La tragedia classica
Evento socio-culturale
dell’Atene del V sec.
Canto del capro
(travgo", wj/dhv)
Festività religiose
dionisiache
Recitazione, canto,
accompagnamento
musicale, danza
Epica in scena
TRAGEDIA
Funzione catartica
Eccezionalità di
fatti e protagonisti
Registro elevato,
stile elaborato
Rappresentazione
delle
conseguenze
della colpa tragica
Che cos’è la tragedia
Aristotele la definisce “un’azione
seria e compiuta in se stessa, con
una certa estensione, in forma
drammatica e non narrativa, la
quale, mediante una serie di casi
che suscitano pietà e terrore, ha
per effetto di sollevare e purificare
l’animo da siffatte passioni”.
La t. è una sorta di rito,
assemblea, gara, in quanto
riveste una funzione educativa ed
è capace di unire il corpo civico e
di dar sfogo a sentimenti agonistici
Il pubblico è la città stessa
(committente e destinatario)
L’edificio è il qevatron, prima
provvisorio, poi in muratura.
Si distinguono cavea, orchestra
con al centro l’altare del dio,
scena
L’occasione è una festa religiosa
come le Grandi Dionisie nel mese
di Elafebolione
È ridotta al minimo l’azione
scenica; gli avvenimenti hanno
luogo per lo più fuori scena (per
ragioni pratiche o tabù);
prevalgono l’informazione, la
narrazione, il dialogo
Le origini della tragedia(1)
Secondo la tradizione la prima tragedia fu rappresentata
nel 534 a.C. da Tespi ad Atene.
La t. nasce nel passaggio dal racconto all’azione, cioè
quando per la prima volta un uomo che espone una
storia riveste l’identità di un personaggio della storia,
contrapponendosi ad un coro.
La tragedia ha origine anche dalla scoperta della
dimensione tragica dell’esistenza umana, caratterizzata
alla sua base da un contrasto insanabile. L’uomo scopre
che nell’azione teatrale può vivere un’altra realtà in cui
esprimere la verità sulla vita.
Le origini della tragedia (2)
Il problema sui precedenti della tragedia e sulle
circostanze che hanno dato forma a questo
nuovo genere è controverso.
Secondo Aristotele la tragedia ha origine dal
ditirambo.
Secondo altre testimonianza i cori tragici sono
nati come celebrazioni dei patimenti di un eroe.
Il nome drama deriva dal verbo dran (fare) ed
attiene al carattere formale di “azione”.
Tragodia è invece il canto del capro: canto sul
capro o per il capro, oppure dei coreuti
mascherati da capri?
Struttura della tragedia
Prologo: un’introduzione recitata da uno o più
personaggi (gnrl. riguarda l’antefatto)
Parodo: il canto d’entrata del coro (spesso
serve a contestualizzare la vicenda)
Episodi: da 3 a 7, costituiscono gli atti (in cui gli
attori recitano o cantano ‘a solo’ o scambiano
battute con il corifeo)
Stasimi: canti del coro, accompagnati da
movimenti di danza, che intervallano gli episodi
Esodo: epilogo della vicenda ed uscita di scena
degli attori e del coro.
Temi e contenuti
Gli argomenti sono tratti dal mito, raramente
dalla storia e quindi sono noti agli spettatori
I fatti diventano portatori di un messaggio per il
pubblico ed occasioni per interrogarsi sulla vita,
sul dolore, sugli dei, sulla giustizia e sul destino,
sulla libertà e sulla responsabilità umane, sui
rapporti tra l’uomo e la divinità e tra un uomo ed
il suo simile.
Il dramma satiresco
Durante i sette giorni delle Grandi Dionisie tre
tragediografi presentavano una tetralogia di
drammi, tre tragedie ed un dramma satiresco.
Il d. s. è una rappresentazione che mette in
scena storie mitiche in chiave burlesca e che
prende il nome dalla presenza fissa di un coro di
satiri, creature per metà capri e metà uomini del
seguito di Dioniso.
A parte frammenti vari, è integralmente
conservato solo il Ciclope di Euripide.
La dimensione tragica
“Ogni tragicità è fondata su un conflitto
inconciliabile. Se interviene o diviene
possibile una conciliazione, il tragico
scompare” (Goethe)
Conflitto tra libertà e necessità, ossia fra
l’azione liberamente decisa in vista di un
fine, e le forze che impediscono all’uomo
di raggiungere il proprio obiettivo.
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La tragedia classica - Liceo Classico Statale F.Capece