Risparmio gestito: mini-guida per la tassazione
Introduzione
Per il 2008 era prevista l’armonizzazione del prelievo sulle rendite finanziarie, che
innalzava al 20 per cento (contro l’attuale 12,5 per cento) l’aliquota fiscale su bot,
cct, btp, nonché su tutte le obbligazioni private e sui guadagni derivanti dalla
compravendita di azioni. Contemporaneamente veniva abbassata dal 27 al 20 per
cento l’imposta sui conti correnti e i depositi in genere (v. articolo).
I motivi per unificare il tutto in un’unica aliquota non sono tanto quelli di recuperare
gettito, quanto quelli di rendere più coerente e razionale il sistema di imposizione
diretta dei redditi.
La scelta di una aliquota intermedia, fra le due attualmente esistenti (12,5% e 27%)
è motivata dalla volontà di ridurre la distanza fra il prelievo sui redditi finanziari, da
un lato, e quello sui redditi di lavoro (tassati con le aliquote Irpef dal 23 al 43 per
cento) e delle società di capitali (tassati con l’Ires al 33 per cento e l’Irap al 4,25 per
cento), dall’altro.
I redditi di capitale e diversi (interessi, dividendi e plusvalenze) percepiti da una
persona fisica sono tassati con una imposta sostitutiva dell'Irpef, prelevata alla fonte
con l'aliquota del 27 per cento per i depositi e conti correnti bancari e postali e sulle
obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi
Sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza
superiore a diciotto mesi, l'aliquota è invece il 12,5% e questo vale anche per i
dividendi e plusvalenze, purchè l'azionista non detenga partecipazioni qualificate.
L'aliquota del 12,5 per cento è applicata anche al risultato netto di gestione dei fondi
comuni e delle gestioni patrimoniali.
Principi Generali: Regimi di tassazione delle rendite finanziarie
Gli artt. 5, 6 e 7 D.lgs. n. 461/97 prevedono tre metodi alternativi di applicazione
dell'imposta sostitutiva.
L'art. 5 disciplina il cd. regime di dichiarazione, che prevede la tassazione dei
redditi diversi al momento del loro realizzo, attraverso l'assoggettamento ad
un'imposta sostitutiva dovuta dal contribuente direttamente in sede di dichiarazione.
L'art. 6 disciplina il cd. regime amministrato, in cui l'imposta sostitutiva viene
assolta tramite l'intermediario al momento del realizzo di ciascuna plusvalenza.
Infine l'art. 7 ha introdotto il cd. regime di gestione, in cui la tassazione dei redditi
diversi e dei redditi di capitale è effettuata a monte sul risultato di gestione
individuale (derivi esso da redditi di capitale o diversi) e il contribuente non è
assoggettato ad alcuna imposizione alla fonte.
La scelta tra i diversi regimi deve essere fatta in sede di firma del contratto. E’
possibile cambiarla entro l’anno solare dalla sottoscrizione iniziale ed il cambiamento
avrà valore dall’anno fiscale successivo
Il regime della dichiarazione
E’ il contribuente che, perdendo l’anonimato sugli investimenti eseguiti, calcola la
base imponibile e l’imposta sui realizzi (riquadro apposito in dichiarazione). Vi sono
due aliquote:
-
12.5% per le partecipazioni non qualificate
-
27% per le partecipazioni qualificate.
E’ possibile, nell’ambito delle rendite finanziarie compensare le minusvalenze con le
plusvalenze, e le eventuali minusvalenze possono venire riportate per gli anni
successivi fino al quarto, quando decadono[1].
È caratterizzato dalla tassazione "al realizzo" dei redditi diversi con imposta
sostitutiva dovuta dal contribuente in dichiarazione, dalla compensazione fra
plusvalenze e minusvalenze con possibilità di riportare a nuovo le eventuali
minusvalenze eccedenti, dall'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore e del
monitoraggio fiscale.
Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva il contribuente deve determinare la
base imponibile dell'imposta sostitutiva tenendo distinte le cessioni di partecipazioni
qualificate dagli altri redditi diversi.
In particolare, occorre effettuare la somma algebrica dei componenti di reddito
riconducibili a ciascuna delle seguenti due tipologie:
sulla prima - comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni
qualificate, si applica l'imposta sostitutiva con l'aliquota del 27%;
sulla seconda - comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di
partecipazioni non qualificate e gli altri redditi diversi, si applica l'imposta sostitutiva
con l'aliquota del 12,50%.
Le predette plusvalenze e redditi devono essere indicati distintamente nella
dichiarazione dei redditi.
L'imposta sostitutiva complessivamente dovuta deve essere corrisposta mediante
versamento diretto nei termini e nei modi previsti per il versamento delle imposte
sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi.
Il regime del risparmio amministrato
(valido solo per partecipazioni non qualificate, qualora gli strumenti finanziari siano
in deposito presso un intermediario finanziario)
In questa situazione viene preservato l’anonimato dell’investitore. La tassazione in
questo caso avviene al momento del realizzo con aliquota del 12,5% sia sui redditi
da capitale che sui redditi diversi. La tassazione avviene come imposta sostitutiva a
carico dell’intermediario. Le minusvalenze eventuali possono essere compensate con
le plusvalenze successivamente generate entro il quarto esercizio successivo a
quello in cui le minusvalenze sono generate[2].
È caratterizzato anch'esso dalla tassazione "al realizzo" dei redditi diversi mediante
applicazione dell'imposta sostitutiva su ogni singola operazione ad opera degli
intermediari presso i quali i titoli o gli atri strumenti finanziari sono depositati,
dall'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore, dall'esclusione del monitoraggio
fiscale.
L'opzione per l'applicazione del regime amministrato non può essere esercitata con
riferimento alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate e a
quelle relative a depositi in valuta.
L'opzione si riferisce alle singole plusvalenze realizzate e può essere esercitata a
condizione che i titoli, le quote o i certificati siano in custodia o in amministrazione
presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri soggetti individuati in
appositi decreti del Ministro del Tesoro e delle Finanze. Con decreto ministeriale
sono stati individuati, tra gli intermediari abilitati, anche le società fiduciarie, gli
agenti di cambio e le Poste S.p.A. per i titoli dalle stesse collocati.
Il contribuente può esercitare l'opzione mediante comunicazione sottoscritta
contestualmente al conferimento dell'incarico all'intermediario e all'apertura del
deposito o conto corrente.
L'opzione ha effetto per tutto il periodo d'imposta e può essere revocata entro la
scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo.
Le banche, le SIM e gli altri soggetti autorizzati applicano in tal modo l'imposta
sostitutiva del 12,50 per cento su ogni singola plusvalenza, differenziale positivo o
provento percepito dal contribuente.
Assumono, inoltre, rilevanza, in tale sistema le minusvalenze e le perdite realizzate
nell'ambito delle singole operazioni: l'intermediario le computa in diminuzione, fino
a concorrenza, dalle plusvalenze o dai proventi realizzati nelle successive operazioni
riconducibili al medesimo rapporto effettuate nello stesso periodo d'imposta e nei
successivi, ma non oltre il quarto.
Il contribuente che revochi l'opzione o chiuda il rapporto con l'intermediario, può
recuperare le minusvalenze:
-
portandole in deduzione in sede di presentazione della dichiarazione dei
redditi;
-
portandole in deduzione dalle plusvalenze o proventi realizzati nell'ambito di
un altro rapporto di amministrazione per il quale eserciti l'opzione.
L'intermediario è tenuto a rilasciare al contribuente apposita certificazione
contenente i dati necessari per consentire la deduzione delle minusvalenze.
Il regime di risparmio gestito
(un opzione[3] per le gestioni patrimoniali individuali, ovvero per sicav, fondi
comuni di diritto italiano o lussemburghesi storici. Inapplicabile per partecipazioni
qualificate[4]).
È un regime di tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria che si
fonda sul criterio della maturazione (e che, quindi, comporta una anticipazione
dell'imposizione rispetto ai regimi della dichiarazione e del risparmio amministrato, i
quali si basano invece sull'opposto criterio del realizzo).
Optando per tale regime, l'imposta sostitutiva non viene applicata sulle singole
plusvalenze e altri redditi diversi realizzati nell'ambito della gestione, ma sul
risultato di gestione maturato al termine di ciascun periodo d'imposta, ad opera di
un intermediario abilitato al quale il contribuente abbia conferito l'incarico di gestire
masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o da beni non relativi all'impresa.
Tale regime non può trovare applicazione per le plusvalenze derivanti dalla cessione
di partecipazioni, titoli o diritti rappresentativi di una partecipazione qualificata.
Infatti, per queste ultime, la legge prevede soltanto l'assolvimento delle imposte con
la dichiarazione annuale dei redditi.
L'applicazione di tale regime comporta, inoltre, l'esclusione del meccanismo
dell'equalizzatore e del monitoraggio fiscale[5].
La tassazione sul risultato di gestione maturato nel periodo d'imposta, prevede
che sia i redditi diversi che i redditi di capitale conseguiti nella gestione e imputati al
patrimonio gestito siano assoggettati a tassazione in base al risultato complessivo
maturato, con applicazione dell'imposta sostitutiva con l'aliquota del 12,50% ad
opera del gestore; è, inoltre, consentito, compensare i risultati negativi complessivi
di un periodo d'imposta con quelli positivi dei periodi successivi.
Sono esclusi dal risultato di gestione i redditi esenti, esclusi da tassazione o soggetti
a ritenuta a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva, per i quali rimane fermo il
trattamento fiscale previsto specificamente.
Il contribuente può esercitare l'opzione mediante comunicazione sottoscritta
rilasciata al soggetto gestore all'atto della stipula del contratto e, nei casi di rapporti
già in essere, prima dell'inizio del periodo d'imposta.
L'opzione è vincolante per tutto il periodo d'imposta e può essere revocata entro la
scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo.
Nel caso in cui in un anno il risultato della gestione dovesse risultare negativo,
l'importo corrispondente può essere computato in diminuzione del risultato di
gestione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto. Non è invece
consentito portare tale perdita in diminuzione del risultato positivo conseguito nello
stesso periodo d'imposta in altre gestioni.
Il risultato negativo della gestione che risulta alla conclusione del contratto,
appositamente certificato dal gestore, può essere utilizzato in dichiarazione o in
altro rapporto amministrato intestato allo stesso contribuente.
L'imposta sostitutiva del 12,50 dovuta sul risultato maturato della gestione viene
prelevata e versata dal soggetto gestore. Qualora non vi siano le disponibilità liquide
necessarie per eseguire il versamento dell'imposta, il soggetto gestore può
effettuare disinvestimenti di strumenti finanziari presenti nel patrimonio gestito,
salvo che il contribuente non fornisca le somme necessarie.
Alla chiusura di un contratto che usufruisce del regime fiscale di risparmio gestito
l’investitore può utilizzare le eventuali minusvalenze per compensare plusvalenze in
altri rapporti con una qualunque delle forme di tassazione possibile (altro contratto
in regime gestito o amministrato oppure regime dichiarativo, purché l’intestazione
sia medesima) [6].
All’interno di tele categoria merita una trattazione più ampia il trattamento fiscale
dei proventi derivanti dal possesso di quote di fondi comuni, regolato dagli Artt. 8 e
9 del Decreto Legislativo del 21/11/1997 n. 461.
La tassazione dei fondi comuni di investimento e degli ETF
Il Decreto Legislativo n. 58/98 definisce il fondo comune di investimento come "il
patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di
partecipanti gestito in monte".
Si possono pertanto definire come enti di intermediazione finanziaria che hanno lo
scopo di investire in titoli azionari, obbligazionari e titoli di Stato le quote raccolte
presso il pubblico dei risparmiatori. Ai sottoscritti vengono rilasciati dei certificati
detti parti (la quota è la frazione di patrimonio unitaria del fondo di investimento ed
ha un valore che cambia nel tempo in relazione all'andamento dei titoli nei quali il
fondo investe).
Il regime fiscale dei fondi immobiliari ha subito diverse e rilevanti modifiche nel
corso degli ultimi anni trovando compimento da ultimo con la Legge finanziaria 2006
(L.23.12.2005, n.266 in S.O. n. 211/L G.U. n 29.12.2005 n. 302) in tema di
modalità operative di applicazione della ritenuta del 12,50% sui proventi derivanti
da tali forme di investimento.
L’art. 1, c. 481 della finanziaria 2006 ha difatti integrato le disposizioni contenute
nell’art. 7 del D.L. 25.09.2001, n. 351 (L. 23.11.2001, n. 410) riguardanti i soggetti
tenuti ad operare la ritenuta sui redditi di capitale ritratti dalla partecipazione a
fondi comuni di investimento immobiliari, con la previsione di un nuovo obbligo per
gli intermediari depositari delle quote di detti fondi.
Dal 1° gennaio 2006, data di entrata in vigore della legge (art. 1 c. 612), nel caso in
cui queste ultime siano immesse in un sistema di deposito accentrato (art. 80 D.lgs.
24.02.1998 n. 58 –TUF) l’obbligo di applicazione della ritenuta in questione (se
dovuta) grava sugli intermediari, direttamente o indirettamente aderenti al
suddetto sistema di deposito accentrato, presso i quali le quote stesse siano state
depositate.
Non è più quindi come in precedenza esclusivamente la società di gestione del
risparmio SGR (istitutrice del fondo immobiliare) il soggetto titolato ad applicare il
prelievo, questo anche in considerazione della circostanza per cui nel caso di specie
sono di fatto gli intermediari depositari delle quote i soggetti meglio in grado di
identificare in ogni momento i possessori delle stesse, accertandone la titolarità in
funzione del compiuto adempimento degli obblighi di sostituto d’imposta.
Il riferimento ai soggetti che, direttamente o indirettamente, aderiscono al sistema
di deposito accentrato comporta altresì che tenuto ad applicare la ritenuta sia
comunque l’intermediario finanziario (banca, SGR, Sim, fiduciaria) presso il quale la
clientela titolare delle quote abbia instaurato il rapporto di custodia o gestione,
anche nel caso in cui quest’ultimo non dovesse aderire direttamente ma solo
indirettamente mediante sub-deposito presso altro intermediario al sistema di
deposito accentrato (disposizioni specifiche sono poi dettate per gli intermediari non
residenti depositari delle quote direttamente od indirettamente aderenti).
Tale nuova previsione normativa si pone in linea con altre scelte già operate in
materia dal legislatore, quale ad esempio lo schema applicativo riguardante il
regime di tassazione dei dividendi su azioni immesse nel sistema Monte Titoli S.p.A
(art. 27-ter D.P.R. 29.09.1973, n. 600), fermo restando che comunque nel caso in
cui le quote non dovessero essere immesse in un sistema di deposito accentrato
l’obbligo di applicazione della ritenuta continua a gravare esclusivamente sulla SGR
istitutrice del fondo.
Con riferimento all’ambito di applicazione della ritenuta in oggetto, questa si opera
sull’ammontare dei proventi, qualificati quali redditi di capitale (art. 44 c. 1 lett.
g D.P.R. 22.12.1986, n. 917 - TUIR) riferibili a ciascuna quota percepiti in costanza
di partecipazione al fondo nonché sulla differenza tra il valore di riscatto o di
liquidazione delle quote ed il relativo costo di sottoscrizione od acquisto
(documentato dal partecipante anche mediante dichiarazione sostitutiva).
La ritenuta è operata a titolo di acconto se i proventi attengono a quote detenute
nell’esercizio di attività d’impresa commerciale, nei confronti di imprenditori
individuali, società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate,
società ed enti commerciali, società per azioni, in accomandita per azioni, a
responsabilità limitata, stabili organizzazioni di società ed enti non residenti. Si
applica a titolo d’imposta nei confronti di tutti gli altri soggetti, compresi quelli
esenti od esclusi dall’Ires, che in sostanza percepiscano i proventi al di fuori
dell’attività di impresa commerciale quali persone fisiche, società semplici,
associazioni e società equiparate, soggetti non residenti in genere.
Non è invece operata sui proventi percepiti da forme di previdenza complementare
(D.lgs. 21.04.1993, n. 124), O.I.C.R. organismi di investimento collettivo del
risparmio istituiti in Italia (D.lgs. 24.02.1998, n. 58) e soggetti esteri che
beneficiano di esenzione residenti in paesi con scambio di informazioni (c.d. “white
list” - D.M. 04.09.1996).
Per quanto concerne invece gli utili e le perdite realizzati attraverso la negoziazione,
nonché le perdite realizzate in sede di riscatto o liquidazione delle quote, gli stessi
continuano a costituire redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze o
minusvalenze) assoggettati alle ordinarie regole di tassazione previste per tali
tipologie reddituali (D.lgs. 21.11.1997, n. 461).
Non sono infine stati modificati gli obblighi di versamento della ritenuta e di
comunicazione all’Amministrazione Finanziaria. Il versamento all’Erario della
ritenuta operata deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a
quello di corresponsione del provento, mediante modello di pagamento Mod.F24
con codice tributo 1030, presso il concessionario della riscossione, banca
convenzionata od ufficio postale.
Per quanto concerne le comunicazioni dovute all’Amministrazione Finanziaria, nella
dichiarazione del sostituto d’imposta mod. 770 ordinario, vanno segnalati nel
Quadro SF i soggetti non residenti che abbiano beneficiato di esenzione e nei
quadri SL ed SM, rispettivamente, con segnalazioni nominative i soggetti che
hanno percepito i proventi con applicazione di ritenuta a titolo d’acconto e “per
massa” gli importi complessivi dei proventi assoggettati invece a ritenuta a titolo
d’imposta.
Pertanto Il trattamento tributario connesso ai fondi comuni può essere articolato
come segue:
a)
con riferimento al fondo comune
b)
con riferimento al partecipante del fondo
Il calcolo delle imposte dovute è effettuato giornalmente ed immediatamente
decurtato dal valore della quota. Il valore delle quote pubblicato, infatti, è al netto di
tutte le spese e delle imposte. Questo significa che il risparmiatore che disinveste
ricava un controvalore pari al numero delle quote moltiplicato il valore della quota
del giorno del disinvestimento, senza, peraltro, dover adempiere ad alcun obbligo
fiscale.
Il trattamento tributario dei partecipanti al fondo
La normativa vigente disciplina il trattamento tributario applicabile ai soggetti che
hanno sottoscritto quote di fondi comuni fissando regole differenti a secondo che le
partecipazioni siano assunte o meno nell’esercizio di imprese commerciali
Imprese commerciali
I proventi conseguiti nell'esercizio di attività di impresa commerciale derivanti dalle
partecipazioni a fondi comuni concorrono a formare il reddito d’impresa dell'anno
fiscale in cui vengono percepiti.
L’imprenditore ha diritto ad un credito d’imposta pari al 15% dei proventi
percepiti al fine di neutralizzare gli effetti della tassazione a monte che il
contribuente subisce a causa dell’applicazione, da parte della società di gestione,
dell’imposta sostitutiva.
Soggetti residenti diversi
Nell’ipotesi in cui la partecipazione ai fondi comuni non sia stata assunta
nell’esercizio di imprese commerciali, i relativi proventi non concorrono a formare il
reddito imponibile dei sottoscrittori.
Questo regime fiscale, del tutto coerente con il sistema di tassazione dei redditi di
natura finanziaria realizzati attraverso forme di investimento che garantiscono il
pagamento a monte del debito d’imposta dovuto, trova applicazione solo nel caso in
cui il contribuente si rivolga esclusivamente alla società di gestione per la
sottoscrizione e il rimborso delle quote ai soggetti incaricati del collocamento e del
rimborso delle stesse[7].
Soggetti non residenti
I soggetti non residenti, in possesso dei requisiti di cui all'art. 6 del decreto
legislativo 239/96, possono conseguire i proventi dei fondi comuni al lordo
dell'imposta attraverso due strade distinte:
•
conseguono dal fondo i proventi al netto dell'imposta sostitutiva dovuta
dal fondo e ricevono una somma corrispondente al 15% dei proventi erogati dal
fondo (o dalla SICAV) che ha pagato l'imposta sostitutiva;
•
sottoscrivono fondi italiani specificamente dedicati a soggetti non residenti
che non sono sottoposti ad imposta sostituiva sul risultato della gestione.
Il trattamento tributario del fondo comune
Il fondo comune non è soggetto passivo delle imposte sui redditi, ma è soggetto
passivo dell’imposta sostitutiva nella misura del 12,50% del risultato della
gestione del fondo maturato in ciascun anno( art 9 della legge 77/83).
Il risultato di gestione di determina come segue:
RISULTATO DI GESTIONE
=
(PN FINALE + RIMBORSI + PROVENTI DISTRIBUITI)
(SOTTOSCRIZIONI
+ PN INIZIALE + ALTRI PROVENTI)
Nel caso di fondi avviati o cessati nel corso dell’anno, si assume come patrimonio
iniziale il patrimonio alla data di avvio del fondo ovvero come patrimonio finale il
patrimonio alla data di cessazione.
Il calcolo dell’imposta sostitutiva sugli incrementi del patrimonio deve essere
effettuato con la stessa periodicità con la quale il gestore procede al calcolo del
valore delle quote per la corretta valorizzazione delle stese in circolazione.
La società di gestione versa l’imposta sostitutiva al concessionario della riscossione
ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato, entro il 28 febbraio di ogni
anno.
L’eventuale risultato negativo della gestione può essere portato in diminuzione al
risultato della gestione dei periodi di imposta successivi ovvero può essere utilizzato
dalla SGR in riduzione del risultato della gestione degli altri fondi della stessa gestiti.
In capo al fondo comune non si applicano:
1.
la ritenuta del 27% sugli interessi e sugli altri proventi dei conti correnti
bancari se la giacenza media annua risulta non superiore al 5% dell’attivo medio
gestito;
2.
la ritenuta del 12,50% sugli interessi e sugli altri proventi delle
obbligazioni e dei titoli emessi all’estero con scadenza non inferiore ai 18 mesi
nonché dei titoli emessi all’estero ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 28 settembre 1973,
n. 601, indipendentemente dalla scadenza
3.
la ritenuta del 12,50% sui proventi delle operazioni di prestito titoli e di
pronti contro termine;
4.
la ritenuta del 12,50% sui proventi da partecipazione a O.I.C.R. aperti di
tipo armonizzati di diritto estero;
5.
la ritenuta del 12,50% sugli utili in qualunque forma corrisposti, poiché
concorrono a formare il risultato di gestione;
6.
l’imposta sostitutiva sugli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni
pubbliche e private di cui al D.lgs. 1 aprile 1996, n. 239.
La normativa riguardante i fondi e le Sicav ammessi alla commercializzazione in
Italia distingue due tipi di trattamento fiscale per i soggetti di diritto italiano e per
quelli di diritto estero.
I fondi di diritto italiano, sia armonizzati che non armonizzati UE, sono soggetti a
una ritenuta d'imposta del 12,5%, calcolata sulla differenza tra valore iniziale e
valore finale degli investimenti effettuati nel corso dell'anno. La tassazione colpisce
l'incremento del patrimonio netto, cioè la sommatoria di tutte le variazioni positive e
negative realizzate dal fondo durante l'anno e per questo definita "tassazione per
competenza". Se, al contrario, il risultato lordo di gestione dovesse risultare
negativo, le minusvalenze possono essere portate in detrazione d'imposta. La
tassazione è imputata giornalmente sulla quota del fondo che risulta, pertanto, al
netto del prelievo fiscale maturato fino a quel giorno. Il sottoscrittore è quindi
esentato dalla dichiarazione ai fini fiscali di eventuali guadagni ottenuti, perché
l'imposta è stata già pagata in via sostitutiva dalla società di gestione.
Diversa è la disciplina per i fondi e le sicav di diritto estero, con la duplice
distinzione tra armonizzati e non armonizzati.
Esaminiamoli con ordine.
Categorie
E’ necessario suddividere le tipologie di fondi secondo le seguenti categorie:
1. Fondi Italiani
2. Fondi esteri
3. ETF italiani
4. ETF armonizzati
5. ETF non armonizzati
1. Fondi comuni di diritto italiano
I proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi di investimento collettivo del
risparmio italiani e dalla partecipazione ai «fondi lussemburghesi autorizzati»
(cosiddetti "storici") non concorrono a formare il reddito complessivo dei
partecipanti, a meno che non siano percepiti nell’esercizio di imprese commerciali (si
veda l’articolo 9, comma 3, della legge 77/83; l’articolo 1, comma 2,
delDlgs84/92;l’articolo 11,comma 4, del Dlgs 344/93 e l’articolo 11-bis, comma 4,
del decreto legge 512/83).
I proventi irrilevanti sono sia quelli percepiti nel corso del periodo d’investimento (è
il caso in cui il fondo distribuisca utili) sia quelli compresi nel valore di riscatto o di
cessione della quota, all’atto del disinvestimento. Lo si desume dall’articolo 45,
comma 4-bis, del Testo unico.
Simmetricamente, non concorrono a formare il reddito neppure le eventuali perdite
conseguite in sede di rimborso delle quote sottoscritte. In tal senso si veda la
circolare 165/E del 1998, paragrafo 1.2.2.
Il motivo va ricercato nel fatto che il risultato di gestione del fondo è tassato
all’origine in capo al fondo stesso e l’imposta sostitutiva( attualmente del 12,5%) è
già computata a riduzione del valore della quota calcolato quotidianamente dalla
società di gestione del fondo (cosiddetto Nav, Net asset value); come pure, se il
fondo ha conseguito una perdita, essendo questa scomputabile da eventuali futuri
proventi, senza limiti temporali, il valore della quota viene incrementato di una sorta
di credito d’imposta pari al 12,5% della perdita, cosicché, all’atto del rimborso della
quota, il beneficio fiscale derivante dalla perdita è già monetizzato nel valore di
rimborso.
Se la perdita venisse ammessa in deduzione anche in capo all’investitore si
verificherebbe una doppia deduzione.
Va notato che questo regime si applica a ogni tipo di organismo di investimento
collettivo italiano, anche se la sua strategia di investimento o la sua forma giuridica
lo rendono non conforme alla direttiva 85/611/CE (risoluzione 9 maggio 2000, n.
59/E).
Consegue che, per gli investitori italiani, i fondi speculativi italiani appaiono più
vantaggiosi dei corrispondenti fondi esteri i cui proventi sono tassati integralmente
in capo al socio con aliquota progressiva.
Il regime descritto si applica a prescindere dalle opzioni fiscali effettuate dal
contribuente, cioè prescindendo dal fatto che le quote siano immesse in un dossier
in regime di «risparmio amministrato», «gestito» o in regime «dichiarativo». Le
conseguenze di questua tecnica di tassazione sono le seguenti:
1)
eventuali proventi derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili
per compensare eventuali perdite realizzate in dossier in regime amministrato o
maturate in dossier in regime gestito o calcolate in sede di dichiarazione dei redditi;
2)
eventuali perdite derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili
per compensare eventuali proventi realizzate in dossier in regime amministrato o
maturati in dossier in regime gestito o calcolati in sede di dichiarazione dei redditi.
I fondi comuni di diritto italiano vengono tassati su base annuale.
2. Fondi esteri
I proventi dei fondi comuni esteri si distinguono, dal punto di vista del trattamento
fiscale, in tre categorie:
1)
proventi dei fondi comuni situati in uno Stato appartenente alla Comunità
europea o allo Spazio economico europeo e conformi alla direttiva 85/611/CEE
(cosiddetti «fondi armonizzati» le cui quote sono collocate in Italia – più
precisamente «offerte in Italia»–in base all’articolo42 del Testo unico della Finanza e
al Capitolo V del Provvedimento della Banca d’Italia 14 aprile 2005).
Questi proventi sono disciplinati dall’articolo 10-ter,commi1e3, della legge 77/1983;
essi sono soggetti, nei confronti delle persone fisiche non imprenditori, a una
ritenuta d’imposta (attualmente del 12,5%) che viene applicata dal soggetto
incaricato dei pagamenti dei proventi stessi da parte del fondo estero, in base al
modulo organizzativo prescelto dal fondo (con riferimento al caso in cui questo
soggetto sia "disintermediato", come avviene quando le quote sono negoziate in
mercati regolamentati ;
2)
proventi dei «fondi armonizzati » le cui quote sono«collocate
all’estero» o comunque che sono conseguiti all’estero senza applicazione della
ritenuta del 12,5% in Italia. Essi sono disciplinati dall’articolo 10-ter, comma 4, della
legge77/1983. È l’investitore che deve assoggettare il reddito a una imposta
sostitutiva (attualmente del 12,5% in base all’articolo 18 del Testo unico)
includendoli nel modello Unico PF, quadro RM. Il contribuente ha facoltà di optare
per l’inclusione del provento nel reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva;
I proventi degli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) situati in
altri Stati membri dell'Unione e conformi alle direttive comunitarie sono tassati nella
misura del 12,5% all'atto della effettiva realizzazione (competenza per cassa),
vale a dire quando vengono liquidate le quote o quando il fondo distribuisce i
proventi, se questi vengono conseguiti entro 12 mesi dalla data dell’investimento.
Come per i fondi italiani, anche per i fondi esteri l'imposta è applicata in via
sostitutiva dalla banca corrispondente del fondo e pertanto i proventi non devono
essere inseriti dal sottoscrittore nella dichiarazione dei redditi[8].
3)
proventi dei fondi comuni diversi dai precedenti (fondi non armonizzati)
che sono disciplinati dall’articolo 10-ter, commi 5 e 6, della legge 77/1983. Secondo
la circolare 109/E del 2003, i redditi di capitale sono soggetti a ritenuta da parte
dell’intermediario residente incaricato dal fondo della corresponsione degli stessi, se
esiste e se non è "disintermediato" (come accade se il reddito è conseguito in
occasione della vendita, anziché del rimborso della quota) o altrimenti da parte
dell’intermediario incaricato dal cliente di percepire tali proventi (di norma la banca,
la Sgr o la Sim dell’investitore). La ritenuta è d’acconto; l’intermediario segnala i
dati identificativi dell’investitore nel modello 770, quadro SL; certifica il reddito
all’investitore e questi lo dichiara nel quadro RL, rigo 2 del modello Unico facendolo
concorrere alla formazione del reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva.
Anche per i fondi e le Sicav estere non armonizzati Ue, come per gli armonizzati, il
regime fiscale prevede la tassazione per cassa e non per competenza. L'unica
differenza consiste nel fatto che l'imposta versata dalla banca corrispondente è a
titolo d'acconto e non sostitutiva. Spetterà successivamente al sottoscrittore in
sede di dichiarazione dei redditi indicare l'importo dei proventi ottenuti e
dell'acconto pagato.[9]
In tutti i casi sopra descritti, la base imponibile dei redditi di capitale è costituita –
oltre che dai proventi distribuiti in costanza di partecipazione all’organismo di
investimento – anche da quelli compresi nella differenza tra il valore di riscatto o di
cessione delle quote o azioni e il «valore medio ponderato» di sottoscrizione o di
acquisto delle quote (articolo 10-ter, comma 1, della legge 77/1983).
La circolare 109/E precisa che, in ogni caso, come valore di sottoscrizione o acquisto
si assume il valore della quota rilevato dai prospetti periodici relativi alla data di
acquisto delle quote medesime (iNav).
Come precisato nella circolare (ed evidenziato anche da Assogestioni con la circolare
787/03/C del 2003) per i fondi di diritto estero la norma speciale contenuta
nell’articolo 10-ter, di cui sopra, prevale su quella generale contenuta nell’articolo
45,comma 4-bis. Del Testo unico.
Consegue che se una quota è stata sottoscritta quando il valore di prospetto (ad
esempio 8) era inferiore a quello alla data di emissione della quota (ad esempio, 10)
e la quota viene riscattata a un valore superiore (ad esempio 11), il reddito di
capitale sarà pari a 3 e non a 1.
La differenza negativa fra i Nav, invece, viene sommata algebricamente ai redditi
diversi di natura finanziaria; e quindi è compensabile con eventuali plusvalenze
soggette all’imposta sostitutiva del 12,5 per cento (circolare 165/E del 1998,
paragrafo 1.2.2).
Un problema particolare si pone per i fondi comuni esteri denominati in valute
diverse dall’euro.
In base all’articolo 45,comma 1, del Testo unico la differenza di cambio concorre a
formare il reddito di capitale.
I fondi armonizzati non collocati in Italia sono ancora oggetto di dibattito
quanto agli obblighi di ritenuta d’imposta del 12,5% da parte degli intermediari.
Secondo la tesi prevalente non sono soggetti a ritenuta in Italia (ad esempio
circolare 109/E del 2003), anche se ciò appare irrazionale.
Un fondo armonizzato non collocato in Italia detenuto in una gestione patrimoniale,
per la quale si sia esercitata l’opzione per il regime del risparmio gestito di cui
all’articolo 7 del D.lgs 461/97, presenta un particolare vantaggio.
Infatti, i proventi entrano nel risultato della gestione tenuta alla sostitutiva del
12,5% e non sono soggetti alla ritenuta di cui all’articolo 10-ter, comma 1, della
legge 77/83 (Abi, Parere 832 dell’11 giugno 2003).
Questi proventi, se le quote sono immesse in una gestione patrimoniale, possono
essere compensati con eventuali minusvalenze maturate nella gestione.
3. ETF Italiani
Gli ETF meritano una spiegazione più approfondita perché essi possono generare,
con l’attuale regime fiscale, due tipi di reddito:
redditi di capitale: deriva dalla distribuzione di dividendi / cedole[10]
redditi diversi: deriva dal guadagno di negoziazione (quando cioè il titolo viene
venduto ad un prezzo superiore a quello cui è stato acquistato). E’ il cosiddetto
capital gain.
I redditi da capitale sono semplicemente tassati alla fonte secondo l’attuale regime
fiscale (12,5%).
I redditi diversi invece sono leggermente più complicati, dal momento che bisogna
tenere conto della differenza maggiore tra le seguenti quantità:
a - Prezzo di vendita – prezzo di acquisto
b - Nav del giorno di vendita – Nav del giorno di acquisto[11]
La base imponibile sarà pari al maggiore tra le due differenze indicate, inoltre se
sarà b>a allora si pagherà la tassazione sulla differenza dei NAV ma si genererà al
contempo un credito di imposta pari a (b-a), che sarà decurtabile da future
plusvalenze. La tassazione è anche in questo caso pari al 12,5%.
Queste procedure, se l’investitore sceglie il regime fiscale di risparmio amministrato
(e non il regime dichiarativo) sono a carico dell’intermediario (banca/broker ecc.)
presso cui l’investitore ha in deposito i titoli acquistati.
Il capital gain viene comunque addebitato dall'intermediario al momento della
vendita dell'ETF, salvo poi essere aumentata la minusvalenza recuperabile in capo al
soggetto fiscale.
4. Etf Esteri armonizzati
Valgono le regole spiegate per gli ETF italiani, che sono, a tutti gli effetti degli etf
armonizzati per le quali tutti i redditi di capitale non sono sottoposti nè a ritenute nè
a imposte sostitutive e concorrono alla formazione del risultato della gestione del
fondo che subirà poi un'imposta sostitutiva del 12,5%.
ETF armonizzati si definiscono tali poiché rispettano una serie di parametri e leggi
fissati dall’ UE – volti soprattutto alla tutela dell’investitori.
Per conto della propria clientela retail l'intermediario diretto ricopre il ruolo di
sostituto d'imposta sia per l'applicazione della ritenuta sui redditi di capitale sia per
l'applicazione dell'imposta sostitutiva sui redditi diversi.
Viene applicata una ritenuta a titolo d'imposta del 12,5% sui proventi periodici e sui
redditi di capitale derivanti dal Delta NAV e un'imposta sostitutiva del 12,50% sui
redditi diversi al netto delle eventuali minusvalenze accumulate, qualora l'investitore
abbia rilasciato il proprio assenso al regime di risparmio amministrato.
Non si è tenuti a riportare sul modello UNICO alcuna indicazione del provento, ma
solo nel caso in cui la ritenuta sia già stata applicata dall'istituto mediatore.
5. ETF esteri non armonizzati
I redditi (ma anche le perdite) di questi tipi di investimenti concorrono a formare il
reddito imponibile personale, quindi andranno nella dichiarazione IRPEF
dell’investitore.
L’aliquota rimane del 12,5% per i redditi diversi, mentre i redditi di capitale vengono
comunque tassati alla fonte, e non avranno rilevanza fiscale.
I proventi di capitale concorrono a formare il reddito imponibile del sottoscrittore e
sono assoggettati alla tassazione progressiva IRPEF.
Il soggetto incaricato al collocamento in Italia preleva una quota del 12.5%, a titolo
di ritenuta d'acconto, dai proventi periodici e dai redditi di capitale derivanti dalla
differenza di prezzo d'acquisto e vendita.
Alle plusvalenze/minusvalenze realizzate in sede di negoziazione, l'intermediario
applicherà l'imposta del 12.5% tipica del risparmio amministrato.
Se l'investitore invece è un fondo italiano e non un privato, viene applicata
un'imposta sostitutiva del 12,50% non sui singoli redditi, ma sul risultato di gestione
realizzato dal fondo di investimento. Le ritenute sui redditi di capitale conseguiti dal
fondo sono a titolo d'imposta e, per evitare una doppia imposizione, è previsto
che i proventi soggetti a una ritenuta a titolo di imposta non concorrano a formare il
risultato di gestione da sottoporre all'imposta sostitutiva del 12,50%.
Per quanto riguarda il capital gain il fondo italiano è nordista, per cui i redditi del
capital gain concorrono a formare il risultato di gestione a cui verrà applicata
un'imposta sostitutiva del 12,5% a titolo di imposta.
Regime tributario dopo la negoziazione
Abbiamo esaminato il regime fiscale dei fondi comuni d’investimento mobiliari
italiani ed esteri nell’ipotesi in cui le relative quote non siano oggetto di
negoziazione, cioè quando gli investimenti e i disinvestimenti avvengano solamente
attraverso operazioni di sottoscrizione e rimborso.
Molti fondi, ormai,(in particolare numerosi Etf) sono negoziati in mercati
regolamentati il che consente all’investitore di effettuare investimenti e
disinvestimenti anche attraverso acquisti e vendite delle quote con controparti terze.
Questa ulteriore possibilità non modifica la natura fiscale dei fondi.
Valgono quindi tutte le regole sopra sinteticamente illustrate. Le uniche differenze di
rilievo sono le seguenti:
1)
per i fondi esteri, è possibile che la ritenuta sui proventi del fondo
considerati «redditi di capitale» non sia operata solo dall’intermediario italiano
incaricato dei pagamenti (sottoscrizioni, rimborsi, utili) da parte del fondo estero,
ma – alternativamente –da altri intermediari italiani che intervengono nella
negoziazione delle quote. In estrema sintesi, per quanto riguarda i proventi dei fondi
comuni«armonizzati » collocati in Italia e dei «fondi non armonizzati », ovunque
collocati:
– in caso di «negoziazione», i redditi di capitale compresi nel
corrispettivo di cessione sono soggetti a ritenuta da parte dell’intermediario
residente incaricato dal sottoscrittore (di norma la banca, Sim o altro
intermediario presso cui il sottoscrittore ha depositato la quota);
– in caso di «riscatto o di percezione dei proventi distribuiti dal
fondo», i redditi di capitale sono soggetti a ritenuta da parte dell’intermediario
incaricato dal fondo comune dei pagamenti se esiste e se non è"
disintermediato", o altrimenti da parte dell’intermediario incaricato dal cliente di
percepire tali proventi. Per l’Assofiduciaria (circolare 83 del 2002), l’intermediario
incaricato dei pagamenti dal fondo estero deve considerarsi "disintermediato"
tutte le volte che non risulti in alcun modo coinvolto nell’incasso dei proventi
periodici, il che può accadere se l’investitore, attraverso un intermediario da lui
incaricato (la propria banca, fiduciaria, Sim, Sgr) incassa i proventi rivolgendosi
alla società di gestione estera e non all’incaricato dei pagamenti italiano;
2)
poiché il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita possono differire dai Nav
alla data dell’acquisto o della vendita, dalla negoziazione possono scaturire
plusvalenze o minusvalenze rilevanti come redditi diversi di natura finanziaria.
Tali redditi sono costituiti, in base all’articolo 68, comma 6, del Testo unico, dalla
differenza tra il corrispettivo percepito e il costo d’acquisto o sottoscrizione,
depurata dei redditi di capitale maturati, ma non riscossi (la differenza fra il Nav alla
data di cessione e quello alla data di acquisto, che, nel caso in cui il fondo sia
italiano deve essere assunto al lordo della fiscalità gravante sul patrimonio del fondo
per evitare doppie imposizioni (sul tema, si veda la circolare 139/E del 2002).
Proponiamo una schematizzazione del trattamento fiscale dei fondi comuni
d’investimento:
Sottoscrizione e rimborso
Negoziazione
FONDO ITALIANO
Proventi Sono redditi di capitale già
Plusvalenze
Sono "redditi diversi di natura
tassati in capo al fondo al
finanziaria"; sono compensabili
12,5%; non sono compensabili
con minusvalenze non
con altre minusvalenze in alcun
qualificate conseguite
regime fiscale
dall'investitore (1)
Perdite
Sono utilizzate dalla società di
Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura
gestione; il credito d'imposta è
finanziaria"; sono compensabili
riconosciuto nel NAV; non sono
con plusvalenze non qualificate
compensabili con plusvalenze
conseguite dall'investitore (1)
conseguite dall'investitore in
alcun regime fiscale
FONDO ESTERO ARMONIZZATO COLLOCATO IN ITALIA
Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze
Sono "redditi diversi di natura
a ritenuta d'imposta; non sono
finanziaria"; sono compensabili
compensabili con altre
con minusvalenze non
minusvalenze in alcun regime
qualificate conseguite
fiscale
dall'investitore (1)
Perdite
Sono "redditi diversi di natura
Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura
finanziaria"; sono compensabili
finanziaria"; sono compensabili
con plusvalenze non qualificate
con plusvalenze non qualificate
conseguite dall'investitore
conseguite dall'investitore (1)
FONDO ESTERO ARMONIZZATO NON COLLOCATO IN ITALIA
Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze
Sono "redditi diversi di natura
a ritenuta d'imposta; non sono
finanziaria"; sono compensabili
compensabili con altre
con minusvalenze non
minusvalenze in alcun regime
qualificate conseguite
fiscale, tranne nel caso in cui la
dall'investitore (1)
quota sia immessa in un
risparmio gestito
Perdite
Sono "redditi diversi di natura
Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura
finanziaria"; sono compensabili
finanziaria"; sono compensabili
con plusvalenze non qualificate
con plusvalenze non qualificate
conseguite dall'investitore
conseguite dall'investitore (1)
FONDO ESTERO NON ARMONIZZATO
Proventi Sono redditi di capitale soggetti Plusvalenze
Sono "redditi diversi di natura
a ritenuta d'acconto; non sono
finanziaria"; sono compensabili
compensabili con altre
con minusvalenze non
minusvalenze in alcun regime
qualificate conseguite
fiscale
dall'investitore (1)
Perdite
Sono "redditi diversi di natura
Minusvalenze Sono "redditi diversi di natura
finanziaria"; sono compensabili
finanziaria"; sono compensabili
con plusvalenze non qualificate
con plusvalenze non qualificate
conseguite dall'investitore
conseguite dall'investitore (1)
(1) Sono depurate dei redditi di capitale maturati ma non riscossi
Antonella D’Imperio
[1] Alla chiusura di un rapporto con regime fiscale dichiarativo, le eventuali
minusvalenze possono essere riportate a nuovo per i quattro anni di imposta
successivi, ma solo a compensazione di plusvalenze generate in ambito di regime
dichiarativo.
[2] Alla chiusura di un contratto che usufruisce del regime fiscale di risparmio
amministrato l’investitore può utilizzare le eventuali minusvalenze per compensare
plusvalenze in altri rapporti con regime di tassazione di risparmio amministrato o
regime dichiarativo, purché l’intestazione sia medesima e che la compensazione
avvenga entro il quarto anno fiscale successivo a quello di generazione della
minusvalenza
[3] chi usufruisce di una gestione patrimoniale individuale non è costretto ad
utilizzare il regime di risparmio gestito, ma è libero di scegliere una delle tre forme
disponibili.
[4]Sono definite partecipazioni qualificate le azioni - diverse dalle azioni di risparmio
- e ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società o enti, compresi i
diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite dette partecipazioni, che
rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili
nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% ovvero rappresentino una
partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25%, a seconda che si
tratti o meno di titoli quotati nei mercati regolamentati .
[5] Al fine di rendere equivalente dal punto di vista finanziario la modalità di
tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria utilizzate nell'ambito
del regime gestito, che si fonda sul criterio della maturazione, rispetto ai regimi
della dichiarazione dei redditi e del risparmio amministrato, che si basano
sull'opposto criterio del realizzo è stato introdotto uno speciale meccanismo
chiamato "equalizzatore".
Tuttavia l'art. 9 del D.L. 25 settembre 2001, n.350, convertito dalla legge n. 409 del
23 novembre 2001, ha sancito l'abrogazione del cosiddetto "equalizzatore" delle
plusvalenze e di taluni redditi da capitale, divenuto operativo in data 1° gennaio
2001 a seguito dell'emanazione del decreto del Ministro delle finanze del 4 agosto
2000.
Solo per il periodo dal 1° gennaio 2001 al 3 agosto 2001 il meccanismo
dell'equalizzatore resta in vigore e continua ad applicarsi. Non si fa luogo al
rimborso o ripetizione di quanto dovuto a titolo di ritenuta o imposta sostitutiva
[6] Fonte: Ministero delle Finanze - Ufficio per l'informazione del contribuente
[7] Camozzi & Bonissoni “I fondi comuni in Italia: lineamenti giuridici e fiscali”
Milano 29 novembre 1999.
[8] Il punto più importante, ma anche più controverso, riguarda la disparità di
trattamento fiscale che pone i fondi italiani in un posizione di svantaggio rispetto a
quelli esteri. Infatti, la tassazione per competenza colpisce le plusvalenze
"maturate" ma non ancora incassate, mentre quella per cassa scatta solo nel
momento in cui il sottoscrittore riscuote la plusvalenza (o il provento se è un fondo
a distribuzione), con un differenziale di guadagno in termini di interessi sul
pagamento delle imposte.
[9] Fonte www.morningstar.it
[10] Sono “redditi di capitale” gli interessi corrispettivi, gli utili e i proventi derivati
dall’impiego di un capitale (tipicamente, i dividendi azionari).
Sono “guadagni di capitale” le plusvalenze derivanti da atti di negoziazione, da
rimborso di titoli, nonché i proventi aleatori.
La tipologia dei redditi di capitale può essere sostanzialmente ricondotta a due
grandi gruppi:
i proventi derivanti dalla partecipazione in società ed enti, come gli utili distribuiti
dalle società di capitale, tra cui Spa, Srl, etc. (dividendi);
gli interessi e altri proventi derivanti in senso lato da prestiti, cioè mutui o altre
forme di credito.
In particolare, rientrano tra gli altri redditi di capitale:
gli interessi e gli altri proventi da mutui, depositi e conti correnti; le rendite
perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del Codice
civile. Si tratta delle rendite perpetue dovute a titolo di corrispettivo per il
trasferimento di un immobile o per la cessione di un capitale, nonché di quelle
imposte quali oneri al donatario e delle prestazioni annue perpetue a qualsiasi titolo
dovute, anche se disposte per testamento e dei compensi per prestazioni di garanzie
personali (fideiussioni) o reali (pegni o ipoteche) assunte in favore di terzi;
gli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione e contratti di
cointeressenza indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del Codice civile (nel
caso in cui l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro, le
partecipazioni agli utili costituiscono, tuttavia, redditi di lavoro autonomo);
i proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di
masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o
provenienti dai relativi investimenti;
i proventi derivanti da operazione di riporto e di pronti contro termine su titoli e
valute;
i proventi derivanti dalle operazioni di prestito titoli;
gli altri interessi e ogni altro provento in misura definita derivante dall’impiego di
capitale, esclusi gli interessi compensativi e i redditi derivanti da rapporti attraverso
cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un
evento incerto.
[11] Gli ETF sono fondi costituiti da un portafoglio di titoli che replica il più
fedelmente possibile l’indice su dichiarato dall’ETF stesso. Dunque ogni sera il
gestore del fondo contabilizza il proprio portafoglio e determina il NAV (net asset
value, ovvero il valore del portafoglio di titoli di cui è in possesso alla chiusura del
mercato di trattazione. Tale valore, diviso per il numero di quote presenti, fornisce il
valore della quota del giorno).
Tuttavia gli ETF hanno la peculiarità di essere trattati sui mercati in continua come
azioni qualunque, dunque durante il giorno avranno dei valori che rispecchieranno il
più possibile l’andamento dell’indice sottostante in quel momento. Avranno dunque
almeno un valore di apertura, un massimo, un minimo ed un valore di chiusura.
L’investitore, avendo facoltà di acquistarli durante la trattazione potrà dunque
acquistarli ad un prezzo diverso rispetto a quello di chiusura, che va a formare il
NAV di cui sopra. Questo meccanismo genera la possibile differenza tra:
NAV di vendita – NAV di acquisto e Prezzo di vendita – prezzo di acquisto
Scarica

Risparmio gestito: mini-guida per la tassazione