Risparmio gestito: mini-guida per la tassazione Introduzione Per il 2008 era prevista l’armonizzazione del prelievo sulle rendite finanziarie, che innalzava al 20 per cento (contro l’attuale 12,5 per cento) l’aliquota fiscale su bot, cct, btp, nonché su tutte le obbligazioni private e sui guadagni derivanti dalla compravendita di azioni. Contemporaneamente veniva abbassata dal 27 al 20 per cento l’imposta sui conti correnti e i depositi in genere (v. articolo). I motivi per unificare il tutto in un’unica aliquota non sono tanto quelli di recuperare gettito, quanto quelli di rendere più coerente e razionale il sistema di imposizione diretta dei redditi. La scelta di una aliquota intermedia, fra le due attualmente esistenti (12,5% e 27%) è motivata dalla volontà di ridurre la distanza fra il prelievo sui redditi finanziari, da un lato, e quello sui redditi di lavoro (tassati con le aliquote Irpef dal 23 al 43 per cento) e delle società di capitali (tassati con l’Ires al 33 per cento e l’Irap al 4,25 per cento), dall’altro. I redditi di capitale e diversi (interessi, dividendi e plusvalenze) percepiti da una persona fisica sono tassati con una imposta sostitutiva dell'Irpef, prelevata alla fonte con l'aliquota del 27 per cento per i depositi e conti correnti bancari e postali e sulle obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi Sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a diciotto mesi, l'aliquota è invece il 12,5% e questo vale anche per i dividendi e plusvalenze, purchè l'azionista non detenga partecipazioni qualificate. L'aliquota del 12,5 per cento è applicata anche al risultato netto di gestione dei fondi comuni e delle gestioni patrimoniali. Principi Generali: Regimi di tassazione delle rendite finanziarie Gli artt. 5, 6 e 7 D.lgs. n. 461/97 prevedono tre metodi alternativi di applicazione dell'imposta sostitutiva. L'art. 5 disciplina il cd. regime di dichiarazione, che prevede la tassazione dei redditi diversi al momento del loro realizzo, attraverso l'assoggettamento ad un'imposta sostitutiva dovuta dal contribuente direttamente in sede di dichiarazione. L'art. 6 disciplina il cd. regime amministrato, in cui l'imposta sostitutiva viene assolta tramite l'intermediario al momento del realizzo di ciascuna plusvalenza. Infine l'art. 7 ha introdotto il cd. regime di gestione, in cui la tassazione dei redditi diversi e dei redditi di capitale è effettuata a monte sul risultato di gestione individuale (derivi esso da redditi di capitale o diversi) e il contribuente non è assoggettato ad alcuna imposizione alla fonte. La scelta tra i diversi regimi deve essere fatta in sede di firma del contratto. E’ possibile cambiarla entro l’anno solare dalla sottoscrizione iniziale ed il cambiamento avrà valore dall’anno fiscale successivo Il regime della dichiarazione E’ il contribuente che, perdendo l’anonimato sugli investimenti eseguiti, calcola la base imponibile e l’imposta sui realizzi (riquadro apposito in dichiarazione). Vi sono due aliquote: - 12.5% per le partecipazioni non qualificate - 27% per le partecipazioni qualificate. E’ possibile, nell’ambito delle rendite finanziarie compensare le minusvalenze con le plusvalenze, e le eventuali minusvalenze possono venire riportate per gli anni successivi fino al quarto, quando decadono[1]. È caratterizzato dalla tassazione "al realizzo" dei redditi diversi con imposta sostitutiva dovuta dal contribuente in dichiarazione, dalla compensazione fra plusvalenze e minusvalenze con possibilità di riportare a nuovo le eventuali minusvalenze eccedenti, dall'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore e del monitoraggio fiscale. Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva il contribuente deve determinare la base imponibile dell'imposta sostitutiva tenendo distinte le cessioni di partecipazioni qualificate dagli altri redditi diversi. In particolare, occorre effettuare la somma algebrica dei componenti di reddito riconducibili a ciascuna delle seguenti due tipologie: sulla prima - comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, si applica l'imposta sostitutiva con l'aliquota del 27%; sulla seconda - comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate e gli altri redditi diversi, si applica l'imposta sostitutiva con l'aliquota del 12,50%. Le predette plusvalenze e redditi devono essere indicati distintamente nella dichiarazione dei redditi. L'imposta sostitutiva complessivamente dovuta deve essere corrisposta mediante versamento diretto nei termini e nei modi previsti per il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi. Il regime del risparmio amministrato (valido solo per partecipazioni non qualificate, qualora gli strumenti finanziari siano in deposito presso un intermediario finanziario) In questa situazione viene preservato l’anonimato dell’investitore. La tassazione in questo caso avviene al momento del realizzo con aliquota del 12,5% sia sui redditi da capitale che sui redditi diversi. La tassazione avviene come imposta sostitutiva a carico dell’intermediario. Le minusvalenze eventuali possono essere compensate con le plusvalenze successivamente generate entro il quarto esercizio successivo a quello in cui le minusvalenze sono generate[2]. È caratterizzato anch'esso dalla tassazione "al realizzo" dei redditi diversi mediante applicazione dell'imposta sostitutiva su ogni singola operazione ad opera degli intermediari presso i quali i titoli o gli atri strumenti finanziari sono depositati, dall'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore, dall'esclusione del monitoraggio fiscale. L'opzione per l'applicazione del regime amministrato non può essere esercitata con riferimento alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate e a quelle relative a depositi in valuta. L'opzione si riferisce alle singole plusvalenze realizzate e può essere esercitata a condizione che i titoli, le quote o i certificati siano in custodia o in amministrazione presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri soggetti individuati in appositi decreti del Ministro del Tesoro e delle Finanze. Con decreto ministeriale sono stati individuati, tra gli intermediari abilitati, anche le società fiduciarie, gli agenti di cambio e le Poste S.p.A. per i titoli dalle stesse collocati. Il contribuente può esercitare l'opzione mediante comunicazione sottoscritta contestualmente al conferimento dell'incarico all'intermediario e all'apertura del deposito o conto corrente. L'opzione ha effetto per tutto il periodo d'imposta e può essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Le banche, le SIM e gli altri soggetti autorizzati applicano in tal modo l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento su ogni singola plusvalenza, differenziale positivo o provento percepito dal contribuente. Assumono, inoltre, rilevanza, in tale sistema le minusvalenze e le perdite realizzate nell'ambito delle singole operazioni: l'intermediario le computa in diminuzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze o dai proventi realizzati nelle successive operazioni riconducibili al medesimo rapporto effettuate nello stesso periodo d'imposta e nei successivi, ma non oltre il quarto. Il contribuente che revochi l'opzione o chiuda il rapporto con l'intermediario, può recuperare le minusvalenze: - portandole in deduzione in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi; - portandole in deduzione dalle plusvalenze o proventi realizzati nell'ambito di un altro rapporto di amministrazione per il quale eserciti l'opzione. L'intermediario è tenuto a rilasciare al contribuente apposita certificazione contenente i dati necessari per consentire la deduzione delle minusvalenze. Il regime di risparmio gestito (un opzione[3] per le gestioni patrimoniali individuali, ovvero per sicav, fondi comuni di diritto italiano o lussemburghesi storici. Inapplicabile per partecipazioni qualificate[4]). È un regime di tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria che si fonda sul criterio della maturazione (e che, quindi, comporta una anticipazione dell'imposizione rispetto ai regimi della dichiarazione e del risparmio amministrato, i quali si basano invece sull'opposto criterio del realizzo). Optando per tale regime, l'imposta sostitutiva non viene applicata sulle singole plusvalenze e altri redditi diversi realizzati nell'ambito della gestione, ma sul risultato di gestione maturato al termine di ciascun periodo d'imposta, ad opera di un intermediario abilitato al quale il contribuente abbia conferito l'incarico di gestire masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o da beni non relativi all'impresa. Tale regime non può trovare applicazione per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, titoli o diritti rappresentativi di una partecipazione qualificata. Infatti, per queste ultime, la legge prevede soltanto l'assolvimento delle imposte con la dichiarazione annuale dei redditi. L'applicazione di tale regime comporta, inoltre, l'esclusione del meccanismo dell'equalizzatore e del monitoraggio fiscale[5]. La tassazione sul risultato di gestione maturato nel periodo d'imposta, prevede che sia i redditi diversi che i redditi di capitale conseguiti nella gestione e imputati al patrimonio gestito siano assoggettati a tassazione in base al risultato complessivo maturato, con applicazione dell'imposta sostitutiva con l'aliquota del 12,50% ad opera del gestore; è, inoltre, consentito, compensare i risultati negativi complessivi di un periodo d'imposta con quelli positivi dei periodi successivi. Sono esclusi dal risultato di gestione i redditi esenti, esclusi da tassazione o soggetti a ritenuta a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva, per i quali rimane fermo il trattamento fiscale previsto specificamente. Il contribuente può esercitare l'opzione mediante comunicazione sottoscritta rilasciata al soggetto gestore all'atto della stipula del contratto e, nei casi di rapporti già in essere, prima dell'inizio del periodo d'imposta. L'opzione è vincolante per tutto il periodo d'imposta e può essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Nel caso in cui in un anno il risultato della gestione dovesse risultare negativo, l'importo corrispondente può essere computato in diminuzione del risultato di gestione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto. Non è invece consentito portare tale perdita in diminuzione del risultato positivo conseguito nello stesso periodo d'imposta in altre gestioni. Il risultato negativo della gestione che risulta alla conclusione del contratto, appositamente certificato dal gestore, può essere utilizzato in dichiarazione o in altro rapporto amministrato intestato allo stesso contribuente. L'imposta sostitutiva del 12,50 dovuta sul risultato maturato della gestione viene prelevata e versata dal soggetto gestore. Qualora non vi siano le disponibilità liquide necessarie per eseguire il versamento dell'imposta, il soggetto gestore può effettuare disinvestimenti di strumenti finanziari presenti nel patrimonio gestito, salvo che il contribuente non fornisca le somme necessarie. Alla chiusura di un contratto che usufruisce del regime fiscale di risparmio gestito l’investitore può utilizzare le eventuali minusvalenze per compensare plusvalenze in altri rapporti con una qualunque delle forme di tassazione possibile (altro contratto in regime gestito o amministrato oppure regime dichiarativo, purché l’intestazione sia medesima) [6]. All’interno di tele categoria merita una trattazione più ampia il trattamento fiscale dei proventi derivanti dal possesso di quote di fondi comuni, regolato dagli Artt. 8 e 9 del Decreto Legislativo del 21/11/1997 n. 461. La tassazione dei fondi comuni di investimento e degli ETF Il Decreto Legislativo n. 58/98 definisce il fondo comune di investimento come "il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti gestito in monte". Si possono pertanto definire come enti di intermediazione finanziaria che hanno lo scopo di investire in titoli azionari, obbligazionari e titoli di Stato le quote raccolte presso il pubblico dei risparmiatori. Ai sottoscritti vengono rilasciati dei certificati detti parti (la quota è la frazione di patrimonio unitaria del fondo di investimento ed ha un valore che cambia nel tempo in relazione all'andamento dei titoli nei quali il fondo investe). Il regime fiscale dei fondi immobiliari ha subito diverse e rilevanti modifiche nel corso degli ultimi anni trovando compimento da ultimo con la Legge finanziaria 2006 (L.23.12.2005, n.266 in S.O. n. 211/L G.U. n 29.12.2005 n. 302) in tema di modalità operative di applicazione della ritenuta del 12,50% sui proventi derivanti da tali forme di investimento. L’art. 1, c. 481 della finanziaria 2006 ha difatti integrato le disposizioni contenute nell’art. 7 del D.L. 25.09.2001, n. 351 (L. 23.11.2001, n. 410) riguardanti i soggetti tenuti ad operare la ritenuta sui redditi di capitale ritratti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliari, con la previsione di un nuovo obbligo per gli intermediari depositari delle quote di detti fondi. Dal 1° gennaio 2006, data di entrata in vigore della legge (art. 1 c. 612), nel caso in cui queste ultime siano immesse in un sistema di deposito accentrato (art. 80 D.lgs. 24.02.1998 n. 58 –TUF) l’obbligo di applicazione della ritenuta in questione (se dovuta) grava sugli intermediari, direttamente o indirettamente aderenti al suddetto sistema di deposito accentrato, presso i quali le quote stesse siano state depositate. Non è più quindi come in precedenza esclusivamente la società di gestione del risparmio SGR (istitutrice del fondo immobiliare) il soggetto titolato ad applicare il prelievo, questo anche in considerazione della circostanza per cui nel caso di specie sono di fatto gli intermediari depositari delle quote i soggetti meglio in grado di identificare in ogni momento i possessori delle stesse, accertandone la titolarità in funzione del compiuto adempimento degli obblighi di sostituto d’imposta. Il riferimento ai soggetti che, direttamente o indirettamente, aderiscono al sistema di deposito accentrato comporta altresì che tenuto ad applicare la ritenuta sia comunque l’intermediario finanziario (banca, SGR, Sim, fiduciaria) presso il quale la clientela titolare delle quote abbia instaurato il rapporto di custodia o gestione, anche nel caso in cui quest’ultimo non dovesse aderire direttamente ma solo indirettamente mediante sub-deposito presso altro intermediario al sistema di deposito accentrato (disposizioni specifiche sono poi dettate per gli intermediari non residenti depositari delle quote direttamente od indirettamente aderenti). Tale nuova previsione normativa si pone in linea con altre scelte già operate in materia dal legislatore, quale ad esempio lo schema applicativo riguardante il regime di tassazione dei dividendi su azioni immesse nel sistema Monte Titoli S.p.A (art. 27-ter D.P.R. 29.09.1973, n. 600), fermo restando che comunque nel caso in cui le quote non dovessero essere immesse in un sistema di deposito accentrato l’obbligo di applicazione della ritenuta continua a gravare esclusivamente sulla SGR istitutrice del fondo. Con riferimento all’ambito di applicazione della ritenuta in oggetto, questa si opera sull’ammontare dei proventi, qualificati quali redditi di capitale (art. 44 c. 1 lett. g D.P.R. 22.12.1986, n. 917 - TUIR) riferibili a ciascuna quota percepiti in costanza di partecipazione al fondo nonché sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote ed il relativo costo di sottoscrizione od acquisto (documentato dal partecipante anche mediante dichiarazione sostitutiva). La ritenuta è operata a titolo di acconto se i proventi attengono a quote detenute nell’esercizio di attività d’impresa commerciale, nei confronti di imprenditori individuali, società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, società ed enti commerciali, società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, stabili organizzazioni di società ed enti non residenti. Si applica a titolo d’imposta nei confronti di tutti gli altri soggetti, compresi quelli esenti od esclusi dall’Ires, che in sostanza percepiscano i proventi al di fuori dell’attività di impresa commerciale quali persone fisiche, società semplici, associazioni e società equiparate, soggetti non residenti in genere. Non è invece operata sui proventi percepiti da forme di previdenza complementare (D.lgs. 21.04.1993, n. 124), O.I.C.R. organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia (D.lgs. 24.02.1998, n. 58) e soggetti esteri che beneficiano di esenzione residenti in paesi con scambio di informazioni (c.d. “white list” - D.M. 04.09.1996). Per quanto concerne invece gli utili e le perdite realizzati attraverso la negoziazione, nonché le perdite realizzate in sede di riscatto o liquidazione delle quote, gli stessi continuano a costituire redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze o minusvalenze) assoggettati alle ordinarie regole di tassazione previste per tali tipologie reddituali (D.lgs. 21.11.1997, n. 461). Non sono infine stati modificati gli obblighi di versamento della ritenuta e di comunicazione all’Amministrazione Finanziaria. Il versamento all’Erario della ritenuta operata deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di corresponsione del provento, mediante modello di pagamento Mod.F24 con codice tributo 1030, presso il concessionario della riscossione, banca convenzionata od ufficio postale. Per quanto concerne le comunicazioni dovute all’Amministrazione Finanziaria, nella dichiarazione del sostituto d’imposta mod. 770 ordinario, vanno segnalati nel Quadro SF i soggetti non residenti che abbiano beneficiato di esenzione e nei quadri SL ed SM, rispettivamente, con segnalazioni nominative i soggetti che hanno percepito i proventi con applicazione di ritenuta a titolo d’acconto e “per massa” gli importi complessivi dei proventi assoggettati invece a ritenuta a titolo d’imposta. Pertanto Il trattamento tributario connesso ai fondi comuni può essere articolato come segue: a) con riferimento al fondo comune b) con riferimento al partecipante del fondo Il calcolo delle imposte dovute è effettuato giornalmente ed immediatamente decurtato dal valore della quota. Il valore delle quote pubblicato, infatti, è al netto di tutte le spese e delle imposte. Questo significa che il risparmiatore che disinveste ricava un controvalore pari al numero delle quote moltiplicato il valore della quota del giorno del disinvestimento, senza, peraltro, dover adempiere ad alcun obbligo fiscale. Il trattamento tributario dei partecipanti al fondo La normativa vigente disciplina il trattamento tributario applicabile ai soggetti che hanno sottoscritto quote di fondi comuni fissando regole differenti a secondo che le partecipazioni siano assunte o meno nell’esercizio di imprese commerciali Imprese commerciali I proventi conseguiti nell'esercizio di attività di impresa commerciale derivanti dalle partecipazioni a fondi comuni concorrono a formare il reddito d’impresa dell'anno fiscale in cui vengono percepiti. L’imprenditore ha diritto ad un credito d’imposta pari al 15% dei proventi percepiti al fine di neutralizzare gli effetti della tassazione a monte che il contribuente subisce a causa dell’applicazione, da parte della società di gestione, dell’imposta sostitutiva. Soggetti residenti diversi Nell’ipotesi in cui la partecipazione ai fondi comuni non sia stata assunta nell’esercizio di imprese commerciali, i relativi proventi non concorrono a formare il reddito imponibile dei sottoscrittori. Questo regime fiscale, del tutto coerente con il sistema di tassazione dei redditi di natura finanziaria realizzati attraverso forme di investimento che garantiscono il pagamento a monte del debito d’imposta dovuto, trova applicazione solo nel caso in cui il contribuente si rivolga esclusivamente alla società di gestione per la sottoscrizione e il rimborso delle quote ai soggetti incaricati del collocamento e del rimborso delle stesse[7]. Soggetti non residenti I soggetti non residenti, in possesso dei requisiti di cui all'art. 6 del decreto legislativo 239/96, possono conseguire i proventi dei fondi comuni al lordo dell'imposta attraverso due strade distinte: • conseguono dal fondo i proventi al netto dell'imposta sostitutiva dovuta dal fondo e ricevono una somma corrispondente al 15% dei proventi erogati dal fondo (o dalla SICAV) che ha pagato l'imposta sostitutiva; • sottoscrivono fondi italiani specificamente dedicati a soggetti non residenti che non sono sottoposti ad imposta sostituiva sul risultato della gestione. Il trattamento tributario del fondo comune Il fondo comune non è soggetto passivo delle imposte sui redditi, ma è soggetto passivo dell’imposta sostitutiva nella misura del 12,50% del risultato della gestione del fondo maturato in ciascun anno( art 9 della legge 77/83). Il risultato di gestione di determina come segue: RISULTATO DI GESTIONE = (PN FINALE + RIMBORSI + PROVENTI DISTRIBUITI) (SOTTOSCRIZIONI + PN INIZIALE + ALTRI PROVENTI) Nel caso di fondi avviati o cessati nel corso dell’anno, si assume come patrimonio iniziale il patrimonio alla data di avvio del fondo ovvero come patrimonio finale il patrimonio alla data di cessazione. Il calcolo dell’imposta sostitutiva sugli incrementi del patrimonio deve essere effettuato con la stessa periodicità con la quale il gestore procede al calcolo del valore delle quote per la corretta valorizzazione delle stese in circolazione. La società di gestione versa l’imposta sostitutiva al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato, entro il 28 febbraio di ogni anno. L’eventuale risultato negativo della gestione può essere portato in diminuzione al risultato della gestione dei periodi di imposta successivi ovvero può essere utilizzato dalla SGR in riduzione del risultato della gestione degli altri fondi della stessa gestiti. In capo al fondo comune non si applicano: 1. la ritenuta del 27% sugli interessi e sugli altri proventi dei conti correnti bancari se la giacenza media annua risulta non superiore al 5% dell’attivo medio gestito; 2. la ritenuta del 12,50% sugli interessi e sugli altri proventi delle obbligazioni e dei titoli emessi all’estero con scadenza non inferiore ai 18 mesi nonché dei titoli emessi all’estero ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 28 settembre 1973, n. 601, indipendentemente dalla scadenza 3. la ritenuta del 12,50% sui proventi delle operazioni di prestito titoli e di pronti contro termine; 4. la ritenuta del 12,50% sui proventi da partecipazione a O.I.C.R. aperti di tipo armonizzati di diritto estero; 5. la ritenuta del 12,50% sugli utili in qualunque forma corrisposti, poiché concorrono a formare il risultato di gestione; 6. l’imposta sostitutiva sugli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni pubbliche e private di cui al D.lgs. 1 aprile 1996, n. 239. La normativa riguardante i fondi e le Sicav ammessi alla commercializzazione in Italia distingue due tipi di trattamento fiscale per i soggetti di diritto italiano e per quelli di diritto estero. I fondi di diritto italiano, sia armonizzati che non armonizzati UE, sono soggetti a una ritenuta d'imposta del 12,5%, calcolata sulla differenza tra valore iniziale e valore finale degli investimenti effettuati nel corso dell'anno. La tassazione colpisce l'incremento del patrimonio netto, cioè la sommatoria di tutte le variazioni positive e negative realizzate dal fondo durante l'anno e per questo definita "tassazione per competenza". Se, al contrario, il risultato lordo di gestione dovesse risultare negativo, le minusvalenze possono essere portate in detrazione d'imposta. La tassazione è imputata giornalmente sulla quota del fondo che risulta, pertanto, al netto del prelievo fiscale maturato fino a quel giorno. Il sottoscrittore è quindi esentato dalla dichiarazione ai fini fiscali di eventuali guadagni ottenuti, perché l'imposta è stata già pagata in via sostitutiva dalla società di gestione. Diversa è la disciplina per i fondi e le sicav di diritto estero, con la duplice distinzione tra armonizzati e non armonizzati. Esaminiamoli con ordine. Categorie E’ necessario suddividere le tipologie di fondi secondo le seguenti categorie: 1. Fondi Italiani 2. Fondi esteri 3. ETF italiani 4. ETF armonizzati 5. ETF non armonizzati 1. Fondi comuni di diritto italiano I proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi di investimento collettivo del risparmio italiani e dalla partecipazione ai «fondi lussemburghesi autorizzati» (cosiddetti "storici") non concorrono a formare il reddito complessivo dei partecipanti, a meno che non siano percepiti nell’esercizio di imprese commerciali (si veda l’articolo 9, comma 3, della legge 77/83; l’articolo 1, comma 2, delDlgs84/92;l’articolo 11,comma 4, del Dlgs 344/93 e l’articolo 11-bis, comma 4, del decreto legge 512/83). I proventi irrilevanti sono sia quelli percepiti nel corso del periodo d’investimento (è il caso in cui il fondo distribuisca utili) sia quelli compresi nel valore di riscatto o di cessione della quota, all’atto del disinvestimento. Lo si desume dall’articolo 45, comma 4-bis, del Testo unico. Simmetricamente, non concorrono a formare il reddito neppure le eventuali perdite conseguite in sede di rimborso delle quote sottoscritte. In tal senso si veda la circolare 165/E del 1998, paragrafo 1.2.2. Il motivo va ricercato nel fatto che il risultato di gestione del fondo è tassato all’origine in capo al fondo stesso e l’imposta sostitutiva( attualmente del 12,5%) è già computata a riduzione del valore della quota calcolato quotidianamente dalla società di gestione del fondo (cosiddetto Nav, Net asset value); come pure, se il fondo ha conseguito una perdita, essendo questa scomputabile da eventuali futuri proventi, senza limiti temporali, il valore della quota viene incrementato di una sorta di credito d’imposta pari al 12,5% della perdita, cosicché, all’atto del rimborso della quota, il beneficio fiscale derivante dalla perdita è già monetizzato nel valore di rimborso. Se la perdita venisse ammessa in deduzione anche in capo all’investitore si verificherebbe una doppia deduzione. Va notato che questo regime si applica a ogni tipo di organismo di investimento collettivo italiano, anche se la sua strategia di investimento o la sua forma giuridica lo rendono non conforme alla direttiva 85/611/CE (risoluzione 9 maggio 2000, n. 59/E). Consegue che, per gli investitori italiani, i fondi speculativi italiani appaiono più vantaggiosi dei corrispondenti fondi esteri i cui proventi sono tassati integralmente in capo al socio con aliquota progressiva. Il regime descritto si applica a prescindere dalle opzioni fiscali effettuate dal contribuente, cioè prescindendo dal fatto che le quote siano immesse in un dossier in regime di «risparmio amministrato», «gestito» o in regime «dichiarativo». Le conseguenze di questua tecnica di tassazione sono le seguenti: 1) eventuali proventi derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili per compensare eventuali perdite realizzate in dossier in regime amministrato o maturate in dossier in regime gestito o calcolate in sede di dichiarazione dei redditi; 2) eventuali perdite derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili per compensare eventuali proventi realizzate in dossier in regime amministrato o maturati in dossier in regime gestito o calcolati in sede di dichiarazione dei redditi. I fondi comuni di diritto italiano vengono tassati su base annuale. 2. Fondi esteri I proventi dei fondi comuni esteri si distinguono, dal punto di vista del trattamento fiscale, in tre categorie: 1) proventi dei fondi comuni situati in uno Stato appartenente alla Comunità europea o allo Spazio economico europeo e conformi alla direttiva 85/611/CEE (cosiddetti «fondi armonizzati» le cui quote sono collocate in Italia – più precisamente «offerte in Italia»–in base all’articolo42 del Testo unico della Finanza e al Capitolo V del Provvedimento della Banca d’Italia 14 aprile 2005). Questi proventi sono disciplinati dall’articolo 10-ter,commi1e3, della legge 77/1983; essi sono soggetti, nei confronti delle persone fisiche non imprenditori, a una ritenuta d’imposta (attualmente del 12,5%) che viene applicata dal soggetto incaricato dei pagamenti dei proventi stessi da parte del fondo estero, in base al modulo organizzativo prescelto dal fondo (con riferimento al caso in cui questo soggetto sia "disintermediato", come avviene quando le quote sono negoziate in mercati regolamentati ; 2) proventi dei «fondi armonizzati » le cui quote sono«collocate all’estero» o comunque che sono conseguiti all’estero senza applicazione della ritenuta del 12,5% in Italia. Essi sono disciplinati dall’articolo 10-ter, comma 4, della legge77/1983. È l’investitore che deve assoggettare il reddito a una imposta sostitutiva (attualmente del 12,5% in base all’articolo 18 del Testo unico) includendoli nel modello Unico PF, quadro RM. Il contribuente ha facoltà di optare per l’inclusione del provento nel reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva; I proventi degli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) situati in altri Stati membri dell'Unione e conformi alle direttive comunitarie sono tassati nella misura del 12,5% all'atto della effettiva realizzazione (competenza per cassa), vale a dire quando vengono liquidate le quote o quando il fondo distribuisce i proventi, se questi vengono conseguiti entro 12 mesi dalla data dell’investimento. Come per i fondi italiani, anche per i fondi esteri l'imposta è applicata in via sostitutiva dalla banca corrispondente del fondo e pertanto i proventi non devono essere inseriti dal sottoscrittore nella dichiarazione dei redditi[8]. 3) proventi dei fondi comuni diversi dai precedenti (fondi non armonizzati) che sono disciplinati dall’articolo 10-ter, commi 5 e 6, della legge 77/1983. Secondo la circolare 109/E del 2003, i redditi di capitale sono soggetti a ritenuta da parte dell’intermediario residente incaricato dal fondo della corresponsione degli stessi, se esiste e se non è "disintermediato" (come accade se il reddito è conseguito in occasione della vendita, anziché del rimborso della quota) o altrimenti da parte dell’intermediario incaricato dal cliente di percepire tali proventi (di norma la banca, la Sgr o la Sim dell’investitore). La ritenuta è d’acconto; l’intermediario segnala i dati identificativi dell’investitore nel modello 770, quadro SL; certifica il reddito all’investitore e questi lo dichiara nel quadro RL, rigo 2 del modello Unico facendolo concorrere alla formazione del reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva. Anche per i fondi e le Sicav estere non armonizzati Ue, come per gli armonizzati, il regime fiscale prevede la tassazione per cassa e non per competenza. L'unica differenza consiste nel fatto che l'imposta versata dalla banca corrispondente è a titolo d'acconto e non sostitutiva. Spetterà successivamente al sottoscrittore in sede di dichiarazione dei redditi indicare l'importo dei proventi ottenuti e dell'acconto pagato.[9] In tutti i casi sopra descritti, la base imponibile dei redditi di capitale è costituita – oltre che dai proventi distribuiti in costanza di partecipazione all’organismo di investimento – anche da quelli compresi nella differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni e il «valore medio ponderato» di sottoscrizione o di acquisto delle quote (articolo 10-ter, comma 1, della legge 77/1983). La circolare 109/E precisa che, in ogni caso, come valore di sottoscrizione o acquisto si assume il valore della quota rilevato dai prospetti periodici relativi alla data di acquisto delle quote medesime (iNav). Come precisato nella circolare (ed evidenziato anche da Assogestioni con la circolare 787/03/C del 2003) per i fondi di diritto estero la norma speciale contenuta nell’articolo 10-ter, di cui sopra, prevale su quella generale contenuta nell’articolo 45,comma 4-bis. Del Testo unico. Consegue che se una quota è stata sottoscritta quando il valore di prospetto (ad esempio 8) era inferiore a quello alla data di emissione della quota (ad esempio, 10) e la quota viene riscattata a un valore superiore (ad esempio 11), il reddito di capitale sarà pari a 3 e non a 1. La differenza negativa fra i Nav, invece, viene sommata algebricamente ai redditi diversi di natura finanziaria; e quindi è compensabile con eventuali plusvalenze soggette all’imposta sostitutiva del 12,5 per cento (circolare 165/E del 1998, paragrafo 1.2.2). Un problema particolare si pone per i fondi comuni esteri denominati in valute diverse dall’euro. In base all’articolo 45,comma 1, del Testo unico la differenza di cambio concorre a formare il reddito di capitale. I fondi armonizzati non collocati in Italia sono ancora oggetto di dibattito quanto agli obblighi di ritenuta d’imposta del 12,5% da parte degli intermediari. Secondo la tesi prevalente non sono soggetti a ritenuta in Italia (ad esempio circolare 109/E del 2003), anche se ciò appare irrazionale. Un fondo armonizzato non collocato in Italia detenuto in una gestione patrimoniale, per la quale si sia esercitata l’opzione per il regime del risparmio gestito di cui all’articolo 7 del D.lgs 461/97, presenta un particolare vantaggio. Infatti, i proventi entrano nel risultato della gestione tenuta alla sostitutiva del 12,5% e non sono soggetti alla ritenuta di cui all’articolo 10-ter, comma 1, della legge 77/83 (Abi, Parere 832 dell’11 giugno 2003). Questi proventi, se le quote sono immesse in una gestione patrimoniale, possono essere compensati con eventuali minusvalenze maturate nella gestione. 3. ETF Italiani Gli ETF meritano una spiegazione più approfondita perché essi possono generare, con l’attuale regime fiscale, due tipi di reddito: redditi di capitale: deriva dalla distribuzione di dividendi / cedole[10] redditi diversi: deriva dal guadagno di negoziazione (quando cioè il titolo viene venduto ad un prezzo superiore a quello cui è stato acquistato). E’ il cosiddetto capital gain. I redditi da capitale sono semplicemente tassati alla fonte secondo l’attuale regime fiscale (12,5%). I redditi diversi invece sono leggermente più complicati, dal momento che bisogna tenere conto della differenza maggiore tra le seguenti quantità: a - Prezzo di vendita – prezzo di acquisto b - Nav del giorno di vendita – Nav del giorno di acquisto[11] La base imponibile sarà pari al maggiore tra le due differenze indicate, inoltre se sarà b>a allora si pagherà la tassazione sulla differenza dei NAV ma si genererà al contempo un credito di imposta pari a (b-a), che sarà decurtabile da future plusvalenze. La tassazione è anche in questo caso pari al 12,5%. Queste procedure, se l’investitore sceglie il regime fiscale di risparmio amministrato (e non il regime dichiarativo) sono a carico dell’intermediario (banca/broker ecc.) presso cui l’investitore ha in deposito i titoli acquistati. Il capital gain viene comunque addebitato dall'intermediario al momento della vendita dell'ETF, salvo poi essere aumentata la minusvalenza recuperabile in capo al soggetto fiscale. 4. Etf Esteri armonizzati Valgono le regole spiegate per gli ETF italiani, che sono, a tutti gli effetti degli etf armonizzati per le quali tutti i redditi di capitale non sono sottoposti nè a ritenute nè a imposte sostitutive e concorrono alla formazione del risultato della gestione del fondo che subirà poi un'imposta sostitutiva del 12,5%. ETF armonizzati si definiscono tali poiché rispettano una serie di parametri e leggi fissati dall’ UE – volti soprattutto alla tutela dell’investitori. Per conto della propria clientela retail l'intermediario diretto ricopre il ruolo di sostituto d'imposta sia per l'applicazione della ritenuta sui redditi di capitale sia per l'applicazione dell'imposta sostitutiva sui redditi diversi. Viene applicata una ritenuta a titolo d'imposta del 12,5% sui proventi periodici e sui redditi di capitale derivanti dal Delta NAV e un'imposta sostitutiva del 12,50% sui redditi diversi al netto delle eventuali minusvalenze accumulate, qualora l'investitore abbia rilasciato il proprio assenso al regime di risparmio amministrato. Non si è tenuti a riportare sul modello UNICO alcuna indicazione del provento, ma solo nel caso in cui la ritenuta sia già stata applicata dall'istituto mediatore. 5. ETF esteri non armonizzati I redditi (ma anche le perdite) di questi tipi di investimenti concorrono a formare il reddito imponibile personale, quindi andranno nella dichiarazione IRPEF dell’investitore. L’aliquota rimane del 12,5% per i redditi diversi, mentre i redditi di capitale vengono comunque tassati alla fonte, e non avranno rilevanza fiscale. I proventi di capitale concorrono a formare il reddito imponibile del sottoscrittore e sono assoggettati alla tassazione progressiva IRPEF. Il soggetto incaricato al collocamento in Italia preleva una quota del 12.5%, a titolo di ritenuta d'acconto, dai proventi periodici e dai redditi di capitale derivanti dalla differenza di prezzo d'acquisto e vendita. Alle plusvalenze/minusvalenze realizzate in sede di negoziazione, l'intermediario applicherà l'imposta del 12.5% tipica del risparmio amministrato. Se l'investitore invece è un fondo italiano e non un privato, viene applicata un'imposta sostitutiva del 12,50% non sui singoli redditi, ma sul risultato di gestione realizzato dal fondo di investimento. Le ritenute sui redditi di capitale conseguiti dal fondo sono a titolo d'imposta e, per evitare una doppia imposizione, è previsto che i proventi soggetti a una ritenuta a titolo di imposta non concorrano a formare il risultato di gestione da sottoporre all'imposta sostitutiva del 12,50%. Per quanto riguarda il capital gain il fondo italiano è nordista, per cui i redditi del capital gain concorrono a formare il risultato di gestione a cui verrà applicata un'imposta sostitutiva del 12,5% a titolo di imposta. Regime tributario dopo la negoziazione Abbiamo esaminato il regime fiscale dei fondi comuni d’investimento mobiliari italiani ed esteri nell’ipotesi in cui le relative quote non siano oggetto di negoziazione, cioè quando gli investimenti e i disinvestimenti avvengano solamente attraverso operazioni di sottoscrizione e rimborso. Molti fondi, ormai,(in particolare numerosi Etf) sono negoziati in mercati regolamentati il che consente all’investitore di effettuare investimenti e disinvestimenti anche attraverso acquisti e vendite delle quote con controparti terze. Questa ulteriore possibilità non modifica la natura fiscale dei fondi. Valgono quindi tutte le regole sopra sinteticamente illustrate. Le uniche differenze di rilievo sono le seguenti: 1) per i fondi esteri, è possibile che la ritenuta sui proventi del fondo considerati «redditi di capitale» non sia operata solo dall’intermediario italiano incaricato dei pagamenti (sottoscrizioni, rimborsi, utili) da parte del fondo estero, ma – alternativamente –da altri intermediari italiani che intervengono nella negoziazione delle quote. In estrema sintesi, per quanto riguarda i proventi dei fondi comuni«armonizzati » collocati in Italia e dei «fondi non armonizzati », ovunque collocati: – in caso di «negoziazione», i redditi di capitale compresi nel corrispettivo di cessione sono soggetti a ritenuta da parte dell’intermediario residente incaricato dal sottoscrittore (di norma la banca, Sim o altro intermediario presso cui il sottoscrittore ha depositato la quota); – in caso di «riscatto o di percezione dei proventi distribuiti dal fondo», i redditi di capitale sono soggetti a ritenuta da parte dell’intermediario incaricato dal fondo comune dei pagamenti se esiste e se non è" disintermediato", o altrimenti da parte dell’intermediario incaricato dal cliente di percepire tali proventi. Per l’Assofiduciaria (circolare 83 del 2002), l’intermediario incaricato dei pagamenti dal fondo estero deve considerarsi "disintermediato" tutte le volte che non risulti in alcun modo coinvolto nell’incasso dei proventi periodici, il che può accadere se l’investitore, attraverso un intermediario da lui incaricato (la propria banca, fiduciaria, Sim, Sgr) incassa i proventi rivolgendosi alla società di gestione estera e non all’incaricato dei pagamenti italiano; 2) poiché il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita possono differire dai Nav alla data dell’acquisto o della vendita, dalla negoziazione possono scaturire plusvalenze o minusvalenze rilevanti come redditi diversi di natura finanziaria. Tali redditi sono costituiti, in base all’articolo 68, comma 6, del Testo unico, dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo d’acquisto o sottoscrizione, depurata dei redditi di capitale maturati, ma non riscossi (la differenza fra il Nav alla data di cessione e quello alla data di acquisto, che, nel caso in cui il fondo sia italiano deve essere assunto al lordo della fiscalità gravante sul patrimonio del fondo per evitare doppie imposizioni (sul tema, si veda la circolare 139/E del 2002). Proponiamo una schematizzazione del trattamento fiscale dei fondi comuni d’investimento: Sottoscrizione e rimborso Negoziazione FONDO ITALIANO Proventi Sono redditi di capitale già Plusvalenze Sono "redditi diversi di natura tassati in capo al fondo al finanziaria"; sono compensabili 12,5%; non sono compensabili con minusvalenze non con altre minusvalenze in alcun qualificate conseguite regime fiscale dall'investitore (1) Perdite Sono utilizzate dalla società di Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura gestione; il credito d'imposta è finanziaria"; sono compensabili riconosciuto nel NAV; non sono con plusvalenze non qualificate compensabili con plusvalenze conseguite dall'investitore (1) conseguite dall'investitore in alcun regime fiscale FONDO ESTERO ARMONIZZATO COLLOCATO IN ITALIA Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze Sono "redditi diversi di natura a ritenuta d'imposta; non sono finanziaria"; sono compensabili compensabili con altre con minusvalenze non minusvalenze in alcun regime qualificate conseguite fiscale dall'investitore (1) Perdite Sono "redditi diversi di natura Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura finanziaria"; sono compensabili finanziaria"; sono compensabili con plusvalenze non qualificate con plusvalenze non qualificate conseguite dall'investitore conseguite dall'investitore (1) FONDO ESTERO ARMONIZZATO NON COLLOCATO IN ITALIA Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze Sono "redditi diversi di natura a ritenuta d'imposta; non sono finanziaria"; sono compensabili compensabili con altre con minusvalenze non minusvalenze in alcun regime qualificate conseguite fiscale, tranne nel caso in cui la dall'investitore (1) quota sia immessa in un risparmio gestito Perdite Sono "redditi diversi di natura Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura finanziaria"; sono compensabili finanziaria"; sono compensabili con plusvalenze non qualificate con plusvalenze non qualificate conseguite dall'investitore conseguite dall'investitore (1) FONDO ESTERO NON ARMONIZZATO Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze Sono "redditi diversi di natura a ritenuta d'acconto; non sono finanziaria"; sono compensabili compensabili con altre con minusvalenze non minusvalenze in alcun regime qualificate conseguite fiscale dall'investitore (1) Perdite Sono "redditi diversi di natura Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura finanziaria"; sono compensabili finanziaria"; sono compensabili con plusvalenze non qualificate con plusvalenze non qualificate conseguite dall'investitore conseguite dall'investitore (1) (1) Sono depurate dei redditi di capitale maturati ma non riscossi Antonella D’Imperio [1] Alla chiusura di un rapporto con regime fiscale dichiarativo, le eventuali minusvalenze possono essere riportate a nuovo per i quattro anni di imposta successivi, ma solo a compensazione di plusvalenze generate in ambito di regime dichiarativo. [2] Alla chiusura di un contratto che usufruisce del regime fiscale di risparmio amministrato l’investitore può utilizzare le eventuali minusvalenze per compensare plusvalenze in altri rapporti con regime di tassazione di risparmio amministrato o regime dichiarativo, purché l’intestazione sia medesima e che la compensazione avvenga entro il quarto anno fiscale successivo a quello di generazione della minusvalenza [3] chi usufruisce di una gestione patrimoniale individuale non è costretto ad utilizzare il regime di risparmio gestito, ma è libero di scegliere una delle tre forme disponibili. [4]Sono definite partecipazioni qualificate le azioni - diverse dalle azioni di risparmio - e ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società o enti, compresi i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite dette partecipazioni, che rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% ovvero rappresentino una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25%, a seconda che si tratti o meno di titoli quotati nei mercati regolamentati . [5] Al fine di rendere equivalente dal punto di vista finanziario la modalità di tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria utilizzate nell'ambito del regime gestito, che si fonda sul criterio della maturazione, rispetto ai regimi della dichiarazione dei redditi e del risparmio amministrato, che si basano sull'opposto criterio del realizzo è stato introdotto uno speciale meccanismo chiamato "equalizzatore". Tuttavia l'art. 9 del D.L. 25 settembre 2001, n.350, convertito dalla legge n. 409 del 23 novembre 2001, ha sancito l'abrogazione del cosiddetto "equalizzatore" delle plusvalenze e di taluni redditi da capitale, divenuto operativo in data 1° gennaio 2001 a seguito dell'emanazione del decreto del Ministro delle finanze del 4 agosto 2000. Solo per il periodo dal 1° gennaio 2001 al 3 agosto 2001 il meccanismo dell'equalizzatore resta in vigore e continua ad applicarsi. Non si fa luogo al rimborso o ripetizione di quanto dovuto a titolo di ritenuta o imposta sostitutiva [6] Fonte: Ministero delle Finanze - Ufficio per l'informazione del contribuente [7] Camozzi & Bonissoni “I fondi comuni in Italia: lineamenti giuridici e fiscali” Milano 29 novembre 1999. [8] Il punto più importante, ma anche più controverso, riguarda la disparità di trattamento fiscale che pone i fondi italiani in un posizione di svantaggio rispetto a quelli esteri. Infatti, la tassazione per competenza colpisce le plusvalenze "maturate" ma non ancora incassate, mentre quella per cassa scatta solo nel momento in cui il sottoscrittore riscuote la plusvalenza (o il provento se è un fondo a distribuzione), con un differenziale di guadagno in termini di interessi sul pagamento delle imposte. [9] Fonte www.morningstar.it [10] Sono “redditi di capitale” gli interessi corrispettivi, gli utili e i proventi derivati dall’impiego di un capitale (tipicamente, i dividendi azionari). Sono “guadagni di capitale” le plusvalenze derivanti da atti di negoziazione, da rimborso di titoli, nonché i proventi aleatori. La tipologia dei redditi di capitale può essere sostanzialmente ricondotta a due grandi gruppi: i proventi derivanti dalla partecipazione in società ed enti, come gli utili distribuiti dalle società di capitale, tra cui Spa, Srl, etc. (dividendi); gli interessi e altri proventi derivanti in senso lato da prestiti, cioè mutui o altre forme di credito. In particolare, rientrano tra gli altri redditi di capitale: gli interessi e gli altri proventi da mutui, depositi e conti correnti; le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del Codice civile. Si tratta delle rendite perpetue dovute a titolo di corrispettivo per il trasferimento di un immobile o per la cessione di un capitale, nonché di quelle imposte quali oneri al donatario e delle prestazioni annue perpetue a qualsiasi titolo dovute, anche se disposte per testamento e dei compensi per prestazioni di garanzie personali (fideiussioni) o reali (pegni o ipoteche) assunte in favore di terzi; gli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione e contratti di cointeressenza indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del Codice civile (nel caso in cui l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro, le partecipazioni agli utili costituiscono, tuttavia, redditi di lavoro autonomo); i proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti; i proventi derivanti da operazione di riporto e di pronti contro termine su titoli e valute; i proventi derivanti dalle operazioni di prestito titoli; gli altri interessi e ogni altro provento in misura definita derivante dall’impiego di capitale, esclusi gli interessi compensativi e i redditi derivanti da rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto. [11] Gli ETF sono fondi costituiti da un portafoglio di titoli che replica il più fedelmente possibile l’indice su dichiarato dall’ETF stesso. Dunque ogni sera il gestore del fondo contabilizza il proprio portafoglio e determina il NAV (net asset value, ovvero il valore del portafoglio di titoli di cui è in possesso alla chiusura del mercato di trattazione. Tale valore, diviso per il numero di quote presenti, fornisce il valore della quota del giorno). Tuttavia gli ETF hanno la peculiarità di essere trattati sui mercati in continua come azioni qualunque, dunque durante il giorno avranno dei valori che rispecchieranno il più possibile l’andamento dell’indice sottostante in quel momento. Avranno dunque almeno un valore di apertura, un massimo, un minimo ed un valore di chiusura. L’investitore, avendo facoltà di acquistarli durante la trattazione potrà dunque acquistarli ad un prezzo diverso rispetto a quello di chiusura, che va a formare il NAV di cui sopra. Questo meccanismo genera la possibile differenza tra: NAV di vendita – NAV di acquisto e Prezzo di vendita – prezzo di acquisto