Torquato Tasso (1544-1595)
Aspetti biografici
• Notizie sulla vita
• Poeta e cortigiano
• Tormento e follia
Opere e poetica
• Varietà dei generi
• Polemiche letterarie
• Il poema eroico
I temi della Gerusalemme liberata
• Genesi e sviluppi
• La revisione della Conquistata
•Bifrontismo del poema
A cura del prof. Luigi O. Rintallo
Torquato
Tasso / 1
Aspetti biografici
Notizie sulla vita
1544: nasce a Sorrento, dal padre Bernardo, gentiluomo bergamasco e poeta
lui stesso.
1556: alla morte della madre, dopo un
soggiorno a Bergamo, va a Urbino presso la corte dei Della Rovere dove si trova il padre. Lo segue quindi a Venezia,
dove inizia l’abbozzo del Gierusalemme, influenzato dalla minaccia dei Turchi (1559).
1560 – Studia all’università di Padova,
dove compone i 12 canti del Rinaldo.
Scrive versi d’amore dedicati a Lucrezia Bendidio, editi nel ’67 fra le Rime.
Partecipa all’Accademia degli Eterei.
1565: entra alla corte di Ferrara, al
servizio del card. Luigi d’Este. Nel 1569
muore il padre. Nel ’72 è fra gli stipendiati del duca Alfonso II. E’ il periodo
di massima creatività: nel 1573 prima
rappresentazione del dramma
pastorale Aminta e stesura della
Gerusalemme liberata due anni dopo.
1577: turbato da dubbi, a giugno è
segregato dopo un accesso di follia.
Evade e vaga per varie città, sostando
a Sorrento e quindi a Roma, Mantova,
Padova, Venezia, Urbino, Torino. Nel
’79 torna a Ferrara, dove attacca il
duca ed è quindi internato sino al
1586.
1587-95: liberato va a Mantova, da
dove poi si reca a Roma, presso la
corte papale. Qui muore nel 1595 dopo
aver compiuto la revisione del poema.
Qual è il rapporto di Tasso con la corte e l’autorità?
Tasso è un poeta cortigiano: il suo ossequio per l’autorità è incondizionato e le sue opere
sono lo specchio dei gusti della corte. In cambio della sua riverenza, pensa di aver diritto a
onori e riconoscimenti. Non è né un politico, né un funzionario e per questo vive uno stato
di frustrazione, in quanto egli oscilla costantemente fra la volontà di autoaffermazione
tipica del genio e il desiderio di riconoscimento che può provenire solo dall’autorità. Il
problema dell’autorità (laica e religiosa) e della norma da essa scaturita segna tutta la vita
di Tasso, contraddistinta nella giovinezza dall’influenza del padre e in seguito da una
condizione precaria segnata da viaggi e peregrinazioni per l’Italia. Sino a quando, a 35
anni, è costretto nel manicomio di Sant’Anna a Ferrara, dopo aver aggredito il duca Alfonso
II, durante la festa per le sue nozze con Margherita Gonzaga (11 marzo 1579).
Interpretazioni della follia, dal Cinquecento in poi
Nel ’500 la follia si compenetrava ancora con la ragione: svolgeva la funzione di analisi
critica della realtà e di rivelazione delle angosce e paure dell’uomo. Il grande umanista
olandese Erasmo scrive nel 1509 L’elogio della follia (in greco Morias enkomium), dedicato
all’amico Tommaso Moro, dove si esalta l’utilità della pazzia per la felicità umana. La
vicenda di Tasso e del suo tormento può dirsi l’ultima espressione di questo rapporto
dialettico fra ragione e s-ragione. Più tardi, nel ’600, l’irrazionale e la follia saranno privati
di qualunque diritto di esprimersi, per cui il pazzo coinciderà con il criminale. Infine, con il
Settecento illuminista alla follia toccherà solo lo statuto di malattia ed essa diventerà
dominio della scienza medica.
Di quale natura erano i dubbi di Tasso sul suo poema?
Alla vigilia del suo internamento, Tasso dava inizio alle lunghe peripezie che lo condurranno
alla revisione della Gerusalemme liberata completata nel 1575. Incerto del suo giudizio,
sottopone l’opera al vaglio di alcuni letterati romani. Il suo travaglio artistico è complicato
da scrupoli religiosi e morali e le sue angosce non si placano nemmeno dopo due sentenze
assolutorie dell’inquisizione. Nei sette anni di reclusione, non può seguire le sorti editoriali
della sua opera, il cui manoscritto – affidato ad amici – è consegnato a editori poco
scrupolosi. Malaspini lo pubblica nel 1580 col titolo Il Goffredo; l’anno dopo è la volta di
Ingegneri e Bonnà che lo fanno uscire col titolo Gerusalemme liberata.
Torquato
Tasso / 2
Varietà di generi letterari in Tasso
L’inquietudine di Tasso trova corrispondenza nella varietà di generi letterari
praticati e nelle numerose opere
interrotte e incompiute.
Compone più poemi, attorno all’unico
corpo centrale della I crociata (109699): a 15 anni il Gierusalemme, ripreso
sei anni dopo per essere concluso solo
nel 1575 e intitolato Goffredo. Verrà
edito senza la sua autorizzazione, con
il titolo di Gerusalemme liberata
(1580-81). Dopo l’internamento, Tasso
lo riscrive completamente cambiandolo
in più parti e lo termina due anni prima
di morire, nel 1593: è la Gerusalemme
conquistata. Da questa materia derivano pure i 12 canti del Rinaldo (1562).
Le liriche sono ordinate solo nel 1593,
raggruppandole nel volume delle Rime.
Per il teatro compone nel 1573 il
dramma pastorale di Aminta, in 1996
versi endecasillabi e settenari, rispettoso delle unità aristoteliche. Allo
stesso anno risale pure l’interruzione di
un altro dramma: Galealto, che è concluso nel 1586 e intitolato Re Torrismondo.
Le sue prose raccolgono gli interventi
critici. La sua concezione della poesia
è contenuta nei Discorsi dell’arte
poetica (1565), in seguito ampliati e
pubblicati col titolo Discorsi del poema
eroico (1594).
Opere e poetica
Il dibattito sul poema cavalleresco: Ariosteschi ed Aristotelici a confronto
Dopo il 1530, con la traduzione della Poetica di Aristotele da parte di Alessandro de’ Pazzi,
si diffonde una migliore conoscenza del pensiero critico del filosofo greco, considerato
un’autorità (Ipse dixit). Il grande successo dell’Orlando Furioso alimentò la discussione sul
poema, che divise i critici fra estimatori e denigratori. I primi (detti Ariosteschi) ne
affermano la validità, mentre i secondi (gli Aristotelici) ne contestano l’estrema varietà e
cercano di fissare una norma in linea con le indicazioni della Poetica d’Aristotele,
proponendo un «poema eroico» aggiornato ai tempi che rispetti tuttavia i modelli classici.
Sulla scia degli Aristotelici, Gian Giorgio Trissino scrisse L’Italia liberata da’ Gotti (154748), in endecasillabi sciolti a imitazione dei poemi omerici: l’insuccesso fu totale.
Qual è la posizione di Tasso sull’arte poetica?
A ricercare un compromesso fra i due indirizzi, è Giraldi Cinzio che punta a recuperare
l’unità di azione aristotelica, adottando un eroe unico quale protagonista del poema. Sul
«poema eroico» interviene anche Tasso, che nei suoi Discorsi dell’arte poetica si sofferma
su come coniugare i concetti di «giovamento» e «diletto» dell’opera letteraria. Tasso
afferma che il FINE della poesia è il piacere, il «diletto», che va però conciliato con l’utile
morale. Egli asserisce che la MATERIA del poema eroico va individuata nei fatti storici,
perché l’arte è innanzi tutto imitazione del vero: il poeta può alterare solo i particolari e,
in ogni caso, il meraviglioso deve sempre apparire credibile. Infine, per Tasso il poema è
come un microcosmo: come il Mondo è un esempio di ordine portato nel caos originario,
così il poema deve imitare il Mondo anche nella sua FORMA e presentarsi quindi come un
organismo poetico unitario, capace di dare ordine a una realtà complessa.
Si riscontra anche in questo la bipolarità del poeta, che sull’arte manifesta una duplice
tendenza: da un lato la considera una forma di ripiegamento nell’interiorità, e dall’altro
lato rappresenta una fuga nell’eroico, verso il sogno ed il fantastico.
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Tasso / 3
La Gerusalemme liberata
Il poema, in ottave di endecasillabi
come il Furioso di Ariosto, si compone
di 20 canti ed è dedicato al duca
Alfonso II d’Este. Tasso lo termina nel
1575 dopo oltre dieci anni di lavoro,
riprendendo il primo abbozzo del
Gierusalemme scritto a quindici anni,
che corrispondeva ai primi tre canti
dell’opera.
Ambientato durante la I crociata (109699), ha come protagonista il condottiero Goffredo di Buglione che ricompone l’unità dei principi cristiani per
liberare il Santo Sepolcro.
Dei crociati fanno parte, oltre a Goffredo, Rinaldo e Tancredi; mentre i
musulmani hanno tra le loro fila la
guerriera Clorinda (amata da Tancredi
che l’uccide in duello non avendola
riconosciuta) e il re Argante.
Ampio spazio è dato al meraviglioso,
con gli episodi della maga Armida,
strumento di Satana, la quale seduce i
guerrieri cristiani più valorosi e finisce
poi per innamorarsi di Rinaldo. Quest’ultimo, ravvedutosi e liberati dall’incantesimo i compagni, l’abbandona
per riprendere a combattere. Ritrovatala nel finale, impedisce alla maga di
suicidarsi. Nella battaglia conclusiva
contro gli infedeli, Tancredi rimane
ferito e a curarlo è Erminia, da sempre
sua innamorata. Alla vittoria Goffredo
entra nel Tempio di Gerusalemme.
I temi della Gerusalemme liberata
Cosa cambia con la revisione della Gerusalemme conquistata?
Per corrispondere a un’istanza di maggior rigore e austerità, Tasso procede alla revisione
del poema una volta liberato dal manicomio. Dal 1586 al 1593 compone la Gerusalemme
conquistata, che amplia a 24 il numero dei canti, come l’Iliade omerica. Sono tagliati e
ridotti gli episodi troppo compromessi con la rappresentazione della magia e dell’eros: il
personaggio di Armida è ridotto a una seduttrice demoniaca e scompare la riconciliazione
con Rinaldo. Il linguaggio si fa più aulico e solenne e aumentano le parti puramente
encomiastiche per gli Estensi.
Perché si può parlare di un «bifrontismo» della Gerusalemme liberata?
La guerra per Gerusalemme nasconde una lotta per l’egemonia fra due codici contrapposti,
divenuti inconciliabili: quello dell’ideale laico-umanistico e quello delle istanze repressive
della Controriforma cattolica. Nel poema di Tasso, tuttavia, vi è un’ambiguità di fondo
perché da un lato è proclamata la difesa dell’ideologia cristiana, ma dall’altro si assiste
all’identificazione con gli infedeli, gli eroi sconfitti per i quali emerge in più parti una
innata simpatia. Sono loro i difensori dei valori cortesi della cavalleria: virtù, coraggio e
onore. Sull’altro versante, questi valori risultano ai cristiani oramai insufficienti rispetto
alla prospettiva della lotta per la fede. Una lotta che coincide con il doppio impegno della
Chiesa, rivolto sia a contrastare gli infedeli fuori d’Europa (Islam) e sia verso le eresie sorte
all’interno della cristianità (Riforma protestante). In questo senso, a misurarsi nella guerra
che si combatte in cielo non sono nel poema Dio e Maometto, ma Dio e Satana. Da questo
punto di vista, allora, i valori umanistici e terreni si configurano in una dimensione
negativa, come «errore» che devia dalla tendenza totalizzante e autoritaria che va
imponendosi nella situazione storico-culturale dell’epoca.
Si definiscono coppie concettuali che confermano le contraddizioni vissute dal poeta
Possono individuarsi tre coppie concettuali: universalismo (della Chiesa) contro
particolarismo; repressione (delle eresie) contro tolleranza; autorità contro libertà. Il
paradosso è che i secondi termini, espressione dei principi umanistici, trovano nel poema la
difesa più appassionata nelle parole pronunciate da Satana. Questo è l’episodio più
clamoroso della contraddizione radicata in tutta la Gerusalemme liberata.
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