Edizioni Simone - Vol. 10 Compendio di Diritto Sindacale Capitolo 7L’attività sindacale nei luoghi di lavoro: rappresentanze e diritti sindacali Sommario1. Generalità. - 2. Le rappresentanze sindacali aziendali (RSA). - 3. Le rappresentanze sindacali unitarie (RSU). Dal Protocollo del 1993 all’accordo interconfederale del 2014 (Testo Unico della rappresentanza). - 4. I dirigenti delle rappresentanze sindacali in azienda (RSA o RSU) e i loro diritti. - 5. Gli altri diritti sindacali previsti dallo Statuto: il diritto di assemblea (art. 20). - 6. Segue: Il referendum (art. 21). - 7. Segue: Il diritto di affissione (art. 25). - 8. Segue: Il diritto di utilizzazione dei locali (art. 27). - 9. Segue: Il diritto di raccogliere contributi e svolgere opera di proselitismo (art. 26). - 10. Il campo di applicazione del Titolo III dello Statuto dei lavoratori. - 11. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). - 12. L’informazione e la consultazione delle rappresentanze aziendali. - 13. L’applicabilità dello Statuto dei Lavoratori e le prerogative sindacali nel pubblico impiego. 1.Generalità All’attività sindacale è dedicato l’intero Titolo III della L. 20-5-1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) che ha introdotto anche nel nostro ordinamento, ispirandosi al modello anglosassone dell’auxiliary legislation, quelle misure di sostegno e promozionali (GIUGNI, ROSSELLI) a lungo invocate dai sindacati e in particolare dalle tre maggiori confederazioni. Fu soprattutto dopo il cd. autunno caldo del 1969, che aveva costituito anche per il sindacato un momento di grave crisi e spesso di frattura con la «base», che tale esigenza si fece più forte. Con la L. 300/1970, non si è inteso regolare l’attività dei sindacati, perché ciò sarebbe stato in contrasto col principio costituzionale della libertà sindacale, bensì affermare alcune garanzie essenziali dirette a rimuovere gli ostacoli che si possono frapporre allo svolgimento dell’attività sindacale sui luoghi di lavoro. Infatti, con tale legge, si ebbe a dire che «la Costituzione varca i cancelli delle fabbriche», proprio perché l’attività sindacale nei luoghi di lavoro viene considerata legittima e tutelata da possibili forme di ostruzionismo e ritorsione del datore di lavoro. 2.Le rappresentanze sindacali aziendali (RSA) A) La funzione dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori La rappresentanza sindacale aziendale si può definire come «qualunque tipo di organizzazione attraverso cui il sindacato è presente nell’azienda, purché derivi dall’iniziativa dei lavoratori ed abbia qualificazione sindacale, cioè sia riferibile alla struttura sindacale» (ROSSELLI). 110 Capitolo 7 L’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori devolve i diritti sindacali, da esso posti nel Titolo III, alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA), definendo il criterio per l’istituzione delle stesse. Non tutte le associazioni sindacali presenti in azienda, infatti, sono ammesse alla costituzione delle RSA, ma solo quelle effettivamente ed adeguatamente «rappresentative». La funzione dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale, è quella, dunque, di limitare la costituzione delle RSA ed il godimento dei diritti sindacali previsti dal Titolo III dello Statuto soltanto alle associazioni che presentano determinati requisiti. Giurisprudenza Proprio la predetta funzione selettiva e limitativa ha fatto sì che la norma fosse sin da subito tacciata di incostituzionalità per contrarietà al principio della libertà sindacale. La Corte Costituzionale ha però sempre respinto tutte le eccezioni sollevate ritenendo legittima l’esistenza di un criterio selettivo. Il legislatore, infatti, nel limitare la costituzione delle RSA, ha voluto evitare il rischio che sindacati privi di effettiva rappresentanza aziendale possano pretendere l’applicazione di norme di particolare importanza, in quanto incidenti sull’attività aziendale, sui poteri dell’imprenditore ed anche sugli interessi collettivi degli stessi lavoratori (sent. 54/1974 e 334/1988). B) Il criterio per la costituzione delle RSA La norma, nella sua originaria formulazione, si fondava su un criterio selettivo della rappresentanza sindacale, tendente essenzialmente a riconoscere ampi poteri alle organizzazioni dei lavoratori storicamente collaudate (le confederazioni maggiormente rappresentative, CGIL, CISL e UIL). Nel tempo questo criterio è stato oggetto di due importanti interventi, rispettivamente in sede legislativa e giurisprudenziale, allo scopo di adeguarlo e renderlo compatibile con il mutato scenario delle relazioni sindacali, salvaguardando in tal modo la funzione stessa dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori. Il primo intervento è avvenuto con il referendum, tenutosi l’11-6-1995, e il secondo, a distanza di 18 anni, operato dalla Corte costituzionale con la sent. 23-7-2013, n. 231 (per i dovuti approfondimenti si rinvia al prec. Cap. 3, par. 6). In esito a tali interventi, hanno diritto alla costituzione delle RSA e, quindi, sono ammesse al godimento della relativa tutela in ambito aziendale, le associazioni sindacali che risultino firmatarie di un contratto collettivo applicato all’unità produttiva, di livello nazionale, provinciale o aziendale, o anche quelle che abbiano effettivamente ed attivamente partecipato alle trattative per il contratto collettivo, anche in caso di mancata sottoscrizione dello stesso. In accordo con l’orientamento dottrinale consolidato, resta inoltre necessaria la sussistenza di una struttura associativa: deve trattarsi quindi di un soggetto stabilmente organizzato con finalità di tutelare gli interessi collettivi dei lavoratori (GIUGNI). Pertanto, sono da ritenersi esclusi nuclei organizzativi occasionali, anche se abbiano eventualmente stipulato un accordo aziendale. L’attività sindacale nei luoghi di lavoro: rappresentanze e diritti sindacali 111 Con il referendum del 1995 è, da un lato, venuto meno il requisito dell’affiliazione alle Confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, dall’altro è stato incluso il contratto collettivo aziendale come contratto abilitante alla costituzione di RSA. Con la sentenza della Corte cost. 231/2013, è stata scongiurata l’esclusione automatica, dal diritto a costituire RSA, dei sindacati che, pur essendo rappresentativi della categoria, non abbiano stipulato il contratto collettivo in quanto in disaccordo con esso. L’art. 19 St. Lav. prevede, infine, che nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento. C) Struttura e organizzazione delle rappresentanze sindacali in azienda (RSA) L’art. 19 St. Lav. è stato formulato volutamente in modo generico al fine di permettere di dare alle rappresentanze sindacali in azienda (RSA) la struttura più confacente alle singole situazioni aziendali: infatti, oltre al requisito della «iniziativa dei lavoratori», la norma nulla altro dice sulla procedura di costituzione della RSA né sulla sua struttura. La ragione di tale vaghezza è duplice: da un lato, all’epoca dell’approvazione dello Statuto dei lavoratori (1970) esistevano diverse forme di rappresentanza a livello aziendale (commissioni interne, delegati) e un’eventuale opzione da parte del legislatore «avrebbe corso il rischio di entrare in conflitto con la realtà, depotenziando l’effettività della legge»; dall’altro, lo Statuto dei lavoratori «è una legge di sostegno all’azione sindacale, non di regolamentazione della forma che deve assumere la rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro» (GIUGNI). Dalla formulazione dell’art. 19 St. Lav. deriva che tutto è rimesso all’autonomia organizzativa del sindacato e pertanto la RSA può assumere qualsiasi forma. La problematica riguardante la struttura delle rappresentanze aziendali Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai risalente, le RSA, che lo Statuto dei Lavoratori ha introdotto, in sostituzione delle precedenti commissioni interne, sia come strumento d’informazione e di collegamento tra le diverse unità produttive di una medesima azienda sia come raccordo in sede nazionale con le diverse centrali sindacali, hanno una struttura plurisoggettiva, sicché in nessun caso un componente di esse può, uti singulus, assumere iniziative nel campo sindacale e del lavoro di competenza esclusiva dell’organo collegiale (Cass. 23-11-1985, n. 5842). Ribaldando completamente tale posizione, è stato poi sostenuto che le RSA possano avere anche una struttura unipersonale; ciò comporta che l’unico componente della rappresentanza sindacale diviene titolare del diritto ai permessi retribuiti ex art. 23 St. Lav. Non vi è infatti nessuna norma che imponga alla rappresentanza sindacale aziendale di costituirsi con più lavoratori, considerato anche che la mancata prescrizione di una forma plurisoggettiva di tale rappresentanza risponde al principio della libertà sindacale (ex art. 39 Cost.), e sussistendo in concreto la possibilità, per ragioni legate alla singola unità produttiva, che le RSA siano anche monosoggettive (Cass. 20-7-1996, n. 6524). 112 Capitolo 7 I diversi criteri per la costituzione delle RSA nell’evoluzione dell’art. 19 Statuto dei Lavoratori Criteri previsti nella formulazione originaria della norma (prima del referendum del 1995) 1.adesione alle Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale oppure 2.sottoscrizione di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva Criteri post referendum del 1995 Criteri post sent. della Corte cost. 231/2013 sottoscrizione di contratti collettivi nazionali, provinciali o aziendali, applicati nell’unità produttiva sottoscrizione di contratti collettivi nazionali, provinciali o aziendali, applicati all’unità produttiva, o anche soltanto effettiva partecipazione alla relativa negoziazione 3. Le rappresentanze sindacali unitarie (RSU). Dal Protocollo del 1993 all’accordo interconfederale del 2014 (Testo Unico della rappresentanza) A) Il passaggio dalle RSA alla RSU Il modello delle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) è stato previsto per la prima volta con il Protocollo di intesa del 23-7-1993, sulla base delle indicazioni contenute nell’accordo quadro tra CGIL, CISL e UIL sottoscritto in data 1-3-1991, e ha trovato una disciplina definitiva con l’accordo interconfederale del 20-12-1993 (1). In base a tale accordo alle RSU venivano trasferiti i diritti sindacali goduti dalle preesistenti strutture rappresentative (RSA). La RSU, rispetto alle RSA, rappresentava una sorta di compromesso tra una rappresentanza aziendale di tipo elettivo, espressione dei lavoratori dell’azienda (iscritti o meno ai sindacati) e una rappresentanza dei sindacati nell’azienda (infatti era — ed è — previsto un collegamento con i sindacati esterni). Le associazioni firmatarie del Protocollo, nonché quelle che vi aderissero, si impegnavano a non costituire più RSA ai sensi dell’art. 19 St. Lav. Nonostante tale impegno, in molti settori produttivi, non si è proceduto però alla costituzione di RSU e si è continuato secondo il modello delle RSA. La recente fase di divergenza tra i sindacati e di rottura dell’unità d’azione ha, poi, ulteriormente favorito la tendenza a non abbandonare il modello delle RSA. Da ultimo, con gli accordi interconfederali di riforma della contrattazione collettiva, ed in particolare con il Protocollo d’intesa del 2013 e con l’accordo interconfederale del 10-1-2014, recante il Testo Unico della rappresentanza, le tre storiche confede(1) L’accordo del 23-7-1993 (cd. Protocollo 1993) è stato sottoscritto, nella forma di verbale di intesa, tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro del Lavoro ed il Ministro della Funzione Pubblica ed i rappresentanti di numerose organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro (CGIL, CISL, UIL, Confindustria, INTERSIND, CONFAPI, CONFCOMMERCIO etc.). L’accordo interconfederale di dicembre dello stesso anno ha disciplinato il passaggio dalle RSA alle RSU. L’attività sindacale nei luoghi di lavoro: rappresentanze e diritti sindacali 113 razioni sindacali del nostro Paese, CGIL, CISL e UIL, firmatarie dei suddetti accordi, hanno nuovamente definito le «regole generali sulle forme di rappresentanza in azienda» (parte II dell’accordo 2014). In primo luogo si stabilisce che in ogni singola unità produttiva dovrà essere adottata una sola forma di rappresentanza. Nelle unità produttive in cui non siano mai state costituite forme di rappresentanza sindacale, è possibile procedere alla costituzione di RSU o optare per il modello della RSA. L’accordo del 2014 contiene, tuttavia, come «clausola di salvaguardia», una serie di dichiarazioni di principio: i sindacati di categoria aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali di riforma (2011, 2013 e 2014) «rinunciano formalmente ed espressamente a costituire RSA»; i medesimi sindacati si impegnano a non costituire RSA nelle realtà aziendali in cui siano state o vengano costituite RSU. La partecipazione alle elezioni della RSU, come espressamente stabilito dall’accordo del 2014, comporta la rinuncia alla costituzione, nello specifico ambito, della RSA, per tutta la durata della RSU. In pratica, il sindacato che ha presentato la lista per la RSU, nel caso in cui l’esito elettorale non sia stato soddisfacente, non può tornare sui propri passi e costituire una RSA (DEL PUNTA). Inoltre, con effetto penalizzante, l’accordo del 2014 prevede che, in caso di costituzione delle RSA, «dovrà essere garantita l’invarianza dei costi aziendali rispetto alla situazione che si sarebbe determinata con la costituzione della RSU». Il passaggio dalle RSA alle RSU è rimesso alla decisione dei sindacati di categoria, secondo il principio maggioritario. Alla scadenza delle RSA, la costituzione della RSU deve essere concordata dalle organizzazioni sindacali che abbiano, a livello nazionale, la maggioranza della rappresentanza del settore (50% + 1), accertata secondo i criteri stabiliti dagli stessi accordi interconfederali (v. Cap. 10). Per i sindacati di categoria aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali di riforma della contrattazione collettiva (in particolare l’accordo del 2013) il passaggio alle RSU può avvenire «solo se definito unitariamente». B) Costituzione e funzionamento della RSU Le nuove regole previste dagli accordi interconfederali di riforma della contrattazione collettiva (2013 e 2014) integrano e innovano quanto previsto dal Protocollo del 1993 in materia di costituzione e funzionamento delle RSU. Esse si applicano in caso di costituzione di nuove RSU e per il rinnovo di quelle già esistenti. Le RSU possono essere costituite nelle unità produttive con più di 15 dipendenti (2). Il numero di componenti della RSU dipende dalla dimensione dell’organico. La RSU è costituita almeno da (accordo 2014): a) 3 componenti, nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti; (2) Ai fini del computo del numero dei dipendenti, i lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale, sono computati in misura proporzionale all’orario di lavoro contrattuale; i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computati in base al numero medio mensile di quelli impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. 114 Capitolo 7 b) 3 componenti ogni 300 dipendenti (o frazione di 300) nelle unità produttive fino a 3.000 dipendenti; c) 3 componenti ogni 500 dipendenti (o frazione di 500) nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lett. b). Clausole più favorevoli possono essere stabilite dai singoli contratti collettivi di categoria. Le RSU hanno durata triennale, al termine della quale decadono automaticamente. In caso di dimissioni, durante il triennio, di uno o più componenti della RSU, si procede a sostituzione con il primo dei non eletti della medesima lista. In caso di dimissioni di più della metà dei componenti, la RSU decade e si procede al rinnovo. Il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della RSU ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza. Le RSU esercitano le funzioni proprie delle rappresentanze aziendali e beneficiano delle prerogative che la legge prevede in favore delle RSA. Le decisioni relative a materie di competenza delle RSU sono assunte dalle stesse a maggioranza. I componenti delle RSU sono titolari dei diritti, permessi, libertà sindacali e tutele previsti per i dirigenti delle RSA dallo Statuto dei Lavoratori (Titolo III L. 300/1970). Viene, comunque, salvaguardata la posizione dei sindacati che abbiano sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato all’unità produttiva, a cui spettano i seguenti diritti (indipendentemente dalla presenza di propri «iscritti» nella RSU): — diritto ad indire, singolarmente o congiuntamente, l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite (art. 20 St. Lav.); — diritto ai permessi non retribuiti (art. 24 St. Lav.); — diritto di affissione (art. 25 St. Lav.). C) Elezione della RSU La RSU è costituita ad iniziativa delle organizzazioni sindacali (e non, soltanto, dei lavoratori dell’azienda). Si deve trattare di associazioni sindacali con statuto e atto costitutivo; sono escluse quindi aggregazioni occasionali di lavoratori. Possono assumere l’iniziativa di procedere alla costituzione della RSU e presentare le liste per le elezioni, innanzitutto, i sindacati aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali di riforma. L’iniziativa può essere esercitata, congiuntamente o disgiuntamente. Per i sindacati non confederali, la possibilità di partecipare alla costituzione della RSU, presentando proprie liste, è subordinata a stringenti condizioni: devono aver sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato all’unità produttiva oppure devono riuscire a far sottoscrivere la propria lista da almeno il 5% dei lavoratori in forza presso l’azienda aventi diritto al voto (in caso di organico inferiore a 60, è sufficiente che la lista sia sottoscritta da almeno 3 lavoratori). Inoltre — ed è questa probabilmente la condizione L’attività sindacale nei luoghi di lavoro: rappresentanze e diritti sindacali 115 più restrittiva — devono aderire formalmente ai contenuti degli accordi interconfederali di riforma della contrattazione collettiva. In caso di rinnovo della preesistente RSU, le elezioni devono essere indette almeno 3 mesi prima della scadenza del mandato della RSU in carica; l’iniziativa può essere assunta anche dalla RSU uscente. L’indizione delle elezioni è comunicata ai lavoratori, mediante affissione in apposito spazio messo a disposizione dall’azienda, e alla direzione aziendale. Le liste devono essere presentate entro 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di indizione delle elezioni. Le liste, con i relativi candidati, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori almeno 8 giorni prima la data delle elezioni. La presentazione della lista, da parte di ciascuna sigla sindacale, deve garantire un’adeguata rappresentanza di genere. I soggetti che assumono l’iniziativa della costituzione della RSU provvedono alla formazione della commissione elettorale mediante individuazione dei lavoratori che ne fanno parte (le persone che hanno presentato la lista o che fanno parte della commissione elettorale non possono essere candidati nelle liste). Hanno diritto di votare tutti i lavoratori (operai, impiegati e quadri, non in prova) addetti all’unità produttiva (elettorato attivo); la votazione è quindi a suffragio universale poiché votano anche i lavoratori non iscritti al sindacato. La modalità di espressione del voto è quella dello scrutinio segreto; ogni lavoratore può esprimere preferenza per un unico componente della lista votata (preferenza unica). Hanno diritto di voto anche gli apprendisti e i lavoratori assunti a tempo determinato in servizio al momento delle votazioni. Le operazioni di voto non devono pregiudicare il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Il luogo e il calendario della votazione sono stabiliti dalla commissione elettorale in accordo con la direzione aziendale. Possono candidarsi ed essere votati (elettorato passivo) tutti i lavoratori in forza presso l’unità produttiva nell’ambito delle liste presentate dai sindacati. Ogni candidato può essere presente in una sola lista. Le elezioni sono valide se alle stesse abbia preso parte più della metà dei lavoratori aventi diritto al voto, salva la facoltà di considerare le elezioni comunque valide anche se detto quorum non sia stato raggiunto «in relazione alla situazione venutasi a determinare». Dopo la votazione, la RSU è costituita ripartendo tutti i seggi in modo proporzionale in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti. Nell’ambito delle liste che hanno conseguito un numero di voti sufficiente all’attribuzione di seggi, i componenti sono individuati seguendo l’ordine dei voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati. La soppressione del «premio di maggioranza» (riserva di 1/3) per il sindacato confederale In base alle disposizioni originarie (Protocollo del 1993), dopo le elezioni della RSU, i seggi venivano attribuiti per 2/3 con il criterio proporzionale (in base ai voti ottenuti da ciascuna lista) e per 1/3 solo alle liste dei sindacati firmatari del contratto collettivo applicato all’unità produttiva in proporzione ai voti ricevuti. I sindacati designavano i soggetti che avrebbero ricoperto l’incarico di rappresentante. Questo secondo criterio di assegnazione delle cariche costituiva una sorta di premio di maggioranza per le confederazioni storiche del nostro Paese, CGIL, CISL e UIL (i sindacati firmatari dei contratti collettivi nazionali sono affiliati, di norma, a tali confederazioni). 116 Capitolo 7 In tal modo, è stata costituita una sorta di clausola di salvaguardia (cd. riserva di un terzo o del terzo riservato) in maniera tale che ai sindacati aderenti alle tre confederazioni fosse assicurata la maggioranza nella RSU. Da ultimo, però, il Protocollo d’Intesa del 2013 e l’accordo interconfederale del 2014, recante il T.U. della rappresentanza, nel confermare il modello della RSU, in sostituzione di quello della RSA, hanno stabilito che le elezioni delle RSU avverranno soltanto con il metodo proporzionale. In futuro dovrebbe, quindi, venire meno la suddetta quota di 1/3 sino ad ora presente nel meccanismo di elezione della RSU. Composizione della RSU 2/3 della RSU è una rappresentanza dei lavoratori (iscritti e non iscritti al sindacato) ⇒ costituita dai lavoratori più votati nell’ambito di tutte le liste concorrenti 1/3 della RSU è una rappresentanza del sindacato (confederale) in azienda ⇒ è costituita dai lavoratori designati dalle associazioni sindacali che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, in proporzione ai voti ricevuti Protocollo del 1993 Protocollo 2013 e accordo interconf. 2014 viene meno la riserva di 1/3 tutti i seggi della RSU sono assegnati alle singole liste in proporzione ai voti ottenuti 4.I dirigenti delle rappresentanze sindacali in azienda (RSA o RSU) e i loro diritti A) Le garanzie dei dirigenti sindacali (RSA o RSU) Lo Statuto dei Lavoratori prevede, agli artt. 18, 22, 23, 30 e 31, una serie di garanzie specificamente mirate a tutelare l’attività dei sindacalisti all’interno dell’azienda. Esse sono riconosciute ai dirigenti delle RSA e, in parte, ai candidati e ai membri delle commissioni interne nonché ai dirigenti sindacali provinciali. La legge non identifica però la figura del «dirigente» di RSA e non ne limita neppure il numero, se non nell’art. 23 (al fine della concessione di permessi). Le garanzie in questione spettano anche ai lavoratori eletti nelle RSU. Infatti l’accordo interconfederale del 20-12-1993 ed attualmente gli accordi interconfederali del 2013 e del 2014 prevedono espressamente che i componenti delle RSU subentrino ai dirigenti delle RSA nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già loro spettanti.