ANNO
NUMERO
V
51
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sul sito
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AGOSTO 2015
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Approfondimenti culturali e analisi storica
Chorus periodico edito dall’associazione culturale Cerchi Concentrici Promotor - Reg. Tribunale di Teramo n° 641/2010 del 30-12-2010
Direttore Responsabile: William Di Marco - fax. 085.893.34.05 - Stampa: Tipolitorosetana
Roseto degli Abruzzi: fenomenologia di una crescita
La nascita di Roseto, avvenuta con un atto notarile il 22 maggio 1860, è la data di partenza di una comunità che nel
corso del tempo ha trovato alcuni punti aggreganti, capaci di caratterizzarne la vita sociale
di William Di Marco
I NUMERI TONDI - Centocinquantacinque anni fa nasceva Roseto degli Abruzzi. Non è che sia, come numerazione, una
ricorrenza da sottolineare, perché le grandi feste per avvenimenti del genere solitamente hanno cadenze da cinquant’anni in su,
soffermandosi di più quando di mezzo c’è il secolo. Per tale motivo sono ancora presenti in noi i bei festeggiamenti del 2010 per i
centocinquant’anni tondi in cui le iniziative furono diverse, alcune di grande importanza rievocativa e storica. Tuttavia tre eventi
dello scorso luglio (“Serata Gigino” in ricordo dell’operato di Luigi Braccili e di Paolo Bruni, la presentazione del libro “I Ricordi
di Eidos - II serie” e la proiezione del film “Roseto e le sue storie” sulla storia della Città delle Rose) hanno fatto tornare al centro
dell’attenzione lo snodarsi delle vicende storiche di questa parte d’Abruzzo. Per poterne capire l’importanza bisognerebbe
ripercorrere le tappe salienti dal punto di vista cronachistico e fare anche un parallelo con le vicende storiche nazionali. È ciò
che viene chiamata microstoria che si incunea nella macrostoria, per dare un senso molto più completo a delle vicende locali,
che altrimenti sarebbero collocate solamente dentro un principio di rievocazione, spesso legate a curiosità e a un poco scientifico
passaparola orale. Tuttavia questo percorso storiografico per forza di cose (non ultimo di spazio) lo tralasciamo, rinviando il
lettore a cercare pubblicazioni che hanno trattato più dettagliatamente tale aspetto. In questa sezione ci interessa maggiormente
capire sotto il profilo fenomenologico e sociologico il perché di una crescita così importante avvenuta sulla sponda nord del
fiume Vomano e quali sono state le caratteristiche che hanno portato Roseto a uno sviluppo diverso (non migliore o peggiore) dei
comuni limitrofi. Per tale motivo spesso gli storici si soffermano sulla microstoria, cercando di superare concetti campanilistici,
sovente inventati, che per secoli hanno tenuto a battesimo opere di storia locale in cui si favoleggiava più che fare ricerca
archivistica e contenutistica.
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La Via Francigena.
Da Siena a Roma in bicicletta
Una estate di tanti anni fa
Dal Rinascimento dei Medici alla terra dei papi.
Pubblichiamo la seconda parte di questo viaggio
affascinante e pieno di spunti religiosi e culturali
Il tergicristallo della Giulia batteva regolare controvento.
Al bambino piaceva quel tac tac delle gocce sulla
carrozzeria: gli dava un senso di protezione. L’aria era
allegra sull’auto...
di Paolo Nocelli*
di Ugo Centi*
Viaggiare piace a tutti. È bello viaggiare comodamente, ma è
molto più interessante farlo con una certa libertà, con spirito
di avventura e divertendosi. Da un po’ di tempo pensavo
con interesse di fare il “Cammino di Santiago” che attira
gente da tutto il mondo. È stato quindi del tutto naturale
prendere in considerazione la “Via Francigena” che più di
un’alternativa al “Cammino” rappresenta il fulcro delle
antiche “vie della fede” che nel medioevo venivano percorse
per motivi religiosi e non. Dante Alighieri nella “Vita Nova”
parla di tre grandi vie di pellegrinaggio:
a) una diretta a Santiago de Compostela, vi
transitavano i “pellegrini” (il luogo più lontano,
più peregrino), il simbolo era rappresentato
dalla conchiglia; b) una diretta a Roma, i
pellegrini erano detti “romei”, il loro simbolo
era la chiave; c) una, passando per S. Michele
Aveva giocato tutto il pomeriggio spensierato quel bambino.
La sera si partiva per il mare. Era il 28 giugno 1971. Verso le
18, ecco la potente Giulia 1600 del papà, con quei fari gialli
supplementari che la facevan sembrare da rally! Pan pan, due
colpi di clacson al cancello. Il bagagliaio già carico. Ma alla
mamma non piacevano le curve delle “Capannelle”, specie
se pioveva; e quella sera d’estate era piovosa: meglio passare
da Pescara. E così via lungo la piana dei Navelli: strada
stretta e dritta come una riga nel verde. Con
ogni tanto una tabella di pietra con la scritta
bianca in fondo blu: “Abruzzo aquilano”. Il
tergicristallo della Giulia batteva regolare
controvento. Al bambino piaceva quel tac tac
delle gocce sulla carrozzeria: gli dava un
senso di protezione. L’aria era allegra sull’auto.
continua a pag. 3
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Roseto degli...
segue da pag. 1
I ASPETTO: LA PARROCCHIA DI SS
MARIA ASSUNTA - Se si va un po’ più
a fondo alle vicende legate alla nascita
de “Le Quote” - cioè il primo borgo che
prese corpo a partire da quel 1860 e che
durò fino al 1887, quando avvenne il
cambio del nome in Rosburgo - si capisce
come la focalizzazione deve per forza
cadere sull’allora nascente chiesa. Già
dal 1965 il luogo di culto dedicato a S.
Filomena venne eretto, anche per precisa
disposizione della Chiesa Ricettizia di
Montepagano, proprietaria di quelle
quote che furono divise in dodici parti
e vendute a famiglie benestanti della
provincia. L’inaugurazione avvenne il
18 luglio 1868, ma la svolta importante
si ebbe grazie al maggior benefattore
del tempo, il più grande munifico che
la cittadina avrà. Giovanni Thaulero a
fine ‘800 capì l’importanza di aggregare
i residenti del locale borgo di pescatori
e di piccoli coltivatori intorno a una
chiesa più grande, che avesse un ruolo
centrale nella crescita sia religiosa sia
culturale dei cittadini. Il nuovo edificio
fu costruito una cinquantina di metri
più a Nord (dove insiste ora) ed ebbe
una caratteristica diversa dai luoghi di
culto del tempo. Intanto a volerlo fu un
privato, cioè quel Thaulero che aveva
un ruolo attivo nell’organizzazione
del villaggio collocato nella marina di
Montepagano. Si accorse subito che
lo sviluppo del sito era esponenziale e
pertanto, a spese proprie, istituì un club,
chiamato rosburghese, che servì a creare
l’humus determinante per le iniziative
ricreative e culturali. Volle anche un
mercato della frazione e s’impegnò
affinché non chiudesse, come avrebbero
voluto i paganesi. Per far ciò, lo istituì
su dei terreni di sua proprietà, in modo
che il municipio apicale avesse meno
influenza “politica”. Fece costruire il
primo sottopasso al mare (per l’appunto
in via Thaulero), capendo che le vicende
dell’altra parte della ferrovia sarebbero
state determinanti negli anni a venire.
Poi, grazie alle sue iniziative, nacque il
primo albergo (S. Michele poi Imperiale)
e fu costruita, a sue spese, la prima
illuminazione pubblica. Uomo, quindi,
di grande capacità e apertura civica,
aveva compreso come una parrocchia
potesse dare il senso di appartenenza
in profondità a un villaggio che si stava
ingrandendo. La caratteristica di cui si
accennava prima è che la cittadinanza
fu coinvolta attivamente, grazie
alla lungimiranza di Thaulero,
a questo processo di crescita e
non si ebbe quella pedissequa
sottomissione in cui il clero detta
un po’ i tempi ai fedeli, i quali
eseguono ordini solitamente
piovuti dall’alto. La parrocchia
di S. Filomena, divenuta dal
1961 Ss Maria Assunta, ha
rappresentato il centro motore
di tutti quei residenti che
iniziavano ad aggregarsi in un
modo più propositivo, cercando
quell’autonomia d’azione in
ambito ricreativo e culturale che
il grande Thaulero in un certo
senso aveva trasmesso. E quella specie
di “indipendenza integrativa” è rimasta
nel dna dei rosetani, che oggi sventolano
con orgoglio il loro motto di “comunità
in cammino”.
II ASPETTO: LA PARROCCHIA
DEL S. CUORE - Un discorso più o
meno simile, anche se molto diverso
nell’impostazione, la cittadina adriatica
lo ha vissuto con la creazione, nel 1954,
della seconda parrocchia, quella del
S. Cuore. La principale similitudine è
dovuta dall’autonomia del progetto
chiesasitico che aveva caratterizzato
la nascente S. Filomena. Tuttavia le
differenze furono tante, ad iniziare dalla
gestione stessa della comunità, affidata
ai padri di Brescia della Congregazione
di Nazareth che si rifacevano agli
insegnamenti di Giovanni Piamarta.
Questa particolarità dette alla parrocchia
del S. Cuore un impulso nuovo e molto
emancipato, grazie pure agli spazi
occupati, più grandi e funzionali. La
nascita da subito di un oratorio di
stampo bresciano fece
la grande differenza nei
confronti delle parrocchie
del tempo di tutta la
provincia e anche forse
dell’Abruzzo. Il luogo
di aggregazione era ben
articolato, con campi di
gioco per i bambini e
ragazzi del posto e molti
spazi dedicati alle attività
ludico-ricreative.
La
formazione degli stessi
sacerdoti era differente
rispetto agli standard
locali, in quanto lo spirito
piamartino ricalcava quello di Don
Bosco, cioè raccogliere i ragazzi dalla
strada e dare loro una formazione
culturale e professionale, affinché il
grande potenziale creativo dei giovani
non andasse perso. Questo strappo
con il passato permise a molti giovani
rosetani della seconda metà del secolo
scorso di crescere con sollecitazioni
più articolate e fortemente educative,
creando
una
nuova
coscienza
collettiva che nel tempo verrà riversata
nelle attività associative della città.
Inoltre va ricordato che entrambe le
parrocchie, con una predominanza
del S. Cuore per via della collocazione
geografica, hanno avuto un ruolo
fondamentale per aggregare i nuovi
venuti dell’entroterra i quali, pur
rimanendo legati molto ai loro
paesini di provenienza, sempre più
trovavano nella comunità religiosa
un modo per acquisire il minimo
comune denominatore di adesione a
un progetto condiviso.
LO SPORT E IL BASKET - Un altro
fattore socialmente rilevante è stata la
capacità di molti rosetani di sapersi
esprimere sotto il profilo dell’agonismo
sportivo. La prima società di calcio
della provincia è stata la Rosburghese,
ma altri fattori molto indicativi
hanno fatto di questa cittadina una
vera fucina di atleti. Tuttavia non è
tale l’aspetto più importante, bensì
quello di riconoscersi non tanto
nelle attività fisiche in generale o
nel popolarissimo calcio, quanto
di identificarsi in uno sport di tipo
nuovo come la pallacanestro. Il fatto
che a partire dagli anni ‘30 del ‘900
si giocasse già con la palla a spicchi
e che nell’immediato dopoguerra,
attraverso il torneo estivo, si creasse
un sostrato molto importante di
appassionati di questa disciplina, ha
dato origine ai presupposti identitari,
che non rimasero confinati solo nello
sport, ma furono assunti come segno
distintivo cittadino. Quello che
sarebbe diventato il basket non era
così diffuso come il calcio o il ciclismo
e questo fenomeno da un lato un po’
esclusivo e dall’altro anche complicato
nell’interpretazione, era in un certo
senso la chiave decodificante per
continua a pag. 3
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Roseto degli...
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accedere al concetto di “rosetanità”. Chi
entrava a far parte della nuova comunità
doveva in qualche modo capire come
si giocasse con quella palla che doveva
finire in un canestro e quindi sforzarsi
di entrare in un novero più ristretto di
avvinti rispetto ai tanti interessati alla
popolarità del calcio. E poi c’era un
contatto, date le origini del “basketball”,
molto diretto con l’America, che rendeva
il legame più forte verso gli emigranti
La via...
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Arcangelo sul Gargano lungo la costa
Adriatica, era diretta a Gerusalemme. La
palma era il simbolo del pellegrinaggio
ed i pellegrini erano detti “palmieri”. La
via Francigena rappresentava proprio
il punto di incontro dei tre percorsi:
dal nord Europa scavalcava le Alpi
e, attraverso la Pianura Padana e gli
Appennini, raggiungeva Roma per
proseguire verso Gerusalemme; da sud
veniva utilizzata dai fedeli che dall’Italia
si recavano a Santiago de Compostela.
Le motivazioni che portavano i
pellegrini ad affrontare viaggi proibitivi
per quei tempi erano diverse: per
chiedere una grazia, per adempiere ad
un voto oppure per una ricerca religiosa
personale. Talvolta era imposto come
pena dal giudice o come penitenza
dal confessore per colpe o peccati di
particolare gravità. Chi era ricco, però,
poteva mandare una persona a fare il
pellegrinaggio per proprio conto.
Un simile progetto oggi può ancora
avere motivi spirituali, ma molto spesso
sono altri gli interessi che spingono
ad affrontare un simile cammino che,
pur con i vantaggi del nostro tempo,
rappresenta sempre un impegno da
non sottovalutare. Per compierlo, sia
a piedi che in bicicletta, occorre una
certa preparazione psico-fisica. In
ogni caso per chi non è spinto dalla
fede il “Cammino di Santiago” o la “Via
Francigena” costituiscono un viaggio o
della zona che lì si erano recati. Ecco che a
questo punto lo sport per intero (a Roseto
sono nate società che si sono fatte valere
in campo nazionale nel pattinaggio, nelle
bocce, nel pugilato, nel motociclismo e in
altri settori) è andato oltre una sua valenza
agonistica e formativa, caratterizzando
anche un tratto distintivo,
soprattutto con il basket,
dei rosetani.
L’ASSOCIAZIONISMO Per chiudere questa piccola
carrellata identitaria di
questa parte dell’Abruzzo
bisogna far riferimento
all’associazionismo,
che
molteplici soddisfazioni ha
dato ai promotori culturali
e che ancora riesce a
convogliare l’interesse di
molte persone. Questa
caratteristica è un altro
tratto
tangibile
degli
abitanti di Roseto che
hanno trovato sempre
il modo, anche e forse
segnatamente
attraverso
il volontariato, di unirsi intorno a dei
progetti concreti. Roseto, dopo l’epopea
ideologizzata degli anni ‘70 del secolo
scorso, ha vissuto il “riflusso” della
nascita di associazioni, che hanno portato
linfa vitale al tessuto concettistico locale.
Molto importanti sono state, a partire
dagli anni ‘80, le realtà associative di
tipo sportive e non per niente i gruppi in
quegli anni sfioravano le quaranta unità,
con le più svariate discipline possibili.
L’aspetto precipuo, comunque, non era
solo quello di fare sport, ma predominava
in molti associati la voglia di ritrovarsi
intorno a un progetto comune che desse
slancio a un “cammino” di stampo laico,
ricreativo e culturale. Tale atteggiamento
ha creato nel tempo un’organizzazione
capillare di associazioni di diverso tipo,
tant’è che spesso lo sport è stato un
pretesto per approdare verso lidi nuovi
e più articolati. Oggi molte iniziative
locali prendono spunto dalla volontà
di associazioni che animano il territorio
rosetano tutto, compreso le ormai
popolose frazioni. Probabilmente è in
questo ambito che bisogna leggere la
semina che è stata fatta in questi 155 anni
e che sembra non aver esaurito ancora la
propria corsa propulsiva e innovativa.
una vacanza veramente alternativi.
Documentarmi sulla via Francigena è
stato agevole utilizzando i diversi siti
web e soprattutto il sito ufficiale www.
viefrancigene.org/it/. Non ho, però,
trascurato alcune pubblicazioni (*) che
illustrano nel dettaglio sia il percorso,
che il significato storico-culturale
della via tracciata dal monaco inglese
Sigerico nel viaggio di ritorno da Roma a
Canterbury, avvenuto nel 994 e annotata
nel suo “Itinerarium”: con le 80 tappe
differente da quello contemporaneo.
Venivano indicati dei tracciati marcati
da punti di riferimento fissi, tra i quali
però il percorso poteva subire diverse
variazioni causate da ragioni climatiche,
stagionali, di sicurezza e così via. Il nome
Francigena (ma veniva chiamata anche
“Romea”) deriva dal fatto che dalla terra
dei Franchi portava a Roma. Ai tempi
di Sigerico il percorso era delineato da
luoghi di sosta, villaggi, e abbazie per
ospitare i pellegrini. C’erano locande,
romitori, spedali e numerosi edifici per
la riscossione di gabelle (ahi! Le tasse.
Già allora si doveva pagare la tassa di
soggiorno).
Grande importanza assunse la via
Francigena al tempo delle Crociate.
Divenne una strada commerciale per
le spezie, le sete e altre mercanzie
provenienti dall’Oriente. Fu percorsa
da mercanti, soldati, monarchi e
personaggi di vario tipo. L’importanza
della “Romea” aumentò con l’istituzione
dei Giubilei, avvenuta nel 1300 per
volontà di Bonfacio VIII, diventando
una specie di autostrada ante litteram.
Nei secoli successivi con lo svilupparsi
dei commerci e l’individuazione di
altri tragitti la via perse il suo ruolo
strategico e pian piano scomparvero tutti
i riferimenti degli antichi sentieri.
Dopo la riscoperta del Cammino di
Santiago, avvenuta circa 30 anni fa, e
sulla scia di quel successo, l’Associazione
Europea delle vie Francigene con sede
a Fidenza ha cercato di ricostruire il
e i luoghi dove si fermò a pernottare. Il
tracciato descritto dal monaco è l’unico
documento conosciuto riguardante la
via Francigena, perché essa non è mai
esistita ufficialmente e non è possibile
definirla con un percorso preciso. Più
che una strada era un fascio di strade,
una direzione che indicava un percorso
appena abbozzato che collegava il nord
Europa con Roma. In epoca medievale,
infatti, il concetto di strada era molto
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La via...
segue da pag. 3
percorso medievale descritto da Sigerico
soprattutto nel tratto italiano a partire
dal Gran S. Bernardo, per una lunghezza
complessiva di 945 km suddiviso in
51 tappe percorribili a piedi. È stata
realizzata una vasta segnaletica e, con
il contributo degli enti locali, sono stati
approntati alloggi di tipo economico
dislocati mediamente ogni 20-25 km. Ciò
per chi volesse rivivere lo spirito degli
antichi pellegrini, ma vale anche per
chi si volesse cimentare in una impresa
turistico-sportiva, usufruendo di una
sobria ospitalità e sostenendo una spesa
contenuta. L’ospitalità spartana permette
ancora meglio di apprezzare la bellezza
di un viaggio che riesce a riportare
indietro nel tempo. Utilizzando strade
secondarie, mulattiere e sentieri, il più
possibile lontani dal traffico, si arriva
fino a Roma, vivendo un’esperienza
non usuale. Dal 1994 la via Francigena
è stata dichiarata “Itinerario Culturale
del Consiglio d’Europa” in quanto è un
percorso di straordinaria bellezza. È
l’occasione per un rinnovato rapporto
con la natura e il territorio, ma anche con
la storia, le tradizioni e il folclore delle
genti. Un viaggio alle radici della cultura
italiana ed europea. La Francigena
nel tratto italiano si può percorrere
interamente, ma possono essere scelti
tratti limitati senza che venga diminuito
il suo fascino. Anche oggi, il miglior
modo di apprezzarla è andando a piedi
riscoprendo un turismo dal movimento
lento, ma una valida alternativa è
percorrerla con la bicicletta che offre il
vantaggio di accorciare i tempi di viaggio
e, soprattutto, può essere più divertente.
Infatti in bicicletta è possibile fare in soli
cinque giorni il tratto Siena-Roma che, a
mio giudizio, rappresenta l’itinerario più
avvincente. Un percorso che attraversa
antichità etrusche e romane, siti
termali, borghi medievali e città d’arte.
Dal Rinascimento dei Medici alla terra
dei papi. L’idea di cimentarmi con la
via Francigena si è rafforzata la scorsa
estate quando sono stati ospiti del
nostro b&b Lisa ed Ernesto che hanno
scelto di riposarsi “A casa nostra”
dopo dieci giorni di cammino a piedi.
Quando Lisa ed Ernesto sono ripartiti
avevo già un’idea, ma la decisione
finale è avvenuta navigando in internet.
Mi sono imbattuto con la presentazione
di un viaggio cicloturistico di gruppo
(Viaggiareinbici.it) proprio del tratto da
me preferito: da Siena a Roma. L’offerta
era interessante perché garantiva una
valida organizzazione soprattutto
per l’assistenza tecnica. Del resto era
la prima volta che mi accingevo ad
affrontare un percorso in mountain
bike di quasi 300 km attraverso strade
e sentieri per lo più sconosciuti e,
pertanto, ho ritenuto opportuno farlo
con spirito avventuriero, ma non
velleitario. L’intero itinerario segue
fedelmente il percorso originario
descritto da Sigerico e si sviluppa per
buona parte su strade secondarie che
costeggiano la consolare via Cassia.
Arrivare a Roma percorrendo la
Francigena in bicicletta, per me non
è stato solo un viaggio turistico o un
impegno sportivo. È stato qualcosa di
più: ritornare nella mia città di origine
in maniera inconsueta e, soprattutto,
appagando passioni incomparabili
come: storia, arte, natura e una sana
attività motoria. Presa la decisione
ho iniziato un graduale allenamento,
percorrendo con la mia mountain
bike lungo le colline rosetane distanze
che andavano da 40 a 50 km, con
l’obiettivo di prepararmi ad affrontare
percorsi misti e salite di medio livello.
Dopo un adeguato addestramento,
finalmente è arrivato il momento
fatidico. L’appuntamento con il gruppo
dei cicloturisti era per la mattina del 19
maggio sulla piazza della stazione di
Siena. Confesso che ho provato una certa
emozione per ciò che mi aspettava. Del
resto la meta del viaggio era Roma, la
città dove sono cresciuto e ho trascorso
gli anni della mia giovinezza. Oltre tutto
la partenza è avvenuta da una delle città
più belle d’Italia. Un piccolo sogno che
si stava avverando.
Nell’affrontare il viaggio io e i miei
compagni non siamo certo partiti come
pellegrini: “ma con animo pellegrino, con
la capacità di guardare e cogliere la realtà
che ci circonda”, come suggeriva una
delle pubblicazioni che illustrano la “Via
Francigena”. L’impegno fisico è stato
notevole, la preparazione e l’allenamento
ci hanno aiutato a superare le difficoltà,
ma la forza interiore ci veniva giorno
per giorno da ogni pietra, dai ruderi,
piazze e fontane, dai basolati, dai tufi,
dai magnifici panorami e, non ultimo,
dalla gente che incontravamo solidale e
sempre cortese.
(*) Guida alla Via Francigena (ed. Terre Di
Mezzo)
Una estate ...
segue da pag. 1
Ecco Bussi. Le gole. Lo stabilimento baretto all’angolo del corso centrale; il
della Montecatini che allora non si
conosceva dei veleni. Scafa, le ciminiere
del cementificio, i tetti grigi lavati dalla
pioggia. La Tiburtina, che a Manoppello
incontrava l’autostrada in costruzione.
Il casello della “Brecciarola”, quasi
in acquaplaning sull’asfalto. Uscita
obbligatoria, Montesilvano - Città
S.Angelo: il resto ancora non aperto al
traffico. Di lì sull’Adriatica, piena di
camion, di tir. Silvi, Pineto, la variante
di Pineto: la Giulia sorpassa veloce:
il motore doppio albero in testa dà
una spinta dolce ma decisa. Poi il
“Borsacchio”, che allora non sapevo si
chiamasse così. E quindi Giulianova,
meta di quelle vacanze 1971. Una
famiglia ci aveva affittato una camera
con cucina. Il marito della signora
aveva un negozio di pasta all’uovo in
centro. Ci aspettavano. Era sera ormai.
Che era Giulianova in quegli anni! Il
lungomare sud asfaltato solo al centro,
con il ghiaietto sul lato monte; il molo
stretto e più corto d’ora, pieno di reti da
pesca in fase di ricucitura; la campagna:
c’era la campagna allora a Giulianova!
L’ombrellone si portava da casa. Non
c’erano a sud del molo sud, stabilimenti
balneari. Il caldo di luglio scioglieva il
bitume della strada.
Le auto la domenica
si infilavano a pettine
sulla sabbia. Con le
ruote di dietro delle
500 che pattinavano
per riuscire! Lo ricordo
come fosse ora. Che
mondo! Non ne ho
nostalgia.
Ma
ho
pensato di raccontare
questa storia non solo
perché rappresenta un
pezzo di me, ma forse
perché è l’emblema di un’altra Italia,
un altro Abruzzo, un altro mare. Non lo
so, magari un “come eravamo”; come
andavamo al mare; come s’intendeva,
anche socialmente, la vacanza!
*Direttore del sito Web
Controaliseo
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Roseto degli Abruzzi: fenomenologia di una crescita