La Motivazione degli Individui per
il Miglioramento
delle Prestazioni
Anno Accademico
2006-2007
1
La definizione di motivazione

La motivazione può essere definita
come tutto ciò che spinge i lavoratori a
mettere in atto un determinato
comportamento organizzativo finalizzato
a una determinata performance.
2
…quindi

Per motivazione si intende un complesso
sistema di spinte, energie, bisogni, desideri,
passioni, forza di volontà e influssi
emozionali, che possono manifestarsi
congiuntamente o singolarmente, con
consistenza variabile da individuo a individuo,
la direzione e l’intensità dell’agire umano.
3
La complessità della motivazione
5 elementi caratterizzanti
4
Primo elemento

La motivazione non è
definitiva ma assume
determinate direzioni e
intensità in funzione della
realtà vissuta e della
percezione di essa
5
Secondo elemento

La motivazione non è
continua in quanto
dipende dalla
soddisfazione di un
particolare bisogno o dal
raggiungimento di un
determinato obiettivo
6
Terzo elemento

La motivazione non è
oggettiva perché dipende
dal peculiare patrimonio
percettivo, emotivo e
caratteriale dell’individuo.
7
Quarto elemento

La motivazione non è
generalizzabile poiché ciò
che può essere motivante
per un individuo, può
lasciare in uno stato di
indifferenza un altro
individuo.
8
Quinto elemento

La motivazione è
difficilmente misurabile
poiché spesso non è
direttamente osservabile.
9
Il circolo della motivazione
1
La tensione
2
La ricerca
4
La scoperta
3
La soddisfazione
La motivazione può essere schematizzata, a
prescindere dall’azione, attraverso un
percorso circolare che si rinnova ogni volta
che si attua un particolare comportamento.
10
Prima fase: la tensione
Autorealizzazione
Stima
Socialità
Sicurezza
Fisiologici

L’input della motivazione
nasce dalla percezione di
uno stato di tensione
dovuto all’emergere di un
bisogno.
11
Seconda fase: la ricerca

L’individuo va alla
ricerca dei mezzi
strumentali per
soddisfare il suo
bisogno, adottando
tutta una serie di
comportamenti che
ritiene in linea per
appagare la propria
soddisfazione.
12
Terza fase: la soddisfazione

Nel momento in cui lo
stato di insoddisfazione
viene colmato, l’individuo
vive uno stato di appagamento che si sostituisce
all’iniziale condizione di
tensione, ovvero la forza
generativa dell’intero
processo.
13
Quarta fase: la scoperta

L’appagamento ha
una natura
temporanea. Per
questo l’individuo,
una volta soddisfatto
un bisogno, rivaluta
la propria posizione
determinando la
scoperta di nuovi
bisogni.
14
Due implicazioni

Il percorso
motivazionale è
quindi …..
….. circolare …..
e …..
….. dinamico.
15
La classificazione delle teorie
motivazionali
Tre famiglie di teorie motivazionali:

Teorie di contenuto: Cosa motiva l’individuo?

Teorie di processo: Come motivare l’individuo?

Teorie pragmatiche: Come sviluppare e facilitare
la motivazione dell’individuo?
16
Le teorie di contenuto



La teoria di Maslow: la
piramide dei bisogni
La teoria di McClelland
La teoria di Alderfer
17
Le teorie di contenuto:
la piramide dei bisogni di Maslow




Risale al 1954 (“Motivation and Personality”)
E’ il punto di partenza di tutti gli studi e le teorie
sulla motivazione
Ruota attorno alla centralità dei bisogni come
determinante dei comportamenti
Considera una scala gerarchica dei bisogni legati
dal fatto che un bisogno di carattere superiore può
emergere solo quando tutti i bisogni di carattere
inferiore sono stati soddisfatti.
18
La piramide dei bisogni (Maslow):
tre spunti di riflessione (1/3)
1. L’individuo è motivato nella
sua interezza e non in
determinate parti di sé. Ciò
vuol dire che l’individuo
convoglierà tutte le risorse
verso un determinato
bisogno.
19
La piramide dei bisogni (Maslow):
tre spunti di riflessione (2/3)
2. I bisogni avvertiti sono
strumentali al
raggiungimento di una
finalità di portata più ampia.
Ciò vuol dire che gli individui
avvertono sostanzialmente
gli stessi bisogni.
Cosa cambia allora tra individui? Il modo in cui
si soddisfano gli stessi bisogni.
Esempio: il bisogno di stima.
20
La piramide dei bisogni (Maslow):
tre spunti di riflessione (3/3)
3. Il comportamento dell’individuo
non può essere pensato
esclusivamente come
conseguenza delle spinte
motivazionali, ma vede anche
nelle forze ambientali un
fattore determinante.
21
La piramide dei bisogni (Maslow)
Autorealizzazione
Stima
Socialità
Sicurezza
Fisiologici
22
Alcune indicazioni

La piramide dei bisogni di Maslow oggi va
interpretata in maniera flessibile sia per
quanto riguarda gli elementi che
appartengono alle diverse categorie, che in
termini di ordine dei bisogni.
23
Teorie di Processo:
la teoria di Vroom


Si focalizzano sui meccanismi
e dinamiche del processo con
cui la motivazione si
manifesta
Si passa da una dimensione
macro (i bisogni) a una
dimensione di dettaglio
(le dinamiche che
determinano un bisogno) 24
Le teorie classiche
Vs le teorie processive



Non sono da intendersi come antitetiche, ma
complementari
C’è connessione sequenziale, ma non è la sola
Le teorie processive mirano a illuminare le dinamiche
rivelatrici partendo da una condivisione delle
conclusioni delle teorie classiche
25
La teoria di Vroom (1/7)

La necessità non è il solo
elemento che innesca le spinte
motivazionali:
è necessario avere una
speranza ragionevole circa
l’effettivo raggiungimento dei
risultati
26
La teoria di Vroom (2/7)
Motivazione = (A)*(V)*(S)
A = aspettativa
V = valenza
S = strumentalità
27
La teoria di Vroom (3/7)




L’aspettativa si riferisce alle
probabilità di successo che
l’individuo associa a un
determinato comportamento
Non esprime un legame tra
perseveranza e risultato
È una valutazione soggettiva e
arbitraria
Incide sul livello di fiducia di un
individuo (quindi ha una relazione
positiva e diretta con il
conseguimento di un risultato)
28
La teoria di Vroom (4/7)


La valenza si riferisce
all’attrattività dei risultati da
raggiungere, ponendo in essere
un determinato comportamento
È frutto anch’esso di una
valutazione soggettiva, anche se
è riconducibile, nel contesto
lavorativo, a elementi meno
disomogenei
29
La teoria di Vroom (5/7)



La strumentalità è un concetto
molto vicino al precedente
Si riferisce agli effetti che si
verificano in un secondo
momento in funzione del fatto
che l’obiettivo è stato centrato
La valenza è più “intangibile” ,
mentre la strumentalità è più
“tangibile”
30
La teoria di Vroom (6/7)





Vroom pone al centro della teoria il contesto
lavorativo
L’introduzione dell’aspettativa e della valenza
sottolinea la soggettività della motivazione
La valenza, comunque, appare meno
soggettiva
La strumentalità ancora meno soggettiva
Le possibili combinazioni appaiono comunque
“considerevoli”
31
La teoria di Vroom (7/7)

Implicazioni per la gestione
del personale:


La capacità di saper leggere
le percezioni dei propri
collaboratori per affidare
compiti, obiettivi e sfide in
maniera da generare un forte
impulso motivazionale
La capacità di monitorare i
tre elementi per minimizzare
il rischio che uno di essi sia
nullo
32
Teorie Pragmatiche:
la teoria di Mc Gregor


Nascono dagli assunti della scuola
della New Human Relations e si
concentrano in un periodo
temporale molto concentrato ( ’50’60)
Presentano due elementi distintivi:
1.l’ancoraggio totale, esplicito e
diretto della motivazione al
contesto organizzativo
2.la sorprendente attualità e
applicabilità
33
I modelli pragmatici (1/2)



Queste teorie vedono i lavoratori e l’impresa
non come antitetici e orientati alla mediazione,
ma come elementi integrati dello stesso
contesto che interagiscono in modo sistematico
Si focalizzano sulla crescita reciproca degli
individui e dell’organizzazione (centralità delle
risorse umane)
Sono molto “pratiche”.
34
I modelli pragmatici (2/2)
Il percorso
modelli
classici
modelli
processuali
modelli
pragmatici
35
La teoria di McGregor (1/5)

Modello gerarchico dei
bisogni:





necessità fisiologiche
esigenze di protezione
bisogni sociali
esigenze egoistiche
bisogni di autorealizzazione
36
La teoria di McGregor (2/5)
La teoria X Vs la teoria Y

Il lavoratore ha
un’innata antipatia
per il lavoro, sfugge
alle responsabilità,
preferendo ruoli
prescritti,
privilegiando la
sicurezza e non
avendo ambizioni
X

Y
Il lavoratore ha
consapevolezza di
vedere il proprio
lavoro come il tramite
per la propria
realizzazione, tanto da
perseguire gli obiettivi
in maniera naturale
37
La teoria di McGregor (3/5)
La gestione del personale:
teoria X Vs teoria Y

X
La gestione del personale
è vista come un’attività
sostanzialmente
amministrativa, il cui
compito principale è
quello di programmare e
formalizzare il lavoro in
modo dettagliato (visione
meccanica)

Y
La gestione del
personale è quello di
sviluppare un ambiente
di lavoro che garantisca
la possibilità di questa
realizzazione tanta cara
al al lavoratore (visione
organica)
38
La teoria di McGregor (4/5)
La motivazione:
teoria X Vs teoria Y

X
La teoria X non riconosce
alcuna valenza al
fenomeno motivazionale
poiché, a monte palesa
sostanzialmente
l’incapacità di accorgersi
che i lavoratori sono prima
esseri umani

Y
La teoria Y, prendendo
consapevolezza delle
delle maggiori
potenzialità di risultato
insite nella complessità
della natura umana,
enfatizza la centralità
delle leve motivazionali
39
La teoria di McGregor (5/5)
Lo stile di direzione:
teoria X Vs teoria Y

Riconduce gli strumenti
motivanti esclusivamente
al denaro e alla sicurezza
dell’ambiente lavorativo,
mentre le esigenze
aziendali sono garantite
da controlli e procedure
rigide
X

Y
I sistemi di controllo sono
meno invasivi, il denaro e
la sicurezza non sono i soli
input motivazionali, ma
giocano un ruolo
significativo lo sviluppo, la
crescita professionale, le
sfide lavorative e il clima
relazionale
40
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La teoria di McGregor