Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
- Sezione specializzata in materia di impresa B Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Elena Maria Riva Crugnola
Presidente
dott. Alessandra Dal Moro
Giudice Relatore
dott. Angelo Mambriani
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 56169/2013 promossa da:
FALL.TO NUOV@ PERIODICI ITALIA SRL (C.F.06868120152), con il patrocinio dell’avv.
MAIENZA MARIO, elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, 8/A 20122 MILANO
attore
contro
ANDREA MARIA ROBBIONI (C.F. RBBNRM72B11F205H), con il patrocinio dell’avv. BIANCHI
FIORENZA elettivamente domiciliato in VIA SANTA SOFIA, 14 20122 MILANO
convenuto
COSTANTINO CIALFI (C.F. CLFCTN60C01F595O), con il patrocinio dell’avv. LONGHINI
PIETRO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA ROMANA, 46 20122 MILANO
convenuto
MARCO ANTONIO MELAI (C.F. MLEMCN65A17F205A), con il patrocinio dell’avv.
GARAVAGLIA SILVIA, elettivamente domiciliato in VIA WASHINGTON, 1 20146 MILANO,
convenuto
MARIO TOFFOLETTI (C.F. TFFMRA62H22F205M), con il patrocinio dell’avv. VERGARA
CAFFARELLI MASSIMO elettivamente domiciliato in VIA CESARE BECCARIA, 23 00196
ROMA,
convenuto
ANGELO GAIARA (C.F. GRANGL47T01C038X), con il patrocinio dell’avv. BERNASCONI
STEFANO, elettivamente domiciliato in VIALE BIANCA MARIA, 18 20129 MILANO
convenuto
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Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684
Firmato Da: DAL MORO ALESSANDRA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c5483
N. R.G. 56169/2013
ANTONIO CARLOMAGNO (C.F. CRLNTN69R08E483P), con il patrocinio dell’avv. DELFINO
TOMMASO e dell’avv. CANGEMI ILARIA (CNGLRI76L59A089N) VIA ANDREA SOLARI, 2/A
20144 MILANO; elettivamente domiciliato in CORSO VERCELLI, 42 20145 MILANO
convenuto
ISOLA LAISSU (C.F. LSSSLI60T42F205V), con il patrocinio dell’avv. BERNASCONI STEFANO
elettivamente domiciliata in VIALE BIANCA MARIA, 18 20129 MILANO
convenuto
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
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Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
Il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl (di seguito, “Fallimento”) ha convenuto gli ex amministratori
(Mario Toffoletti, amministratore dal marzo 2006 al luglio 2010; Costantino Cialfi e Marco Antonio
Meli, amministratori dal settembre 2008 al luglio 2010), i sindaci (Angelo Gaiara e Isola Laissu,
sindaci dal 1995 al maggio 2007, Antonio Carlomagno sindaco dall’ottobre 2006 al maggio 2007)
nonché il liquidatore della società (Andrea Maria Robbioni, liquidatore della società dal luglio 2010
alla data del fallimento), deducendo che gli stessi sarebbero responsabili per aver causato un danno di
circa 3.500.000 euro alla società stessa nell’esercizio delle rispettive funzioni e quindi per sentirli
condannare in solido al risarcimento.
Le condotte contestate dalla procedura riguardano:
1. la prosecuzione illecita dell’attività sociale in presenza di una causa di scioglimento (ritardo nella
messa in liquidazione della società) che si sarebbe verificata almeno a partire dalla fine
dell’esercizio 2008:
a. secondo la curatela tale bilancio si sarebbe dovuto chiudere con una perdita di almeno
600.000,00;
b. il prospetto dei risultati annuali di esercizio della società evidenzierebbe l’anomalia del
risultato 2007 e 2008, che sarebbe in effetti frutto di una strumentale appostazione di poste
attive inesistenti (credito SIAE, e rimanenze finali per euro 512.362) funzionale a coprire
perdite di esercizio (dopo la fuoriuscita del socio americano, IDG, alla fine del 2007 i soci
non avrebbero effettuato alcun apporto di capitale e tuttavia i bilanci del 2007 e del 2008
evidenzierebbero un improvviso incremento di fatturato tale da determinare un utile, seppur
modesto, frutto, in realtà, di artifici contabili funzionali ad evitare una nuova immissione di
capitali da parte dei soci);
c. il danno provocato da tale prosecuzione illecita dell’attività caratteristica in termini di
perdita sarebbe evidenziato dallo “stato passivo” pari a oltre 3.500.000 euro (a fronte di un
attivo di non più di euro 50.000).
2. il ritardo nella dichiarazione dello stato di insolvenza, a fronte “dell’impercorribilità fin dall’inizio
della fattispecie del concordato preventivo” perseguita attraverso l’ipotesi della cessione al prezzo
di euro 1.500.000,00 del ramo d’azienda alla società - Just Be srl - cui nel frattempo l’azienda
stessa era stata affittata al canone annuo di euro 120.000: il curatore in effetti non contesta la
congruità delle condizioni economiche concordate (precisando che l’opzione di acquisto ad euro
1.500.000 “avrebbe potuto far rientrare la fattispecie in dimensioni economiche compatibili con
una normale procedura concordataria” ), ma il fatto che si sarebbe trattato sin dall’inizio di un
escamotage per “tirare in lungo a danno dei creditori” perché la proposta di concordato si fondava
su una lettera di Just Be del 29.6.2011 “cui era stata attribuita una inesistente efficacia contrattuale
di esercizio dell’opzione ”;
anche con riguardo a questa specifica condotta la curatela contesta il medesimo danno, ovvero la
differenza tra attivo e passivo fallimentare, e chiama a risponderne tutti i convenuti .
*
I convenuti si sono costituiti in giudizio contestando
responsabilità; inoltre:
la fondatezza nel merito dell’azione di
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Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. il sig. Toffoletti (amministratore dal marzo 2006-luglio 2010) ha eccepito l’intervenuta
prescrizione dell’azione per tutte le richieste relative a fatti anteriori al 26 luglio 2008 (essendo
stato l’atto di citazione notificato in data 26 luglio 2013; nel merito in via subordinata, ha chiesto
di limitare la condanna al risarcimento dei danni anteriori alla successiva fase di liquidazione.
2. Il sig. Marco Antonio Melai (amministratore dal 17 settembre 2008-giugno 2010) ha eccepito la
carenza di legittimazione attiva per carenza di autorizzazione ad agire della curatela, e l’intervenuta
prescrizione del diritto al risarcimento (a suo dire in ragione del fatto che tra l’insorgere
dell’insolvenza - 30 agosto 2005 - e la notifica dell’atto di citazione - 31 agosto 2013 – sono
decorsi più di 5 anni); nel merito ha dedotto di essersi dimesso in data 28 giugno 2010, onde ha
chiesto, in via subordinata, di accertare la misura delle singole responsabilità, deducendo, quanto al
danno in termini di differenza attivo e passivo come contestato che vi avrebbe concorso la stessa
curatela omettendo colpevolmente di intraprendere l’azione per il recupero del credito SIAE.
3. Il sig. Costantino Cialfi (amministratore dal 7 maggio 2008 fino al 30.6.2010) ha eccepito la
carenza di legittimazione attiva del curatore tanto per carenza di autorizzazione ad agire quanto per
difetto di titolarità dell’azione di cui all’art. 2394 c.c. non richiamato nella disciplina della s.r.l.;
nonché la prescrizione dell’azione poiché nel momento in cui “l’azione veniva intrapresa sarebbe
già decorso il termine di 5 anni dal momento in cui, secondo la stessa prospettazione avversaria
la società doveva ritenersi sciolta (2007 -2013).
4. Il sig. Andrea Robbioni ha rilevato la propria estraneità agli atti gestori intervenuti
antecedentemente al 29.7.2010 (data in cui ha assunto l’incarico di liquidatore) e l’infondatezza
delle censure mosse dalla curatela alla gestione della fase liquidatoria.
5. I sindaci Angelo Gaiara e Isola Lassù, e Antonio Carlomagno hanno contestato il fondamento della
domanda con riguardo alla correttezza del bilancio al 2007, ed hanno respinto ogni addebito
essendosi dimessi nel 2008. Hanno chiesto la condanna della procedura ex art. 96 c.p.c.
*
Il G.I. ha disposto CTU onde verificare la correttezza delle contestazioni mosse dalla curatela alle
appostazioni di bilancio, quindi il fondamento della censura relativa al proseguimento illecito
dell’attività caratteristica dopo il verificarsi dello scioglimento di fatto della società.
*
Ciò premesso si osserva:
a. anzitutto va distinta - rispetto ad una generico coinvolgimento di tutti i convenuti relativamente ad
un presunto danno identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, non in linea con i
principi della responsabilità civile - la posizione degli ex amministratori da quella del
liquidatore: se agli uni può essere in astratto contestato una ritardo nella messa in liquidazione, ciò
non può essere addebitato – ovviamente - al liquidatore; e viceversa un’eventuale colpevole
gestione della fase liquidatoria non è imputabile agli amministratori, che sono evidentemente
cessati dall’incarico e dai doveri verso la società con la nomina del liquidatore; peraltro l’ipotesi di
un colpevole ritardo nella dichiarazione dello “stato di insolvenza” (ipotesi che potrebbe in astratto
coinvolgere in corresponsabilità anche gli amministratori per quei danni al patrimonio sociale
eventualmente verificatisi successivamente, e che essi, quindi, avrebbero potuto/dovuto evitare
rilevando - appunto- tempestivamente l’ “insolvenza”) in questo caso è stata oggetto di una
contestazione del tutto generica, che in effetti non tiene conto neppure dei diversi elementi
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costituitivi della detta fattispecie (impossibilità di far fronte con mezzi ordinari alle obbligazioni)
rispetto alla fattispecie di ritardata dichiarazione dello stato di liquidazione (perdita del capitale
sociale): invero nessuna allegazione è neppure stata offerta in funzione della prova di una
irregolarità sistematica ed irreversibile dei pagamenti manifestatasi anteriormente all’ottobre 2011;
b. a maggior ragione va tenuta distinta la situazione dei sindaci, dimessisi il 7.5.2008, cui pure non
sarebbe imputabile la conseguenza dannosa della gestione colpevole della liquidazione, salvo fosse
stato dedotto (e provato) uno stato di insolvenza conclamato già al momento delle loro dimissioni (
il che nella specie, come detto, non è );
c. sempre sul piano teorico va, poi, sottolineato che il “danno da illecita prosecuzione dell’attività
sociale in presenza di una causa di scioglimento” consiste, in linea teorica, nell’aggravamento della
“perdita netta” ovvero, in quell’erosione del “patrimonio netto” che la prosecuzione dell’attività
caratteristica (non meramente conservativa del valore e dell’integrità del patrimonio ex art. 2486
c.c.) abbia eventualmente prodotto; e non invece nella “differenza tra attivo e passivo
fallimentare”, differenza che attiene a due “grandezze” che non sono riconducibili alla condotta in
tesi illecita degli amministratori, potendo lo stato passivo ricomprendere posizioni debitorie
anteriori al verificarsi dello stato di scioglimento, ed essendo “l’attivo fallimentare” frutto anche
della condotta (recuperatoria/liquidatoria) del curatore1;
tantomeno la “differenza tra attivo e passivo fallimentare” può essere, di regola, criterio per
determinare il danno prodotto da un’attività di liquidazione negligente; il liquidatore potendo,
semmai, eventualmente rispondere del minore danno differenziale che si sarebbe generato dal
momento in cui egli ha assunto la carica fino alla presentazione della domanda di fallimento (al
netto dell’incremento di perdita che si sarebbe comunque verificato se la società avesse subito
proposto istanza di fallimento); nella specie, invece, la curatela – non tenendo conto di questi
ormai consolidati principi teorici - non ha neppure verificato in concreto se nel segmento
temporale compreso tra la data in cui assume che la società avesse perso il capitale e la data della
messa in liquidazione, nonché nel segmento temporale coincidente con la liquidazione, vi sia stato
un aggravamento della perdita netta e di che entità, limitandosi a presumere tale aggravamento alla
luce dell’incremento delle passività ammesse allo stato passivo fallimentare.
In ragione dei predetti principi, onde disporre di corretti riferimenti decisori, pertanto, al CTU è
stato sottoposto il seguente quesito:
“a) verificare se le rettifiche che la Curatela apporta al bilancio dell’esercizio 31.12.2008 siano
corrette e condivisibili sul piano tecnico contabile (e se in ragione delle stesse il patrimonio netto
della società al 31.12.2008 fosse negativo;
1
Peraltro la difesa della curatela richiama del tutto impropriamente la giurisprudenza della Suprema Corte che ammette l’utilizzazione
del criterio del deficit fallimentare quando ricorrano la condizione dell’imputabilità agli amministratori e ai sindaci del dissesto poichè in
tal caso non è neppure affermato che il “dissesto” sia imputabile ai convenuti cui s’è contestato un ritardo nella dichiarazione dello stato
di liquidazione e nella dichiarazione di fallimento.
In tal senso si è pronunciata anche di recente la Suprema Corte a SS. UU., con la sent.. n.9100 del 6.5.2015: “Nell’azione di responsabilità
promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la
liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha
l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende
il risarcimento (…) potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le
condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli
specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti
logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto”
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b) in caso positivo, determinare il reale risultato d’esercizio anche alla luce delle rettifiche da
apportarsi al bilancio in conseguenza della finalità di liquidazione che avrebbe dovuto essere
perseguita dagli amministratori all’esito dell’ accertamento della perdita del capitale;
c) verificare la consistenza dell'eventuale aggravamento della perdita di esercizio (anche tramite
differenza tra i patrimoni netti relativi a all'esercizio in cui deve ritenersi fosse perduto il capitale
sociale e quello immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento) al netto o dei costi che
sarebbero stati compatibili (ineliminabili ) con lo stato di liquidazione della società (tenuto conto
del tempo ragionevolmente necessario a liquidare una società avente quell'oggetto e quelle
dimensioni) e, cioè, che sarebbero stati comunque funzionali alla necessità di conservare
l’integrità e il valore del patrimonio come prescritto dall’art. 2486 c.c.; o di quei debiti ( es. debiti
tributari) che dalla stessa prospettazione dell’attore e/o della documentazione prodotta risultino
sorti in data anteriore alla perdita del capitale ma appostati solo dopo;
d) verificare in che misura l'eventuale incremento della perdita si è verificato nel periodo di
permanenza in carica di ciascun convenuto;
e) verificare se nel periodo di attività del liquidatore - cui è imputato un ritardo nella dichiarazione
dello stato di insolvenza è ravvisabile un aggravio della situazione patrimoniale in ragione del
risultato di iniziative da questi intraprese ovvero di costi (quali oneri finanziari passivi) che non
sarebbero maturati con la dichiarazione di fallimento”.
*
Ciò precisato, e venendo alle questioni preliminari si osserva:
a. infondata è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo al Curatore per difetto di
autorizzazione ad agire: l’istanza, invero, cui segue il provvedimento autorizzativo prodotta in
copia conforme sub A) nel fascicolo dell’attore, contiene l’esposizione dei fatti che la curatela
intende censurare, esposizione che – a prescindere dalla idoneità dei fatti stessi a fondare la
responsabilità dedotta in giudizio - è completa ed idonea a far ritenere sufficiente il provvedimento
di autorizzazione emesso dal GD in termini sintetici: “Visto, si autorizza il Curatore ad esperire
azione ex at. 146 l. fall. nei confronti dei suindicati soggetti”;
b. infondata è altresì l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Curatore ad esperire l’azione
dei creditori sociali, dovendosi ritenere – in linea con una giurisprudenza costante di questo
Tribunale, Trib. Milano, 18 gennaio 2011, in Giur. Comm., 2012, 2, 391 - che (a) debba ammettersi
in via analogica la sussistenza anche per i creditori di s.r.l. del diritto di agire contro gli
amministratori per ripristinare la garanzia patrimoniale eventualmente compromessa da condotte
negligenti o dolose dei primi, previsto espressamente per le spa dall’art. 2394 c.c.; e che (b) stante
la sussistenza per analogia di tale diritto, in caso di fallimento si estenda al Curatore la
legittimazione ad agire in nome della massa dei creditori in virtù dell’art. 146 l.f. (“sono esercitate
dal curatore ...: a. le azioni di responsabilità contro gli amministratori, gli organi di controllo,
....”);
c. infondata è infine l’eccezione di prescrizione : premesso che si tratta di eccezione sollevata solo
con riguardo all’azione dei creditori sociali, quindi già perciò del tutto irrilevante a fronte del fatto
che il Curatore esercita altresì l’azione sociale di responsabilità , si osserva comunque che il
curatore ha contestato agli amministratori la illegittima prosecuzione dell’attività sociale dopo il
verificarsi della causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale, che deduce
avvenuta nel 2008: ne deriva che le condotte illecite in tesi produttive di danno sono tutte –
logicamente - successive al 2008; sicchè è del tutto inconferente che i convenuti invochino la
giurisprudenza che fa decorrere il termine quinquennale di prescrizione dell’azione dei creditori
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“dal momento in cui il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei crediti ”
poiché la curatela non afferma che nel 2008 (o nel 2007) si sarebbe “manifestata l’insufficienza
patrimoniale” nei termini predetti, bensì che in quella data si sarebbe verificata – nonostante
opportunistiche risultanze ufficiali di bilancio - la perdita del capitale sociale, per effetto delle
perdite di esercizio: prima di quella data nessuna condotta illecita è ascritta agli amministratori,
onde è solo per effetto della (eventuale) erosione del patrimonio determinata dalla prosecuzione
illecita dell’attività caratteristica (dal 2009 in poi) che, in linea teorica, è ascrivile agli
amministratori un danno ingiusto anche in termini di prodotta insufficienza del patrimonio sociale
rispetto alle pretese creditorie dei terzi.
*
Il merito.
1. La Responsabilità di amministratori e sindaci per aver ritardato la liquidazione della società.
 La società - dichiarata fallita il 17 novembre 2011 – vedeva il capitale sociale ripartito tra i soci
Toffoletti Mario (20%), Cialfi Costantino (10%) e UBS Fiduciaria spa (70%);
questo assetto della compagine societaria risaliva al luglio 2007: nel marzo 2006 la l’International
Data Group Inc. (IDG), società americana avente sede a Boston subentrata nella compagine
societaria nel 1987, dopo diversi esercizi in perdita che l’avevano costretta a ingenti coperture e
ricostituzioni del capitale sociale, aveva trasferito la totalità delle quote al sig. Mario Toffoletti;
questi infatti, ritenendo di poter mantenere in vita il business, si era accordato con il gruppo
americano per assicurarsi la licenza per l’editazione delle testate e la gestione dei siti di proprietà
della stessa IDG, dietro corresponsione di royalties (cfr. doc. 10 del Fallimento), con l’appoggio del
sig. Cialfi e della Mepe s.r.l. (distributore italiano delle riviste cartacee americane), che in effetti
nel luglio/agosto 2007 entrarono nel capitale della società (la seconda con una partecipazione di
maggioranza tramite UBS fiduciaria).
 Il bilancio dell’esercizio 2006 (approvato il 30 aprile 2007), anno del passaggio di mano della
società, evidenziò ancora con una perdita di euro 1.049.345; all’assemblea del 31 maggio 2007 fissata per le decisioni circa la ricapitalizzazione o lo scioglimento della società- venne stabilito un
termine per la ricapitalizzazione (30.6.2007) in mancanza della quale sarebbe stato confermato lo
stato di scioglimento della società;
 nel luglio 2007, tuttavia, entrarono – come detto - nella compagine sociale il socio Cialfi ( con il
10% del capitale) e nell’agosto 2007 UBS Fidicuaria;
 il 25 luglio, quindi, la società decise - legittimamente - di revocare la delibera del 31 maggio 2007
da cui derivava la presa d’atto dello stato di scioglimento della società in mancanza di
ricapitalizzazione della stessa, ed approvò una nuova situazione patrimoniale al 30 aprile 2007,
provvedendo al ripianamento delle perdite inerenti l’esercizio 2006 tramite l’azzeramento del
capitale sociale e delle riserve esistenti e l’apporto dei soci per euro 1.038.720; venne inoltre
deciso di aumentare il capitale sociale da 10.000,00 fino ad 100.000,00 euro con sovrapprezzo di
euro 100.000.
 L’esercizio 2007 chiuse con un pur modesto utile di euro 16.112,00;
con l’approvazione del bilancio avvenuta il 7.5.2008 entrarono nel Cda Toffoletti ( Presidente),
Cialfi e Marco Antonio Melai;
il collegio sindacale - in mancanza per due esercizi consecutivi dei limiti dimensionali previsti dal
codice civile - si dimise e non venne sostituito.
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La stessa Curatela dà atto che “L’analisi della documentazione societaria… ha lasciato subito
intravedere un comportamento da parte degli organi gestionali tendente a fare il possibile per
salvare la società, sfruttandone eventuali residue potenzialità, dopo la decisione del socio di
controllo americano di dismettere la partecipazione”; né – se si escludono generiche illazioni sulla
correttezza e prudenza dei comportamenti gestionali - alcuna specifica censura è stata mossa dalla
Curatela stessa alla redazione del bilancio dell’esercizio 2007: solo in via del tutto ipotetica
questa ha contestato che l’utile realizzato nell’esercizio, costituirebbe “un’anomalia inspiegabile”
stante l’andamento precedente del rapporto costi/ricavi, sebbene la stessa curatela evidenzi - pag,
19 citaz.- che, a partire dalla fine del 2006, la società aveva affiancato alla tradizionale attività
editoriale, la produzione di CD e DVD cosiddetti collezionabili, quali corsi di inglese e serie di
film, acquistandone i diritti di riproduzione e i servizi necessari alla loro masterizzazione,
confezionamento e distribuzione in edicola, incrementando così il fatturato 2; il che unito ad una
politica di ristrutturazione e taglio dei costi – illustrata ampiamente in atti anche dalle difese dei
sindaci 3 - rende del tutto “spiegabile” ( tanto più in assenza di specifiche corrette censure) il
risultato dell’esercizio.
Queste conclusioni a proposito del bilancio 2007 escludono qualsiasi fondamento di una
responsabilità dei sindaci, il cui mandato cessò dopo l’approvazione di detto bilancio;
responsabilità sulla quale la curatela ha insistito sin dall’inizio con deduzioni del tutto ipotetiche ed
inconsistenti sostenendo che a fronte di una serie di esercizi in perdita “la continuità aziendale”
fosse compromessa, sulla base di “sospetti” e presunte “anomalie”; ma la consistenza di detti
“sospetti” avrebbe dovuto essere verificata da parte attrice prima di promuovere il giudizio, non
essendo affatto “legittimo e doveroso – come afferma la difesa della curatela in conclusionale –
l’accertamento giudiziale richiesto dal Fallimento per verificare se [neretto del redattore] gli
organi societari si siano comportatati realmente con la dovuta diligenza”4 il giudizio dovendosi
promuovere per ottenere riscontro di ciò che si afferma e non a scopo esplorativo, per verificare
“se” siano stati commessi dei fatti illeciti fonte di responsabilità.
Sotto questo profilo, pertanto, appare fondata la richiesta dei sindaci di condanna della curatela per
lite temeraria.
-- Con riguardo al bilancio 2008 (approvato in data 29 maggio 2009, che chiuse con un nuovo
seppur modesto utile di € 12.673) la Curatela ha, invece, espressamente contestato la correttezza
delle appostazioni dello stato patrimoniale relative al credito SIAE (euro 118.278) “nonostante si
sia rivelato come non incassabile” e al valore delle rimanenze (euro 512.362) relative a DVD
mandati al macero nel 2010 perché ritenuti non riutilizzabili, che la curatela reputa fosse da
azzerare poichè “da ciò si deve necessariamente desumere che anche nel 2008 tali rimanenze non
avessero il valore esposto a bilancio”;
2
cfr anche concl.fall. pag. 27
3
che hanno illustrato - in particolare Gaira e Laissu - che l’organo amministrativo aveva elaborato a suo tempo le previsioni di
sviluppo che tenevano conto di tutti gli interventi del piano di ristrutturazione ( cfr tab. pag.4,5 concl.dsindaci) il quale evidenziava come
il bilancio del 2006 non presentava le caratteristiche tipiche di crisi irreversibile richieste dalle font secondarie di redazione del bilancio (
OIC 11 e IAS1 parag.23 e 24) ma che, invece, si era in presenza di un processo di ristrutturazione dell’attività che consentiva il
raggiungimento di un equilibrio economico finanziario nel 2007; ed hanno, altresì, smentito quanto affermato dalla curatela circa il fatto
che la società avrebbe avrebbero fatto trascorrere tutto il 2006 senza dar corso a ricapiatalizzazioni o reperire finanziamenti rilevando
che nel novembre 2006 la società riceveva da Mepe un finaziamneto di 750.000 euro;
4
comp.concl. fall. pag. 23 e 24
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Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684
Firmato Da: DAL MORO ALESSANDRA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c5483
Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
secondo il Curatore tali appostazioni sarebbero state consapevolmente utilizzate in modo scorretto e
strumentale dai redattori del bilancio onde occultare la perdita del capitale che si sarebbe verificata
già a chiusura di quell’esercizio, e scongiurare, quindi, ulteriore immissioni di risorse
finanziarie.
In relazione a questa contestazione è stato sottoposto al CTU il seguente quesito:
“a) verificare se le rettifiche che la Curatela apporta al bilancio dell’esercizio 31.12.2008 siano
corrette e condivisibili sul piano tecnico contabile e se in ragione delle stesse il patrimonio netto
della società al 31.12.2008 fosse negativo”.
Il CTU, all’esito di un indagine tecnica corretta5, completa, e compiutamente argomentata, le cui
conclusioni il Collegio reputa convincenti e condivisibili, ha affermato, con riferimento al bilancio
2008, che deve ritenersi corretta l’iscrizione da parte degli organi amministrativi sia del credito
verso la SIAE sia delle rimanenze finali; onde ha concluso che le rettifiche al risultato di
esercizio 31.12.2008 apportate dalla curatela non possono condividersi e reputarsi corrette e
che il patrimonio netto della società al 31.12.2008 non era negativo.
a. Quanto al credito verso SIAE – relativo ai contrassegni SIAE pagati per i CD allegati alle
riviste commercializzate dalla società nel periodo 21.9.2000 – 21.6.2001 - il CTU ha concluso,
con un ragionamento approfondito e condivisibile, che l’organo amministrativo, al momento
della formazione del bilancio al 31.12.2008 lo aveva appostato poiché legittimamente riteneva
sussistente il diritto della società al rimborso di quanto indebitamente pagato; e ciò perché,
rispetto al contenzioso in corso con SIAE, era intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia
dell’8.11.2007, che ha cancellato l’operatività dell’obbligo di apporre sui CD il contrassegno
SIAE contenuto nella normativa nazionale (L. n. 248/2000 e relativo Regolamento di
esecuzione D.P.C.M. n. 338/2001) ritenuta dalla Corte sin dall’origine in contrasto con le
Direttive Comunitarie; decisione che legittimava il ricorso in sede tributaria6 contro la SIAE
per la ripetizione dell’indebito: “ne deriva la sussistenza del titolo al credito (così come
statuito dal citato paragrafo A.II.b.2 del Principio contabile OIC 15)7 in quanto
correlativamente la SIAE risultava debitrice nei confronti della società avendo riscosso
indebitamente i contrassegni in parola in forza di un obbligo di legge dichiarato dalla Corte di
Giustizia fin dall’origine in contrasto con le Direttive comunitarie 83/189CEE e 98/34/CE”;
(cfr. pagg. 15 e 16 della CTU).
La curatela ha contestato le conclusioni del CTU osservando che la sopravvenienza attiva
derivante da questo credito sarebbe stata erroneamente contabilizzata in conto economico tra
gli “Altri ricavi e proventi” anziché nei “Proventi straordinari”, “non rendendo così possibile
evincere, da parte di un terzo soggetto interessato alla lettura del bilancio societario, che l’utile
del periodo era formato da componenti straordinari di reddito e non da proventi generati dalla
5
infondate essendo le critiche mosse sul piano metodologico al CTU che non avrebbe voluto esaminare la documentazione offerta dal
fallimento in corso di perizia, poiché detta documentazione non tempestivamente prodotta in atti non era in effetti consultabile in
presenza di un’opposiziome della controparte.
6
in tal senso in via definitiva Ord. Cass. S.U.civ. 26.1.2011;
7
i crediti sorti per ragioni differenti dai ricavi sono iscrivibili in bilancio se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano
effettivamente obbligazioni di terzi verso l’impresa. L’esistenza le caratteristiche del titolo si basano su criteri giuridici
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Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
sola gestione caratteristica d’azienda”; tuttavia - condividendo in toto la risposta in proposito
resa dal CTU - il Collegio osserva, da un lato, che siffatto eventuale difetto di chiarezza sulla
provenienza della sopravvenienza, non era idonea a trarre in errore, essendo illustrata
espressamente come relativa ad un credito verso SIAE, quindi, chiaramente, non all’ “attività
caratteristica”; dall’altro, che un difetto di chiarezza dell’appostazione non equivale ad una
difetto di “veridicità” e non è idonea ad intaccare il risultato di esercizio, per il quale rileva la
sussistenza o meno del “credito” (donde la “sopravvenienza attiva” in conto economico, che
poco importa sia iscritta in un conto o nell’altro della relativa voce).
La curatela ha contestato, altresì, la correlativa iscrizione della posta nello stato patrimoniale tra
i crediti per il fatto che all’epoca non vi sarebbero stati presupposti di tale iscrizione, in
quanto: (a) all’epoca l’unico “titolo” sarebbe stato costituito dalla sentenza di rigetto del
Tribunale di Roma, emessa il 20.9.2006; (b) il D.P.C.M n. 31 del 23.02.2009 aveva fatto venir
meno ogni pretesa di rimborso dei contrassegni pagati e, quindi, la possibilità di iscrizione del
credito verso SIAE (normativa che avrebbe dovuto essere conosciuta dagli Amministratori alla
data della stesura del Progetto di Bilancio in quanto di un mese successiva):
Si tratta di contestazioni delle argomentazioni del CTU che non convincono il Tribunale:
- da un lato, correttamente il CTU ha rilevato che la sentenza del Tribunale di Roma era stata
superata da quella della Corte di Giustizia che, permettendo di ottenere la ripetizione di
quanto indebitamente pagato e costituiva “titolo” idoneo ai sensi dei Principi Contabili8;
- dall’altro, che, sulla base dell’intervento normativo effettuato dal Governo all’indomani della
Sentenza della Corte di Giustizia onde scongiurare rimborsi per il pregresso (intervento che di
per sé rivela il valore di “titolo” idoneo ai sensi dei Principi Contabili della pronuncia) nessun
diverso orientamento avrebbero dovuto assumere i redattori del bilancio: il DPCM è entrato in
vigore il 21.4.2009, dopo la redazione del bilancio, onde era legittimo ritenere che non avrebbe
potuto riguardare diritti già acquisiti (e già fatti valere come nel caso della società fallita);
come, del resto, ha definitivamente accertato il Consiglio di Stato con sentenza 2012
(escludendo che il DPCM potesse incidere sui rapporti patrimoniali pregressi); significativo
inoltre del fatto che la condotta degli amministratori non fu irragionevole e né imprudente è il
parere in proposito espresso dallo studio legale specializzato interpellato dai convenuti e già
trasmesso alla curatela (cfr. doc. 3 conv. Cialfi) dal quale risulta che la richiesta di rimborso
delle somme versate per i bollini SIAE - già avviata dalla società ma non coltivata dalla
curatela – poteva ancora essere avanzata per tutti i bollini acquistati anteriormente al termine di
prescrizione di 10 anni dalla presentazione dell’istanza.
*
b. Quanto alle rimanenze finali si trattava di verificare se – secondo un giudizio ex ante - fosse
fondato quanto allegato in atti dalla curatela a proposito di una consapevole e scorretta
iscrizione
della voce “rimanenze” nel bilancio dell’esercizio 2008 da parte degli
amministratori.
8
Come confermato anche dalla sentenza della commissione tributaria provinciale di Roma emessa nel 2013 su ricorso della società
Edizioni Master s.p.a che chiedeva il rimborso di quanto indebitamente versato alla Siae per il contrassegno da apporre sui CD distribuiti
in abbinamento editoriale alle proprie riviste commercializzate, ove precisa che “il presupposto per la restituzione delle somme
versate(…) si era verificato con il solo deposito della già citata sentenza della corte di giustizia 8 11.2007”; doc. 4 Melai
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La rettifica apportata dalla curatela alle rimanenze finali di magazzino iscritte nel bilancio al
31.12.2008 è consistita nell’azzeramento delle rimanenze stesse (e non in una mera
rideterminazione del loro ammontare scaturente dall’accertamento della loro effettiva
consistenza, questione, in effetti, neppure trattata) e ciò perché la Curatela ha ritenuto che
quanto avvenuto due anni dopo, nel 2010, quando le rimanenze costituite da CD e DVD
“prodotti” dalla società erano state mandate al macero, fosse inequivoco sintomo del fatto che
esse non valevano nulla neppure nel 2008.
Il CTU ha, invece, concluso che le rimanenze in parola potevano essere iscritte nel bilancio
chiuso al 31.12.2008 (peraltro, diversamente da quanto opinato dalla CTP del fallimento, ha
sottolineato che dovevano essere iscritte dove lo sono effettivamente state, cioè alla voce A.2,
relativa delle rimanenze dei prodotti finiti, poichè tali esse erano, e non “merci” come
sostenuto erronemante dal CTP del Fallimento9).
Invero avendo verificato in base al Principio contabile OIC 13 allora vigente10 se, all’epoca
della redazione del bilancio si poteva prevedere che il valore delle rimanenze valutate
“all’ultimo costo d’acquisto verificato inferiore al prezzo di mercato” (vedi nota integrativa al
bilancio chiuso al 31 2008) non potesse essere recuperato negli esercizi successivi, ha
concluso in senso negativo, in quanto, seppure il mercato editoriale stesse attraversando -al
pari di molti altri settori - un periodo di crisi, la società era in piena attività e quindi nessuno
poteva prevedere in quel momento che in futuro il costo delle rimanenze potesse non essere
recuperato11;
sicchè, non essendo paragonabili i bilanci al 31.12.008 e al 31.12.2010, riferiti a due momenti
completamente diversi della vita aziendale ( “di funzionamento” il primo, con normali
prospettive di vendita e “di liquidazione” il secondo con del tutto improbabili prospettive di
vendita futura) ha correttamente concluso che non è condivisibile la rettifica di bilancio
apportata dalla curatela in ragione di un ingiustificato anticipo dell’azzeramento delle
rimanenze al 31.12.2008.
Come osservato anche dal CTU, invece, negli atti di causa non è stata affrontata la diversa
problematica dell’accertamento della consistenza e della valorizzazione delle predette
rimanenze che - ai sensi della nota integrativa al bilancio 2008 – risulta effettuata “all’ultimo
costo d’acquisto verificato inferiore al prezzo di mercato”: invero “la curatela ha apportato la
rettifica in esame (azzeramento) in via di principio, senza entrare nel merito della
valutazione/ valorizzazione del magazzino”, il cui dettaglio è valorizzato sinteticamente in
nota integrativa per specie (Grandi Miti Film Western, 182.000 euro, CD e DVD, 130.000
euro, speciali 116.000 euro , e Collane, 84.000).
9
cfr.pag. 30 CTU
10
“ Le rimanenze di magazzino sono costi imputabili a beni ancora in giacenza che si rinviano al futuro esercizio in quanto si possono
recuperare tramite i ricavi di futuri periodi”,
“Le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo storico il valore di mercato”.
“Il metodo del minore tra costo e mercato serve ad eliminare quei costi di magazzino che si prevede non possono essere recuperati in
futuro”.
11
il c.t.u. è giunto a queste conclusioni anche comparando la prassi di altre società del medesimo settore in cui operava la fallita, come la
Edizioni Master spa., che indicavano nei propri bilanci, tra le rimanenze, anche gli allegati CD o DVD rimasti invenduti, da
commercializzare negli esercizi successivi come “collezionabili ”.
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Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
Il CTU ha, altresì, rilevato che non sono stati prodotti in atti documenti relativi al valore
unitario e alla quantità dei beni registrati, onde poter - anche autonomamente - sindacare la
valorizzazione sintetica che risulta dalla Nota Integrativa.
Sul punto tuttavia il Tribunale rileva:
a. che avendo la curatela proposto una rettifica di principio (sul presupposto che tutti quei
beni non valessero nulla in quanto mandati al macero nel 2010) una volta che tale rettifica è
risultata infondata, mancavano i presupposti - oltre che gli strumenti – perché il CTU
potesse effettuare una diversa ed ulteriore valutazione di quei beni: l’onere di allegazione e
prova infatti compete all’attore che nella specie ha proposto una rettifica radicale su una
base infondata12;
b. la documentazione contabile relativa alle rimanenze, non era affatto “mancante” - come
affermato dalla curatela all’esito della CTU – ma era in possesso del Curatore sin
dall’inizio, tanto che la sua difesa ha chiesto di essere autorizzata a produrla all’udienza di
discussione dell’esito della CTU, ricevendo una corretta risposta negativa, stante
l’intempestività della richiesta e l’opposizione di controparte: come lo stesso CTU ha
osservato nella replica è stata l’impostazione iniziale della contestazione dell’iscrizione
(anticipare l’azzeramento di valore registrato con il “macero” del 2010) che ha indotto la
Curatela a non avvedersi della rilevanza dei documenti, per la verifica della consistenza e
valorizzazione delle rimanenze.
La Curatela, nella conclusionale, ha contestato comunque la valorizzazione delle rimanenze –
con argomenti del tutto nuovi – osservando che non si comprenderebbe cosa sia successo nel
2009, visto che, secondo i numeri esposti dagli amministratori nei due bilanci, il margine sulla
commercializzazione dei CD ammontava per il 2008 ad euro 475.847 (con un margine sui costi
del 33%), mentre nel 2009 si è trasformato in perdita di euro 311.101, con un margine negativo
sui costi del 25% (i CD rimasti nell’anno 2009 sono stati venduti sottocosto): tale incongruenza
potrebbe imputarsi “unicamente all’impossibile valore delle rimanenze finali 2008”.
Il Collegio, fermo il rilievo della novità dell’impostazione della censura, non condivide
comunque queste conclusioni: nella Relazione sulla Gestione al 31.12.2008 l’organo
amministrativo, nel dare atto della lieve crescita del fatturato tra il 2007 e il 2008, , rilevava
“questa crescita del fatturato evidenzia però: un aumento dei ricavi delle collection edicola
(dvd, reprint, speciali) ma purtroppo una forte contrazione dei ricavi pubblicitari sulle testate
storiche della casa editrice, e una non crescita dei ricavi ondine sui siti delle riviste..”; come
osserva il convenuto Cialfi, le rimanenze contestate dalla curatela erano composte proprio da
quei prodotti che avevano fatto registrare nel corso del 2008 un aumento dei ricavi, per la cui
produzione la società aveva investito nel corso dello stesso esercizio per ricevere maggiori
benefici economici anche negli esercizi successivi; quando, poi, detti benefici non si sono
concretizzati, stante un calo della domanda che ha investito fortemente - nella crisi generale –
anche il settore editoriale13, sono cambiati i margini sulla commercializzazione anche dei CD
e dvd, onde la società – come deduce non smentito il convento Melai - non ha più investito per
12
Peraltro come risulta dall’udienza 31 marzo 2015 la relativa documentazione contabile era in possesso del curatore in quanto
consegnata tempestivamente dal rag. Robbioni liquidatore della società, ma non prodotta tempestivamente in causa dalla curatela.
13
Comprese storiche società, anche di distribuzione come Parrini e CDM, come risulta dal report della Federazione degli Editori sub
doc. 2 Cialfi
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Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
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2. La responsabilità di amministratori e liquidatore per aver - in tesi - ritardato la dichiarazione
di insolvenza.
Secondo la Curatela la società, in una situazione ormai difficilmente rimediabile, ha tentato il
salvataggio tramite la stipula di un contratto di affitto d’azienda preordinato ad una proposta di
concordato preventivo, che sarebbe risultata fondata su presupposti oggettivamente insussistenti ed
insostenibili.
Anche sotto tale profilo la domanda, all’esito del contraddittorio e dell’istruttoria, è risultata
infondata:
 il bilancio al 31.12.2009, approvato in data 30 giugno 2010, chiuse con una perdita di € 1.084.493;
nella stessa assemblea la società diede atto delle dimissioni del C.d.A. e nominò quale
Amministratore Unico il sig. Toffoletti;
 un mese dopo, il 29.7.2009, la società venne posta in liquidazione e venne nominato liquidatore il
rag. Robbioni, che in data 30.9.2010 stipulò con la società Just.Be s.r.l. un contratto d’affitto
d’azienda, dando seguito ad un precedente contratto sottoscritto il 29.7. stesso dall’A.U.;
 il 29.4.2011 venne approvato il primo bilancio di liquidazione (al 31.12.2010) e il liquidatore
illustrò anche il risultato negativo emergente dalla situazione al 31.3.2011, comunicando che
appariva “sempre più arduo proseguire la strada del concordato stragiudiziale con i creditori”;
sicchè l’Assemblea gli conferì l’incarico di dare mandato a professionisti di fiducia per
“predisporre un’ipotesi di piano concordatario ai fini di depositare in tempi brevi istanza di
ammissione a concordato preventivo”, che venne depositata il 1.7.2011 con i relativi allegati,
compresa la relazione che attestava la fattibilità del piano basato soprattutto sul verosimile realizzo
della manifestazione di interesse all’acquisto dell’azienda entro il 28.2.2012, espressa il 29.6.2011
da parte dell’affittuaria Just Be; tale manifestazione di interesse era stata espressa al prezzo di euro
1.500.000 dedotti i canoni già pagati, e subordinatamente all’avverarsi di determinate condizioni:
concessione a Nuov@ Periodici da parte di IDG del consenso all’affitto e delle licenze fino al
15.3.2016; aumento di capitale di Just Be da parte del partner industriale; omologa del concordato
preventivo;
 con lettere del 27.8.2011 e del 20.9.2011 Just Be recedette dal contratto di affitto e quindi anche
dall’opzione di acquisto, sicchè il liquidatore convocò un’assemblea il 4.10.2011 che diede
mandato al liquidatore di avvisare il GD dell’impossibilità di proseguire nel concordato e di
presentare istanza di fallimento in proprio.
14
Peraltro si può aggiungere che se è del tutto tardivo l’argomentare del fallimento con riguardo al numero dei CD mandati al macero
(che secondo quanto scritto nella conclusionale sarebbero stati 512.000, evidentemente alla luce di risultanze documentali sui dati del
magazzino e sul verbale del “macero” che non sono state prodotte in causa), è comunque significativo quanto se ne ricava a proposito
della valorizzazione delle rimanenze effettuata nel 2008 : infatti se il prezzo di vendita di un singolo CD era, come indicato dallo stesso
fallimento della conclusionale, di euro 9,99, si dovrebbe concludere - ipotizzando che nel 2008 fossero già presenti in magazzino tutti i
cd mandati al macero nel 2010 - che a fronte di un valore complessivo di mercato di euro 5.068.000,00, la valutazione effettuata in
bilancio per euro 512.000,00 era sicuramente assai prudente, anche considerando una valutazione forfettaria “ al costo” del 35% per cui
il valore fosse stato 1.773.800 ( cfr concl. Melai pag. 9) .
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la commercializzazione (attività di confezionamento e packaging), donde la perdita del 2009
di cui parla la Curatela14.
*
Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
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Quanto al primo addebito, si evidenzia - come rilevato anche dal CTU - che il liquidatore, non avendo
possibilità di cedere il ramo d’azienda, ha ritenuto ̀ più utile alla liquidazione - anziché procedere a
liquidare i singoli beni – proseguire nel contratto di affitto del ramo d’azienda già stipulato dall’ A.U.,
perché ciò permetteva di ́valorizzare l’avviamento della società (salvaguardando le licenze con IDG la
cui revoca avrebbe drasticamente fatto crollare il valore dell’azienda) e realizzare i canoni di affitto,
conservando integra la facoltà di procedere successivamente alla sua vendita unitaria: si tratta di una
scelta gestoria del tutto coerente con le finalità della liquidazione, che, non essendo in palese contrasto
con alcuna regola di diligenza e prudenza, non si presta ad alcun altro sindacato da parte del Giudice,
tanto meno di opportunità.
Quanto all’asserito ritardo nella proposizione dell’istanza di fallimento va rilevato – come già ha fatto
il CTU - che la Curatela non ha affatto dimostrato che già al momento della messa in liquidazione la
procedura concorsuale alternativa al fallimento fosse impercorribile: certo, era chiaramente
evidenziato anche nella relazione dell’esperto attestatore, che il Concordato era sostenibile solo se la
manifestazione di interesse all’acquisto di Just Be si fosse poi concretizzata; ma il fatto che detta
manifestazione di interesse fosse sottoposta ad alcune condizioni risolutive molto chiaramente
espresse, non implica affatto che fosse “inattendibile”, bensì semplicemente che essa poteva essere
revocata in mancanza dell’avverarsi delle stesse: ma la Curatela non ha argomentato e provato che
tali condizioni fossero sin dall’inizio irrealizzabili, unico aspetto che avrebbe reso l’istanza di
concordato impercorribile ex ante; ed anzi risulta che all’atto della presentazione della domanda di
concordato la prima condizione – relativa alla concessione delle licenze da parte di IDg fino al
31.12.2016 - si era già realizzata con l’accordo dell’aprile 2011; e che la seconda, quella principale –
relativa all’aumento di capitale di Just Be per euro 1.200.000,00 - che il partner industriale aveva già
versato 250.000,00 a titolo di futuro aumento di capitale, a comprova del suo intendimento.
In questo scenario il tentativo di perseguire la strada della cessione dell’azienda appare, ex ante, una
scelta ispirata a criteri ordinari di diligenza e prudenza in vista del conseguimento dell’interesse
sociale e dei creditori, poiché, come è noto, avrebbe permesso di realizzare un prezzo dalla vendita
dell’azienda sicuramente superiore a quello che si sarebbe potuto realizzare con il fallimento della
società; lo stesso CTU ha rilevato che “il liquidatore ha correttamente operato perseguendo la via del
concordato preventivo anziché quella della richiesta di fallimento, poiché in quest’ultimo caso sarebbe
sicuramente sfumata la possibilità di cessione del ramo d’azienda al prezzo di 1.500.000 ( dedotti i
canoni già versati)”.
Peraltro quando a seguito delle lettere del 27 agosto 2011 e 20 settembre 2011 dell’affittuaria, l’ipotesi
concordataria è sfumata, il liquidatore, senza indugio, si è attivato per la richiesta di fallimento; né la
Curatela – ed è questo un aspetto di infondatezza della domanda di risarcimento verso il liquidatore
persino assorbente ogni altra questione - ha allegato:
 un danno specifico relativo alla presentazione del concordato (infatti è incontestato il fatto che le
spese del concordato - comprese quelle dei consulenti - sono state pagate dai soci personalmente e
non dalla società)
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Il Fallimento attore imputa al liquidatore l’aver dato seguito al contratto di affitto del ramo d’azienda
con Just Be e di non aver presentato - invece che la domanda di concordato preventivo - istanza di
fallimento in proprio.
 un aggravio della perdita, al netto dei costi ineliminabili di liquidazione15, tra il momento della
liquidazione e il momento della presentazione dell’istanza di fallimento in proprio, cioè una
diminuzione del patrimonio imputabile ad un ritardo nella dichiarazione di fallimento, essendosi il
Curatore limitato a ribadire che quanto rilevato circa la fattibilità del concordato “rende legittimo il
sospetto che tutto fosse archittettato per “tirare in lungo” ai danni dei creditori, se non forse per
preparare il campo ad un depauperamento sistematico della società, come in effetti accaduto”:
affermazioni che, da un lato, appaiono del tutto irrilevanti dato che nel processo civile la parte
attrice ha l’onere di “affermare” (e provare ciò che “afferma”) non di agire sulla base di “ legittimi
sospetti”; e dall’altro oscure, dal momento che non è chiaro a cosa si riferisca la procedura
nell’affermare che quanto “archittettato” fosse servito “a preparare il campo ad un
depauperamento sistematico della società, come in effetti accaduto” dal momento che con
riguardo anche alle conseguenze della presunta condotta illecita del liquidatore la Curatela ha
continuato ad invocare16 un “danno” in termini ammontare di “differenza tra attivo e passivo”
della cui inconferenza in termini di rapporto di causalità con la condotta contestata s’è già detto.
La difesa del sig. Robbioni, peraltro, ha provato (doc. 17) che la revoca delle licenze da parte di
IDG è avvenuta a seguito del recesso dal contratto di affitto del ramo d’azienda da parte di Just Be
che ha interrotto l’aggiornamento dei siti; onde con lettera in data 20 ottobre 2011 il liquidatore ha
subito contestato a Just Be la revoca delle licenze da parte di IDG a causa del mancato
aggiornamento dei siti, ritenendola la sola responsabile della perdita da parte di Nuov@ Periodici
delle licenze necessarie per gestire l’operatività dei siti e del giornale; ed anche che i “contatti”
erano stati salvati tutti su un server che in data 16 gennaio 2012 è stato consegnato al Curatore in
occasione della riconsegna di tutti i cespiti del ramo d’azienda affittato a Just Be: onde, anche sotto
questo aspetto, non si vede di quale interesse particolare dei soci o di terzi, potesse essere
espressione il presunto disegno di depauperamento della società che sarebbe stato infine realizzato.
Le spese
L’onere delle spese segue il principio di soccombenza sicchè il Fallimento va condannato a rifondere
quelle sostenute dai convenuti che si liquidano, tenuto conto dell’ammontare della domanda (che il
Fallimento ha tenuto ferma al valore di 3.500.000,00) dei parametri di legge e dell’impegno difensivo
profuso, in euro 20.000,00 ciascuno per compensi oltre 15% per rimborso forfettario spese e CPA e
IVA come per legge.
Anche le spese della CTU già liquidate in euro 32.000,00 per onorari, oltre CP e IVA come per legge
vanno definitivamente poste a carico del Fallimento.
Il Fallimento attore, infine, va condannato a rifondere ai sindaci convenuti il danno da lite temeraria per
le ragioni già indicate nel passo della motivazione ove la domanda riconvenzionale dagli stessi in tal
senso formulata è stata ritenuta fondata. A questo titolo il Tribunale reputa congruo- in
considerazione del peso della domanda proposta e dell’inconsistenza delle ragioni di responsabilità
dedotte nei confronti di Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno – liquidare il danno in euro
5.000,00 pari a 1/4 delle spese di lite.
15
il liquidatore ha peraltro rinunciato al suo compenso per l’anno 2011 non essendosi insinuato al passivo per la relativa somma .
16
nella conclusionale si legge “ad oggi i debiti societari ammontano a circa € 3.500.000 come emerge dallo Stato Passivo fallimentare
(…) le conseguenze pregiudizievoli nel caso di specie si sono concretizzate proprio nel lievitare dei debiti che in sede fallimentare hanno
portato ad uno stato passivo per oltre € 3.500.000, a fronte di un attivo allo stato di non più di € 50.000 (…).
pagina
http://bit.ly/1JzgYtz
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Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684
Firmato Da: DAL MORO ALESSANDRA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c5483
Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa -B, così provvede sulla domanda
proposta dal Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl:
1) respinge la domanda proposta da Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl nei confronti dei
convenuti ex amministratori Mario Toffoletti, Costantino Cialfi e Marco Antonio Meli,
degli ex sindaci Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno, e del liquidatore della
società Andrea Maria Robbioni,
2) condanna il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl a rifondere ai convenuti le spese di lite
liquidate in euro 20.000,00 per compensi oltre 15% per rimborso forfettario spese, CPA e
IVA come per legge, nonché le spese della CTU liquidate in euro 32.000,00 oltre CP e Iva
come per legge;
3) condanna il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl a corrispondere in favore dei conventi ex
sindaci Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno, a titolo di risarcimento danno ex
art. 96 comma 1° c.p.c. la somma di euro 5.000,00 ciascuno.
Milano così deciso nella camera di consiglio del 16.7.2015
Il Giudice Relatore Estensore
dott.ssa Alessandra Dal Moro
Il Presidente
dott.ssa Elena Maria Riva Crugnola
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http://bit.ly/1JzgYtz
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Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684
Firmato Da: DAL MORO ALESSANDRA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c5483
Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015
RG n. 56169/2013
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