Lu Mommu de Salice e il suo " Viaggio de Leuche " a lengua noscia de Rusce. GIUSEPPE PACELLI, il coltissimo e geniale geografo, storico e poligrafo mandurino (nacque in Manduria il 23 novembre 1764, morì in Lecce il 2 dicembre 18111 e che da un po' a questa parte e ne era effettivamente tempo l — ha una buona stampa (M. Greco : La Rudia patria di Ennio in G. P. geografo mandurino, « Voce del Popolo », Taranto, A. 50 (1933), N. 51; Ciro Drago : Don G. P. e il Fonte Pliniano, « Voce del Popolo », A. 52 (1935), N. 14 ; Nicola Vacca : La Grecia e l'Albania Sallentine nell'Atlante del Pacelli, « Rinascenza Salentina» Lecce, A. III (1935), N. 3, p. 139 segg.), nella nota 74 alla sua ancora inedita « Dissertazione sulle antichità di Manduria -- Dedicata a quindici giugno milleottocentodieci a Sua Ecc. il Signor Conte Milano Giarberlano del Re, ed Intendente della Provincia di Terra d'Otranto » (2 copie mss. nella Bibliot. Provinciale di Lecce, ad una, forse l'originale, nella Gattiana di Manduria, X M. (SM), 5, 4, oltre a quella della collezione De Simone) così scrive : « Abbiamo in verso, ma M. S., ch'io pubblicherò nella mia Biobibliografia Sallentina, nell'Articolo : Marciano un bellissimo e vago componimento eroico in lingua leccese di Geronimo Marciano di Salice, intitolato Viaggio de Leuche a lengua de Lecce compostu dallu Mommu di Salice, ed ultimamente da lu medesimu rinuatu mpiersu lu Scegnu de Casaleneu divisu 'n tre canti ». Il De Simone in Lecce e i suoi monumenti (Lecce, 1874, p. 279) ricorda la nota del Pacelli trascrivendola e male interpretando lu Mommu de Salice in nu nunnu de Salice: « Degli scritti in dialetto che non hanno veduto la luce per le stampe, non parlo ; ma non posso trasandare di dar pubblicità a quanto scrive il Canonico Giuseppe Pacelli da Manduria nella sua Dissertazione sull'antichità di Manduria, MSS. presso di me » e aggiunge : « Questo Geronimo Marciano non è l'autore della Descrizione di Terra d'Otranto ». Ho avuto la ventura di rintracciare il poemetto del Marciano, e cioè la copia posseduta da Giuseppe Pacelli, in un volume manoscritto della Civica Biblioteca < Marco Gatti » di Manduria, che io dirigo, per incarico onorifico del Comune, dal 1933. 254 Ainascenba Salentina Il volume (cm. 20 X cm. 15, di cc. non nn. 276, cucito ; nella situazione provvisoria : XIX M (SM), 4, 32) è uno dei molti della collezione di manoscritti salentini e riguardanti il Salento che il Pacelli aveva raccolto indefessamente e pazientemente fin dalla sua prima gioventù, e che, purtroppo, sono andati, in massima parte, dispersi. Fu donato da Giuseppe Gigli, il chiaro poeta mandurino, nel 1897, al Sac. Leonardo Tarentini, scrittore di storia mandurina, e dal Tarentini affidato alla Gattiana. Contiene 1°. la trascrizione dei saggi letti nelle Accademie svoltesi nel Seminario di Oria nel 1781, 82, 83, 84, 96, 97, 99 ; 2°. « Gesta Canonici Roppoli Poétae Cryptaliensis », 1789; 3°. Viaggio de Leuche... ; 4°. « Hymni Sacri. Auctore Laurentio Corrado Uritano » ; 5°« Per la sollenne Professione di M. Emanuela Monaco d'Oria nel Monistero dello Spirito Santo di Manduria », 1792; 6°. Composizioni varie in latino ed italiano (Saggi ed esercitazioni accademiche). Il Viaggio de Leuche è compreso da c. 225 a c. 238, non è, come per altre trascrizioni, di mano del Pacelli, ed evidentemente (per le ignoranti deformazioni metriche dei versi, per la difformità ed irregolarità della grafia, per le alterazioni del testo — tanto da renderlo, in molti punti, oscurissimo o di difficile interpretazione — e, anche, per le notizie che ci dà sul Marciano alla fine del poema) è da considerarsi una copia, abbastanza errata e trascurata, dell'autografo originale del Marciano. Chi era questo Geronimo Marciano, detto lu Mommu de Salice? Quando rinvenni il volume del Pacelli col Viaggio de Leuche non conoscevo che la nota del Pacelli stesso, a cui si aggiunsero le notizie che ci dà il trascrittore del poemetto : « Lu Mommu de Salice, olim Arciprete di Guagnano, morì in Casalnuovo ». N ull 'altro. Lo stesso Mommu ci dà la conferma di essere nato in Salice in questi versi del suo poemetto (II, st. 8) : Quae cu me fazzu l'anni, e quae li misi Nò alli salici mei arveri amari. L'atto di battesimo, però, non si è rinvenuto nell'Archivio Parrocchiale di Salice, malgrado le accurate ricerche dell'Av.v. G. Leopoldo Quarta e dell'Arciprete del luogo, nè nella Parrocchia di Leverano, ove volli estendere l'indagine. Solo l'Av.v. Quarta mi dà queste notizie sul Marciano : figlio di un cittadino di Leverano e di una Al. Greco - Lu Mommu de Salice ecc. 255 salicese, nel 1666-1667 fece rappresentare in Salice, all'aperto, a spese del Capitolo, una « Passione di Cristo », in versi, il cui manoscritto è conservato tutt'ora dall'Arciprete Dott. Gravili. Ma nell'Archivio Parrocchiale di Manduria (Necrolog. Vol. I, c. 70) ho rinvenuto l'atto di morte del Marciano col luogo della sepoltura : «1714... Geronimo Marciano di Salice 28 Febraro in Ch. Colleg. ». Occorrerebbe fare delle ricerche nell'archivio della Curia Arcivescovile di Brindisi e forse anche in quello del Capitolo della Collegiata di Manduria (nell'Archivio Parrocchiale di Guagnano non vi sono carte anteriori al 1750) per sapere quando e per quanto tempo Don Geronimo Marciano ebbe l'arcipretura di Guagnano, perchè ne fu dimesso, e quali le ragioni del suo ritiro in Manduria (forse nel Convento dei Cappuccini che è vicinissimo all'antico Scegnu, detto Fonte Pliniano, se egli dice di aver rinnovato il suo poema mpiersu lu Scegnu de Casaleneu). Stabilita in tal modo, con le scarsissime notizie in nostro possesso, l'epoca di vita del Marciano — prima del 1650 e il 1714, data certa della sua morte — quando scrisse il suo « Viaggio de Leuche 01 ». Dobbiamo ammettere due stesure del Poemetto : una fatta durante l'allegro e pantagruelico viaggio o poco tempo dopo, e che è forse irreparabilmente perduta, e l'altra — o rifacimento — che diremo casalnovetana o mandurina e che è giunta a noi nel volume del Pacelli. In questa il Marciano accenna alla sua rubizza vecchiaia (E, st. 3) Chiù viersi poi, ca no so vecchiu sfattu J eu te prumettu, se n' autru annu campu, e (III, St. 5) : Tant'autra forza avia, ci mò no [P] cede A sr etate cadente e assennata. Ma quando il -poeta fece il suo viaggio a Leuca, e ideò e compì la prima stesura del poema di cui non si ha traccia, egli doveva essere ancor giovine, Tant'autra forza avia..., e possianYo, grosso modo, fissarne l'epoca. Nel Canto III (st. 7-10) il poeta descrive l'accoglienza e la fastosa ospitalità ricevuta dalla gaia comitiva nel Palazzo dei Filomarino a . Cutrofiano, ove viene accolta da Donna Teresa Erriquez, moglie di Don Giovanni Filomarino. Questo D. Giovanni che poi ebbe il titolo di Duca, aveva assunto la Signoria di Cutrofiano alla morte del padre, D. Alfonso, nel 16,92 25t Rinascenza Salentinci ed aveva già sposato precedentemente Donna Teresa, ultimo rampollo della nobilissima famiglia spagnuola Erriquez e che all'epoca della visita del Marciano era ancora bedda de faccie. Donna Teresa ebbe tra il 1690 e il 1707 otto figli e mori il 7 marzo 1737. La visita quindi del Marciano avvenne dopo il 1692, epoca in cui D. Giovanni Filomarino successe al padre, ed è dopo tale data che noi dobbiamo fissare la prima stesura del poema. Il rifacimento casalnovetano — o seconda stesura — pur se sia stato fatto negli ultimi anni della vita del Marciano, è da porsi quindi nel prime decennio del 1700, e il Michele Imperiali a cui è dedicato il poema è senza dubbio Michele III, che assunta l'eredità del Marchesato di Oria e del Principato di Francavilla e Casalnuovo ancora bambino nel 1678, nel 1696 o 1697, a 19 anni, uscito di tutela, sposò Irene Delfina di Simiana, e morì il 1738. Senz'alcun dubbio, quindi, il poema è stato scritto e rifatto tra l'ultimo decennio del 600 e il primo del 700 (tra gli anni, cioè, 1692 e 1714) ed è perciò il più antico testo poetico in dialetto salentino che finora si sia rinvenuto e che, per la prima volta, compare ora per le stampe. Infatti le più antiche produzioni poetiche in dialetto salentino, che finora si conoscevano, sono : a) Nniccu Furcedda, farsa pastorale in dialetto francavillese scritta da Gerolamo Bacchiai (Bax) intorno all'anno 1730 e pubblicata dal Palumbo prima in appendice alla sua Storia di Francavilla (Lecce, Tip. Salentina, 1869-70) e poscia, a puntate, in Rivista Storica Salentina (VII, 291; VIII, 31, 199; IX, 40) ; b) Sedici sonetti inediti del 700 in dialetto leccese scoperti nel Museo Britannico di Londra, scritti da un anonimo, e pubblicati da Nicola Bernardini in Numero unico per le Feste inaugurali (Lecce, 1898, pgg. 137-144). Sembrano scritti intorno alla metà del 700, e qualcuno tra il 1719 e il 1733; e) La juneide, componimento poetico satirico in dialetto leccese scritto da un anonimo. Reca la data degli anni 1768-69. Fu pubblicata, ma non integralmente, da Salvatore Panareo in Rivista Storica Salentina, (V, 141, 280; VI, 84). Altri brani della stessa juneide furono pubblicati dallo stesso Panareo in Rinascenza Salentina (II, 44). Restano ancora inedite — e spero di pubblicarle fra breve — alcune composizioni (sonetti e canzoni), tre in dialetto leccese e tre in M. Greco - Lu Mommu de Salice ecc. 257 dialetto di Oria, anch'esse rinvenute nel volume del Pacelli, che contiene il Viaggio de Leuche, e che sono da porre dopo la juneide, portando la data del 1781, 1782 e 1783. Ho detto le ragioni che fanno ritenere una copia trascurata e scorretta il manoscritto rinvenuto nel volume del Pacellí, conservato nella Gattiana di Manduria. Da essa, unico esemplare, ho dovuto compiere la trascrizione del poemetto di Geronimo Marciano : ciò che mi ha dato non lievi difficoltà per l'interpretazione del testo originario, specie per le storpiature dei versi e per la caotica interpunzione, un po' difetto, è vero, dell'epoca. Molti versi li ho trovati storpiati irrimediabilmente e alcuni addirittura deformi. Su qualcuno ho tentato di praticare qualche lieve intervento ortopedico di fortuna, ove il testo e il senso risultava chiaro e me lo permetteva. Altri l'ho lasciati malconci come l'ho ritrovati, rettificando in qualche punto solo l'interpunzione. Il resto ho trascritto integralmente senza nulla mutare, nè interpunzione incongrua, nè grafia incerta o difforme. Malgrado ciò, di qualche punto o di varii vocaboli il senso resta oscuro ed io non ho saputo come rimediarvi (vedi, p. e., quel curriu Marcici della lettera dedicatoria), nè m'è sembrato opportuno sottolineare tali punti o appesantire il testo con note interpretative, perchè ciò che a me è parso oscuro o senza senso può esser chiaro agli studiosi ed ai competenti. Quale l'importanza artistica, glottologica e folkloristica del « Viaggio de Leuche ». La vedranno i lettori. Certo non è disprezzabile, se pur d'ispirazione letteraria, questo sereno plenilunio d'estate (I, st. 14) : Era la notti, e lu steddatu velu Chiaru scupria, e senza nubbi arcuna : Scottava rasci resprennenti, e scelu De perle quintadecima la luna. e quest'alba, pur se agghindata di fronzoli mitologici (I, st. 18) : Tandu de le fenesce levantine Se nfacciaa de Titone la mugliere Tutta tinta de rose tamaschine, Ce sunto de lu Sule le bandere... 258 Rinascenza Salentina e molti versi, e molte ottave fresche e sonore, che s'incontrano ad ogni passo. Certo molti vocaboli, modi di dire e frasi dialettali del poemetto sono ora del tutto scomparsi o poco in uso ed è bene che non vadano perduti. Certo l'accenno dei varii cantàri popolari in parte o completamente ora in disuso — la ntanena nena ; Donna ca' st'ecchi toi me dannu pena; Bedda delizia oh se tu fusse mia..., il grazioso ritornello scocciatore Becocula becocula — e molti nomi di uomini popolari dell'epoca — lu bate Stia, lu Ciddu, Pizumuzzu, il georgico canonico di Otranto, Chinu Pelusu l'abate del Santuario di Leuca, Peppu fersuredda — la folla chiassosa e devota dei pellegrini, il panico per l'apparire di un vascello forse di predoni barbareschi, la leggendaria sacra carta del Santuario, e la cavalcata dei Canonici, durante la festa dell'Incoronata a Nardò, sono delle cose ancora interessanti che potranno essere oggetto di ulteriori studii e ricerche e che certamente faranno piacere ai lettori. I quali, non dubito, saranno grati al mandurino GIUSEPPE PACELLI che ebbe cura di far trascrivere e conservò fra le sue carte i tre Canti di lu Mommu de Salice. Io, per mio conto, sento il dovere di ringraziare, per le notizie fornitemi, G. Leopoldo Quarta, gli arcipreti di Leverano e di Salice, Pier Donato Colì di Cutrofiano e l'amico e collega Nicola Vacca, illustre Direttore di Rinascenza Salentina. Ed ecco senz'altro il Poemetto. Michele Greco