relazioni causali in
prevalenze dirette”. Si dice che due variabili sono legate da una relazione diretta quando un
mutamento nella variabile considerata causa determina un mutamento nella variabile effetto.
60
In questo caso noi abbiamo una variabile che produce, mutando, o non produce un effetto,
l'ausilio che possiamo ottenere da un'impostazione sfumata è il determinare in che misura la
variabile A determina una variazione sulla variabile B. Tale misura è espressa anche a
partire da una logica bivariata dal coefficiente di correlazione o dal chi quadrato.
2.5.4 Cenni di Cluster Fuzzy
Un'altra area di applicazione della fuzzy nelle scienze sociali è l'utilizzo di strumenti di
analisi dei dati basati sulla logica degli insiemi sfocati; la prima modalità di applicazione si
ha quando si utilizza la logica fuzzy nella modellizzazione del disegno della ricerca, in
questo tipo di utilizzazione si può evidenziare l'influenza del paradigma della complessità;
nel secondo tipo si ha un utilizzo di tecniche basate sulla logica sfumata spesso partendo da
ricerche condotte attraverso la logica dicotomica. La fuzzy analisi ha trovato sotto questo
aspetto una vasta applicazione nella costruzione di algoritmi di clustering. I metodi di
classificazione basati su classificazione fuzzy partono dall'idea che il grado di appartenenza
(valore della funzione di appartenenza) può essere utilizzato per rappresentare la misura di
quanto un elemento somiglia ad un altro che possiamo definire prototipo ( o centro). I dati
vengono classificati in due gruppi in base alla vicinanza euclidea ai due centri :
V1≡ ( X°1 ,Y°1) e V2≡ ( X°2 ,Y°2).
La partizione dei dati viene espressa dalla matrice di ripartizione fuzzy, il cui elemento ųij è
la misura di appartenenza del dato (xi yi ) al fuzzy cluster che rappresenta la similitudine al
prototipo vj.
Figura 23
y1
y2
X
X1
1
X2
1
Le regole if then possono essere facilmente estratte proiettando i due cluster sugli assi
x ed y considerando che ogni regola è associata ad un diverso cluster, ed ogni dato
nuovo viene classificato nel cluster dove è massimo il valore di appartenenza alla
classe cluster corrispondente. Secondo Veronesi e Visioli “allo scopo di ricavare un
sistema fuzzy sulla base dei dati un buon modo di procedere può essere quello qui
61
sotto schematizzato”
In questo algoritmo si pone il primo dato come centro del primo cluster, quindi se la
distanza di un nuovo dato dal centro di uno dei cluster è minore di un determinato
valore, allora si pone il dato nel cluster il cui centro è il più vicino al dato stesso. Se
questo non avviene si pone il dato al centro di un nuovo cluster.
Si tenga presente che tra gli algoritmi fuzzy per la cluster il Fuzzy C-Means (FCM) è uno
degli strumenti che ha trovato un largo impiego nelle scienze sociali in questo caso il
prototipo del cluster può essere considerato come una forma comune empirica. Nascimento,
Mirkin e Moura-Pires hanno sviluppato un algoritmo alternativo il Fuzzy Clustering
Proportional Memberschip Model (FCPM). In questo secondo strumento i prototipi hanno
attribuzioni estreme e questo secondo gli autori doveva rendere tale metodo utilizzabile
nelle procedure comparative idealtipiche ( Nascimento, Mirkin e Moura-Pires 2001
“Proportional Memberschip in fuzzy clustering as model of ideal types). Il concetto di
idealtipo è però inteso con la medesima accezzione di Bailey, e cioè come un caso che
manifesti tutte le proprietà rilevanti nel massimo grado. Come si può facilmente capire gli
algoritmi brevemente esposti, si applicano nell'analisi dei dati, pertanto il loro limite più
importante deriva dal fatto che non danno nessuna informazione sulla qualità dei dati a cui
vengono applicati. La cluster fuzzy può essere utilizzata anche con dati Bit (nella
maggioranza dei casi viene utilizzata con questo tipo di dati) ed in questi casi probabilmente
costituisce un raffinamento delle analisi condotte con strumenti tradizionali ma non è un
approccio intrinsecamente fuzzy. Inoltre, anche se a volte la combinazione di logiche
differenti può portare ad un miglioramento della ricerca, altre volte l'assenza di un'adeguata
modellizazione che tenga conto delle differenze tra le due logiche e delle assunzioni che ne
sono alla base, può determinare un uso improprio di queste tecniche, da cui spesso deriva
più confusione che altro. Uno dei motivi che in genere determinano un arricchimento
dell'analisi utilizzando tecniche basate sulla fuzzy logica, risiede nel fatto che in una ricerca
sociale l'oggetto di studio risponde in molti casi meglio ad una analisi dei dati che tenga
conto della vaghezza sempre (o quasi sempre) presente all'interno delle concettualizzazioni
e delle teorie utilizzate.
62
Misurazione, scaling e classificazione;
cosa cambia con la logica sfumata ?
_
3.1 Sulla misurazione. É possibile una misurazione nelle scienze sociali e secondo
quali convenzioni ?
La domanda alla base di questo capitolo risulta fondamentale per comprendere l’uso ed i vantaggi
di un modello logico che formalizza il qualitativo ed il vago attraverso un procedimanto matematico
non eccessivamente complicato.
3.1.1 Cosa è un processo di misurazione
Col termine misurazione56 viene comunemente espressa l’azione/processo di quantificare
qualcosa, (misurare una lunghezza, un’onda sonora ecc..), tale termine passando alle scienze
sociali assume un significato più ampio in quanto include livelli di misurazione inferiori
tipici dello studio statistico di molti fenomeni sociali. In questa accezione si può quindi dare
a tale termine una più precisa definizione ; “essa consiste nelle regole di assegnazione di
numeri e parole a proprietà di oggetti o eventi in modo tale da poter attribuire alcune delle
caratteristiche dei numeri alle proprietà stesse. Il termine regole sta a indicare che le
procedure mediante le quali si assegnano numeri o parole devono essere esplicitamente
stabilite” ( M. Fraire “Statistica”Carocci 1999 Roma pp 71). In generale si riferisce la
misurazione ad una serie di proprietà nel senso di una grandezza o di un'attributo, in altri
termini un insieme di caratteri percepibili e sopratutto rilevabili in modo stabile e ripetibile
dal ricercatore. La scienza della misura57 è una delle scienze più antiche in quanto misurare
è una delle esigenze vitali dell'uomo, per la comprensione dell'ambiente (principalmente
fisico) in cui viviamo. A questo proposito Galileo affermava che "contiamo ciò che è
contabile, misuriamo ciò che è misurabile e rendiamo misurabile ciò che non lo è", ed infatti
in tutte le scienze fisiche/ingegneristiche si opera costantemente con numeri esito delle
osservazioni-misurazioni sperimentali. Anche nelle scienze umane molti sono stati i
tentativi di riportare le osservazioni a numeri e di arrivare a processi di misurazione
effettiva, anche se questi tentativi hanno avuto poco successo e non sempre possono essere
considerati totalmente opportuni. Alla definizione di misurazione precedentemente citata e
tra l'altro non accettata uniformemente da tutti alla luce delle ultime acquisizioni della
matematica, della logica e della filosofia della scienza, si possono aggiungere alcune
precisazioni di Churchman (riportate da Capecchi in Introduzione a Lazarsfeld) sulla
"misurazione" riferita alla analisi quantitativa dei fenomeni sociali. Secondo Churchman "Il
problema della misura implica quattro fasi :
Language: tipo di linguaggio in cui si vuole siano espressi i risultati
Specification: Il tipo di oggetti a cui questo linguaggio si riferisce
Standardization: Come questi risultati possono essere utilizzati
Accuracy and control: Come si può valutare l'uso di tali risultati.
Churchman attraverso questo procedimento tecnico-metodologico evidenzia che
l'applicazione del metodo statistico-matematico di misurazione nelle scienze sociali richiede
un procedimento complesso e critico da parte del ricercatore che dovrà scegliere un modello
statistico matematico adeguato al fenomeno da indagare e alle domande che sul quel
56
57
63
Il termine misurazione verrà utilizzato in senso matematico/logico concordando del resto con la maggiore
approriatezza del termine rilevazione per quel che concerne la sociologia.
Misura è l'esito del processo di misurazione
particolare fenomeno vogliamo chiarire, quindi il livello di misurazione adeguato e il
modello statistico di rilevazione e analisi dei dati adeguato.
Se in effetti è inopinabile quanto affermato da Stevens "la definizione meno restrittiva e più
utile di misurazione è"l'assegnazione di numeri alle cose in modo tale da rappresentare i
fatti e le relazione tra essi" è evidente che per questo autore (e non solo) il modello ideale di
misurazione è quello metrico-matematico e che questo processo dovrebbe assicurare al
ricercatore la certezza dei numeri cardinali. Pertanto se è questo che si richiede alla
misurazione allora il problema su "cosa sia o non sia la misurazione si riduce alla domanda
quali sono le regole con le quali i numeri vengono assegnati ? (Se queste regole ci sono)"
Ma in realtà come afferma Cannavò il problema più legittimo da porsi è semmai la
sensatezza della stessa operazione principalmente se si considera che gli oggetti di indagine
dello scaling nelle scienze sociali sono opinioni, atteggiamenti e motivazioni che più che
misurati vengono valutati (valutazione in senso di giudizio). Si può a questo proposito
convenire con Russel che un processo misurativo nel senso suddetto è possibile. Il logico
Inglese sottolinea che"esistono due concezioni metafisiche generali della misurazione" che
se accettate possono condurre alla concezione che tutte le grandezze (non solo le fisiche)
sono in qualche modo suscettibili di misurazione matematica. La prima tra queste due teorie
afferma che "tutti gli eventi o sono eventi della serie causale dinamica o sono in
correlazione con essi," in questo senso rispetto alle "quantità mentali" questa teoria si
appoggia sul parallelismo psicofisico ed afferma che il "movimento correlato a qualunque
quantità psico fisica, offre sempre teoricamente un mezzo per misurare questa quantità. La
seconda che dovrebbe condurre alla misurabilità universale, poco attendibile per il
matematico, è liberamente derivato dal concetto di anticipazione delle percezioni di Kant,
ed afferma che tra le grandezze intensive un qualsiasi accrescimento sia sempre
accompagnato da un accrescimento di realtà". L'ultima teoria è per Russel infondata, in
quanto porterebbe a non considerare propriamente misurazione solo quel processo basato
sull'assegnare numeri alle proprietà e grandezze che si intende misurare, anche se ritiene
possibile fondare sulla base di tali giudizi/valutazioni , il calcolo edonistico.
Le classi di grandezze che possono essere riportate alla misura sono le divisibilità58 e le
distanze che comprendono quegli enti denominati estensivi59 (che abbiano o meno relazione
con i concetti di spazio e tempo). Tutte le altre quantità considerabili sono definite intensive
da Russel. In questi casi non si dà la possibilità di effettuare misurazione numerica salvo che
mediante una manipolazione statistico/matematica che consenta di considerare tali
grandezze60 continue nel senso che vi ha attribuito Cantor, o comunque simili alle serie che
possono venir tratte dalle serie continue. Per Cantor qualunque grandezza (concettuale,
fisica, mentale) diviene misurabile se si riesce a distenderla su un segmento di cui si deve
specificare i due estremi e la distanza tra di essi non sia la minima in altre parole che tra i
58
A livello teorico secondo Russel nessuna grandezza è realmente divisibile se non attraverso una convenzione che stabilisce che se le distanze a0 a1, a1
a2,......,an_1an, sono tutte uguali e nello stesso verso a0 an, deve dirsi n volte ognuna delle distanze a0 a1 ecc.., cioè deve essere misurata da un numero n volte maggiore.
"Attraverso tale metodo i numeri corrispondenti alle distanze (se esistono) vengono definiti a meno di un fattore comune dipendente dalla scelta di un'unità"e vengono
assegnati dei numeri agli elementi della classe tra cui valgono le distanze. Tali numeri conserveranno però una duplice arbitrarietà data dal fattore scelto e dall'arbitrarietà
dell'origine scelta. Se c'è una misurazione numerica della distanza (tipico della misurazione delle distanze relative a tempo e spazio) allora in tutte le serie tra due termini
quasiasi la cui distanza non sia la minima, devono essere presenti dei termini intermedi che saranno specificati se sono specificati i due termini estremi. Se la serie è tale
che le distanze tra i termini consecutivi siano uguali allora se visono n-1termini tra a e an la misura della distanza tra questi due termini è proporzionale ad n. Pertanto
includendo nel tratto uno solo dei due termini estremi la misura del tratto e la distanza sono proporzionali (tratti uguali corrispondono cioè a distanze uguali).
59
60
64
Partendo dalle grandezze ad una dimensione connesse con una retta la maggioranza delle teorie può essere distinta in due classi ; quelle adatte alle aree ed ai volumi; e
quelle adatte agli angoli tra rette o piani. Le aree ed i volumi sono in genere trascurati dalle teorie che considerano il punto di vista relazionale dello spazio o partono
dalla geometria proiettiva. La ragione risiede nel fatto che se si suppone che esiste sulla retta una relazione di distanza si hanno due grandezze distinte a livello teorico
ma praticamente congiunte che sono : distanza(simile agli angoli) e divisibilità del tratto(simile alle aree ed ai volumi). Gli angoli possono essere considerati come
distanze tra termini di una serie, le aree sono grandezze o somme di divisibilità.
Qualsiasi cosa possa risultare maggiore o minore di qualcosa di altro. Possiede una relazione analoga a quella di inclusione ad una classe, Per quantità viene invece
inteso un contenuto particolare di una grandezza, costituita dal complesso consistente dalla grandezza e da una certa posizione spazio temporale da questa occupata.
due estremi esistano punti intermedi61.
Secondo quanto affermato da Russel in tal caso"risulterebbe teoricamente possibile mettere
in relazione un genere qualunque di grandezza con tutti i numeri reali o con parte di essi, in
modo da far corrispondere lo zero delle grandezze considerate allo zero dei numeri e le
grandezze maggiori ai numeri maggiori. Se invece una qualunque serie di grandezze senza
essere continua, contenesse delle serie continue, essa risulterebbe teoricamente non
suscettibile di misurazione per mezzo di numeri reali" (B.Russel I Principi della
Matematica, 1951 Longanesi Milano).
Comunque nonostante si tenda ad attribuire una maggiore scientificità ed attendibilità al
processo di misurazione numerico non bisogna sottovalutare quei processi di rilevazione
basati su quelli che Russel definisce giudizi immediati di ugualianza e di maggiore e
minore. Tali giudizi sono logicamente alla base del concetto di misurazione e sono possibili
anche disponendo di grandezze/quantità intensive. La misurazione numerica rispetto a
questi offre una maggiore precisione per quanto riguarda le piccole differenze riducendo e
non eliminando il margine di dubbio. Si può attraverso tali giudizi ordinare grandezze e
proprietà attraverso un giudizio di maggiore/minore. Possiamo quindi sapere che un
determinato elemento ha una maggiore o minore quantità di una data proprietà (ordinare
quindi una grandezza in base a giudizi di maggiore/minore quantità), possiamo anche
riconoscere che una grandezza è intermedia ad altre due e a livello teorico si può affermare
che se la differenza tra due grandezze non può essere che una grandezza allora possiamo
sapere se la differenza tra due grandezze sia maggiore della differenza tra altre due
grandezze dello stesso genere. Difatti ognuno di noi, come ricorda Russel è in grado di fare
confronti, notare se due oggetti sono più o meno uguali o se una proprietà è posseduta in
modo circa uguale o molto minore o maggiore. Il problema nasce quando "la differenza è
piccola, ed in questi casi tutto ciò che può fare la misurazione a questo riguardo è di
diminuire il margine di dubbio"(Russel Principi della Matematica).
Attraverso questo tipo di strumento logico si possono "sistemare in una scala di grandezze
maggiori e minori, quantità non strettamente suscettibili di misurazioni numeriche", ed è
questo il fondamentale risultato quantitativo della misurazione numerica. Quindi in sintesi
noi possiamo sapere se una grandezza62 è maggiore di un'altra, se una terza grandezza è tra
le due, a meno di non parlare di differenze minime, inoltre partendo dal punto di vista logico
che la differenza tra due grandezze, qualsiasi cosa esse siano, sia una grandezza, possiamo
comunque vedere, in teoria, se la differenza di una coppia di grandezze sia superiore,
maggiore od uguale alla differenza di un'altra coppia di grandezze dello stesso genere,
ottenendo in tal modo proposizioni definite ed esplicative. Perciò anche senza una vera
misurazione numerica queste proposizioni esprimono relazioni di grandezza abbastanza
definite alle quali correlare numeri in linea di principio non aggiunge ne toglie niente anche
se in senso operativo statistico in sede di analisi l'operazione di correlazione della grandezza
a numeri facilita la manipolazione dei dati. Tali proposizioni/giudizi nonostante possono
apparire-ed in un certo senso lo sono- più imprecise e definite rispetto alle proposizioni
scaturite da una misurazione matematica hanno però una precisione e definizione di tipo
aritmentico sufficienti rispetto allo scopo del processo misurativo.
61
62
65
I termini intermedi è il tratto da a ad an Il tutto composto da questi termini è una quantità e possiede una divisibilità misuata dal numero dei termini, purchè il loro
numero sia finito. Se la serie è tale che le distanze dei termini consecutive siano tutte uguali (o postulate uguali) allora posto che vi siano n-1 termini tra ao e a5 la
misura della distanza tra questi due termini sarà proporzionale ad n.
Con il termine grandezza Russel poteva intendere qualsiasi tipologia di grandezza, così come con il termine distanza
nello stesso testo non intendeva la sola distanza metrica.
Da quanto detto si può facilmente vedere come gli schemi di classificazione e misurazione
dei caratteri statistici possono essere ricondotti alla misura o attraverso l'arteficio cantoriano
(costruzione del continuum ) o attraverso la misurazione valutativa costruita a partire da
giudizi. Questi giudizi misurativi/valutativi possono strutturarsi in categorie o classi
ordinate o non ordinate ed è questo il caso dei soli giudizi di uguaglianza non uguaglianza.
Nel primo caso riferendosi alle scale di misura usate nelle scienze sociali abbiamo scale di
rapporti e scale ad intervalli, il secondo tipo concerne i caratteri qualitativi che sono
caratteri estensivi non misurabili quali ad esempio la religione professata, o per le scale
ordinali il titolo di studio ( bisogna ricordare che le dicotomie si basano su questo principio).
Sappiamo però che attraverso il modello cantoriano le proprietà intensive che di per se non
vengono considerate misurabili con opportune manipolazioni statistico/matematico possono
esserlo ma è bene sottolinearlo è una misurazione diversa e meno definita rispetto alle
grandezze metriche. Un adeguato approccio allo scaling deve rinunciare alla costruzione di
una scala che sia misura unica di un determinato atteggiamento/opinione in senso assoluto.
Anzi le tecniche di misurazione in questo campo devono essere inserite in disegni di ricerca
contestualizzati,
"multicritero-multitecnica
da
corroborare
attraverso
altre
tecniche.(Cannavò)
Difatti rispetto al modello metrologico risulta impossibile definire un sistema di misura che
secondo C.Giorgi è "un insieme di unità fisiche atte a misurare le diverse grandezze e
coordinate tra loro in modo opportuno sulla base di determinate leggi scientifiche" in quanto
i sistemi presentano dei requisiti non completamente realizzabili ed utilizzabili nelle scienze
sociali, che ne caratterizzano le unità ed i sistemi di coordinamento. Ricordiamo che perchè
un sistema sia detto completo le sue unità fondamentali devono consentire di rappresentare
tutti i fenomeni osservabili63. Uno dei problemi più delicati nella scienza metrologica e che
preclude la misurazione secondo il modello metrico nelle scienze sociali è la realizzazione
di opportuni campioni delle unità di misura adottate per le diverse grandezze, base per la
realizzazione di un sistema di misura64. I requisiti di un buon campione sono l'elevata
accuratezza, la stabilità o invariabilità nel tempo e l'accessibilità e riproducibilità. Se i criteri
di accuratezza, accessibilità e riproducibilità possono essere rispettate in forme diverse nelle
singole ricerche condotte nelle scienze sociali, è però difficile ed inutile disporre di uno
strumento campione (ad esempio un test di intelligenza o di misura di un determinato
atteggiamento) valido per ogni circostanza in ogni luogo e tempo.
Le "grandezze" che si vogliono misurare in sociologia sono generalmente definite
concettualmente in modo differente a seconda del tempo, dello spazio e della teoria che
guida la ricerca. L'unità di misura è perciò indefinibile nel senso suddetto, non può avere
caratteristiche quali l'assolutezza, o la piena coerenza, deriva da considerazioni di ordine
teorico e può essere meglio definita come unità logica di paragone. Infatti se si ritiene che
un soggetto abbia un determinato grado di pregiudizio lo si fa sulla base di considerazioni
teoriche (teorie esistenti, precedenti osservazioni) che portano ad una operazionalizzazione
del concetto in uso a partire dalla costruzione di una tipologia di soggetto con pregiudizio
(riportate alla situazione contingente oggetto della ricerca) in base al quale vengono
costruite le scale di atteggiamento ed i relativi punteggi al fine di vedere quanto i soggetti
reali siano classificabili secondo tale tipologia. Inoltre è importante sottolineare come
63
Un sistema è denominato assoluto se caratterizzato da invariabilità temporale e spaziale delle unità e quindi per la definizione del sistema non occorre ricorrere
a sperimentazioni continue. Coerente quando il prodotto ed il quoziente di più unità danno luogo ad una nuova unità di valore unitario.
64
I sistemi vengono organizzati su scale numeriche differenti (decimale per il metro ad esempio) sulla base di scelte legate al conseguimento della massima
semplicità operativa e convenzioni di ordine storico politiche.
66
spesso l'unità di misura utilizzata viene interpretata in modo parzialmente soggettivo
dall'intervistato.
Pertanto paragonando le due tipologie di "misurazione"; modello metrico e misurazione
come giudizio di valutazione, si può notare che l'ossessione di molti sociologi ma anche di
molti critici delle scienze sociali (per i quali non essendoci un sistema di misurazione
strutturato sul modello metrico ritengono non scientifica l'intera disciplina) per le
caratteristiche poco metriche delle scale utilizzate non è condivisibile e del resto non è
condivisa in molte altre scienze tra cui ad esempio la psicologia applicata, la medicina e
alcune branche dell'ingegneria, che però sono spesso prese come modello di scientificità e
sperimentazione.
Nelle discipline fisiche/ingegneristiche un caso particolare di misurazione65 si ha per quelle
grandezze che coinvolgono le sensazioni soggettive dell'individuo che non possono avere le
caratteristiche precedente ricordate e che hanno una attendibilità molto approssimativa a
causa della componente soggettiva insita nelle sensazioni provocate da stimoli fisici
(misurabili in senso stretto). In questi casi vengono individuate grandezze utilizzabili la cui
specie tiene conto delle sensazioni del soggetto medio (e della misure degli stimoli fisici),
rilevate attraverso indagini statistiche. Da queste rilevazioni congiunte attraverso opportune
convenzioni si ottengono delle grandezze che vengono in sede di analisi trattate con le
stesse regole delle grandezze fisiche oggettive66. Il primo tentativo d'indagine che utilizza
una metodologia definita "sociale" (in quanto non utilizzava solo parametri fisico/acustici)
risale al 1961, precisamente in Inghilterra, per le aree abitative nei dintorni dell'areoporto di
Heathrow (McKennel, 1963). L'indagine suddetta risultò apportare importanti nuovi
elementi conoscitivi e questo determino l'ingresso di variabili67 non completamente
misurabili in senso strettamente matematico all'interno di una scienza fisico/ingegneristica.
Quindi la misura del rumore non è considerata sufficiente per valutare il reale grado di
disturbo percepito e cercare di intervenire per instaurare una condizione di benessere (altra
variabile complessa e di difficile misura e definizione). Secondo Fields (1998) su questi
tipologie di "misurazioni" (perchè in questo settore la differenza tra misurazione e
rilevazione non è quasi per niente evidenziata) il problema nasce dalle difficoltà, note agli
scienziati sociali, di "comparare i risultati in contesti e tempi differenti e dal modo in cui le
valutazioni verbali vengono associate a quelle numeriche68".
Nell'esempio si utilizzano variabili misurate attraverso l'uso di sistemi di misura e mutabili
trasformate artificialmente in variabili per comodità di analisi a partire dal sistema
individuato da Cantor e basandosi sulla legge di Fechner-Weber. Questo perchè in parte
l''interesse, come del resto nei diversi campi della ricerca sociale, è costituito da
valutare/misurare una misura collettiva a partire dalla integrazione di misure individuali.
65
66
67
Che in genere contraddistingue le applicazioni pratiche da quelle teoretiche.
Al riguardo assume una grande importanza la legge di Fechner-Weber che afferma che "se si è in presenza di sensazioni,
l'accrescimento Δs di queste, ammesso che siano suscettibili di misura, è proporzionale alla variazione relativa ΔE/E dello
stimolo eccitante E". Quindi nel caso dell'acustica ammettendo di esprimere tale legge in termini differenziali si ha:
ds=K* dE/E .
Da cui integrando a partire dal valore E0, corrispondente al minimo valore in grado di produrre sensazioni si ottiene s=k* InE/E0
Normalmente si esprime tale sensazione in funzione del logaritmo decimale, per cui s=k* In 10∙lgE/E0 con k=k* In 10. Di solito
poi il valore di k si precisa fissandone il valore uguale a 10 e quindi si avrà s=10lg E/E0 e quindi la sensazione s è misurata in
decibel.Questa legge è comunque parte dell'evoluzione concettuale dei procedimenti di scaling.
L'indagine si prefiggeva di conoscere : effetti diretti del rumore sui residenti e percentuale dei soggetti interessati; il grado di disturbo soggettivo e l'effettiva presenza di rumore (tramite misurazione delle onVariabili sociopsicologiche che influenzano il grado
di disturbo ; Peso relativo delle diverse variabili strutturali, personalità dell'intervistato, stato di salute, stato emotivo cultura ecc ; Grado di assuefazione al rumore; differenza nelle reazioni tra chi è nato nella zona e chi vi si è trasferito ; Eventuale
allontanamento di alcune persone dalla zona e caratteristiche di questi.
68
Nella ricerca di Fields viene considerata rilevante una variabile quale l'attitude to a noise, o predisposizione d'animo verso il rumore, senza considerare la
dipendenza da variabili socio-culturali degli atteggiamenti.
67
3.1.2. Schemi di classificazione/scaling dei caratteri statistici
I criteri di classificazione che sono stati proposti per quanto concerne gli schemi di
classificazione dei caratteri statistici sono molti e si rimanda pertanto alla vasta letteratura
esistente ( Stevens 1946 Campbell 1952, Gini 1964, Hempel 1951, Torgenson 1962,
Pompily 1964, Castellano 1965, Benzecri 1973, Young 1981, Fraire Rizzi 1993 cap 1).
Comunque la classificazione più nota dei caratteri statistici li vede articolati in 4 tipi di
caratteri di base ; mutabili sconnesse (scale nominali), mutabili ordinate (rettilinee e
cicliche, scale ordinali), variabili o scale ad intervalli, variabili o scale di rapporti. I caratteri
sono in ordine crescente e cumulativo in base al livello di misurazione ed alle proprietà
possedute. La terminologia utilizzata è quella della scuola italiana anche se tra parentesi è
riportata la dicitura anglosassone che pone però il problema segnalato da Castellano (ma
anche da Marradi) relativo alla denominazione scala che ad essere precisi può
legittimamente essere utilizzata solo per quei caratteri che presentano un almeno un
ordinamento delle modalità. Secondo Torgesten inoltre l'assegnazione di etichette ad una
modalità non può costituire un'operazione di misurazione se non nel senso di espressione
dei giudizi logici di ugualianza precedentemente esposti, opinione condivisa tra gli altri
anche da Marradi, che usa una metafora simpatica e sopratutto sintetica paragonando questa
classificazione ad una scala con scalini diversi ma posti sullo stesso piano (per ulteriori
approfondimenti si rimanda alla bibliografia sull'argomento posta a fine capitolo).
Si riporta di seguito la classica tabella di classificazione dei caratteri statistici secondo il
livello di misurazione tratta da " Metodi di Analisi Multidimensionale dei Dati" M. Fraire
pag.10 al fine di riassumere il modello di scaling dei caratteri statistici. All'interno di questa
ho però aggiunto lo schema tratto dalla riflessione di Russel sulla misurazione.
Classificazione dei caratteri statistici secondo il livello di misurazione
Mutabile sconnessa
(scala nominale)
giudizi logici di uguaglianza
operazioni consentite : A≠B; A=B (relazione unicità)
Nessun ordinamento delle modalità quantitative
Le unità statistiche sono classificate in base all'uguaglianza(stessa mod)
alla disuguaglianza (Modalità diverse)
Vincoli Non è possibile attribuire lo stesso codice o numero a modalità
aventi modalità diversi (categorie mutuamente escludentesi
Nessuna struttura
Caratteri qualitativi o mutabili
Mutabile rettilinea ciclica
(scala ordinale)
giudizi logici di maggiore/minore
Operazioni consentite : a< > b (relazioni ordinali
Le modalità qualitative posseggono un ordinamento semplice
Le unità statistiche sono classificate ed ordinate
proprietà : a< b < c→a<c;
Vincoli l'assegnazione di numeri deve rispettare l'ordine iniziale delle unità
sono invarianti per trasformazioni monotone
Struttura d'ordine
68
Variabile
(scala d'intervalli)
Operazioni consentite :+ - (relazioni di equivalenza);
Le modalità sono valori numerici, esiste una unità di misura costante e
replicabile ma non uno zero pertanto :
-Le unità statistiche sono, classificabili, ordinabili, si può calcolare la
loro distanza;
-Sono invariati per trasformazioni lineari affini y=ax+b con a ≠0
Struttura algebrica di gruppo
Caratteri quantitativi o variabili
misurazione numerica
Variabile
(scala di rapporti)
Dati mancanti (Missing Data)
Giudizi logici presenza/assenza
Caratteri dicotomici
Struttura algebrica di corpo
Caratteri qualitativi ad una sola modalità; non possiedono alcun livello di
misurazione
Caratteri a due modalità del tipo presenza-assenza di un attributo;
livello di misurazione mutabile sconnessa o ordinata o variabile
Parzialmente ordinate
Scale indirette
Giudizi di
valutazione
A volte trasformazione
Cantor
Operazioni consentite x :
Le modalità sono valori numerici, esiste una unità di misura costante e
replicabile, esiste uno zero assoluto naturale pertanto :
Le unità statistiche sono classificabili, ordinabili, si può calcolare la loro
distanza, si possono effettuare rapporti tra unità statistiche ;
sono invarianti per trasformazioni lineari y=ax;
ad ordinamento metrico
Scale per somma
Scale Likert
Scalogramma di Guttman (ecc..)
Scale di Thurstone
Scale fattoriali (factor scaling)
trasformazioni ottimali (optimal scaling ecc..)
La classica distinzione tra caratteri continui o discreti assume importanza per le scale
elaborate in fuzzy, che attraverso manipolazioni statistiche ( a partire dal principio esposto
da Cantor) vengono trasformate in variabili continue. La ricchezza delle scale elaborate in
fuzzy è che da un lato rispettano la vaghezza del linguaggio e delle categorie di senso degli
attori permettendo la formalizzazione di variabili con classi dai confini vaghi e
sovrapponibili e dall'altro permettono al ricercatore attraverso la funzione di appartenenza di
costruire variabili continue che offrono una maggiore precisione per il fatto di poter
assumere tutti i valori compresi nell'intervallo. Questa affermazione può sembrare una
contraddizione tipicamente fuzzy ma è il risultato della formalizzazione statistico
matematica della fuzzy analysis di Zadhe e Kosko applicata a delle scale di atteggiamento.
Prima però di mostrare come questo viene tecnicamente si ritiene necessario fissare alcuni
concetti basilari.
3.1.3 Le scale indirette o derivate
Le scale indirette o derivate presenti nella tabella non si riferscono a caratteri statistici
semplici con livelli di misurazione base ma a scale costruite attraverso tecniche diverse dette
di scaling spesso complesse e derivanti da uno o più caratteri statistici semplici. La
denominazione "indirette" riguarda "il processo di misurazione, i presupposti e le operazioni
impiegate per ottenerle e non il livello di misurazione infatti queste scale possono essere
nominali, ordinali, d'intervallo e di rapporto...essendo ottenute da particolari trasformazioni
delle scale di base tra cui anche caratteri dicotomici, spesso non possiedono tutti i requisiti
richiesti dai livelli di misurazione di base " (Fraire Metodi di Analisi Multidimensionali dei
69
Dati"). Esempi di queste scale sono le scale Likert, lo scalogramma di Guttman, le scale per
somma ecc.....queste vengono denominate indirette in quanto ottenute con particolari tipi di
scaling a partire da caratteri dicotomici o da mutabili rettilinee. La denominazione
parzialmente ordinate si deve invece al fatto che non verificano completamente l'assioma
dell'ordinamento semplice "collocandosi come ricordato da Fraire (Fraire Metodi di Analisi
Multidimensionali dei Dati) tra le mutabili sconnesse e quelle ordinate". Quindi come
riportato nello schema possiamo ottenere applicando tecniche differenti, scale ad
ordinamento metrico, quali ad esempio le scale di Thurstone le scale fattoriali ecc.. o scale
parzialmente ordinate (che si collocano cioè tra le scale ordinali e le nominali) quali ad
esempio le Likert e lo scalogramma di Guttman. In questo ambito sono state sviluppate
delle particolari tecniche di trasformazioni ottimali dei caratteri statistici di particolare
importanza per l'AMD in quanto effettuate in relazione al modello di analisi dei dati che si
impiega (ACP, AC, MDS ecc..).
In generale si parla di analisi metrica69 quando i dati che abbiamo a disposizione sono
quantitativi70 e di conseguenza rappresentabili geometricamente assumendo "l'esistenza di
una relazione diretta tra la natura quantitativa dei dati e il metodo di analisi applicato" (L.
Fabbris 1997). Si parla di analisi non metrica quando invece utilizziamo algoritmi o
procedimenti di calcolo che assumono il vincolo non metrico per i dati osservati e sono
applicabili a qualsiasi scala di misura delle variabili. In genere comunque questo tipo di
analisi si conclude comunque con un risultato rappresentabile geometricamente71.
3.2 Complessità e misurazione ; il problema degli indicatori
In genere le variabili quantitative o qualitative che si utilizzano in una ricerca sociale sono
riferite ad un fenomeno o concetto non direttamente rilevabile/osservabile e i fenomeni
sociali che si vogliono rilevare hanno una natura multifattoriale e principalmente
qualitativa-complessa. Inoltre quando il sociologo parla di misura, come mette in evidenza
P. F. Lazarsfeld lo fa "in senso più ampio del fisico o del biologo. Quando si osserva che
all'interno di una certa organizzazione un certo reparto manifesta un grado di soddisfazione
più elevato di un altro, si dice di aver effettuato una misurazione anche se questa non è
espressa da un numero72. Si cercherà in ultimo comunque di arrivare a delle misure, nel
senso tradizionale del termine, con la costruzione di metriche precise" ( P.F.Lazarsfeld "Dai
Concetti agli Indici Empirici"). Riprendendo quanto discusso nel primo capitolo si può
affermare che le scienze sociali in particolare (ma non solo) quando si cerca di valutare un
opinione, un atteggiamento o una motivazione si trova a fare i conti con un linguaggio
spesso vago ed ambiguo che appartiene al senso comune ed alla realtà per sua natura
complessa degli intervistati che devono riconoscere e capire quanto viene loro proposto al
69
L'analisi metrica si può condurre solo su matrici che rispettano quelli che sono gli assiomi metrici, devono quindi essere matrici composte
da misure di distanza o correlate con misure di distanza.
70
Esistono anche analisi non metriche applicate a dati quantitativi come ad esempio l'analisi della correlazione condotta in genere su dati
trasformati in ranghi al fine di rispondere al problema della non linearità della relazione tra le variabili o alla presenza di valori abnormi presenti
nelle code della distribuzione.
71
Molte metodiche di analisi multivariate hanno come obiettivo la rappresentazione su uno spazio geometrico di variabili qualitative e
questo perché l'assegnazione di punteggi quantitativi a modalità osservate attraverso scale di misura qualitative consente l'utilizzo di tecniche di
analisi più complesse, grazie anche ai nuovi sistemi informatici, altrimenti non fruibili.
72
70
Non sempre comunque misurazione è sinonimo di matematica, dice in tal senso Stevens "All'inizio le matematiche e la misurazione erano così
strettamente congiunte che nessuno sembrava sospettare che si trattase di due discipline diverse. L'aritmetica dei numeri interi e le scale di
numerosità si svilupparono così insieme che gli antiche sembravano non aver colto la differenza tra il modello formale da una parte e ed il
problema empirico della misurazione dall'altra. La moderna matematica è dal suo occuparsi solo di numeri è diventata così non quantitativa nelle
sue formulazioni astratte che Godel potrebbe dire che è solo per un puro caso storico che la matematica si è sviluppata su linee quantitative"
S.S.Stevens Measurement Philosephy and Utility.
fine di esprimersi in modo adeguato (purchè siano interessati a farlo) ed una esigenza di
precisione e chiarezza richiesta dal linguaggio scientifico e ricercata dallo scienziato. Per
Lazarsfeld alla base di ogni processo di misurazione nelle scienze sociali non può che
esserci un adeguato processo di definizione operativa in quanto solo attraverso questo è
possibile definire variabili capaci di rendere rilevabili/misurabili oggetti cognitivi
complessi, componendo le due esigenze precedentemente accennate. Come ricordato da
Cannavò difatti l'uso degli indicatori è costitutivo del processo di misurazione nelle scienze
dei sistemi in cui tale processo viene necessariamente condotto su un "modello ridotto di un
più ampio sistema, composto da numerosi elementi, per i quali siano definibili numerose
variabili, caratterizzate da numerose e incontrovertibili interazioni" (Cannavò 1999).
Nonostante ciò il concetto di complessità è stato spesso nelle scienze sociali considerato
come limite invalicabile alla conosciblità e rilevabilità dell'oggetto d'indagine dello
scienziato sociale sia da parte di scienziati provenienti da altri settori che, e questo è più
grave, da parte degli stessi ricercatori sociali. In realtà la conoscibilità degli oggetti cognitivi
complessi nelle scienze sociali ma anche in altre discipline (economia, parte della medicina,
sismologia, climatologia e molte altre) è in parte convenzionale, parziale e sopratutto
relativa al sistema di riferimento e ai parametri osservativi utilizzati. La possibilità di
misurabilità dei fenomeni sociali, da molti definita impossibile è stata da questi spesso
intesa in senso strettamente vetero matematico in quanto non si sono considerati gli
avanzamenti di questa disciplina, della logica e della disciplina statistica per quel che
concerne lo studio della discontinuità, dei sistemi caotici, dell'analisi tipologica, topologica
dell'avanzamento dei sistemi logici con tre e più valori, e delle ricadute che queste nuove
branche di queste discipline potevano avere sulla misurazione e concettualizzazione dei
fenomeni complessi nelle scienze sociali.
In sociologia in genere vengono misurate/rilevate delle proprietà. Questo concetto
complesso, di derivazione Aristotelica, è utilizzato in sociologia in quanto questa disciplina
lavora con concetti disposizionali, che come ricordato da Lazarsfeld "non si riferiscono ad
una caratteristica direttamente osservabile, ma piuttosto alla tendenza di certi soggetti a
mostrare particolari disposizioni in particolari circostanze" quali ad esempio l'aggressività, il
razzismo, la collaboralità ed altre...
In questi casi si utilizzano termini astratti di sintesi ai quali si riportano comportamenti
realmente osservati o osservabili e quindi rilevabili da tipologie analitiche
"metodologicamente provvedute" (Cannavò). Se osserviamo ad esempio che in un posto di
lavoro abbiamo molta aggressività o una situazione di benessere stiamo in effetti rilevando
delle proprietà non direttamente osservabili e misurabili come possono invece essere il
grado di illuminazione effettiva di un ufficio, ma non il grado di illuminazione percepito dal
quale potremmo trovare situazioni in cui l'illuminazione pur essendo ottima è percepita
insufficiente per ragioni non sempre collegate al grado di illuminazione quello si
perfettamente misurabile. Spesso sono i concetti disposizionali ad assumere importanza
nella spiegazione di un fenomeno, si vorrà, dar conto della consistenza, del grado, delle
relazioni e della rilevanza di (e tra) questi concetti, di grandezze che pur non essendo
osservabili direttamente lo sono mediante altri costrutti concettuali rilevabili riconducibili
alla grandezza73 latente che si voleva ricercare.
73
71
parlare di proprietà piuttosto che di grandezza è comunque fonte di ambiguità.
3.2.1 Un piccolo esempio applicato a due concetti classici di uso della logica fuzzy nella ricerca
sociale
A partire da due concetti di uso comune/quotidiano (sopratutto negli USA) quali conservatorismo e
progressismo un ricercatore sociale (ricordiamo ad esempio le celebri ricerche di Lazarsfeld) può
voler rilevare il grado degli stessi in una determinata popolazione o sottopopolazione. Questi due
concetti sono utilizzati sia dalla popolazione generale e oggetto d'indagine che dallo scienziato
sociale. Nell'uso comune sono termini vaghi, complessi, sfumati e d'altra parte " tutte le scienze
sociali si occupano di concetti in apparenza vaghi" (Lazarsfeld 1966). Ora se il ricercatore volesse
mettere insieme tutti i significati (adeguati al contesto e non) e tutti gli usi comuni degli stessi
risuterebbe difficile ottenere un principio guida che riesca a comporli, accumunarli e sopratutto
chiarificarli. "Eppure" sempre parafrasando Lazarsfeld "è proprio durante un'indagine empirica che
una chiarificazione si rende necessaria", ed allora sarà compito del ricercatore decidere in modo in
parte arbitrario e sulla base dei suoi interessi cognitivi, del contesto teorico e oggettivo di indagine,
delle proprietà latenti che si ritiene di dover evidenziare, una definizione operativa del termine al
fine di rendere possibile, ripercorribile e valida l'indagine. Per i concetti proposti ( ma lo stesso si
potrebbe dire di altri concetti) proprio in base al loro livello di astrazione risulta difficile effettuare
una misurazione diretta della loro corrispondenza all'atteggiamento empiricamente rilevabile nella
popolazione. A tal fine attraverso una adeguata definizione operativa il sociologo potrà costruire
degli indicatori che combinati con l'attribuzione di fattori di peso o altri procedimenti simili,
possono permetterne la misurazione. Fino a qui, come in parte si è accennato (senza approfondire in
quanto c'è chi lo ha fatto prima e meglio) i metodi e le soluzioni ormai tradizionali (tuttora studiati
affinati e discussi) risolvono efficacemente il problema, se di problema si vuole parlare. É a questo
punto che la logica fuzzy può offrire un contributo alla misurazione dei nostri concetti. In genere se
la rilevazione è condotta utilizzando come supporto la logica binaria avremo un risultato dicotomico
che assocerà ogni membro della nostra popolazione ad uno dei due insiemi o se invece attraverso
l'uso di metodi di scaling che consentono la disposizione dei dati su scale discrete (o a volte
continue) abbiamo concettualizzato i due concetti su un continuo, avremo comunque una
classificazione dai confini rigidi (o si è parzialmente conservatori o si è del tutto conservatori e così
via). Costruendo degli indici sintetici come sappiamo si perde però molta informazione, ma
attraverso l'uso di modelli fuzzy potremmo arricchire l'analisi. Poniamo il caso di avere scomposto i
due concetti in cinque o più indicatori (per ognuno dei due concetti). Ora se alcuni soggetti avessero
fornito risposte contraddittorie in alcuni dei cinque indicatori nel comporre l'indice sintetico
avremmo delle difficoltà e alla fine anche forzando i dati etichetteremo i soggetti secondo le classi
individuate tenendoci le contraddizioni e/o classificando gli intervistati come casi devianti. Oppure
forzando l'analisi dei dati li possiamo eliminare dalla rilevazione in quanto non attendibili.
Dovremmo perciò considerare questi intervistati come non attendibili solo perché apparentemente
contraddittori, anche se a volte la contraddizione è data dall'uso della logica bivalente. Con uno
scaling fuzzy vengono costituite delle funzioni di appartenenza continue da riferire agli indicatori e
mediante regole di composizione agli indici sintetici. Bisogna considerare che il punteggio di un
soggetto nei vari item e quindi sull'appartenenza all'insieme concetto latente oggetto di ricerca è
dato dalla media degli opposti bipolari che compongono il continuum dei singoli items, se varia
anche in modo impercettibile la posizione sul continuum non si ha lo stesso profilo, ma una nuova
sfumatura data dalla composizione delle diverse sfumature. Questo in quanto una misurazione fuzzy
si basa su sistemi con combinazioni alternative e continuative a intermedi e loro sovrapposizioni.
A questo punto proprio per chiarire il discorso tramite altri esempi è importante una
premessa sulla classificazione in logica fuzzy.
72
3.2.2 Classificazione e logica fuzzy
La misurazione, anche la misurazione per eccellenza rivolta a grandezze di ordine fisico,
come possiamo vedere in quanto affermato da M.Bureaux de Pusy all'assemblea nazionale,
(Francia 8/5/1790) ha lo scopo di arrivare ad una classificazione, di permettere "di
distinguere, di classificare gli oggetti, e di stabilire le loro reciproche relazioni di forma,
colore, volume e posizione; sono l'ordine e la luce che scacciano il caos". Si utilizza questo
procedimento in genere sia quando si dispone di dati riferiti a fenomeni complessi e/o
riferiti a più soggetti, per ottenere classi e tipologie sia in alcuni casi quando si è interessati
ad avere solo un conteggio di una determinata grandezza (l'altezza di un unico individuo).
Nel momento in cui si volesse invece classificare una popolazione secondo l'altezza la
misurazione sarebbe, comunque volta a dare una classificazione; ad esempio alti e bassi. É
chiaro che in questo modo come sopra accennato avremmo una perdita di informazione
determinata dall'aggregazione in classi ma avremmo raggiunto in modo più efficace il
nostro scopo, descrivere e classificare la popolazione secondo questo semplice criterio.
Come ricordato da Marradi l'intervento dei processi di classificazione nei procedimenti di
misurazione è reso necessario dall'impossibilità di registrare tutte le infinite cifre di un
numero reale in una matrice di dati, in effetti anche quando si lavora con variabili continue
in realtà stiamo registrando variabili discrete che variano per quantum, ossia la minore
differenza possibile tra due numeri registrabili nella matrice dei dati. Ogni confronto tra
un'unità di misura e l'ammontare della proprietà oggetto di misurazione ha come esito un
numero reale, del quale usiamo nell'attività scientifica solo le cifre considerate più rilevanti
secondo delle regole di arrotondamento fissate a priori attraverso un processo di
classificazione che in genere crea classi di ampiezza uguale. Il problema eventualmente in
alcuni casi, può nascere dal fatto che all'interno di una classe si perde l'informazione sulla
posizione che un soggetto/oggetto occupa nella stessa. Questo nel momento in cui si
costruisce un indice con più classi o si incrociano le stesse per creare delle tipologie può
determinare a volte dei problemi provocati dalla omogeneità forzata dei soggetti all'interno
delle classi.
Secondo Lazarsfeld in sociologia, prima di qualsiasi genere di misura bisogna procedere
alla formazione di categorie sulla base delle quali la materia di studio deve essere
classificata e misurata. Nel saggio "Problems in Methodology il sociologo austriaco
definisce la classificazione attraverso una definizione estesa e pragmaticamente orientata,
affermando che "per classificazione si intendono tutti i concetti che vengono utilizzati per
introdurre distinzioni tra individui o collettivi, siano essi suscettibili di traduzione in
variabili di tipo tassonomico o ordinale". In questo senso per Lazarsfeld la classificazione è
intesa come una operazione che precede ogni tipo di organizzazione delle informazioni da
rilevare o rilevate. Secondo l'autore citato è nell'analisi della struttura latente che si
manifesta nel modo più netto l'importanza della classificazione, infatti afferma che la
maggior parte dei dati delle ricerche sociali sono registrazioni di tipo qualitativo su
determinati oggetti di ricerca finalizzati alla loro classificazioni su caratteristiche sottostanti,
ed è per questo che tutta la statistica degli attributi deve avere priorità assoluta. Per
Lazarsfeld i requisiti teorici che caratterizzano un buon sistema di classificazione sono:
-Il requisito dell'articolazione secondo il quale le classi dovrebbero essere sempre articolate
in una struttura che preveda più livelli che " partendo da categorie più ampie le frammenti
poi in categorie più particolareggiate", rendendo così le classi più omogenee al loro interno
e quindi trattabili statisticamente in modo più accurato.
73
-Il requisito logico è legato al principio di non contraddizione e del terzo escluso da cui
derivano i requisiti di mutua esclusività e di esaustività a ciascun livello della
classificazione. Il primo richiede la collocabilità di ogni elemento in una sola delle categorie
della classificazione, nella logica classica può essere violato includendo ad un medesimo
livello di una classificazione categorie collocate a livello di analicità ed inclusività differenti
o che facciano riferimento ad aspetti eterogenei degli oggetti da classificare (vedi paragrafo
overlapping). É proprio a questo requisito che delega invece la fuzzy analysis elaborando
una funzione di appartenenza/non appartenenza a più categorie.
L'esaustività si riferisce invece alla capacità delle classi di individuare tutte le categorie
rispetto allo scopo della classificazione e quindi di distinguere come sostenuto da Lazarsfeld
" di distinguere tutti gli elementi che si comportano in modo diverso dagli elementi studiati"
(ibid p.238).
Bisogna tenere presente che :
-Il processo di classificare nelle scienze sociali assume importanza in quanto e se "consente
di avanzare, in riferimento alle classi introdotte, affermazioni, ipotesi e connessioni più
interessanti rispetto a quelle che si ritiene possibile avanzare nei confronti di ciascun
elemento separatamente o indifferenziatamente considerato, o da un'altra partizione
possibile diversa da quella utilizzata" (Campelli in Sociologia e Ricerca Sociale 2001).
-La classificazione nelle scienze sociali, ma anche in molte altre scienze sistemiche non può
essere descrittiva della realtà ne è possibile avere delle classificazioni pure e perfettamente
delineate come ad esempio nella chimica teorica classica. Come ricordato da Campelli
"nessuno di noi è assolutamente giovane" e tanto meno può essere "assolutamente
conservatore", la polarità sottostante l'idea di classe ossia la polarità uguale-diverso è un
prezioso strumento analitico che come molti altri strumenti con la stessa funzione non può
corrispondere ad una realtà empirica. Difatti l'obiettivo ultimo di uno schema di
classificazione dei dati è teorico, secondo Lazarsfeld è infatti "l'istituzione di un rapporto tra
le categorie impiegate in una situazione specifica qualunque ed i sistemi di concetti più
generali che coprono vaste aree del comportamento umano, in modo da poterne ricavare
teorie sociali che faciliteranno sia la comprensione che il controllo di una situazione
particolare".
3.2.3 Fuzzy analysis e fuzzy logic applicate alla classificazione
La fuzzy logic in questo senso trova la sua applicazione su due piani, un piano logico
semantico ed uno tecnico analitico. Come già precedentemente illustrato, i concetti in
sociologia non sono definibili e segmentabili in modo preciso e questo determina problemi
sia in fase di operativizzazione che in fase di rilevazione quando si imbatte nell'imprecisione
e nella vaghezza del senso comune dell'individuo. A questo livello il problema nasce dalla
vaghezza insita negli enunciati (in quella che Marradi definisce fase pre assertoria) e dei
concetti e viene affrontato dalle teorie basate su gradi di verità attraverso l'uso di logiche
plurivalenti, riconoscendo e utilizzando come già discusso nel primo capitolo l'esistenza di
predicati non veri e non falsi( in fatti a mio parere è in questa fasi che è più adeguato parlare
di fuzzy logic). A livello operativo molte di queste considerazioni sono esplicitamente ed a
volte implicitamente presenti nel processo di operazionalizzazione e definizione dei concetti
utilizzato in sociologia ma la consapevolezza della situazione illustrata ha delle ricadute
sulla scelta e all'opportunità, sempre legata alla ricerca ed agli interessi cognitivi del
ricercatore, di utilizzo di logiche fuzzy o di logiche plurimodali e delle tecniche
conseguenti (si inseriscono in questa prima fase gli strumenti quali le regole fuzzy o la
74
costruzione di modelli logici in base ad i quali rilevare ed organizzare i dati). Il secondo
livello di utilizzo della logica fuzzy è legato all'analisi dei dati. Premesso che non sempre i
due livelli sono realmente separabili qui assume importanza il fatto che la fuzzy analisy si
caratterizza in sede di rilevazione e analisi dei dati per la creazione di funzioni di
appartenenza/non appartenenza ad un insieme o classe. L'appartenenza all'insieme viene
pensata come una grandezza capace di assumere valori che vanno da 0 ad 1 e quindi come
tali misurabili, ricordando però che si sta misurando il grado di appartenenza ad un insieme
che si presume abbia una determinata proprietà e non la proprietà in sè e che comunque c'è
un grado di arbitrarietà ineliminabile. Inoltre come giustamente sottolineato da Campelli in
questo caso non si parla di "insiemi sfocati" perchè tale attributo non è in questo caso da
ricercare nella definizione degli insiemi ma piuttosto dalla funzione di appartenenza che
collega ogni elemento con l'insieme cioè nel momento in cui si vuole collocare i casi
empirici nello schema di classificazione. É comunque chiaro che se degli elementi
consideriamo il loro grado di appartenenza/non appartenenza all'insieme/classe questa
diviene per conseguenza sfocata, ma non lo è di per se come nelle considerazioni
precedentemente svolte. In questo caso assume importanza il fatto che un singolo elemento
o individuo è in parte dentro la classe ed in parte fuori la classe di chi non ha quella
determinata proprietà ed inoltre lo è in un determinato grado differente (quasi sempre) da
quasi tutti gli altri elementi.
3.2.6 Costruzione di indici sintetici, classificazione e casi devianti con la fuzzy logic
Il problema evidenziato nelle classificazioni diviene ancora più evidente nel momento in cui
si cerca di arrivare a degli indici sintetici o tipologie al fine di fornire una misura sintetica di
più variabili per costruire l'indice. Esistono diversi modi di costruire un indice o una
tipologia a seconda della natura delle variabili che vengono utilizzate. In realtà è opportuno
parlare di indice in senso statistico solo se possiamo utilizzare variabili di natura metrica
altrimenti è più corretto parlare di tipologie (se si hanno variabili a categorie non ordinate). I
casi ibridi formati cioè da categorie ordinate e non ordinate o da tutti i quattro tipi di
variabili sono più ambigui, pensiamo ad un indice di status o all'esempio fatto da J.R.
Commons 1908 e riportato da Lazarsfeld in cui l'autore in questione dimostra come sia
possibile trasformare la qualità in quantità, applicandolo al giudizio qualitativo espresso in
punteggi della "qualità, capacità" di un gruppo di cavalli. Comunque bisogna sottolineare in
accordo con S. Nobile che in questo caso si creano notevoli problemi di attendibilità dovuti
alla modalità di assegnazione dei punteggi da parte dei singoli esperti e più a monte della
scelta degli indicatori. Una delle procedure di sintesi più utilizzata è la costruzione di uno
spazio di attributi ed è tramite questo strumento che si cercherà di evidenziare vantaggi e
limiti dell'uso della fuzzy.
Uno dei problemi a cui la fuzzy logic può contribuire a dare una soluzione (in alcuni casi), a
mio parere è l'analisi dei casi devianti, in quanto consente attraverso la funzione di
appartenenza ad una classe/categoria di conoscere la misura con cui un determinato
oggetto/soggetto è contenuto in una o più classi contemporaneamente specificando in questo
modo le differenze tra i vari casi. Si può in questo modo arricchire una ricerca condotta con
la logica classica come nei casi in cui si decide di utilizzare una cluster fuzzy, o diminuirne
la presenza o dandone conto in modo approfondito in una analisi condotta fin dalla
progettazione con logica fuzzy ( quello che non potremmo comunque fare è eliminare in
assoluto dalla ricerca qualsiasi incoerenza o vaghezza).
75
Ricordando che in generale si parla di spazio degli attributi quando in una matrice valori per
valori si incrociano tutte le proprietà di due o più variabili costituendo perciò una tipologia,
per comodità sceglierò un esempio costituito da due variabili. In questo caso potremmo
utilizzare le variabili presenza/assenza di pregiudizio e la variabile appartenenza politica.
L'aspetto che caratterizza lo spazio di attributi è pertanto la possibilità di combinare le
caratteristiche di un certo numero di unità di analisi in una tipologia che nella pratica è
un'operazione di sintesi compiuta su una matrice casi per variabili.
TAB 3 TIPOLOGIA CON LOGICA BIVALENTE
Pregiudizio verso Assenza pregiudizio B
immigrati B
Appartenenza
politica sinx A2
Appartenenza
politica dx estr A1
Nella tabella n 3 vengono rappresentate le possibilità offerte dall'uso della dicotomia. A può quindi essere o
A o A2 mentre B può essere o B- o B+, ma non può essere contemporaneamente ad esempio A e A2, ne
possiamo sapere quanto, in che grado un soggetto è A o A2.
La matrice si presenta con valori che indicano la presenza o meno di
pregiudizio/appartenenza senza che vi sia la possibilità di graduare la stessa o di
sovrapporre le classi.
TAB 4 Matrice casi per variabili
Pregiudizio
Appartenenza
N/K
verso immigrati politica
1
1
0
2
0
1
3
0
1
4
1
0
.
1
0
I
1
0
.
0
Martice casi per variabili
É chiaro che questa operazione (la costruzione di indici attraverso riduzione degli attributi)
ha senso solo se esistono i presupposti logico/teorici per l'accorpamento delle variabili.
Poniamo il caso per spiegarmi in modo più concreto che le due variabili siano state rilevate
attraverso una serie di indicatori elaborati in una batteria di items alla maniera di Likert
avremmo una situazione di questo tipo :
76
TAB 5 Matrice casi per variabili con logica dicotomica
N/K K1.1
K1.2
K1.3
K1.4
K1.5
Kj......
........
.........
Kx...
1
1
0
0
0
0
......
.....
.....
.....
2
0
0
0
0
1
.....
.....
.....
...
3
0
1
0
0
0
.....
.....
....
....
4
0
0
0
1
0
.....
.....
....
....
.
0
1
0
0
0
.....
.....
.....
....
i
0
0
1
0
0
....
.....
......
....
.
0
1
0
0
0
....
......
....
....
N
0
0
0
0
1
....
.....
....
.....
Matrice dei dati dove N sono gli individui e K gli items e le loro modalità (1,2,3,4,5).
In questo caso sul primo items ogni individuo deve avere una sola e precisa posizione
posizione nella scala. Questa scelta a volte può per l'individuo essere forzata e semplificante
non rappresentando la sua reale posizione/atteggiamento sull'items. Se la cosa è ripetuta per
tutti gli items avremo nella composizione dell'indice sintetico oltre alla fisiologica perdita di
informazione una perdita ulteriore dovuta dall'eccessiva semplificazione rispetto alle
possibili e complesse posizioni che l'individuo assumerebbe. In questo modo a volte si
possono creare contraddizioni determinate proprio da questo tipo di impostazione che
impone una scelta netta.
TAB. 6 Fuzzy Matrice. Le celle sfumate indicano le doppie appartenenze ed il loro
grado, i valori tra parentesi indicano il grado di appartenenza alla singola classe.
N/K K1.1
K1.2
K1.3
K1.4
K1.5
Kj......
........
.........
Kx...
1
0,7
0,3
0
0
0
......
.....
.....
.....
2
0
0
0
0
1 (0,9)
.....
.....
.....
...
3
0
0,52
0,48
0
0
.....
.....
....
....
4
0
0
0
1 (0,89) 0
.....
.....
....
....
.
0
1
0
0
0
.....
.....
.....
....
i
0
0
0,6
0,4
0
....
.....
......
....
.
0
1(0,96)
0
0
0
....
......
....
....
N
0
0
0
0,3
0,7
....
.....
....
.....
Nella costruzione dell'indice sintetico tenendo conto nella composizione di questo delle
duplici appartenenze e del grado di appartenenza alla classe dei soggetti si ottiene una
posizione più chiara dei soggetti sulla proprietà. Nella costruzione dell'indice si avrà quindi
una minore perdita di informazione.
Per quanto concerne i casi devianti se si estende la logica dicotomica a logica trivalente
(come spesso viene fatto empiricamente) si può dare conto dei casi incerti (questo viene già
fatto), con la logica fuzzy possiamo approfondire le posizioni dei vari casi su quelle
variabili.
77
Presupposto che come ricordato da Mauceri (Sociologia e Ricerca Sociale n°87 2009 pp 109
157) “il riferimento ai casi devianti è introdotto per riferirsi a casi che apparentemente -se
ci si ferma all'evidenza empirica disponibile- deviano dalle ipotesi relazionali dai tipi
costruiti per via empirica, dai modelli costruiti dal ricercatore o che comunque danno luogo
a risultati non immediatamente convergenti con le regolarità emerse con il farsi della
ricerca”, allora possiamo considerare l'analisi dei casi devianti come un processo continuo
di revisione della concettualizzazione che ha orientato l'indagine.
Lo scopo di questa analisi è di “investigare quali tratti latenti tali casi abbiano in comune
con la prevalenza dei casi, in modo da affinare la regolarità riscontrata mediante il
riferimento a proprietà o meccanismi di azione che il sistema di ipotesi che ha orientato
l'indagine non è stato in grado di prefigurare” (Mauceri).
Con questo strumento logico le proprietà latenti che si vogliono "misurare" divengono un
continuo, i vari soggetti si pongono in questo spazio in base al punteggio ottenuto attraverso
le funzioni di appartenenza ai singoli item e quindi alle variabili.
Ad ogni differente item della scala si attribuisce una funzione di appartenenza, con la
possibilità che si possano registrare differenti funzioni di appartenenza in differenti item che
compongono l'indice.
La media dei punteggi ottenuti determina la posizione dell'individuo x sull'indice (l'indice
può assumere un punteggio continuo che va da 0 ad 1).
In paragone all'indice discreto (dicotomico) questo metodo ha il vantaggio di permettere una
risposta non rigidamente legata a posizioni predefinite in classi mutualmente esclusive.
Il soggetto i.esimo che con il metodo dicotomico risultava un caso deviante adesso può
essere spiegato, attraverso la considerazione delle diverse contemporanee appartenenze del
soggetto in questione e del grado di appartenenza alle classi.
Graficamente la situazione di un soggetto x può essere così espressa :
Fig 24 Lo spazio degli attributi è visualizzato sotto forma di nuvola per sottolineare l'apertura delle classi alle
plurime appartenenze. Gli elementi in rosso appartengono in gradi differenti a due o più classi sfumate
(overlapping) gli altri appartengono per gradi diversi alle 4 classi (fornendo entrambe le informazioni:grado
appartenenza e grado non appartenenza).
A1B+
A2B+
A1B-
A2B-
Sintetizzando possiamo affermare che il punto di partenza per l'applicazione della logica
fuzzy sta nell'impossibilità di identificare in modo assoluto l'insieme/classe di appartenenza
di un determinato elemento. Se una funzione matematica classica consente data una
variabile di calcolare con certezza il valore ad esso associato(o la probabilità), la funzione
78
tipica delle analisi fuzzy consente di esprimere il grado di appartenenza di un elemento
all'insieme di riferimento (come visto sopra).
I valori che la funzione può assumere sono compresi tra 0 ed 1, se il valore è uguale all'unità
vuol dire che quell'elemento presenterà con certezza il carattere con il quale è identificato
l'insieme viceversa l'appartenenza è nulla se la funzione assume valore 0. L'utilità della
funzione di appartenenza trova perciò applicazione concreta nella possibilità che offre di
dare una espressione formale a giudizi enunciati in linguaggio naturale che come si è
sottolineato nel primo capitolo è caratterizzato da imprecisione e vaghezza, si ottiene quindi
la formalizzazione di modalità di ragionamento applicate al fine di sintetizzare relazioni
intercorrenti tra fenomeni complessi che in genere non possono essere espressi con modalità
quantitativa, certa e precisa.
3.3 Due esempi/proposte di uso della funzione di appartenenza nella ricerca sociale
Da quanto detto si evidenzia che la definizione della funzione di appartenenza rappresenta la
fase più critica dell'applicazione della analisi fuzzy. Sia perchè è in questa fase che permane
un forte grado di soggettività e sia perchè è questa definizione che caratterizza l'analisi. A
differenza della funzione matematica classica, per la quale data una variabile è possibile
calcolare con certezza (o definirne la probabilità) il valore ad essa associato data una certa
relazione, la funzione utilizzata nella fuzzy come si è già detto è denominata funzione di
appartenenza esprime il grado di appartenenza di un elemento ad un insieme di
riferimento74.
L'utilità della funzione di appartenenza risiede nel fatto che attraverso questa si deve
rendere possibile dare espressione formale (vedi nota 19) a giudizi enunciati
prevalentemente attraverso il linguaggio e pertanto ambigui e vaghi. Quello che si cerca di
fare è in altri termini verificare la formalizzazione delle modalità di ragionamento applicate
al fine di sintetizzare le relazioni intercorrenti tra fenomeni complessi, non pienamente
suscettibili di espressione quantitativa, certa e puntuale. In genere la funzione di
appartenenza può o essere impostata dal ricercatore sulla base di considerazioni teoriche o
da pre test, oppure può essere richiesto al soggetto intervistato di definire il suo grado di
appartenenza all'insieme proprietà oggetto di studio, ma rimarrà sempre compito del
ricercatore ipotizzare delle classi/insiemi (categorie) in cui inserire l'elemento/individuo e i
gradi di appartenenza a queste. Si è già visto nel paragrafo dedicato all'operazionalizzazione
del concetto di povertà l'importanza di questo passaggio.
Negli esempi che ho scelto abbiamo una prima ricerca75 inerente l'economia aziendale, volta
ad analizzare le relazioni interaziendali, in cui la fuzzy viene utilizzata insieme alla network
analysis come "via per superare i limiti insiti nel questionario". L'idea è secondo l'autore
quella di "servirsi della fuzzy logic per modificare il modo di porre le domande nel
questionario e la funzione matematica di elaborazione dei dati relazionali" (Pag 182) che ha
il pregio di mettere in luce come la fuzzy può essere utilizzata insieme ad altri metodi e
74
Si ricorda che tale funzione può assumere tutti i valori tra 0 (totale non appartenenza) ed 1(totale appartenenza).
Utilizzando un linguaggio analitico se X è l'insieme universo degli elementi genericamente indicati con x, l'insieme sfocato À,
definito all'interno di esso, è esprimibile dalle seguenti coppie di valori :
μa (x) = 1 se x Є À,
0 < μa (x) < 1 se x "solo parzialmente" ad À
μa (x) = 0 se x Є À.
75
79
"La Network Analysis in Economia Aziendale. Problemi di metodo e campi di applicazione" Raffaele D'Alessio G.
Giappichelli editore-Torino 2002.
tecniche di ricerca al fine di approfondire l'analisi. Il secondo contributo è una proposta
teorica più direttamente legata alla ricerca sociale.
In genere, ricorda l'autore del primo contributo che si vuole considerare i questionari
tradizionali di una ricerca reticolare sono composti da circa 10-15 domande di cui solo 2 o 3
servono a dare "corrente ad indici ed algoritmi" , di queste se ne utilizzerà nell'esempio una
sola volta alla valutazione dell'attività relazionale. L'autore parte dall'assunto che
"l'intervistato non è capace di valutare opportunamente la sua attività relazionale" il
ricercatore dovrà richiedere dati concreti/effettivi e perciò più attendibili rispetto ad una
interpretazione dell'attore, quali ad esempio ; numero fax scambiati, numero telefonate,
e.mail ed altre. Lo studioso oltre che chiedere a ciascun attore con chi è in relazione chiede
di dare dimostrazioni concrete di tali relazioni attraverso infirmazioni quali ad esempio atti
dimostrativi di avvenute riunioni ufficiali od informali, quantità fax scambiati, ricevute
corrispondenza (elettronica o meno) ed altre. Le risposte e la loro operazionalizzazione
vengono predisposte in questa forma ;
Tab 25 tratta da "La Network Analysis in economia aziendale" pag 186
Riunioni ufficiali
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
Riunioni informali
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
Fax inviati
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
Telefonate fatte
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
Lettere spedite
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
E.mail inviate
0
Da 1 a x
Da x a y
Più di y
I valori di x ed y che sono fondamentali per costruire la funzione di appartenenza e sono
individuati a discrezione del ricercatore (sulla base di conoscenze teoriche o di un pre test)
per ogni categoria di contatto, la x e la y possono assumere diversi valori a seconda delle
considerazioni fatte. In altri termini è compito dello studioso individuare le quantità
paritetiche fra le colonne, analizzare le risposte e catalogare le relazioni che legano gli
attori. Si procede dopo aver dato un valore alle x ed alle y di ogni riga al calcolo della
funzione o grado di appartenenza. Ad esempio per la prima riga l'autore ha ritenuto che 11 o
più riunioni ufficiali possono essere un indice sufficiente per affermare che tra l'attore W e Z
vi sia una relazione. Il grado di appartenenza sarà vicino ad 1 (presenza relazione) tanto più
il numero di riunioni sarà vicino ad 11. In termini formali :
1
se x > 11
(x-1)
10
se 1≤ x ≤ 11
μ riunioni formali =
Perciò se si avessero 8 riunioni informali si avrebbe : (8-1)/10 = 0,7 (grado appartenenza)
Ipotizzando di avere avuto queste risposte
80
Tab 26 tratta da "La Network Analysis in economia aziendale" pag 187
Riunioni ufficiali
6
X (max) = 11
Riunioni informali
12
X (max) = 20
Fax inviati
15
X (max) = 30
Telefonate fatte
30
X (max) = 50
Lettere spedite
18
X (max) = 20
E.mail inviate
60
X (max) = 40
Calcolando l'intersezione delle varie funzioni si ottiene :
(0,5 + 0,58 + 0,48 + 0,59 + 0,89 + 176 ) / 6 = 0,67 .
Si può constatare che la banda di oscillazione varia da 0 ad 1 e questo "consente di costruire
una matrice delle adiacenze che tenga conto anche dell'intensità delle relazioni, una matrice
quindi completa" (ibid pag 187). In questo primo esempio la ricerca è fondata su modelli
teorici "crisp". Gli stessi strumenti di raccolta dei dati sono inizialmente pensati e raccolti
con strumenti tarati sulla logica fuzzy ed in seguito trasformati (fuzzificati) al fine di
approfondire l'analisi. In questo esempio la fuzzy consente di specificare il grado della
relazione tra due soggetti, le quattro classi non hanno confini rigidi ma il valore di
sovrapposizione tra queste non riveste un interesse fondamentale.
Il secondo esempio è tratto M. Chiuppesi "Complessità e Vaghezza Frattali e Logica Fuzzy.
Nuovi sentieri per la ricerca sociale" (Collana del Laboratorio di Ricerca Sociale
Dipartimento Scienze Sociali di Pisa ). E' una proposta teorica che suggerisce di utilizzare la
logica fuzzy "per formalizzare le funzioni di appartenenza dei casi concreti a insiemi
idealtipici (nel senso dell'idealtipo generalizzabile non astratto di Capecchi) sfruttando la
possibilità di disegnare funzioni di appartenenza subnormali per rispettare la natura
astrattamente perfetta del campione idealtipo, permettendo così operazioni di misurazione
sulla base delle quali condurre in maniera logicamente formalizzata analisi comparative".
Un discorso simile viene proposto anche per le analisi di secondo livello dove creando
funzioni di appartenenza ad hoc è possibile riorganizzare la distribuzione dei casi rilevati in
ricerche già condotte con metodi classici, al fine di osservare l'emergere di strutture
significative di appartenenza o fuzzy claster. Una ultima cosa da sottolineare è che nel primo
esempio, la funzione di appartenenza è la fuzzificazione dei dati crisp rilevati, non viene
specificata l'appartenenza a classi ad esempio di grado di relazione, nel secondo è invece
interessante notare che gli autori dopo la rilevazione dei dati cercano di approssimare i dati
a classi teoriche idealtipiche ricavate o da modelli teorici o da precedenti rilevazioni su cui
basare tali modelli. Si suggerisce quindi di usare la funzione di appartenenza al fine di
costruire degli indici sintetici e delle tipologie sfumate a cui i soggetti appartengono
secondo diversi gradi di appartenenza.
76
81
In questo ultimo valore essendo le e.mail ricevute maggiori di 40 il valore della funzione è comunque uno. Il rischio
potrebbe essere quello di perdere la sovrarappresentazione di questa modalità comunicativa.
Costruire uno scaling a partire da modelli logici fuzzy; la scala Likert
4.1 La misurazione/rilevazione degli atteggiamenti con la logica sfumata
La logica fuzzy sembra avere per ragioni legate alla natura dei dati rilevati, per l'ambiguità
insita negli oggetti di ricerca e nei concetti adoperati e per ragioni tecniche in linea teorica
un buon adattamento alla rilevazione degli atteggiamenti e delle abilità. Prima però di
vedere come la fuzzy può contribuire allo studio degli atteggiamenti è importante riprendere
il discorso dalle tecniche di scaling utilizzate in sociologia al fine di misurare atteggiamenti,
motivazioni, abilità e tutta una serie di proprietà complesse.
4.1.2 Misurazione degli atteggiamenti e tecniche di scaling
Le tecniche di scaling sono un un insieme di tecniche messe a punto nella ricerca sociale nel
tentativo di misurare in modo attendibile l'uomo (atteggiamenti, capacità, comportamenti) e
la società di cui gli uomini sono parte. Concetti riferiti ad atteggiamenti, proprietà ed abilità
dell'individuo quali ad esempio la religiosità, il razzismo, l'ottimismo, la soddisfazione, la
depressione o le motivazioni ad intraprendere o meno determinate azioni sono concettitermini non facilmente traducibili nella ricerca empirica e non misurabili in modo
matematicamente/statisticamente semplice e diretto. Scopo dello scaling è quello di cercare
di sostituire un concetto con una serie di indicatori che gli si sovrappongono parzialmente,
come del resto sempre si operazionalizzano i concetti, con l'accortezza che gli indicatori in
questione devono formare un insieme coerente ed organico, mettendo a punto criteri il più
possibile intersoggettivi per controllare l'effettiva sovrapposizione tra indicatori e concetto o
in logica fuzzy il grado di sovrapposizione degli indicatori rispetto al concetto. Si può
quindi definire una scala, con le parole di Corbetta come " un insieme coerente di elementi
(items) che sono considerati indicatori di un concetto generale (Corbetta 1999)" definito
costrutto/tratto latente o variabile latente, di cui si vuole quindi fornire una "misura77".
In genere la proprietà latente sottostante viene immaginata e concettualizzata come continua
e statisticamente gli indicatori di tali concetti possono essere rilevati attraverso caratteri
statistici differenti e diversamente operazionalizzabili. Ogni caso occupa una posizione
determinata dal grado di proprietà che si cerca di far corrispondere ad un numero reale,
naturale o a categorie a seconda delle scale di misurazione adoperate.
In generale le proprietà concettualizzate come continue sono quelle su cui può applicarsi un
processo di misurazione. É infatti assurdo "misurare" la proprietà sesso che però se
considerato come percezione/appartenenza di genere può sicuramente essere pensato come
una proprietà continua, in tal modo si ipotizza un segmento limitato ai due estremi rendendo
attraverso tale artificio matematico studiato da Cantor possibile una forma convenzionale di
misurazione nemerica se si gradua con numeri reali il segmento e ordinale se si delimita lo
stesso attraverso categorie discrete attraverso la definizione operativa.
Come già sottolineato un problema può nascere per il fatto che al loro interno queste
77
Nelle scienze sociali non abbiamo sistemi di misurazione e unità di misura standardizzate (anche perchè sarebbero inutili) ma procedimenti
di misurazione, che come ricordato da Giampaglia sono" lo sforzo di applicare all'analisi dei fenomeni soggettivi il rigore della misurazione delle
scienze fisiche", cioè il tentativo di creare strumenti altrettanto rigorosi e dotati della stessa sensibilità.
82
categorie non hanno differenziazione. Se ad esempio come segnalato da Marradi, il
continuum della proprietà età viene suddiviso in classi annuali, tale suddivisione non pone
grossi problemi in quanto le differenze tra gli oggetti collocati nella stessa categoria non
dovrebbero essere talmente significative da determinare distorsioni, che invece si
potrebbero avere senz'altro nel caso di una divisione quinquennali.
Esistono diversi sistemi volti a costruire un processo di misurazione di una proprietà
considerata come continua che si differenziano a seconda del formato degli items, della
scala di rilevazione dei caratteri statistici, e da come il continuo viene strutturato. I modelli
che ispirano le tecniche di scaling sono come ricordato da Giampaglia caratterizzati e
differenziati secondo quattro criteri. La causa della variabilità delle risposte, l'errore di
rilevazione, la dimensionalità ed il tipo di dati. In base al primo criterio; la fonte della della
variazione del comportamento dei soggetti in base alla variazione degli stimoli Torgeston
(1958, 45-60) e anche Capecchi (1962 173-185) distinguono tre tipi di approccio allo
scaling. Nell'approccio centrato sui soggetti la variazione sistematica nelle reazioni dei
soggetti agli stimoli (che possono essere le domande di un questionario) è data dalle
differenze individuali tra i soggetti che al termine della rilevazione e analisi dei dati hanno
una posizione determinata sullo stesso, sono infatti questi ad essere scalati sul continuo.
Sono esempi di questo approccio le scale Likert. Nell'approccio centrato sugli stimoli detto
anche approccio giudizio la variazione sistematica nelle reazioni dei soggetti è attribuita alle
differenze tra gli stimoli rispetto alla proprietà. Ad essere scalati sono quindi gli stimoli.
Esempi di questo approccio sono le tecniche ideate da Thurston. Per quanto concerne
l'approccio denominato centrato sulle risposte, la variazione sistematica nelle reazioni dei
soggetti agli stimoli è data dalla quantità di proprietà posseduta dai soggetti e dagli stimoli,
e quindi lo scaling viene effettuato su entrambi. Tutti e tre gli approcci possono essere
utilizzati a partire da un modello fuzzy senza generare particolari problemi.
Per quello che concerne l'errore di rilevazione la distinzione si trova all'interno
dell'approccio centrato sulle risposte individuando come segnalato tra gli altri da Torgeston
(1958 pg 58-59) due categorie di modelli ; deterministici e stocastici. La differenza tra i due
approcci deriva dal modo in cui viene trattata la variazione non sistematica delle risposte
(errore di rilevazione). I primi, formulati nei termini di modelli ideali, non prevedono in
modo esplicito questo problema. La variazione nelle risposte è totalmente attribuita alla
posizione del soggetto e alla posizione dell'item sul continuum, anche se questo modello
non potrà proprio perchè ideale rappresentare completamente i dati reali e pertanto sarà
quasi sempre presente uno scarto tra modello e realtà empirica, l'importante è in questo
approccio che lo scarto in questione rientri in determinati limiti di tolleranza. Nel modello
probabilistico il modello incorpora invece l'errore di rilevazione fornendo precisi modelli
statistici per valutare la congruità del modello con i dati. Utilizzando invece un approccio
fuzzy il problema dell'errore di rilevazione assume contorni differenti in quanto tale
approccio tende a incorporarlo e spiegarlo. Per quanto concerne la dimensionalità uno
scaling costruito a partire da un modello fuzzy può come avviene negli altri modelli essere
unidimensionale o multidimensionale. Nel modello unidimensionale lo scaling e quindi la
teoria sottostante sono volte all'individuazione di un insieme di items di cui si può
dimostrare la corrispondenza con una sola dimensione sottostante. Se il modello in
questione è basato sulla logica fuzzy ha la prerogativa di vedere quanto questi items nello
stesso momento corrispondano/appartengano e non corrispondano/appartengano alla
dimensione sottostante (fuzzy logic). I risultati di conseguenza tengono conto della quantità
83
di proprietà posseduta e non posseduta dagli oggetti o dagli items e al livello di analisi della
sovrapposizione delle categorie elaborate (fuzzy analysis). In un modello multidimensionale
il problema è quello di classificare simultaneamente un oggetto secondo due o più proprietà
collocandolo in uno spazio a più dimensioni, l'analisi a partire da un modello che incorpori
la logica fuzzy si arrichisce e approfondisce in quanto il modello dovrebbe poter evidenziare
quanto gli items corrispondano/appartengano e non corrispondano/appartengono ed in che
misura alle dimensioni progettate, aiutando ad evidenziare dimensioni non presenti nella
iniziale definizione operativa(fuzzy logic). Il modello tenderà a livello di analisi a dare
conto di dove l'oggetto si trova all'interno delle classi elaborate, in che grado rientra nelle
dimensioni e in che misura possiede le proprietà elaborate dando conto però anche di
quanto non le possieda. Secondo Carmines e McIver (1981) i modelli multidimensionali
sarebbero di ostacolo al progresso della teoria in quanto i concetti multidimensionali
risultano troppo ambigui e complessi. In questo senso, ribadendo con Giampaglia
l'inesistenza di concorrenza tra "le due strategie" e la priorità delle ipotisi di ricerca i modelli
in fuzzy possono aiutare ad incorporare e a spiegare in parte l'ambiguita e la complessità di
queste concettualizzazioni. Anche in questo caso però non si può prescindere dall'attenta
formulazione di ipotesi sperando in una miracolosa azione della logica suddetta, che deve
essere utilizzata a partire da queste.
Sulle differenze, somiglianze e sinergie esistenti con i modelli di scaling stocastici ed in
particolare con il modello di Rusch non mi soffermerò anche se per le sinergie e le
differenze esistenti potrebbe essere una tematica molto interessante da sviluppare, per ora,
però, basta fare riferimento a quanto detto nel primo capitolo sulle differenze/sinergie tra
probabilità e fuzzy logic.
L'ultimo criterio di classificazione distingue i modelli di scaling in base al tipo di dati di cui
si dispone. Secondo Coombs si possono distinguere quattro tipi di dati ; dati relativi a scelte
di preferenze, a stimoli individuali, riguardanti confronti tra stimoli e dati relativi a
similarità.
4.2 La distensione della proprietà sul continuum
Quando si tratta di registrare percezioni soggettive (atteggiamenti, motivazioni, opinioni)
attraverso metodi scalari, è fondamentale il progetto ed il controllo dell'insieme dei processi
con cui si intende definire, identificare e classificare universi di contenuto che in origine
sono indistinti. Cosa risaputa è che le operazioni di scaling di una proprietà si realizzano in
due fasi ; la costruzione della scala e l'assegnazione di valori numerici o etichette a soggetti
o items. Inoltre l'items per sua natura dovrebbe servire a suddividere i soggetti in due e più
categorie esaustive e mutuamente esclusive. Però uno dei problemi che si pone nell'operare
con questo tipo oggetti cognitivi deriva dal controllo linguistico del processo di
comunicazione-percezione posto nei termini di traduzione e registrazione al fine di operare
classificazioni su base quali-quantitativa cercando di ridurre le possibili distorsioni. Quello
che si cerca di ottenere è di posizionare dei soggetti in relazione ad un fenomeno o ad uno
stimolo a questo legato, è evidente che se questo è il nostro obiettivo, ipotesi scalari poco
collaudate dal punto di vista quantitativo e terminologico risultano più esposte a distorsioni
e più complesse da strutturare. In generale se un soggetto si dichiara abbastanza d'accordo è
facile attraverso un giudizio di tipo logico capire che rispetto ad un soggetto che si dichiara
poco d'accordo condivide maggiormente l'affermazione e se come ricordato da Russel gli
estremi sono chiari tale giudizio può essere espresso. Il problema si pone semmai laddove le
distanze semantiche sono minime, ambigue o non chiare dal punto di vista semantico (occorre far
84
riferimento a classi di giudizio collaudate anche dal senso comune). Ed allora in questi casi previo il
tentativo di rendere chiare le ambiguita semantiche uno scaling di tipo numerico può essere utile.
Rimangono comunque difficile le situazioni quali "non soddisfatto non insoddisfatto"o per alcune
cose soddisfatto per altre insoddisfatto", in cui in assenza di peso interno degli elementi
positivi/negativi, non possono dare una posizione definita al soggetto sul continuum. La
prima operazione da compiere al fine di pensare una proprietà sul continuo è individuare gli
estremi dal grado massimo al grado minimo della stessa in altri termini è necessario
individuare "una categoria di interpretazione che sia il simbolo chiave di distensione sul
continuum" (Frudà 2003) numerale o qualitativa (a volte entrambe). Come ultima cosa per
Frudà bisogna "procedere ad una taratura globale delle posizioni di classificazione tramite
una operazione di bilanciamento simmetrico dei termini assumendo come origine un punto
zero ipoteticamente equidistante dagli estremi". Per l'autore citato il punto zero dovrebbe
essere posizionato nella posizione mediana o nell'insieme delle posizioni intermedie.
--=grado minimo del refernte
-=grado negativo (-1)
Fig 3 continuum dei giudizi in Frudà (2006)
++
++= grado max. categoria
+= grado positivo (+1)
+
0
-
--
0=posizione med. teorica
In questo modo i punti individuati per distensione sullo spazio geometrico non sono
individuabili linguisticamente né per vie assolute di percezione. Con questa formalizzazione
sul continuum lo zero diviene un punto mediano di passaggio tra il massimo giudizio
positivo e il massimo giudizio negativo. Rappresenta quindi il punto di incertezza tra i due
poli, incertezza che può essere individuata, a mio parere, con il non saper esprimere un
giudizio. Questo punto è però non individuabile, in quanto solo i due estremi in questa
formalizzazione sono identificabili come massimo positivo e massimo negativo. L'esistenza
di questo punto è pertanto ipotizzata attraverso un giudizio di comparazione-partizione tra i
due estremi.
Le due posizioni estreme sono in realtà riconducibili alle due posizioni di giudizio
positivo/negativo a cui viene aggiunto un grado. Ora anche in questo caso trattandosi di
giudizi di comparazione il ricercatore non può definire quale sia la distanza tra 0 e + o tra
++ e +. Anche volendo stabilire convenzionalmente un massimo ed un minimo numerale
rimane il fatto che l'arbitrarietà di questa scelta sarebbe troppo forte. In sostanza il problema
è che non è possibile tarare referente e gradi del continuum facendo in maniera di garantire
in modo assoluto i termini sintetici di classificazione.
Volendo utilizzare dei modelli fuzzy questa strutturazione del continuo non risulta
pienamente applicabile per problemi logici e tecnici. La teoria su cui si basa la fuzzy logic,
come già detto, nasce da una modificazione della logica bivalente di appartenenza agli
insiemi booleani di un determinato enunciato, perciò un items in questo approccio dovrebbe
essere considerato come il tentativo di rilevare il grado di appartenenza ad un insieme che in
questo caso è l'appartenenza all'insieme giudizio positivo-negativo dell'item. In logica fuzzy
come già sottolineato i due estremi appartenenza (1) non appartenenza (0) sono gli estremi
di un continuo che va da 0 a 1 ed in cui il valore centrale 0,50 rappresenta l'incerto
(appartiene/non appartiene nella stessa misura). Per questo motivo gli estremi del continuo
vengono fissati nei valori 0 (non appartenenza) 1 (appartenenza).
FIG 4
0
85
0,50
1
Struttura del continuum in fuzzy analisy
Le posizioni di classificazione verranno tarate a partire dalla considerazione che se i due
punti estremi si trovano necessariamente ad uguale distanza dal punto mediano lo stesso
vale per i valori (Fit) posti sul continuo perciò ad esempio ¼ è all'opposto di ¾ e così via.
Come nei modelli di rusch rielaborati da Andrich, si ipotizza che ogni categoria non sia
"rappresentata da un picchetto sul continuo, bensì da un intervallo, un segmento sull'asse
della proprietà alla stregua di quanto proposto da Thurstone nella sua formulazione del
metodo ad intervalli successivi" (Giampaglia 2008). Tra le categorie c'è pertanto una soglia,
un confine che separa gli intervalli.
FIG 5
0 ____________________1
0,50
Il continuo può assumere tutti i valori compresi tra 0 ed 1, gli intervalli segnano il confine
bivalente delle categorie (ad esempio 0= disaccordo, da oltre 0 a 25 poco d'accordo). I valori
possono però appartenere in grado diverso a più categorie (le funzioni di appartenenza
sovrapposte sono rappresentate dai triangoli), con diversi gradi di appartenenza. Il
punteggio 0,40 non supera la soglia centrale ma appartiene sia all'intervallo che la precede
sia alla classe centrale con gradi differenti.
Questo modello si adatta facilmente ai principi dello scaling elaborato da Likert.
4.3 La scala Likert pregi e limiti
Nel 1932 Rensis Likert, partendo da una posizione di critica rispetto ai metodi di misura di
atteggiamenti e opinioni formulati dallo psicologo sociale Thurstone78, elaborò una scala
denominata method of summated ratings79, ormai universalmente nota con il nome del suo
codificatore. Questo metodo per la semplicità di elaborazione e somministrazione e per
l'assenza del vincolo di unidimensionalità, presente ad esempio in Guttman è ancora oggi e
nonostante la formulazione di nuovi modelli di scaling tra i più utilizzati(o forse il più
utilizzato) , discussi e studiati metodi di rilevazione di atteggiamenti/opinioni. Nella scala di
Likert ad essere scalati sul continuo sono i soggetti sulla base della quantità di proprietà che
mostrano di possedere. La costruzione della scala è relativamente semplice, è importante
porre come sempre grande attenzione alla fase di operazionalizzazione del concetto e curare
l'analisi della congruenza interna e delle dimensionalità presenti negli items. Lo stesso
Likert segnala la delicatezza della prima fase (di progettazione degli items) e indica una
serie di errori da evitare nella costruzione degli items . Nel modello di scaling studiato da
Likert l'esistenza di categorie di risposta ordinate in cinque o sette alternative, permette-data
anche la scarsa autonomia semantica delle stesse e una modalità di ordinamento
condivisibile dagli intervistati- una facile ordinabilità lungo il continuum ed una maggiore
78
Le scale di thurstone oltre ad essere di difficile somministrazione e complesse nel procedimento di elaborazione, erano troppo dipendenti dalla
distribuzione dell'atteggiamento tra i giudici.
79
Il nome fu attribuito da Bird(1940, 159) in quanto ciascuna risposta può essere considerata alla stregua di una classificazione e le risposte
ai vari items sono sommati.
86
espressione (rispetto alla dicotomia) del punto di vista dell'intervistato. La scelta di
modificare questa scala deriva dalla considerazione di quelli che sono i suoi fondamentali
motivi di successo e dalla considerazione dei suoi limiti che in parte attraverso questa
modifica possono essere mitigati. Per quel che concerne il problema delle distorsioni
collegate alla rilevazione, gli argomenti sono già stati affrontati e discussi abbondantemente
sia in sociologia che in psicologia sociale. Sintetizzando molto si può affermare che la
soluzione per limitare i fattori di distorsione è data da una buona costruzione del
questionario, la presenza di un gruppo di rilevatori capaci e motivati e fattore su cui non
sempre è possibile influire (se non cercando di interessare e motivare gli individui o
cambiando l'intervistato laddove ci si renda conto non ci sia altra possibilità) la volontà reale
dell'intervistato di collaborare con i ricercatori. Su questo argomento difatti non mi
soffermerò in quanto ritengo che quanto detto e scritto fino ad ora colga problemi e possibili
rimedi e non rientra pienamente negli interessi di questo scritto, anche se rimane la
progettazione e la rilevazione degli items rimangono due dei momenti fondamentali di ogni
progettazione di scale di rilevazione e non solo. Tra i limiti individuati e discussi da diversi
autori (vedi ad esempio Pitrone, Marradi, Giampaglia) attribuiti alla struttura della scala ed
alle scelte effettuate dal ricercatore ne sottolineo alcuni che attraverso la trasformazione
della scala in Fuzzy possono trovare una soluzione. Come ormai noto la scala di Likert
"trasforma una proprietà continua come un atteggiamento in una sequenza di categorie
ordinate. Ciò " aggiunge la Pitrone " dovrebbe impedire un trattamento cardinale delle
rilevazioni ottenute", che però viene effettuato. Inoltre l'alternativa di risposte data dalla
Likert è piuttosto grossolana essendo suddivisa in 5 o massimo 7 categorie di risposta e non
riesce a rappresentare le molte posizioni possibili esprimibili su un qualsiasi problema.
Altro problema deriva dalla inevitabile perdita di informazione determinato dal processo di
formazione di un indice. Le proprietà che in genere vengono misurate attraverso uno scaling
sono concettualizzate come continua e i valori variano perciò per incrementi infitesimali.
Utilizzando la logica fuzzy, il primo limite attribuito alla scala Likert viene eliminato, in
quanto la proprietà/atteggiamento (opinione o motivazione) viene misurata con una scala
quantitativa a valori continui e nello stesso tempo le categorie di risposta vengono
presentate all'intervistato ed utilizzate nella costruzione di un indice sintetico. Si costruisce
una scala che rimane di veloce somministrazione con una presentazione che rimane
(conservando così una delle caratteristiche principali della Likert) particolarmente"friendly".
4.3.1 Evoluzioni della scala Likert la scala Thurstone Likert-Like
La TLL studiata da Cannavò-Vergati è "una scala per la valutazione misurativa di opinioni,
atteggiamenti e motivazioni progettata e realizzata in riferimento concettuale
all'impostazione delle scale ad intervalli che sembrano eguali di Thurstone, ma presentata
agli intervistati secondo l'approccio particolarmente friendly di Likert" (Cannavò). In questa
scala si chiede agli intervistati di esprimere una valutazione degli items dando loro la
possibilità di esprimere il proprio giudizio su essi attraverso delle risposte graduate. L'autore
sottolinea che la necessità di studiare questo tipo di scala nasce dalla considerazione dei
limiti riscontrati nelle tre tipologie principali di scale (Thurstone, Guttman, Likert). La TLL
combina le tre famiglie di scale in una tecnica mista in cui alle frasi positive e negative
scelte da un gruppo di giudici come nello scaling di Thurstone si applicano dei punteggi
numerici graduati ordinati che vanno dal totale disaccordo al totale accordo e non con
87
categorie verbali come in Likert. Le difficoltà legate alla scala di Thurstone che l'autore
voleva superare sono legate alla discontinuità -accentuata dalla somministrazione standard,
coercitiva e obbligata in quanto viene richiesto all'intervistato una scelta forte tra totale
accordo o totale disaccordo con gli items- e la non cumulatitività. Nel 1951 c'era stato un
tentativo di risolvere i problemi di somministrazione della scala Thurstone messo in atto da
Bryfield e Rothe in cui i due autori progettarono uno scoring a 5 gradienti il cui punto
intermedio era la totale incertezza. Della Likert l'autore dichiara di apprezzare "la facilità di
progettazione e realizzazione ed insieme la facilità di somministrazione" ma trova come
limiti della stessa la "incontrollata multidimensionalità" e "l'impossibilità di i punteggi
somma ai livelli intermedi che la rende meno preferibile, in termini di validità delle scale di
Thurstone. La scala Likert perciò secondo Cannavò se correttamente utilizzata al fine di
costruire graduatorie per somma "emulano, ma non garantiscono continuità e cumulatività"
che rimangono un'apparenza o meglio un artefatto metrico volto a nascondere la sostanziale
discontinuità e non cumulatività della scala. Detto questo sembrerebbe che lo scalogramma
di Guttman sia, almeno a livello metrico la soluzione ottimale in quanto monotonico,
unidimensionale, continuo e cumulativo. Secondo Cannavò per la ricerca sociale "è
preferibile uno scalogramma à la Bogardus, data la sociologicità degli atteggiamenti
analizzati"ed il fatto che la Guttman è più adatta alla valutazione di capacità psico-fisiche
che per le proprietà di cui si occupano le scienze sociali. Infatti con questa tipologia di
proprietà risulta difficile ottenere una scala perfetta. Questa scala inoltre sacrifica alla
unidimensionalità della scala l'estensione semantica dell'atteggiamento. In queste scale gli
items sono cumulativi e costruiti in maniera tale che il soggetto possa approvarle o
disapprovarle (senza graduazione) a seconda della posizione occupata sul continuum
progettato. Però proprio tale assunto mina alle basi la possibilità di utilizzare in modo
soddisfacente questa scala per la rilevazione di atteggiamenti.
L'interesse che riveste la TLL che come detto combina i pregi delle tre scale di rilevazione
più utilizzate per questo lavoro nasce dalle considerazioni metodologiche fatte dall'autore
per arrivare a elaborare la scala e chiaramente dal risultato ottenuto.
Infatti oltre i noti requisiti attribuibili ad una scala di atteggiamento già delineati negli anni
trenta80 l'autore aggiunge alcuni requisiti tra cui i due che hanno particolare interesse per
questo lavoro sono; "realizzare uno strumento che utilizzi scores numerici indifferentemente
applicabile alla rilevazione di diversificati gradienti di opinioni, atteggiamento o
motivazione, nonchè atto a produrre una scala unidimensionale, monotòna, continua, non
necessariamente vincolata alla cumulatività rispetto agli items"; "pervenire ad una scala di
veloce somministrazione secondo una presentazione particolarmente friendly". (Cannavò
2003). Questa scala comporta una fase di impostazione laboriosa data la scelta di utilizzare
come in Thurstone la somministrazione preventiva degli items a giudici precedentemente
selezionati (questa procedura offre anche dei vantaggi indiscutibili in quanto attraverso
questa procedura si cerca di contenere al massimo l'autoreferenzialità tipica dello scaling).
La scala viene presentata in modo semplice e gli scored sono graduati in modo abbastanza
intuitivo. Ne riporto due esempi a titolo rappresentativo tratti da un indagine sul familismo
svolta da Cannavò-Vergati sul familismo e una sull'autoaffermazione
80
Fornire risultati corrispondenti ad un oridinamento riscontrabile ; utilizzare items i cui valori scalari non siano influenzati da quelli di altri
items; assicurare alla scala specificità tematica, attendibilità, validità, continuità. (Ferguson 1930.
88
FIG 6
Items sul familismo Cannavò-Vergati
Nella vita la famiglia viene prima di ogni altra cosa; il
successo personale è secondario
-3 = Del tutto in disaccordo
-2 = prevalentemente in disaccordo
-1 = moderatamente in disaccordo
0 = i motivi di accordo e disaccordo si equivalgono
+1 = moderatamente d'accordo
+2 =prevalentemente d'accordo
+3 = del tutto d'accordo
In questo primo caso il continuo è limitato tra -3 e +3, lo 0 è il punto di totale disaccordo.
La scala è costituita da 17 items selezionati da un gruppo di "giudici"su un numero di items
più ampio. Nella scala sull'autorefenzialità (17 items totali) realizzata con lo stesso
procedimento il continuo invece è limitato nell'intervallo 0-6 e quindi lo score che
rappresenta la totale incertezza è il punteggio 3. La taratura delle posizioni non deve
necessariamente corrispondere alla presentazione agli intervistati.
Fig 7 Items sull'autoaffermazione
Per mantenere una posizione sociale si deve essere disposti a 0 □
sacrificare la propria vita privata
1□
2□
3□
4□
5□
6□
In questa seconda tipologia di presentazione la scala si presenta in modo abbastanza simile a
come viene presentata la fuzzy Likert.
Questa scala come abbiamo detto oltre ad essere di semplice presentazione ha il pregio di
essere continua, di aver ancorato le affermazioni verbali a dei numeri (nel primo modello),
pregi che si vuole riprendere nella struttrazione di una sorta di TLL fuzzy.
Rimangono però i limiti legati alla trasformazione di una proprietà concettualizzata come
continua in categorie che pur dando l'idea del continuo rimangono classi a cui l'individuo
deve scegliere di appartenere o non appartenere senza graduazione o sovrapposizioni,
Le classi anche se numeriche e perciò studiate e sopratutto percepite dagli intervistati come
equidistanti, affrontando così il problema legato alla supposta equidistanza di classi
attribuita a categorie che per la loro natura concettuale non possono avere, non riescono ed
aggiungerei non si vuole che riescano, a rappresentare le sfumature e tutte le conseguenti
posizioni possibili su quella proprietà tipiche di una concetto continuo quale ad esempio un
atteggiamento.
I problemi legati alla costruzione dell'indice sommatorio ed alla forte perdita di
informazione che questo comporta rimangono inalterati.
I problemi legati invece alla scala di Thurstone che presenta il vantaggio di correggere
l'eccessiva autorefenzialità di qualsiasi procedimento di scaling vengono con questa scala
risolti.
4.4 La Likert fuzzy; prime costruzioni
Ampola, nel saggio "Complexity, Vagueness, Fractals and Fuzzy Logic, Il Trimestrale del
Laboratorio 2009/n1 Collana del Laboratorio di Ricerca Sociale Dipartimento Scienze
Sociali di Pisa", suggerisce di fuzzificare delle scale di atteggiamento rilevate attraverso
modalità crisp. Questa proposta è molto affine (si può affermare che ne è in parte il punto di
partenza) con la proposta che verrà da me fatta in questo capitolo.
Secondo Ampola le scale di atteggiamento offrono ottime possibilità per applicare la logica
fuzzy "to the construction of indicators and synthetic indexes", questo in quanto in realtà
"all indicators built on the base of additive scales can be made fuzzy". Il punto è che invece
di attribuire valori discreti alle categorie di risposta degli items le risposte del singolo sono
89
valutate su un continuum collegato con una funzione di appartenenza che determina i gradi
di consenso/mancanza di consenso espressi dall'intervistato sui singoli items che
rappresentano la proprietà/atteggiamento latente che si vuole rilevare.
L'autore illustra quanto detto attraverso un esempio in cui viene utilizzata una scala Likert
con 5 categorie di risposta e tre soli items per facilitare la comprensione.
Nella Likert classica abbiamo questa situazione :
FIG 8 traditional additive Likert scale (in Ampola)
x
(x=13)
x
x
posizione sugli items
x
x
1
15
posizione indice
posizione proprietà
La fuzzyficazione della scala attribuisce ad ogni items una funzione di appartenenza
o in altri termini di accordo/disaccordo (o in termini differenti di verità-falsità, credenza non
credenza attribuite all'enunciato proposto) sull'items su un continuo limitato da 0 (nessun
accordo) ad 1 (totale accordo). Le differenti posizioni sui vari items contribuiscono a
determinare la posizione del soggetto sul continuo che rappresenta la proprietà oggetto di
studio. La funzione di appartenenza sui singoli items , viene ricavata, essendo questi il
risultato di una rilevazione a classi discrete mutualmente esclusive, immaginando un
continuum da 0 ad 1 e dividendolo per il valore che si attribuisce all'intervallo(nell'esempio
15), quindi sulla base della funzione di appartenenza generale scelta si attribuiscono i
punteggi fuzzy. Pertanto " It is as if for every items the belonging of the individual one was
noticed to the fuzzy unity :" people whith opinions in accord in comparison to the latent
variable" and form and inclination of the functions of belonging realize than and as the
single items contributes to the final synthetic index".
Tornando all'esempio i punteggi precedenti sui tre items (4-5-4) trasformati in punteggi
fuzzy diventano 0,82- 0,35-0,87, riprendendo l'esempio grafico abbiamo questa situazione :
Fig. 9 Funzioni trasformazione punteggi (Ampola)
0,82
x
x
0,35
x
0,68
x
0
1
0
1
0,85
x
posizione items
90
posizione indice
posizione proprietà
Rispetto ai valori discreti utilizzati nella Likert utilizzando la fuzzy permette di non avere
confini rigidi tra le diverse posizioni. Come si può intuire la elaborazione della funzione di
appartenenza in base alla quale ricavare i punteggi è il momento pià delicato, è proprio in
questa fase che le scelte del ricercatore assumono una importanza vitale per la ricerca.
Ampola suggerisce di effettuare un buon pre-test al fine di impostare la funzione oppure di
costruire un " indexes of proximity for a theoric typical construction, processed as
asymptotic and sub normal fuzzy unity".
Sia nel caso che si voglia derivare la funzione da un pre-test (cosa non sempre possibile
anche se auspicabile) che nel caso in cui si ricorra ad una costruzione teorica i dati vengono
preparati ed analizzati a partire dalla funzione ( impostata a partire da una di queste due
scelte).
Rimane però il problema che la costruzione della funzione di appartenenza a partire da un
modello teorico o da studi precedentemente effettuati prevede delle scelte forti ed
estremamente vincolanti che a mio parere escludono la possibilità di effettuare un'analisi
esplorativa. Si tratta in questo caso di un impostazione di ricerca deduttiva
Per semplificare la rilevazione e progettazione la scala che qui viene suggerita è pensata
direttamente in numeri fuzzy, inoltre non essendo uno studio esplorativo non viene costruito
un modello matematico confermativo.
Le proprietà oggetto di studio vengono trattate attraverso valori continui e suddivise sul
continuum in categorie/intervalli che sono utilizzate/elaborate sullo stesso principio delle
soglie nel modello di Rasch. Quindi si costruiscono delle classi sovrapposte e delle funzioni
di appartenenza in grado di valutare l'appartenenza alle diverse classi e le multi
appartenenze, sempre che si stia pensando ad un modello fuzzy-overlapping. Il soggetto
verrà pertanto classificato a partire dalle funzioni di appartenenza alle classi sfumate che si
intersecano tra loro e sulle soglie, come già esposto nel paragrafo precedente. Altrimenti è
possibile valutare solo i gradi di appartenenza alle classi corrispondenti alle soglie intervalli.
Fuzzificando la scala il secondo limite ricordato a cui si aggiunge il problema legato
all'arbitraria equidistanza tra le categorie (derivante dalla pratica di codificare anche per le
scale ordinali le categorie di risposta utilizzando i numeri naturali ) viene risolto con
l'utilizzo di numeri fuzzy in quanto le distanze fra due qualsiasi risposte adiacenti sul
continuum sono "misurabili" e sopratutto sono presentate come chiaramente uguali
all'intervistato. Nella scala Likert le categorie di risposta sono espressioni verbali che hanno
un significato più ambiguo e ricco di quello che può essere attribuito alle cifre utilizzate per
codificarle, per questo uno dei problemi che vengono evidenziati su questo tipo di codifica
delle risposte della Likert nascono dal fatto che le categorie verbali possono essere intese in
modo differente dagli intervistati in quanto i significati possono non essere
intersoggettivamente condivisi.
Inoltre le varie posizioni possono non essere percepite, come invece si augura il ricercatore,
come posizioni su una dimensione, ma possono essere invece percepite come stati diversi ed
indipendenti tra loro. D'altra parte la ricchezza delle classi semantiche e la loro capacità di
dare un significato più ampio e semplice è uno dei pregi della Likert che si è voluto
conservare. (Ricordiamo che nella versione originaria la scala Likert era articolata in 7
categorie in seguito da molti ricercatori ridotte a 5 o a 4 se veniva ritenuto opportuno
eliminare la categoria che rappresenta la posizione di totale incertezza).
91
FIG 10 Categorie scala Likert e posizioni categorie sul continuo
Assigned
value
Available
options
Strongly agree
1
2
3
4
5
6
7
agree
Mildly agree
uncertain
Mildly disagree
Assigned Available
value
options
1
2
3
4
5
Strongly agree
agree
uncertain
disagree
A.
Available
Value options
Strongly agree
1
Agree
2
Disagree
3
Strongly disagree
4
Strongly disagree
disagree
Strongly disagree
Le posizioni di classificazione sul continuo sono tarate tradizionalmente tramite una
operazione di bilanciamento simmetrico dei termini assumendo come origine un punto zero
ipoteticamente equidistante dagli estremi
FIG 11 Posizioni sul continuo differenza tra categorie e codici numerici. I codici numerici sono dei punti sul
continuo mentre le classi sono intervalli.
-2
-1
Strongly agree
1
0
agree
Uncertain
2
3
+1
Disagree
4
+2
Strongly disagree
5
Il punto di incertezza corrisponde con questa impostazione alla categoria codificata con lo 0, gli estremi sono dati dal massimo negativo e
positivo (-2 +2), attraverso questa impostazione si riesce a tarare le posizioni sul continuo. L'intervallo da 1 a 5 è la scala così come viene presentata
all'intervistato
Questa taratura e le stesse classi rimangono però una scelta convenzionale impostata al fine
di poter rendere il processo misurativo più stabile.
Con la progettazione della scala in fuzzy, come visto precedentemente cambia
l'impostazione ed il livello di misurazione.
4.4.4
Il problema delle categorie linguistiche e l'ambiguità.
Questa breve discussione sul problema delle categorie linguistiche è importante al fine di
capire come la formalizzazione matematica esposta nel paragrafo precedente viene utilizzata
al fine di costruire una scala basata su categorie verbali di risposta. Inoltre si cercherà di
riprendere alcuni temi sulla vaghezza delle proposizioni e quindi degli items al fine di
vedere come e se la logica fuzzy può portare contributi in fase di progettazione della scala.
La scala Likert come ogni scaling per la rilevazione di opinioni/atteggiamenti/motivazioni si
serve di categorie semantiche vaghe, sia negli items che nelle categorie di risposta, anche se
la vaghezza, e questo vale sopratutto per gli items della scala, non è nei singoli termini o
nell'enunciato ma nel fatto che in generale nel linguaggio non vengono esplicitati tutti i
passaggi logici sottostanti. In altri termini secondo W. Belardi la vaghezza è presente a
livello di semantica linguistica perché il linguaggio non è lo specchio del mondo;
l'espressione non riflette mai i fatti del mondo ma interpreta il mondo secondo lingue e
culture differenti, attraverso schemi primari (schemi grammaticali) e nozioni lessicali
condivise nelle diverse lingue (e a volte dialetti) che funzionano come punti di vista
precostituiti attraverso cui interpretare i fatti. A questo punto di vista socio-storico si
aggiunge il punto di vista soggettivo del singolo e la sua capacità di ragionamento astratto.
Questo vuol dire che da una parte l'applicazione delle comuni regole grammaticali dovrebbe
limitare l'ambiguità, ma di contro difficilmente nel linguaggio comune che è poi quello da
92
utilizzare nel costruire una scala qualsiasi tali regole sono coincidenti con le regole ideali. In
ogni caso esistono convenzioni condivise ma comunque la commensurabilità
interlinguistica “deve trovare la sua collocazione in uno spazio propriamente fuzzy posto
nell'intervallo matematico 0, 1”. Se ad esempio formuliamo una proposizione (ormai
classica nei trattati di logica fuzzy) quale “Enrico è un uomo alto” questa non può, pena la
sua alterazione essere trasformata in un linguaggio assoluto, preciso ed autosufficiente che
quantifichi l'altezza. Infatti da questa trasformazione seguirebbe necessariamente una
“rinuncia a tutta una rete di conoscenze linguistiche ed a tutto un sapere sociale” sottostante
“consolidato”(Belardi). In altri termini il giudizio sull'altezza come elemento qualitativo è
basato sulla misura ma anche su una serie di assunzioni sociali legate al luogo ed al tempo
in cui tale affermazione è stata formulata. La stessa cosa vale nel caso in cui si affermi che
un uomo è molto o poco alto e chiaramente è facile vedere che quanto detto si adatta
perfettamente alle categorie della scala Likert. Perciò sia volendo considerare il
termine/categoria che l'insieme delle diverse categorie di accordo disaccordo comprensive
dell'item rimane comunque la non piena quantificabilità dell'insieme. A questo punto è facile
arrivare alla classica conclusione che la nozione di indefinitezza insita nell'uso di categorie
verbali sia parte di una costruzione mentale opposta o meglio diversa per struttura e metodi
dal mondo preciso e quantificabile della matematica. Però come già mostrato l'indefinitezza
può essere manipolabile (e non pienamente quantificabile) con formule
statistico/matematiche attraverso l'ausilio del tipico concetto fuzzy di funzione di
appartenenza. La manipolabilità è possibile ogni volta che una proposizione asserisce che
un oggetto x fa parte di un insieme (di valori oggetti o persone) i cui elementi si dispongono
in modo scalare, con precisione nel caso di nozioni legate ad oggetti concreti e in modo
generico nel caso di nozioni astratte. La scala Likert nelle categorie di risposta utilizza un
sistema di scaling simile a quello utilizzato comunemente basato su una scala elementare
generica, implementata attraverso l'uso di avverbi quantificatori quali poco, molto,
abbastanza oppure alcuni, molti ecc...., specie nel riferirsi a nozioni astratte, ma spesso
anche per riferirsi a grandezze perfettamente quantificabili. Considerando come nella Likert
classica tali avverbi disposti su un continuum e rendendolo visibile (come nella TLL di
Cannavò-Vergati) gli avverbi diventano chiaramente e precisamente ordinabili anche per gli
intervistati ma rimangono categorie non manipolabili e non chiaramente quantificabili,
infatti come già ricordato all'interno di una stessa categoria non esistono gradazioni. Dando
una precisa misura al continuum e in conseguenza alle categorie verbali e considerando la
misura della appartenenza e non appartenenza alle categorie possiamo manipolare lo scaling
con maggiore precisione ma senza perdere in ricchezza semantica.
Per quanto riguarda la semantica lessicale, quindi nel nostro caso principalmente la
costruzione degli items, secondo lo stesso autore ma anche secondo E. Coseriu non si può
parlare di vaghezza o fuzziness. Questo perché se i valori di una lingua fossero “indefiniti o
vaghi, non sarebbero valori. Il parlante che per ipotesi, costruisse le sue espressioni
significative con i mezzi della sua lingua che per natura fossero vaghi sarebbe come uno che
volesse costruire un edificio con mattoni che invece di essere solidi e quindi dotati di
dimensioni precise, fossero umidi e cedevoli...”. Questa concezione di un linguaggio
naturale vago, inesatto per costituzione risale a Crisippo ed inseguito ai logici e grammatici
di Port-Royal e allo stesso Leibniz fino al primo Wittgenstein. L'ambiguità risiede secondo
Coseriu nella “varietà delle modalità date all'uomo per poter delimitare e individuare
93
mediante parole singole una porzione del continuum della realtà esperita81.
Anche la polisemia può essere fonte di vaghezza ma bisogna sottolineare che un termine che
ha due o più significati non è ambiguo ma appunto polisemico, l'ambiguità può insorgere
(volontariamente o involontariamente) nel linguaggio naturale nell'uso sul piano
sintagmatico e pragmatico82. Di questo tipo sono ad esempio i problemi riportati da Marradi
con il termine abbastanza che in Sicilia assume un doppio significato, abbastanza derivato
dallo spagnolo “bastante” ed abbastanza secondo l'uso della lingua Italiana. Il primo tipo era
(o è se ancora in uso) un termine dialettale estremamente diffuso tra gli intervistati e questo
ha generato confusione. Lo stesso problema può verificarsi per proposizioni che possono
indurre significati differenti. In tal senso secondo l'autore può essere interessante affiancare
alle proposizioni un continuum per indicare la comprensibilità dell'enunciato stesso. Questo
non risolve completamente il problema perché laddove ci sia stato un fraintendimento
l'intervistato può in coscienza essere sicuro di aver capito la frase, ma valutando l'items
all'interno della scala e valutandone la comprensione espressa può evidenziare il problema.
4.4.5 Costruzione di una Fuzzy Likert
Per costruire una scala Likert fuzzy all'insieme L { 0; 0,1; 0,2; ......, 0,9; 1} ricavato
dall'intervallo 0-1 precedentemente visto affianchiamo le sette categorie verbali (originali)
della scala. I numeri fuzzy vengono distesi su un segmento che per semplicità viene fissato a
10 cm, al fine di dare una gradazione più sensibile alla scala e permettere all'intervistato di
articolare la sua posizione con maggiore precisione. Ovviamente l'intervallo/categoria è
costituito da più di una delle categorie verbali e dei numeri fuzzy indicati nel paragrafo
relativo.
In questo modo abbiamo una gradazione verbale, la Likert, che non corrisponde a quella
numerica.
La funzione di appartenenza è in questo caso costruita sulla base delle categorie verbali
lasciando all'intervistato la scelta della posizione che sul continuum rappresenta il suo grado
di accordo. Non si è ricorso ad una impostazione modellistica della funzione, per i motivi
già precedentemente citati, su base teorica o rifacendosi ad un pre-test anche se le categorie
verbali oltre che servire da ancoraggio semantico per l'intervistato racchiudono un
impostazione teorica.
L'appartenenza alle categorie è valutata sul profilo dei diversi individui su tutti gli items
della scala, ottenuto attraverso la media dei punteggi, anche se niente se non una maggiore
praticità, vieta di valutare l'appartenenza ad ogni items, cosa che in determinate occasioni
può approfondire l'analisi fornendo un'informazione più dettagliata.
Una scelta che è lasciata al ricercatore è l'uso o meno del clumping (overlapping). A seconda
della ricerca e degli interessi cognitivi può essere utile avere classi contigue sovrapposte o
invece valutare il solo gradi di appartenenza alla categoria.
81
Ricorda Coseriu che parole quali notte e giorno sono chiare nel significato, nessuno in condizioni normali sbaglia il giorno con la notte, quello
che è ambiguo è il confine tra giorno e notte. Ancora se in una data cultura esiste incertezza sul come classificare la gallina come volatile o meno
questo non significa che non sappiano che il termine prescelto per indicare gallina indichi quell'animale e non ad esempio un'aquila, per tutti il
significato è chiaro.Inoltre la classificazione tassonomica del termine gallina è davvero determinante tra parlanti?
82
Scrive in tal senso Coseriu “no cabe en general hablar de significados imprecisos o borrosos, pues in rigor no los hay y la expresiòn misma
significado borrosos es una contradictio in adiectio, ya que implica afirmar que los hablantes no saben què quieren decir con las palabras que
emplean. El linguista no debe confondir las dificultades que èl, en el plano metalingùìstico, puede tener al tratar de delimitar un significado con
un hecho objetivo, concerniente al significado que conocen intuitivamente los hablantes (y que tambien conoce él mismo en quanto hablante).
94
4.5 Una proposta : la TLL Fuzzy
Per fuzzificare una TLL è necessario considerare e ponderare i giudizi espressi dai giudici
secondo una formalizzazione che utilizzi numeri fuzzy. La scala viene proposta sempre su
continuum suddiviso nelle sette categorie anche al fine come ricordato dallo stesso Cannavò
di evitare una scelta secca tra due o più items, a partire dalla prima fase di scelta degli items
da parte dei giudici. Verranno proposti ai giudici una serie di items che si ritiene possano
indicare le dimensioni del concetto operazionalizzato sui quali dichiarare una preferenza. In
questo caso la scelta verrà effettuata in base al grado di preferenza espresso dai giudici
seguendo un modello matematico elaborato da Ian Tofan e A Mauro 2001 da me adattato
alla scala (in numeri fuzzy triangolari rappresentabile nello spazio in forma tridimensionale)
di seguito esposto:
Indichiamo con X (x1, x2,....xn) un insieme di alternative e con E (e1, e2,.....en) un insieme
di esperti. Per ottenere una ponderazione delle opinioni espresse si si considerano i numeri
fuzzy che indichiamo con Ik = (ak , bk, ck), K= 1,m, che rappresentano l'importanza delle
opinioni degli esperti. Il numero Ekij il numero fuzzy che rappresenta il grado di preferenza
dell'alternativa xi rispetto alla xj espresso dal giudice ek. Si impone quindi la condizione :
Ekij + Ekij = Ĩ . Si realizza perciò per i = 1,2,...,n;j =1,2,...,n;k = 1,2,...,m, una
rappresentazione tridimensionale
Fig 12 rappresentazione tridimensionale modello TLL fuzzy
n
j
2
m
k
2
1
2----- i n
dove la sezione k, 1 ≤ K ≤ m, è una matrice quadrata (n x n)
k
En1 .....
K
Enm
… …. …..
k
k
E11 …. En1
la sezione verticale i, 1 ≤ i ≤ n è una matrice di tipo n x m
m
E¹in …... m Ei
E¹i1 …... Ei1
infine la sezione orizzontale j, 1 ≤ j ≤ n, è una matrice di tipo m x n
95
m
m
E1j …... Enj
E¹1j …...E¹nj
Le m matrici di primo tipo (K=1, 2, …..,m) se si considera la media ponderata con i
pesi/preferenze date dai giudici ad una matrice che ha gli elementi :
m
Aij = M ( I1 Θ E¹ij, ….., Im Θ Eij ), i= 1, 2, ...n; j=1, 2,......n, dove M è la media aritmetica
(con numeri fuzzy) degli elementi tra parantesi.
A questo punto si procede al calcolo del vettore di componenti
Pr = M (Ar1,.....,Am), r= 1,2,.....n.
Le sezioni verticali portano ad una matrice che ha come elementi :
j
k
k
AI = M (Ei1,..... Ein), i=1,2,...,n; k = 1,2,...., m
Considerando i pesi degli esperti, al vettore di componenti
m
P'r = M ( I1 Θ A¹r,.....,Im Θ Ar ), r=1,....., n
Infine le sezioni orizzontali danno la matrice con elementi :
K
K
K
Bj = M (E1j,.....,Enj ), K =1,2,....,m ; j =1,2,...., n
vettore
m
P''r = M ( I1 Θ B¹r.....,Im Θ Br ), r = 1,...,n.
Dove con Pr si intende il grado globale di preferibilità di Xr,considerando prima i pesi degli
esperti P'r= grado globale di preferibilità di Xr, considerando dopo i pesi degli esperti, e
P''r come il grado duale di preferibilità dell'alternativa di Xr. I giudici possono essere
suddivisi tra giudici ordinari e giudici esperti e vanno classificati secondo criteri quali l'età il
sesso, la competenza sulla materia ecc.....Ai giudici verrà chiesto di esprimere la loro
preferenza sulla base della chiarezza semantica e dell'adeguatezza degli items. Verrà perciò
richiesto di esprimere il grado in cui il concetto che si intende misurare è presente nell'items,
il grado di comprensibilità rispetto al senso da indicare che il giudice ha attribuito all'items e
in ultimo quanto chi si dichiara d'accordo con quell'items ha la proprietà che si intende
rilevare. Il modello può essere migliorato con un procedimento iterativo (anche se questo
porterebbe ad un aumento dei costi) di consultazione degli esperti.
96
Il caso di studio: le scale di atteggiamento Likert applicate ad
un’indagine empirica sugli Aspetti non cognitivi dell’apprendimento
della statistica
5 Il caso di studio; gli aspetti non cognitivi sull'apprendimento della statistica
Durante gli ultimi anni la statistica ha guadagnato un riconoscimento come componente
fondamentale di molti corsi universitari sia afferenti alle scienze denominate esatte che nel
campo delle scienze sociali come ad esempio la sociologia, la psicologia ec...Questo è
avvenuto per varie ragioni tra cui il fatto che la statistica è una materia transdisciplinare,
come sottolineato tra gli altri da M. Scriven. Secondo l'autore citato “A transdiscipline is
one which is based on a distinction from primary disciplines, for instance, the conventional
academic disciplines, and a class of disciplines which provides some set of tools, methods,
and/or approaches for use by the primary disciplines. Transdiscplines include, among others,
statistics, measurament, logic and evaluation.”(Scriven 1993 p.9). Il ruolo svolto da questa
materia per le altre discipline, il suo carattere trasversale fanno della statistica uno dei corsi
base (spesso obbligatorio) più presente nelle diverse facoltà universitarie di molti paesi.
Detto questo, il problema che ha determinato la nascita di un filone di studio sulla didattica
e sull'apprendimento della materia, così come per altre materie quali ad esempio la
matematica, è determinato dalla difficoltà di apprendimento dichiarata dagli studenti e
riscontrata dai docenti.
In generale si è visto che molti studenti arrivano a frequentare corsi di statistica con un
attitudine negativa associata con alti livelli di ansia (non legata al normale stress da esame)
che, come ormai noto, influisce sulla capacità di apprendimento e sul rendimento. La
presenza di tali attitudini è evidenziata da alcuni autori tra i quali ad esempio Onwuegbuzie
che evidenzia come il 75% degli studenti sperimentano livelli elevati di ansia. Secondo altri
autori la statistica è percepita da molti studenti come un ostacolo verso il conseguimento del
titolo, un indicatore particolarmente evidente e originale di questa percezione è l'uso di
molti studenti anglosassoni di denominare sadistics la materia, a questo proposito Rosenthal
(1992) e Dillon (1982) hanno etichettato questo sentimento/percezione statisticophobia.
Per Auzumedi (1992) le attitudini sono aspetti non direttamente osservabili composti da le
credenze, i sentimenti/emozioni e le predisposizioni comportamentali verso un determinato
oggetto.
5.1 Attitudine e apprendimento quale rapporto ?
L'importanza di considerare aspetti non solo cognitivi come fondamentali per pervenire ad
una spiegazione del rendimento degli studenti in determinate materie considerate più ostiche
quali ad esempio la matematica, il greco e la statistica è utile sia su un piano conoscitivo che
sul piano della previsione degli esiti del corso e al fine di intervenire sulla didattica per
favorire l'apprendimento e migliorare l'esito dei corsi delle materie suddette migliorando
così anche i livelli di qualità nelle valutazioni delle diverse facoltà. Secondo Ausbel, Novak
e Hanesian (1983) quando le attitudini degli studenti verso una disciplina di studio sono
favorevoli, si può constatare che gli stessi avranno una maggiore motivazione,
concentrazione e sforzo nel percorso di apprendimento, le nozioni vengono fissate e capite
in modo più chiaro e stabile determinando una reale capacità di gestire ed utilizzare quanto
acquisito. Al contrario in presenza di attitudini sfavorevoli gli stessi fattori operano nella
97
direzione opposta in quanto la necessità psicologica di ridurre la dissonanza o incongruenza
cognitiva verso la materia di studio può produrre una attitudine mentale di chiusura che non
consente l'acquisizione di nuove nozioni e capacità contrarie a quelle che sono le credenze
esistenti nell'individuo. Gli stessi autori segnalano che in molti studi si è dimostrato che
esiste una stretta correlazione tra la soddisfazione scolastica e la buona riuscita in qualsiasi
materia curricolare, inoltre l'interesse verso la disciplina studiata è un indicatore migliore
del conseguimento del titolo rispetto alla capacità intellettuale. Secondo Gal et al. (1997) è
importante che i docenti conoscano le attitudini dei loro studenti prima durante ed alla fine
del corso in considerazione del fatto che queste influenzano il processo di insegnamento e
apprendimento e che possono possono avere un impatto diretto sul clima della classe e
dell'apprendimento. Inoltre le attitudini influiranno sull'uso delle conoscenze acquisite nella
futura vita professionale degli studenti. Sotto questo aspetto Batanero (2000) afferma che
essendo la statistica una materia che cambia velocemente l'importante non è solo insegnare i
contenuti specifici ma sviluppare un'attitudine positiva che metta in grado dal punto di vista
tecnico e di ragionamento ma sopratutto motivazionale lo studente di aggiornare la sua
formazione. Va sottolineato però che le attitudini verso la matematica e la statistica come tra
gli altri ha ricordato Auzumedi emergono in età infantile, verso la matematica e per
estensione (nonostante le differenze) verso la statistica. Se inizialmente sono favorevoli
tendono ad evolvere negativamente ed a persistere nel tempo, rendendo più difficile
intervenire su queste in età adulta.
5.2 Il concetto “attitudine verso la statistica” e le sue componenti.
In generale con il termine attitudine si intende “la presenza di determinati caratteri che nel
loro complesso rendono l'individuo particolarmente ad un compito determinato”(Dizionario
di filosofia N. Abbagnano). Secondo Eagly e Chaiken (1998) l'attitudine è una tendenza
psicologica che si esprime attraverso un giudizio valutativo favorevole o sfavorevole (in un
certo grado) su di un determinato oggetto che (possiamo aggiungere) determina o consegue
allo sviluppo di una predisposizione o meno verso quell'oggetto.
Il termine/concetto attitudine va come prima cosa distinto dal termine/concetto
atteggiamento di cui si è già parlato. In genere però nella maggior parte delle ricerche i due
termini vengono sovrapposti anche se in realtà più che di sovrapposizione si tratta di
interazione tra la rilevazione di attitudini, atteggiamenti e motivazioni verso la statistica.
Questa sovrapposizione nasce dalla breve storia dell'operazionalizzazione del concetto
citato che viene utilizzato inizialmente al fine di “misurare”gli aspetti cognitivi relativi
all'apprendimento ed in seguito come base per rilevare gli aspetti cognitivi e soprattutto non
cognitivi dello stesso. Esistono diverse concezioni del significato da attribuire al termine
attitudine, qui di seguito si cercherà di illustrarne i principali. Secondo Rokeach (1968 pag
112) le attitudini sono un insieme di credenze relativamente permanenti che predispongono
a rispondere in un determinato modo nei confronti di un oggetto o una situazione. McLeoad
(1992) in uno studio sull'influenza della componente non cognitiva per l'apprendimento
della matematica (da cui gli studi sull'apprendimento della statistica prendono avvio)
distingue tra emozioni, attitudini e credenze. Secondo questo autore le emozioni sono
risposte immediate, positive o negative, prodotte nel momento in cui si studiano queste
materie, le attitudini sono risposte o sentimenti più stabili ed intensi che si producono
attraverso la ripetizione e stabilizzazione delle risposte emotive che tendono dopo un certo
tempo a divenire automatiche. Le credenze sono invece le idee individuali che il singolo
98
studente sviluppa e mantiene durante lo studio (e anche dopo) sulle sue capacità come
studente, sulla materia e sul contesto in cui si realizza l'apprendimento. Secondo Auzumedi
(1992), ma anche Gil Flores (1999) e Gòmez Chacòn (2000) all'interno del concetto
attitudine verso la statistica e/o la matematica si distinguono tre fattori di base anche
denominati componenti pedagogiche: la componente cognitiva che si riferisce a idee,
credenze, concezioni e percezioni semplici o complesse su un determinato oggetto, persona
o situazione; la componente affettiva/emozionale che fa riferimento all'espressione di
sentimenti ed emozioni verso un oggetto. Sono incluse in questo termine le
emozioni/sentimenti determinati e diretti verso la statistica, sono reazioni soggettive
positive e/o negative, che determinano sentimenti di favore o sfavore verso la materia;
componente tendenziale o comportamentale composta dalle disposizioni a reagire in un
determinato modo difronte ad un oggetto, sono tendenze di condotta, intenzioni che possono
o meno trasformarsi in azione. Sempre Chacòn definisce in generale le attitudini come “uno
de los descriptores bàsicos del dominio afectivo, junto con sentimientos y las creencias” e le
definisce “una predisposiciòn evaluativa (positiva o negativa) que determina las intencionas
personales e influye en el comportamiento”. Gal Ginsburg e Schau indicano che per molto
tempo i termini sentimento verso la statistica e attitudine verso la statistica sono stati
considerati sovrapponibili, però alcuni sentimenti, credenze o idee se molto intense possono
essere all'origine dello sviluppo di attitudini. Risulta importante al fine di generare attitudini
positive o negative e quindi di rilevarle le credenze, idee sentimenti inerenti la materia, che
può essere considerata facile o difficile, possibile od impossibile da apprendere ed
utilizzare, sul fatto che la statistica sia considerata come una parte della matematica o una
materia a parte, sull'utilità o meno della materia e sulla propria capacità di poter apprendere
la materia o averla o meno appresa. Inoltre un aspetto fondamentale è determinato dal clima
che si instaura nella classe e sul tipo di insegnamento impartito (troppo teorico o astratto ed
altro).
5.3 Gli strumenti di “misura”.
Dall'analisi della letteratura esistente sul tema risultano essere stati utilizzati circa 17
strumenti di misura del concetto attitudine ed ansietà verso la statistica di cui solo due sono
elaborati attraverso la costruzione di scale a differenziale semantico (Green 1993;
Birenbaum e Eylath 1994) mentre tutti gli altri strumenti sono scale tipo Likert. Inoltre la
maggior parte degli strumenti sono stati costruiti nel contesto anglosassone ed in seguito
tradotti in altri paesi. Fanno eccezione la scala di Auzumedi ed altri strumenti costruiti in
Spagna ed in America Latina. Questo può costituire senza dubbio un elemento di debolezza
di questi strumenti e della concettualizzazione e modellizzazione sottostanti, nel loro
utilizzo fuori dal contesto di creazione per le differenze esistenti tra i diversi contesti di
applicazione, di modalità di insegnamento, tipo di preparazione e formazione di base e
contesto culturale. Sarebbe a questo proposito utile la costruzione di strumenti elaborati e
validati nel contesto italiano, ricordando comunque che questo è un settore di studio
abbastanza recente. Il primo studio inerente le attitudini verso la statistica risale alla metà
degli anni 50 ed è un lavoro di Bending e Huges (1954) anche se fino agli anni 80 questa
tematica non ha più avuto rilevanza ed è per questo che in genere è a questa data che si
suole fissare l'inizio di questo settore di studio con lo studio di Roberts e Bilderbck 1980 ed
in seguito di Wise 1985 che disegnarono due degli strumenti più utilizzati negli studi
seguenti il SAS Statistic Attitudes Survey (Roberts e Bilderbck) e l'ATS Attitudes Toward
99
Statistics Scale (Wise). La SAS è una scala che intende rilevare prevalentemente le attitudini
cognitive, prende spunto dallo strumento di rilevazione elaborato da Dutton (1951) al fine di
rilevare le attitudini verso la matematica. Inizialmente lo strumento era costituito da 50
items dai quali sono stati selezionati i 34 items che compongono la scala facendo in modo di
avere un'alta correlazione interna della scala. Ogni items aveva inizialmente cinque opzioni
di risposta da totalmente d'accordo a totalmente in disaccordo. Si deve considerare che
questa scala fu costruita tenendo conto di varie componenti del concetto attitudine verso la
statistica quali la auto percezione della capacità competenza nella materia, l'utilità della
materia e altre dimensioni prevalentemente appartenenti alla sfera cognitiva. Il questionario
viene considerato nonostante quanto detto, dai suoi autori come unidimensionale anche se
gli argomenti utilizzati per provarne la unidimensionalità non convincono. Roberts e
Bilderback sostengono infatti che l'alta consistenza interna della scala evidenzia che gli
items misurano lo stesso costrutto, in realtà come noto questo non è un buon indice della
dimensionalità di una scala. Questa scala sollevò molte critiche in quanto non teneva conto
degli aspetti non cognitivi legati all'apprendimento e perchè inadatta agli studenti che
iniziano un corso di statistica per la prima volta. La scala ATS elaborata da Wise si
differenzia dalla SAS perchè concepita come bidimensionale, l'autore voleva rilevare due
differenti domini (sempre della dimensione cognitiva) l'attitudine degli allievi verso il corso
di statistica rilevata attraverso la sottoscala denominata “corso” e l'attitudine ad utilizzare la
statistica nel proprio campo di studio. L'altra importante differenza è data dalla possibilità di
utilizzare questo strumento con studenti di qualsiasi corso(iniziale o meno). La scala era
inizialmente composta da 40 items con cinque opzioni di risposta, in seguito ridotta a 29
attraverso l'utilizzo di esperti per l'adeguatezza degli items a misurare le due dimensioni e
l'applicabilità ai diversi studenti e la considerazione della correlazione dei diversi item con
la scala. Insieme a questi strumenti volti a misurare gli aspetti cognitivi legati all'ansia,
dell'attitudine verso la statistica, cominciano a partire dalla metà degli anni 80 spesso
prendendo spunto sugli studi sull'attitudine verso la matematica, strumenti di rilevazione
degli aspetti non cognitivi dell'apprendimento della statistica. Una delle caratteristiche
fondamentali che differenziano gli studi sull'ansietà e gli studi sull'attitudine deriva dalla
concezione dell'ansietà come una reazione specifica ad una situazione, infatti questi
strumenti si focalizzano maggiormente su situazioni concrete come l'esame, le prove
effettuate in classe, le lezioni, anche al fine di differenziare le situazioni per vedere quanto
l'ansia derivi dalla statistica. Il primo e più utilizzato tra questi questionari è denominato
STARS (Statistical Anxiety Rating Scale) di Cruise, Cash e Bolton (1985) e i riadattamenti
del MARS Mathematics Anxiety Rating Scale di Suinn, Edie, Nicoletti e Spinelli (1972). di
Plake e Parker(1982) a cui fanno seguito le versioni di Zeidner e di Bessant. Lo STARS è
composto da 51 items e valuta l'ansietà degli studenti in varie situazioni di studio della
statistica in ambiente universitario. Ogni items ha 5 opzioni di risposta che vanno da poca a
molta ansietà. Attraverso l'analisi fattoriale gli autori individuano sei fattori : percezione
degli studenti della rilevanza o meno della statistica; ansia sorta in casi in lo studente si sia
trovato ad analizzare/interpretare dati statistici; Ansia in classe; autopercezione della propria
capacità di calcolo che lo studente percepisce nel momento in cui deve o si è trovato a
risolvere problemi statistici che implicano calcoli matematici; paura/vergogna nel chiedere
aiuto al professore o ai colleghi; timore del professore di statistica e quindi percezione che
lo studente ha del professore. Nei diversi riadattamenti del MARS tutti i questionari hanno
due dimensioni principali l'ansia verso l'apprendimento della statistica prima di seguire il
100
corso e l'ansia verso l'uso della statistica dopo gli esami. La scala denominata SATS Survey
Attitude Toward Statistics di Shau, Dauphine, Del Vecchio(1993-1995), risulta essere adatta
alla rilevazione degli aspetti non cognitivi e cognitivi dell'apprendimento come ricordato da
Fraire (2011) questa scala è considerata uno tra i più convalidati, attendibili e utilizzati
strumenti per l'accertamento dell'atteggiamento degli studenti nei confronti della statistica,
per uno studio dell'apprendimento che tenga conto del suo condizionamento da fattori
emotivi”. Secondo gli autori le caratteristiche che un questionario di rilevazione
dell'attitudine verso la statistica deve avere sono: Coprire le dimensioni principali del
concetto; essere applicabili e facilmente adattabili nella maggioranza dei
dipartimenti/facoltà con corsi di statistica; devono essere relativamente corti in modo da
rendere possibile la somministrazione e includano items che misurino attitudini positive e
negative; devono essere centrati sugli studenti e formati con la loro collaborazione. In
ultimo la struttura dello strumento deve essere valutata attraverso tecniche di analisi
confermatorie come ad esempio l'analisi fattoriale. Secondo Schau nessuno degli strumenti
esistenti possedeva tali caratteristiche e la scala SATS nasce per avere uno strumento
pensato sulle caratteristiche elencate. La scala è stata perciò sviluppata considerando le
quattro componenti principali che compongono il concetto attitudine verso la statistica ; la
componente affettiva, cognitiva, la componente relativa al valore/utilità che si attribuisce
alla materia ed in ultimo la componente relativa alla percezione della difficoltà e dello
sforzo richiesto per apprendere la materia. Le quattro dimensioni come anche gli iniziali 80
items sono stati sviluppati attraverso la collaborazione di studenti e docenti di statistica.
Infine i 28 items finali sono stati selezionati attraverso varie analisi tra cui la considerazione
del grado di accordo degli esperti con la dimensione di cui l'items doveva essere indicatore,
analisi emprica classica basata sulla correlazione item totale e la correlazione multipla,
valore del coefficiente alfa di Cronbach eliminando l'item dalla scala e analisi fattoriale.
Sintetizzando83 :
Fig 13 caratteristiche generali dei tre strumenti principali di rilevazione
Nome ed autori
Dimensioni
(sottoscale)
Quantità di Formato di risposta
items
SAS
(Roberts e Bilderback,1980
unidimensionale
33 (16 items
negative)
Likert
5 modalità risposta
ATS
(Wise 1985)
Due sottoscale
Corso 9 items
campo 20 items
29
14 negative
Likert
5 modalità risposta
SATS
(Schau et al 1995)
4 sottoscale
affettività 6 items
cognitiva 6 items
valore/utilità 9
difficoltà sforzo 7
28
19 negative
Likert
7 modalità di risposta
(tabella tratta da Ferreyrra M.F. Organista-Sandoval La actitude hacia la estadistica ¿Influye en el aprendizaje de esta ciencia?)
83
Altri questionari elaborati: Student's Attitudes Toward statistics Sutarso 1992 composto da 24 items simile aATS
SAS; Statistics Attitude Scale McCall, Belli, Madjidi 1991, 20 items usato in seguito da Glencross e Cherian in Sud
AfricA 1992; attitude Toward Statistics Miller-Behrens, Green, Newmann, 1993 25 items, Quantitative Attitudes
Questionnaire Chang questionario sulle attitudini verso la metodologia quantitativa tra cui la statistica, 20
items le dimensioni erano : Utilità della metodologia quantitativa, valore della stessa per la ricerca nelle scienze
sociali, efficacia e pecezione della propria abilità, conoscenza del tema. Specifici sull'ansietà verso la materia :
Statistics Anxiety scale Pretorius e Norman (1992) elaborato a partire da un test di ansietà verso la matematica e
composto da 10 items; Statistics Test Anxiety Scale Fitzgerald, jurs, Hudson 1996.
101
Secondo Gal e Ginusburg (1994) tra i problemi delle ricerche di matrice Statunitense per
quel che concerne gli effetti degli atteggiamenti non cognitivi verso la statistica troviamo
l'uso esclusivo di scale di tipo Likert, l'inclusione di temi non propriamente adeguati per gli
studenti che non hanno esperienza o cominciano lo studio della materia ed in ultimo il poco
riferimento alle relazioni tra attitudini verso la statistica e altri costrutti.
Gli autori consigliano di combinare le scale Likert con questionari con risposte semi aperte,
perchè in questo modo gli studenti possono esprimere più liberamente sentimenti, attitudini,
aspettative e credenze. Consigliano inoltre di creare con gli studenti gruppi di discussione.
Di questi strumenti solo la SATS è stata tradotta ed utilizzata in due studi in Italia da
Mastracci (2000) che nella sua tesi di laurea indagava l'influenza degli aspetti emotivi
sull'apprendimento della statistica e sulla sua valutazione utilizzando un campione di 172
studenti del Corso di Laurea in Scienza Statistiche ed Attuariali della facoltà di Scienze
Statistiche dell'Università la Sapienza di Roma e in seguito lo studio della prof. M. Fraire su
studenti della Facoltà di sociologia della Sapienza di Roma ( di cui questo studio fa parte).
In tutti e due gli studi viene utilizzata la scala SATS (versione 28 items) con 5 possibilità di
risposta integrata con 4 affermazioni generali riguardanti le motivazioni che hanno spinto
gli studenti ad iscriversi a quella facoltà. Inoltre nei questionari figurano due domande su
precedenti conoscenze-esperienze in statistica e/o probabilità ed altre domande sulle
caratteristiche di sfondo.
Il questionario è stato modificato e arricchito nella ricerca della Fraire aggiungendo altre
domande sul percorso universitario e su età, condizione occupazionale voto diploma,
andamento in matematica (in considerazione del fatto che spesso l'andamento e la
comprensione dichiarata della matematica condizionano gli atteggiamenti verso la
statistica). In altri paesi di lingua e cultura latina, principalmente Spagna e America Latina84
ed in parte Portogallo di cui si segnala la Scala de Attitudes em relacao à Estatìstica85 di
Cazorla, Silva, Vendramini e Brito (1991) sono stati condotti un maggior numero di studi. In
Spagna sono state applicate e tradotte la scala SAS da Auzumedi (1991 che ha poi in seguito
approntato un suo strumento (EAE Escala de Actitude hacia la Estadistica), Cuesta, Rifà ed
Herrero (2001), Mejia (1995). L'ATS e il SATS da Carmona e Moreno (1999), Estrada
(2002), Huedo, Lopez, Martines e Nortes (2003).
Particolare interesse rivestono gli strumenti elaborati direttamente in Spagnolo perchè
sviluppati ed adattati direttamente nel contesto di studio.
Tra questi segnaliamo la EAE di Auzmendi, e la escala de Actitudes hacia la estadistica di
Velandino e Parodi 1999.
84
85
Tra gli altri si ricorda la ricerca di Ferreyra e M.F. Organista Sandoval, La Actitude hacia la estadistica ¿Influye en el
aprendizaje de esta ciencia? (Mexico Universidad Autònoma de Baja California. In Perù , Aparicio, Bazan e
Abdounur (2004 scala di Cazorla tradotta ed adattata al contesto), Cile (2007) Mendèz e Macia,
Questa è una scala unidimensionale composta da 20 items adattata a partire dalla scala di attitudine verso la
matematica sviluppata da Aiken e Dreger 1961.
102
Si riporta nella tabella sottostante i principali studi realizzati in Spagna
Fig 14 principali studi realizzati
Autori
Analisi condotte con strumenti
originali
Analisi condotte con strumenti esistent
Strumento
Campione
Strumento
Campione
EAE
2052
(diversi corsi)
SAS
101
psicologia e
pedagogia
EAE
188
Psicologia
Gil 1999
ATS
654 pedagogia
Cuesta, Rifa e
Herrero 2001
SAS
143 psicologia
579
psicologia e
psicopedagogia
SAS
ATS
SATS
641 psicologia
77 magisterio
66 maestros
SATS
367
Magisterio
SATS
216
magisterio
Auzmendi 1991
25 items
sottoscale: 4
Sanchez Lopez
1996
Velandrino e
Parodi 1999
Escala de Actitude
hacia la estadistica
50 items
sottoscale Utilità
concettualizzazione e
formazione
Carmona 2002
Cuestionario de
actitudes hacia la
Estadistica CAE
238
Psicologia e
Trabajo social
Items 28
10 sottoscale base/30
specifiche
Estrada 2002
Escala de actitude hacia
la estadistica
Items 25
Munoz 2002
Escala de actitudes
hacia la estadistica
EAHE
Items 34
sottoscale competenza
percepita, gradimento,
utilità, difficoltà in
generale e
dell'insegnamento
Huedo, Lopez,
Martines e Nortes
2003
269
psicologia,
Pedagogia,
psicopedagogia e
trabajo social
La EAE è una scala tipo Likert composta da 25 items, elaborata al fine di rilevare sia
l'attitudine verso la statistica che verso la matematica (con poche modifiche). Per elaborare
il questionario sono state considerate le cinque dimensioni più comuni delle scale di
attitudine verso la matematica su cui vennero inizialmente elaborati otto items ciascuna ed i
40 items risultanti vennero testati su un campione di studenti universitari.
103
Da questi primi 40 items vennero scelti in questo modo i 25 items definitivi, cinque per
ogni fattore usando come criterio di selezione la saturazione di questi nel fattore
corrispondente con l'analisi fattoriale. Le dimensioni sono; la utilità che secondo lo studente
ha la conoscenza della statistica; L'ansia o il timore verso la materia; la sicurezza che lo
studente sente di avere verso la materia; soddisfazione o insoddisfazione che provoca lo
studio della statistica; Motivazione verso lo studio.
5.4Validità ed attendibilità degli strumenti con particolare attenzione alla scala SATS
In questo paragrafo si cercherà di commentare i dati relativi alle scale SAS, ATS, SATS,
EAE di Auzumedi e la STARS. Nella maggior parte delle ricerche che utilizzano tali scale la
consistenza interna della scala viene valutata attraverso l'Alfa di Cronbach. Nella
maggioranza degli studi il coefficiente risulta superiore ad 0,80 (minimo accettabile
raccomandato da alcuni autori quale ad esempio Henson 2001 secondo altri Nunnally 1978
è di 0,70) ed a volte superiore a 90.
Nella tabella sottostante si indicano i valori degli studi considerati
Scala
Componente
Alfa minimo
Alfa massimo
0,89 (Mejia1995)
0,95 Roberts e Bilderback (1980)
Total
0,89 Gil 1999
0,91 Roberts e reese 1987
Utilizzo campo
studio
0,83 Waters et all.,1988
0,94 Perney e Ravid 1990
At. Materia
0,77 Rhoads e Hubele 2000
0,93 Perney e Ravid 1990
Valore M.
0,78 Onwuegbuzie e Daley 1999 0,96 Onwuegbuzie e Daley 2000
Ansia Dati
0,78 Onwuegbuzie e Daley 1999 0,91 Baloglu 2003
Ansia in classe
0,68 Cruise et al., 1985
SAS
ATS
STARS
0,91 Baloglu 2002
Autovalut.Calcolo 0,77 Onwuegbuzie e Daley 1999 0,93 Onwuegbuzie 1993
Timore nel
chidere aiuto
EAE
SATS
0,89 Cruise et al, 1985
Paura del docente 0,64 Baloglu 2003
0,88 Elmore et al., 1993
Totale
0,89 Sanchez-Lopez 1996
0,90 Quilter e Chester 2001
Utilità m.
0,64 Auzmendi 1991
0,80 Auzmedi 1991
Ansia
0,81Auzmendi 1991
0,84 Auzmendi 1991
Sicurezza nella m. 0,74 Auzmendi 1991
0,84 Auzmendi 1991
Gradimento m.
0,79 Auzmendi 1991
0,83 Auzmendi 1991
Motivazione stud. 0,61 Auzmendi 1991
0,71 Auzmendi 1991
affect
0,81 Shau et al., 1995
0,89 Finney e Schraw, 2003
Cognitive comp.
0,77 Shau et al., 1995
0,90 Finney e Schraw, 2003
value
0,80 Shau et al., 1995
0,91 Finney e Schraw, 2003
0,64 Shau et al., 1995
0,86 Finney e Schraw, 2003
0,66 Fraire 2010
0,86 Fraire 2010
difficulty
20 items
86
0,64 Baloglu 2002
86
Gli items sono stati ridotti a 20 selezionando quelle domande che se eliminate determinavano un aummento del
coefficiente. L'intera scala è però stata sottoposta nell'insieme a ACP in quanto gli 8 items potevano secondo
l'autrice indicare ulteriori dimensioni.
104
Dalla tabella si può notare come la stessa scala ripetuta in contesti e tempi differenti
presenta coefficienti differenti risultando diversa la consistenza interna della scala. Per quel
che concerne la rilevazione di Auzmendi si tratta di uno studio effettuato in due università
differenti (Duesto e Paesi Baschi), di diverse facoltà. In poche ricerche si studia la stabilità
dello strumento (con la somministrazione dello strumento in due tempi differenti per
ottenere un coefficiente test-retest, coefficiente di correlazione di Pearson tra le due
somministrazioni). La stabilità dello strumento è stata testata per quanto ho potuto
constatare solo da Cruise et al., 1985, da Wise. Per quanto riguarda Pretorius e Norman e
Shultz e Koshino c'è però da sottolineare che l'intervallo di tempo tra le due
somministrazioni era troppo lungo perchè potesse avere un valore reale ( circa tre mesi).
La validità della struttura interna è stata testata in tutti gli studi attraverso analisi fattoriale
confermativa dove si erano già costruite le dimensioni (a volte sulla base di analisi di
contenuto) ed esplorativa. Il SAS è uno dei pochi strumenti di misura dell'attitudine o
dell'ansietà che è dichiarato dagli autori come unidimensionale insieme al SAS di McCall et
al., allo strumento disegnato da Pretorius e Norman e lo strumento messo a punto da
Cazorla. Però la unidimensionalità postulata non è stata confermata dall'analisi fattoriale che
ha invece evidenziato due dimensioni. La struttura bidimensionale proposta da Wise è
invece stata provata in varie occasioni usando l'analisi fattoriale confermatoria ed
esplorativa. LA dimensionalità del SATS di maggiore interesse per questo studio, è stata
sottoposta a verifica in diverse occasioni e contesti. Shau et al., cercarono di confermare
attraverso l'analisi fattoriale le quattro dimensioni senza ottenere però risultati soddisfacenti.
Sempre Shau nel 1995 sottopose ad analisi fattoriale (confermatoria) gli items suddivisi in
sottogruppi formati a partire dalla somma dei punteggi degli items nei diversi fattori
ottenendo in questo modo risultati soddisfacenti. Fraire in uno studio recente ha sottoposto
lo strumento ad analisi esplorativa con ACP (avendo precedentemente standardizzato le
variabili), ottenendo tre componenti principali che spiegano il 55,853% della varianza(utilità
utilizzo, sforzo e soddisfazione e motivi e motivi) come in alcuni studi simili (Estrada )
effettuati nell'università spagnola. Sarebbe in tal senso interessante capire se la scala è
effettivamente tridimensionale o se la sua dimensionalità è influenzata dal cambio di
contesto e dalla traduzione in lingue di ceppo latino. La scala EAE di Auzmendi creata ed
applicata nello stesso contesto trova piena conferma alla dimensionalità indicata dall'autore.
Tra i questionari citati in modo più approfondito solo per i questionari ATS, il SATS e
STARS viene testata la validità di contenuto.
5.4.1 Relazione dell'attitudine verso la statistica con altre variabili; la predizione del
rendimento, il modello delle relazioni tra variabili
Una delle modalità abituali di validazione delle rilevazioni di caratteristiche psicologiche è
dato dal confronto tra diversi strumenti di misurazione e dal determinare quali sono le
variabili esterne che influenzano la proprietà che si intende rilevare considerando le diverse
costruzioni concettuali e i loro risultati empirici. In considerazione del fatto che uno degli
obbiettivi principali di questa tipologia di questionario è il tentativo di predire e spiegare il
rendimento degli studenti nei corsi di statistica, gli intenti di validazione degli stessi non
potevano non considerare la relazione tra i punteggi ottenuti nel questionario e l'effettivo
andamento della classe. In generale da questo tipo di analisi (condotta attraverso l'analisi
della correlazione) risulta esserci una relazione positiva o negativa tra rendimento nel corso
105
e ansia verso la materia. Carmona attraverso una revisione di diversi studi condotti
sull'argomento evidenzia ad esempio che nei 13 studi da lei considerati che utilizzavano lo
strumento di Wise la correlazione tra lo questo ed il rendimento era pari a 0,21. Analisi
simili sono state effettuate considerando le singole dimensioni dei questionari. Da questi
studi appare chiara l'importanza del tempo che trascorre tra la somministrazione del
questionario e l'esame nel senso che maggiore è il tempo trascorso e minore è la
correlazione indipendentemente dal questionario utilizzato. Questo può essere attribuito alla
frequenza del corso e all'acquisizione di una migliore conoscenza e padronanza della
materia che a volte può ridurre l'ansia. Esistono poi ricerche in cui l'ansia e la
considerazione dell'attitudine verso la statistica sono inseriti in un modello complesso volto
a prevedere e spiegare il rendimento. I risultati di molti di questi studi non consentono di
chiarire in modo univoco quale ruolo giocano queste due componenti nel modello anche
perchè la varietà dei modelli sviluppati, la differenza dei contesti di applicazione rendono
difficile una effettiva comparazione, l'unica caratteristica che secondo Carmona può essere
tratta è relativa all'importanza della precedente formazione statistico matematica (presenza o
assenza, qualità percepita e reale, atteggiamenti sviluppati).
Molti autori hanno anche studiato la relazione esistente tra i diversi questionari partendo dal
presupposto che questi strumenti dovrebbero essere fortemente in relazione tra loro visto
che in linea di principio sono misure dello stesso costrutto. In generale l'aspettativa degli
studiosi nel determinare il tipo di convergenza esistente tra diversi strumenti era di trovare
una correlazione positiva tra strumenti simili (volti a misurare costrutti concettualizzati ed
operazionalizzati in modo simile). Per quel che concerne i questionari SAS e ATS testati
insieme da Roberts e Reese 1987 la correlazione riscontrata era di 0,88 e gli autori giunsero
alla conclusione che i due strumenti potevano essere considerati come alternativi. In molti
altri studi tra cui si ricordano Shau et al, 1995, Caschin e Elmore che testarono invece
congiuntamente il SAS ATS e SAS Harvey RMARS e ATS, l'ipotesi era confermata.
Altro percorso importante di validazione è lo studio dell'utilità e del ruolo di altre variabili
al fine di comprendere quali fra queste influenzano le attitudini e l'esistenza o meno di
ansietà verso la stessa e quindi capire quali fra queste possono influenzare la riuscita o meno
degli studenti. Negli studi esaminati troviamo variabili personali ascritte ed acquisite, e
variabili di carattere più collettive quali ad esempio la tipologia ed il grado del corso in cui
si svolge lo studio. Per lo studio delle relazioni esistenti sono stati utilizzati diversi metodi
quali ad esempio lo studio delle correlazioni bivariate fino a metodi più complessi basati
sulle equazioni strutturali e path analisi (dalla fine degli anni 90). La elaborazione di
modelli esplicativi più generali di relazione tra variabili attitudinali, rendimento e altre
variabili personali e non che possono influire su questi vengono utilizzati per la prima volta
verso la fine degli anni 90 ma ancora oggi non esiste come ricorda Carmona un modello
teorico condiviso dai diversi studiosi alla base dei diversi studi. A riprova di quanto
affermato la stessa studiosa considera che gli autori dei diversi questionari hanno proposto
strutture concettuali differenti del dominio considerato senza però giustificare la scelta
effettuata. Come conseguenza di questa carenza non è mai stata determinata una rete
nomologica di relazioni tra le diverse variabili. Ad esempio la relazione tra genere e
attitudini non risulta chiara e non consente una adeguata previsione. A mio parere però una
modellizzazione che si vorrebbe valida in tempi e contesti differenti sarebbe impossibile e
credo poco desiderabile visto che nel dibattito metodologico è già stata ampiamente chiarita
l'influenza del contesto di studio, degli interessi cognitivi a cui si intende rispondere.
106
Semmai il problema risiederebbe nella non esplicitazione del modello teorico di partenza
così come viene pensato ed adattato al contesto ed ai propri interessi di ricerca.
In genere comunque è presente la credenza derivata dai corrispondenti studi sulla
matematica, che le tra le studentesse di sesso femminile esista una maggiore ansietà ed una
attitudine negativa verso la statistica. Negli studi citati la situazione è abbastanza
contraddittoria in quanto in alcuni la relazione è confermata ed in altri non sembra essere
rilevante ed in altri le studentesse sembrano avere maggiore ansia verso l'esame e gli
studenti verso la materia in generale. Anche in questo caso è difficile stabilire quanto di
questa differenza dipenda dal contesto di studio o da altri fattori, sarebbe comunque da
approfondire. C'è comunque da ricordare che la statistica ha grandi differenze con la
matematica e che quindi estendere alla statistica quanto riscontrato dai test sulla matematica
non è sempre opportuno. Anche con l'età la situazione rimane contraddittoria, se a volte non
si riscontrano differenze significative dipendenti dall'età in altre occasioni si è riscontrato
che gli studenti con età più alta hanno maggiore ansia verso l'esame e verso la materia.
Questo però posto che gli stessi non avessero conoscenza della materia o della matematica.
Anche in questo caso si parla di risultati ottenuti prevalentemente nel contesto statunitense.
Onwuegbuzie et al., hanno effettuato vari studi volti ad analizzare la relazione tra variabili
legate all'individuo (ascritte e non) e l'ansietà verso la statistica. Nel 1997 in uno studio
condotto con un campione composto da studenti di scienze sociali e di metodologia ha
constato che gli studenti che avevano sviluppato “un'intelligenza di tipo linguistico e logico
matematica presentavano rispetto ai loro colleghi minori livelli di ansia. Nel 1999 lo stesso
autore nota che gli studenti di colore hanno maggiore ansia verso la materia rispetto ad i
loro colleghi (in questo caso però piuttosto che alla razza l'ansia potrebbe essere riportata ad
altre variabili legate alla preparazione di base ecc). Secondo Walsh e Ugumba Agwunobi
2002 l'ansia può essere associata all'auto perfezionismo per Onwuegbuzie sia
l'autoperfezionismo che le pressioni esterne alla riuscita negli studi sono fattori ansiogeni.
Nella letteratura specializzata l'ipotesi che viene accettata quasi da tutti è che l'aver
frequentato con un buon esito corsi di statistica e/o matematica o comunque conoscere una
tra le due materia in modo soddisfacente determini una migliore attitudine ed una minore
ansietà verso il corso di statistica e la materia stessa, la relazione risulta confermata nella
maggioranza degli studi effettuati e nei diversi contesti. Molti autori utilizzando gli
strumenti SAS (es.Roberts e Saxs 1982) ATS (es.Harvey 1985, Kottke2000) SATS
(es.Schutz 1998) RMARS (es.Harvey 1985, Parker1982) correlazioni alte tra punteggi di
bassa ansietà e buone attitudini e conoscenza previa della matematica e statistica, altri autori
hanno inoltre segnalato che la situazione migliora se la frequenza di corsi di statistica e/o
matematica è recente e con buon esito.
Nel lavoro di Roberts e Rees 1987 effettuato utilizzando l'ATS e il SAS si ottennero però
correlazioni basse tra il numero di corsi di statistica e matematica seguiti e il punteggio
ottenuto sul questionario. Potrebbe a mio parere dipendere dalla presenza nel campione di
soggetti che pur avendo frequentato i corsi suddetti non hanno avuto una soddisfacente
riuscita o non hanno conseguito una reale confidenza con la materia. Un'altra relazione
riscontrata è tra determinate caratteristiche del corso e del tipo di insegnamento e
l'ansietà/attitudini rilevate. Per studiare questo aspetto le rilevazioni devono essere ripetute
all'inizio del corso, in itinere e alla fine per vedere cosa è cambiato dalla situazione iniziale.
Nella maggior parte delle ricerche il cambiamento è attribuito alla frequenza effettiva del
corso ed all'uso da parte degli insegnanti di un metodo di insegnamento meno teorico e più
107
empirico che inoltre favorirebbe l'uso della statistica (e dei metodi quantitativi) anche nella
vita professionale. Un'altra variabile che da molte ricerche risulta avere influenza sull'ansia
e le attitudini verso la statistica è la percezione della propria capacità in matematica e
statistica(questo secondo aspetto è però inserito direttamente in alcuni strumenti di misura)
gli studi di cui abbiamo parlato e non solo mostrano correlazioni moderate e a volte alte con
tutte e due le variabili. In particolare la relazione tra l'auto percezione delle proprie capacità
in matematica e l'ansietà è stata studiata nel 1989 da Benson ed in seguito da Bandalos
(1995) utilizzando una scala elaborata dallo stesso Benson al fine di misurare la vairiabile
autopercezione e lo strumento TAI di Spielberg per l'ansia nei confronti dell'esame di
statistica. A tal proposito è importante sottolineare che l'ansia viene misurata scindendo
l'ansia verso test (esoneri) ed esami dall'ansia verso la classe di statistica, verso l'insegnante
e verso la materia. I due autori hanno poi utilizzato un modello con equazioni strutturali in
cui si integravano le due variabili. Il risultato dimostrava che tanto più positiva era
l'autopercezione tanto minore era l'ansia all'esame di statistica, questo in quanto nonostante
la differenza già sottolineata tra le due materie sembra che il percepirsi bravi in matematica
risolva l'ansia verso gli elementi di calcolo esistenti nella statistica a cui spesso a mio parere
molti riportano l'intera statistica. I risultati delle analisi condotte da Neeman ed Harter
mostrano come questa variabile può aiutare a spiegare meglio le dimensioni dello STARS.
5.4.2 Brevi conclusioni e linee di lavoro sugli studi presentati
La prima cosa da sottolineare è che nonostante le ricerche sulle attitudini e sugli aspetti non
cognitivi dell'apprendimento di materie quali la statistica (ma in altri paesi troviamo studi
simili sull'apprendimento del greco e latino) che sono considerate spesso un ostacolo per gli
studenti risultano essere importanti per valutare e migliorare il processo di
apprendimento/miglioramento gli studi rimangono scarsi. Più diffusi sono gli studi simili
sull'apprendimento della matematica. In altri paesi (sopratutto anglosassoni ed in parte
Spagna e sud America) queste ricerche cominciano ad essere considerati una parte
importante della valutazione di qualità delle facoltà consentendo il miglioramento
dell'andamento universitario degli studenti ed incidendo quindi su alcuni indici di qualità
oltre al fatto di rendere possibile (come una buona valutazione deve consentire) di capire
cosa (quale azione, procedura) funziona perché e in quali contesti.
Proprio parlando delle differenze dei contesti arriviamo a quello che a mio parere è uno dei
grossi problemi di molti di questi strumenti che nascono quasi sempre in contesti
anglosassoni e che vengono in seguito tradotti e somministrati in paesi diversi per lingua e
tradizioni scolastiche senza tenere conto dei problemi che possono nascere sia a seguito
della traduzione che a seguito delle differenze nell'ordinamento scolastico/universitario e
culturale dei diversi paesi. Una proposta di studio potrebbe essere quella di valutare quanto
incide la traduzione linguistica e del contesto (di cui però si è ampiamente parlato nel
dibattito metodologico). Molte differenze rilevate tra le correlazioni degli items o nelle
dimensioni sottostanti verificate potrebbero dipendere da questi elementi. Detto questo
potrebbe essere interessante sviluppare sull'esempio di quanto fatto nei paesi di lingua
ispanica degli strumenti autonomi di rilevazione per la statistica e/o per altre materie che
all'interno delle diverse facoltà vengono percepite in modo ansiogeno/negativo (prima della
frequenza dei corsi) quali ad esempio le metodologie, l'economia ecc...
Secondo Carmona la relazione tra attitudine ed ansietà verso la statistica con la previsione
del rendimento degli allievi nel corso non sempre è positiva, negli ultimi anni sono stati
108
proposti modelli multivariati per prevedere il rendimento degli studenti (Lalonde e
Gardner,1993, Onwuegbuzie 2003, Tremblay, Gardner e Heipel 2000). A mio parere una
maggiore attenzione dovrebbe essere data alla frequenza del corso ed alle rilevazioni in
itinere visto che è stata dimostrata la rilevanza della frequenza e della tipologia di
insegnamento della materia e del clima relazionale che si crea nella classe. Sempre
Carmona sottolinea un interessante linea di lavoro: lo studio delle relazioni esistenti tra
attitudini ed ansia verso la materia e variabili quali ad esempio l'abbandono della frequenza
o della materia se non obbligatoria, il non presentarsi all'esame ed altre. Altro settore
interessante di sviluppo e vedere la relazione tra i due concetti citati e l'uso che della
statistica viene o verrebbe fatto dai laureati, se ad esempio non rimane una resistenza o una
difficoltà nel servirsi degli strumenti che dovrebbero aver acquisito, o comunque una
rilevazione volta a vedere quale attitudine lo studente terminato il corso ha sviluppato verso
il futuro impiego possibile (nel proseguo della carriera universitaria e nella professione)
verso la statistica, quindi in altri termini una valutazione della competenza/uso della
statistica in quanto prodotto del processo di apprendimento.
5.5 La ricerca presentata
La presente ricerca segue alla ricerca condotta dalla prof. Fraire sugli “Aspetti non cognitivi
dell'apprendimento della statistica condotta nella facoltà di sociologia di Roma La Sapienza
di cui si è in parte accennato nei paragrafi precedenti. Il questionario è quasi lo stesso se si
esclude la ripetizione dei 28 items del SATS e i 4 items generali volti a rilevare le
motivazioni che hanno portato gli studenti ad iscriversi alla facoltà di sociologia con la
Likert fuzzy. Le prime 1087 domande hanno carattere generale e riguardano le caratteristiche
di sfondo degli intervistati (primi 6 items) e (3 items dei 9) volti a rilevare alcune
caratteristiche che come si è precedentemente sottolineato sembrano influire sugli
atteggiamenti cognitivi e non cognitivi verso la statistica.
Un'altra differenza con il questionario originale è data dalla scelta di rilevare il grado di
accordo/disaccordo attraverso 7 e non 5 punteggi di risposta. Nella ricerca condotta dalla
prof. Fraire precedente a questa era stata effettuata un'analisi fattoriale esplorativa dalla
quale era emerso che il numero delle dimensioni sottostanti erano 3 e non 4 come sostenuto
e riscontrato dagli autori dello strumento (in contesti differenti). Le tre componenti
principali erano ; Utilità ed utilizzo, dove risultava che l’importanza che gli studenti
attribuiscono alla statistica è legata alla possibilità che le conoscenze acquisite abbiano un
utilità sia nella formazione che nella vita lavorativa e quotidiana. La seconda componente
sforzo e soddisfazione mette in luce la sensazione di onerosità da parte degli studenti verso
lo studio e l’apprendimento della materia e la conseguente soddisfazione derivante
dall’averla acquisita. In ultimo la componente motivi e motivi legata agli aspetti più
emotivi, alle opinioni e sensazioni soggettive dello studente. Anche in questa ricerca come
nelle ricerche effettuate nelle università spagnole (Estrada Batanero Diaz) gli aspetti
cognitivi si intrecciano con gli aspetti non cognitivi.
La ricerca qui presentata può per l’esiguità del campione essere considerata come un pre test
volto a testare l’uso della logica fuzzy ed eventualmente fornire alcune informazioni utili
sull’oggetto cognitivo e sullo strumento per una ricerca successiva di più ampie proporzioni.
Una cosa da sottolineare su cui si tornerà è il fatto che sarà importante in futuro sviluppare
un software specifico per questo tipo di analisi e provare a sviluppare la possibilità utile in
87
Nella versione originale erano 9. Si è deciso di rilevare la provincia di residenza.
109
alcune occasioni di presentare il questionario direttamente sul computer o comunque far si
che il segmento sia direttamente registrabile dal cartaceo senza misurazioni manuali.
Prima di vedere la formalizzazione della scala è utile esporre alcuni cenni della teoria dei
numeri fuzzy e di elementi di calcolo logico in ambiente fuzzy che servirà a giustificare
quanto poi verrà fatto.
5.6 Lo strumento di rilevazione
Prima di presentare l’elaborazione dello strumento di rilevazione si è ritenuto necessario
dare alcuni cenni sui numeri fuzzy e sul calcolo logico in ambiente fuzzy al fine di
giustificare a livello logico matematico quanto fatto.
5.6.1 Alcuni cenni sui numeri fuzzy
La teoria dei numeri fuzzy è ancora poco approfondita dal punto di vista teorico/applicativo
farò al fine di chiarire l'argomento una piccola rassegna di quelli che sono i più importanti
problemi sui numeri fuzzy.
Come prima cosa si definisce numero fuzzy un applicazione µ: R→[0,1] (dove R è l'insieme
dei reali) convessa, tale che :
i) esiste xµ Є R tale che µ (xµ ) = 1;
ii) l'insieme {x | µ(x) ≠ 0} è limitato.
Per ogni r Є R, l'applicazione
1,se x = r
r : R→[0, 1], r (x)=
0, altrimenti
si dice numero fuzzy degenere.
Solitamente i numeri fuzzy che vengono utilizzati sono del tipo:
0, se x< a;
π1,se (x) Є [a,b]
μ(x) = 1,se x Є [b, c]
π2,se x Є [c, d]
0, se x > d
dove a ≤ b ≤ c ≤ d sono numeri reali e π1, π2 : R→R soddisfano le condizioni richieste dalla
definizione
Se π1, (x) =x-a/b-a , π2,x = d-x/d-c, μ(x) si dice numero fuzzy trapezoidale e se, b=c,μ(x) si
dice numero fuzzy triangolare. Viene denotato con A=(a,b,c,d,)un numero trapezoidale e
con A= (a,b,c,) un numero triangolare.
Le operazioni su numeri fuzzy si definiscono : μ*η : R→[0, 1], (μ*η) (z)= sup{min [ µ(x) ,
η(y)]}.
Non mi soffermo sulle operazioni con numeri fuzzy e loro proprietà nonostante l'argomento
sia interessante perchè supera i limiti richiesti da questo lavoro. (Per ulteriori
approfondimenti si rimanda ai testi in bibliografia). Una ultima notazione è sugli intervalli
di confidenza (o famiglie di intervalli) che possono caratterizzare tali numeri. Sono
intervalli di tipo : μa = [ xa xa], dove μ Є R, a Є[0,1], xa = inf{ x|μ(x)=a}, xa = sup{ x|μ(x)=a}
Per quanto visto all'inizio si ottiene :
110
[πıˉ¹({a}) π2ˉ¹({a})],se a ≠1
[ xa xa]
[b,c], se a=1
Le condizioni che πı sia strettamente crescente e π2 strettamente decrescente determinano
immediatamente il numero fuzzy, nell'ipotesi che si conoscano gli intervalli di confidenza.
5.6.2 Cenni di calcolo logico in ambiente fuzzy
Nella logica classica gli operatori o connettori " v", "^", "¯", "→" possono essere visti come
delle applicazioni da {0, 1}x {0,1}in {0,1}( rispettivamente, da {0,1}in {0,1}, per "¯").
Si ricorda la tautologia classica (p→q)
(p v q).
All'interno della logica fuzzy i connettori suddetti possono essere interpretati come delle
applicazioni da [0,1] x [0,1] in [0,1] (rispettivamente da [0,1] in [0,1]. La variante più
utilizzata nella logica fuzzy al posto dell'operatore "^" (rispettivamente "v") è l'applicazione
min : [0,1] x [0,1] →[0,1] (quindi max : [0,1] x[0,1] → [0,1]).
Dell'applicazione "→" esistono diverse varianti :
Per Lukasiewicz ; x →y = min {1,1- x+y};
L'implicazione Lee o variante di Kleen-Dienes; x →y = max {1- x,y}
La variante di Yager ; x
y = yª (y≠0)
La variante Godel-Brouwer ; x →y = 1, x ≤ y
y, x > y
L'elemento x →y è indicato anche con JL (x, y), rispettivamente JKD (x, y), JY (x, y) e
JGB (x, y). La negazione "¯" : [0, 1]→[0, 1] è definita da x = 1_ x.
Si può osservare che :
i) JKD (x, y) ≤ JL (x, y), per ogni x, y Є [0, 1];
2. JL (1, 0) = 0, JL (1, 1) = JL (0, 1) = JL (1, 0)=1;
3. JKD (1, 0) = 0, JKD (1, 1)= JKD (0, 1) = JKD (1, 0) =1 ;
4. JGB (1, 0) = 0, JGB (1, 1)= JGB (0, 1) = JGB (1, 0) =1.
Ciò significa che gli operatori JL JKD JGB sono delle estensioni dell'implicazione classica.
Si hanno le seguenti proprietà :
a) Per JL JKB JY JGB vale la proprietà associativa.
aa) JL (x, y) = JL (1-x, 1- y), per ogni x, y Є [0, 1];
aaa)JKD (x, y) = JKD (1-x, 1- y), per ogni x,y Є [0, 1].
Le relazioni precedenti giustificano l'utilizzazione di JKD.
Si deduce perciò la seguente regola principale utilizzando l'implicazione JKD;
conoscendo il grado di appartenenza (cioè il valore logico di una proposizione P) e JKD (x,
y) = c. (il valore logico dell'implicazione (P→Q) si deduce che il grado di appartenenza b di
y (valore logico proposizione Q) segue dalla relazione c = a v b (da JKD (μ (x), μ (y))= max
{ 1-μ(x),μ(y)} valida per μ: A→[0, 1]).
5.6.3 Costruzione di una scala con i numeri fuzzy
111
Applicando quanto detto alla costruzione della scala e quindi semplificando e dando
significato concreto alle formule logiche si può sostituire l'intervallo [0, 1] con l'insieme
L = { 0; 0,1; 0,2; ......; 0,9; 1}a cui possiamo affiancare delle etichette verbali. Possiamo
quindi pensare all'applicazione come ad una proprietà concettualizzata su continuo
nell'intervallo [0, 1]. In questo caso possiamo accettare una scala di questo tipo :
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1
totale disaccordo
fortemente in disaccordo
moderato disaccordo
leggermente in disaccordo
più in disaccordo che d'accordo
incerto/non so
più d'accordo che in disaccordo
leggermente in accordo
accordo moderato
fortemente d'accordo
totalmente d'accordo88
In questo quadro il valore logico di una proposizione P, v(P), oppure di un implicazione
v(P → Q) può essere presentato come un insieme {i/10, (i + 1)/10,....,j/10} denotato con i <
j, i Є {0, 1,.......,10}.
Cambiando le definizioni date per i numeri fuzzy si ha che:
[i/10, j/10] = [1- j/10, 1- i/10];
5. [i/10, j/10] v [k/10, t/10] = [min{i/10, k/10}, max{j/10, t/10}].
5.7 La presentazione grafica
L'idea iniziale di progettazione grafica della scala era quella di disegnare un continuum e
identificare le categorie/intervallo verbali attraverso dei segmenti verticali posti sul
segmento alla stessa distanza segnalando per ogni categoria il numero di riferimento
precedentemente illustrato. Questa impostazione però valutando quanto scritto da Amisano
Pamparin e Rinaldi (Sono equidistanti le categorie di una scala Likert in Marradi Le scale
Likert e la reazione all'oggetto 2002) sugli esiti di una ricerca del 1980 che comparava la
somministrazione grafica di una scala Likert tradizionale con una scala Likert (sviluppata da
Blackburn e Mann) disposta su continuum poneva dei dubbi su questo tipo di presentazione.
Infatti le distribuzioni di frequenza del numero di volte che gli intervistati si erano collocati
sui picchetti corrispondenti alla categoria verbale era pari al 75% degli intervistati che 7
volte su 9 avevano fatto questa scelta rendendo inutile l'uso del continuo. Inoltre nella
somministrazione dove veniva utilizzato il segmento si presentavano un maggiore numero
di mancate risposte, tali da far concludere agli autori che la presentazione classica risultasse
“più facile per alcuni intervistati di livello culturale più basso”.
Il segmento di 10 cm appariva in questo modo :
FIG 15
Prima presentazione grafica della scala
___________________________________________
1
2
3
4
5
6
7
I numeri erano posizionati al centro al fine di chiarire che lo spazio tra i segmenti rappresentava le classi.
88
112
Chiaramente le categorie verbali utilizzate possono variare a seconda della rilevazione effettuata.
Venivano precedentemente indicate le classi e la possibilità di posizionarsi su tutto il
segmento.
FIG. 16 indicazione delle classi
Le classi segnate in numero sul segmento equivalgono a:
1
2
Totalmente
disaccordo
3
in Molto
Disaccordo
4
5
6
7
in Parzialmente Nè d'accordo Parzialmente Molto
in disaccordo nè
d'accordo
Accordo
disaccordo)
Totalmente
d'accordo
Al fine di testare la scala ho deciso di effettuare un piccolo pretest su di un piccolo gruppo
(cambiando gli items della scala per motivi pratici) di 30 persone per un lavoro inerente la
valutazione dello stress da lavoro correlato riscontrando che nonostante le spiegazioni le
persone tendevano a posizionarsi o sui picchetti o nel migliore dei casi al di sopra del
numero della categoria. Questa tendenza era presente nella stessa misura tra gli intervistati
nonostante le differenze di livello culturale, facendo alcune domande molti si dichiaravano
convinti che le opportunità di posizionamento offerte fossero i picchetti o per altri le
categorie centrali (sopra i numeri). Attraverso la consulenza di una grafica ho supposto che
alla base di questa tendenza potesse esservi il principio di salienza (o figura-sfondo).
“Questo principio prevede che siamo portati a dirigere la nostra attenzione agli aspetti del
campo percettivo che sono in rilievo, la figura rispetto a ciò che fa da sfondo” (G. Attili
Introduzione alla Psicologia Sociale 2000). La salienza secondo McArthur e Post (1977) è
determinata dalla luminosità, rumorosità, movimento o comunque dalla novità dello stimolo
o in altri termini a ciò che richiama l'attenzione. A questo punto ho provato ad eliminare
qualsiasi segno dal segmento indicando solo a parte il segmento originale, il risultato è stato
che le disposizioni sullo stesso tendevano a posizionarsi nei dintorni degli estremi e in
prossimità del centro, inoltre si perdeva totalmente l'ancoraggio semantico della Likert.
Dopo vari tentativi sono arrivata alla seguente presentazione (il segmento rimane di 10 cm)
che consente di mantenere l'idea delle categorie intervallo di Likert senza dare troppo rilievo
a determinati punti.
FIG 17 presentazione e spiegazione della modalità di risposta
importante
:
é possibile posizionarsi sulla soglia o all'interno dell'intervallo
1
2
3
4
max disacc 0
6
7 =max accordo
max disacc. 0
1
5
7 =max accordo
Le classi sono evidenziate dal colore del segmento e sono:
2
3
4
5
Totalmente
disaccordo
113
in Molto
Disaccordo
in Parzialmente
in disaccordo
Nè d'accordo Parzialmente
nè disaccordo) d'accordo
6
7
Molto Accordo Totalmente
d'accordo
Ad una prima prova i problemi che si erano precedentemente evidenziati non sembravano
riproporsi.
5.8 Preparazione ed analisi dei dati
In questa ricerca si è deciso di applicare in modo sperimentale la scala Likert fuzzy
alla rilevazione degli atteggiamenti verso la statistica.
La scala è stata somministrata in due versioni ; la versione classica con 7 categorie di
risposta, in punteggi discreti, da totalmente in disaccordo a totalmente d'accordo
mantenendo la classe centrale perchè si è ritenuto opportuno lasciare agli intervistati
la libertà di dichiarare di non avere una idea sull'argomento citato (come sottolineato
da Bourdie) e con un segmento di 10 cm suddiviso in 7 categorie (continuo scala
rapporti).
Dalla documentazione di partenza (matrice dei dati iniziali) si è proceduto ad una
prima codifica volta rendere fruibili gli stessi. Come prima cosa si è scelto di invertire
alcuni items in senso negativo per avere una misura del grado di attitudine negativa
(da totalmente assente a totalmente presente). Si è poi deciso di sintetizzare le quattro
domande sulla scelta della facoltà accorpando le modalità di risposta (sulla base
dell'analisi delle frequenze) in 5 modalità ed in seguito in due (la stessa cosa è stata
fatta per l'items sull'andamento in matematica e con modalità diverse su altre
modalità di sfondo al fine di rendere possibile l'analisi bivariata).
5.8.1 Il segmento
La scala a segmento si presentava all'intervistato in questa maniera :
Fig 18 presentazione grafica della scala
0
1
2
3
4
5
6
Dove le 8 soglie corrispondono a :
0 = 0 cm
1= 1,4 cm
2= 3 cm
3= 4,5 cm
4= 6 cm
5= 7,5 cm
6= 8,8 cm
7= 10 cm
Le 7 classi sono comprese tra due soglie :
1= da 0 a 1,3 → totalmente in disaccordo
2 = da 1,4 a 2,9 → molto in disaccordo
3= da 3 a 4,4 → parzialmente in sisaccordo
4= da 4,5 a 5,9 → né d'accordo né in disaccordo
5= da 6 a 7,4 → parzialmente d'accordo
6= da 7,5 a 8,7 → molto d'accordo
7= da 8,8 a 10 → totalmente d'accordo.
114
7
Come già accennato dai 28 item della scala è stato sintetizzato l'indice
dell'atteggiamento attraverso il punteggio medio dell'intervistato. Non si è utilizzata
la somma per semplicità e perchè l'uso della somma dei punteggi ha una minore
stabilità dei punteggi medi89 in generale sopratutto con l'utilizzo della fuzzy analisi in
cui avrebbe comportato una serie di problemi di ordine logico matematico (non
ultimo l'uscita dall'intervallo 0-10).
In considerazione del fatto (sottolineato dalla scuola di Pisa) che si può ottenere una
Likert fuzzy trasformando i punteggi in punteggi Fuzzy(da adesso soglie) senza
adoperare il segmento, si potrebbe trasformare la Likert classica in fuzzy (senza però
ricorrere ad una funzione matematica impostata sui dati della precedente ricerca per i
motivi già esposti). La trasformazione può essere effettuata considerando che il
punteggio medio della classe. I punteggi non possono corrispondere alle soglie
perchè come è facilmente intuibile avremmo un punteggio di troppo, si può però
utilizzare il valore medio della classe.
Al fine di poter utilizzare l'analisi bivariata i punteggi medi sono stati sintetizzati in
classi e in classi fuzzy-overlapping aggiungendo delle classi che ricomprendono le
due soglie come mostrato nel grafico sottostante.
0
7
0
1
2
3
4
5
6
Fig 19 rappresentazione grafica overlapping
Le classi sono così composte esempio (l'etichetta cambia a seconda del profilo)
0-0,9= 1 totalmente d'accordo
1-1,6= overlapping tra 1 e 2
1,7-2,6 = 2 molto d'accordo
2,7-3,4= overlapping tra 2 e 3
3,5-4,2= 3 parzialmente d'accordo
4,3-4,8 = o. Tra 3 e 4
4,9- 5,6 = 4 nè accordo nè disaccordo
5,7-6,4= O. Tra 4 e 5
6,5-7,2= 5 Parziale accordo
7,3- 7,8= O. Tra 5 e 6
7,9-8,6= 6 molto d'accordo
8,8- 9,2= O. Tra 6 e7
9,3-10= 7 totalmente d'accordo
In questo caso trattandosi di una Likert i punteggi fuzzy ed overlapping saranno
considerati principalmente tra le classi e non sull'estensione totale dei punteggi come
si potrebbe fare con altre tipologie di strumenti (ad esempio in un differenziale
semantico). Per far questo visto che praticamente tutti i programmi che ho provato
non sono tarati per questo tipo di analisi (chiedendo di default la separazione delle
89
Per fare i punteggi medi è stato necessario utilizzare il comando trasporre di SPSS sulle variabili scelte e quindi
richiedere le medie.
115
classi) l'elaborazione è fatta "a mano" (questo spiega in parte la scelta di analizzare
pochi casi). La possibilità di elaborare un software apposito o di riprogrammare i
diversi open source presenti esulava dalle mie competenze e risorse anche se non è
impossibile da realizzare. Utilizzando l'SPSS quello che si è potuto ottenere oltre alle
frequenze di punteggi è le frequenze nelle classi e la creazione di classi overlapping
(come si può vedere dalle tabelle sottostanti) ma non fuzzy, dalle quali semmai
derivare una analisi fuzzy. Le tabelle sottostanti sono le elaborazioni effettuate con
SPSS sul profilo generale dell'atteggiamento verso la statistica.
Tabelle 1 profili medi atteggiamento verso la statistica con le due scale
profilo medio segmento atteggiamento verso la
statistica in categorie
atteggiamento/attitudine positiva
Freq
Perc
Cum
5
7,4
7,4
atteggiamento/attitudine parzialmente
positiva
24
35,3
42,6
atteggiamento/attitudine nè positiva nè
negativa
30
44,1
86,8
atteggiamento/attitudine parzialmente
negativa
9
13,2
100,0
Missing
1
100,0
Totale
69
Mediana = 4
Profilo medio segmento atteggiamento verso la
statistica in fuzzy overl. cat
atteggiamento/attitudine positiva
Freq
Perc
Cum
1
1,5
1,5
9
13,2
14,7
10
14,7
29,4
17
25,0
54,4
18
26,5
80,9
10
14,7
95,6
3
4,4
100,0
Missing
1
100,0
Totale
69
overlapping 2 e 3
atteggiamento attitudine parzialmente positiva
overlapping tra 3 e 4
atteggiamento/attitudine incerta
overlapping 4 e 5
atteggiamento/attitudine parzialmente negativa
Mediana = 4
Profilo medio atteggiamento verso la statistica
Likert classica
Atteggiamento positivo
Freq
Perc
4
5,9
Cum
5,9
Att. parzialmente positivo
35
51,5
57,4
Incerto
22
32,4
89,7
7
10,3
100,0
Missing
1
100,0
Totale
69
atteggiamento parzialmente negativo
Mediana = 3
116
Quindi ricapitolando verranno effettuate tre differenti analisi monovariate sui profili medi
preparando i dati in due maniere differenti : la prima considerando le gradazioni fuzzy
all'interno delle classi e sul punteggio generale ottenuto dai profili medi del segmento; la
seconda analizzando le frequenze delle classi overlapping che empiricamente altro non è
che creare delle classi che intersecano due classi contigue (riducendo per ampiezza le classi
che aumenteranno però logicamente in numero) e quindi in un secondo tempo valutare il
grado di appartenenza non appartenenza alle classi così rielaborate. Le classi overlapping
vengono come si può vedere sopra costruite a cavallo delle soglie che dividono le categorie
tra loro.
Prima però di affrontare questa parte si è deciso di vedere le differenze base tra i due
strumenti nella consapevolezza che come ricordato da Pitrone Pavsic “le informazioni
ottenute attraverso il processo di ricerca siano fortemente dipendenti dalle tecniche
predisposte per rilevarle”(2010).
5.9 Confronto tra rilevazione con Likert su segmento e Likert in punteggi
La scelta di testare i due strumenti nello stesso momento è stata dettata dalla volontà di
paragonare le due tecniche Likert classica in cui l'intensità di accordo/disaccordo è rilevata
attraverso punteggi discreti (scala ad intervalli), Likert con segmento (o regolo) in cui
l'intensità accordo/disaccordo è rilevato attraverso un segmento continuo (scala di rapporti)
senza intervallo di tempo. Questo pur tenendo in conto il possibile effetto alone (si è infatti
raccomandato agli studenti di rispondere istintivamente ad entrambe le scale senza
guardare) e del possibile response set conseguente, nella consapevolezza che la
somministrazione dei due questionari in tempi diversi avrebbe comunque portato delle
distorsioni visto che la stessa frequenza dei corsi poteva (come visto più sopra) influire
fortemente sul cambio di attitudine. L'uso del segmento è stato spesso utilizzato al fine di
correggere i limiti della scala Likert intervenendo sulla forma di chiusura tradizionale.
Normalmente, come ricordato da Fasanella (validità dei dati ed approccio multitratto
multitecnica 1995) “questo viene presentato come un segmento scomposto in varie celle per
mezzo di picchetti tra loro equidistanti. Ad intervalli regolari, a partire dagli estremi, sono
collocati gli ancoraggi semantici (le classi semantiche della Likert), contrassegnati
generalmente con le stesse etichette usate per la scala Likert a chiusura tradizionale”. Tra i
cambiamenti apportati allo strumento “regolo” c'è la veste grafica, la considerazione delle
doppie appartenenze e la modalità di misurazione.
Una prima osservazione che verrà qui svolta è constatare se la probabilità di distorsione dei
dati registrati in matrice può diminuire con l'uso del segmento (anche se rimane il problema
dell'effetto alone).
In questo senso può essere utile sottolineare che tranne tre intervistati tutti gli altri
rispondono utilizzando il segmento integralmente e graduando le risposte. A volte rispetto
alla Likert classica si spostano sulla classe che precede la soglia o sulla classe seguente ( a
volte fanno salti maggiori). Di questi tre intervistati che hanno scelto di rimanere fedele alla
scelta effettuata sul primo strumento senza usare la possibilità di graduazione sulle classi
due dichiarano esplicitamente che “se rispondi in un determinato modo al primo è
necessario per una propria coerenza rispondere al secondo nello stesso esatto modo”
(vengono scelte le soglie in un caso o il centro della classe negli altri due) l'altro non
commenta la sua scelta.
Alle domande (poste al termine del questionario) su quale tra le due tecniche era per loro
117
più semplice e perché, alcuni intervistati propendono per la Likert classica mentre altri
scelgono il segmento, prevale leggermente chi sceglie la Likert 44% (28% scelgono il
segmento, 3% non risponde per il resto è indifferente) . Scorrendo le monovariate sui singoli
items si nota che solo i pochi intervistati citati si posizionano nei vari item in modo netto e
costante sulle soglie del segmento o al centro, (di cui tre sono gli intervistati di cui si è
appena parlato e due scelgono uno le soglie l'altro il centro della classe pur cambiando le
scelte di categoria effettuate in precedenza con il primo strumento) su tutti o quasi (per gli
ultimi due) i 28 items, lasciando intendere a mio parere in tutti e due i casi di voler indicare
quella classe pienamente (sia se scelgono la stessa categoria scelta nella Likert, o un'altra).
Le motivazioni date per spiegare la preferenza espressa tra i due strumenti si riferiscono alla
minore gamma di valori presenti e quindi dalla minore presenza di scelta sia per chi
preferisce il primo che per gli altri. Dichiara infatti un intervistato parlando del segmento
che “troppa scelta determina confusione” per altri “il primo ti mette davanti ad una scelta
definita no una gamma di sfumature che va da 1 a 7, ribadendo che “Troppa scelta porta a
più difficoltà di scelta”. In generale per la maggioranza del campione la Likert “permette
una scelta netta tra le alternative” ed è più in linea con quanto si conosce “siamo più
abituati a ragionare e rispondere crociando (x) caselle, piuttosto che saper misurare
visivamente la risposta.
Tra chi invece propende per il secondo strumento le motivazioni sono legate ugualmente
alla maggiore articolazione e graduazione, dichiarano infatti che “da una visione più
completa” e “permette una maggiore possibilità di scelta, avendo maggiori sfumature”.
Secondo altri intervistati il segmento rende più evidente la gradazione accordo/disaccordo.
In sintesi si può affermare che entrambi i gruppi hanno addotto le stesse motivazioni per
scelte differenti. Inoltre sia guardando i punteggi che i commenti espressi è evidente che
hanno risposto ai due strumenti con lo stesso impegno ed evitando di comparare i due
questionari (tranne 2 di loro) e ne hanno capito le differenze. Una piccola percentuale (tra
cui 4 dei 5 intervistati di cui si è parlato) trova i due strumenti equivalenti o perché li
considera due modi differenti per dire la stessa cosa, o perché pur ritenendo entrambi gli
strumenti chiari e facili ritiene importante principalmente l'items concetto e non il
meccanismo con il quale si risponde.
Al fine di mettere in luce le differenze di valutazione che gli stessi soggetti fanno (sulle
stesse domande mantenendo le stesse classi nei 28 item) utilizzando uno strumento con più
gradazione si riportano le monovariate degli item della scala nella tabella in appendice II (n
x K 28 item), dove per chiarezza si è deciso di affiancare gli item rilevati con la Likert
classica con l'item rilevato con il segmento.
Guardando la tabella si potrà apprezzare il cambiamento nelle scelte di categoria di risposta
che l'uso di due tecniche di rilevazione differenti ha comportato.
Le prime domande da porsi, anche in relazione alle dichiarazioni degli intervistati sui due
strumenti, sono se ed in che misura l'aumento della graduazione e l'uso di un segmento
ancorato sulle classi della Likert che trasforma i punteggi in classi visualizzabili e graduate
(quindi con una loro ampiezza visualizzabile) possa modificare la percezione e la
conseguente scelta della propria posizione rispetto la domanda.
Come prima cosa si può sottolineare che fatta eccezione per l'intervistato n1 che risponde
solo al secondo strumento e a 2-3 domande del primo (in matrice n.2) e per l'intervistato 40
(m.41) che risponde solo al primo, tutti gli altri soggetti rispondono ad entrambi i
questionari. In alcune celle evidenziaei in azzurro (14 su un totale di 1932) viene data
118
risposta ad uno solo dei questionari sul singolo item, guardando i commenti si può vedere
che quasi tutti i soggetti che scelgono di non rispondere ad uno o due item di un solo
strumento dichiara di aver trovato difficoltà nell'utilizzo dello stesso (per troppa o poca
scelta). Il fatto che saltano uno due item in ordine sparso di una sola della due scale (non di
seguito) potrebbe far pensare che gli item per loro più difficili non vengono affrontati con
entrambi gli strumenti perché risulta difficile ricollocarsi nelle modalità, quasi come se ci
fosse un processo cognitivo differente determinato dalla tecnica che rende ancora più ostico
l'item. Sulla tabella, in giallo, sono stati evidenziati gli spostamenti di categoria semantica
tra il punteggio della Likert e la categoria del segmento, le celle non evidenziate rimangono
invece nella stessa classe anche se nel segmento vengono assunte posizioni a volte al limite
delle due classi contingenti(646 celle). In arancio (328) sono stati evidenziati i cambi di
categoria in cui i soggetti che si erano posizionati nel polo accordo nell'item cambiando
strumento si spostano sul polo del disaccordo o sull'incerto e/o viceversa. Gli spostamenti
tra le posizioni assunte all'interno delle diverse categorie del polo di accordo o di disaccordo
possono essere determinati dalla diversa percezione delle stesse (percezione di tipo visivo e
non numerica), la classe del segmento ha un'ampiezza visibile che può determinare una
percezione differente della propria posizione rispetto all'items rispetto al punteggio secco
della Likert classica. Quindi in altri termini un orientamento cognitivo diverso nel valutare
e percepire le risposte. Lo stesso si può pensare degli spostamenti tra disaccordo/accordo ed
il punteggio/spazio dell'incertezza (categoria intermedia) dove nella maggioranza dei casi
prevale lo spostamento di scelta che dalla categoria Likert dell'incertezza si trasforma nel
segmento( su 135 spostamenti 94 incertezza likert verso categorie accordo disaccordo
segmento, 41 il contrario) in accordo o disaccordo a volte (spesso) saltando le categorie
relative all'accordo/disaccordo parziale.
Viceversa le poche volte che si verifica il cambiamento inverso (dai punteggi Likert positivi
o negativi verso la categoria dell'incertezza sul segmento) tranne pochi casi è tra le due
categorie del parziale accordo/disaccordo. La diminuzione con l'uso del segmento dei
soggetti che scelgono la classe dell'incertezza può essere interessante se si pensa che spesso
si è ritenuto che costringere l'intervistato ad una scelta comunque netta ad esempio con una
dicotomica o evitando di inserire la categoria dell'incertezza(od in questo caso con i
punteggi) potesse correggere la forte tendenza all'ambivalenza di giudizio tipica delle
società pluraliste che secondo Zaller e Felman (1992) privilegiano strutture di valori
“deboli”. Da quanto si evidenzia in questa ricerca fatto salvo l'esiguità del numero che
consiglia una ripetizione della stessa con numeri più elevati, sembra che una scelta più
sfumata possa portare allo stesso risultato, forse perchè come lasciano intendere gli
intervistati costringe ad una maggiore attenzione.
Però salti di classe come ad esempio da totalmente d'accordo sulla Likert a incerto sul
segmento che possono lasciare perplessi così come quei casi di cui abbiamo
precedentemente accennato dove addirittura cambiano le loro risposte da negative a positive
e viceversa. In questo ultimo caso è difficile pensare ad un diverso orientamento
determinato dalla gradazione dello strumento o dall'ampiezza che le classi acquisiscono nel
segmento. Una spiegazione può forse essere cercata nel ripensamento dovuto alla rilettura
del questionario oppure ipotizzare che uno strumento di rilevazione differente porti
determinate persone ad avere un differente orientamento cognitivo e perciò effettuare una
scelta opposta alla precedente o forse un insieme delle due cose, nuovo orientamento
cognitivo, ripensamento per rilettura del questionario e maggiore attenzione allo stesso in
119
quanto si utilizza uno strumento non familiare.
Spesso i punteggi estremi nella Likert tendono ad abbassarsi/alzarsi spostandosi di
categoria, anche se di poco, nell'altro strumento di rilevazione. In pratica a prima vista può
sembrare che per alcuni intervistati il cambio di strumento abbia determinato un diverso
orientamento verso le affermazioni presentate pur rimanendo nel polo dell'accordo o
disaccordo o nella categoria mediana dell'incertezza.
Per quanto riguarda le coppie di celle non evidenziate si tratta di quei casi che rimangono
“fedeli” alla categoria scelta pur (nella maggioranza delle celle) non scegliendo la soglia o il
centro della categoria. Questi valori sul segmento sono di per sé valori fuzzy dai quali è
possibile “misurare” graduando l'appartenenza/non appartenenza alla categoria semantica
scelta.
5.9.1.Analisi attendibilità dei 28 item in punteggi discreti e segmento
Si è deciso a questo punto di effettuare un'analisi di correlazione tra i due strumenti sui
singoli item per verificarne la coerenza. Le correlazioni tra i due item sono tutte positive e
non scendono mai al di sotto di r = 0,26 sui due item V10(r= 0,27 la statistica non è utile per
le professioni comuni) e V18 (r=26) Il valore massimo riportato è stato 0,88 sui due items
V1 (la statistica non mi piace). In generale come si può vedere dalla tabella delle
correlazioni contenuta in appendice II i valori ondeggiano tra 0,50 e 0,70. Se invece si
vanno a confrontare i quattro item (sempre sui due strumenti) sulla scelta della facoltà
abbiamo correlazioni molto alte (0,86-0,81-0,89-0,84). È interessante notare che per quel
che riguarda queste domande non si riscontrano eclatanti differenze tra i due questionari.
Inoltre come si può vedere nei paragrafi successivi la scelta degli intervistati è chiara e
definita; la facoltà è scelta sulla base delle materie.
A questo punto ho verificato l'attendibilità dei due strumenti separatamente attraverso un
indice di consistenza interna (alfa di Cronbach90) per questa elaborazione ho utilizzato i
quattro fattori individuati dagli autori. Ho quindi confrontato i due strumenti attraverso il
metodo denominato delle forme parallele con il software SPSS, che consiste nel confrontare
le due scale che si presume misurino lo stesso costrutto allo stesso modo. Perché si abbia
conferma di quanto detto i due questionari dovrebbero avere la stessa varianza comune e la
stessa varianza di errore.
Tutte le quattro dimensioni hanno sul segmento un buon coefficiente alfa se si considera i
pochi item ed il fatto che a volte un coefficiente troppo alto potrebbe essere un sintomo di
distorsione evidenziando una scarsa attenzione da parte degli intervistati; .80491 per la prima
(affettività 6 items), .654 la seconda (utilità 9 items) .606 (cognitiva 6 items) .705 (cognitiva
7 items).
Nella scala a punteggi discreti abbiamo invece; .755 per la prima, .689 la seconda, .656 la
terza e .766 l'ultima (gli items ed il nome delle dimensioni sono uguali). La prima
dimensione risulta avere un coefficiente alfa più alto usando il segmento, le altre risultano
avere un coefficiente leggermente migliore sulla Likert classica.
Osservando le tabelle si nota che tra i due strumenti esistono differenze evidenti. Nelle
tabelle inerenti l'affettività sui due strumenti notiamo che per la correlazione scala items
90
91
L'indice utilizzato è il più frequentemente utilizzato per il calcolo dell'attendibilità. Si basa sul calcolo delle
correlazioni tra tutti gli item di uno strumento ed assume valore 1 in caso di coerenza perfetta tra gli item, 0 in caso
di coerenza nulla.
I coefficienti delle dimensioni dei due strumenti hanno gli stessi colori. Ad esempio giallo su le prime dimensioni
ecc...
120
(valori accettabili se superiori a 40) dove si riporta la correlazione tra i punteggi dei singoli
item e la somma dei punteggi degli altri item92, c'è per i due questionari una buona
affidabilità dello strumento anche se nel segmento abbiamo valori nel complesso migliori.
Quanto detto trova ulteriore conferma dal coefficiente alfa di Cronbach e dalla
considerazione dei valori della quarta colonna (alfa eliminando di volta in volta un item)
dove nessun coefficiente supera l'alfa totale.
Per la seconda dimensione abbiamo valori di correlazione più bassi con item che non
risultano correlati con la scala nel segmento le variabili v7, 8, 13 che hanno basse
correlazioni la 7 e la 8 negative.
Valutando la quarta colonna della tabella n..... vediamo come eliminando i due item l'alfa
cresce rispettivamente 709 e 728 rispetto a 654 (alfa tot). Tra gli item in punteggi ad essere
poco correlati con la dimensione sono gli item v10, 16, 13 e 7, anche in questo caso
eliminando gli item migliora sia la correlazione che l'alfa. Solo la 7 e la 13 risultano essere
poco coerenti sui due strumenti ma in misura diversa.
La terza dimensione risulta avere una migliore coerenza con i punteggi dove solo l'item 28
e 17 risultano poco correlati mentre sul segmento sono il 6, il 18 e 28. Solo il 28 ha sempre
una bassa correlazione in misura diversa sulle due sub-scale. In questo caso in entrambi gli
strumenti un solo item è chiaramente da escludere il 6 per il segmento dove si avrebbe un
miglioramento dell'alfa (da 606 a 654) e della correlazione interna, ed il 28 per i punteggi
(685 rispetto 656 per l'alfa).
Nell'ultima dimensione sul segmento risultano poco correlati l'item 4 e 20 la cui
eliminazione non porterebbe però un miglioramento del coefficiente alfa.
Dal calcolo dell'attendibilità interna possiamo concludere che le quattro dimensioni non
sono del tutto soddisfacenti e sopratutto i due strumenti sembrano avere dimensioni
sottostanti differenti.
Per questo motivo ho ritenuto importante confrontare i due strumenti e quindi procedere
all'ACP per vedere se effettivamente la struttura fattoriale sottostante risulta differente ed in
che modo.
Per il segmento abbiamo questa situazione
Cases
Valid
N
58
%
84,1
Excluded(a)
11
15,9
Total
69
100,0
a Listwise deletion based on all variables in the procedure.
Tab 2
Test for Model Goodness of Fit
Chi-Square
Log of Determinant of
Value
762,805
Df
404
Sig
,000
Unconstrained Matrix
32,857
Constrained Matrix
48,928
Under the parallel model assumption
Tab 3 Reliability Statistics
92
Consentendo di stabilire quanto un item è legato e coerente con gli altri item della scala
121
Varianza comune
6,308
True Variance
,916
Varianza di errore
5,392
Correlatione Comune(InterItem)
,145
Reliability of Scale
,826
Reliability
(Unbiased)
of
Scale
,832
Per i punteggi discreti
Casi
Valid
N
62
%
89,9
Excluded(a)
7
10,1
Total
69
100,0
a Listwise deletion based on all variables in the procedure.
Tab 4 Test for Model Goodness of Fit
Chi-Square
Value
Log of Determinant
of
679,847
Df
376
Sig
,000
Unconstrained Matrix
12,566
Constrained Matrix
25,691
Under the parallel model assumption
Tab 5
Varianza comune
2,868
True variance
,444
Varianza errore
Correlazione
inter item
2,424
comune
,155
Reliability of Scale
,832
Reliability of
(Unbiased)
,837
Scale
Le elaborazioni di pag 124 confermano che i due strumenti non rilevano il costrutto alla
stessa maniera pur avendo entrambi una buona coerenza interna, come si può vedere dalle
differenze consistenti tra la varianza comune e la varianza di errore che sono maggiori nel
segmento.
Se il segmento sembra avere nell'insieme una maggiore coerenza scindendo lo stesso nelle
quattro dimensioni degli autori il questionario a punteggi fatta eccezione per la prima
dimensione risulta avere una maggiore attendibilità anche se il coefficiente alfa risulta
essere accettabile per entrambi gli strumenti. Le differenze se si considera che i due
strumenti sono stati somministrati alle stesse persone lo stesso giorno, sono rilevanti.
Analizzando le monovariate sugli item e i commenti effettuati dagli studenti come già
accennato le risposte sono state date in modo coerente all'interno dei due diversi strumenti
ma in molti casi lo stesso soggetto nello stesso item cambiando lo strumento cambiava la
sua posizione sul continuo in modo considerevole. Questo porta a confermare l'esistenza di
un orientamento cognitivo diverso a seconda dello strumento utilizzato sopratutto se come
in questo caso si passa da uno strumento in punteggi classico ad uno che prevede l'auto
collocazione su segmento (approccio visuale-metrico).
122
Cenni ACP
Ho scelto di procedere all’analisi esplorativa attraverso ACP al fine di vedere quali sono le
strutture fattoriali sottostanti, per questo motivo l’ACP è stata ripetuta utilizzando le due
differenti scale con i 28 items al fine di evidenziare se presenti differenze tra i due
strumenti di rilevazione.
Per dare a ciascuna componente un significato chiaro ho deciso di effettuare una rotazione
ortogonale (varimax) per rendere minimo il numero di variabili con alti valori dei pesi
fattoriali su più componenti. Il numero delle unità statistiche 2,4 per variabile non può
essere considerato totalmente sufficiente ciò nonostante per i motivi illustrati procederò lo
stesso all’analisi.
Esaminando la matrice degli autovalori ho scelto le dimensioni. Nella tabella sottostante è
riportata una sezione della matrice degli autovalori e lo scree plot per gli items rilevati con
segmento.
Tab 6 matrice aut ovalori segmento
Componenti autovalori
principali
seg
Valori assoluti
% of Varianza
%Cumulate
1
8,482
22,924
22,924
2
4,075
11,012
33,936
3
3,753
10,144
44,080
4
2,227
6,019
50,098
5
1,922
5,195
55,293
6
1,804
4,875
60,167
7
1,461
3,949
64,116
8
1,368
3,696
67,812
9
1,191
3,219
71,031
10
1,089
2,942
73,974
11
1,007
2,723
76,76
Scree Plot
10
8
6
Eigenvalue
4
2
0
1
5
3
9
7
13
11
17
15
21
19
25
23
29
27
33
31
37
35
Component Number
Si sono scelte le prime tre componenti che spiegano 44,080% dell’inerzia totale.
Vediamo a questo punto cosa succede con gli items in punteggi.
123
Tab 7 Matrice autovalori punteggi
Componenti
Autovalori
1
Valori assoluti
6,143
% Varianza
21,182
%Cumulate
21,182
2
3,611
12,453
33,635
3
2,487
8,574
42,209
4
2,167
7,471
49,680
5
1,680
5,794
55,474
6
1,580
5,450
60,923
7
1,320
4,552
65,475
8
1,070
3,690
69,165
.
Scree Plot
7
6
5
4
3
Eigenvalue
2
1
0
1
3
5
7
9
11 13 15 17 19 21 23 25 27 29
Component Number
In questo caso si è deciso invece di scegliere due dimensioni che spiegano 33,635
dell’inerzia totale. Possiamo vedere che nella scala a segmento la quantità di varianza
spiegata dalle prime tre componenti scelte è maggiore. Per poter effettuare dei confronti tra i
due strumenti si è deciso di lavorare con tre dimensioni. In ogni caso attraverso la tabella
delle comunalità si è potuto verificare che sia con il segmento che con la Likert tutte le
variabili sono sono ben rappresentate dai fattori estratti (presentando valori di comunalità
alti), la quantità di varianza spiegata è sempre leggermente maggiore per il segmento.
Lo scree plot mostra nel primo caso una forte distanza tra la prima e la seconda/ terza
componente che invece sono molto vicine tra loro, situazione che non si ripete nel secondo
grafico. Passiamo a vedere meglio le componenti con i due differenti strumenti.
Le tre componenti elaborate sui due strumenti si compongono in modo differente, le
variabili hanno saturazioni differenti sui fattori a volte come si può osservare anche
rilevanti. Per questo motivo ho interpretato i tre fattori in modo differente.
Per quello che riguarda il questionario con segmento le tre componenti sono;
Ansia/insicurezza difficoltà; Aspetti cognitivi e rifiuto; utilità utilizzo.
Seguono i risultati degli item che hanno contribuito in modo evidente alla costruzione delle
componenti scelte.
124
Mi senti insicuro quando devo risolvere un problema di statistica in classe
766
Mi sento frustrato quando devo affrontare un esercizio di statistica in classe
732
Mi sento stressato durante le ore dei corsi di statistica
702
La statistica mi spaventa
697
La statistica è una materia che la maggior parte delle persone apprende lentamente
595
Trovo molto difficile comprendere i concetti statistici
574
La conoscenza della statistica non mi aiuterà a cercare lavoro
488
Imparare la statistica richiede molta dedizione
488
Non ho idea di come funzioni la statistica
457
La statistica comporta molti calcoli
443
Molte persone devono imparare un nuovo modo di pensare per imparare la statistica
442
Faccio molti errori matematici in statistica
439
Gli item che sono presenti in questa dimensione sono di carattere emotivo ed in parte
cognitivo generale sulla materia. Esiste per gli studenti un legame tra il rifiuto/blocco
emotivo verso la materia e la poca padronanza/comprensione della materia che viene
percepita come una materia difficile ed astratta, in parole povere la scarsa padronanza e
comprensione pratico/teorico della materia determina un aumento dell'ansia e della
frustrazione nello studio che rende ancora più difficile capire la materia ed usarla. La
presenza di un item legato all'inutilità della statistica può dipendere dal rifiuto di considerare
indispensabile per la futura vita professionale una materia che non si riesce a comprendere
pienamente e che appare lontana dalla vita quotidiana.
Vediamo la seconda dimensione;
Non capisco le formule le formule statistiche
850
Non riesco ad imparare la statistica
777
Non mi diverte frequentare i corsi di statistica
733
La statistica non mi piace
646
Le formule statistiche non sono semplici da capire
581
Imparare la statistica richiede molta dedizione
-542
Non uso la statistica nella vita di tutti i giorni
436
La statistica è una materia complicata
389
La statistica è una materia particolarmente tecnica
-364
In questo fattore prevale l'aspetto cognitivo. La statistica è considerata come una materia
ostica da apprendere perché “non comprensibile” l'item inerente l'impegno come si può
vedere è in negativo forse perché è inutile mettere impegno se comunque si ritiene di non
poter veramente apprendere. Questo atteggiamento genera perciò un rifiuto verso i corsi e la
materia in generale. Anche in questo caso troviamo un item legato all'aspetto dell'utilità
della statistica ma a ben vedere, a mio parere, è da considerarsi legato alla percezione di
distacco della statistica dalla realtà.
Il terzo fattore l'utilità sottolinea come la materia viene valutata sulla base dell'utilità/utilizzo
che di questa può farsi sia nella futura professione che in generale per la vita. Sono
comunque presenti item a carattere cognitivo emotivo.
La statistica è irrilevante per la mia vita
778
Nella mia professione non applicherò mai la statistica
762
125
I ragionamenti statistici non sono applicabili nella vita quotidiana
731
Le conclusioni statistiche si presentano raramente nella vita di tutti i giorni
726
Non ho idea di come funzioni la statistica
471
Trovo molto difficile comprendere i concetti statistici
453
La statistica non mi piace
441
La statistica non è utile per le professioni comuni
379
Vediamo adesso cosa succede con i punteggi discreti.
La prima dimensione è prettamente cognitiva-emotiva. Combina perciò aspetti cognitivi e
non cognitivi che dipendono dai primi. La materia viene valutata sulla base della propria
capacità di comprenderla. Non piace ed esiste rifiuto ed ansia in base alla capacità di
comprensione della stessa. L'item legato all'utilità della materia nella vita di tutti i giorni
mette in luce una considerazione astratta e distante dal normale modo di pensare.
Non capisco le formule statistiche
800
La statistica non mi piace
790
Non mi piace frequentare i corsi di statistica
736
Non riesco ad imparare la statistica
737
Le formule statistiche sono difficili da capire
635
Mi sento stressato durante le ore di statistica
511
Trovo difficile comprendere i concetti della statistica
510
Non uso la statistica nella vita di tutti i giorni
482
La statistica mi spaventa
433
Mi sento frustrato quando devo affrontare un esercizio di statistica in classe
389
I ragionamenti statistici non sono applicabili nella vita quotidiana
381
La statistica è particolarmente tecnica
-304
Confrontando le due prime dimensioni vediamo le prime differenze. Nel primo caso c'è una
situazione di blocco emotivo provocato da una scarsa padronanza e comprensione nel
secondo caso abbiamo un problema cognitivo (comprensione) che porta ad un rifiuto diretto
(non mi piace …) e in parte emotivo.
Nella seconda dimensione che potremmo denominare difficoltà/sforzo e stress
nell'apprendimento la statistica viene valutata come una materia ostica da apprendere e per
questo stressante ed a volte frustrante. L'emotività si lega alla difficoltà ed alla percezione di
distanza/astrattezza della materia che però viene riconosciuta come valore aggiunto per la
ricerca di lavoro
Ho problemi a capire la statistica seguendo il mio modo di ragionare
671
Mi sento insicuro quando devo risolvere un problema di statistica
658
La statistica è una materia complicata
642
La statistica comporta molti calcoli
643
La statistica mi spaventa
625
Mi sento frustrato quando devo affrontare un esercizio di statistica in classe
604
Trovo difficile comprendere i concetti della statistica
598
Faccio molti errori matematici in statistica
482
126
Imparare la statistica richiede molta dedizione
452
Non ho idea di come funzioni la statistica
417
Molte persone devono imparare un nuovo modo di pensare per imparare la statistica
408
La conoscenza della statistica non mi aiuterà a trovare lavoro
-397
Anche tra le due seconde dimensioni esistono delle differenze importanti rimane presente
l'idea della difficoltà e dello sforzo ma nel primo strumento dipende dalla non
comprensibilità della statistica che per questo è rifiutata, nei punteggi invece la difficoltà si
associa a stress e fatica ma esiste un reale rifiuto.
La terza componente è legata all'utilità
Nella mia professione non applicherò mai la statistica
793
La conoscenza della statistica non mi aiuterà a trovare lavoro
675
Il mio tirocinio professionale non richiederà conoscenze statistiche
605
I ragionamenti statistici non sono applicabili nella vita quotidiana al di fuori del lavoro
569
Non ho idea di come funzioni la statistica
564
La statistica non è utile per le professioni comuni
449
La statistica è una materia complicata
406
In questo fattore la statistica è considerata sulla base della sua utilità nella professione,
nello studio ed in generale nella loro vita. Gli item di natura cognitiva presenti sottolineano
ancora una volta l'importanza del capire la statistica anche se complicata per poterla
utilizzare. Rispetto al segmento nei punteggi l'utilità si associa con l'aspetto cognitivo e non
emotivo.
Anche dall'ACP risulta esserci una differenza tra i due strumenti di rilevazione infatti le tre
dimensioni differiscono nelle configurazioni concettuali determinate come risaputo dalle
risposte dei soggetti.
Traendo delle brevi conclusioni sul confronto tra i due strumenti, l'aspettativa forse
ingenua era di trovare una configurazione delle variabili nello spazio multidimensionale
simile. È cosa risaputa anche se non univocamente accettata dalla comunità scientifica che
le informazioni che riusciamo ad ottenere attraverso il processo di ricerca, in particolar
modo nella rilevazione di opinioni/motivazioni e atteggiamenti dipendono anche dalle
tecniche che abbiamo predisposto per rilevarle e che spesso la risposta di un dato strumento
configurato in un determinato modo dipende anche da variabili culturali e cognitive, come
in un certo senso hanno precisato gli stessi intervistati quando hanno ricordato che a loro
risultava più automatico e semplice rispondere “crociando” i punteggi. Cosa che non
depone, a mio parere, del tutto a favore dell’uso della tecnica classica visto che un eccesso
di familiarità ed abitudine può indurre ad una minore attenzione nell’uso dello strumento.
Su questo tema a me sembra necessario approfondire in modo molto più analitico la
questione considerando che negli ultimi anni si sta diffondendo una sorta di perplessità
verso l’uso di questionari strutturati. Questo perché a ben riflettere l’utilizzo di questi
strumenti ed in particolare della scala Likert si sta diffondendo in maniera esponenziale.
Basta ad esempio pensare a tutti gli innumerevoli sondaggi di opinione telefonici, sui
giornali, di soddisfazione del cliente e così via, che potrebbero aver indotto o una migliore
padronanza del mezzo oppure automatismo e stanchezza (o entrambe rimanendo in tema di
127
logica fuzzy). Inoltre come ricordano Pitrone e Pavsic “l’approccio formalizzato fa
aumentare il rischio che la base empirica costruisca non solo le forme in cui questi sono
verbalizzati, ma lo stesso atteggiamento”, sia a livello di item, infatti item diversi avrebbero
potuto dar vita a atteggiamenti e significati diversi rispetto all’oggetto cognitivo che a mio
parere anche a livello di costruzione di modalità di risposta. Questo spiegherebbe quello che
si è visto confrontando i due strumenti utilizzati. Una cosa interessante da segnalare è che
nelle quattro domande sulle motivazioni di scelta della facoltà, dove gli studenti hanno dato
una scelta forte tra i due strumenti diminuiscono le differenze (rimane solo la differenza
determinata dal segmento che considera classi graduate), si potrebbe pensare che il diverso
orientamento sulle domande si presenti prevalentemente dove gli individui si trovavano di
fronte a domande su atteggiamenti meno semplici da indicare. Una proposta ulteriore di
ricerca può essere quella di approfondire le dinamiche di tipo tecnico psicologico che hanno
agito nel determinare le differenze nelle risposte date dagli intervistati con i due strumenti di
rilevazione.
128
5.9.3 Costruzione di indici di atteggiamento attraverso i profili medi ed analisi fuzzy
Come già accennato attraverso i profili medi ho elaborato l'indice di atteggiamento verso la
statistica. Come prima cosa riporto il profilo medio interamente e non elaborato in classi
come nelle tabelle mostrate in precedenza dove si perdono le differenze tra i punteggi.
Tab 9 profili medi di riga (segmento)
Profili medi di riga segmento da 0 nessun atteggiamento
negativo a 10 massimo atteggiamento negativo
2,20
1,4 - 2,9
categoria
Atteggiamento
positivo
3 - 4,4
categoria
Atteggiamento
parzialmente positivo
atteggiamento
incerto
6 -7,4
categoria
Att. Parzialmente
negativo negativo
Missing
Totale
93
129
1
Perc
Cum
1,5
1,5
5
93
2,70
3
4,4
5,9
2,90
1
1,5
7,4
3,20
2
2,9
10,3
3,30
2
2,9
13,2
3,40
1
1,5
14,7
3,80
2
2,9
17,6
3,90
2
2,9
20,6
4,00
3
4,4
25,0
4,20
3
4,4
29,4
4,30
2
2,9
32,4
7
10,3
42,6
4,50
3
4,4
47,1
4,60
2
2,9
50,0
4,70
3
4,4
54,4
4,90
2
2,9
57,4
4,4
4,5-5,9
cat.
Freq nelle
classi
Freq
5,00
24
30
3
4,4
61,8
5,10
2
2,9
64,7
5,20
2
2,9
67,6
5,30
1
1,5
69,1
5,40
4
5,9
75,0
5,50
1
1,5
76,5
5,60
3
4,4
80,9
5,70
1
1,5
82,4
5,80
2
2,9
85,3
5,90
1
1,5
86,8
6,00
2
2,9
89,7
6,10
3
4,4
94,1
9
6,30
1
1,5
95,6
6,60
1
1,5
97,1
6,80
1
1,5
98,5
7,10
1
1,5
100,0
999
1
1
69
Le frequenze in rosso sono quelle che si trovano vicine alle soglie (fuzzy overlapping)
100,0
69
Gli intervistati si distribuiscono a partire dalla seconda categoria fino alla sesta, mancano
perciò le due categorie estreme come accade nella Likert classica (vedi tabella pag 120) e si
concentrano nelle categorie centrale corrispondente ad un atteggiamento incerto e del
parziale atteggiamento positivo, quindi solo il 13,3% del gruppo ha un reale atteggiamento
negativo. Se nello strumento classico gli intervistati si trovano con maggiore frequenza
nell'atteggiamento parzialmente positivo nell'indice costruito dal segmento prevale la
categoria dell'incertezza. Utilizzando il segmento si è entrati nella logica fuzzy perché
possiamo considerare l'appartenenza del singolo punteggio all'indice in generale ed
all'interno della categoria. La tecnica di overlapping ci sarà utile a livello di monovariata per
vedere nelle diverse categorie quanti soggetti si trovano posizionati tra le classi e quindi per
leggere meglio il senso delle posizioni sul profilo. Ad esempio se guardiamo la seconda
categoria (parzialmente d'accordo) troviamo che dei 24 soggetti che ne fanno parte 14 si
trovano ai margini delle loro categorie di appartenenza. Per ognuno dei valori assunti si può
vedere la doppia appartenenza sull'atteggiamento in generale considerando perciò il
continuo senza le classi, per cui ad esempio i tre individui che si trovano sul valore 4 hanno
un atteggiamento negativo pari a 4 sul totale e non negativo pari a 6. Questa prima analisi ha
un valore logico/teorico in quanto considerando in questo modo il punteggio si considera
l'atteggiamento come continuo lungo il quale a partire dai due estremi si graduano le due
appartenenze. In altri termini non si riconosce un atteggiamento solo positivo ma si cerca di
valutarne contemporaneamente il lato negativo, perciò ad un punteggio pari a 2,20 si
attribuisce un atteggiamento negativo per 2,20 e positivo per il rimanente, in altri termini,
utilizzando il linguaggio analitico, se X è l'insieme universo degli elementi genericamente
indicati con x l'insieme sfocato À è esprimibile dalle seguenti coppie di valori À = {(x, ųa
(x))|x ε X} in cui ųa è la funzione di appartenenza di x ad À e può assumere i seguenti
valori :
ųa (x)=1 se xε À
0< ųa (x)<1 se x ε solo parzialmente ad À
ųa (x)=0 se x ε À
In sede di bivariata attraverso questa doppia considerazione si può cercare di scorgere
differenze e spiegare anomalie che utilizzando la logica classica, che comporta una
definizione di solo positivo o negativo un atteggiamento entro un dato valore non avremmo
potuto considerare, nonostante il fatto che il segmento essendo continuo è intrinsecamente
fuzzy contenendo l'informazione sulla doppia appartenenza, considerarla o meno dipende
dall'impostazione logica con cui si guarda al dato. Se si è ottenuto il segmento attraverso la
trasformazione della Likert in punteggi a partire dalle classi centrali o dalla scelta di una
funzione differente il dato qui segnalato è già frutto di una prima ed importante
elaborazione. É possibile fare lo stesso discorso per ognuna delle categorie presentate al fine
di considerare l'appartenenza alla classe considerando le due soglie come fossero l'intero
segmento 0-1 anche se l'appartenenza piena è data in questo caso dalle categorie centrali e
quindi all'avvicinarsi delle due soglie la posizione sfuma verso le due classi contingenti.
Le classi estreme non sono molto rappresentate cosa che si può riscontrare anche nella
monovariata sopratutto con il segmento, PERCENTUALE la situazione si ripete anche se
con modalità meno netta con la scala in punteggi come si può vedere dall'indice riportato a
pagina 120. La correlazione tra i due profili elaborati a partire dai due strumenti di
rilevazione è alta (r = .89) a dimostrazione del fatto che nell'insieme i due strumenti hanno
dato risultati tra loro congruenti nonostante le differenze sottolineate sui singoli items.
130
Sia dall'analisi delle monovariate che dall'indice di atteggiamento generale si potrebbe
affermare che tra gli studenti prevale un atteggiamento incerto o comunque parzialmente
positivo o negativo. Quindi prevalgono le classi centrali. Osservando l'overlapping si riesce
ad approfondire il discorso. In effetti possiamo vedere che con questo tipo di elaborazione si
ha sempre una prevalenza delle classi centrali che addirittura diventa più forte se si
considera che dei 5 individui che rientravano nella categoria “atteggiamento positivo solo
uno si era effettivamente posto (vedi tabella sopra) pienamente nella categoria suddetta, gli
altri si trovavano molto vicini alla categoria successiva. D'altra parte alcuni soggetti della
categoria atteggiamento parzialmente positivo sono più vicini alla categoria dell'incertezza
stante alla posizione da loro scelta sul segmento. A ben vedere quindi prevale un
atteggiamento tra l'incerto ed il positivo mentre su 69 solo 3 soggetti dichiarano una parziale
difficoltà verso la materia e 10 pur avendo un atteggiamento prevalentemente incerto si
posizionano vicino alla categoria di atteggiamento parzialmente negativo, come a dire
tendono ad avere qualche difficoltà iniziale (la rilevazione è stata fatta ad inizio corso) verso
la materia. In questi soggetti potrebbe esserci comunque una tendenza a sviluppare un
atteggiamento negativo più forte se non riescono a superare questo parziale pregiudizio (che
tenderebbe perciò a fortificarsi portando a problemi nell'apprendimento, nell'uso delle
tecniche acquisite e nel superamento positivo dell'esame). Per quanto concerne la
maggioranza dei soggetti incerti è importante che la frequenza e l'uso della materia
contribuiscano allo sviluppo di atteggiamenti positivi ed al rafforzamento di questi per il
rimanente dei soggetti.
Tab 10
Profilo
medio
segmento
atteggiamento verso la statistica in
fuzzy overl. Cat
Fre
atteggiamento/attitudine positiva
1
Per
Freq
cat94
Cum
1,5
5
1,5
overlapping 2 e 3
9
atteggiamento
attitudine
10
parzialmente positiva
overlapping tra 3 e 4
17
atteggiamento/attitudine incerta
18
13,2
overlapping 4 e 5
atteggiamento/attitudine
parzialmente negativa
Missing
10
14,7
3
4,4
9
1
100,
0
1
Totale
69
14,7
14,7
24
25,0
26,5
29,4
54,4
30
80,9
95,6
100,0
69
Per l'esiguità del campione che renderebbe tra le altre cose difficile procedere all'analisi
bivariata e anche per rendere più semplice ed immediatamente comprensibile il
ragionamento si è deciso di ridurre le classi a cinque. La riduzione prodotta effettivamente
tradisce in parte la scelta degli intervistati a cui si era presentato due strumenti con sette
classi e a livello di monovariata determina un aumento della classe centrale però considerato
94
Le frequenze evidenziate sono quelle dell'indice senza overlapping.
131
il fatto che come esito della costruzione dell'indice abbiamo solo quattro classi e che questa
riduzione dovrebbe rendere possibile utilizzare anche l'overlapping ho ritenuto accettabile il
compromesso.
Nella tabella sottostante possiamo vedere come si presenteranno le distribuzioni delle classi
normali ed in overlapping.
Ognuna delle diverse categorie semantiche presentate possono essere, con questa
impostazione, considerate come un segmento dove a differenza che nel segmento generale si
deve considerare 0 e 10 nelle due direzioni a partire dal valore centralecome soglie di
vicinanza alle classi contigue che determinano l'ingresso in un'altra categoria. La totale
appartenenza si ritrova nelle posizioni centrali mentre l'ambiguità è semmai a ridosso delle
due soglie e quindi degli spazi di intersezione. Prendiamo come esempio la seconda
categoria, come si può vedere questa è costituita (come le altre) sul segmento da 20 mm. Per
semplificare consideriamola suddivisa in 20 posizioni che vanno da 0 ad 1 (0 -0,5-1- 1,5
ecc....). Attraverso l'elaborazione delle categorie di intersezione (overlapping) sul segmento
possiamo considerare la doppia appartenenza con la classe contigua alla soglia 2
(nell'esempio) e alla soglia 4. I valori che si trovano tra 2,5 e 3,4 in quanto centrali sono
pienamente interni alla classe ma hanno appartenenze differenti. É facile a questo punto
vedere come tenendo conto dei tre insiemi si può graduare l'appartenenza alla classe. Il
punteggio 2,20 è un valore “ambiguo” perchè si distanzia leggermente dalla soglia ed ha
un'appartenenza alla classe di grado basso.
Il grado di appartenenza infatti sarà più lontano da 1 (piena appartenenza) tanto più si
discosterà dal valore centrale della classe in senso positivo o negativo (essendo un profilo
medio costruito attraverso l'elaborazione dei punteggi continui dei singoli items non è più
necessario tenere conto delle soglie piene come scelta di appartenenza totale alla classe
come per i singoli items dove questo va aggiunto alla funzione). In termini formali :
µ appartenenza classe =
1 se x valore centrale
x-1 se 1 ≤ x ≤ valore centrale
Si utilizza quindi un approccio simile alla cluster fuzzy dove l'appartenenza era calcolata a
partire dalla misura di quanto un elemento somiglia ad un altro scelto in genere dal valore
centrale rappresentativo. L'appartenenza piena alla classe è dato dai valori centrali della
stessa e si misura in sostanza quanto questi si discostano e quanto nello stesso tempo si
avvicinano alle due classi di intersezione (in corrispondenza con le soglie).
Quindi in altri termini riconsiderando quanto è stato illustrato sui gradi di verità di un
enunciato consideriamo il valore centrale pari ad uno (piena appartenenza) e i valori che
vanno verso le due opposte direzioni come gradi minori di appartenenza. Ricordando che
secondo Łukasiewicz e le regole da lui introdotte per logiche con plurivalori di verità, il
grado di verità di un enunciato è dato da una proporzione tra il grado di verità di un
enunciato e la sua negazione : [⌐P ]=1-[P] (dove P è il grado di verità dell’enunciato A ). Se
consideriamo 1 concettualmente come grado di verità “totale” dalla proporzione su illustrata
diviene semplice esplicitare i gradi di appartenenza nelle due direzioni basandosi sulla
misurazione metrica del segmento/classe nelle due direzioni.
Se consideriamo la prima categoria presente nell’indice di atteggiamento verso la statistica
132
(vedi tab.11) avremo come valore centrale il valore 3 che consideriamo la totale
appartenenza con valore di verità pari ad 1 :
FIG 20
0
3=1
0,1
0
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1
0
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
Quindi ad esempio 2,7 corrisponde alla posizione 0,7quindi :
1-0,7=0,3 = grado di appartenenza di 2,7.
La stessa cosa può essere fatta con gli altri valori.
I valori di appartnenza possono essere messi in matrice e con un programma opportuno
analizzati all’interno delle categorie.
Indice
atteggiamento
Verso la statistica
(2 categoria
2,2
2,7
Maschi
Grado
Appartenenza
M
femmine
Grado
Appartenenza
F
1
3
O,8
O,3
1
/
O,8
/
)
Le graduazioni così ottenute possono contribuire a spiegare le differenze di relazione con
altre variabili di soggetti che appartengono alla stessa classe e comunque danno conto delle
scelte effettuate sui singoli item dagli individui in modo più preciso.
Sarebbe possibile individuare continue sotto-graduazioni e sotto intersezioni ma farlo
sarebbe solo ridondante e sopratutto inutile. Come sempre la scelta di quanto approfondire
l'analisi è lasciata alla competenza del ricercatore.
133
Tab 11
Categorie
Indice atteggiamento in 5
categorie
2,2
1
2,7
2,90
3,20
3,30
3,40
3,80
3,90
4,00
4,20
4,30
4,4
4,50
4,60
4,70
4,90
5,00
5,10
5,20
5,30
5,40
5,50
5,60
5,70
5,80
5,90
6,00
6,10
6,30
6,60
6,80
7,10
Missing
Totale
134
Freq
3
Da 2 a 3,9
Parziale resistenza verso la
materia
14
Da 4 a 5,9
Atteggiamento incerto non
definito
45
Da 6 a 7,9
Atteggiamento abbastanza
negativo verso la materia
1
2
2
1
2
2
3
3
2
7
3
2
3
2
3
2
2
1
4
1
3
1
2
1
2
3
1
1
1
1
1
69
5.94 L'analisi bivariata con la fuzzy analisi
L'analisi bivariata è elaborata sul profilo generale prima attraverso le classi poi
considerando l'intersezione.
Per quel che concerne l'indice generale di atteggiamento possiamo in relazione con il genere
Tab 12 Atteggiamento verso la statistica per genere
Genere
indice atteggiamento verso la statistica in 5 categorie
Poca attitudine negativa verso la materia
Maschio
femmina
5
9
5
40
1
8
11
57
atteggiamento incerto non definito
atteggiamento abbastanza negativo verso la
materia
Totale
Total
14
45
9
68
notare che gli intervistati sono prevalentemente di sesso femminile (anche considerando le
iscrizioni alla facoltà si ha una prevalenza femminile ma sicuramente non in questi termini)
che la maggioranza delle delle intervistate si concentrano nella categoria che corrisponde ad
un atteggiamento incerto. Gli intervistati di sesso maschile anche se pochi si distribuiscono
in modo uniforme tra l'essere incerti e l'avere poca resistenza verso la materia. Per
approfondire potremmo controllare come queste 40 intervistate si suddividono in
overlapping.
Tab 13 Atteggiamento verso la statistica in overlapping per genere
indice atteggiamento verso
la statistica in overlapping
genere
Totale
maschio
overlapping 1 e 2
poca attitudine
negativa verso la
statistica
overlapping 2 e 3
atteggiamento
indefinito incerto
verso la materia
overlapping tra 3 e 4
atteggiamento
abbastanza negativo
verso la statistica
Totale
femmina
0
1
1
4
5
9
4
15
19
2
20
22
1
13
14
0
3
3
11
57
68
Dalla tabella si può vedere che la metà delle 40 intervistate si erano posizionate al confine
delle categorie parziale accordo e parziale disaccordo dividendosi tra le due categorie
overlapping nella stessa misura avendo quindi attitudini tendenti verso il polo positivo o
verso il polo negativo che cattura un numero maggiore (di due tre elementi) delle
135
intervistate incerte, per quanto riguarda i pochi intervistati di sesso maschile si vede invece
un attitudine migliore (pur sempre incerta ma non negativa) verso la materia. L'uso delle
intersezioni, del segmento e dell'elaborazione dei profili medi ci ha reso possibile
evidenziare con maggiore precisione l'atteggiamento espresso “aprendo” la categoria
dell'attitudine incerta e chiarendo che tra questi intervistati molto sono tendenti ad avere un
approccio tendente ad avvicinarsi ad uno dei due poli.
Questa considerazione può essere particolarmente utile se il questionario era predisposto
(come in molti dei paesi che lo hanno adottato) ad un intervento diretto al miglioramento
dell'apprendimento degli intervistati mettendo in evidenza che tra questi studenti poteva
esistere una facilità di sedimentazione o incremento di attitudini positive e/o negative
perché già presenti allo stato “embrionale” inoltre attraverso un informazione più dettagliata
è più semplice implementare degli interventi mirati.
La maggioranza degli intervistati alle domande sul motivo della scelta della facoltà dichiara
di averla scelta per le materie trattate (43) pochi solo 16 per gli sbocchi professionali e quasi
nessuno su consiglio di amici (4) e famiglia (2). Per quanto riguarda l'andamento scolastico
al superiore la maggioranza dichiara di aver ottenuto un voto di diploma medio-basso (47).
Una domanda da porsi è se la scelta delle materie è basata sull'interesse verso queste ultime,
sull'idea che possono essere semplici o su entrambe le considerazioni ?
In parte l'atteggiamento incerto verso la statistica può essere spiegato con la scarsa
conoscenza della stessa, solo 11 intervistati dichiarano di aver già studiato questa materia al
superiore, però se si considera che gli intervistati erano frequentanti alle classi di statistica
sociale e metodologia e tecnica della ricerca, materie che prevedono l'esame base di
statistica la situazione è meno chiara considerando che 88,4% degli studenti dichiara di aver
superato l'esame.
Guardando le tabelle sottostanti possiamo osservare che gli incerti sono concentrati
prevalentemente tra chi non ha studiato statistica al superiore. Forse l'esame base di
statistica nonostante che il 44,8% dichiara di aver preso un voto superiore al 25 non è stato
sufficiente per acquisire padronanza/confidenza con la materia tale da dichiarare di
conoscerla o a farsi un idea chiara della stessa rispetto a chi l'aveva studiata già al superiore.
Tab 14 Atteggiamento verso la statistica con scelta della facoltà
scelta della facoltà per le materie trattate
ricodificata 3 cat
indice atteggiamento verso la statistica in 5
cat
Si
Poca attitudine negativa verso la materia
atteggiamento incerto non definito
atteggiamento abbastanza negativo verso
materia
Totale
136
la
No
Totale
6
8
14
4
41
45
1
8
9
11
57
68
Valutando la stessa relazione controllando l'intersezione abbiamo una situazione
leggermente differente.
Tab 15
Indice
atteggiamento
verso la statistica
Aver studiato statistica
Totale
Anche in questo caso è interessante notare che tra i
Si No
pochi che dichiarano di conoscono la statistica
Overlapping 1-2
0 1
1
l'atteggiamento è orientato nettamente verso l'asse
Parziale resistenza 3 6
9
positivo (fatta eccezione per un intervistato), la
verso la statistica
categoria dell'incertezza si svuota.
O.2-3
7 12
19
Tra i 41 incerti invece c'è uno spostamento verso le
Atteggiamento
0 22
22
incerto
categorie di overlapping che richiamano alcuni
O. 3-4
0 14
14
intervistati anche dal settore che indica un
Atteggiamento
1 2
3
atteggiamento più negativo a conferma del fatto che pur
abbastanza negativo
dichiarando di non conoscere la materia, avendola
Totale
11 57
68
comunque studiata non hanno aspettative troppo
negative, ma non credendo di conoscerla neanche
troppo positive. Prevale leggermente una attitudine
negativa.
Tra chi ha scelto la facoltà per le materie trattate la maggioranza non ha un atteggiamento
definito verso la statistica in realtà sembra prevalere questo atteggiamento in tutto l'insieme
degli intervistati mentre come possiamo vedere dalla tabella alla domanda sulla scelta della
facoltà gli incerti sono in numero scarso rispetto ai due poli negativo e positivo.
Tab 16
scelta della facoltà per le materie
trattate ricodificata 3 cat
indice atteggiamento verso la
statistica in 5 cat
Poca attitudine negativa verso la
materia
atteggiamento incerto non definito
atteggiamento abbastanza negativo
verso la materia
Totale
disaccordo
nè d'accordo
nè disaccordo
accordo
Total
2
3
9
14
10
4
31
45
3
2
3
8
15
9
43
67
Se però andiamo a vedere le frequenze nelle intersezioni si ha uno spostamento verso le
categorie
137
Tab 17
Scelta della facoltà per le materie trattate
Indice atteggiamento
verso la statistica
Disaccordo
Né d'accordo
né disaccordo
Accordo
Totale
Overlapping 1-2
0
1
0
1
Poca attitudine negativa
verso la statistica
1
2
6
9
O.2-3
7
2
10
19
Atteggiamento incerto
2
2
18
22
O. 3-4
4
1
8
13
Atteggiamento
abbastanza negativo
1
1
1
3
Totale
15
9
43
67
dell'atteggiamento parzialmente positivo e in questo caso in misura minore negativo
probabilmente perché chi sceglie una facoltà sulla base delle materie aveva in partenza
ponderato la frequenza delle stesse. Tornando a rivedere il profilo per entrambe le due
tabelle si può, volendo, approfondire l'analisi vedendo dove si erano posizionati gli
intervistati sul segmento ed all'interno della classe. Chiaramente per un numero di
intervistati maggiore sarebbe necessario disporre di un software adeguato.
Per quanto riguarda l'andamento scolastico in matematica 35 dichiarano un andamento
positivo 28 negativo ed il resto né positivo né negativo.
In questo caso non viene confermato completamente quanto suggerito dagli studi
precedenti, cioè che una buona conoscenza della matematica ed una buona riuscita in questa
materia favoriscono la presenza di attitudini non negative visto che sono in entrambi i casi
incerti. Una parziale conferma può essere vista nel fatto che tra chi andava bene in
matematica rispetto a chi andava bene c'è un numero maggiore di soggetti con un
atteggiamento parzialmente positivo
Tab 18
indice atteggiamento verso la statistica andamento in matematica tre categorie
in 5 cat
nè bene
male
Poca resistenza verso la materia
3
atteggiamento incerto non definito
20
atteggiamento abbastanza negativo verso la
5
materia
Total
28
nè male
bene
Total
1
10
14
4
21
45
1
3
9
6
34
68
Anche se il fatto che l'atteggiamento incerto sia forte anzi apparentemente prevalente anche
in chi dichiara di aver avuto una buona riuscita in matematica rende difficile dare una
spiegazione che però potrebbe far pensare che gli studenti sono comunque coscienti delle
differenze o almeno della possibile differenza tra le materie. Vediamo però cosa succede in
overlapping.
138
Tab 19
Risultati ottenuti in matematica al superiore
Indice atteggiamento Male
verso la statistica
Né bene
né male
Bene
Totale
Overlapping 1-2
0
0
1
1
attitudine 1
verso
la
1
7
9
Poca
negativa
statistica
O.2-3
10
1
8
19
Atteggiamento incerto
7
3
12
22
O. 3-4
8
0
6
13
Atteggiamento
abbastanza negativo
2
1
0
3
Totale
28
6
34
68
Volendo possiamo considerare la posizione dei singoli
soggetti ad esempio nella cella incertezza senza intersezione
e andamento positivo in matematica per valutare in modo
approfondito il grado di appartenenza/non appartenenza
rispetto al segmento ed alla classe controllando di quanto i
singoli punteggi si discostano dal centro della classe, in che
direzione ed in che grado.
4, 4,20, 4,30 4,40 (3ind) 4,50, 4,70 (2) 4,90, 5(3) 5,10, 5,20,
5,40 (3), 5,50, 5,60., 5,70 (totale 21)
Predomina sempre l'incertezza ma il gruppo di chi dichiara di aver ottenuto dei buoni
risultati in matematica si sposta leggermente verso un attitudine non negativa per la materia,
gli altri seguono il percorso opposto.
5.7.1 Le quattro dimensioni indicate dagli autori
Come già indicato all'inizio di questo capitolo gli autori indicano quattro dimensioni legate
all'apprendimento della statistica che possiamo denominare; affettività, utilità, difficoltà e
componente cognitiva e gli items che le compongono.
Della prima fanno parte gli items 1, 2, 11, 14, 15, 21. La dimensione denominata utilità è
composta dagli items; 5, 7, 8, 10, 12, 13, 16, 19, 25. La terza dimensione (difficoltà) è
composta dagli items; 6, 17, 18, 22, 26, 28, ed infine l'ultima dimensione (cognitiva) è
composta dagli item 3, 4, 9, 20, 23, 24, 27. Si è cercato di proseguire l'analisi partendo dalle
quattro dimensioni indicate attraverso la costruzione dei quattro indici con i profili medi al
fine di vedere se questa scomposizione pianificata dagli stessi autori può portare ulteriori
informazioni. Nelle tabelle che seguono (pagina seguente) sono riportati gli indici suddetti.
La prima cosa osservabile è che con questa suddivisione le cinque categorie i punteggi si
distribuiscono almeno su quattro categorie (cinque per l'affettività quattro per gli altri). Fatta
eccezione per l'indice di difficoltà dove la categoria modale è data dalla categoria 4
(difficile) e dove gli intervistati ritengono la materia complessa e difficile da studiare (per
alcuni troppo difficile) per il resto è sempre la categoria dell'incertezza a raccogliere più
scelte e quindi il polo positivo.
A rafforzare quanto detto sull'indice di difficoltà percepito relativo all'apprendimento della
materia c'è il fatto che la prima categoria non è rappresentata e la seconda contiene solo due
individui, inoltre attraverso la considerazione delle classi di intersezione possiamo
constatare che la categoria dell'incertezza diminuisce ulteriormente mentre assume
maggiore consistenza il numero di quanti trovano difficile la statistica. In particolare
vediamo uno spostamento verso la categoria di intersezione tra incerto e la numero quattro
(la materia è considerata difficile) e l'intersezione verso il polo che indica la massima
percezione di difficoltà.
139
Per quel che concerne l'indice di utilità la categoria modale è di poco l'incertezza (freq 32), è
però numerosa anche la categoria parzialmente utile. Aprendo le classi e considerando
l'intersezione la considerazione della statistica come materia utile cresce perché
considerando le posizioni sul segmento cresce la categoria di intersezione (incertezza
parziale utilità). L'indice di affettività volto a valutare l'atteggiamento emozionale verso la
statistica si distribuisce come già sottolineato su tutte le cinque categorie, anche in questo
caso la categoria degli indecisi è la più rappresentata. Si può affermare che nell'insieme solo
11 degli intervistati hanno un approccio negativo (ansia, avversione a priori). Guardando
l'elaborazione in overlapping c'è un aumento sia di chi ha un atteggiamento positivo, nelle
due classi, che da 24 (9 + 15) passano a 29 che sopratutto di chi ha un atteggiamento
negativo che da 11 passano a 21 per effetto delle categorie di intersezione. Questo come
negli altri casi vuol dire che quei 33 individui che risultavano dalla composizione degli
indecisi hanno un atteggiamento che propende verso la classe contingente. In ultimo anche
l'indice cognitivo vede prevalere l'indecisione in altri termini il non essere sicuri di capire o
meno la statistica. Sul campione solo 9 risultano essere convinti di non poter comprendere
la statistica mentre 34 sono incerti ed il resto pensano di comprendere almeno in parte 19 o
totalmente la materia 6. Con l'elaborazione dell'intersezione c'è uno spostamento di chi
appartiene alla seconda categoria (comprensione parziale) verso la prima (totale
comprensione) e tra gli indecisi si può vedere che alcuni si spostano verso le due categorie
contigue (principalmente verso parziale comprensione)
140
Tab 20
Perc
1
1,5
1,5
,40
1
1,5
2,9
,50
1
1,5
4,4
1
1,5
1
1,5
,70
0-1,9
,80
Cum
5,9
9
7,4
1,00
1
1,5
8,8
1,30
1
1,5
10,3
1,50
1
1,5
11,8
1,70
1
1,5
13,2
2,00
1
1,5
14,7
2,80
1
1,5
16,2
2
2,9
19,1
2,90
3,20
2-3,9
1
1,5
3,50
2
2,9
23,5
3,60
4
5,9
29,4
3,70
2
2,9
32,4
3,90
2
2,9
35,3
4,00
1
1,5
36,8
4,20
2
2,9
39,7
4,30
1
1,5
41,2
4,40
1
1,5
42,6
3
4,4
47,1
2
2,9
50,0
4,70
1
1,5
51,5
4,80
2
2,9
5,00
1
1,5
5,10
3
4,4
60,3
5,20
2
2,9
63,2
5,30
1
1,5
64,7
5,40
3
4,4
69,1
5,50
2
2,9
72,1
5,60
4
5,9
77,9
5,70
3
4,4
82,4
5,80
1
1,5
83,8
6,00
2
2,9
86,8
6,10
1
1,5
88,2
1
1,5
89,7
1
1,5
4,60
4-5,9
6,20
6,30
20,6
15
4,50
6 -7,9
54,4
33
55,9
91,2
9
6,60
1
1,5
92,6
6,90
1
1,5
94,1
7,30
1
1,5
95,6
7,40
1
1,5
97,1
1
1,5
1
1,5
1
69
100,0
8,50
10,00
Mis
Totale
141
Freq
classi
Freq
Indice affettività
0,2
8 -10
98,5
2
100,0
Tab 21
indice cognitivo
seg
,20
Perc
1,5
1,00
1
1,5
1,10
2
2,9
1,50
1
1,5
7,4
1,90
1
1,5
8,8
2,50
4
5,9
14,7
2,80
1
1,5
16,2
2,90
1
1,5
17,6
3,00
2
2,9
20,6
3,20
2
2,9
3,30
3
4,4
3,40
1
1,5
29,4
3,60
1
1,5
30,9
3,70
3
4,4
35,3
3,80
1
1,5
36,8
4,10
1
1,5
38,2
4,20
7
10,3
48,5
4,30
1
1,5
50,0
4,50
3
4,4
54,4
4,60
4
5,9
60,3
4,70
2
2,9
63,2
4,80
3
4,4
67,6
4,90
2
2,9
5,00
2
2,9
5,10
1
1,5
75,0
5,20
1
1,5
76,5
5,30
1
1,5
77,9
5,50
2
2,9
80,9
5,70
1
1,5
82,4
5,80
2
2,9
85,3
5,90
1
1,5
86,8
6,00
1
1,5
88,2
6,20
2
2,9
91,2
6,40
1
1,5
92,6
6,60
1
1,5
6,70
1
1,5
6,90
1
1,5
7,10
1
1,5
98,5
7,40
1
1,5
100,0
1
100
Mis
Totale
142
Freq
classi
Freq
1
69
Cum
1,5
2,9
6
19
34
9
5,9
23,5
27,9
70,6
73,5
94,1
95,6
97,1
Tab 22
Indice utilità seg
,90
Perc
Freq
classi
Cum
1
1,5
1,10
1
1,5
1,50
1
1,5
4,4
1,60
1
1,5
5,9
2,10
1
1,5
7,4
2,50
2
2,9
10,3
2,60
3
4,4
14,7
2,70
1
1,5
16,2
2,90
1
1,5
17,6
3,00
2
2,9
20,6
3,10
5
7,4
3,20
2
2,9
3,30
1
1,5
32,4
3,40
2
2,9
35,3
3,50
2
2,9
38,2
3,60
1
1,5
39,7
3,70
1
1,5
41,2
3,80
3
4,4
45,6
3,90
2
2,9
48,5
4,00
2
2,9
51,5
4,10
3
4,4
55,9
4,20
1
1,5
57,4
4,30
3
4,4
61,8
4,40
1
1,5
63,2
4,60
4
5,9
69,1
4,80
2
2,9
72,1
4,90
2
2,9
5,00
2
2,9
77,9
5,10
1
1,5
79,4
5,20
3
4,4
83,8
5,30
3
4,4
88,2
5,40
1
1,5
89,7
5,70
1
1,5
91,2
5,80
3
4,4
95,6
6,10
2
2,9
6,20
1
1,5
1
100,0
Missing
Totale
143
Freq
1,5
2,9
4
27,9
29
32
30,9
75,0
98,5
2
69
100,0
Tab 23
indice difficoltà seg
2,00
Freq
Perc
1
Freq
classi
Cum
1,5
1,5
2
3,50
1
1,5
2,9
4,40
1
1,5
4,4
4,70
3
4,4
8,8
4,90
2
2,9
11,8
5,00
1
1,5
13,2
5,10
2
2,9
5,40
1
1,5
17,6
5,60
4
5,9
23,5
5,70
3
4,4
27,9
5,80
1
1,5
29,4
6,00
3
4,4
33,8
6,10
1
1,5
35,3
6,20
3
4,4
39,7
6,30
3
4,4
44,1
6,40
1
1,5
45,6
6,50
3
4,4
50,0
6,60
1
1,5
51,5
6,70
4
5,9
57,4
6,80
1
1,5
58,8
6,90
2
2,9
7,00
1
1,5
63,2
7,10
1
1,5
64,7
7,30
1
1,5
66,2
7,40
4
5,9
72,1
7,50
1
1,5
73,5
7,60
3
4,4
77,9
7,70
1
1,5
79,4
7,80
2
2,9
82,4
7,90
1
1,5
83,8
8,00
2
2,9
86,8
8,10
1
1,5
88,2
8,20
1
1,5
89,7
8,30
2
2,9
8,40
1
1,5
8,50
1
1,5
95,6
8,80
1
1,5
97,1
9,00
1
1,5
98,5
9,70
1
1,5
100,0
Mis
1
100
Totale
18
37
16,2
61,8
92,6
11
94,1
69
Anche in questo caso si potrebbe guardare le singole classi per vedere i gradi di appartenenza dei
diversi punteggi. Se ad esempio prendiamo dell'ultima tabella la 2 categoria possiamo considerare i
diversi gradi di appartenenza alla classe.
144
Le quattro dimensioni risultano essere ben correlate tra loro
Tab 24
tabella di correlazione
Pearson
Indice
Indice
affettività utilità
Indice
cognitivo
Indice
difficoltà
Indice affettività
1
O,41
0,67
0,27
Indice utilità
0,41
1
0,29
-0,45
Indice cognitivo
0,67
0,29
1
0,11
Indice difficoltà
0,27
-0,45
0,11
1
Sembrerebbe che se la materia è considerata utile e sopratutto se si riesce a comprenderla si teme di
meno anche se rimane comunque la percezione della difficoltà della statistica come si può vedere
dalle bivariate.
Tab 25
indice affettività
indice cognitivo
totale comprensione
buona comprensione
Incertezza
non comprensione
materia
Totale
della
nessuna
avversione
emotiva
verso
la
materia
parziale
avversione
emotiva
atteggiamento
ambivalente
insicuro
presenza di
avversione
emotiva
forte
avversione
emotiva
blocco
Totale
5
4
0
1
5
8
0
10
21
0
0
5
0
0
0
6
19
34
0
1
2
4
2
9
9
15
33
9
2
68
In questa prima tabella osserviamo proprio che chi comprende la materia non presenta ansia
emotiva verso la stessa. Come al solito l'incertezza ha il maggior numero di frequenze però
considerando quanto visto per i profili sappiamo che gli indecisi per l'indice cognitivo si
spostano verso il polo negativo mentre per l'indice di affettività succede il contrario, ma la
relazione non cambia.
Tab 26
indice affettività
indice difficoltà
Abbastanza facile
Né semplice né difficile
Difficile sforzo necessario
Molto
difficile
eccessivo
Totale
145
sforzo
nessuna
avversione
emotiva
verso
la
materia
parziale
avversione
emotiva
atteggiamento
ambivalente
insicuro
presenza di
avversione
emotiva
forte
avversione
emotiva
blocco
Totale
0
4
4
2
3
8
0
11
18
0
0
6
0
0
1
2
18
37
1
2
4
3
1
11
9
15
33
9
2
68
La percezione della difficoltà più forte in chi ha uno stato d'ansia verso la materia
Tab 27
indice affettività
indice utilità
totale utilità
Parziale utilità
Incertezza
Materia non utile
Totale
nessuna
avversione
emotiva
verso
la
materia
parziale
avversione
emotiva
atteggiamento
ambivalente
insicuro
presenza di
avversione
emotiva
forte
avversione
emotiva
blocco
Totale
3
4
2
0
9
1
9
5
0
15
0
13
18
2
33
0
2
6
1
9
0
1
1
0
2
4
29
32
3
68
Quasi tutti ritengono la materia abbastanza utile anche se un atteggiamento positivo
corrisponde ad una maggiore considerazione dell'utilità della stessa.
Tra l'indice di difficoltà e l'indice di utilità abbiamo invece una correlazione negativa
che potrebbe significare che più la materia è considerata utile e meno pesa la
difficoltà della stessa.
Tab 28
indice difficoltà
Abbastanz
a
facile
nessuno
sforzo
Né
semplice
né difficile
Difficile occorre
sforzo
per
apprendere
Molto
difficile
sforzo
eccessivo
Totale
totale utilità
0
1
3
0
4
Parziale utilità
1
7
14
7
29
Incertezza
1
10
17
4
32
Materia non utile
Totale
0
0
3
0
3
2
18
37
11
68
indice utilità
In questo ultimo caso si può vedere come chi ritiene difficile la materia la considera utile o è
incerto. Riprendendo l'intersezione sappiamo che tra gli incerti molti si spostano verso i due poli
propendendo per l'utilità, lo stesso è per l'indice di difficoltà dove invece prevale l'idea di difficoltà.
Da queste poche elaborazioni condotte si può vedere come gli studenti non hanno un forte rifiuto
per la statistica pur considerandola una materia complicata che comporta comunque un certo sforzo.
La relazione tra matematica e statistica è comunque in parte presente anche se gli studenti sono
coscienti di avere a che fare con una materia diversa dove la capacità in matematica non risolve da
sola il superamento degli esami. Dall'analisi fuzzy ed overlapping abbiamo potuto conoscere meglio
ed in modo più approfondito le diverse categorie semantiche in particolare la categoria degli
indecisi. Infatti valutando il grado di appartenenza dei diversi individui si riesce a spiegare in modo
migliore le diverse relazioni tra variabili e la posizione dei diversi individui.
146
VI Conclusioni
6.1 Brevi conclusioni sulla ricerca
Dalla revisione effettuata su diverse ricerche e dall’analisi dei dati effettuata si è
evidenziato, come già sottolineato nei paragrafi precedenti, l’importanza di elaborare
uno strumento di rilevazione specifico adatto al nostro contesto educativo e culturale,
così come hanno facendo in paesi come la Spagna ed il Sud America al fine di
migliorare la comprensione del fenomeno eliminando quelle possibili distorsioni
determinate dalle differenze esistenti tra il sistema educativo/formativo anglosassone
e/o Statunitense ed il nostro. Si è scelto di approfondire i lavori elaborati in Spagna e
Sud America perché più simili all’Italia e soprattutto perché negli ultimi decenni
hanno sviluppato diversi studi valutativi sull’argomento. Spesso a partire da questi
studi nei contesti citati sono stati approntati degli interventi volti a tarare
l’insegnamento della statistica per risolvere i problemi degli studenti e migliorarne
l’apprendimento e il futuro uso della stessa. Nonostante il numero esiguo ed il fatto
che l’analisi empirica sia stata fatta con lo scopo principale di applicare la logica
fuzzy alla rilevazione degli atteggiamenti dimostrandone il funzionamento cercherò
lo stesso anche per rispetto di chi ha risposto (con attenzione e pazienza) allo
strumento di trarre delle conclusioni e di cercare di capire come gli studenti
percepiscono la statistica e cosa può favorirne l’apprendimento. Dai primi dati emersi
risulta che l’atteggiamento verso la materia è ambiguo visto che prevale uno stato di
incertezza. Il fatto che la maggioranza degli studenti avesse dichiarato di aver già
fatto l’esame base di statistica rende evidente che quel solo esame in assenza di una
formazione precedente (nelle scuole superiori ad esempio) non è sufficiente a far
comprendere la statistica in modo approfondito e soprattutto a renderla utile (in
quanto fruibile) nella ricerca sociologica in modo consapevole. Rispetto agli studi
anglosassoni la variabile relativa all’andamento in matematica non trova come si è
visto nella bivariata una piena conferma questo sia perché le due materie non sono
poi così simili (l’andamento in matematica può avere un effetto per la paura/blocco
verso la scrittura formale della statistica) e sia forse per una diversa impostazione
nell’insegnamento della statistica meno orientata rispetto ai paesi anglosassoni ad un
uso del modello deduttivo della materia in particolare in sociologia. Dall’ACP si vede
quanta importanza assuma l’utilizzo pratico della statistica sia per gli aspetti cognitivi
che per gli aspetti emotivi della materia e questo in modo differente si può vedere
dall’uso di entrambi gli strumenti. L’utilità la comprensione e l’emotività sono quindi
tra loro fortemente legate. Se questo viene associato al fatto che molti degli studenti
dichiarano nonostante l’aver superato l’esame di base di non conoscere la materia si
può pensare che l’uso della stessa sia fondamentale. In questo senso poteva essere
interessante ripetere la rilevazione alla fine dei due corsi, in particolare il corso di
statistica sociale dove è previsto un laboratorio di statistica. In questo senso per quel
che concerne l’insegnamento della statistica come suggerito anche dalla prof. Fraire
147
nella ricerca precedente a questa rilevazione è fondamentale “privilegiare
l’insegnamento attivo dei concetti e dei ragionamenti statistici, il significato dei
risultati ottenuti con le varie formule e procedure, impiegando dati reali
contestualizzati in situazioni di ricerca e non soltanto la conoscenza teorica”, così
come l’uso dei diversi strumenti (software) da parte degli studenti. Capire fin
dall’inizio del corso quali sono gli atteggiamenti emotivi e cognitivi degli studenti e
se possibile monitorare ed intervenire dove necessario in base alla rilevazione fatta
potrebbe migliorare la performance degli studenti nella disciplina favorendo un
atteggiamento positivo ed un uso consapevole di questo strumento e di queste
conoscenze nella futura vita professionale.
6.2 Conclusioni generali
A volte l’importanza di una nuova teoria e delle sue corrispondenti applicazioni in un
determinato campo di ricerca non è facile da valutare ed è ancora più difficile se si
tratta di importare una teoria nata in settori differenti.
La logica fuzzy che come abbiamo visto è una formulazione innovativa e sintetica di
teorie ed idee già esistenti in diverse discipline quali la filosofia, la logica, la
matematica e nelle scienze sociali,
nasce e si sviluppa, nella forma in cui la conosciamo, a partire dalle logiche
polivalenti in ambiente ingegneristico dove viene utilizzata per migliorare i processi
di funzionamento e “ragionamento” di computer o “macchine” sofisticate.
Pur avendo avuto ottimi successi in questo settore bisogna però sottolinearne i limiti.
In genere quasi tutti i sistemi/software utilizzano come base un ragionamento di tipo
binario. Se ad esempio vogliamo che un elettrodomestico riconosca una porta noi
dobbiamo definire ciò che è o non è una porta. Attraverso la logica fuzzy possiamo a
volte sfumare queste appartenenze e possiamo anche insegnare/programmare la
macchina al fine di graduare le reazioni a seconda dell’appartenenza ma rimane il
fatto che stiamo lavorando con oggetti per loro “natura”non contraddittori o ambigui
che programmiamo per avere migliori performance verso una realtà non bivalente.
Nelle scienze sociali invece, almeno a livello teorico o modellistico, ci troviamo nella
situazione opposta, noi vorremmo un mondo bivalente e semplice per migliorare i
nostri modelli e le nostre teorie ma abbiamo quasi sempre a che fare con il
complesso, la vaghezza ontologica (secondo molti autori quali ad esempio E.
Paganini) e il contraddittorio ed è per questo che la fuzzy trova una naturale
applicazione in molte scienze umane.
La facilità con cui la fuzzy analisi trova applicazione in campi diversi da quello per
cui è stata sviluppata è da ricondurre a mio parere al fatto che viene inizialmente
formulata a partire dalla logica che per sua natura è una transdisciplina, cioè una
disciplina che fa parte della “cassetta degli attrezzi” di diverse discipline differenti,
scientifiche ed umanistiche. La riscoperta e ridefinizione della logica flu o debole ad
opera di L. Zadeh è in realtà, come qualsiasi scoperta scientifica una scoperta
“corale”. Con le parole di Fleck possiamo dire che “la stessa scoperta è un risultato
148
collettivo, la cui effettiva paternità spetta piuttosto al collettivo di pensiero che al
singolo scienziato, per quanto specializzato e creativo” (p147 Fleck 1935). Quello
che in queste ultime righe si vuole affermare è che la scoperta ed il successo della
logica fuzzy, corrisponde ad un mutamento nel pensiero scientifico che ha
determinato, a mio parere la ricerca di nuovi “attrezzi da lavoro” , in altri termini di
una “nuova” logica in grado di supportare una visione meno deterministica e
bivalente della scienza e dei suoi modelli. In realtà questa esigenza nasce con le
scienze sociali e la logica matematica e poi viene raccolta nel campo ingegneristico
da Zadeh che spesso infatti fa riferimento sia agli studi logici che alle ricerche sociali
ed a possibili applicazioni della fuzzy a questi campi. In un secondo tempo però la
fuzzy ha assunto importanza in particolar modo in economia e in sociologia
inizialmente come metodo di approfondimento della cluster analisi con una scarsa
attenzione (nella maggioranza dei casi) alle sue basi logiche e matematiche che
avrebbero meglio evidenziato sia gli elementi di novità che gli elementi di continuità
rispetto ad una tradizione logico-filosofica presente nel dibattito metodologico delle
scienze sociali. Come si è potuto vedere ripercorrendo gli usi della logica fuzzy nelle
scienze sociali lentamente si è cercato di utilizzarla in modo differente mettendo in
luce maggiormente l’aspetto matematico e logico della stessa ma sempre a partire
dall’idea di calcolo e funzione utilizzati in campo informatico rendendo spesso la
fuzzy analisi uno strumento rigido ed eccessivamente deterministico nell’analisi dei
dati a causa di una impostazione della funzione di fuzzificazione e defuzzificazione
traslocata troppo frettolosamente da modelli informatici in cui quella impostazione è
invece un tentativo di rendere maggiormente “soft” e approssimato il calcolo e le
performance delle macchine. La prima considerazione di queste conclusioni è che la
trasposizione di teorie e modelli di analisi da diverse discipline può nascondere delle
insidie se non si è abbastanza attenti da capire come la logica sottostante alla teoria ed
ai metodi suddetti sia presente in forme diverse ed applicabile al campo di studi in cui
si vuole innestare. Come si è potuto vedere in molti studi e ricerche presentate la
logica fuzzy è stata utilizzata in maniera armonica e proficua nella ricerca sociale
insieme ad altre teorie e metodi differenti quali ad esempio la network analysis e i
frattali. La logica sfumata /flou o fuzzy può avere diverse applicazioni nella ricerca
sociale in questo caso si è deciso di analizzare in che modo ed in che misura le
procedure fuzzy possono essere utili nella rilevazione degli atteggiamenti. A tal fine
anche prendendo spunto da quanto fatto dal laboratorio di scienze sociali di Pisa ho
costruito una Likert fuzzy e modellizzato una TLL fuzzy. La scala che utilizza sia la
teoria logica dell’intersezione (che è inclusa nella teoria fuzzy ma non ne è il cuore)
che la gradazione nell’appartenenza è riuscita a spiegare in modo più approfondito,
tenendo conto delle sfumature indicate dagli stessi soggetti, gli atteggiamenti verso la
statistica rompendo l’omogeneità interna delle tipologie. Se con la logica classica lo
scopo è costruire tipologie omogenee al loro interno con la fuzzy abbiamo potuto
guardare all’interno di queste e valutare le doppie appartenenze. Sicuramente al fine
di utilizzare le tecniche mostrate con un campione più ampio ed in modo più
approfondito sarà necessario progettare uno specifico software in grado di gestire
149
questa tipologia di analisi (in studio con la collaborazione di un ingegnere
informatico).
L’utilizzo di una logica polivalente può contribuire a recuperare, senza rinunciare
all’uso di tipologie/classi e tecniche di “misurazione” e simulazione di natura
quantitativa, l’attenzione e la consapevolezza della percezione delle sfumature che
costituiscono il nostro mondo e perciò il nostro oggetto di studio.
L’attenzione alle sfumature porta però a delle ulteriori considerazioni a partire dalle
riflessioni della Arendt (La vita della mente) che assumono a mio parere molta
importanza per le scienze sociali ed in particolare per la rilevazione degli
atteggiamenti ; il ruolo delle apparenze, di ciò che appare. La parola sfumatura si
riferisce a gradazioni “visibili” apprezzabili. Spesso nel tentativo di cercare la
struttura profonda di un fenomeno non si da la sufficiente attenzione a come questo
appare, dimenticando che in fondo “lo scienziato dipende dalle apparenze sia che, al
fine di scoprire ciò che si trova al di sotto della superficie, sezioni il corpo visibile per
osservarne l’interno, sia che cerchi di captare oggetti nascosti mediante elaborati
strumenti di ogni sorta, che privano le cose di quelle proprietà esteriori con cui si
mostrano ai nostri sensi naturali” (Arendt H. pp.104). A volte la ricerca leggitima e
utile di una struttura sottostante all’apparenza ha determinato la credenza che questa
avesse un grado di realtà superiore rispetto alle mere apparenze. Da questo squilibrio
il percorso verso l’eccessivo determinismo, la quantofrenia e il cattivo uso della
matematica per forzare o immaginare una struttura sottostante diversa dalle nostre
aspettative, vaga, o inesistente è breve. Simulazioni fatte a fine previsionale basate su
impostazioni di funzioni matematiche rigide in cui si postula una struttura sottostante
ai dati (apparenti) raccolti rigida e chiara oppure funzioni fuzzy impostate su risultati
di ricerche precedenti sono un esempio di quanto detto.
Sebbene la ricerca di una struttura latente delle proprietà oggetto di studio è e rimane
un punto fermo della ricerca sociale d’altra parte l’apparenza è comunque un dato di
fatto della vita quotidiana a cui nessuno può sottrarsi e a cui si deve comunque fare
ritorno ricordando la doppia funzione di questa: esporre qualcosa e nasconderne altre
in modo spesso sfumato e con gradi differenti. La logica fuzzy dovrebbe contribuire a
trovare un equilibrio nella spiegazione e rilevazione di un oggetto di studio se
utilizzata tenendo conto della logica ad essa sottostante e delle applicazioni empiriche
che da essa si può trarre. Questo in termini empirici può significare ad esempio dare
rilievo alle mono e bivariate prima di procedere ad analisi multidimensionali al fine
di avere un quadro equilibrato del fenomeno. La fuzzy consente attraverso la
rilevazione delle graduazioni e dell’overlapping di dare maggiore rilievo a questo
aspetto.
La costruzione e somministrazione della scala Likert su segmento insieme alla Likert
classica ha portato a considerare l’importanza dello strumento e della tipologia di
presentazione e chiusura nella rilevazione degli atteggiamenti e nella loro
esplicitazione ed a volte costruzione da parte degli intervistati. La posizione sui
diversi item ed il profilo sull’atteggiamento risulta spesso differente tra le due
modalità di rilevazione e questo può essere come abbiamo visto dovuto anche al
150
cambio di chiusura di risposta che può avere indotto una maggiore riflessione o una
diversa percezione della gradazione di accordo ed in alcuni casi una diversa
percezione della domanda stessa.
In ogni caso la rilevazione tramite continuo richiede all’intervistato un maggiore
sforzo ed è di per se uno strumento che consente la graduazione dell’espressione del
grado di accordo/disaccordo. In questo senso l’uso della fuzzy analisi può essere
applicato nelle rilevazioni degli atteggiamenti a tutte le scale che utilizzano (con
modalità differenti) il continuo.
In ultimo la logica fuzzy o flou o sfumata può trovare applicazione differenti da
quella proposta nella ricerca sociale sia nell’indagine quantitativa che qualitativa
visto che uno dei punti forti della fuzzy è di usare la precisione della matematica per
trattare l’imprecisione della realtà attraverso algoritmi il meno complessi possibile.
Interessanti suggerimenti provengono in tal senso dalla semiologia e dallo studio
delle corrispondenze tra testi tradotti in più lingue differenti dove ad essere graduate
sono le differenze di espressioni e quindi di significato esistenti tra le differenti
traduzioni e l’originale. Interessante la graduazione della comprensione dei testi
rispetto al senso che l’autore voleva dare al testo, usata con diversi mezzi di
comunicazione, la graduazione tra memoria/ricordo e realtà utilizzata sotto altro
nome nelle discipline storiche ma formalizzabile attraverso la fuzzy analisi. L’utilizzo
di mappe cognitive logiche che possono affiancarsi ai modelli logici causali quali il
LISREL o alla metodologia povera di Bruschi oppure nello studio di simulazioni
meno deterministiche e bivalenti di quelle utilizzate. La versatilità della logica e
dell’analisi fuzzy però non deve far dimenticare che l’utilizzo di tale strumento così
come per le altre logiche, metodi e tecniche esistenti non può essere la risposta
universale ad ogni problema di ricerca ma solo un qualcosa che si affianca a quanto
già utilizzato e che deve trovare un utilizzo coerente e consapevole da parte del
ricercatore.
151
APPENDICE II
Tabella di Correlazione tra gli item segmento-punteggi discreti
V1&v1 seg
V2&v2 seg
V3&v3 seg
V4&v4 seg
V5&v5 seg
V6&v6 seg
V7&v7 seg
V8&v8 seg
V9&v9 seg
V10&v10 seg
V11&v11 seg
V12&v12 seg
V13&v13 seg
V14&v14 seg
V15&v15 seg
V16&v16 seg
V17&v17 seg
V18&v18 seg
V19&v19 seg
V20&v20 seg
V21&v21 seg
V22&v22 seg
V23&v23 seg
V24&v24 seg
V25&v25 seg
V26&v26 seg
V27&v27 seg
V28&v28 seg
Scelta facoltà per le materie trattate
Scelta della facoltà per sbocchi professionali
Scelta della facoltà su consiglio della famiglia
Scelta della facoltà su consiglio degli amici
152
0,88
0,53
0,61
0,43
0,75
0,65
0,67
0,69
0,62
0,27
0.77
0,44
0,70
0,65
0,72
0,57
0,37
0,26
0,57
0,63
0,73
0,68
0,47
0,68
0,58
0,70
0,52
0,78
0,86
0,81
0,89
0,84
Test Attendibilità interna
Scale Mean if
Item Deleted
la statistica non mi piace seg
mi senti insicuro quando devo
risolvere un problema di
statistica seg
mi sento frustrato quando
devo affrontare un esercizio di
statistica in classe seg
mi sento stressato durante le
ore dei corsi di statistica seg
mi diverte frequentare i corsi
di statistica seg
la statistica mi spaventa seg
Scale
Variance if
Item
Deleted
Corrected
Item-Total
Correlation
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
21,4149
101,803
,448
,799
22,2537
99,920
,532
,780
23,1149
93,106
,670
,748
23,1552
91,975
,686
,744
21,2791
106,512
,391
,810
22,8418
92,236
,655
,751
Item-Total Statistics
la statistica è inutile seg
il mio tirocinio professionale
non richiederà conoscenze di
statistica seg
la conoscenza della statistica
non mi aiuterà a cercare
lavoro seg
la statistica non è utile per le
professioni comuni seg
i ragionamenti statistici non
sono applicabili nella vita
quotidiana al difuori del
lavoro seg
non uso la statistica nella vita
di tutti i giorni seg
le conclusioni statistiche si
presentano raramente nella
vita di tutti i giorni seg
nella mia professione non
applicherò mai la statistica seg
la statistica è irrilevante per la
mia vita seg
153
Scale
Mean if
Item
Deleted
32,6559
Scale
Variance
if Item
Deleted
88,195
Corrected
Item-Total
Correlation
,525
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
,581
29,5254
115,098
-,082
,709
29,1220
115,278
-,106
,728
31,4814
90,672
,384
,613
32,3678
91,336
,527
,586
28,8678
96,103
,315
,630
31,5085
87,568
,581
,570
32,0424
92,569
,442
,602
32,0898
85,080
,592
,563
Item-Total Statistics
Scale
Mean if
Item
Deleted
Scale Variance
if Item
Deleted
Corrected
Item-Total
Correlation
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
la statistica è una materia
complicata seg
33,2838
58,596
,094
,654
la statistica è una materia che
la maggior parte delle persone
apprende lentamente seg
32,8338
48,235
,394
,538
imparare la statistica richiede
molta dedizione seg
32,0456
53,044
,287
,582
la statistica comporta molti
calcoli seg
33,1824
46,023
,508
,491
la statistica è particolarmente
tecnica seg
32,9882
48,922
,460
,516
33,8574
47,648
,334
,566
molte persone devono
imparare un nuovo modo di
pensare per imparare la
statistica
Item-Total Statistics
Scale Mean if
Item Deleted
Scale
Variance if
Item Deleted
Corrected
Item-Total
Correlation
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
ho problemi a capire la
statistica seg
25,7922
82,628
,448
,662
le formule di statistica
non sono semplici da
capire seg
24,2750
92,583
,300
,699
non ho idea di come
funzioni la statistca seg
27,3719
88,750
,465
,661
faccio molti errori
matematici in statistica
seg
25,5922
91,272
,281
,706
non riesco ad imparare la
statistica seg
25,9406
85,323
,430
,667
capisco le formule
statistiche seg
26,0500
80,624
,613
,622
trovo molto difficile
comprendere i concetti
statistici
25,3063
84,825
,397
,677
154
Item-Total Statistics
Scale Mean if
Item Deleted
17,04
Scale
Variance if
Item Deleted
40,225
Corrected
Item-Total
Correlation
,529
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
,709
mi sento insicuro quando
devo risolvere un
problema di statistica
17,84
45,594
,314
,766
mi sento frustrato quando
devo affrontare un
esercizio di statistica in
classe
18,72
41,146
,591
,695
mi sento stressato nelle
ore di statistica
18,64
39,991
,600
,691
la statistica mi spaventa
18,22
39,055
,554
,702
non mi piace frequentare i
corsi di statistica
16,48
44,071
,399
,744
la statistica non mi piace
Item-Total Statistics
Scale Mean if
Item Deleted
26,31
Scale
Variance if
Item Deleted
44,685
Corrected
Item-Total
Correlation
,379
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
,660
la statistica non è utile per
le professioni comuni
25,37
48,455
,153
,709
i ragionamenti statistici non
sono applicabili nella vita
quotidiana al di fuori del
lavoro
26,08
43,635
,496
,638
le conclusioni statistiche si
presentano raramente nella
vita di tutti i giorni
25,88
48,735
,263
,681
nella mia professione non
applicherò mai la statistica
25,88
42,516
,547
,627
la statistica è irrilevante per
la mia vita
26,00
45,875
,382
,660
non uso la statistica nella
vita di tutti i giorni
22,95
47,638
,270
,680
il mio tirocinio professionale
non richiederà conoscenze
statistiche
23,66
44,196
,340
,669
24,58
40,872
,485
,635
la statistica è inutile
la conoscenza della
statistica non mi aiuterà a
trovare lavoro
155
Item-Total Statistics
Scale Mean if
Item Deleted
Scale
Variance if
Item Deleted
Corrected
Item-Total
Correlation
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
la statistca è una materia
complicata
23,02
23,831
,495
,569
la statistica è una materia
che la maggior parte delle
persone apprende
lentamente
22,85
28,992
,214
,673
imparare la statistica
richiede molta dedizione
22,11
26,035
,478
,583
la statistica comporta molti
calcoli
23,12
25,400
,470
,583
la statistica è
particolarmente tecnica
22,76
25,725
,523
,569
molte persone devono
imparare un nuovo modo
di pensare per imparare la
statistica
23,27
28,571
,197
,685
Item-Total Statistics
Scale Mean if
Item Deleted
Scale
Variance if
Item Deleted
Corrected
Item-Total
Correlation
Cronbach's
Alpha if Item
Deleted
ho problemi a capire la
statistica seguendo il
mio modo di ragionare
20,09
44,380
,454
,744
non ho idea di come
funzioni la statistica
21,21
50,524
,379
,757
faccio molti errori
matematici in statistica
19,76
45,436
,430
,749
trovo difficile
comprendere i concetti
della statistica
19,97
46,686
,440
,746
non riesco ad imparare
la statistica
19,85
39,053
,689
,688
non capisco le formule
statistiche
19,54
40,282
,641
,701
le formule statistiche
sono difficili da capire
18,63
47,221
,371
,760
156
ACP
Matrice fattoriale Varimax punteggi discreti
mi sento insicuro quando devo risolvere un problema di statistica
ho problemi a capire la statistica seguendo il mio modo di ragionare
la statistica è inutile
la statistica è una materia complicata
non ho idea di come funzioni la statistica
la statistica non è utile per le professioni comuni
mi sento frustrato quando devo affrontare un esercizio di statistica in
classe
i ragionamenti statistici non sono applicabili nella vita quotidiana al di
fuori del lavoro
mi sento stressato nelle ore di statistica
le conclusioni statistiche si presentano raramente nella vita di tutti i
giorni
la statistica è una materia che la maggior parte delle persone apprende
lentamente
imparare la statistica richiede molta dedizione
nella mia professione non applicherò mai la statistica
faccio molti errori matematici in statistica
la statistica mi spaventa
la statistica comporta molti calcoli
la statistica è irrilevante per la mia vita
la statistica è particolarmente tecnica
trovo difficile comprendere i concetti della statistica
molte persone devono imparare un nuovo modo di pensare per imparare
la statistica
la statistica non mi piace
le formule statistiche sono difficili da capire
il mio tirocinio professionale non richiederà conoscenze statistiche
la conoscenza della statistica non mi aiuterà a trovare lavoro
non uso la statistica nella vita di tutti i giorni
non mi piace frequentare i corsi di statistica
non riesco ad imparare la statistica
non capisco le formule statistiche
157
Component
1
2
,047
,658
,266
,671
,209
,015
,143
,642
,141
,131
,417
3
,079
,027
,406
,116
,564
,221
,449
,389
,604
,178
,381
,511
,247
,109
,073
,015
,265
,433
,134
,380
,304
,510
,135
,790
,001
,378
,084
,300
,452
,148
,025
,625
,643
,188
,083
,313
,041
,014
,009
,006
,598
,305
,408
,045
,482
,736
,025
,225
,482
,800
,103
,282
,793
,737
,136
,272
,092
,160
,085
,133
,398
,058
,019
,162
,635
,569
,091
,605
,675
,154
,120
,105
,019
Matrice fattoriale varimax segmento
la statistica non mi piace seg
mi senti insicuro quando devo risolvere un problema di statistica seg
ho problemi a capire la statistica seg
le formule di statistica non sono semplici da capire seg
la statistica è inutile seg
la statistica è una materia complicata seg
il mio tirocinio professionale non richiederà conoscenze di statistica seg
la conoscenza della statistica non mi aiuterà a cercare lavoro seg
non ho idea di come funzioni la statistca seg
la statistica non è utile per le professioni comuni seg
mi sento frustrato quando devo affrontare un esercizio di statistica in classe seg
i ragionamenti statistici non sono applicabili nella vita quotidiana al difuori del lavoro seg
non uso la statistica nella vita di tutti i giorni seg
mi sento stressato durante le ore dei corsi di statistica seg
Non mi diverte frequentare i corsi di statistica seg
le conclusioni statistiche si presentano raramente nella vita di tutti i giorni seg
la statistica è una materia che la maggior parte delle persone apprende lentamente seg
imparare la statistica richiede molta dedizione seg
nella mia professione non applicherò mai la statistica seg
faccio molti errori matematici in statistica seg
la statistica mi spaventa seg
la statistica comporta molti calcoli seg
non riesco ad imparare la statistica seg
Non capisco le formule statistiche seg
la statistica è irrilevante per la mia vita seg
la statistica è particolarmente tecnica seg
trovo molto difficile comprendere i concetti statistici
molte persone devono imparare un nuovo modo di pensare per imparare la statistica
158
1
,107
,766
,389
,068
-,255
,299
-,280
,488
,457
,076
,732
,046
-,020
,702
,165
,078
,595
,488
-,083
,439
,697
,443
-,078
,143
,151
,367
,574
,442
Component
2
,646
,188
,450
,581
,167
,389
-,224
,132
,254
,248
,218
-,001
,436
,136
,733
-,118
-,309
-,542
,031
-,050
,290
-,214
,777
,850
-,037
-,364
,176
,004
3
,441
,065
,205
-,249
,672
,006
,048
-,206
,471
,379
,260
,731
,306
,305
-,004
,726
-,159
-,068
,762
,245
,306
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,073
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