Émile Durkheim II
Le regole del metodo
sociologico e le loro
applicazione ne Il
suicidio
Contenuti della lezione
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La definizione di fatto sociale
Oggettività e avalutatività della sociologia
Il concetto di “tipo sociale”
Spiegazione funzionale e spiegazione causale
Fini dell’individuo e funzioni della società
Le regole per distinguere tra normalità e
patologia
Il concetto di fatto sociale
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Sappiamo già molto sul concetto di fatto
sociale. Occorre sottolineare però che
l’aggettivo sociale non rimanda soltanto alla
presenza del fatto all’interno della maggior
parte delle coscienze individuali.
Il concetto di fatto sociale
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Se siamo ad un concerto e
all’improvviso scoppia un
temporale, di sicuro tutti
coloro che possiedono un
ombrello, e sono stati tanto
previdenti da portarselo
dietro, lo apriranno. Ma la
pioggia non è un fatto sociale,
sebbene scateni negli
individui un comportamento
identico.
Il concetto di fatto sociale
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Se invece ci
presentassimo vestiti in
jeans e felpa ad una
serata del genere,
ammesso che ci lascino
entrare, ci sentiremmo
probabilmente molto a
disagio.
Ruolo e disagio
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C’è chi, al ballo delle debuttanti, ci va in jeans
e non si sente a disagio. Chi è?
Il fotografo, o l’addetto alle riprese.
Perché?
Ha un altro ruolo, non è un membro a tutti gli
effetti del sistema situato “ballo delle
debuttanti”
Il concetto di fatto sociale

Perciò i fatti sociali non sono sociali soltanto
perché estesi in tutte le coscienze individuali.
“Un pensiero che si trova in tutte le coscienze
particolari, un movimento che tutti gli individui
ripetono (aprire l’ombrello quando piove) non è
per questo un fatto sociale […]. I loro elementi
costitutivi (dei fatti sociali) sono le credenze, le
tendenze, le pratiche del gruppo considerato
collettivamente” (R. 29)
La definizione del fatto sociale
È un fatto sociale ogni modo di fare, più o meno
fissato, capace di esercitare sull’individuo una
costrizione esterna – oppure un modo di fare
che è generale nell’estensione di una società
data, pur avendo esistenza propria, indipendente
dalle sue manifestazioni individuali (R.: 33).
Chiarimenti sulla definizione
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Sembrerebbe che l’ultima parte della definizione
contraddica quando detto sin qui. Occorre capire cosa
intende Durkheim quando dice “modo di fare che è
generale nell’estensione di una società data, pur avendo
esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni
individuali.”
Ecco la sua spiegazione: “[…] qualcuno dirà un fenomeno
collettivo può essere tale soltanto se è comune a tutti i
membri delle società, o almeno alla maggior parte di essi,
cioè soltanto se è generale. Ciò è vero; ma se esso è
generale lo è perché è collettivo (vale a dire più o meno
vincolante) e non è invece collettivo perché è generale” (R.
30)
La cosalità dei fatti sociali
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Van Gogh, La sedia di Gauguin, 1888
La prima regola del metodo
sociologico è quindi quella
che suggerisce di considerare
i fatti sociali come cose. Vale
a dire come elementi esterni
alla coscienza individuale che
non posso essere modificati
dal desiderio dell’individuo.
Come una sedia esiste nel
mondo a prescindere dalla
volontà di chi la osserva, lo
stesso fanno i fatti sociali.
La cosalità dei fatti sociali:
conseguenze
Considerare i fatti sociali come cose comporta:
a)
b)
Una conseguenza teorica: il loro carattere coercitivo
risiede nella loro esteriorità, proprio come il carattere
coercitivo del mondo fisico risiede nel fatto che là di
fuori esistono cose che impongono di tenere linee di
comportamento precise.
Una conseguenza metodologica: osservare i fatti
sociali come data, vale a dire come il punto di
partenza della scienza
Un passo delle Regole del metodo
sociologico
“È una cosa tutto ciò che è dato, tutto ciò che si offre o
che s’impone all’osservazione. […]. A noi non è data
l’idea che gli uomini si fanno del valore, perché essa è
inaccessibile; ma ci sono dati i valori che scambiano
realmente nel corso delle relazioni economiche. Non ci è
data questa o quella concezione dell’ideale morale; ma ci
è dato l’insieme delle regole che determinano
effettivamente la condotta. […]. È necessario quindi
considerare i fenomeni sociali in se stessi, distaccati dai
soggetti coscienti che se li rappresentano; […]” (R.: 44).
Oggettività e avalutatività della
sociologia
Se ne deduce quindi che l’atteggiamento sociologico è in
primo luogo indirizzato ad accertare l’esistenza dei fatti
sociali e le funzioni che assolvono e le loro trasformazioni
senza dare nessun giudizio di valore. Ripensiamo al
passo esaminato qualche lezione fa a proposito del
concetto di sanzione: “non so ancora da dove provenga
[la pena], né quale sia la sua origine o la sua ragion
d’essere; ne constato l’esistenza e la natura senza per
ora cercare altro” Durkhiem, La determinazione del fatto
morale, 1906
Oggettività e avalutatività in
rapporto al metodo sociologico
Possiamo osservare come l’oggettività e l’avalutatività della
scienza sociale siano in armonia con il precetto di
considerare i fatti sociali come cose in questo passo delle
regole: “Un analogo difetto di metodo fa sì che certi
osservatori rifiutino ai selvaggi ogni specie di moralità. Essi
partono dall’idea che la nostra morale sia la morale; ed è
evidente che questa è ignorata dai popoli primitivi […].
Applichiamo la nostra regola e tutto muterà. Per decidere se
un precetto sia o meno morale, dobbiamo esaminare se
esso presenta il segno esteriore della moralità, il quale
consiste in una sanzione repressiva diffusa […]” (R.: 54).
Una partenza modesta
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Dunque Durkheim propone di partire
considerando i fatti sociali come delle cose e
osservarne i criteri esterni: noto che le persone
vengono punite se si comportano in un certo
modo; noto che tutte le religioni tracciano dei
confini tra ciò che è sacro e ciò che è profano,
ecc.
Ancora sull’avalutatività
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Durkheim sa già qualcosa sulla religione, sul
reato, ecc. Così come tutti noi sappiamo
qualcosa sul razzismo. Quello che propone è
di sospendere le nostre credenze comuni ed
osservare questi fatti come cose del tutto
nuove e iniziare a definirle in base alle reazioni
che suscitano nella società.
Tipi di società
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Durkheim crede sia possibile isolare in base al
tipo di coercizione espressa dai fatti sociali dei
tipi di società. A tipi di società diverse
corrisponderanno forme coercitive diverse.
L’asse su cui disporre i diversi tipi sociali è
naturalmente quello rappresentato dalla coppia
meccanico/organico.
Tipi di società: gli aspetti
morfologici
“Sappiamo che le società sono composte da parti
aggiunte le une alle altre. Poiché la natura di ogni
risultante dipende necessariamente dalla natura degli
elementi componenti, dal loro numero e dal modo in cui
essi si combinano, sono evidentemente questi i caratteri
che dobbiamo prendere come base […]. D’altra parte,
essendo essi di ordine morfologico, si potrebbe chiamare
morfologia sociale la parte della sociologia che ha per
compito la costituzione e la classificazione dei tipi sociali”
(R.: 84)
Due forme esplicative: funzione e
causa
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All’interno di ciascun tipo sociale sarà possibile
individuare la funzione specifica dei fatti sociali.
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Analogamente saranno isolate le cause che
determineranno la trasformazione da un tipo sociale
all’altro
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Dunque abbiamo una spiegazione funzionale ed una
spiegazione causale.
Esempi dalla divisione del lavoro
sociale
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Spiegazione funzionale: cerca di verificare la funzione
specifica assolta da un fatto sociale altrettanto
specifico. Es. la religione svolge una funzione
ordinatrice del mondo fisico e della società
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Spiegazione causale: cerca di isolare i fattori che
provocano l’evoluzione (o l’involuzione) di una società.
le società segmentarie evolvono in società moderne a
causa dell’aumento della densità dinamica.
Fini individuali e funzioni sociali
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“quando il sociologo si accinge ad esplorare un
qualsiasi ordine di fatti sociali, egli deve sforzarsi di
considerarli dal lato in cui si presentano, isolati dalle
loro manifestazioni individuali” (R: 57).
Se i fatti sociali sono cose esterne e superiori
all’individuo, il mondo psicologico individuale non può
influenzare in alcun modo il loro andamento.
Fini individuali e funzioni sociali
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Una persona può pregare per
la salute dei propri cari. Se
chiediamo a quella persona
perché sta pregando ci
risponderà, per esempio, che
sta invocando la guarigione
del figlio. Ma la funzione
sociale della religione non è
quella di salvare i nostri
parenti, ma di tenere assieme
la società.
Fini individuali e funzioni sociali
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Analogamente, il ladro
ha il fine individuale di
arricchirsi senza
lavorare, ma abbiamo
visto che la funzione
sociale del reato è quella
di rinsaldare i vincoli
della coscienza
collettiva.
Fine e funzione
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Per questo Durkheim non parla mai dei fini di
un fatto sociale, ma delle sue funzioni: il fine
presuppone una motivazione specifica, la
funzione invece è un concetto che può esulare
da una motivazione determinabile.
Digressione sul concetto di
organizzazione
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La società moderna è anche una costellazione
di organizzazioni formali (scuole, ospedali, enti
amministrativi, aziende private, ecc.). Due
esempi di definizione di organizzazione:
A) Forma di azione collettiva indirizzate al
raggiungimento di uno scopo comune.
B) Forma di azione collettiva caratterizzata da
processi di differenziazione e integrazione.
Digressione sul concetto di
organizzazione
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La seconda è la definizione sociologicamente corretta, i fini
individuali possono essere i più vari, ciò che è centrale invece al
concetto sociologico di organizzazione riguarda le forme in cui si
esprime il legame sociale (la solidarietà dell’organizzazione).
Così, per usare il linguaggio Durkheimiano, potremmo osservare
aziende più meccaniche. Come per esempio piccole imprese dove
esiste un unico modo di affrontare i problemi, una o due linee di
differenziazione delle posizioni di ruolo, rapporti con l’ambiente
(per semplificare: clienti e fornitori) semplici e selettivi, ecc.
Oppure aziende più organiche dove la differenziazione funzionale
(ufficio legale, commerciale, tecnico, ecc.) produrrebbe culture
specifiche e dove l’integrazione risulterebbe garantita da mezzi
specifici (la tecnologia, le diverse forme di dipendenza funzionale,
la comunicazione aziendale, ecc.)
Digressione sul concetto di
organizzazione
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Esempio: il fante non ha, probabilmente, come fine
individuale il vincere la guerra, ma quello di portare a
casa la pelle. Il generale invece potrebbe puntare sulla
guerra per ottenere una promozione.
I fini individuali sono diversissimi, ciò non toglie però
che il fante va all’attacco quando il generale lo ordina
come se entrambi volessero davvero vincere la guerra.
Questo perché c’è una regola, sanzionata penalmente,
che ha la funzione di integrare due fini personali così
diversi in un’azione collettiva coerente.
Digressione sul concetto di
organizzazione
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Si noti:
posizione di ruolo del fante (attaccare, difendere, presidiare,
ecc.)
è gerarchicamente subordinata alla posizione del ruolo del
generale (pianificare, decidere, rendere conto all’autorità
politica, ecc.).
La delusione delle aspettative normative (il fante diserta) fa
scattare le sanzioni che controllano socialmente, nel caso
della diserzione, l’intera posizione di ruolo (la corte marziale
manda a morte il fante).
La sanzione interverrebbe anche nella delusione delle
aspettative che regolano una specifica esecuzione di ruolo.
Digressione sul concetto di
organizzazione
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Così, anche se le persone che si trovano al
binario 11 della stazione di Verona Porta
Nuova alle 18.38 hanno tutte il fine individuale
di prendere il treno diretto a Bologna Centrale,
non possiamo parlare di quelle persone come
di un’organizzazione. Eppure ne possiamo
parlare come di un’azione collettiva
caratterizzata da uno scopo comune.
A proposito di esercito
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Alcune domande durkheimiane sull’esercito italiano:
il codice militare italiano è cambiato dopo la fine
dell’esercito di leva e l’avvio di quello professionistico?
Vi sono delle regole obsolete ereditate dal vecchio
assetto?
Quali sono?
Che funzione svolgevano in passato?
Come mai non funzionano più?
La causa dei fatti sociali
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Nelle domande che abbiamo visto s’intuisce un’altra
delle regole del metodo: i fatti sociali sono sempre
causati da altri fatti sociali. La trasformazione
dell’esercito di leva in un esercito di professionisti non
può essere causata dalla volontà individuale di un
ministro della difesa, ma dalla trasformazione di altri
fatti sociali (ad es. i nuovi assetti delle relazioni
internazionali hanno trasformato la natura e la funzione
dell’esercito).
Le variazioni concomitanti
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“Abbiamo un solo mezzo per dimostrare che
un fenomeno sociale è causa di un altro
fenomeno sociale, e consiste nel confrontare i
casi in cui essi sono simultaneamente presenti
o assenti e nel cercare se le variazioni che
presentano in queste diverse combinazioni di
circostanze testimoniano che l’uno dipende
dall’altro.”
Il normale e il patologico
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“L’indicazione approssimativa di normalità di un certo
fenomeno sociale per certo tipo di società è data dal
fatto che esso sia reperibile nella maggior parte di tutte
le società appartenenti allo stesso tipo” (Giddens,
Durkheim, 1998: 36). Ma il tipo “medio” è appunto
un’indicazione approssimativa. Il ricercatore deve
andare oltre e cercare di comprendere il tipo di
funzione che svolge quel determinato fatto sociale
all’interno del tipo di società. Questo assume valore
soprattutto nelle fasi di transizione.
Il normale e il patologico
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R. Aron nota che “l’importanza di questa
distinzione dipende dalle intenzioni riformatrici
di Durkheim. […] La distinzione tra il normale e
il patologico è precisamente uno degli
intermediari tra l’osservazione dei fatti e i
precetti” (Le tappe del pensiero sociologico:
341).
Ancora sulle corporazioni
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Nelle società moderna le corporazioni non
hanno ancora iniziato a svolgere le funzioni
che dovrebbero svolgere nel tipo normale
organico (siamo in un periodo di transizioni),
quindi lo Stato può intervenire promuovendone
la costituzione.
L’attività sociologica
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La sociologia quindi non solo ha un oggetto di
studio suo proprio, distinto dalla psicologia e
ad essa irriducibile (come irriducibile è la
biologia nei confronti delle scienze della
materia inorganica), ma produce con la sua
attività di ricerca risorse utilizzabili dalla società
per guarirsi.
Il suicidio è un fatto sociale
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“Talvolta gli uomini si uccidono perché hanno
avuto dispiaceri di famiglia o delusioni d’amor
proprio; talvolta hanno sofferto la miseria e la
malattia; ecc. Ma noi abbiamo visto che queste
particolarità individuali non sarebbero capaci di
spiegare il tasso sociale dei suicidi […].”
(S.:359)
Il suicidio è un fatto sociale
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È possibile notare come ciascuna nazione europea
mostri un numero più o meno stabile di suicidi nel
corso del tempo.
Non è possibile che le persone che si suicidano l’anno
prima tornino a suicidarsi l’anno dopo.
Quindi il suicidio è causato dalla differenza delle morali
di quelle diverse nazioni. Vale a dire che il suicidio è
causato da un fatto sociale. Quindi il suicidio è un fatto
sociale.
L’impostazione del problema
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Se il suicidio è causato da un fatto sociale, la psiche
dell’individuo non gioca nessun ruolo?
Durkheim non ha l’obiettivo di negare validità alla
spiegazione psicologica. Ciò che sottolinea con chiarezza è
la natura sociale della forza scatenante il suicidio.
Che ruolo ha quindi la psiche? Vi possono essere delle
predisposizioni di tipo psicologico. Personalità vulnerabili
(non è detto che siano patologiche), hanno maggior rischio
di togliersi la vita in specifiche situazioni sociali.
Ma per il sociologo, il problema è comprendere quali sono le
cause sociali che possono provocare l’atto suicida nelle
personalità predisposte.
Ancora l’homo duplex
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Ricordate l’antropologia durkheimiana:
l’individuo non è un’unità, ma una frattura. Una
componente pulsionale, riferita all’ego, ed una
componente abitata dalla società
In contesti sociali particolari la componente
sociale non è compatibile con la componente
individuale provocando il suicidio.
Il metodo
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Se dunque il tasso suicidogeno è un fatto
sociale (di confine), allora il metodo per
cercarne la causa sta nelle variazioni
concomitanti
Bisogna guardare quali sono gli altri fatti sociali
la cui presenza (o assenza) accompagna
l’aumento dei suicidi.
Inciso
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A) Durkheim scarta anche i fattori ambientali (il
clima) e quelli organici (ereditarietà). Per
comprendere le sue argomentazioni su questi
punti, pensate a quanto si andava dicendo a
proposito del n. di cicogne e l’aumento della
natalità in campagna
B) Durkheim nega anche la causa imitativa.
Sull’Aron trovate una sintesi della polemica tra
Durkheim e Gabriel Tarde.
I tipi di suicidio
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EGOISTICO: il legame di coppia (i liberi si suicidano di più
dei coniugati); l’estensione della famiglia (i membri delle
coppie senza figli si suicidano di più rispetto quelli che
invece ne hanno) e la tradizione religiosa della società (i
protestanti mostrano tassi di suicidio più elevati dei cattolici)
ANOMICO: le recessioni o gli sviluppi troppo repentini
dell’economia provocano impennate nelle correnti
suicidogene
ALTRUISTICO: società i cui codici morali prevedono il
suicidio (Giappone, India); società dove l’appartenenza
dell’individuo al gruppo è così elevata da far considerare la
propria vita un bene inferiore rispetto la sicurezza ontologica
del gruppo (kamikaze, eroe di guerra; ecc.)
S. E.
Cuase sociali specifiche. Religione
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Per Durkheim la differenza principale tra i due
sistemi religiosi riguarda la dottrina del libero
esame. Nel cattolicesimo “tutto un sistema
gerarchico d’autorità è organizzato con un’arte
meravigliosa per rendere la tradizione
invariabile. Tutto quello che è variazione è
orrore al cattolico” (S.: 201).
S. E.
Religione
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Al contrario, invece, al protestante “la bibbia è messa
nelle sue mani e nessuna interpretazione gli è imposta.
La struttura stessa del culto riformato rende sensibile
questo stato d’individualismo religioso. In nessun luogo
tranne che in Inghilterra il clero protestante è
gerarchizzato; il prete dipende solo da se stesso e
dalla sua coscienza come il fedele. È una guida più
istruita del comune credente ma senza speciale
autorità nel fissare il dogma” (S.: 201)
S. E.
Religione. Il tema dell’integrazione
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Da ciò ne deduciamo che le società protestanti
non costituiscono dei sistemi privi di morali ma
dei sistemi che spingono l’individuo a costituirsi
la propria morale tramite il libero esame e ad
assumersene le responsabilità. Durkheim
conclude che “la chiesa protestante è una
chiesa meno fortemente integrata della chiesa
cattolica” (S.: 203)
S. E. Chiesa protestante e
concezione dell’individuo
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La morale proposta dalla chiesa protestante
dipinge un individuo autonomo, senza legami
fondativi con la comunità, solitario nel suo
rapporto con il mistero di dio.
Il prodotto di questa concezione è una
costrizione alla libertà ed alla responsabilità.
S. E. L’individuo egoico
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Un passo de La struttura dell’azione sociale di Talcott
Parsons: “Durkheim vede dunque la differenza
fondamentale (tra cattolicesimo e protestantesimo) nel
rapporto con dell’individuo con il gruppo religioso
organizzato. In un senso la differenza consiste nel fatto
che il cattolico è sottoposto ad un’autorità di gruppo
alla quale il protestante è libero; ma quest’aspetto
negativo non è tutto, poiché il punto essenziale è che
la libertà del protestante dal controllo del gruppo non è
facoltativa” (1986: 375)
S. E.
Cause sociali specifiche. Famiglia
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Analogamente, anche la famiglia è considerata
per Durkheim un’istituzione d’integrazione
fondamentale. Ed infatti si nota che in sua
assenza i suicidi aumentano, così come a
riguardo ci sono sensibili differenze tra le
coppie senza figli e quelle con figli, ecc.
Le cause sociali specifiche nel
suicidio egoistico
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Talcott Parsons propone nella sua critica al suicidio una
visone specifica del rapporto in cui stanno famiglia e
religione nel complesso del suicidio egoistico.
“Si chiarisce l’ipotesi inesatta che considera la famiglia
come elemento di difesa contro il suicidio. Infatti, nella
misura in cui la responsabilità individuale e l’indipendenza
propria del culto della personalità hanno contribuito a
distruggere certi tipi di dipendenza emotiva dal gruppo
famigliare, a impedire agli individui di sposarsi e a favorire il
divorzio, nonché a influenzare le relazione dell’ambito
famigliare è legittimo parlare di una componente egoistica
del suicidio di persone prive di legami famigliari” (Parsons,
La struttura dell’azione sociale, Il Mulino, 1986: 377).
Il Pilgrim’s Progress di Bunyan
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Nel Pilgrim’s Progress di John Bunyan (scrittore
puritano), Cristhian una volta che si è destata in lui
la coscienza di vivere nella città della perdizione e
lo ha raggiunto l’appello a intraprendere senza
indugiare il pellegrinaggio alla città celeste. La
moglie e i bambini si aggrappano a lui ma egli si
precipita via attraverso i campi, turandosi le
orecchi e gridando “life, eternal life!” (cfr. Weber,
1991: 168)
Il suicidio egoistico: il rapporto
psiche/società
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Sia nel cattolicesimo che nel protestantesimo il suicidio
è condannato allo stesso modo. Ma nel primo caso
abbiamo una religione più solidale, più capace di
integrare l’individuo nel gruppo. Dall’altra parte invece
abbiamo un sistema di regole che interferiscono meno
con la vita individuale. Quindi in condizioni di crisi (più
probabili visto il mix libertà responsabilità) le
personalità individuali trovano minor appoggio
nell’ambiente sociale.
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È un atto irrazionale e inadeguato a una
creatura razionale - scrive lo scrittore
calvisnista - amare qualcuno più di quanto la
ragione ci voglia permettere […]. Molto spesso
ciò spinge gli spiriti umani al punto di impedire
il loro amore di Dio (Richard Baxter, Christian
Directory, cit. in Weber, 1991: 254)
Il suicidio anomico
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Una causa sociale differente di correnti
suicidogene riguarda le repentine crisi o
sviluppi economici.
Come mai?
Nelle brusche dinamiche economiche vanno in
frantumi gli standard culturali. Vale a dire le
norme che hanno il compito di costituire la
parte sociale dell’individuo.
S. An. La produzione dell’anomia
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L’attività materiale (dunque l’attività
economica) è sempre in connessione con il
piano morale (ricordiamoci la divisione del
lavoro sociale e le cause che formano la
coscienza collettiva)
In una rapida trasformazione economica
(sviluppo o regressione) vanno logicamente in
frantumi le norme morali (i fatti sociali) creando
una situazione anomica
S. An. I bisogni individuali nello
stadio anomico
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La componente pulsionale trova espressione nella
componente sociale
Lo stadio anomico (la mancanza cioè di regole) non permette
quindi la regolazione del desiderio. L’individuo è sempre alla
ricerca di qualcosa che non può trovare.
Il risultato è una voglia perennemente insoddisfatta
Il tipo psicologico che fa riferimento al suicidio anomico è un
disgustato, un inappagato.
Secondo Durkheim a suicidarsi anomicamente sono sempre le
classi superiori della società, non quelle modeste.
S. An.
L’anomia: un destino del moderno
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Tra i popoli dove il progresso è e deve essere rapido, le
norme che contengono gli individui debbono essere
sufficientemente flessibili e malleabili, perché se
conservassero la rigidità immutabile che hanno nelle società
primitive, l’evoluzione così intralciata, non potrebbe avvenire
con la debita prontezza. È allora inevitabile che desideri e
ambizioni, meno fortemente trattenuti scavalchino
tumultuosamente gli argini in vari punti. Inculcando agli
individui il precetto che il progresso è per loro un dovere, è
più difficile farne dei rassegnati e l’accrescersi del numero
degli scontenti e degli irrequieti si fa inevitabile. Ogni morale
del progresso e del perfezionamento è inseparabile da un
certo grado di anomia. (S.: 430)
S. An.
Durkheim e l’individualismo
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A questo proposito occorre far riferimento al complesso
rapporto che intrattiene Durkheim con le correnti
individualiste.
Durkheim vs. Spencer egli economisti: rimprovera di non
cogliere l’esistenza di una natura sociale sui generis, ed è
in completa distonia con la loro visione egoistica
dell’individuo.
Durkheim e Kant: in entrambi la questione centrale
dell’individualità è l’uguaglianza universale: gli individui
sono tutti uguali.
Si agisce allora bene quando le proprie idee sull’azione
possono essere generalizzate senza provocare una
catastrofe.
S. An.
L’individualismo morale
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Contro una modernità perennemente anomica,
Durkheim propone in un suo saggio del 1898 la
sua concezione di individualismo morale:
“l’individuo non va rispettato per ciò che è
concretamente ma perché in lui c’è una
scintilla di umanità. Non è il particolare, ma
l’universale che esso contiene a comandare
rispetto” (Bortolini, L’immunità necessaria,
2006: 34)
Il suicidio altruistico
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Un terzo tipo di cause sociali al suicidio
riguardano l’eccessiva integrazione e dunque
la scomparsa della rappresentazione
dell’individuo
Vi sono società cioè in cui l’individuo si
identifica talmente nel gruppo da far sì che la
considerazione che ha della propria vita sia
inferiore rispetto quella che nutre verso il
proprio gruppo d’appartenenza.
S. Al. Gli esempi empirici del S. Al.
obbligatorio
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Il suicidio è molto frequente presso i popoli
primitivi. Ma vi presenta caratteri
particolarissimi. Il tratto comune è un codice
morale che prevede il suicidio in specifiche
condizioni. Se l’individuo lo rifiuta, la pena
consiste in una maledizione religiosa, in una
emarginazione radicale da gruppo, nel
disonore, ecc.
S. Al. Gli esempi empirici del S. Al.
facoltativo
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In Giappone, ad esempio, se l’individuo riceve
un’offesa da un superiore, non potendone
intaccare la dignità con la sfida a duello, l’unico
modo che ha per lavare l’offesa è uccidersi.
Così chi non si propone come kamikaze non è
punito, ma chi lo fa riceve in premio onori, la
sicurezza economica della propria famiglia e
una promessa di salvezza eterna.
S. Al.
Il suicidio altruistico assoluto
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“Il Bramino che si è liberato dal corpo mediante
una delle pratiche messe in uso dai grandi
santi, libero da dolori e da timori è ammesso
con onore al soggiorno di Brama”.
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Il suicidio addirittura è promosso dalla stessa
religione.
La natura politeista del suicidio
assoluto
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Nelle religioni politeiste, l’idea dominante è che
l’esperienza individuale sia finzione. Tutto ciò
che il soggetto esperisce riguardo se stesso (il
desiderio, l’emozione, il corpo, ecc.) non è
affatto la sua vera natura. Dunque, l’esistenza
personale è un feticcio, un’illusione ottica. Il
suicidio è l’unico modo per spezzare
l’incantesimo e raggiungere la vera vita.
Il monoteismo e la proibizione del
suicidio
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Nelle religioni monoteiste invece il suicidio è
proibito in quanto queste religioni lasciano
all’individuo e alla sua scelta uno spazio ben
più grande di quanto non facciano quelle
politeiste. Non solo, ma gli assegnano doveri
personali cui è impossibile sfuggire. I compiti
che si svolgono quaggiù mettono da parte delle
gioie nell’aldilà (S: 278).
Politeismo e organizzazione della
società
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“Se perciò quel che costituisce il panteismo è
una negazione più o meno radicale di qualsiasi
individualità, una simile religione può formarsi
solo in una società dove l’individuo non conti
niente, nella quale cioè sia quasi totalmente
integrato nel gruppo. Infatti gli uomini possono
rappresentarsi il mondo solo ad immagine e
del piccolo mondo sociale in cui vivono” (S.:
279)
Una questione di metodo
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Il modo in cui Durkheim classifica i tipi di suicidio è
eziologico e non morfologico: “In una parola, la nostra
classificazione anziché morfologica, sarà
immediatamente eziologica” (S.: 141)
Che significa?
Che non risale alle cause sociali generali considerando
ciascun specifico suicidio, ma individua a partire dalla
teoria alcune cause sociali specifiche
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Durkheim come ha fatto a interrogare il materiale
statistico? Come ha fatto a vedere quali erano i fatti
sociali che causavano il suicidio?
Ha dedotto i fattori d’influenza dalla teoria (la religione,
la famiglia, le cause di trasformazione della coscienza
collettiva, ecc.)
Non ha costruito le cause sociali partendo
dall’osservazione concreta. Anche perché questa
sarebbe stata impossibile.
Ancora sulla regolarità statistica
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Ha immaginato cause sociali specifiche che avessero un
rapporto semantico con cause sociali generali (i tipi di
suicidio).
Una volta costruiti gli indicatori si interroga il dato statistico
attraverso il metodo delle variazioni concomitanti.
Il problema della regolarità statistica: a variare il dato ci
pensa il sociologo non la società. Vale a dire che le
categorie attraverso cui ordinare il dato le fornisce la teoria
e non la realtà sociale stessa come accade con il diritto.
Conclusioni sul suicidio
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Ancora una volta troviamo esemplificata l’idea
dominante di Durkheim: l’individuo non è che una
costruzione della società.
Che l’individuo sia una costruzione della società è
un’espressione che va presa sul serio
Nella teoria di Durkheim l’idea di individuo non è che
una conseguenza dell’ambiente sociale e delle forme
della solidarietà che esprime. Più la società si sposta
verso l’organico l’idea di individuo diventa precisa.
Conclusioni sul suicidio
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Questo però non significa che l’individuo sia più al sicuro in
società organiche, infatti l’anomia è una condizione empirica
della società che esemplifica molto bene i rischi della
condizione moderna.
Nello stadio anomico i bisogni che emergono non trovano
risposta e provocano l’insoddisfazione continua del
soggetto.
Dunque la componente sociale non è solo una limitazione
del soggetto a anche una sua preservazione
Con troppa società dentro l’individuo si schiaccia, ma senza
nemmeno un pezzetto di società dentro di sé l’individuo
finisce con l’implodere in se stesso
Esercitazione
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Perché i fatti sociali sono estesi nelle coscienze
individuali? L’estensione è una causa o un effetto del
loro essere sociali?
In che senso i fatto sociali sono cose?
Perché un fatto sociale può essere causato soltanto da
un altro fatto sociale?
Che differenza c’è tra una funzione sociale ed un fine
individuale?
Il concetto di avalutatività
La differenza tra spiegazione funzionale e spiegazione
causale
Esercitazione
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Il concetto di tipo sociale ed il principio classificatorio
Il rapporto tra il concetto di funzione e quello di
solidarietà
Il metodo delle variazioni concomitanti
In che senso il suicidio è un fatto sociale?
Perché fatto sociale di confine?
Il concetto di corrente suicidogena
Il rapporto tra sociale e psichico nel processo di
causazione dell’atto suicidogeno
Tipi di suicidio
Esercitazione
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Il ruolo della religione nel suicidio egoistico
Il ruolo della religione nel suicidio altruistico
Panteismo, suicidio ed ambiente sociale
Tipi di suicidio altruistico
Il problema dell’anomia
Anomia e concezione dell’homo duplex
Il concetto di individualismo morale
Che significa che l’individuo è una costruzione della
società?
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Durkheim II (vnd.ms-powerpoint, it, 580 KB, 11/20/06)