Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 8 – marzo 2014
Sommario
n. 8 – chiuso in redazione il 28 febbraio 2014
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Economia e agevolazioni
COME CAMBIA LA TASSAZIONE DEI TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
L’applicabilità delle agevolazioni “prima casa” è vincolata alla categoria catastale in cui è
classificato o classificabile l’immobile acquistato e non più alle caratteristiche individuate
dal decreto del Ministro dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969. È questo uno dei
chiarimenti resi dall’Agenzia delle entrate che, con circolare 21 febbraio 2014 n. 2/E,
fornisce un vero e proprio vademecum sulle modifiche alla tassazione applicabile, ai fini
dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, agli atti di trasferimento o di costituzione
a titolo oneroso di diritti reali immobiliari, introdotte, a decorrere dal 1° gennaio 2014,
dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011, come modificato dall’articolo 26, comma 1, del Dl
104/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 128/2013, e dall’articolo 1, comma
608, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).
Daniela Amendola, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 26 febbraio 2014
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Economia e agevolazioni
BONUS DEL 50% ANCHE PER DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE
Rientra tra gli interventi di ristrutturazione ammessi alla detrazione del 50% quello
consistente nella demolizione e successiva ricostruzione di un edificio, con la stessa
volumetria del precedente, ma con un lieve spostamento rispetto al sedime originario.
Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, febbraio 2014 n. 947
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Economia e agevolazioni
VALORI DEGLI IMMOBILI AGGIORNATI AI DATI DI MERCATO E SE C'È DISCRASIA SCATTA IL
NUOVO "CLASSAMENTO"
Nel corso del 2013 è stata avviata da vari comuni la revisione del classamento e delle
rendite catastali degli immobili. In collaborazione con l'Agenzia delle entrate-territorio si
è riscontrato il valore catastale rispetto a quello di mercato e, in caso di rilevante
discrasia, l'ufficio ha rettificato classe e/o categoria, notificando al contribuente apposito
atto di accertamento che è giunto in molti casi alla fine dello scorso anno.
Antonio Iorio e Laura Ambrosi, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 15 febbraio 2014, n. 8
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L’ESPERTO RISPONDE
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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 Economia, fiscalità e lavoro
 Enasarco, scontro sui collaboratori
«non abilitati» nelle agenzie immobiliari
(FIAIP)
Sono circa 5mila i collaboratori "non abilitati" che lavorano nelle agenzie immobiliari. È su di
loro che si è acceso il dibattito tra le principali associazioni di categoria (Fiaip, Fimaa, Anama).
Svolgono diverse mansioni: da quelle più semplici di segreteria a quelle più di supporto alla
mediazione immobiliare, quali la raccolta di contatti oppure l'inserimento di annunci di vendita
sui siti internet specializzati. A loro si aggiungono la maggior parte degli agenti immobiliari in
attività, che ormai collaborano quasi sempre tra loro – stringendo accordi con altre agenzie,
anche in forme continuative – per la conclusione di una compravendita. In seguito ad alcune
ispezioni (alcune arrivate fino in tribunale), la fondazione Enasarco rivendica la necessità di
ricondurre queste forme di collaborazione "interna" ai contratti di agenzia, che
tradizionalmente regolano i rapporti tra i rappresentanti di commercio, introducendo dunque
l'obbligo di iscrizione e contribuzione all'ente pensionistico di diritto privato.A mettere benzina
sul fuoco, per ultima, è stata la settimana scorsa una circolare del ministero dello Sviluppo
Economico (n. 3667/C) secondo cui «non può negarsi l'iscrizione al registro delle imprese di
due (o più) imprese (individuali o associate) che abbiano stabilito la propria sede presso il
medesimo ufficio, pur esercitando esse rispettivamente e disgiuntamente l'attività di agenzia e
di mediazione». In sostanza, il ministero chiarisce che all'interno della sede di un'agenzia
immobiliare, per intenderci quella classica che in vetrina propone annunci di case in vendita,
possano lavorare anche nel medesimo ufficio (immobile o stabile) uno o più agenti e
rappresentanti di commercio, cioè quei soggetti che promuovono la conclusione di contratti per
conto di un proponente (ai sensi dell'art. 1742 del Codice civile). Basta che venga rispettato il
reciproco divieto di esercizio congiunto delle due attività, incompatibili tra loro per legge, da
parte della stessa persona fisica o della stessa impresa. Con questa circolare il ministero
risponde a un interpello presentato da Anama, Fimaa e dalla fondazione Enasarco, nell'intento
di porre un argine all'incertezza dell'attività ispettiva. A schierarsi contro queste posizioni, ieri
come oggi, con una campagna di informazione nazionale è Fiaip: «In questo modo si cerca
sanare le posizioni di quegli oltre 5mila collaboratori non abilitati – afferma il presidente di
Fiap, Paolo Righi – che lavorano nelle agenzie. Spesso svolgono attività funzionali alla
mediazione, e non solamente di segreteria, retribuiti in base al buon esito della compravendita.
Accade soprattutto in alcuni grandi gruppi di franchising e inquadrarli come agenti di
commercio vuol dire di fatto "sanare" le posizioni di tutti gli abusivi che lavorano nelle agenzie,
che così però non potranno mai diventare agenti immobiliari». Fiaip ricorda che spesso sono i
giovani e i precari a ricoprire questa posizione: «Magari sognano di diventare agenti
immobiliari - aggiunge Righi - e la loro iscrizione a Enasarco gli impedirà di fatto di poterlo
fare, se non con ulteriori costi di cancellazione al ruolo e nuova abilitazione ad un'altra
categoria: le due professioni infatti sono incompatibili e i contributi previdenziali non sono
cumulabili tra loro». Fiaip ricorda che, per quel periodo di prova di due o tre anni che i giovani
svolgono in agenzia immobiliare per imparare la professione, esisterebbe il contratto di
apprendistato professionalizzante. «Non vi era bisogno di una circolare ministeriale - aggiunge
Righi - per stabilire l'incompatibilità tra agenti immobiliari e agenti di commercio, le norme
sono chiare da tempo, quanto meno alla Fiaip. Si sta cercando di creare una nuova figura
professionale e cioè l'agente di commercio collaboratore dell'agente immobiliare». Ad essere
minacciata, inoltre, secondo Fiaip è la stessa attività di mediazione immobiliare, oggi sempre
più fondata sulla collaborazione tra agenti: «La nostra normativa professionale prevede già –
conclude Righi – l'esercizio dell'attività secondo forme associative, non capisco perché solo per
allargare la platea degli iscritti a Enasarco si debba stravolgere una professione». Enasarco,
infatti, vorrebbe assoggettare alla contribuzione anche quei contratti di collaborazione "interna"
tra agenti che, indipendentemente dal rapporto con il cliente esterno, consentono al titolare di
un'agenzia di stringere degli accordi stabili con altri professionisti abilitati che lavorano come
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freelance. Al contrario, secondo Fiaip, queste forme "associative" sono diffuse nella quasi
totalità delle agenzie, vanno dichiarate nel "mansionario" da esporre ai clienti, ma non possono
rientrare nei rapporti tra agenti di commercio per incompatibilità tra le professioni e perché
finalizzate alla buona riuscita di una compravendita. Per questo motivo, secondo Fiaip,
rientrano nella classica attività di mediazione immobiliare e non nell'attività dei rappresentati di
commercio, chiamati a promuovere la conclusione di un contratto per conto di un solo
proponente (l'agenzia, in questo caso). «Tanto che - conclude Righi - gli agenti immobiliari che
collaborano tra loro fatturano in base alle provvigioni sui contratti conclusi, secondo accordi
pre-stabiliti».
(Michela Finizio, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 19 febbraio 2014)

FISCO - IUC, cos'è e come si determina
L’imposta unica comunale (IUC) si compone dell’imposta municipale propria (IMU), di natura
patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, e di una
componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico
sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a
finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore.
L’imposta unica comunale è entrata in vigore lo scorso
1° gennaio.
IMU
Proprietari di immobili; titolari dei diritti reali di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi,
superficie sugli immobili.
Fabbricati, terreni, aree fabbricabili, a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o
alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa. L’IMU non si applica al
possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa (queste ultime solo se
appartenenti alle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità
pertinenziale per ciascuna delle categorie indicate, anche se iscritte in catasto unitamente
all’unità a uso abitativo), a eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e
A/9.
La base imponibile è data dalla rendita catastale dell’immobile, rivalutata del 5% e
moltiplicata per:
160 per i fabbricati del gruppo catastale A (esclusi gli A/10) e delle categorie catastali C/2,
C/6 e C/7;
140 per i fabbricati del gruppo catastale B e delle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
80 per i fabbricati della categoria catastale A/10 e D/5;
65 per i fabbricati del gruppo catastale D (esclusi i D/5);
55 per i fabbricati della categoria catastale C/1.
Aliquota di base dello 0,76% (7,6 per mille), che i comuni possono aumentare o diminuire
sino a 0,3 punti percentuali.
Aliquota dello 0,4% (4 per mille) per l’abitazione principale e relative pertinenze, che i
comuni possono aumentare o diminuire sino a 0,2 punti percentuali.
I comuni possono ridurre l’aliquota di base fino allo 0,4% (4 per mille) per gli immobili
locati.
Per l’abitazione principale e per le relative pertinenze, si ha diritto a una detrazione pari a
€ 200. I comuni possono elevare la detrazione, fino a concorrenza dell’imposta dovuta.
In due rate di pari importo, scadenti la prima il 16.6 e la seconda il 16.12. Resta in ogni caso
nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta complessivamente
dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16.6.
Il versamento dell’imposta va effettuato tramite mod. F24 oppure tramite apposito bollettino
postale.
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Quali soggetti interessa e quali immobili riguarda
Chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti,
suscettibili di produrre rifiuti urbani, con esclusione delle aree scoperte pertinenziali o
accessorie a locali tassabili, non operative, e delle aree comuni condominiali di cui all’art. 1117
cod. civ. che non siano detenute od occupate in via esclusiva.
Il comune, nella commisurazione della tariffa, tiene conto dei criteri determinati dal D.P.R.
158/1999 (copertura di tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani). In
alternativa, e nel rispetto del principio «chi inquina paga», può commisurare la tariffa alle
quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi
e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni
categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del
servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o
più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.
Il comune stabilisce il numero e le scadenze di pagamento del tributo, consentendo di norma
almeno due rate a scadenza semestrale. È comunque consentito il pagamento in un’unica
soluzione entro il 16.6 di ciascun anno.
Il versamento è effettuato tramite apposito bollettino di conto corrente postale «ovvero tramite
le altre modalità di pagamento offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento
interbancari e postali».
È fatta salva l’applicazione del tributo provinciale per l’ambiente di cui all’art. 19 del D.Lgs.
504/1992. Il tributo provinciale, commisurato alla superficie dei locali e aree assoggettabili a
imposizione, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla Provincia sull’importo della
TARI.
(Il Sole 24 Ore - Consulente Immobiliare, 15 febbraio 2014, n. 946)
 I chiarimenti del Notariato sui trasferimenti immobiliari
Il Consiglio nazionale del notariato, con lo studio 1011-2013/T, approvato il 13 dicembre
scorso, ha fornito importanti chiarimenti in merito alla nuova disciplina della tassazione
indiretta dei trasferimenti immobiliari, entrata in vigore il 1° gennaio di quest’anno.
Imposta di registro con tre aliquote: 2, 9 e 12 per cento. L’articolo 10 del Dlgs 23/2011,
modificato dall’articolo 26, comma 1, del Dl 104/2013, ha sostituito completamente l’articolo 1
della tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986 (Testo unico dell’imposta di registro, Tur),
che dal 1° gennaio 2014 prevede le seguenti aliquote dell’imposta di registro: 9% per gli atti
traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi
di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i
provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi; 2% se il
trasferimento ha per oggetto case di abitazione, a eccezione di quelle di categoria catastale A1,
A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis). Inoltre, la legge di stabilità 2014 ha
aggiunto direttamente nell’articolo 1, comma 1, della predetta tariffa l’aliquota del 12% per gli
atti di trasferimento aventi a oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti
diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa
gestione previdenziale e assistenziale (articolo 1, comma 609, della legge 147/2013).
Tassazione minima riferita al singolo negozio, anche con più beni. Uno dei punti più
interessanti dello studio del Notariato riguarda la disposizione di cui all’articolo 10, comma 2,
del Dlgs 23/2011, in base al quale l’imposta di registro, comunque, non può essere inferiore a
1.000 euro. Da taluni era stato osservato, in proposito, che tale norma, essendo inserita nel
corpus del decreto del 2011, modificativo dell’articolo 1 della tariffa, non avrebbe avuto riflessi
sulla disposizione introdotta dalla legge di stabilità 2014, in materia di trasferimento di terreni
soggetti all’aliquota del 12%, giacché essa era stata inserita direttamente nella tariffa, senza
“transitare” dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011, modificativo della stessa tariffa e contenente
anche la disposizione di cui al comma 2, relativa all’imposta minima pari a 1.000 euro. Il
Notariato ha evidenziato, però, che un’interpretazione letterale di questo genere
comporterebbe criticità a livello di impostazione sistematica della nuova disciplina e, pertanto,
deve ritenersi che, invece, la soglia minima di tassazione pari a 1.000 euro sia sempre
applicabile in relazione a tutte le fattispecie di trasferimento contemplate nell’articolo 1,
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comma 1, della tariffa allegata al Tur. Peraltro, il Consiglio nazionale ha precisato che tale
imposta minima trova applicazione non solo nel caso di un unico negozio traslativo a titolo
oneroso avente a oggetto uno o più beni soggetti alla medesima aliquota, ma anche riguardo a
un negozio che contenga più beni soggetti ad aliquote diverse: in sostanza, nel caso di
acquisto di più beni immobili soggetti ad aliquote proporzionali diverse, non saranno dovuti
1.000 euro per ogni bene, ma l’imposta di registro sarà pari alla somma degli importi dovuti
per ciascun bene nella misura minima complessiva di 1.000 euro.
Soglia di sbarramento verso il basso a 1.100 euro. Il comma 3 del già citato articolo 10
stabiliva originariamente che gli atti assoggettati all'imposta di registro e tutti gli atti e le
formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il
catasto e i registri immobiliari sarebbero stati esenti dall'imposta di bollo, dalle imposte
ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie. Su tale disposizione,
però, è intervenuto l’articolo 26, comma 1, del Dl 104/2013, che, pur lasciando l’esenzione
dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie, ha nuovamente
reintrodotto l’assoggettamento di tali atti di trasferimento alle imposte ipotecaria e catastale
nella misura fissa di 50 euro ciascuna, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014. Il Notariato ha
puntualizzato, in proposito, che, alla luce di tali modifiche e stante quanto sopra esposto in
relazione alla misura minima dell’imposta di registro pari a 1.000 euro, i negozi traslativi a
titolo oneroso di beni immobili risultano oggi incisi in misura pari almeno a 1.100 euro, che
rappresenta una sorta di sbarramento verso il basso utilizzabile con riferimento alle varie
fattispecie del più volte richiamato articolo 1, comma 1, della tariffa allegata al Tur.
Salve le agevolazioni per la piccola proprietà contadina. Il Consiglio nazionale si è
occupato anche di un’altra disposizione problematica della nuova disciplina, ovvero l’articolo
10, comma 4, del Dlgs 23/2011, come modificato dall’articolo 1, comma 608, della legge di
stabilità 2014, che stabilisce la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie,
anche se previste in leggi speciali, a eccezione di quelle per la piccola proprietà contadina (Ppc)
di cui all'articolo 2, comma 4-bis, del Dl 194/2009. Secondo il Notariato, non sarebbe
ragionevole ritenere che la disposizione operi un taglio lineare dei regimi agevolativi, senza
alcuna valutazione di merito degli interessi tutelati nei vari casi. Pertanto, in base a tale
interpretazione, sarebbero comunque salve le norme agevolative in materia di trasferimenti
immobiliari che trovano causa negli accordi di divorzio o separazione ex articolo 19 della legge
74/1987, nonché quelli conseguenti ad accordi di mediazione ex articolo 17 del Dlgs 28/2010.
(Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 11 febbraio 2014)
 Catasto
 Come funziona il meccanismo delle nuove categorie
La revisione parziale del classamento degli immobili a destinazione ordinaria secondo la legge
finanziaria del 2005 provvede a rideterminare la rendita catastale degli immobili per i quali
sono intervenute variazioni edilizie non più coerenti con le rendite assegnate inizialmente.
Il nostro sistema catastale non stima in modo indipendente la rendita di ogni singolo immobile,
ma determina la rendita per gruppi di immobili riuniti in classi, di conseguenza per variare la
rendita di un immobile è necessario cambiarne la classe: in una rivalutazione si passa da una
classe più bassa a una più alta e più redditizia. Con un eufemismo si parla infatti di revisione
del classamento e non delle rendite. Questo è quanto è avvenuto ad esempio per gli immobili
soggetti a revisione nei comuni di Napoli e di Roma.
La relazione tra classe e rendita catastale
Per comprendere le modalità del passaggio da una classe all'altra occorre conoscere la
relazione tra la classe e la sua rendita catastale.
La costituzione del catasto dei fabbricati nel 1939 - Al momento della costituzione del Catasto
dei fabbricati (1939), il calcolo della rendita catastale avveniva prescegliendo un immobile
reale (o tipo) rappresentativo della realtà immobiliare locale, al quale si assegnava a priori una
data classe in base alla conoscenza soggettiva del mercato. Nell'immobile tipo si determinava
la rendita con la redazione di un bilancio riportando attività e passività e compilando la relativa
modulistica. Per la determinazione delle rendite delle classi sottostanti e sovrastanti quella
dell'immobile tipo si aumentava o diminuiva la sua rendita di una certa percentuale arbitraria.
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Poiché queste percentuali dovevano rappresentare "gradi apprezzabilmente diversi" di
redditività degli immobili, era sottointeso che questa percentuale fosse indicativamente pari al
20%. In tal modo si prefiguravano 5 classi le cui rendite crescenti dalla prima all'ultima
costituivano la "scala di merito", detta così perché le rendite erano stimate soggettivamente in
base al merito riconosciuto loro rispetto all'immobile tipo. Di fatto il numero delle classi poteva
raggiungere e superare la decina. Le rendite furono pubblicate nel 1961.
Nel 1990 la prima e ultima revisione generale degli estimi - Nel 1990 si è svolta la prima e
ultima revisione generale degli estimi degli immobili urbani. La revisione ha abbandonato il
criterio del bilancio e ha determinato la rendita catastale con l'impiego delle quotazioni
immobiliari. Poiché le quotazioni sono espresse in termini di valori e non di rendite, si è resa
necessaria la loro trasformazione con l'uso di un saggio di fruttuosità. Di conseguenza il
processo di revisione basato sui valori e senza riferimenti concreti all'immobile tipo è divenuto
un sistema di rivalutazione forfetaria delle rendite. Stabilite una quotazione minima e una
quotazione massima, corrispondenti alla prima e l'ultima classe, si sono disposte
uniformemente le classi intermedie, quindi queste nuove classi si sono raffrontate con quelle
vecchie del 1939 adattando discrezionalmente le nuove rendite nei gradini delle vecchie scale.
Le nuove rendite sono state pubblicate nel 1992 e sono tuttora vigenti.
L'attuale revisione del classamento - Nell'attuale revisione del classamento, l'attribuzione della
nuova classe all'immobile che ha ricevuto l'avviso di riclassamento non può avvenire
confrontandolo con l'immobile tipo, per il fatto evidente che quest'ultimo non esiste dal 1992.
Per motivare il riclassamento viene quindi proposto il confronto con uno o più immobili che già
possiedono la classe attribuita all'immobile oggetto di revisione. L'immobile di confronto
fungerebbe in linea collaterale da "quasi-tipo" pur essendo un immobile qualsiasi scelto
arbitrariamente. A sua volta la rendita di questo immobile potrebbe essere verificata con un
altro immobile preso come termine di paragone, che per essere a sua volta verificato
abbisognerebbe di un ulteriore immobile, e così di seguito in un processo circolare. Tutto ciò in
assenza della pietra di paragone.
Le operazioni catastali
Non c'è nulla di complicato nelle operazioni catastali condotte con giudizi meramente soggettivi
nella stima delle rendite, nella costruzione delle scale di merito, nei classamenti e nei
riclassamenti, perché si tratta di operazioni svolte prevalentemente a tavolino e sulla scorta di
conoscenze individuali. Contrasta con questo scenario l'enunciazione di precise regole per
l'assegnazione delle nuove classi. A rigore di logica queste regole dovrebbero essere in grado:
di ricostituire le situazioni edilizie e di mercato risalenti a più di venti anni fa; e soprattutto di
ricreare l'interpretazione (soggettiva) che se ne diede allora nella revisione generale degli
estimi.
Altrimenti queste regole possono apparire finalizzate a sorreggere un modo di procedere di per
se stesso discrezionale e a travisare la realtà di fatto nella quale si contrappongono da una
parte la rendita catastale riferita a un immobile astratto ed estesa a un gruppo di immobili (la
classe), composto anche di centinaia di immobili simili ma differenti l'uno dall'altro e con
rendite ovviamente maggiori e minori della rendita catastale; e dall'altra parte la rendita dello
specifico immobile reale del contribuente. Si cela così l'elemento di iniquità intrinseca nel
sistema catastale che attribuisce una rendita unica agli immobili appartenenti alla stessa
classe, pur presentando questi ultimi rendite immobiliari diverse.
(Marco Simonotti, Guida al Diritto, 15 febbraio 2014, n. 8 )
 Immobili
 Immobili acquisiti da espropriazione forzata o pubblico incanto: base imponibile
determinata solo in base al valore tabellare
Con la sentenza 15 gennaio 2014, n.6, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 1, co. 497, L. 23.12.2005, n. 266 , nella parte in cui non prevede la
facoltà, per gli acquirenti di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze acquisiti in
sede di espropriazione forzata o in seguito a pubblico incanto, che non agiscono nell’esercizio
di attività commerciali, artistiche o professionali, di chiedere che, in deroga all’art. 44, co. 1,
D.P.R. 26.4.1986, n. 131, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e
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catastali sia costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 52, co. 4 e 5,
D.P.R. 131/1986. Esaminando la norma in questione, infatti, emerge che la sua finalità è di
consentire al contribuente di scegliere la soluzione più conveniente in relazione all’andamento
del mercato immobiliare, permettendo non solo di optare per il valore determinato secondo il
criterio «tabellare», ma anche, in fasi congiunturali avverse, laddove i prezzi degli immobili in
regime di libero mercato risultino (anche in seguito all’aggiornamento dei dati catastali)
inferiori al criterio tabellare stesso, di non chiedere l’applicazione di tale criterio. In base alla
formulazione della norma, tale scelta è però preclusa agli acquirenti della stessa categoria di
immobili destinati ad uso abitativo che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali,
artistiche o professionali, i quali ne acquisiscano la proprietà tramite procedure esecutive o per
asta pubblica. Per gli stessi vale infatti indefettibilmente il riferimento al valore della
transazione. La finalità della disposizione in esame è dunque evidentemente agevolativa, e non
solo di deflazione del contenzioso, permettendo appunto al contribuente di non scegliere
immancabilmente, tra i diversi criteri di determinazione della base imponibile, quello fondato
sul valore «tabellare» (che, come detto, potrebbe essere meno vantaggioso in situazioni
congiunturali avverse), ma quello ritenuto meno oneroso e dunque più conveniente. La mera
differenziazione del contesto in cui avviene l’acquisizione dell’immobile non è perciò sufficiente
a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale
omogeneità, in particolare relativamente all’esclusività del diritto potestativo concesso
all’acquirente in libero mercato.
(www.tecnici24.com 12 febbraio 2014 )

«Ape», cronaca di un ingorgo normativo
Tutti i "passaggi" per ricostruire gli obblighi legati all'Ape. Va infatti segnalato che la disciplina
in questione è stata conservata tale e quale non solo sotto il profilo letterale ma anche
strutturale, poiché l'enunciato dell'articolo 6 del decreto legislativo 192/2005 risulta ora
costituito dal solo comma 3.
Le norme che restano - La legge 9/2014 ha infatti inserito in sede di conversione del decreto
legge n. 145/2013, il comma 7-ter che ha eliminato l'ambiguo riferimento al comma 3-bis del
decreto legislativo 192/2005 che era stato introdotto nel decreto legge 63/2013, dal comma
139 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013 n. 147 («Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - c.d. Legge di stabilità», in "Gazzetta Ufficiale"
27 dicembre 2013 n. 302, supplemento ordinario).
L'articolo 1, comma 139, lettera a) della legge di Stabilità, infatti, non modificava direttamente
il Dlgs 192/2005 contenente la disciplina sulla certificazione energetica, ma interveniva sul
decreto legge 4 giugno 2013 n. 63 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n.
90) il quale, a sua volta, aveva modificato il decreto legislativo 192/2005 inserendovi il comma
3-bis, che era del seguente tenore: «l'attestato di prestazione energetica deve essere allegato
al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti
di locazione, pena la nullità degli stessi contratti».
La legge di stabilità, quindi, anteponendo con le modalità sopra richiamate al comma 3-bis
dell'articolo 6 del Dlgs. 192/2005, l'espressione «A decorrere dalla data di entrata in vigore del
decreto di adeguamento di cui al comma 12», creava non pochi problemi interpretativi con il
D.L. n. 145/2013.Il dubbio era sostanzialmente legato a un possibile effetto ripristinatorio del
comma 3-bis da parte della legge di stabilità che l'aveva richiamato per modificarlo, dopo che il
decreto Destinazione Italia, poche ore prima, l'aveva abrogato a far data dal 24 dicembre
2013.
Il quadro definitivo della normativa - L'assetto definitivo della normativa fondamentale in
materia di prestazione energetica degli edifici, consente a questo punto di riassumere i
passaggi salienti che hanno portato all'attuale configurazione della disciplina sull'allegazione
agli atti traslativi della certificazione energetica, compreso il recente complesso intreccio
normativo sopra richiamato. Sempre tenendo presente, è il caso di aggiungere, che il corpus
normativo sulla prestazione energetica risulta composto oltre che dal Dlgs n. 192/2005, anche
dai seguenti provvedimenti: Dl n. 63/2013, Dlgs 29 dicembre 2006 n. 311, Dlgs 30 maggio
2008 n. 115, Dpr 2 aprile 2009 n. 59, Dm Mise 26 giugno 2009, Dlgs 3 marzo 2011 n. 28, Dm
Mise 22 novembre 2012.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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1) La soppressione dell'obbligo di allegare agli atti traslativi di edifici l'attestato di
certificazione energetica - a pena di nullità - era stata introdotta dall'articolo 35 comma 2bis del Dl 25 giugno 2008 n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008 n. 133. Fino a quel
momento l'obbligo di allegazione, per i soli atti traslativi a titolo oneroso, era contenuto nel
comma 3 dell'articolo 6 del Dlgs 192/2005 che consentiva l'allegazione dell'originale o di copia
autenticata dell'Ace.
2) La legge 90/2013 di conversione del Dl 63/2013, ha reintrodotto l'obbligo di
allegazione dell'Ape (che fino a quel momento era denominato come Attestato di Certificazione
Energetica), inserendo nell'articolo 6 del Dlgs 192/2005 un comma 3-bis, in base al quale
«l'attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di
trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli
stessi contratti». Il perimetro di applicazione dell'obbligo di allegazione veniva esteso quindi
anche agli atti traslativi a titolo gratuito e si ripristinava la sanzione della nullità.
3) Con il Dl Destinazione Italia n. 145/2013 – entrato in vigore il 24 dicembre 2013 - il
legislatore è nuovamente intervenuto (articolo 1 commi 7 e 8) sulla disciplina dell'allegazione
dell'Ape, sostituendo i commi 3 e 3-bis dell'articolo 6 del decreto legislativo 192/2005, con un
unico (nuovo) comma 3.
Viene modificato il regime sanzionatorio per la violazione dell'obbligo di allegazione - in luogo
della nullità dell'atto si introduce una sanzione amministrativa – e chiarito quali sono gli atti
che ricadono nel perimetro applicativo del nuovo comma 3 dell'articolo 6 del Dlgs 192/2005.
Oltre alla compravendita si prevede che tale attestato debba essere allegato agli «atti di
trasferimento a titolo oneroso» (ad esempio: permuta, datio in solutum, transazione,
conferimento di beni in società, assegnazione di alloggi ai soci di cooperative, vendita di
eredità, cessione di azienda).
Vengono invece sottratti dall'obbligo di allegazione gli atti a titolo gratuito, e quindi la
donazione o le liberalità donative nonché ogni altro negozio nel quale – anche senza spirito di
liberalità – vi sia trasferimento di immobile senza corrispettivo a favore dell'alienante.
Per gli atti a titolo gratuito, quindi, deve essere tenuto presente che l'obbligo di allegazione
dell'Ape è stato in vigore dal 6 giugno 2013 (quando fu introdotto dal decreto legge 63/2013,
poi convertito nella legge 90/2013) fino al 23 dicembre 2013 (data di entrata in vigore del
decreto "Destinazione Italia").
Nel caso in cui a tali atti non sia stato allegato l'Ape, è possibile ricorrere al meccanismo di
"sanatoria" della nullità (che come detto era la sanzione prevista prima dell'introduzione della
sanzione amministrativa).
Occorre ricordare infatti che è stato confermato dalla legge di conversione del decreto
145/2013, il comma 8 dell'articolo 1 del decreto 145/2013, il quale prevede la possibilità, su
richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, di richiedere l'applicazione della
sanzione amministrativa in luogo della nullità (sanzione, questa, prevista dal 4 agosto al 23
dicembre 2013) per le violazioni all'obbligo di allegazione previsto dal previgente comma 3-bis,
purché la nullità del contratto non sia stata dichiarata con sentenza passata in giudicato.
Quanto ai contratti di locazione il legislatore, pur ribadendo che la disciplina si applica ai soli
"nuovi contratti" (restandone escluse pertanto tutte le vicende che hanno ad oggetto la
cessione del contratto originario o la successione nelle posizioni contrattuali), ha notevolmente
ridotto la portata dell'obbligo di allegazione dell'Ape, escludendolo per quelli che hanno ad
oggetto singole unità immobiliari e mantenendolo solo per le locazioni di interi edifici.
Per i contratti di locazione di singole unità immobiliari resta fermo l'obbligo di inserire nel
contratto – pena l'applicazione della sanzione amministrativa – la dichiarazione del conduttore
di aver ricevuto dal locatore le informazioni circa la prestazione energetica dell'edificio e il
documento Ape.
4) Successivamente è entrata in vigore (il 1° gennaio 2014) la legge di Stabilità che
di riflesso ha cambiato l'articolo 6 comma 3-bis del decreto legislativo 192/2005. Si è verificata
infatti una modifica indiretta di questo provvedimento poiché la lettera a) comma 139 della
legge di Stabilità ha modificato l'articolo 6 comma 1 del decreto legge 63/2013 che a sua volta
modificava – richiamandolo - il suddetto comma 3-bis al quale veniva anteposta l'espressione
«A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui al comma 12,».
In sostanza il richiamo del comma 3-bis (abrogato dal decreto Destinazione Italia) con
l'obiettivo di modificarlo, ha ingenerato in taluni interpreti il dubbio circa una possibile
riviviscenza della norma contenente il precetto sull'obbligo di allegazione.
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Tale dubbio, peraltro, sembrava destinato a farsi sempre più concreto nel momento in cui
anche il decreto legge 30 dicembre 2013, n. 151 (cosiddetto milleproroghe) - in vigore dal 31
dicembre 2013 – richiamava (articolo 2, comma 5) il suddetto comma 3-bis in materia di
dismissioni di immobili del patrimonio pubblico, disponendo che «l'attestato di prestazione
energetica di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, può essere
acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non si applica la disposizione di cui al
comma 3-bis del medesimo articolo».
Per la verità già fin dai primi commenti a caldo della legge di stabilità veniva escluso che al
semplice richiamo della norma abrogata in un successivo provvedimento normativo, potesse
attribuirsi una portata ripristinatoria. E ciò soprattutto sulla scorta di quella giurisprudenza
costituzionale che ha sempre escluso quell'effetto "in via generale e automatica", potendosi
ammettere, se del caso, solo in modo espresso ed in ipotesi tipiche e circoscritte (Corte
costituzionale, sentenza n. 13 del 24 gennaio 2012).
(Mauro Leo , Il Sole 24 ORE - Guida al Diritto, 25 febbraio 2014)
 Locazione
 Contratti di locazione immobiliare - Registrazione nuovo modello RLI
QUADRO NORMATIVO
Il Direttore dell'Agenzia delle Entrate, con Provvedimento 13.1.2014, n. 2970/2014, ha
approvato, unitamente alle relative istruzioni, il modello denominato "Richiesta di
registrazione dei contratti di locazione e affitto di immobili e adempimenti successivi
(modello RLI)".
Con il provvedimento vengono approvate anche le specifiche tecniche per la trasmissione
in via telematica dei dati contenuti nello stesso modello RLI.
Tale modello si può utilizzare dal 3.2.2014, per richiedere la registrazione dei contratti di
locazione e affitto di beni immobili ed eventuali proroghe, cessioni e risoluzioni,
esercitare l'opzione o la revoca della cedolare secca e trasmettere i dati catastali
dell'immobile affittato.
Il nuovo modello sostituisce il modello 69 (Modello di richiesta di registrazione degli atti).
Dal 3.2.2014 al 31.3.2014 è comunque prevista la possibilità di utilizzare ancora il
modello 69 nonché i software utilizzabili per la registrazione telematica (Contratti di
locazione, Iris e Siria).
Il modello RLI si scarica gratuitamente dal sito Internet dell'Agenzia delle Entrate e va
presentato per via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato o presso gli
Uffici dell'Agenzia delle Entrate da parte dei soggetti non obbligati alla registrazione
telematica dei contratti di locazione.
REGISTRAZIONE dei CONTRATTI di LOCAZIONE - APPROVAZIONE del MODELLO RLI:
l'Agenzia delle Entrate, con il Provv. 13.1.2014, n. 2970/2014, ha approvato il nuovo modello
RLI per la richiesta di registrazione dei contratti di locazione e affitto di immobili e
adempimenti successivi.
CONTENUTO del MODELLO: il modello RLI è composto da un frontespizio e quattro quadri.
Il frontespizio contiene l'informativa sul trattamento dei dati personali ai sensi dell'art. 13,
D.Lgs. 196/2003. Seguono:
il Quadro A - "Dati generali", contenente i dati utili alla registrazione del contratto
(tipologia, data di stipula, durata della locazione) e la sezione dedicata agli adempimenti
successivi (tra i quali proroga, cessione e risoluzione), i dati del richiedente della
registrazione e la sezione riservata alla presentazione in via telematica;
il Quadro B - "Soggetti", in cui devono essere indicati i dati dei locatori e dei
conduttori;
il Quadro C - "Dati degli immobili", per i dati degli immobili principali e delle
relative pertinenze;
il Quadro D - "Locazione ad uso abitativo e opzione/revoca cedolare secca",
contenente le informazioni riguardanti la cedolare secca.
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QUANDO si UTILIZZA il MODELLO RLI: il modello RLI va utilizzato, dal 3.2.2014, per
richiedere agli Uffici dell'Agenzia delle Entrate la registrazione dei contratti di locazione e
affitto di beni immobili e per comunicare eventuali proroghe, cessioni e risoluzioni, e
può essere utilizzato anche per esercitare l'opzione o la revoca della cedolare secca.
Il nuovo modello sostituisce il modello 69 esclusivamente in relazione ai seguenti
adempimenti:
richiesta di registrazione di contratti di locazione e affitto di beni immobili ed
eventuali proroghe, cessioni e risoluzioni;
esercizio o revoca dell'opzione per la cedolare secca;
comunicazione dei dati catastali dell'immobile in affitto;
denunce relative ai contratti di locazione, ai contratti di locazione con canone
superiore a quello registrato o ai comodati fittizi.
DECORRENZA e PERIODO TRANSITORIO: il modello RLI diventerà obbligatorio a
decorrere dall'1.4.2014.
Dal 3.2.2014 e fino al 31.3.2014, in alternativa, è possibile ancora presentare agli Uffici
dell'Agenzia delle Entrate, oltre al nuovo modello RLI,anche il modello 69.
REPERIBILITA' del MODELLO: il modello RLI è reso disponibile gratuitamente
dall'Agenzia
delle
Entrate
in
formato
elettronico
sul
sito
internet
"www.agenziaentrate.gov.it", oppure può essere prelevato anche da altri siti Internet, a
condizione che lo stesso sia conforme, per struttura e sequenza, a quello approvato
dall'Agenzia delle Entrate e rechi l'indirizzo del sito dal quale è stato prelevato e gli estremi del
sopra menzionato provvedimento.
MODALITA' di PRESENTAZIONE: il modello RLI deve essere presentato in via telematica
direttamente o tramite un intermediario abilitato.
La presentazione telematica del modello può essere effettuata anche presso gli Uffici
dell'Agenzia delle Entrate da parte dei soggetti non obbligati alla registrazione telematica dei
contratti di locazione.
In caso di richiesta di registrazione in via telematica non occorre allegare la copia del contratto
di locazione nei casi in cui:
il numero dei locatori o conduttori non è superiore a 3;
l'unità abitativa è soltanto una e le relative pertinenze non superiori a 3;
tutti gli immobili sono censiti con attribuzione di rendita;
il contratto stabilisce solo il rapporto di locazione e non comprende altre pattuizioni;
il contratto è stipulato da persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di un'impresa,
arte o professione.
Per la trasmissione in via telematica del nuovo modello va utilizzato il software "Contratti di
locazione e affitto di immobili (RLI)" che sarà disponibile, gratuitamente, sul sito Internet
dell'Agenzia delle Entrate.
In alternativa al predetto software, fino al 31.3.2014, è consentito l'utilizzo degli altri prodotti
informatici attualmente in uso per la registrazione dei contratti di locazione e comunicazione
degli adempimenti successivi (Contratti di locazione, Iris e Siria).
Inoltre, è resa disponibile la versione web del prodotto software per consentire la registrazione
dei propri contratti di locazione e perversare le eventuali imposte di registro e bollo, senza la
necessità di alcuna istallazione.
Tale versione del prodotto sostituisce gli altri prodotti web per la registrazione dei contratti di
locazione e la comunicazione degli adempimenti successivi (Locazione web, Iris web, Siria web
e Ge.lo).
Inoltre, sarà possibile versare on line le imposte relative alla registrazione, con addebito sul
conto corrente del contribuente o dell'intermediario, secondo le regole per il modello F24.
REVOCA dell'OPZIONE della CEDOLARE SECCA: il locatore che intende recedere
dall'applicazione della cedolare secca può utilizzare il modello RLI per revocare l'opzione per
ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata è stata esercitata l'opzione
entro il termine previsto per il pagamento dell'imposta di registro dovuta per l'anno di
riferimento.
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La revoca comporta il pagamento dell'imposta di registro dovuta per detta annualità di
riferimento e per quelle successive.
PAGAMENTO dei CANONI - NOVITA': per effetto di quanto disposto dalla Legge di Stabilità,
in vigore dall'1.1.2014, è previsto l'obbligo di effettuare il pagamento dei canoni di locazione di
immobili abitativi, a prescindere dal relativo ammontare, con mezzi diversi dal contante (ad
esempio, assegno o bonifico bancario, ecc.) che ne assicurino la tracciabilità.
Tale disposizione non è applicabile alle locazioni di alloggi di edilizia residenziale
pubblica e di immobili strumentali.
(Mario Jannaccone, La Settimana Fiscale, 19 febbraio 2014, n. 7)

Affitto in contanti sotto mille euro - Per la tracciabilità è ritenuta sufficiente una
ricevuta del proprietario
Il dipartimento del Tesoro vanifica la legge di stabilità in merito alla tracciabilità dei canoni di
locazione per le abitazioni. È questo, in sintesi, quanto affermato dal ministero, direzione V prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario per fini illegali, nella nota prot. DT 10492 del 5
febbraio 2014.
Alcune perplessità erano infatti sorte sulla corretta interpretazione dell'articolo 1, comma 50
della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("legge di stabilità), entrato in vigore il 1° gennaio 2014.
Secondo il comma 50, infatti, «i pagamenti riguardanti canoni di locazione di unità abitative
sono corrisposti obbligatoriamente, quale ne sia l'importo, in forme e modalità che escludano
l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità». La legge di stabilità, in sostanza, pare
imporre l'uso di mezzi di pagamento tracciabili in caso di corresponsione dei canoni di
locazione delle abitazioni (esclusi gli alloggi di edilizia residenziale pubblica), a prescindere
dall'importo del canone stesso, sia esso pari a 50 euro, 90 o 2mila euro.
Il Tesoro, con la nota, ribalta le previsioni del comma 50. In primo luogo, il dicastero sottolinea
come, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni comminate ai fini del decreto antiriciclaggio, rilevi
unicamente il limite dei mille euro stabilito dall'articolo 49 del Dlgs 231/07. In sostanza,
nessuna sanzione potrebbe comunque essere irrogata al conduttore che paga un canone di
locazione in contanti per una somma comunque inferiore ai mille euro; ciò perché il decreto
antiriciclaggio prevede una sanzione amministrativa dall'1 al 40% della somma trasferita
soltanto in capo a chi trasferisce denaro contante o titoli al portatore in euro o valuta estera
sopra la soglia di 999,99 euro. Poiché il legislatore ha previsto esclusivamente questa sanzione
e poiché nessuna sanzione è applicabile in caso di violazione dell'articolo 1, comma 50 della
legge di stabilità, secondo il ministero, quest'ultima non prevede un vero e proprio obbligo di
utilizzo di mezzi di pagamento differenti dal contante per la corresponsione dei canoni sotto
soglia. La ratio legis sottesa alla legge di stabilità, invero, è da rinvenirsi - secondo il Tesoro nella necessità di arginare fenomeni di impiego, occultamento o immissione nel sistema
economico di risorse di provenienza illecita, così abbattendo il rischio insito nella velocità di
circolazione del contante e nella difficoltà di ricondurre inequivocabilmente il contante utilizzato
nella transazione ad un soggetto determinato. Tale finalità di conservare traccia delle
transazioni in contante, come può accadere per quelle che intercorrono giornalmente fra
locatore e conduttore, può ritenersi soddisfatta, continua il ministero, fornendo una semplice
prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare
l'avvenuto pagamento in contanti del canone di locazione.
L'attestazione, in pratica individuabile in una semplice ricevuta di pagamento, basterebbe
anche a garantire alle parti le agevolazioni e le detrazioni previste dalla legge. Pare che i
chiarimenti forniti, più che fugare legittimi dubbi interpretativi, oltrepassino le finalità insite
nell'articolo 1, comma 50 della legge 147/2013. Se prima della nota ministeriale il comma 50
pareva derogare all'articolo 49 del decreto antiriciclaggio prevedendo un vero e proprio obbligo
di tracciabilità per la corresponsione dei canoni di locazione abitativa, a prescindere dalla
somma oggetto di trasferimento, ci si chiede se la nota non si ponga in contrasto con le finalità
di abbattere i rischi sottesi alla velocità di circolazione del contante, richiamati dallo stesso
ministero.
(Ranieri Razzante, Il sole 24 ORE – Norme e Tributi, 14 febbraio 2014)
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 Bonus antisismico con «titoli» pesanti
- Permesso di costruire o super-Dia per
ottenere la detrazione del 65% fino a 96mila euro
La possibilità di detrarre dall'imposta lorda il 36% delle spese per misure antisismiche era già
contemplata dall'articolo 16-bis del Tuir, inserito nel Testo unico dal Dl 201/2011. Si tratta, in
particolare, degli interventi previsti dalla norma al comma 1, lettera i), relativi all'esecuzione di
opere per la messa in sicurezza statica, sulle parti strutturali degli edifici, per la redazione della
documentazione obbligatoria necessaria per comprovare la sicurezza statica del patrimonio
edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio di questa
documentazione. Per questa tipologia di interventi l'articolo 16 del Dl 63/2013 – come
modificato dalla legge di stabilità 147/2013 – ha innalzato l'entità della detrazione al 65% fino
a una spesa massima di 96mila euro per unità immobiliare, per le spese sostenute entro il 31
dicembre di quest'anno (per gli anni a venire, si veda l'articolo in basso).
Dall'incrocio delle due previsioni il riconoscimento della detrazione potenziata al 65% risulta
assoggettato ad alcune limitazioni.
1) Innanzitutto questo si riferisce ai soli interventi le cui procedure autorizzatorie siano state
attivate dopo il 4 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge 90/2013 (di conversione
del Dl 63).
2) In secondo luogo la disposizione del 2013 non trova applicazione per l'intero territorio
nazionale, poiché riguarda solo le opere eseguite sugli edifici ricadenti nelle zone sismiche a
pericolosità alta o media (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del presidente del Consiglio dei
ministri n. 3274 del 20 marzo 2003.
3) Inoltre, non ogni tipologia di lavori potrà fruire dei benefici fiscali. L'articolo 16-bis, infatti,
prende in considerazione soltanto l'adozione di misure antisismiche e l'esecuzione di opere per
la messa in sicurezza statica da realizzarsi «sulle parti strutturali degli edifici o complessi di
edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici».
4) Infine il beneficio è riconosciuto solo per gli interventi riguardanti edifici destinati ad attività
produttive o ad abitazione principale del contribuente.
I titoli abilitativi ammessi
Dovendo riguardare le «parti strutturali», la tipologia delle opere va a inquadrarsi tra gli
«interventi di ristrutturazione edilizia», (articolo 3, comma 1, lettera d), Dpr 380/2001), il cui
titolo abilitativo sarà il permesso di costruire o, se prevista dalla normativa regionale, una
super-Dia.
Andrà quindi tendenzialmente escluso il riconoscimento del beneficio per le opere riconducibili
agli «interventi di restauro e di risanamento conservativo» (articolo 3, comma 1, lettera c),
Dpr 380/2001). D'altro canto è la stessa rubrica dell'articolo 16 a fare esplicito riferimento alla
«ristrutturazione edilizia», contribuendo a chiarire l'ambito di operatività della norma. Ulteriore
aspetto problematico è quello collegato al concreto avvio delle procedure autorizzatorie e ai
limiti temporali entro cui le spese devono essere sostenute per fruire della maggiore
detrazione.
Interventi su interi edifici
La norma non consente di intervenire sulle parti strutturali della singola unità immobiliare, che
viene presa in considerazione unicamente per determinare l'ammontare massimo della
detrazione, ma solo sull'intero edificio o su complessi di edifici collegati. Pertanto, salvo i casi
in cui l'immobile appartenga a un unico soggetto, sarà indispensabile il coinvolgimento dei vari
comproprietari o dei condomini che dovranno deliberare, con i quorum costitutivi e deliberativi
ex articolo 1136 Codice civile, sull'esecuzione o meno dell'intervento, sull'eventuale
acquisizione di progetti di massima e preventivi da varie imprese, sull'individuazione del
professionista cui affidare la progettazione e la direzione dei lavori, sulla costituzione
obbligatoria del fondo speciali previsto dall'articolo 1135 Codice civile.
Non va poi trascurato che nell'ipotesi in cui gli edifici ricadono nei centri storici (zone A), gli
interventi potranno essere soltanto realizzati«sulla base di progetti unitari e non su singole
unità immobiliari», il che lascia intravvedere la necessità della preventiva predisposizione e
approvazione di un piano attuativo, con ulteriore dilatazione dei tempi necessari al concreto
avvio delle opere.
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LA PAROLA CHIAVE: Zonazione sismica
In applicazione dell'articolo 93, Dlgs 112/98, l'ordinanza
n. 3274/2003 ha fornito alle Regioni i criteri generali di classificazione sismica
(macrozonazione) e la predisposizione delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche.
Tutti i Comuni italiani sono stati classificati in quattro categorie di sismicità: zona 1, alta; zona
2, media; zona 3, bassa; zona 4, molto bassa. Anche in quest'ultima zona le Regioni hanno
facoltà di prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica.
Le pronunce
01|REATI SENZA ESTINZIONE
In tema di contravvenzioni antisismiche, i reati previsti dagli articoli 93 e 94 del Dpr 380/01
(interventi edilizi senza deposito del progetto e autorizzazione regionale, ndr) sono reati
permanenti, in quanto il primo permane sino a quando chi intraprese l'intervento edilizio in
zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto (o non termina
l'intervento) e il secondo sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo
termina od ottiene l'autorizzazione
Cassazione pen., n. 27260/2012
02|LA COMPATIBILITÀ
Il reato previsto dall'articolo 95 del Dpr n. 380/2001 si perfeziona con l'inizio di esecuzione
delle opere: è irrilevante il giudizio di compatibilità dei manufatti realizzati con le cautele
antisismiche di legge
Cassazione pen., n. 7893/2012
03|GLI INTERVENTI MINORI
Ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento
dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (articolo 94, Dpr
380/2001) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
regione, a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture. In
applicazione di tale principio, la Corte ha disatteso la tesi difensiva fondata sulla natura
marginale degli interventi e sull'esigua entità degli stessi
Cassazione pen., 30224/2011
04|LA PRESCRIZIONE
Il termine di prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona
sismica, e di esecuzione dei medesimi in assenza di autorizzazione, decorre dalla data di inizio
dei lavori
Cassazione pen., 23656/2011
05|ZONE A BASSO RISCHIO
Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica (articolo 93 del Dpr 380/2001) è
configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice
sismico
Cassazione pen., n. 22312/2011
06|L'ECCEZIONE
Fatta eccezione per le opere di manutenzione ordinaria, ogni intervento edilizio in zona
sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve
essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e
necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo
Cassazione pen., 34604/2010
(Donato Antonucci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 24 febbraio 2014)
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15
 Immobili
 Autorizzazione sismica secondo le norme regionali
Per l'esecuzione di lavori in zona sismica non è sufficiente il solo titolo abilitativo edilizio, ma è
indispensabile la preventiva denuncia dell'intervento che si intende realizzare e il rilascio della
specifica autorizzazione, come previsto dagli articoli 93 e 94 del Dpr n. 380/2001. Gli obblighi
di denuncia e autorizzazione, come chiarito dalla Cassazione penale, sussistono anche nelle
zone a basso rischio sismico (n. 22312/2011) e a prescindere dall'entità delle opere e della
natura dei materiali impiegati (n. 30224/2011), e la loro violazione configura un reato
contravvenzionale istantaneo a effetti permanenti (n. 27260/2012, n. 23656/2011 e n.
35912/2008). L'unica eccezione è costituita delle opere di manutenzione ordinaria (n.
34604/2010).
L'impossibilità di prescindere dall'autorizzazione è stata sancita anche dalla Consulta (n.
182/2005), che ha dichiarato incostituzionale una norma della Regione Toscana (articolo 105,
comma 3, legge regionale n. 1/2005), nella parte in cui non disponeva che – per gli interventi
in zona sismica – non si potessero iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della Regione.
La non derogabilità delle previsioni del Dpr n. 380/2001 da parte delle Regioni, incluse quelle a
statuto speciale, è stata recentemente riaffermata sempre dalla Cassazione penale (n.
16182/2013), che ha ribadito come la disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in
conglomerato cementizio armato, attiene alla sicurezza statica degli edifici, come tale
rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex articolo 117, comma 2, della Costituzione.
Alle Regioni spetta comunque la competenza autorizzatoria, che è stata generalmente delegata
in tutto o in parte alle Province o, in alcuni casi, ai Comuni, come per la Campania, che ad essi
ha assegnato il rilascio delle autorizzazioni sismiche per manufatti privati fino a 10,50 metri di
altezza.
La domanda per ottenere l'autorizzazione sismica, anche insieme a quella per il permesso di
costruire, viene presentata allo Sportello unico per l'edilizia del Comune competente per
territorio, ove istituito, o all'ufficio tecnico comunale, oppure al Suap, per gli edifici destinati ad
attività produttive.
All'istanza va allegato il progetto esecutivo riguardante le strutture, il cui contenuto minimo è
stabilito dalle singole Regioni, ma che andrà comunque redatto in conformità alle norme
tecniche per le costruzioni (Dm 14 gennaio 2008) e a quanto stabilito dall'articolo 93 del Dpr n.
380/2001. Il progetto dovrà pertanto essere accompagnato da adeguate planimetria, piante,
prospetti e sezioni, nonché da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture
portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle
strutture. Andrà inoltre allegata «una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere
illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei
riguardi del complesso terreno-opera di fondazione».
Sui siti istituzionali, anche in ossequio alle recenti disposizioni in tema di trasparenza
amministrativa, devono comunque essere pubblicati sia i modelli di domanda che l'elenco della
documentazione necessaria.
(Donato Antonucci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 24 febbraio 2014)
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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Legge e prassi

(G.U. 28 febbraio 2014 n. 49)
 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
AGENZIA DELLE ENTRATE, CIRCOLARE 15 FEBBRAIO 2013, N.1/E
Chiarimenti interpretativi relativi a quesiti posti dalla stampa specializzata
La vendita con rivalutazione fa tassare la plusvalenza
L'applicazione letterale delle norme può generare effetti imprevedibili, con danni per i cittadini.
Sta capitando ad alcuni contribuenti che negli ultimi anni hanno venduto terreni edificabili,
rivalutati con perizia, pagando un'imposta sostitutiva del 4% sull'intero valore periziato.
Se hanno indicato il giusto valore corrisposto dall'acquirente (inferiore a quello rivalutato),
"dimenticando" di specificare al momento dell'atto l'importo rivalutato, l'agenzia delle Entrate
determina la plusvalenza senza considerare la rivalutazione fatta. E il contribuente è costretto
a ricorrere contro il fisco che, "cancellando" la rivalutazione effettuata, determina una
plusvalenza tassabile, mettendo a confronto l'importo della vendita con il costo storico del
terreno edificabile, magari di poche migliaia di euro.
In alcuni casi, le Entrate "giustificano" gli accertamenti scrivendo che «la rivalutazione del
valore di acquisto … non può produrre l'effetto di affrancare la plusvalenza in quanto il terreno
rivalutato è stato ceduto … ad un prezzo inferiore al valore stabilito in perizia. Pertanto ai fini
delle imposte sui redditi sono applicabili le ordinarie regole di determinazione della
plusvalenza, assumendo quale valore iniziale il valore d'acquisto ante rivalutazione, senza
tenere conto del valore rideterminato». Una linea confermata dall'ultima circolare in materia,
la n. 1 del 15 febbraio 2013. Ma così una "dimenticanza" del contribuente anche di poche
centinaia di euro comporta una richiesta del Fisco di circa 100mila.
In quella circolare, al paragrafo 4.1, l'Agenzia avverte che «affinché il valore "rideterminato"
possa assumere rilievo agli effetti del calcolo della plusvalenza, è necessario che esso
costituisca valore normale minimo di riferimento anche ai fini delle imposte di registro,
ipotecarie e catastali… Pertanto, qualora il contribuente intenda avvalersi del valore
rideterminato deve necessariamente indicarlo nell'atto di cessione anche se il corrispettivo è
inferiore. In tal caso, le imposte di registro, ipotecarie e catastali devono essere assolte sul
valore di perizia indicato nell'atto di trasferimento. Nel caso in cui, invece, nell'atto di
trasferimento sia indicato un valore inferiore a quello rivalutato, si rendono applicabili le regole
ordinarie di determinazione delle plusvalenze».
I contribuenti che hanno fatto ricorso hanno sempre vinto, con l'annullamento
dell'accertamento operato dall'ufficio delle Entrate (sentenze della Commissione tributaria
regionale di Milano, n. 169/44/11, pronunciata e depositata il giorno 11 novembre 2011, e n.
141/45/12, depositata il 10 dicembre 2012). Ma le norme sbagliate dovrebbero essere
cambiate, per evitare un contenzioso inutile e dannoso per tutti: contribuenti e
amministrazione finanziaria (che peraltro rappresenta la collettività).
(www.tecnici24.com, 14 febbraio 2014)
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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 Ambiente
LEGGE 6 febbraio 2014, n. 6
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante
disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo
sviluppo delle aree interessate
(G.U. 8 febbraio 2014, n. 32)
 NOTA
Roghi illeciti, si rischia il carcere - Pena aumentata per le imprese e per le operazioni
nelle aree in emergenza
In sintesi
01 | IL PROVVEDIMENTO
La legge 6/2014 pubblicata sulla Gu n. 32 dell'8 febbraio ha introdotto il nuovo reato di
combustione illecita dei rifiuti, aggiungendo l'articolo 256 bis al Codice ambientale
02 | PENA E AGGRAVANTI
Il nuovo reato prevede la reclusione tra 2 e 5 anni nel caso di rifiuti non pericolosi e da 3 a 6
anni per quelli pericolosi. Se il delitto è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o di
un'attività comunque organizzata, la pena è aumentata di un terzo. Il mezzo usato per il
trasporto dei rifiuti bruciati è confiscato a meno che appartenga a persona estranea e non in
concorso con i responsabili del rogo
Pugno di ferro contro i roghi illeciti di rifiuti dopo il caso terra dei fuochi, con il debutto di un
reato che va a integrare il Codice ambientale di una nuova fattispecie.
È approdata sulla «Gazzetta Ufficiale» dell'8 febbraio la legge 6 febbraio 2014, n. 6, la quale,
con modifiche, ha convertito il Dl 10 dicembre 2013, n. 136, il cosiddetto "decreto terra dei
fuochi". Il provvedimento è entrato in vigore il giorno successivo, e cioè lo scorso 9 febbraio.
L'articolo 3 del provvedimento è dedicato alla «combustione illecita dei rifiuti», che ora diventa
una nuova specifica ipotesi di reato punita con la reclusione da tre a sei anni. Un reato di
pericolo che si aggiunge a quelli già previsti in materia di rifiuti dal Codice ambientale (decreto
legislativo 152/2006), che ora si arricchisce con il nuovo articolo 256 bis. La norma si applica
su tutto il territorio nazionale anche se prende spunto dai tragici roghi che, da due decenni,
offendono il territorio ricompreso tra Napoli e Caserta.
A ben guardare, tuttavia, il nuovo articolo 256 bis aggiunto al Codice ambientale introduce due
ipotesi delittuose; infatti, il comma 1 si applica a «chiunque appicca il fuoco a rifiuti
abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata». Invece, il comma 2 si applica a chi
(soggetto privato o impresa) deposita o abbandona rifiuti, oppure li rende oggetto di un
transito transfrontaliero illecito in funzione della loro «successiva combustione illecita».
Per le previsioni delittuose di entrambi i commi è prevista la reclusione tra i 2 e i 5 anni per i
rifiuti non pericolosi, che aumenta da 3 a 6 se i rifiuti sono pericolosi. L'entità della pena
giustifica la custodia cautelare in carcere. In sede di conversione, sono state introdotte le
aggravanti che aumentano la pena di un terzo se il reato è commesso in un territorio il quale,
all'atto della condotta e «comunque nei cinque anni precedenti», era in situazione di
emergenza ai sensi della legge 225/1992.
Stesso aumento di pena se il delitto è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o di
un'attività comunque organizzata. Tutto questo, invece, non si applica alla combustione dei
«rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali», a cui invece
si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro (aumentata fino al doppio
se i rifiuti sono pericolosi). In ogni caso, e opportunamente, tutto questo apparato
sanzionatorio si applica «salvo che il fatto costituisca più grave reato» (si pensi al disastro
doloso aggravato per il quale è prevista la reclusione da 3 a 12 anni).
Il comma 3 del nuovo articolo 256 bis pone la responsabilità per «omessa vigilanza sull'operato
degli autori materiali del delitto» a carico del titolare dell'impresa o del responsabile
dell'attività organizzata anche non in forma di impresa. Costoro saranno puniti anche con le
sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, del Dlgs 231/2001: interdizione dall'esercizio
dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla
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commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la pubblica ammnistrazione (salvo per
ottenere prestazioni di pubblico servizio); esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi
o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi.
I mezzi usati per il trasporto dei rifiuti bruciati saranno confiscati a meno che il mezzo
appartenga a persona estranea alle condotte e questa non abbia operato in concorso con i
responsabili.
(Paola Ficco, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 11 febbraio 2014)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO 15 gennaio 2014
Modifiche alla parte I dell'allegato IV, alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante: «Norme in materia ambientale».
(G.U. 10 febbraio 2014, n. 33)
 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
Ministero dell'Economia e delle Finanze
Decreto 19 febbraio 2014
Aggiornamento dei coefficienti per la determinazione del valore dei fabbricati di cui all'articolo
5, comma 3, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, agli effetti dell'imposta
municipale propria (IMU) e del tributo per i servizi indivisibili (TASI), dovuti per l'anno 2014.
(G.U. 10 febbraio 2014, n. 45)
AGENZIA DELLE ENTRATE
PROVVEDIMENTO 7 FEBBRAIO 2014 n. 2014/18173
Provvedimento di individuazione dei rimborsi da eseguire mediante procedure automatizzate e
di determinazione delle relative modalità di esecuzione
Rimborsi sprint anche per tasse e imposte di registro
La procedura sprint per i rimborsi riguarderà anche le tasse, le imposte di registro e le altre
imposte indirette. La procedura che, di norma, riguarda i rimborsi del contributo unificato di
iscrizione a ruolo e le somme spettanti al contribuente a seguito di liquidazione delle
dichiarazioni annuali sarà estesa, dal 1° luglio 2014, a tutti i rimborsi di tasse e imposte dirette
e indirette. Con un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate del 7 febbraio 2014,
pubblicato ieri, sono stati individuati i rimborsi da effettuare con procedura automatizzata, che
interesserà tutti i rimborsi che risultano dalla liquidazione delle dichiarazioni e delle istanze di
rimborso di tasse, imposte dirette e indirette, il cui pagamento è per disposizioni normative o
convenzionali, di competenza dell'agenzia delle Entrate. È prevista una disposizione transitoria,
in base alla quale, fino al 30 giugno 2014, i "nuovi" rimborsi continueranno a essere erogati
secondo le modalità vigenti alla data di pubblicazione del provvedimento.
I dati necessari per il rimborso sono predisposti dall'agenzia delle Entrate, con la formazione di
liste emesse con procedure automatizzate, contenenti, per periodo e tipo d'imposta, in
corrispondenza del singolo contribuente, le generalità dell'avente diritto alla restituzione, il
numero di protocollo della dichiarazione o dell'istanza dalla quale scaturisce il rimborso e
l'ammontare delle somme da rimborsare.
È stabilito che il rimborso avviene con accredito sul conto corrente bancario o postale
comunicato dal beneficiario. Il contribuente, che intende accorciare i tempi, comunica le
coordinate del proprio conto corrente bancario o postale, presentando il modello reso
disponibile dalle Entrate in formato elettronico, presso qualsiasi ufficio territoriale dell'agenzia
delle Entrate, oppure, previa abilitazione ai servizi telematici, tramite il sito internet
dell'agenzia delle Entrate.
Il contribuente può infatti registrarsi ai servizi telematici dell'agenzia delle Entrate, Fisconline o
Entratel, e ottenere il cosiddetto codice Pin. Fisconline è riservato a tutti i contribuenti. Il
canale Entratel è riservato ai soggetti obbligati alla trasmissione telematica di dichiarazioni e
atti, quali, ad esempio, intermediari, professionisti, Centri di assistenza fiscale.
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Gli effetti della scelta esercitata con la comunicazione delle coordinate bancarie o postali si
applicano a tutti i rimborsi da erogare al contribuente. In caso di mancata comunicazione delle
coordinate bancarie o postali, i rimborsi alle persone fisiche sono effettuati:
- in contanti, mediante una comunicazione che invita la persona a presentarsi presso gli
sportelli di poste italiane, per riscuotere rimborsi il cui importo, comprensivo di interessi, è
inferiore a mille euro;
- con vaglia cambiario non trasferibile della Banca d'Italia, per i rimborsi il cui importo,
comprensivo di interessi, è pari o superiore a mille euro.
In tema di rimborsi, si ricorda che, per evitare abusi in materia di crediti risultanti dal modello
730, la restituzione di somme per importi superiori a 4mila euro sarà fatta dall'agenzia delle
Entrate e non più dal sostituto d'imposta, datore di lavoro o ente pensionistico. A partire dai
modelli 730 che saranno presentati nel 2014, e, quindi, a partire dalla dichiarazione dei redditi
dell'anno 2013, per contrastare l'erogazione di falsi rimborsi Irpef da parte dei sostituti
d'imposta nell'ambito della liquidazione dei modelli 730, entro sei mesi dalla scadenza dei
termini previsti per la presentazione "online" dei modelli, o dalla data della presentazione se la
dichiarazione è inviata dopo la scadenza, l'agenzia delle Entrate effettua controlli preventivi per
i rimborsi superiori a 4mila euro, anche se derivanti da crediti di precedenti dichiarazioni. Al
termine delle operazioni di controllo, il rimborso sarà erogato dall'agenzia delle Entrate.
Cosa cambia
01 | PROCEDURA VELOCE
La procedura sprint, di norma, interessa i rimborsi del contributo unificato di iscrizione a ruolo
e le somme spettanti al contribuente a seguito di liquidazione delle dichiarazioni annuali
02 | VIA DAL 1° LUGLIO
Dal 1° luglio 2014 questa procedura sarà estesa a tutti i rimborsi che risultano dalla
liquidazione delle dichiarazioni e delle istanze di rimborso di tasse, imposte dirette ed indirette,
il cui pagamento è per disposizioni normative o convenzionali, di competenza dell'agenzia delle
Entrate
03 | TEMPI PIÙ BREVI
Chi intende accorciare i tempi del rimborso, comunica le coordinate del proprio conto corrente
bancario o postale, presentando il modello delle Entrate in formato elettronico, presso qualsiasi
ufficio territoriale dell'Agenzia, o tramite il sito internet delle Entrate
(Salvina Morina, Tonino Morina, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 febbraio 2014)
AGENZIA DELLE ENTRATE
CIRCOLARE N. 2/E del 21 febbraio 2014
OGGETTO: Modifiche alla tassazione applicabile, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e
catastale, agli atti di trasferimento o di costituzione a titolo oneroso di diritti reali immobiliari Articolo 10 del D.lgs.14 marzo 2011, n. 23
LEGGE 21 febbraio 2014, n. 9
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante
interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe
elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo
e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed
EXPO 2015
(G.U. 21 febbraio 2014, n. 43)
 NOTA
ll Dl Destinazione Italia è legge: dai pagamenti all'Ape le misure per imprese e
professionisti
Passaggio lampo al Senato per la legge di conversione del decreto Destinazione Italia (Dl n.
145/2013). Il provvedimento è stato approvato in via definitiva dal Senato e si avvia
finalmente verso la Gazzetta ufficiale. E porta un pacchetto di novità parecchio sostanzioso per
l'edilizia: dalle bonifiche allo svincolo delle garanzie, passando per la certificazione energetica,
l'Ape, il pagamento diretto al subappaltatore, il concordato preventivo, Expo 2015. Senza
contare i cambiamenti in materia di lavoro, infrastrutture, imprese impiantistiche. Vediamo,
punto per punto, quali sono questi cambiamenti, mettendo in fila tutto quello che è accaduto,
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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dalla versione originale varata dal Governo fino a quella uscita dai due mesi di lavori
parlamentari.
Pagamento diretto al subappaltatore
L'intervento del Governo punta a risolvere i problemi connessi ai pagamenti degli appalti in
corso di esecuzione, soprattutto nel caso in cui sopraggiunga una situazione di crisi aziendale
dell'impresa appaltatrice e di liquidità. Nel mirino c'è, nello specifico, la procedura di
concordato preventivo, al centro dei pensieri di moltissime aziende della filiera delle
costruzioni. In pratica, in decine di casi è accaduto che il concordato congelasse la situazione
dell'impresa, impedendogli di far fronte ai pagamenti dovuti nei confronti dei subappaltatori.
«In tale ottica – spiega la relazione tecnica – appare opportuno prevedere che la stazione
appaltante versi i corrispettivi dovuti per l'appalto distintamente all'appaltatore principale ed ai
subappaltatori». Così la modifica al Codice appalti prevede che, ove ricorrano condizioni di
particolare urgenza inerenti al completamento dell'esecuzione del contratto, per i contratti di
appalto in corso può provvedersi, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al
pagamento diretto al subappaltatore, al cottimista e alla società costituita appositamente per i
lavori. In base a una modifica introdotta alla Camera, la stazione appaltante sarà obbligata a
pubblicare sul proprio sito le somme liquidate e l'indicazione dei relativi beneficiari. Ma
soprattutto, con un emendamento alla legge fallimentare, nella parte che riguarda il
concordato preventivo con continuità aziendale, viene introdotta una restrizione alla
partecipazione alle gare per le imprese che chiedono l'accesso alla procedura. Dopo il deposito
del ricorso, infatti, la partecipazione dovrà essere specificamente autorizzata dal Tribunale.
Cartelle esattoriali
La norma sulle cartelle esattoriali passa in versione depotenziata, rispetto alle prime ipotesi
circolate alla Camera. Dopo i rilievi della Ragioneria generale dello Stato, che temeva una
riduzione delle entrate, è stata cassata l'ipotesi di congelare tutte le cartelle per chi avesse
crediti aperti verso la Pa, ventilata dal Movimento 5 stelle; alla fine è stata preferita la strada
della semplice compensazione. «Con decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze», recita
ora il testo, «sono stabilite, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la
compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali a favore delle imprese titolari di crediti
non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, fornitura, appalti e servizi, anche
professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati». In sostanza,
con il credito certificato si potrà procedere alla compensazione e non a un automatico
congelamento del debito con le Entrate.
Certificazione energetica
Una pioggia di emendamenti ha rivoluzionato le regole sulla certificazione energetica, a partire
dal Dpr n. 75/2013, in materia di accreditamento. La novità principale è la modifica di uno
degli allegati, con l'allungamento della durata minima dei corsi, che passano così da 64 a 80
ore. A Regioni e Province autonome, poi, viene attribuito il potere di riconoscere come
certificatori i soggetti che «dimostrino di essere in possesso di un attestato di frequenza» che
attesti il superamento di un esame finale di un corso di formazione, attivato prima del 12 luglio
del 2013. Ma, soprattutto, vengono rivisti i titoli di studio che danno accesso alla professione di
certificatore. Per sanare un'anomalia segnalata dal Cni nei mesi scorsi vengono incluse
nell'elenco delle lauree magistrali e specialistiche tutte quelle in ingegneria, comprese alcune
che prima non erano considerate. Viene anche inclusa la laurea in pianificazione territoriale,
urbanistica e ambientale.
Attestato di prestazione energetica
Con un altro intervento viene cancellata la nullità dei contratti di vendita o locazione come
sanzione per la mancata allegazione dell'attestato di prestazione energetica. Adesso si prevede
che nei contratti di compravendita e locazione sia inserita una clausola con la quale si dichiara
di aver trasferito le informazioni relative all'attestato. L'allegazione sarà obbligatoria solo per le
compravendite. La nullità, però, viene sostituita da una sanzione amministrativa da 3mila a
18mila euro. Il pagamento della sanzione, comunque, non esenta dall'obbligo di presentare
l'Ape comunque entro 45 giorni.
Lavoro, sanzioni più salate
Giro di vite su orari, riposo e sommerso anche nei cantieri. Con rincari molto più rilevanti di
quelli adottati di recente per la sicurezza nei luoghi di lavoro. L'aumento degli importi delle
sanzioni riguardanti le violazioni riferite al regime degli orari e dei riposi, al lavoro nero ed alla
sospensione dell'attività imprenditoriale è tra le altre novità del Destinazione Italia. Più in
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dettaglio, sono previsti aumenti del 30% per quanto concerne le violazioni connesse
all'impiego di lavoratori "in nero" e quelle riguardanti le somme aggiuntive da versare per la
revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale. Sono invece duplicate le
sanzioni amministrative relative alle violazioni riguardanti il superamento della durata media
dell'orario di lavoro e per la mancata concessione dei riposi giornalieri e settimanali.
Bonifiche, evitato il rischio sanatoria
L'articolo 4 del decreto introduce, a favore del ministero dell'Ambiente, la possibilità di
stipulare accordi di programma con i soggetti interessati per l'attuazione di progetti di recupero
ambientale e di riconversione industriale di siti da sottoporre a bonifica. «Finora – spiega la
relazione tecnica - nessuno dei predetti interventi di bonifica ha avuto avvio e tantomeno
attuazione»; tramite questi accordi l'obiettivo è far ripartire le operazioni. «La norma mira,
quindi, a rilanciare l'economia dei territori coinvolti e a promuovere il riutilizzo produttivo dei
siti inquinati». Questa previsione, però, dava luogo a un rischio sanatoria, a favore dei soggetti
che avessero materialmente contribuito all'inquinamento dei siti. Con un emendamento
depositato dal presidente della commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci, è stato
allora stabilito che la revoca degli oneri relativi ai fatti antecedenti l'accordo di programma è
subordinata, nel caso in cui tra i soggetti interessati sia stato individuato il responsabile della
contaminazione, al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei
siti. L'erogazione di contributi pubblici, nel caso in cui sia stato individuato il responsabile della
contaminazione, non potrà riguardare le attività di messa in sicurezza e di riparazione del
danno ambientale da questi causato.
Svincolo delle garanzie
Altra modifica punta ad assicurare omogeneità di disciplina a tutta la materia dei contratti
aventi ad oggetto la realizzazione di opere pubbliche, in relazione al fondamentale aspetto
dello svincolo delle garanzie fideiussorie. In sostanza, l'applicazione delle norme relative al
Codice appalti viene estesa anche ai rapporti contrattuali anteriori all'entrata in vigore del
Codice stesso, «ivi compresi i settori cosiddetti esclusi». La disposizione in questione – spiega
la relazione tecnica «non altera affatto il sinallagma contrattuale dei rapporti convenzionali in
essere, né incide sulle esigenze ineludibili di garanzia della committenza rispetto all'operato
dell'appaltatore».
Terzo responsabile
Poi, arriva la soluzione al problema del terzo responsabile. La questione parte da una modifica
contenuta in un Dm del ministero dello Sviluppo economico (22 novembre del 2012). Con una
novità inserita in sordina, il provvedimento rivedeva il punto 52 dell'allegato A del Dlgs n.
192/2005, che disciplina le regole relative al terzo responsabile degli impianti termici:
solitamente, le grandi caldaie dei condomini. In sostanza, il ruolo di terzo responsabile non
poteva più essere svolto da persone fisiche e giuridiche ma solo da persone giuridiche. Una
minuzia che, però, ha dato adito all'Anaci, la principale associazione degli amministratori di
condominio, di adottare un'interpretazione restrittiva della regola, in base alla quale non
possono essere considerate persone giuridiche le società in nome collettivo, le società semplici,
le società in accomandita semplice e le imprese individuali. Così in molti condomini sono stati
revocati, in base alla norma in questione, contratti in essere a imprese individuali abilitate. Ad
essere coinvolte dal problema sono, secondo le stime, circa 20mila aziende. La novità portata
dal decreto sostituisce l'espressione "persona giuridica" con la parola "impresa" e mette a
posto le cose.
Risarcimenti pro Tav
Sul fronte delle infrastrutture, viene introdotto un indennizzo per le imprese che subiscono
danni ai materiali, attrezzature e beni strumentali nella realizzazione delle opere di legge
Obiettivo, "come conseguenza di delitti non colposi commessi al fine di ostacolare o rallentare
l'ordinaria esecuzione delle attività di cantiere" e in grado di pregiudicare il rispetto dei tempi
di consegna dell'opera. Il risarcimento coprirà "una quota della parte eccedente le somme
liquidabili dall'assicurazione stipulata dall'impresa o, qualora non assicurate, per una quota del
danno subito". Per gli indennizzi vengono stanziati due milioni di euro per il 2014 e cinque
milioni di euro per il 2015. Le modalità con le quali saranno erogati questi soldi, però,
andranno fissate con un successivo decreto del ministero delle Infrastrutture.
Anagrafe pubblica delle revoche Cipe
Nasce l'anagrafe pubblica delle revoche dei fondi Cipe. Entro 60 giorni dalla conversione in
legge del decreto, il Comitato dovrà pubblicare sul proprio sito web un elenco dei
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a partire dal primo gennaio del 2010, sono
state revocate le sue assegnazioni.
Expo 2015
Sul fronte dell'Expo 2015, una serie di norme puntano a ottimizzare l'utilizzo delle risorse
disponibili. Alcune assegnazioni del Cipe vengono revocate e le relative risorse, pari a 165,3
milioni di euro, vengono riassegnate al Fondo revoche per essere a loro volta redistribuite. E
vengono destinati 45 milioni all'accessibilità ferroviaria dello scalo di Malpensa.
Metro di Milano
La dead line per la revoca del contributo statale da 172,2 milioni di euro alla linea M4 della
metropolitana di Milano, infine, viene spostata dal 30 giugno 2014 al 31 dicembre dello stesso
anno.
Metro di Salerno
Cinque milioni di euro vengono ricollocati per assicurare il funzionamento dell'ultimo tratto
della metropolitana leggera di Salerno.
(Giuseppe Latour, Il Sole 24 ORE - Edilizia e Territorio)
LEGGE 27 febbraio 2014, n. 15
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante
proroga di termini previsti da disposizioni legislative
(G.U. 28 febbraio 2014, n. 49)
 NOTA
Milleproroghe definitivo: rinvio per il Sistri, l'Avcpass, il Pos, le centrali appalti
La corsa del Milleproroghe, partita a fine dicembre, si chiude ufficialmente nell'Aula del Senato.
Palazzo Madama ha approvato questa mattina (mercoledì 26 febbraio), con 135 voti favorevoli,
20 contrari e 78 astenuti, la legge di conversione del tradizionale provvedimento (Dl n.
150/2013) che rinvia le scadenze di entrata in vigore di alcune norme. Diventano così definitivi
diversi slittamenti di grande significato per l'edilizia: viene rimodulata l'entrata in vigore del
Sistri, per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi. E vengono spostati in avanti diversi termini:
centrali di committenza per i piccoli Comuni, Avcpass, Pos per i professionisti. Oltre alle
verifiche triennali soft degli attestati Soa e alle regole sulle attestazioni dei general contractor.
Riepiloghiamo, punto per punto, tutte le novità in arrivo per le costruzioni.
Proroga per il Sistri
Un emendamento firmato da Forza Italia ha portato l'ennesimo slittamento del Sistri, stavolta
al 2015. In dettaglio, fino al 31 dicembre del 2014 si continuano ad applicare i vecchi
adempimenti del Codice ambiente relativi al trasporto di rifiuti, con le relative sanzioni. Tutto il
pacchetto relativo al Sistri, sanzioni incluse, durante questo periodo non troverà applicazione.
E si tratta di uno slittamento piuttosto clamoroso, visto che il sistema aveva cominciato a
trovare applicazione a partire dallo scorso ottobre, con un calendario puntualmente fissato in
una serie di circolari del ministero dell'Ambiente. Tutto cancellato, perché adesso alle imprese
saranno concessi altri mesi per studiare il sistema di tracciabilità dei rifiuti.
Professionisti slitta l'obbligo di Pos
Slitta da gennaio 2014 al 30 giugno 2014 l'obbligo per commercianti e professionisti di
accettare anche pagamenti via bancomat. Lo slittamento è stato motivato con la necessità di
dare il tempo necessario agli interessati di dotarsi di terminale Pos. La novità vale per gli studi
professionali al di sopra di 200mila euro di fatturato per consentire pagamenti tracciabili oltre i
30 euro, secondo la disciplina del decreto interministeriale 24 gennaio 2014, che diventerà
operativo decorsi 60 giorni dalla sua pubblicazione. Prima però arriverà lo slittamento. Contro
l'obbligo di dotare imprese e studi professionali di Pos si erano espressi sia gli ingegneri che gli
architetti. Annunciando l'intenzione di ricorrere al Tar per l'abrogazione del provvedimento. Per
Armando Zambrano, presidente del Cni e della rete delle professioni tecniche, il decreto non
aiuta «la lotta all'evasione, di contro è un regalo alle banche». Proteste anche da Leopoldo
Freyrie, numero uno degli architetti. «Sulla questione del Pos obbligatorio siamo pronti ad
andare fino alla Corte Costituzionale – ha spiegato - per una evidente limitazione della libertà
del cittadino. Da parte mia segnalo fin da ora alle Autorità che non intendo installare e non
installerò il Pos nel mio studio professionale».
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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Proroga per la banca dati appalti (Avcpass)
Richiesta a gran voce da Comuni e imprese, rispedita al mittente dall'Autorità di Vigilanza, alla
fine è arrivata la proroga del sistema Avcpass per la verifica telematica dei requisiti di
partecipazione alle gare d'appalto. La novità sposta al primo luglio 2014 l'entrata in vigore del
sistema gestito dall'Autorità di Vigilanza che fa del portale Avcpass il punto di raccolta dei
documenti a comprova dei requisiti di partecipazione autodichiarati dalle imprese in gara.
L'emendamento contiene peraltro una "sanatoria" per i bandi già pubblicati senza esplicito
riferimento all'obbligo di verifica dei requisiti tramite la banca dati gestita da Via Ripetta.
Ricordiamo, infatti, che dopo due proroghe il sistema - avviato in via solo sperimentale nel
corso del 2013 - è ufficialmente partito lo scorso primo gennaio. Una partenza segnata dalle
proteste delle stazioni appaltanti e delle imprese e dall'allarme lanciato dalla stessa Autorità a
dicembre, preoccupata dagli effetti negativi (pioggia di ricorsi e blocco del mercato) che
sarebbero potuti derivare da una scarsa adesione al nuovo servizio da parte delle
amministrazioni. Rischio che si è puntualmente tramutato in realtà.
Edilizia scolastica
L'articolo 6, comma 3 del decreto affronta la materia dell'edilizia scolastica e punta a evitare
qualche ricorso. La misura riguarda l'obbligo per gli enti finanziati con i fondi del decreto del
fare (150 milioni, Dl 69/2013) di affidare i lavori di riqualificazione delle scuole entro il 28
febbraio, pena la revoca dei finanziamenti. Il decreto milleproroghe sposta questo termine al
30 giugno 2014 nel caso di contestazione della graduatoria regionale di assegnazione delle
risorse.
Centrali di committenza
Ritocco anche per l'obbligo, a carico dei Comuni sotto i 5mila abitanti, di bandire gare tramite
una centrale di committenza, inserito all'articolo 33 comma 3 bis del Codice appalti. La norma
è storicamente contestata sia da Ance e Anci perché si teme che possa generare un blocco dei
bandi, dal momento che impone di mettere insieme le gare di amministrazioni che non hanno
collegamenti. L'attività di lobbying, in questo caso, è sempre stata molto efficace. Perché il
decreto Milleproroghe inanella il quarto rinvio consecutivo, stavolta fino al 30 giugno del 2014.
Le precedenti avevano fissato il termine al 31 marzo 2012, poi al 31 marzo 2013 e, infine, al
31 dicembre del 2013. Tutto questo tempo, evidentemente, non è bastato ai sindaci per
mettersi in rete. Tra l'altro, va ricordato che la legge di Stabilità ha rivisto il perimetro della
norma del Codice appalti che fissa l'obbligo di centrale unica per le amministrazioni. La
manovra ha depotenziato parecchio la misura, stabilendo che questa non si applica per gli
affidamenti di lavori, servizi e forniture effettuati in economia tramite amministrazione diretta
e per i cottimi fiduciari. La proroga fa salvi i bandi avviati tra il primo gennaio (data in cui è
scattata la novità) e la pubblicazione della legge di conversione del decreto. Non è nemmeno la
prima volta che questa previsione va in vigore e viene rinviata subito dopo: è accaduto già ad
aprile del 2013.
Lavori pubblici, verifica triennale soft
Viene ripristinata una misura di favore per i costruttori alle prese con la verifica triennale
dell'attestato Soa, che abilita a partecipare al mercato dei lavori pubblici. Si tratta della
tolleranza del rapporto di congruità tra cifra d'affari in lavori, costo delle attrezzature e spesa
per il personale dipendente. Il 31 dicembre è scaduta la misura che innalzava la percentuale di
tolleranza dal 25% al 50%. Ora, con il decreto Milleproroghe, fino al 30 giugno 2014 torna in
vigore la percentuale più alta.
General contractor
Si allunga di un anno, fino al 31 dicembre 2014, la possibilità per i general contractor di
dimostrare il possesso dei requisiti tecnico-economici esibendo un'attestazione Soa in luogo dei
certificati di esecuzione dei lavori. L'obiettivo, si spiega nella stessa relazione al
provvedimento, è consentire una più ampia partecipazione possibile al club dei contraenti
generali "eliminando il rischio effettivo di creare un circolo chiuso e inaccessibile di soggetti
qualificati". Va detto, peraltro che da tempo ormai non si vedono più bandi destinati a questo
tipo di soggetti, nati sull'onda della realizzazione delle cosiddette infrastrutture strategiche
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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annunciate dalla legge obiettivo. «Appare evidente - si legge ancora nella relazione - che
questa forma di incentivazione del mercato dei contraenti generali e di semplificazione non ha
potuto produrre gli effetti voluti dal legislatore soprattutto a causa della crisi economica
soprattutto nel settore delle costruzioni che ha prodotto una contrazione degli appalti».
Norme antincendio negli hotel
Un passaggio è dedicato agli hotel. Sono in arrivo semplificazioni della normativa antincendio
per strutture ricettive di piccole dimensioni. Il Milleproroghe dà al ministero dell'Interno
sessanta giorni dalla conversione per aggiornare la regola tecnica di prevenzione incendi (Dm
Interno 9 aprile 1994). Al nuovo provvedimento, il compito di semplificare le prescrizioni di
sicurezza fissate per le strutture con meno di 50 posti letto. Per alberghi, motel, agriturismo,
ostelli, fino a 50 posti letto, rispettare la normativa antincendio dovrà essere più facile.
Resuscitati i programmi «articolo 18»
Tornano in vita - per altri tre anni - i programmi cosiddetti «Articolo 18», cioè gli interventi
promossi nel 1992 con una dote iniziale di oltre mille miliardi di vecchie lire per realizzare
alloggi destinati alle forze dell'ordine. Nato nell'era immediatamente pre-tangentopoli questo
programma, avviato dall'articolo 18 del Dl 152/1991, ha dato risultati scarsi e in qualche caso
discutibili. Ma soprattutto, si è andato trascinando in modo improduttivo per 20 anni, al punto
che - dopo vari tentativi - il governo aveva fatto l'ennesimo tentativo di terminare la
procedura, per poter utilizzare in modo più efficace i soldi rimasti immobilizzati per anni.
L'ultima "eutanasia" di questi programmi era stata celebrata il 31 dicembre scorso, scadenza
fissata nell'articolo 12 del decreto "crescita" 83/2012 (lo stesso articolo con il quale è stato
lanciato il programma "del piano città"). Il comma 7 dell'articolo 12 del Dl "Crescita" concedeva
tempo fino appunto al 31 dicembre 2013 per "rilocalizzare" l'intervento che, per vari motivi,
non era stato possibile realizzare nella città scelta inizialmente. Tale rilocalizzazione poteva
avvenire «nell'ambito della medesima regione ovvero in regioni confinanti ed esclusivamente
nei comuni capoluogo di provincia". A tal fine "il termine per la ratifica degli Accordi di
programma è fissato al 31 dicembre 2013». La legge di conversione ha spostato la scadenza al
31 dicembre 2016. In particolare la proroga viene in soccorso di programmi concentrati in città
della Puglia.
Rinnovabili, resta l'obbligo del 35%
Doveva allungarsi di un anno, ma alla fine un emendamento del Movimento cinque stelle ne ha
bloccato il rinvio. Resta dunque fissato a questo anno il periodo nel quale le imprese dovranno
rispettare i requisiti minimi previsti dalla legge nel realizzare fabbricati alimentati tramite
energie rinnovabili. La proroga sulla quota di rinnovabili per le nuove costruzioni avrebbe
ritoccato le regole fissate dal Dlgs n 28/2011, che applica le direttive europee in materia. Qui si
disciplina la certificazione energetica ma, soprattutto, all'articolo 11 viene previsto che i
progetti di edifici di nuova costruzione e i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici
esistenti prevedano l'utilizzo in quota parte di fonti rinnovabili. Un obbligo molto restrittivo
perché, se non viene rispettato, dà la possibilità ai Comuni di negare il rilascio del titolo
abilitativo, impedendo di fatto la realizzazione dell'immobile. Questo meccanismo è
puntualmente regolato dall'allegato terzo del decreto. Qui si stabilisce che gli impianti di
produzione di energia termica degli edifici devono essere realizzati e progettati in modo da
garantire che una parte del riscaldamento e del raffrescamento sia alimentata tramite fonti
rinnovabili. La quota di questa energia aumenta con il passare del tempo. Per i titoli edilizi
richiesti fino al 31 dicembre 2013 è del 20%; dal 2014 al 2016 arriva fino al 35%; dal 2017 si
arriva alla soglia obiettivo della normativa, pari al 50 per cento del totale. L'obiettivo del
milleproroghe era rivedere questi gradini. Che, però, adesso resteranno intatti.
Gestioni commissariali
Nella sua prima versione il decreto concedeva più tempo (fino al 31 dicembre 2014) anche alle
gestioni commissariali al Sud. La prima proroga riguarda i termini di conclusione delle opere e
dell''incarico di commissario ad acta per gli interventi di ricostruzione nei Comuni colpiti dal
sisma tra il 1980 e il 1981. La proroga era finalizzata alla prosecuzione degli interventi ancora
in corso, come la strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda (collegamento tra l'A3
Salerno-Reggio Calabria e l'A16 Napoli-Bari). La seconda proroga riguardava la gestione della
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commissariale della galleria Pavoncelli, via d'acqua fondamentale per l'approvvigionamento
idrico della Puglia. Entrambi questi rinvii sono stati cancellati nel testo appena licenziato dal
Senato.
(Giuseppe Latour, Il Sole 24 ORE - Edilizia e Territorio, 27 febbraio 2014)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 20 febbraio 2014
Certificazione relativa al rimborso degli oneri per interessi per l'attivazione delle maggiori
anticipazioni di tesoreria conseguiti all'abolizione della seconda rata dell'anno 2013 dell'imposta
municipale propria
(G.U. 28 febbraio 2014, n. 49)
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Giurisprudenza
 Mediazione immobiliare
 CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE TERZA CIVILE, SENTENZA DEL 05/02/2014 N.
2616
Mediazione, diritto alla provvigione e condizioni di sospensione del decorso del
termine annuale
Ai fini del riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua
attività costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi ed atti
strumentali, alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie
sostituiscano altri a sé nell'operazione conclusiva. Non vi è tuttavia alcun obbligo per le parti di
informare il mediatore della predetta conclusione dell'affare, potendo la sospensione del
decorso della prescrizione del diritto operare solo in presenza di un comportamento doloso da
parte del debitore.
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge allorché egli abbia messo in relazione due o più
parti per la conclusione di un affare e questo sia stato concluso per effetto del suo intervento,
noto ai contraenti e da loro anche implicitamente accettato. L'affare, in questi termini, deve
ritenersi concluso, per effetto della “messa in relazione” dei contraenti da parte del mediatore,
quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per
l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno. Ne consegue che, ai fini del
riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua attività
costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi ed atti strumentali,
alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie sostituiscano altri a sé
nell'operazione conclusiva.
Non vi è tuttavia alcun obbligo per le parti di informare il mediatore della conclusione
dell'affare ed il termine annuale di prescrizione del diritto alla provvigione decorre dalla data
del rogito notarile a norma dell'art. 2950 cod. civ. Solo nel caso in cui vi sia stato un
comportamento doloso da parte del debitore si ha una sospensione del decorso della
prescrizione ai sensi dell'art. 2941, n. 8, cod. civ. e la stessa ricomincia a decorrere dal giorno
in cui il mediatore viene a scoprire la frode. Si deve peraltro osservare che in tema di
sospensione della prescrizione di un diritto, l'occultamento doloso è requisito diverso e più
grave della mera omissione di una informazione, la quale ha rilievo, ai fini della detta
sospensione, soltanto se sussista un obbligo di informare; nè il doloso occultamento può
ritenersi implicito nella mancata registrazione o trascrizione di un contratto, trattandosi
certamente di adempimenti doverosi, in quanto previsti da norme, anche se per finalità
estranee ai rapporti tra privati, e tali da potere, in ipotesi, agevolare la conoscenza del
contratto da parte dei terzi, ma inidonei, di per sé, a dimostrare il doloso occultamento della
data del contratto o di altri fatti produttivi di diritti altrui.
Nel caso in esame, in primo grado, il tribunale aveva condannato il solo venditore a pagare la
provvigione ad una agenzia immobiliare mandando assolti dalla domanda due coniugi quali
acquirenti dell'immobile oggetto della vendita. In secondo grado, invece, la corte di appello ha
accolto l'impugnazione proposta dall'agenzia immobiliare e condannato in solido i coniugi
acquirenti al pagamento della provvigione. La Suprema Corte, accogliendo il gravame ha
cassato con rinvio la sentenza impugnata affinché la stessa applichi i principi di diritto enunciati
e riconsideri, muovendo dalla stipula dei contratti inter partes e dalla messa in mora dei
coniugi da parte della agenzia immobiliare, due distinti ordini di questioni: da un lato, se si è
verificata la prescrizione del diritto alla provvigione dell'agenzia immobiliare; dall’altro, se vi è
ragione della sospensione del decorso di tale prescrizione in quanto vi è stato un
comportamento doloso dei suddetti coniugi.
(www.tecnici24.com, 21 febbraio 2014)
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27

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE SESTA CIVILE, ORDINANZA DEL 06/02/2014 N.
2771
Inadempimento del promissario acquirente e danno risarcibile
Nel diritto al risarcimento del danno, sorto in capo al promittente venditore a seguito
dell'accertato inadempimento del promissario acquirente, rientra il ristoro di tutti i danni,
comprensivi tanto del danno emergente quanto del lucro cessante. In quest'ultima
categoria vanno annoverati anche i danni nascenti dalla disdetta dei contratti di locazione
effettuata dal promittente venditore durante le trattative intercorse con il promissario
acquirente, trattative che, nel caso di specie, non si sono concretizzate con la conclusione di un
contratto definitivo e di conseguenza con la cessione del bene.
Il concetto di danno risarcibile, e in particolare, di lucro cessante, con riguardo
all'inadempimento, da parte del promissario acquirente, di un contratto preliminare di
compravendita immobiliare, è da riferirsi al principio, ex art. 1223 cod. civ., secondo cui il
risarcimento deve porre il creditore nella situazione in cui si sarebbe trovato se
l'inadempimento non si fosse verificato. A tal proposito, la citata disposizione prevede il ristoro
non solo del danno emergente, ma anche del lucro cessante, ossia di ogni conseguenza
lesiva che, seppure non apparente e non immediatamente riscontrabile, gli sia derivata
dall'azione dannosa.
In particolare, il proprietario, in caso di contratto preliminare di compravendita rimasto
inadempiuto, non è tenuto a dare la prova delle sue intenzioni, quali la volontà di utilizzare o
locare il bene, poiché detta prova si trasformerebbe in una probatio diabolica. La prova
sarebbe altresì superflua perché è intrinseca nella disciplina dell'art. 1223 cod. civ. la
previsione della risarcibilità del mancato guadagno qualora sia conseguenza immediata e
diretta dell'inadempimento. Rientra quindi nel diritto al risarcimento del danno, sorto in
capo al promittente venditore a seguito dell'accertato inadempimento del promissario
acquirente, il ristoro di tutti i danni, comprensivi tanto del danno emergente quanto del lucro
cessante. In quest'ultima categoria rientrano i danni nascenti dalla disdetta dei contratti di
locazione effettuata dal promittente venditore durante le trattative intercorse con il promissario
acquirente che non si sono concretizzate con la conclusione di un contratto definitivo e di
conseguenza con la cessione del bene.
I principi sono stati espressi in una recente decisione della Sesta sezione civile della Corte di
cassazione (Cass. civ. n. 2771/2013, Pres. Goldoni, Rel. Petitti). Nel caso in esame, la
Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte di merito, pur
confermando la responsabilità di un promissario acquirente resosi inadempiente all’obbligo,
assunto con un preliminare, di stipulazione del contratto definitivo di compravendita
immobiliare, aveva rideterminato per difetto il danno subito dal promittente venditore nella
sola misura del quaranta per cento della differenza tra il prezzo pattuito con il preliminare e
prezzo realizzato in sede di successiva vendita a terzi.
(www.tecnici24.com, 19 febbraio 2014)

CORTE DI CASSAZIONE NELLA SENTENZA DEL 10 FEBBRAIO 2014, n. 2917
Il contratto di vendita di un nuovo fabbricato che non prevede l'uso del posto auto è
nullo
Aspetti legislativi
In parte l'invivibilità delle nostre città dipende anche dalla carenza di spazi adeguati per il
parcheggio delle automobili. Tale problema è stato affrontato originariamente dal
legislatore con il decreto ministeriale del 2 aprile 1968 (art. 3) a cui si deve l'introduzione
di un limite inderogabile di densità edilizia. Successivamente l'art. 41-sexies della legge
urbanistica - introdotto dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765/1967 (c.d."Legge
Ponte") ha previsto che "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione". Da tale disposizione è
scaturito il vincolo di destinazione delle aree destinate a parcheggio.
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Alcuni precedenti giurisprudenziali
La Cassazione più volte si è pronunciata in merito affermando che il diritto sulle aree a
parcheggio obbligatoriamente previste dall'art. 18 come vincolo pubblicistico di
destinazione, viene imposto per legge a favore dei condomini del fabbricato cui accede
(Cass. 4 febbraio 1999, n. 973; Cass. 20 luglio 1999, n. 7766; Cass. 28 gennaio 2000, n.
982). Trattandosi di vincolo reale, che non nasce per clausola pattizia, ma per legge, esso si
trasferisce automaticamente con tutti i successivi trapassi dell'unità abitativa. Il legislatore ha
stabilito la riserva di appositi spazi per parcheggio a servizio dell'edificio, imponendo una
regola inderogabile: non sono consentite nuove costruzioni che non siano corredate di dette
aree destinate a parcheggi ed ha, nel contempo, inteso stabilire un onere a carico di chi chiede
il permesso di costruire, nel senso che egli non può, qualora non ottemperi a tale prescrizione,
ottenere il permesso stesso. Ne consegue, l'impossibilità di realizzare nuove costruzioni in
assenza di adeguati spazi di parcheggi, ma anche la carenza assoluta del potere del privato di
rimuovere tale vincolo.
Il caso di specie
Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 10 febbraio 2014, n 2917
trova la sua disciplina nell'art. 41 sexies della n.1150/1942, (introdotto dall'art. 18 1. 6.8.1967
n. 765), che introduce un vincolo pubblicistico. Alcuni condomini usavano illegittimamente il
posto auto che, per legge, avrebbe dovuto essere riservato, già nell’atto di compravendita, al
nuovo acquirente dell’appartamento. Quindi la Cassazione non ha fatto altro che confermare
quanto disposto dai giudici di merito: “nullo l’atto di compravendita della nuova costruzione
nella parte in cui non prevede l’uso del posto auto da parte del neo acquirente. Il venditore
deve rispettare il rapporto volumetrico che determina un vincolo a carattere pubblicistico”.
Quindi, già al momento della stipula del contratto di compravendita, nasce per il condomino la
facoltà di esercitare il diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio dell'edificio
condominiale. Di conseguenza il contratto stipulato deve considerarsi nullo in quanto elude il
vincolo di destinazione al quale è sottoposta, ex lege, l'area di parcheggio ed è causa di danno
ingiusto (ex art. 872, c. 2, c.c.). Ricordiamo che precedentemente la Cassazione
con sentenza del 10/01/2011, n. 346 aveva anche stabilito che l'elusione del vincolo di
destinazione delle aree destinate a parcheggio, costituendo una violazione delle norme speciali
in materia di edilizia, implica conseguenze risarcitorie.
(www.tecnici24.com, 14 febbraio 2014)

CTR LIGURIA, SENTENZA 87/03/2013
La relazione di stima asseverata supera la rettifica immobiliare con i valori Omi
La perizia asseverata consente di superare la rettifica sull'immobile. In questo modo il
contribuente è in condizione di dimostrare che il valore rideterminato dall'ufficio sulla base dei
valori Omi (Osservatorio del mercato immobiliare) non poteva essere ritenuto congruo
perché l'immobile era in fase arretrata di ristrutturazione. A precisarlo è la sentenza
87/03/2013 della Ctr Liguria.
Il ricorso riguarda un avviso con cui l'agenzia delle Entrate ha accertato un maggior
reddito derivante da una compravendita immobiliare a causa di un rilevante scostamento
tra il prezzo dichiarato in atto e il valore degli immobili determinato in base ai valori
dell'Omi. Il contribuente si è difeso facendo presente che il valore indicato nell'atto era quello
effettivo, in quanto gli immobili erano ancora in gran parte da ristrutturare e quindi non
potevano essere considerati al valore normale di mercato secondo i coefficienti Omi.
Il ricorrente ha affermato di avere dato prova piena di tali circostanze attraverso una relazione
giurata di stima effettuata da un geometra e attraverso la presentazione del certificato di
agibilità rilasciato a fine marzo 2012 (la compravendita, invece, risaliva al 2006) dal Comune
dove erano ubicati gli immobili. Infine, sempre il contribuente ha evidenziato che il valore degli
immobili non poteva essere rettificato in quanto per l'imposta di registro non era stato
contestato ed era, pertanto, divenuto definitivo.
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La Commissione tributaria provinciale ha rigettato il ricorso del contribuente, mentre la Ctr gli
ha dato ragione. In particolare i giudici di secondo grado hanno ritenuto gli argomenti del
contribuente documentati e convincenti. La valutazione degli immobili – come indicato nell'atto
di compravendita – è apparsa congrua in quanto è risultato provato con la perizia asseverata
da un geometra che questi erano ancora in fase arretrata di ristrutturazione. Questa
valutazione è stata anche confermata dal fatto obiettivo che i lavori sono stati completati nei
successivi cinque anni e dal fatto che il certificato di agibilità da parte del Comune è stato
rilasciato appunto nel 2012.
Per questo motivo l'ufficio non poteva applicare i parametri forniti dall'Omi in quanto questo
considera il valore degli immobili finiti e agibili. Secondo quanto affermato dalla Commissione
tributaria regionale, la perizia asseverata prodotta ha fornito precisi elementi di valutazione nei
confronti dei quali il Fisco non ha opposto alcun argomento e il fatto che il valore dichiarato
nell'atto sia stato ritenuto congruo ai fini dell'imposta di registro ha confermato l'illegittimità
dell'accertamento.
Ma l'importanza che, in controversie simili, può assumere una perizia asseverata è sottolineata
anche dalla sentenza 173/01/2013 sempre della Ctr Liguria. In questa circostanza, i giudici di
secondo grado hanno dato torto al contribuente che non ha fornito alcuna prova dell'asserito
minor valore dell'immobile. Ad avviso del collegio d'appello, infatti, i valori Omi costituiscono
meri indizi ma compete comunque al contribuente contestarli con elementi di segno inverso, in
grado di giustificare la riduzione delle stime operate dall'amministrazione finanziaria.
(www.tecnici24.com, 12 febbraio 2014)
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Antincendio
Economia e agevolazioni
Come cambia la tassazione dei trasferimenti immobiliari
Daniela Amendola, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 26 febbraio 2014
L’applicabilità delle agevolazioni “prima casa” è vincolata alla categoria catastale in cui è
classificato o classificabile l’immobile acquistato e non più alle caratteristiche individuate dal
decreto del Ministro dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969. È questo uno dei chiarimenti resi
dall’Agenzia delle entrate che, con circolare 21 febbraio 2014 n. 2/E, fornisce un vero e
proprio vademecum sulle modifiche alla tassazione applicabile, ai fini dell’imposta di registro,
ipotecaria e catastale, agli atti di trasferimento o di costituzione a titolo oneroso di diritti reali
immobiliari, introdotte, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011,
come modificato dall’articolo 26, comma 1, del Dl 104/2013, convertito, con modificazioni,
dalla legge 128/2013, e dall’articolo 1, comma 608, della legge 147/2013 (legge di stabilità
2014).
Le nuove aliquote
Per effetto delle suddette modifiche, è stato completamente riformulato l’articolo 1 della tariffa,
parte I, allegata al Testo unico sull’imposta di registro di cui al Dpr 131/1986 (Tur). In
particolare, è stato abrogato l’impianto normativo dettato dalla citata disposizione che
prevedeva aliquote di imposta differenziate e, in alcuni casi, l’imposta in misura fissa, in
considerazione del bene oggetto del trasferimento o dei soggetti a favore dei quali è effettuato
il trasferimento; sono state, inoltre, espressamente abrogate le note al predetto articolo 1,
diverse dalla nota II-bis.
Le nuove aliquote, ai fini dell’imposta di registro, sono tre:
1. del 9%, applicabile agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in
genere, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la
rinuncia pura e semplice agli stessi, nonché ai provvedimenti di espropriazione per pubblica
utilità e ai trasferimenti coattivi;
2. del 2%, applicabile ai trasferimenti che hanno per oggetto case di abitazione, a eccezione di
quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni per l’applicazione delle
agevolazioni “prima casa”;
3. del 12%, applicabile ai trasferimenti che hanno per oggetto terreni agricoli e relative
pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli
professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale.
In ogni caso, in relazione a detti trasferimenti, l’imposta proporzionale dovuta non può essere
inferiore a 1.000 euro (si veda il paragrafo 7 della circolare).
Tali atti, inoltre, e tutti gli «atti e le formalità direttamente conseguenti» (indicati al paragrafo
5.1. della circolare) posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il Catasto e i registri
immobiliari, sono esenti dal bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e sono
soggetti alle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro per ciascuna imposta.
Il regime sopra descritto si applica anche:
a. agli atti immobiliari soggetti a Iva in regime di esenzione, per i quali l’imposta di registro si
applica in misura proporzionale (articoli 40 del Tur e 10, n. 8-bis), del Dpr 633/1972). Per le
cessioni soggette a Iva di immobili strumentali (articolo 10, comma 1, n. 8-ter), del Dpr
633/1972), invece, sono dovute le imposte:
– di registro in misura fissa;
– ipotecaria e catastale, rispettivamente del 3 e dell’1%;
– di bollo;
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– le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali;
b. agli atti dell’autorità giudiziaria recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni
immobili (articolo 8, letteraa), della tariffa, parte I, del Tur);
c. agli atti di conferimento nelle società di diritti di proprietà o di godimento su beni immobili e
agli atti di assegnazione ai soci, associati o partecipanti, di beni immobili (articolo 4, lettera a),
n. 1), e lettera d), n. 2), della tariffa del Tur), fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 4,
lettera a), punto 2, della citata tariffa;
d. alle permute, quando entrambi i trasferimenti sono soggetti a imposta di registro. In tal
caso, l’imposta di registro con le nuove aliquote è determinata sul valore del bene che dà luogo
all’applicazione della maggiore imposta e le imposte ipotecaria e catastale sono dovute una
sola volta nella misura di 50 euro ciascuna. Se un trasferimento è soggetto a Iva e l’altro a
imposta di registro, invece, la nuova tassazione si applica solo sulla prestazione non soggetta a
Iva. Se entrambi i trasferimenti sono soggetti a Iva, si applicano:
– l’imposta di registro in misura fissa;
– due imposte ipotecarie e due imposte catastali nella misura fissa di 200 euro ciascuna (salvo
che si tratti di immobili strumentali);
– l’imposta di bollo, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali;
e. ai conguagli superiori al 5% degli atti di divisione aventi a oggetto compendi immobiliari.
Per questi atti, inoltre, è dovuta l’imposta di registro con aliquota dell’1% (articolo 3, tariffa,
del Tur), nella misura proporzionale effettiva, ancorché inferiore a 200 euro. La divisione, con
conguaglio o senza, quale atto di natura dichiarativa, sconta poi:
– l’imposta di bollo, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali;
– le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Restano soggetti ad autonoma tassazione:
a. gli atti di rettifica a contenuto patrimoniale;
b. gli atti di avveramento della condizione sospensiva;
c. le vendite con riserva di proprietà.
Inoltre, non possono essere considerate «formalità direttamente conseguenti» all’atto
traslativo e, quindi, non sono soggetti all’imposta ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50
euro né all’esenzione dal bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie:
a. la trascrizione dell’accettazione tacita di eredità;
b. l’iscrizione di ipoteca legale;
c. le cancellazioni ordinate in occasione di trasferimenti coattivi.
Agevolazioni “prima casa”
Come detto, l’imposta di registro per l’acquisto della “prima casa” è dovuta nella misura del
2% per i trasferimenti di case di abitazione, a eccezione di quelle di categoria catastale A1
(abitazioni di tipo signorile), A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico e
storico), sempre che ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis della tariffa, parte I, del Tur.
Le imposte ipotecaria e catastale sono applicabili nella misura fissa di 50 euro ciascuna, e ciò
anche in caso di decadenza dalle agevolazioni (che richiederà, invece, l’applicazione
dell’imposta di registro nella misura del 9 per cento).
Come si vede, non è più richiesto, ai fini agevolativi, che l’immobile non abbia le caratteristiche
«di lusso» indicate dal Dm 2 agosto 1969; pertanto, ogni riferimento ad abitazioni «non di
lusso» contenuto nelle disposizioni che richiamano le presenti agevolazioni deve essere
sostituito dal riferimento alle categorie catastali (A1, A8 e A9) che restano escluse dalla
normativa di favore.
Questo principio non vale per le agevolazioni “prima casa” applicabili ai trasferimenti soggetti a
Iva, per i quali, invece, continuano a rilevare i criteri dettati dal citato Dm, a prescindere dalla
categoria catastale nella quale l’immobile risulta censito.
Resta, infine, applicabile la disposizione che disciplina il credito di imposta per il riacquisto della
prima casa (articolo 7, commi 1 e 2, della legge 448/1998).
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
32
Altre agevolazioni
Dal 1° gennaio 2014, sono soppresse tutte le agevolazioni, anche se previste in leggi speciali,
a eccezione di quelle riferite ad atti non riconducibili nell’ambito dell’artocolo 1 della tariffa,
parte I, del Tur.
In particolare, non sono più applicabili le agevolazioni previste per:
a. i piani di recupero;
b. il compendio unico nei territori delle comunità montane;
c. i trasferimenti a favore di giovani agricoltori;
d. l’acquisto di fondi rustici da parte di cooperative e società forestali;
e. i trasferimenti di immobili dello Stato, enti previdenziali pubblici, regioni, enti locali, o loro
consorzi e a favore di fondi di investimento immobiliare;
f. i piani di insediamento produttivo e per l’edilizia economico popolare;
g. i trasferimenti posti in essere nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione o di
urbanizzazione e per gli atti di obbligo;
h. i trasferimenti di immobili da Comuni a fondazioni o a società di cartolarizzazione o ad
associazioni riconosciute.
La soppressione dei regimi agevolativi non opera, invece, e restano, pertanto, in vita le
previsioni fiscali agevolative concernenti:
a. la mediazione civile e commerciale;
b. i procedimenti in materia di separazione e divorzio;
c. la conciliazione giudiziale;
d. la piccola proprietà contadina;
e. gli atti di riorganizzazione tra enti;
f. i fondi immobiliari;
g. la partecipazione all’Expo di Milano del 2015.
Decorrenza
La nuova tassazione degli atti immobiliari trova applicazione per gli atti pubblici formati o
autenticati a partire dal 1° gennaio 2014 e per gli atti giudiziari pubblicati o emanati a partire
dalla medesima data, nonché per le scritture private non autenticate presentate per la
registrazione a partire dal 1° gennaio 2014.
Con riferimento agli atti sottoposti a condizione sospensiva, qualora l’atto di trasferimento
immobiliare sia stato formato nel 2013, ma la condizione si sia verificata dopo il 1° gennaio
2014, si applicheranno le aliquote vigenti al momento della formazione dell’atto
sospensivamente condizionato (2013); l’atto di avveramento della condizione redatto nella
forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata sconterà, invece, l’imposta di
registro in misura fissa.
Per l’applicabilità della nuova misura fissa (200 euro) delle imposte ipotecaria e catastale, si
deve tener conto della data di pubblicazione o emanazione dell’atto giudiziario, della data di
formazione dell’atto pubblico, della data della donazione o dell’autentica della scrittura privata;
per le scritture private non autenticate e per le denunce presentate per la registrazione, le
nuove misure decorrono dalla data di registrazione.
Infine, per le imposte fisse ipotecaria e catastale dovute in relazione alle dichiarazioni di
successione si applica la misura vigente alla data di apertura della successione.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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Economia e agevolazioni

Bonus del 50% anche per demolizione e ricostruzione
Rientra tra gli interventi di ristrutturazione ammessi alla detrazione del 50% quello consistente
nella demolizione e successiva ricostruzione di un edificio, con la stessa volumetria del
precedente, ma con un lieve spostamento rispetto al sedime originario
Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, febbraio 2014 n. 947
Il chiarimento è giunto con la risposta fornita dall’Agenzia delle entrate all’interrogazione
parlamentare n. 5-01866 del 22 gennaio 2014, con cui un deputato aveva chiesto
all’Amministrazione finanziaria di esprimersi in merito all’ammissibilità alla detrazione del 50%
per gli interventi di ristrutturazione di un’operazione complessiva costituita dalla demolizione di
un immobile e dalla successiva ricostruzione, mantenendo la stessa volumetria dell’edificio
distrutto, ma spostando lievemente la collocazione della costruzione rispetto al sedime
originario.
La risposta affermativa del Fisco è stata resa sulla base di una ricognizione normativa
dell’agevolazione in oggetto e soprattutto di una rassegna delle norme e della giurisprudenza
in materia di interventi di ristrutturazione, come esaminati e interpretati dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, che è stato chiamato dall’Agenzia delle entrate a formulare una
valutazione tecnica dell’intervento complessivo prospettato con l’interpellanza parlamentare.
Interventi di recupero del patrimonio edilizio
Il “decreto salva Italia” del 2011 ha reso strutturale, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la
detrazione delle spese per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, inserendola
nel corpus normativo del TUIR. In particolare, l’art. 4, comma 1, lett. ha aggiunto al predetto
Testo unico il nuovo art. 16- bis , recante, appunto, “Detrazioni per interventi di
ristrutturazione, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamità naturali”.
Il nuovo art. 16- bis reca, in sé, tutta la disciplina del beneficio fiscale de quo , originariamente
introdotto dall’art. 1 della legge 449 del 27 dicembre 1997, e poi modificato e prorogato con le
successive leggi. Tuttavia, per quanto concerne le disposizioni attuative, ai sensi del comma 9
del nuovo art. 16- bis , rimane ancora applicabile, in quanto compatibile, il regolamento di cui
al D.M. 41 del 18 febbraio 1998.
Il comma 1 del predetto art. 16- bis dispone che dall’IRPEF lorda si detrae un importo pari al
36% delle spese documentate, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a
€ 48.000 per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti
che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati
gli interventi sostanzialmente già previsti dalla precedente normativa. Il comma elenca
dettagliatamente tutte le fattispecie agevolabili, elencate dalla lett. a ) alla l ). Per quel che qui
rileva, tuttavia, occorre evidenziare che l’art. 16- bis , comma 1, lett. b ), del TUIR prevede la
detraibilità, tra l’altro, delle spese degli interventi di ristrutturazione di cui all’art. 3, comma 1,
lett. eseguiti su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale e sulle
relative pertinenze ( riquadro 1 ).
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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RIQUADRO 1 - Agevolate le ristrutturazioni edilizie
L’art. 16- bis , comma 1, lett. b ), del TUIR ammette alla detrazione in oggetto, tra l’altro, le
spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lett. d ) dell’art. 3, comma 1, del
D.P.R. 380/2001, in base al quale:
- si considerano ristrutturazioni gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente;
- tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti;
- nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti
nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le
sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al
ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza;
- rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 42 del
22.1.2004, e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione
edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente.
Il “decreto Crescita” di due anni fa (D.L. 83/2012) aveva previsto, al comma 1 dell’art. 11,
l’innalzamento dal 36% al 50% della detrazione delle spese per tutti gli interventi elencati nel
predetto art. 16- bis , ancorché limitatamente alle spese sostenute dal 26 giugno 2012 (data di
entrata in vigore del decreto) sino al 30 giugno 2013. Inoltre, il comma 1 dell’art. 11 già
menzionato aveva altresì stabilito che nello stesso periodo, ovvero dal 26 giugno 2012 al 30
giugno 2013, era aumentato il limite di spesa su cui calcolare la nuova detrazione del 50%,
che passava dai precedenti € 48.000 ai nuovi € 96.000, ovvero il doppio di quello di prima.
L’art. 16 del D.L. 63/2013, al comma 1, si era limitato a sostituire le parole «30 giugno 2013»
dell’art. 11, comma 1, del D.L. 83/2012 con «31 dicembre 2013». In tal modo, la detrazione
“potenziata” al 50% e con limite di spesa aumentato a € 96.000 era stata prorogata sino alla
fine del 2013.
La legge di Stabilità 2014, da ultimo, ha disposto una nuova proroga della detrazione
potenziata. In particolare, l’art. 1, comma 139, lett. d ), della legge 147/2013, intervenendo
sull’art. 16 del D.L. 63/2013, ha stabilito che la detrazione per gli interventi di cui all’art. 16bis , comma 1, del TUIR, spetta, su una spesa massima di € 96.000 per unità immobiliare,
nella misura del:
- 50% delle spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2014;
- 40% delle spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015.
La norma ha fatto salve le ulteriori disposizioni recate dai successivi commi dell’art. 16bis citato e, quindi, al momento non è ancora chiaro se la medesima detrazione possa trovare
applicazione, così come rimodulata dalla legge di Stabilità 2014, anche in riferimento
all’acquisto di immobili già ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione
immobiliare, per cui il comma 3 stabilisce che la detrazione spetta al successivo acquirente o
assegnatario delle singole unità immobiliari, in ragione di un’aliquota del 36% del valore degli
interventi eseguiti, che si assume in misura pari al 25% del prezzo dell’unità immobiliare
risultante nell’atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l’importo
massimo di € 48.000. In proposito, occorrerà attendere conferme dal Fisco, anche se
nell’analoga situazione precedente dell’art. 11, comma 1, del D.L. 83/2012, l’Agenzia delle
entrate aveva stabilito (circ. n. 29/E/2013, par. 2.1) che la detrazione potenziata del 50% si
applica anche per l’acquisto degli immobili già ristrutturati di cui al comma 3 dell’art. 16bis del TUIR ( tabella 1 ).
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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TABELLA 1 - Detrazione d’imposta per gli interventi (di cui all’art. 16-).
Fino al
25.6.2012
Dal 26.6.2012
al 31.12.2014
Dall’1.1.2015
al 31.12.2015
Dall’1.1.2016
Detrazione
IRPEF
36%
50%
40%
36%
Limite di spesa
per unità
immobiliare
€ 48.000
€ 96.000
€ 96.000
€ 48.000
Detrazione
massima
€ 17.280
€ 48.280
€ 38.400
€ 17.280
Riquadro 2- Adempimenti per fruire della detrazione (di cui all’art. 16- bis del TUIR)
1. Prima dell’inizio dei lavori deve essere inviata all’ASL competente per territorio, mediante
raccomanda A/R, la comunicazione di inizio lavori, salvo i casi in cui ciò non sia previsto
dall’art. 99, comma 1, del D.Lgs. 81/2008.
2. Il pagamento delle fatture relative ai lavori deve essere effettuato tramite bonifico bancario
o postale da cui risulti la causale del versamento con l’indicazione della norma agevolativa, il
codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento, nonché il numero di partita IVA o il
codice fiscale del soggetto a favore del quale è effettuato il bonifico (quando vi sono più
soggetti che sostengono la spesa, e tutti intendono fruire della detrazione, il bonifico deve
riportare il numero di codice fiscale delle persone interessate al beneficio fiscale; se il bonifico
contiene l’indicazione del codice fiscale del solo soggetto che fino al 13.5.2011 era obbligato a
presentare il modulo di comunicazione al Centro operativo di Pescara, gli altri aventi diritto,
per ottenere la detrazione, devono riportare in un apposito spazio della dichiarazione dei
redditi il codice fiscale indicato sul bonifico).
3. Fino al 13.5.2011, occorreva inviare, con raccomandata, al Centro operativo di Pescara
dell’Agenzia delle entrate, l’apposita comunicazione preventiva di inizio dei lavori, contenente,
tra l’altro, l’indicazione dei dati catastali identificativi dell’immobile oggetto di intervento. Dal
14.5.2011, invece, in forza dell’art. 7, comma 2, lett. , tale adempimento è stato soppresso e
in sua sostituzione è stato previsto che il contribuente:
• indichi nella dichiarazione dei redditi:
– i dati catastali identificativi dell’immobile oggetto di interventi agevolati;
– gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo, come, per esempio, il contratto
d’affitto, se i lavori sono effettuati dal detentore (per esempio, il conduttore);
– gli altri dati richiesti ai fini del controllo da detrazione;
• conservi ed esibisca, a richiesta dell’Agenzia delle entrate, i documenti previsti dal provv.
Agenzia delle entrate n. 149646 del 2.11.2011, ovvero:
– abilitazioni amministrative in relazione alla tipologia di lavori da realizzare (concessione,
autorizzazione o comunicazione di inizio lavori). Se queste abilitazioni non sono previste è
sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui deve essere indicata la data
di inizio dei lavori e attestare che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere
rientrano tra quelli agevolabili (cfr. ris. n. 325/E/2007);
– domanda di accatastamento per gli immobili non ancora censiti;
– ricevute di pagamento dell’ICI/IMU, se dovuta;
– delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale di
ripartizione delle spese per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali;
– in caso di lavori effettuati dal detentore dell’immobile, se diverso dai familiari conviventi,
dichiarazione di consenso del possessore all’esecuzione dei lavori;
– comunicazione preventiva contenente la data di inizio dei lavori da inviare all’Azienda
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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sanitaria locale, se obbligatoria secondo le disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri;
– fatture e ricevute fiscali relative alle spese effettivamente sostenute;
– ricevute dei bonifici di pagamento.
4. Fino al 13.5.2011, le fatture relative agli interventi agevolati dovevano recare, a pena di
decadenza, la separata indicazione del costo della manodopera. Dal 14.5.2011, l’art. 7, comma
2, lett. ha abolito tale obbligo di indicazione in fattura e non ha introdotto, in sua sostituzione,
alcun nuovo adempimento.
Per determinare se nell’ambito di tale concetto di ristrutturazione sia incluso anche un
intervento complessivamente costituito dalla demolizione e ricostruzione dell’edificio, con la
stessa volumetria, ma con un lieve spostamento rispetto al sedime originario, è stato
necessario richiedere una valutazione tecnica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
competente per materia.
Tale dicastero ha osservato, innanzitutto, che nella versione originaria del T.U. edilizia di cui al
D.P.R. 380/2001, la lett. d) del comma 1 dell’art. 3 di cui trattasi era molto diversa rispetto
alla formulazione vigente. Per quanto concerne l’ipotesi di demolizione e successiva
ricostruzione, infatti, il testo originario ricomprendeva nell’ambito delle ristrutturazioni soltanto
quegli interventi che prevedevano la successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico,
quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente.
L’art. 1, comma 1, lett. , intervenendo sulla già citata lett. d) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001,
aveva espunto, poi, dal testo di legge il riferimento all’identità dell’area di sedime tra l’edificio
demolito e quello ricostruito, lasciando soltanto il richiamo alla stessa sagoma. A tal proposito,
con la circ. n. 4174 del 7 agosto 2003, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva
precisato che, alla luce dell’intervenuta modifica normativa, dovevano ritenersi ammissibili, in
sede di ristrutturazione edilizia, delle modifiche di collocazione rispetto alla precedente area di
sedime, sempreché rientranti in varianti non essenziali. A una simile apertura interpretativa,
tuttavia, non aveva fatto seguito la giurisprudenza sia di merito sia addirittura costituzionale,
atteso che, per i giudici, la ristrutturazione, in ogni caso, non consentiva una maggiore o
diversa occupazione dell’area di sedime rispetto all’originaria collocazione dell’edificio
(cfr. Cons. Stato, sent. n. 6214 del 16 dicembre 2008 e Corte Cost., sent. n. 309/2011) (per la
giurisprudenza e la prassi vedi riquadro 3).
Riquadro 3 - Giurisprudenza e prassi anteriori alle modifiche apportate dal D.L. 69/2013
Min. infrastrutture e trasporti, circ. n. 4174 del 7.8.2003:
- la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione e
ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma preesistenti, prevale sulle
disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, come già stabilito
dall’art. 31, ultimo comma, della legge 457/1978 e confermato all’art. 3, ultimo comma, del
Testo unico. Va osservato, in proposito, che il mancato richiamo – nella nuova definizione
voluta dal legislatore – al parametro «dei materiali edilizi» non pone alcun particolare
problema, mentre, per quanto riguarda «l’area di sedime», non si ritiene che l’esclusione di
tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell’edificio in altro sito, ovvero posizionarlo
all’interno dello stesso lotto in maniera del tutto discrezionale. La prima ipotesi è esclusa dal
fatto che, comunque, si tratta di un intervento incluso nelle categorie del recupero, per cui una
localizzazione in altro ambito risulterebbe palesemente in contrasto con tale obiettivo; quanto
alla seconda ipotesi si ritiene che debbono considerarsi ammissibili, in sede di ristrutturazione
edilizia, solo modifiche di collocazione rispetto alla precedente area di sedime, sempreché
rientrino nelle varianti non essenziali, e a questo fine il riferimento è nelle definizioni stabilite
dalle leggi regionali in attuazione dell’art. 32 del Testo unico. Resta in ogni caso possibile, nel
diverso posizionamento dell’edificio, adeguarsi alle disposizioni contenute nella strumentazione
urbanistica vigente per quanto attiene allineamenti, distanze e distacchi.
– Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 6214 del 16.12.2008: ciò che distingue la ristrutturazione dalla
nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione
di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un insieme sistematico di
opere, che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente),
ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma – in quest’ultimo caso – con
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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ricostruzione, se non “fedele” (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa
della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
– Corte Cost., sent. n. 309 del 23.11.2011: in base alla normativa statale, un intervento di
demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell’edificio preesistente – intesa
quest’ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro
considerato in senso verticale e orizzontale – configura un intervento di nuova costruzione e
non di ristrutturazione edilizia.
Il Dicastero interpellato ha osservato che tale quadro normativo, su cui si è intervenuta la
citata giurisprudenza, è recentemente mutato a causa dell’art. 30, comma 1, lett. , che ha
nuovamente modificato la lett. d) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, sempre con riferimento
all’ipotesi di demolizione e ricostruzione di edificio non vincolato, eliminando anche la
previsione dell’identità di sagoma tra il preesistente e quello ricostruito (tabella 2).
Alla luce della illustrata evoluzione normativa posto che non esiste una definizione di sagoma
prevista dalla legge, ma dalla giurisprudenza sopra richiamata è desumibile la sua intima
connessione con il concetto di area di sedime il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha
concluso che, essendo venuto meno nella formulazione testuale della vigente lett. d ), in
riferimento agli immobili non vincolati, l’obbligo di uguaglianza tra la sagoma dell’edificio
preesistente e quella dell’edificio ricostruito, si deve considerare intervento di ristrutturazione
anche quello consistente nella demolizione e ricostruzione dell’edificio non vincolato, anche con
uno spostamento di lieve entità rispetto al sedime originario. Pertanto, pure in questa ipotesi
l’intervento è agevolabile ai fini della detrazione in oggetto.
Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01866 del 22.1.2014
Considerato che la nozione di sagoma edilizia è intimamente legata anche all’area di sedime
del fabbricato, avendo il legislatore eliminato il riferimento al rispetto della sagoma, si ritiene
che, per gli immobili non vincolati, negli interventi di ristrutturazione edilizia consistenti nella
demolizione e ricostruzione, possa consentirsi lo spostamento di lieve entità rispetto al sedime
originario.
Tabella 2 - Evoluzione delle norme sulle ristrutturazioni edilizie (art. 30, comma 1, lett. d ),
D.P.R. 380/2001).
Testo originario
(G.U. 245 del 20.10.2001
Interventi rivolti a trasformare
gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di
opere che possono portare a
un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio,
l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi
e impianti. Nell’ambito degli
interventi di ristrutturazione
edilizia sono ricompresi anche
quelli consistenti nella
demolizione e successiva
fedele ricostruzione di un
fabbricato identico, quanto
a sagoma, volumi, area di
Testo modificato dall’art.
1, comma 1, lett. del
27.12.2002
Interventi rivolti a
trasformare gli organismi
edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che
possono portare a un
organismo edilizio in tutto o
in parte diverso dal
precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio,
l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi
elementi e impianti.
Nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono
ricompresi anche quelli
consistenti nella
demolizione e
ricostruzione con la stessa
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
Testo modificato dall’art.
30, comma 1, lett. a), del
D.L. 69 del 21.6.2013
Interventi
rivolti
a
trasformare
gli
organismi
edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che
possono
portare
a
un
organismo edilizio in tutto o
in
parte
diverso
dal
precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi
costitutivi
dell’edificio,
l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento
di
nuovi
elementi
e
impianti.
Nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono
ricompresi
anche
quelli
consistenti
nella
demolizione
e
ricostruzione con la stessa
38
sedime e caratteristiche dei
materiali, a quello
preesistente , fatte salve le
sole innovazioni necessarie
per l’adeguamento alla
normativa antisismica.
volumetria e sagoma di
quello preesistente, fatte
salve le sole innovazioni
necessarie per l’adeguamento
alla normativa antisismica.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
volumetria
di
quello
preesistente , fatte salve le
sole innovazioni necessarie
per
l’adeguamento
alla
normativa antisismica nonché
quelli volti al ripristino di
edifici, o parti di essi,
eventualmente
crollati
o
demoliti, attraverso la loro
ricostruzione,
purché
sia
possibile
accertarne
la
preesistente
consistenza.
Rimane
fermo
che,
con
riferimento
agli
immobili
sottoposti a vincoli ai sensi
del D.Lgs. 42 del 22.1.2004,
e successive modificazioni, gli
interventi di demolizione e
ricostruzione e gli interventi
di ripristino di edifici crollati o
demoliti
costituiscono
interventi di ristrutturazione
edilizia
soltanto
ove
sia
rispettata
la
medesima
sagoma
dell’edificio
preesistente.
39
Economia e agevolazioni

Valori degli immobili aggiornati ai dati di mercato e se c'è discrasia
scatta il nuovo "classamento"
Nel corso del 2013 è stata avviata da vari comuni la revisione del classamento e delle rendite
catastali degli immobili. In collaborazione con l'Agenzia delle entrate-territorio si è riscontrato il
valore catastale rispetto a quello di mercato e, in caso di rilevante discrasia, l'ufficio ha
rettificato classe e/o categoria, notificando al contribuente apposito atto di accertamento che è
giunto in molti casi alla fine dello scorso anno.
Antonio Iorio e Laura Ambrosi, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 15 febbraio 2014, n. 8
La norma
L'articolo 1, comma 335, della legge 311/2004 consente ai comuni di richiedere all'Agenzia
delle entrate-territorio la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà
privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il
corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall'analogo rapporto
relativo all'insieme delle microzone comunali, individuato ai sensi del regolamento approvato
con Dpr 138/1998.
Questo decreto è stato emanato proprio per disciplinare la revisione delle zone censuarie, delle
tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane, dei relativi criteri nonché delle commissioni
censuarie.
L'Agenzia delle entrate-territorio, esaminata la richiesta del comune per la revisione del
classamento e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento che deve
osservare le linee guida contenute nel provvedimento del direttore dell'Agenzia del 16 febbraio
2005.
Il primo dato da considerare al fine di comprendere se sia o meno necessaria una revisione
della rendita è il valore medio di mercato per microzona.
Al riguardo vale la pena di ricordare che la "microzona" rappresenta una porzione del territorio
comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni di un intero territorio comunale,
che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico ambientali,
socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane.
In ciascuna microzona, le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca
di costruzione e destinazione prevalenti.
Da ciò ne deriva che anche i valori attribuibili alle diverse unità sono pressoché omogenei.
Normalmente per il riscontro sono considerate le unità immobiliari appartenenti alla categoria
catastale più rappresentativa nella microzona esaminata.
Vale a dire quindi che in un'area densa di abitazioni singole, ad esempio, saranno queste a
essere considerate ai fini della valutazione. In un'area industriale saranno verosimilmente i
capannoni e così via.
I comuni poi rendono pubblica la divisione nelle citate microzone, delimitandone per ciascuna il
perimetro sulle mappe comunali.
A proposito del valore medio di mercato per microzona, l'articolo 1 del provvedimento
dell'Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005 prescrive l'aggiornamento mediante
l'utilizzazione della media dei valori dell'osservatorio del mercato immobiliare (Omi) per
categorie omogenee di immobili in considerazione delle diverse zone territoriali.
Il risultato va poi rapportato al corrispondente valore medio catastale.
Qualora questo dato dimostri una significativa discrepanza rispetto al rapporto tra il valore
medio di mercato e quello medio catastale di tutte le microzone comunali, è possibile
procedere a una revisione del classamento.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
40
Il citato provvedimento ha limitato le variazioni solo nei casi in cui lo scostamento non sia
inferiore al 35%. Ciascun Comune potrà quindi assumere un valore percentuale più elevato per
tale soglia, ma non uno inferiore.
Uno volta accertato lo scostamento, sarà possibile procedere alla revisione del classamento.
Il classamento e la formazione della rendita catastale
Il classamento consiste nel riscontro per ogni singola unità immobiliare della destinazione
ordinaria e delle caratteristiche influenti sul reddito. Va quindi collocata l'unità stessa in quella
tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria che per caratteristiche risulti
conforme all'unità tipo.
Si tratta quindi di attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la
classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria.
Tra le destinazioni ordinarie (vgs tabella) si trovano ad esempio le A/1, ossia abitazioni un
tempo nobiliari, con particolari rifiniture pregiate anche a carattere storico, o le A/2, cioè le
normali abitazioni, con rifiniture semplici di impianti e servizi, ovvero gli A/10, ad esempio,
ossia le unità immobiliari destinati ad attività professionali. Ancora, sempre tra gli immobili a
destinazione ordinaria, vi sono i C/1, ossia locali per attività commerciale per vendita o
rivendita di prodotti, i C/6, cioè garage, box auto o posti macchina, stalle e scuderie.
Tra quelli a destinazione speciale, ad esempio vi sono i D/1, capannoni, fabbriche o comunque
strutture dove è lavorata e trasformata la materia prima, ovvero i D/2, ossia gli alberghi.
La categoria è, così, assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l'unità
immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini
locali.
Vanno distinte per ciascuna zona censuaria le varie categorie che determinano la destinazione
ordinaria e permanente delle unità immobiliari stesse.
Ogni categoria è poi suddivisa in classi. La classe rappresenta il livello reddituale ordinario
ritraibile e dipende dalla qualità urbana e ambientale (ossia il livello delle infrastrutture e dei
servizi, il pregio o degrado dei paesaggi circostanti ecc), dalle caratteristiche edilizie dell'unità
e del fabbricato che la comprende.
Il classamento considera anche il cosiddetto fattore edilizio, ossia i caratteri distintivi del
fabbricato e dell'unità immobiliare, quali la dimensione, l'epoca di costruzione, la struttura e la
dotazione impiantistica, la qualità e lo stato edilizio, la presenza di pertinenze comuni o
esclusive, il livello di piano.
Determinate, dunque, le classi in cui ciascuna categoria deve essere divisa, va identificato un
certo numero di unità tipo che siano atte a rappresentare per ogni classe gli immobili che vi
debbono essere compresi.
Per ciascuna zona censuaria è così compilato un quadro di qualificazione e classificazione che
contiene i dati di identificazione e la descrizione delle unità immobiliari scelte come tipo.
In corrispondenza poi di ciascuna classe deve essere indicata la relativa tariffa che esprime la
rendita catastale per unità di consistenza.
La consistenza di ciascun immobile va quantificata in base all'unità di misura prevista per legge
quali il vano (utilizzato per le abitazioni), il metro quadrato (utilizzato per negozi, botteghe,
magazzini, locali di deposito, laboratori per arti e mestieri, stalle, scuderie, autorimesse,
palestre, tettoie e simili) o il metro cubo (utilizzato per alloggi collettivi quali collegi, ospizi,
conventi, caserme, ospedali, prigioni e simili).
Queste informazioni sono necessarie per l'attribuzione della rendita catastale di un immobile,
che è, di fatto, il "risultato" derivante dalla moltiplicazione tra la consistenza e la tariffa
corrispondente alla categoria e la classe attribuite.
In sintesi dunque, ogni unità immobiliare è qualificata con una determinata categoria e, in
relazione alla "qualità" dell'immobile stesso, una specifica classe.
Ogni comune stabilisce una tariffa per ogni classe che moltiplicata per la dimensione del
fabbricato (vano, metro quadrato o metro cubo) dà la rendita catastale.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
41
L'attività di classamento in corso da parte di alcuni comuni
Alcuni comuni si sono accorti che il rapporto tra valore medio di mercato e quello catastale era
ben superiore alla soglia del 35% (valore minimo previsto per legge) rispetto alla media
dell'intero contesto comunale.
A ciò è conseguita la richiesta alle competenti Agenzie del Territorio affinché fosse revisionato il
classamento delle diverse unità, dal quale ne è ovviamente discesa una nuova rendita
catastale. Sono così iniziate notifiche a pioggia degli avvisi di accertamento, finalizzati a
informare il cittadino dei nuovi valori dell'immobile.
Gli atti, in linea di massima, dopo aver richiamato le diverse norme, contengono una
motivazione stereotipata con la quale giustificano l'operato.
In primo luogo è riportata una tabella nella quale è dimostrato (o almeno così si vorrebbe) il
calcolo dello scostamento rispetto al valore di mercato.
Come detto, infatti, perché il Comune possa richiedere un nuovo classamento è necessario lo
scostamento dei valori medi di almeno il 35 percento.
Tuttavia in molti avvisi manca ogni specifico riferimento ovvero l'allegato relativo alla fonte dei
dati riportati.
E infatti, come precisato, è necessario riscontrare il valore medio di mercato desumibile
dall'Omi, ma l'origine di tali elementi non è in alcun modo indicata.
Il contribuente dovrebbe dunque, qualora volesse concretamente riscontrare l'esattezza dei
conteggi o avere possibilità di difesa in caso di errore, reperire autonomamente i citati listini,
determinare le medie (che in assenza di ulteriori dati risulterebbe alquanto difficoltoso) e
verificarne la rispondenza nell'atto di accertamento.
Va poi evidenziato che i valori Omi sono aggiornati semestralmente e pertanto, in assenza di
qualsivoglia notizia al riguardo, risulterebbe oltremodo difficoltoso comprendere quale sia stato
il dato di partenza.
Nell'avviso di accertamento segue, di norma, una descrizione della microzona nella quale sono
ubicati gli immobili oggetto di revisione, rilevandone le principali peculiarità. Si legge, ad
esempio, che l'area è caratterizzata dalla presenza di attività commerciali o sedi istituzionali e
di rappresentanza diplomatica. Ancora che vi è stata, negli anni, una consistente rivalutazione
del patrimonio immobiliare, interventi di riqualificazione edilizia, insediamenti di attrazione
sociale o culturale, e così via.
Motivi, questi, che dovrebbero dimostrare il miglioramento dell'intera area oggetto di
rilevazione.
Per tali ragioni, l'ufficio ha ritenuto necessario l'intervenuto sui classamenti non più coerenti,
rettificando i dati presenti negli archivi catastali.
Nello stesso avviso di accertamento è poi precisato che «la categoria catastale viene attribuita
in base alla destinazione d'uso e alle caratteristiche costruttive dell'immobile e che la classe
viene determinata, in primo luogo sulla base del contesto urbano di ubicazione e, in secondo
luogo, con riferimento alle altre caratteristiche proprie dell'unità immobiliare non considerate
nella determinazione della categoria».
Tuttavia gli elementi vagliati dall'ufficio a tali fini, non sono noti.
E infatti, nell'atto non si evincono le «caratteristiche proprie dell'unità» esaminate per le quali
si è ritenuto corretto rettificare il classamento.
Tanto meno sono specificati i requisiti di ciascuna classe, ovverosia i parametri di riferimento
per una o l'altra classe.
Spesso pertanto non si comprendono le esatte caratteristiche dell'immobile qualificabile ad
esempio nella classe 2, piuttosto che nella 3 o nella 4 e così via. Sarebbe stato necessario
infatti avere un dettaglio della classificazione adottata al fine di riscontrare che l'operato
dell'amministrazione è stato corretto, rispetto alle reali qualità dell'immobile oggetto di
accertamento.
Si aggiunga poi, che l'attribuzione della categoria e della classe, avviene comparando ogni
unità immobiliare oggetto di revisione con le cosiddette unità tipo (o di riferimento), che più si
avvicinano a essa.
L'elenco delle unità tipo, a oggi non è consultabile liberamente e, in assenza di uno specifico
allegato all'atto di accertamento, ne consegue che per il contribuente è precluso ogni controllo
in tal senso.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
42
In buona sostanza, dunque, per comprendere concretamente la variazione, il contribuente
dovrebbe disporre di una molteplicità di dati, alcuni dei quali, trattandosi di una mera
valutazione eseguita dall'ufficio, di impossibile reperimento.
Va segnalato che proprio sugli stessi avvisi di accertamento sono richiamati gli articoli 6 e 7
dello statuto del contribuente (legge 212/2000).
In particolare l'articolo 7 rubricato «Chiarezza e motivazione degli atti» prevede che gli atti
dell'amministrazione finanziaria devono essere motivati indicando i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione e se nella
motivazione si fa riferimento a un altro atto, questo deve essere allegato.
Appare evidente, che potrebbe essere ravvisabile una violazione di tale norma nei
provvedimenti emessi dall'Agenzia.
Al riguardo si segnala che la Ctp di Lecce (sentenza n. 536 del 2013) su un accertamento non
dissimile da quelli ora notificati, ha annullato una rettifica catastale perché non era dato
conoscere le modalità di rilevazione dei valori medi, gli atti di trasferimento monitorati e
rilevati per il riscontro del valore di mercato, la metodologia e la bontà dei sistemi di
rilevazione.
A parere dei giudici, infatti, il contribuente si è trovato nell'impossibilità di verificare se
sussistessero realmente le anomalie poste a base della revisione del classamento e se, e in
qual misura, le asserite anomalie avessero inciso sulla classe dei singoli immobili.
Il Collegio ha anche rilevato che è onere dell'ufficio provare il confronto delle unità da
revisionare con le "unità tipo" ai fini del collocamento nelle categorie e classi prestabilite per le
diverse microzone.
La decisione della Ctp di Lecce appare confermare che gli avvisi di accertamento così notificati
presentino carenze motivazionali e pertanto potrebbero essere passibili di nullità.
Le novità in dettaglio
Gli immobili oggetto di
rettifica
La
motivazione
provvedimento
del
Il nuovo classamento
L'autotutela
Il ricorso
Dagli estremi catastali accertare che sia effettivamente di
proprietà del soggetto che ha ricevuto l'atto
La categoria e la classe prima della rettifica corrispondano a
quelle note al contribuente
La consistenza (vani, metri quadrati o metri cubi) sia esatta con lo
stato dell'immobile
La zona censuaria a cui è imputato l'immobile corrisponda
all'ubicazione dello stesso
I miglioramenti dei dintorni di ubicazione dell'immobile siano
realmente evidenti
Siano riportati gli elementi specifici dell'immobile utilizzati
dall'ufficio per ritenere la diversa classe
Accertare che la categoria e/o la classe attribuite possano
essere idonee all'immobile
È un'istanza presentata all'ufficio con la quale si richiede di
rivalutare il provvedimento
Non esistono termini di presentazione
Non sospende i termini per l'impugnazione dell'atto
La risposta da parte dell'ufficio è facoltativa e discrezionale
Va notificato all'ufficio che ha emesso il provvedimento entro 60
giorni dalla notifica
Entro i successivi 30 giorni va depositato nella segreteria della Ctp
competente per territorio
Il contributo unificato dovuto (in assenza di una pretesa tributaria
sull'atto ricevuto) è di 120 euro
Vanno evidenziati motivi di diritto e di merito sull'erroneità della
pretesa, anche producendo documentazione a sostegno
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
43
Il "classamento" dei fabbricati
IMMOBLI
A
DESTINAZIONE
ORDINARIA
GRUPPO A
Categoria
A/1
A/2
A/3
A/4
A/5
A/6
Descrizione
Abitazione
signorile.
Abitazione
civile.
Abitazioni
economico.
di
tipo
di
tipo
di
tipo
Abitazioni
di
popolari.
Abitazioni
di
ultrapopolare.
tipo
tipo
A/7
Abitazione
di
tipo
rurale.
Abitazione in villini.
A/8
Abitazione in villa.
A/9
Castelli,
palazzi
di
eminenti pregi artistici
o storici.
Uffici e studi privati.
Abitazioni o alloggi
tipici dei luoghi.
A/10
A/11
GRUPPO B
B/1
B/2
B/3
B/4
B/5
B/6
B/7
B/8
Collegi
e
convitti,
educandati,
ricoveri,
orfanotrofi,
ospizi,
conventi,
seminari,
caserme.
Case di cura e ospedali
senza fine di lucro
Prigioni e riformatori.
Uffici Pubblici.
Scuole
e
laboratori
scientifici.
Biblioteche,
pinacoteche,
musei,
gallerie,
accademie
che non hanno sede in
edifici della categoria
A/9. Circoli ricreativi e
culturali,
e
attività
similari se non hanno
fine di lucro.
Cappelle e oratori non
destinati all'esercizio
pubblico del culto.
Magazzini sotterranei
per depositi di derrate.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
Informazioni
Sono abitazioni un tempo nobiliari, con particolari
rifiniture pregiate anche a carattere storico.
Sono le normali abitazioni, con rifiniture semplici di
impianti e servizi.
Fabbricati realizzati con caratteristiche e rifiniture
economiche sia nei materiali utilizzati che per gli
impianti tecnologici ma principalmente di dimensioni
contenuti rispetto al territorio di cui fanno parte.
Abitazioni molto modeste, nelle rifiniture, nei materiali
di costruzione e con impianti limitati.
Abitazione facenti parte di fabbricati di basso livello,
privi di impianti, servizi igienici. Questa categoria è
ormai in disuso, è presente solo su vecchi classamenti
del catasto.
Abitazione a servizio delle attività agricole, ci cui alle
caratteristiche del decreto ministero Finanze 701/1994.
Sono abitazioni con un minimo di verde o cortile privato
o comune, possono essere sia singole, che a schiera
oppure a piani.
Abitazione di pregio con rifiniture di alto livello con
grandi giardini o parchi a servizio esclusivo.
Antiche strutture con importanti riferimenti storici.
Unità immobiliari destinati ad attività professionali.
Sono case tipiche che per la loro forma e struttura
individuano il luogo dove si trovano, ricordiamo i trulli, i
sassi o i rifugi di montagna.
Strutture destinate all'assistenza
religiosi o caserme dello Stato.
dei
disagiati,
dei
Strutture per l'assistenza agli ammalati che non hanno
fini economici.
Strutture costruiti e destinate alla reclusione degli
evasori della Legge.
Strutture costruiti o adattati per sedi di Uffici Pubblici.
Strutture costruiti e destinati all'istruzione e alla ricerca
scientifica.
Sedi culturali che non hanno scopi economici e non sono
già in palazzi storici.
Strutture destinate all'esercizio della religione.
Magazzini che hanno lo scopo di deposito di scorte.
44
GRUPPO C
C/1
C/2
C/3
C/4
Categoria
C/5
C/6
C/7
IMMOBILI
A
DESTINAZIONE
SPECIALE
O
PARTICOLARE
GRUPPO D
D/1
D/2
D/3
D/4
D/5
D/6
D/7
D/8
D/9
D/10
Negozi e Botteghe
Magazzini e locali di
Deposito
Laboratori per arti e
mestieri.
Fabbricati e locali per
esercizi
sportivi
(senza fine di lucro)
Descrizione
Stabilimenti balneari e
di
acque
curative
(senza fine di lucro).
Stalle,
scuderie,
rimesse, autorimesse.
Tettoie
chiuse
o
aperte.
Opifici.
Alberghi e pensioni
(con fine di lucro).
Teatri, cinematografi,
sale per concerti e
spettacoli e simili (con
fine di lucro).
Case di cura e ospedali
(con fine di lucro)
Istituto
di
credito,
cambio
e
assicurazione
(con
fine di lucro).
Fabbricati e locali per
esercizi sportivi (con
fine di lucro).
Fabbricati costruiti o
adattati per le speciali
esigenze di un'attività
industriale
e
non
suscettibili
di
destinazione
diversa
senza
radicali
trasformazioni.
Fabbricati costruiti o
adattati per le speciali
esigenze di un'attività
commerciale
e
non
suscettibili
di
destinazione
diversa
senza
radicali
trasformazioni.
Edifici galleggianti o
sospesi assicurati a
punti fissi del suolo,
ponti privati soggetti a
pedaggio.
Fabbricati per funzioni
produttive
connesse
alle attività agricole.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
Locali per attività commerciale per vendita o rivendita di
prodotti.
Locali utilizzati per il deposito di merci, locali di
sgombero, sottotetti.
Locali destinati all'esercizio della professione di artigiano
per servizi, realizzazione o trasformazioni dei prodotti.
Strutture destinate all'esercizio delle attività sportive
private.
Informazioni
Stabilimenti e strutture balneari privati.
Garage, box auto o posti macchina, stalle e scuderie.
Strutture destinate a tettoia o gazebo.
Capannone, fabbrica, struttura dove viene lavorata e
trasformata la materia prima.
Strutture ricettive a pagamento.
Lodali destinati all'esibizione artistica aventi ingresso a
pagamento.
Ospedali, cliniche e case di cura private.
Banche, assicurazioni e istituti di credito privati.
Unità destinate ad attività sportive privati a pagamento,
club sportivi, campetti, piscine ecc.
Sono quelle strutture costruiti specificatamente per quel
tipo di attività a cui sono destinati. Un esempio
esplicativo sono i rifornimenti di carburante
Grandi negozi, centri commerciali.
Edifici che non hanno un suolo proprio.
Sarebbero la categoria a cui devono accatastarsi i
vecchi fabbricati rurali.
45
GRUPPO E
E/1
E/2
E/3
E/4
E/5
E/6
E/7
E/8
E/9
Stazioni per servizi di
trasporto,
terrestri,
marittimi e aerei.
Ponti
comunali
e
provinciali soggetti a
pedaggio
Costruzioni
e
fabbricati per speciali
esigenze pubbliche.
Recinti
chiusi
per
speciali
esigenze
pubbliche
Fabbricati costituenti
fortificazioni e loro
dipendenze.
Fari, semafori, torri
per
rendere
d'uso
pubblico
l'orologio
comunale.
Fabbricati
destinati
all'esercizio
pubblico
dei culti.
Fabbricati
e
costruzioni
nei
cimiteri,
esclusi
i
colombari, i sepolcri e
le tombe di famiglia.
Edifici a destinazione
particolare
non
compresi
nelle
categorie
precedenti
del gruppo E.
GRUPPO F
F/1
Area urbana.
F/2
Unità collabenti.
F/3
Unità
in
corso
costruzione.
di
F/4
Unità
in
corso
definizione.
di
F/5
Lastrico solare.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
Aree o corti a piano terra di fabbricati già accatastati
all'urbano. Coefficiente per il calcolo valore ai fini Imu:
Stima del valore attribuita dal proprietario.
Fabbricati diruti, con tetto crollato e inutilizzabili.
Coefficiente per il calcolo valore ai fini Imu: Stima del
valore attribuita dal proprietario.
Unità che non sono state ancora ultimate.
Coefficiente per il calcolo valore ai fini Imu: Stima del
valore attribuita dal proprietario.
Unità incomplete non definite nella consistenza e nella
destinazione d'uso.
Coefficiente per il calcolo valore ai fini Imu: Stima del
valore attribuita dal proprietario.
Terrazze e aree libere sopra unità immobiliari
preesistenti.
Coefficiente per il calcolo valore ai fini Imu: Stima del
valore attribuita dal proprietario.
46
Casi pratici
 ECONOMIA E FISCALITÀ
 LE IMPOSTE DA PAGARE AL MOMENTO DEL ROGITO
D. Con un contratto preliminare di compravendita, autenticato nel marzo 2011, mio figlio ha
acquistato un appartamento di classe energetica " A" direttamente dall'impresa costruttrice,
con Iva al 4% perché si tratta di "prima casa". A breve dovrà rogitare. Quali saranno le nuove
imposte da pagare (di registro, ipotecaria, catastale eccetera)?Preciso che l'acquisto è stato
effettuato senza mutuo e con la spesa notarile a carico dell'impresa.
----R. Nel caso in esame si pagheranno le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella nuova
misura fissa di 200 euro ciascuna, oltre ai bolli, per 230 euro, e alle tasse di iscrizione
ipotecaria e di voltura catastale, per complessivi 90 euro. L’articolo 10, comma 1, del Dlgs
23/2011 non ha avuto, infatti, riflessi sull’imposizione delle cessioni di fabbricati abitativi e
delle relative pertinenze imponibili a Iva, per le quali restano dovute, in ragione del principio di
alternatività (ex articolo 40 del Tur, Dpr 131/1986, testo unico delle disposizioni concernenti
l'imposta di registro), le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa,
aumentata a 200 euro ciascuna. Sono dovuti anche l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali
e le tasse ipotecarie, come precisato. L’articolo 26, comma 2, del Dl 104/2013, convertito in
legge dall’articolo 1, comma 1, della legge 8 novembre 2013, n. 128, ha disposto al riguardo
che «l'importo di ciascuna delle imposte di registro, ipotecaria e catastale stabilito in misura
fissa di euro 168 da disposizioni vigenti anteriormente al 1° gennaio 2014 è elevato ad euro
200».
(Lupetti Marcello Claudio, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)

CERTIFICAZIONE D'OBBLIGO PER I VECCHI INFISSI
D. Nella mia abitazione ho sostituito gli infissi. Il produttore ha certificato una trasmittanza che
consente la detrazione del 65 per cento; per il pagamento sono stati utilizzati i bonifici
dedicati. Tuttavia, lo stesso produttore non vuole certificare la trasmittanza dei vecchi infissi,
necessaria per l’invio all’ Enea dell’allegato F. Perdo la possibilità di detrarre la spesa o, con la
dichiarazione dei redditi, posso inserire la spesa come recupero del patrimonio edilizio (50 per
cento)?
----R. L’asseverazione dei vecchi infissi, diretta a evidenziare il miglioramento termico che si
consegue grazie a quelli nuovi, dev'essere rilasciata o dal rivenditore, se abilitato, o da un
tecnico abilitato. Nel caso di specie, evidentemente, il produttore dei nuovi infissi non rientra
tra i certificatori abilitati ad attestare i requisiti di trasmittanza termica. Pertanto, è necessario
rivolgersi a certificatori abilitati (ingegneri, architetti e altri periti regolarmente iscritti nei
relativi Albi, si veda la circolare 36/E del 2007).La sostituzione degli infissi fruisce, innanzitutto,
della detrazione del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici (articolo 1, comma 139,
della legge 147/2013), a condizione che gli stessi rispettino i requisiti di trasmittanza termica
stabiliti nell’allegato B al Dm 11 marzo 2008 (articolo 1, comma 3, ultimo periodo, del Dm 19
febbraio 2007). Per quanto riguarda gli adempimenti da seguire, il contribuente deve, in primo
luogo, acquisire l’asseverazione di un tecnico abilitato che certifichi il rispetto dei citati requisiti
di trasmittanza termica (il produttore o, se si tratta di infissi realizzati da un falegname, un
tecnico abilitato; articolo 7, commi 1-bis e 2, del Dm 19 febbraio 2007). Circa l’ulteriore
documentazione tecnica richiesta, è da evidenziare che, nell’ipotesi di sostituzione delle
finestre e infissi in singole unità immobiliari, non è più necessario acquisire l’attestato di
qualificazione/certificazione energetica dell’edificio (articolo 5, comma 4-bis, del Dm 19
febbraio 2007) e che, per la scheda informativa dei lavori, può essere utilizzato lo schema
contenuto nell’allegato F al citato Dm 19 febbraio 2007 (che può essere compilato
direttamente dal contribuente, non essendo più richiesta la firma del tecnico abilitato). Una
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
47
volta acquisita l’asseverazione (o, in sua sostituzione, la certificazione dei produttori degli
elementi), che deve essere necessariamente conservata ed esibita in caso di eventuale
accertamento fiscale, il contribuente dovrà inviare all’ Enea (tramite il programma informatico
disponibile sul sito internet www.acs.enea.it) la sola scheda informativa dei lavori realizzati,
entro i 90 giorni successivi all’ultimazione dell’intervento (da intendere coincidente con la data
del "collaudo" delle nuove finestre, risoluzione 244/E/2007), ai sensi dell’articolo 4, comma 1bis, del citato Dm 19 febbraio 2007. Per maggiori dettagli si rinvia alla guida al 55%-65%
pubblicata su www.agenziaentrate.it. In alternativa al 65 per cento, si rende applicabile anche
la detrazione del 50 per cento, ai sensi dell’articolo 16 bis del Tuir, Dpr 917/1986, e
dell’articolo 1, comma 139, della legge 147/2013, sempre come intervento diretto a conseguire
risparmio energetico. In tal caso occorre sempre una certificazione sulle caratteristiche
termiche degli infissi rilasciata da soggetto abilitato (si veda la guida al 36%-50% su
www.agenziaentrate.it). Tuttavia, nella causale di versamento del bonifico di pagamento
occorre l’indicazione della norma relativa al 50% e non di quella relativa al 65 per cento.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)
 Catasto
 L'IMPIANTO FOTOVOLTAICO VA IN CATEGORIA D/1
D. Nel 2011 ho realizzato un impianto fotovoltaico su un posto auto (come privato) di circa sei
kW, accedendo al 2° conto energia. Per errore, il tecnico che ha seguito la pratica non lo ha
mai accatastato. Vorrei, pertanto, procedere con l'accatastamento. Alla luce della circolare
36/E/2013 dell'agenzia delle Entrate, mi chiedo quale sia la corretta categoria catastale.
Inoltre, sotto il profilo fiscale, il contributo in conto scambio e le tariffe incentivanti erogate dal
Gse (gestore dei servizi energetici) devono essere indicati in dichiarazione dei redditi?Sto per
realizzare un agriturismo (ditta individuale) nella costruzione adiacente, ma vorrei tenere
l'impianto fotovoltaico al di fuori di tale attività. È possibile, anche se il contatore cui è
collegato l'impianto fotovoltaico è lo stesso dell'agriturismo? Altrimenti, se facessi un cambio di
titolarità dell'impianto, dovrei tenere una contabilità ordinaria separata rispetto a quella
dell'agriturismo?
---R. Gli impianti fotovoltaici, quando hanno rilevanza autonoma (cioè costituiscono unità
immobiliari indipendenti), sono censiti, nella quasi generalità dei casi, in categoria D/1, salvo
per gli immobili riconoscibili strumentali per l’esercizio dell’attività agricola iscritti nella
categoria D/10. Tali indicazioni emergono dalle disposizioni di prassi emanate dall’agenzia del
Territorio a partire dalla risoluzione 3/2008, e trovano conferma nella circolare 36/E/2013
dell’agenzia delle Entrate. Qualora, invece, l’impianto sia a servizio di una unità immobiliare già
censita (come sembrerebbe nel caso descritto), nella circolare citata viene ribadito che la
dichiarazione di variazione catastale è dovuta se il valore dell’impianto (riferito al 1988/1989)
supera il 15% della rendita catastale, rivalutata con i coefficienti ai fini Imu.Sempre la circolare
36/E/2013 fornisce risposta alla seconda parte della domanda, precisando che continuano ad
avere valenza le disposizioni di cui alla circolare 46/E/2007 dell’agenzia delle Entrate, emanata
per disciplinare i profili fiscali dei Conti energia antecedenti al n. 5. Tale ultima circolare, in
sintesi, evidenzia che - per le persone fisiche, gli enti non commerciali e i condomìni che
utilizzano pannelli solari al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa - i contributi percepiti dal
Gse non formano reddito imponibile se l’energia è destinata esclusivamente agli usi domestici,
e non a scopi commerciali. Tuttavia, i proventi derivanti dall’attività di vendita dell’energia
risultata esuberante rispetto al fabbisogno dell’utente rilevano fiscalmente come redditi diversi:
in particolare, come redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, ai
sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera i, del Tuir.In risposta all’ultima parte del quesito, si fa
presente che la posizione fisica del contatore non sembra avere alcuna rilevanza catastale e
fiscale (salva la costituzione di una servitù di fatto passiva per l’unità su cui è collegato il
contatore) e, se l’impianto fotovoltaico verrà a costituire una unità autonoma trasferita ad altro
soggetto diverso da quello che svolge attività di agriturismo, le due gestioni richiedono
ciascuna una contabilità autonoma.
(Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 17 febbraio 2014)
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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 Locazioni
 CANONE RAI A CARICO DELL'AFFITTUARIO
D. Mio figlio, residente nel proprio appartamento per poco tempo all'anno (in quanto studia
all'estero), ha affittato l'alloggio pur lasciandovi la residenza. L'inquilino ha portato
nell'appartamento un televisore, per il quale paga il canone Rai. Mio figlio, invece, non aveva
un televisore: adesso deve pagare il canone anche lui perché lì risultano residenti due nuclei
familiari non legati da parentela?
----R. Il versamento del canone Rai spetta di norma all’affittuario, in quanto detentore
dell’apparecchio. Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del Rd 21 febbraio 1938, n. 246,
sulla disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni, è obbligato al pagamento del canone di
abbonamento chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle
radioaudizioni. Stando alla descrizione fornita dalla lettrice, peraltro, l'affittuario, oltre che
detentore, è anche proprietario del televisore; di conseguenza il locatore può dichiarare e
dimostrare di non possedere alcun apparecchio nell’immobile in questione, pur risultando in
esso residente.
(Maurizio Rocco, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde 24 febbraio 2014)

LE SPESE STRAORDINARIE A CARICO DEL LOCATORE
D. Abito in un appartamento in affitto. Le utenze domestiche sono intestate al proprietario, che
paga le fatture da me successivamente rimborsate attraverso bonifico bancario. Nella bolletta
per la fornitura di gas dell'ultimo bimestre 2013, l'Eni - oltre il consumo del gas - ha fatturato
la voce «oneri diversi dalla fornitura» per un totale di 48,80 euro. L'importo riguarda
l'accertamento documentale dell'impianto gas in base alla delibera 40/04. Chi deve sostenere
la spesa? Io o il proprietario?
----R. In un contratto ad uso abitativo, stipulato nel regime introdotto dalla legge 431 del 1998, le
spese possono essere addebitate in misura integrale a carico del conduttore, ad eccezione di
quelle per la registrazione del contratto - che sono a carico delle parti nella misura del 50%
ciascuno - e di quelle del portierato, se esistente, che rimangono a carico del proprietario nella
misura del 10% del loro ammontare. È quindi necessario visionare il contratto per verificare
quale sia la disciplina applicabile nella fattispecie. In mancanza di indicazioni specifiche nel
contratto, l'addebito esposto in bolletta viene indicato come inerente ad una attività di
controllo dell'impianto: in quanto spesa straordinaria, non di consumo, la stessa sarebbe a
carico del locatore.
(Luca Stendardi Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)

CERTIFICAZIONE ENERGETICA CON VALIDITÀ DECENNALE
D. In Piemonte, il certificato Ace del 2011 è valido per i nuovi contratti di affitto? in pratica:
può sostituire l'Ape? L'ingegnere che mi rilasciò l'Ace nel 2011 mi dice che il certificato vale 10
anni e che le sue certificazioni sono ancora Ace non disponendo di linee guida della Regione
per l'Ape.
----R. Con riguardo all’obbligo di attestazione energetica per chi affitta, la novità introdotta dal
decreto legge 145 del 2013 è costituita dal fatto che viene eliminata la sanzione della nullità
(sostituita da una sanzione amministrativa) per il caso di mancata allegazione dell’attestato al
contratto. Nei contratti di locazione di singole unità immobiliari viene poi soppresso in radice,
peraltro, anche l’obbligo di allegazione. Per le violazioni commesse fino a ieri è prevista
l’applicazione, «su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa», di una
sanzione amministrativa in luogo di quella della nullità del contratto anteriormente stabilita.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, sono state richieste al ministero dello Sviluppo
economico spiegazioni circa le modalità applicative della norma. Ugualmente, sono state
chieste indicazioni sul da farsi nelle more dell’emanazione del decreto interministeriale
contenente i criteri per la redazione del nuovo Attestato di prestazione energetica. È comunque
da ritenersi che l'Ace rilasciato nel 2011, in quanto avente validità decennale, non debba
essere sostituito da un nuovo Ape, salvo che contrariamente venga stabilito nell'emanando
provvedimento ministeriale.
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
49
(Luca Stendardi Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)

IL CONTRATTO TURISTICO E LA COMUNICAZIONE ALLA PS
D. In caso di locazione di immobili a uso turistico, è necessaria la comunicazione dei dati degli
ospiti alla questura?
----R. La comunicazione di cessione fabbricato è un obbligo che riguarda chiunque ceda la
proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente l'uso esclusivo di un immobile o di
parte di esso. Prevista dall'articolo 12 del decreto legge 59/78, convertito nella legge 18
maggio 1978, n. 191, è stata sostanzialmente assorbita dall'adempimento di registrazione dei
contratti riferiti all'immobile (vendita, locazione eccetera)introdotta dall'articolo 2 del decreto
legge 79 del 2012. Il citato articolo 2 ha stabilito che «la registrazione dei contratti di locazione
e dei contratti di comodato di fabbricato o di porzioni di esso, soggetti all'obbligo di
registrazione in termine fisso, ai sensi del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta
di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, assorbe
l'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191». La norma lascia quindi
intatto l'obbligo di comunicazione solo nel caso in cui «venga concesso il godimento del
fabbricato o di porzione di esso sulla base di un contratto, anche verbale, non soggetto a
registrazione in termine fisso». Conseguentemente, se il contratto turistico non viene
registrato, permane l'obbligo della segnalazione all'autorità di Pubblica Sicurezza.
(Luca Stendardi Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)

L'AZIONE DI SFRATTO CON L'AIUTO DI UN LEGALE
D. Posso procedere in autonomia per la procedura di sfratto esecutivo per morosità del
locatario, oppure è obbligatoria l'assistenza di un legale per gli adempimenti con il tribunale?
----R. L'articolo 82 del Codice di procedura civile stabilisce che davanti al giudice di pace le parti
possono stare in giudizio personalmente delle cause il cui valore non ecceda i 1.100 euro. Negli
altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non con il ministero o l'assistenza di un
difensore; il giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto
emesso anche su istanza verbale della parte può autorizzarla a stare in giudizio di persona. La
norma prosegue precisando che, salvo i casi in cui la legge dispone espressamente, davanti al
Tribunale e alla Corte d'Appello le parti devono stare in giudizio con il ministero di un
procuratore legalmente esercente. Le norme richiamate rendono pertanto necessaria
l'assistenza di un difensore nei giudizi di sfratto per morosità.
(Luca Stendardi Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)

I CRITERI PER LA GESTIONE DI ALLOGGI TURISTICI ALTRUI
D. In merito alla locazione di immobili a uso turistico, qual è la normativa che in vigore? La
legge 431/1998 oppure il Dlgs 79/2011, articolo 12, comma 5, punto b? È possibile, per un
privato, gestire immobili altrui, sempre a uso turistico, in forma non imprenditoriale?
----R. Fatta salva la normativa regionale, cui il lettore deve riferirsi, le locazioni a uso turistico
sono soggette – quanto a durata, canone e altre pattuizioni – alla libera contrattazione delle
parti e agli articoli 1571 e seguenti del Codice civile. In tale contesto - salvo esame della
fattispecie in concreto e, sempre, della normativa regionale - la gestione in forma non
imprenditoriale di immobili altrui deve ritenersi in astratto possibile. Infatti, l’articolo 1, comma
3, lettera c, della legge 431/1998 dispone che la legge stessa non si applica «agli alloggi locati
esclusivamente per finalità turistiche». L’articolo 12, comma 5, punto b, del Dlgs 23 maggio
2011, numero 79, in tema di "strutture ricettive extralberghiere", è stato dichiarato illegittimo
dalla Corte costituzionale, con sentenza 5 aprile 2012, numero 80. La Corte costituzionale,
nella citata pronuncia 80/2012, ha puntualizzato che «l’articolo 12 contiene una classificazione
e una disciplina delle strutture ricettive extralberghiere. Tale disposizione accentra in capo allo
Stato compiti e funzioni la cui disciplina era rimessa alle Regioni e alle Province autonome
dall’articolo 1 dell’accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, recepito dal Dpcm
13 settembre 2002».
(Rezzonico Matteo, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 24 febbraio 2014, n. 8)
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
50

IL VANTAGGIO PER LA VETRATA CHE NON CAMBIA SUPERFICIE
D. Sono comproprietario al 50% di un appartamento che costituisce la mia abitazione
principale e che presenta una lunga vetrata. Questa delimita un balcone interno e, con il
passare degli anni, si è ammalorata, lasciando passare acqua quando piove. Ora intenderei
sostituire la vetrata con l'installazione di vetri termoisolanti. Vorrei sapere se tale intervento
può beneficiare della detrazione fiscale del 50 per cento, con conseguente fatturazione con Iva
al 10 per cento.
----R. La risposta è affermativa, a condizione che la vetrata sia già preesistente e non si verifichi
un aumento di volumetria. La detrazione del 50 per cento (ex articolo 16-bis del Tuir, Dpr
917/1986, e articolo 1, comma 139, della legge 147/2013) si applica per i soli interventi di
recupero edilizio ed energetico che non comportino aumento di volumetria dell’abitazione
(circolare 57/E/1998). Per ciò che concerne gli interventi relativi alla copertura di terrazze o
balconi, la detrazione compete solo se i lavori sono diretti, ad esempio, alla trasformazione
degli stessi in verande non completamente chiuse lateralmente, in quanto, in tale ipotesi, non
si verrebbe a realizzare un nuovo vano dell’abitazione con aumento della cubatura della stessa
(si veda, in tal senso, la guida dell’agenzia delle Entrate al 36% su www.agenziaentrate.it,
nella quale viene ammesso il beneficio per la trasformazione del balcone in veranda, quale
intervento di ristrutturazione edilizia). Alle stesse conclusioni si giunge per la sostituzione della
vetrata di una veranda. Anche in tal caso le spese per la semplice sostituzione della vetrata
preesistente fruiscono della detrazione. L’ Iva per tale intervento, trattandosi di casa di
abitazione, si applica con l’aliquota del 10 per cento, sempre se la vetrata è fornita "corredata"
della manodopera per l’installazione (articolo 2, comma 11, della legge 191/2009, circolare
71/E/2000).
(Marco Zandonà, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 17 febbraio 2014)

UNA RICHIESTA AL COMUNE PER L'IMU VERSATA IN PIÙ
D. Ho acquistato, a inizio novembre 2013, la mia prima casa a Milano, da ristrutturare;
ovviamente, non ci posso abitare perché avrò i muratori fino a fine febbraio. Non posso quindi
né dimorare né risiedervi e l'abitabilità verrà data dal controllo che farà il Comune. Il
commercialista mi ha fatto pagare, per l'Imu, i due mesi del 2013 al 100%, anziché al 50%.
Come posso recuperare quanto pagato in più?Come devo comportarmi per il 2014? La
residenza inizia dalla data dell'esito positivo del controllo?
----R. Al fine di recuperare quanto versato in più di Imu 2013 si dovrà procedere alla richiesta di
rimborso al Comune ove si trova l'immobile. Inoltre, si ritiene che la residenza decorra
dall'esito positivo del controllo.
(Stefano Setti, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 10 febbraio 2014)

LA SANZIONE COLPISCE PROPRIETARI E INQUILINI
D. In relazione all'obbligo di pagamento degli affitti con bonifico o assegno, chi incorre in
sanzioni nel caso di pagamento in contanti? Il locatore o il conduttore o (entrambi)?
----R. In base ad una lettura della norma di tipo letterale sembrerebbe che le sanzioni siano
irrogabili esclusivamente nei confronti del soggetto che effettua il pagamento. Infatti, la norma
precede che «i pagamenti riguardanti canoni di locazione …, sono corrisposti». Tuttavia, se si
considera che la novità è stata inclusa, con l’aggiunta di uno specifico comma, nell’articolo 12
del decreto legge n. 201/2011, avente ad oggetto la riduzione del limite di 1.000 euro previsto
dalla normativa in tema di antiriciclaggio (articolo 49 del Dlgs n. 231/2007), si arriva ad una
conclusione opposta. Sembra applicabile la stessa sanzione irrogabile nei confronti dei soggetti
che violano l’articolo 49 del Dlgs 231/2007, per un importo variabile compreso tra l’1 ed il 40
per cento della somma pagata in contanti. La predetta penalità è irrogabile sia nei confronti del
soggetto che effettua il pagamento, sia nei confronti del soggetto che riceve la somma di
denaro.
(Nicola Forte, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde, 3 febbraio 2014)
FIAIP News24, Numero 8 – Marzo 2014
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