LA TRAGEDIA GRECA
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Etimologia e origini
Forse la parola “tragedia” deriva dal greco tragodìa (da
tragos, capro, e oidè, canto: letteralmente "canto dei
capri").
Infatti la nascita della tragedia si collegherebbe al culto
di Dioniso, dio del vino e della fertilità: durante i rituali
in suo onore venivano intonati canti (detti ditirambi)
cantati da un coro e da un suo capo-coro (il corifèo) che
intanto eseguivano danze scatenate intorno all'altare
del dio. Il coro era formato dai satiri, camuffati con
pelle di capra ed erano detti quindi tràgoi.
Quale fu lo sviluppo successivo?
•
In seguito il coro si sarebbe diviso in due
schiere che dialogavano tra di loro, sempre
cantando
• Più tardi dal coro si sarebbe staccato l'attore,
che parlava con il corifèo: qui avrebbe avuto
origine la tragedia vera e propria, forse grazie
a Tespi, poeta del VI sec. a. C.
• Infine gli attori divennero due, infine tre
(protagonista, deuteragonista, tritagonista)
Il carattere religioso e agonistico della
tragedia
• Le rappresentazioni avvenivano durante le feste
dedicate a Dioniso: le Grandi Dionisie ad Atene a fine
marzo
• Si svolgevano gare tra gli autori: l’arconte eponimo
sceglieva tre tragediografi che dovevano mettere in
scena ciascuno tre tragedia con in comune un
personaggio e una storia (trilogia) e un dramma
satiresco. Affidava anche a un cittadino ricco il
pagamento delle spese per la messa in scena:
considerato un onore.
• a giudicare era una giuria di cittadini estratti a sorte
Caratteristiche della tragedia
• Rappresentava episodi di carattere storico o
mitologico destinati a concludersi tragicamente
• Era una tragedia raccontata: i fatti veri e propri
avvenivano fuori dalla scena e venivano
raccontati da un personaggio. Sulla scena si
discuteva, dialogava e decideva sui fatti stessi.
• Si basava sul mito o sulla storia, quindi
l'argomento era già noto al pubblico: lo scopo
non era stupire, ma far riflettere. (funzione
EDUCATIVA)
• Il pathos è il sentimento che la
contraddistingue:
la
commozione,
la
sofferenza, la passione.
• Per questo è considerata la forma letteraria
più elevata che "mediante una serie di casi
che suscitano pietà e terrore, ha per effetto il
sollevare e purificare l'animo dello spettatore
liberandolo dalle angosce". CATARSI: come se
vivendo il dolore sulla scena fosse più facile
affrontarlo nella vita
La struttura
• COMPRENDEVA 3 PARTI DIALOGATE e DUE PARTI
LIRICHE
• Le dialogate erano:
• prologo: dà informazioni sugli antefatti, che
servono per capire lo svolgimento dell'azione;
può essere di diverse lunghezze, recitato da uno o
più personaggi
• episodi: da 3 a 7, sviluppano l'azione scenica
attraverso il dialogo tra i personaggi o tra
personaggi e coro o corifeo
• esodo: uscita di tutti i personaggi e del coro
Le parti liriche erano:
• parodo: cantata dal coro al suo ingresso a
ritmo di danza
• stasimi: canti eseguiti dal coro tra un episodio
e l'altro; in essi il coro riflette e commenta
quanto sta accadendo
Lo stile è sempre solenne, elevato e poetico,
data l’importanza della rappresentazione
teatrale. È scritta in versi
La struttura della storia
Aristotele, nella Poetica, definisce le regole
compositive della tragedia; essa deve
rispettare per essere verosimile:
• l'unità di spazio, cioè l'azione deve svolgersi in
un unico luogo
• tempo, cioè si deve svolgere senza salti
temporali, il tempo sulla scena corrisponde a
quello reale e la vicenda, di solito, si conclude
in una giornata
• azione, deve riguardare un unico avvenimento
• Inizia con una situazione apparentemente
normale e positiva
• Si ha una rottura dell'equilibrio (Peripezia: è la
trasgressione di un divieto divino, etico o
civile). L’eroe pagherà poi la sua colpa
• altro elemento fondamentale è l'agnizione, o
riconoscimento, cioè il passaggio dalla non
conoscenza alla conoscenza di un fatto che
cambia i rapporti tra i personaggi.
• Si conclude con la catastrofe, la morte violenta
e tragica del protagonista
I tre massimi tragediografi greci
• Eschilo (525 a.C. – 456 a.C.). Alla base delle sue opere
sta il rapporto tra l'ineluttabilità del destino e la
responsabilità dell'uomo; l'operato degli dei è retto
dalla giustizia che punisce chi ha trasgredito le leggi. La
colpa si riversa anche sui successori del colpevole. Solo
l'accettazione del proprio destino, portando l'uomo alla
conoscenza, lo libera dal castigo.
• Sofocle (496 a.C. – 406 a.C.). Per lui la vita è
caratterizzata dal dolore.
• Euripide (485 a. C. - 406 a. C). Nelle sue opere il tragico
nasce dal conflitto tra gli uomini, non tra l'uomo e la
divinità
L’attore
• Nelle tragedia l'attore indossa un costume (chitone:
una lunga tunica dalle spalle imbottite e dalle
maniche allungate e ampie, drappeggiata, colorata di
porpora, bianco ed ocra, e ricamata, con una cintura
per farlo sembrare più imponente, un alto cappello e
i coturni, scarpe con diverse suole, altissime, che lo
fanno sembrare più alto) e la maschera, dalla fronte
prominente, dall'espressione fissa e la bocca aperta,
che ha il compito di amplificare la voce, ma elimina la
mimica facciale. Poteva avere anche parrucca e
barba
• Sulla scena non erano presenti più di due o tre
attori, che spesso interpretavano più parti:
modificando la maschera anche il timbro della
voce cambiava
• Anche i ruoli femminili venivano interpretati
da uomini
Il coro
• Inizialmente formato da 12 coreuti; Sofocle ne
portò il numero a 15.
• Guidati dal corifeo, il capo-coro, che dialogava
con l’attore
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