PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE NEOPLASIE DEL COLON RETTO IN ELEZIONE Rev. n° Rev. n° 0 Descrizione modifica Data Novembre 2012 Preparato da: Gruppo di Lavoro Interdipartimentale per il Verificato e approvato: PDTA del Cancro Colo-rettale Direzione Sanitaria Aziendale Gruppo di lavoro COORDINATORE Dott. Marco Danova [email protected] SEGRETARIO SCIENTIFICO Dott. Angelo Olgiati [email protected] REFERENTI DI AREA - ENDOSCOPIA Dott. Ferruccio Biandrate Dott. Giuseppe Fassardi Dott. Ettore Gerosa Vigevano Voghera Mortara - RADIOLOGIA Dott. Anna Volpati Dott. Sole Prevedoni Vigevano Voghera - CHIRURGIA Dott. Cosimo Sansalone Dott. Carlo Farina Dott. Giansilvio Fossati Dott. Giorgio Bottani Dott. Mario Alessiani Dott. Vittorio Turi Vigevano Voghera Stradella Mortara Varzi Mede - ANATOMIA PATOLOGICA Dott. Anna Coci Dott. Giorgio Stella Vigevano Voghera - ONCOLOGIA MEDICA Dott. Angelo Olgiati Dott. Paolo Giulio Cardellini Dott. Lucio Liberato Dott. Simone Bagnoli Dott. Giovanni Ferrari Dott. Giuseppe Andreoni Vigevano Voghera Casorate Mede Varzi Stradella 2 PREMESSA SCOPO LOGIGRAMMA GENERALE ENDOSCOPIA 1. Accesso al servizio (criteri di accesso prioritario all'esame endoscopico) 2. Definizione dei criteri di entrata nel PDTA 3. Modalità d'invio dei pazienti all'ambulatorio di endoscopia digestiva 4. Modalità attuative esame endoscopico CHIRURGIA 5. Presa in carico del paziente 6. Presa in carico durante il ricovero 7. Valutazione pre-trattamento (stadiazione di malattia) 8. Definizione del piano di trattamento 9. Preparazione all'intervento 10. Procedura Chirurgica 11. Valutazione post-operatoria 12. Principi di trattamento integrato delle metastasi epatiche e polmonari 13. Terapia della recidiva pelvica 5 5 5 6 6 6 6 6 7 7 7 7 9 9 10 12 12 15 14. Trattamento del carcinoma del retto (medio inferiore) localmente avanzato 15. Trattamento palliativo endoscopico ANATOMIA PATOLOGICA 16. Materiale bioptico proveniente da indagini endoscopiche 17. Analisi anatomopatologica del pezzo operatorio ONCOLOGIA MEDICA 18. Presa in carico del paziente 19. Posizionamento di port-a-cath 20. Definizione del trattamento oncologico 21. Follow-up clinico strumentale TRATTAMENTO DEGLI ADENOMI CANCERIZZATI 22. Definizione di adenoma cancerizzato 23. Trattamento del polipo 15 15 16 16 17 18 18 19 19 21 21 21 21 24. Definizione di polipo ad “alto rischio” 25. Stadiazione del polipo cancerizzato 26. Trattamento polipi cancerizzati BIBLIOGRAFIA 21 22 22 23 3 Paziente sintomatico Screening ENDOSCOPIA malattia metastatica malattia non metastatica STADIAZIONE Colon Retto intraperitoneale non resecabile Retto extraperitoneale potenzialmente resecabile Valutazione collegiale Valutazione collegiale CHIRURGIA TERAPIA MEDICA TERAPIA ADIUVANTE TERAPIA NEOADIUVANTE FOLLOW-UP 4 PREMESSA Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) è uno strumento finalizzato sia al governo dei processi clinici ed organizzativi interni ad una struttura ospedaliera, che al miglioramento della fruibilità dell'iter affrontato dal paziente con patologia neoplastica. Il PDTA è il perno su cui ruotano gli interventi trasversali delle diverse professionalità e specificità cliniche e costituisce il fulcro logistico e temporale per l'esito positivo del processo di cura. Le direttive regionali ed i programmi di screening oncologici hanno indicato come priorità per ciascuna Azienda Ospedaliera (AO), l'implementazione locale di PDTA, così da ottimizzare la gestione dei pazienti con patologie oncologiche. La ASL di Pavia ha attivato nel suo territorio il programma di screening del cancro colo-rettale (CCR) promosso dalla Regione Lombardia nei soggetti di età compresa tra 50 e 69 anni. I test vengono esaminati dai Laboratori dell'AO della Provincia di Pavia (presso i Presidi Ospedalieri di Vigevano e Voghera); i servizi aziendali di gastroenterologia-endoscopia digestiva sono coinvolti nell'eventuale avvio degli accertamenti di II livello (colonscopia) nei pazienti con sangue occulto positivo. Il PDTA delle neoplasie colo-rettali si pone rispetto al programma di screening del cancro del colon come una naturale fase successiva, che va dal momento della diagnosi di neoplasia al trattamento chirurgico e/o medico. L’AO della Provincia di Pavia è articolata in due Presidi Ospedalieri (Oltrepo e Lomellina) comprendenti 7 strutture ospedaliere (Vigevano, Voghera, Mortara, Mede, Casorate, BroniStradella, Varzi), fra loro collegate a rete e diversamente coinvolte alla realizzazione del PDTA, in base ai servizi di cui ogni realtà ospedaliera è dotata. L'AO inoltre si avvale di collaborazioni esterne per l'espletamento di specifiche procedure diagnostico-terapeutiche. La responsabilità del trattamento dei pazienti con CCR è a carico delle diverse figure mediche specialistiche coinvolte nella gestione multidisciplinare della malattia e cioè Oncologi, Chirurghi, Radioterapisti, Endoscopisti, Anatomo-patologi, Radiologi di Diagnostica ed Interventisti. Tra questi, nello specifico, il medico oncologo riveste anche un ruolo di coordinamento e sintesi, intervenendo infatti nella maggior parte delle fasi-passaggi decisionali. I Coordinatori infermieristici coadiuveranno il personale medico nel processo di assistenza. La stesura del PDTA per il CCR ha utilizzato, per quanto riguarda la parte clinica, le evidenze più recenti della letteratura, riassunte sostanzialmente nelle principali linee guida internazionali. Tra queste, sono state scelte quelle che meglio soddisfano criteri di elevata qualità (AGREE), con opportune integrazioni ricavate da linee guida nazionali. La metodologia di elaborazione (ed attuazione) del PDTA tiene poi conto del ”continuous quality improvement”; in particolare verranno definiti indicatori relativi a varie fasi del percorso da utilizzarsi come monitoraggio del percorso stesso. SCOPO − Favorire una maggiore tempestività nella diagnosi, promuovendo un rapido accesso dei pazienti con sospetto clinico di neoplasia alle procedure diagnostiche appropriate − Definire un percorso di diagnosi e terapia della patologia, che evidenzi tutti i passaggi indicandone tempi e responsabilità, al fine di favorire l'accesso di tutti i pazienti alle specifiche modalità di trattamento, integrato e non (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, trattamenti loco-regionali di RF e TACE) ottimizzandone la gestione sia organizzativa che clinica − Coordinare i referenti delle varie aree specialistiche al fine di creare sinergie tra i diversi specialisti − Migliorare la soddisfazione del paziente nel rapporto con la struttura ospedaliera e la “qualità percepita” delle prestazioni erogate − Potenziare quantitativamente e qualitativamente l'attività chirurgica-oncologica relativa al CCR LOGIGRAMMA GENERALE Il PDTA prende in considerazione il percorso assistenziale intra-ospedaliero seguito dal paziente affetto da CCR. Il logigramma generale prevede le figure specialistiche dell’Endoscopista, Chirurgo, Anatomo-patologo e Oncologo, con le seguenti attività specifiche: ENDOSCOPISTA • Definizione dei criteri per la priorità di accesso agli accertamenti endoscopici • Esecuzione dell’indagine • Applicazione criteri di entrata nel PDTA • Attivazione della valutazione chirurgica CHIRURGO • Presa in carico del paziente in fase post-endoscopica • Stadiazione della malattia 5 • • • Organizzazione valutazione collegiale pre-chirurgica (retto) Programmazione del ricovero e intervento chirurgico Organizzazione valutazione collegiale pre-dimissione ANATOMO-PATOLOGO • Valutazione anatomo-patologica ONCOLOGO • Valutazione collegiale pre-chirurgica (retto) • Valutazione indicazione a trattamento chemioterapico neoadiuvante (retto, malattia metastatica potenzialmente resecabile) • Esecuzione trattamento chemioterapico neoadiuvante (retto) • Invio trattamento radioterapico neoadiuvante (retto) • Invio a trattamento chirurgico dopo terapia neoadiuvante (retto) • Presa in carico del paziente in fase post-chirurgica • Valutazione collegiale pre-dimissione • Valutazione indicazione ed invio a trattamento radioterapico adiuvante (retto) • Valutazione indicazione a trattamento chemioterapico adiuvante • Esecuzione di trattamento chemioterapico adiuvante • Follow-up • Terapia palliativa/di supporto ENDOSCOPIA 1. Accesso al servizio (criteri di accesso prioritario all'esame endoscopico) 1.1. Pazienti sintomatici 1.1.1.sanguinamento rettale 1.1.2.anemia sideropenica di origine non altrimenti definita 1.1.3.alterazioni dell'alvo o dolore addominale con sintomi di allarme (calo ponderale, sanguinamento rettale) 1.1.4.riscontro obiettivo di massa addominale o rettale 1.1.5.rilievo ecografico/TC di massa di sospetta origine colica 1.1.6.riscontro di lesione organica ad Rx clisma opaco o colonTC virtuale 1.2. Pazienti asintomatici 1.2.1.con positività del FIT (test immunologico fecale) dal programma screening CCR ASL Pavia 1.2.2.in follow-up per pregressa neoplasia o polipectomie (accesso programmato) 2. Definizione dei criteri di entrata nel PDTA 2.1. Pazienti con diagnosi istologica di carcinoma colorettale (la conferma istologica del pz valutato in elezione deve essere sempre disponibile; è accettabile non averla in presenza di lesioni inequivocabili riscontrate con esame Rx clisma opaco o colon-TC virtuale non raggiunte con l'esame endoscopico. È invece obbligatoria nelle lesioni rettali). 2.2. Pazienti con diagnosi istologica di adenoma colico non radicalmente asportabile per via endoscopica. 2.3. Pazienti con diagnosi istologica di adenoma cancerizzato del colon con indicazione chirurgica. 3. Modalità d'invio dei pazienti all'ambulatorio di endoscopia digestiva 3.1. Paziente inviato dal medico di medicina generale: prenotazione C.U.P. o presso l'ambulatorio di endoscopia, con consegna dello schema di preparazione intestinale (le prenotazioni con “bollino verde regionale” vengono effettuate solo presso l'ambulatorio di endoscopia) Tempi di attesa: quelli regionali previsti, tranne le richieste con “bollino verde” che vengono evase entro 72 ore 3.2. Paziente inviato dal programma di screening: vedi sopra 3.3. Paziente inviato da reparti di degenza e/o specialisti interni all’AO (oncologo, chirurgo, gastroenterologo): prenotazione diretta presso ambulatorio di endoscopia. 4. Modalità attuative esame endoscopico La colonscopia viene eseguita in sedazione cosciente, con paziente accompagnato. Durante l'esame vengono eseguiti i prelievi bioptici, quando necessari, e le eventuali polipectomie che non presentino difficoltà tecniche: in tal caso verranno riprogrammate previa esecuzione degli esami laboratoristici del caso. A conclusione della colonscopia il pz viene trattenuto in 6 osservazione e monitorato per 1 ora, poi dimesso e riaffidato all'accompagnatore, con divieto di guidare. Il materiale bioptico viene inviato al servizio di Anatomia Patologica per es istologico; l'esito è trasmesso dopo 7-10 giorni all'ambulatorio di endoscopia. Il pz viene convocato telefonicamente (o secondo programmazione stabilita al momento della colonscopia) per la consegna dell'esito istologico; in tale occasione il medico (chirurgo referente) informerà il paziente circa l'eventuale prosecuzione degli accertamenti o programmerà il ricovero ospedaliero quando indicato. CHIRURGIA 5. Presa in carico del paziente Responsabile: Chirurgo dell'U.O. di Chirurgia generale/ambulatorio di endoscopia Luogo: Ambulatorio chirurgico o di endoscopia Attività: Al momento del reclutamento del paziente il Chirurgo: - prende visione dell'indagine endoscopica e del referto istologico - ne illustra il significato al pz ed agli aventi diritto (previo consenso del pz) - fornisce adeguata informazione al pz sulla malattia, gli approfondimenti diagnostici da eseguire e le opzioni terapeutiche - rilascia una relazione clinica al Medico Curante - programma il successivo ricovero ospedaliero presso il relativo reparto chirurgico - provvede alla prenotazione del ricovero secondo le procedure interne aziendali: la priorità nella prenotazione è stabilita dal Dirigente medico sulla base di una adeguata valutazione clinica del caso. Al momento della prenotazione il Dirigente medico valuterà se programmare gli ulteriori approfondimenti diagnostici (stadiazione di malattia neoplastica: v. oltre) come prericovero (progetto DESIO) oppure durante il ricovero nel reparto di Chirurgia. Il tempo intercorso tra la data di reclutamento del paziente (diagnosi) e la data del ricovero ospedaliero deve essere mantenuta entro i 21 giorni. 6. Presa in carico durante il ricovero 6.1. Parte infermieristica Responsabile: Coordinatore infermieristico e Infermiere di turno Luogo: reparto di degenza Attività: il pz è accolto dall'Infermiere di turno che: - verifica l'identità del pz, completa l'intestazione della cartella clinica, posiziona il braccialetto identificativo personale e compila la cartella infermieristica - assegna la camera di degenza ed il posto letto - illustra al pz ed ai famigliari l'organizzazione del reparto, le modalità e l'orario d'entrata dei visitatori - consegna la Carta dei servizi delle UU.OO. chirurgiche - provvede a ritirare l'eventuale documentazione clinica personale del pz - prepara il pz alla prima visita, rileva peso ed altezza, temperatura corporea, frequenza cardiaca e PA e li trascrive sul foglio parametri clinici - esegue gli esami ordinari previsti per le patologie oggetto del ricovero - esegue terapie prescritte dal medico - stampa le etichette autoadesive che riportano i codici identificativi del paziente e del ricovero 6.2. Parte medica Responsabile: Direttore U.O. Chirurgia e Dirigente Medico di turno Luogo: reparto di degenza Attività: Il Medico accettante che: - prende visione della diagnosi di ricovero e della documentazione clinica - visita il pz e provvede a redigere la cartella clinica - illustra al pz la condizione clinica, la modalità e tempistica del percorso diagnosticoterapeutico - richiede e fa firmare al pz il consenso informato nei casi dovuti - formalizza gli accertamenti biochimici e strumentali da eseguire e richiede le eventuali consulenze di altri specialisti e le registra in cartella clinica - formalizza le modalità ed i tempi del monitoraggio clinico del pz - formalizza la terapia e la dieta 7. Valutazione pre-trattamento (stadiazione di malattia) Responsabile: Dirigente medico U.O. Chirurgia e Dirigente medico U.O. Radiodiagnostica Luogo: reparto di degenza e radiologia 7 Attività: Il dirigente Medico della U.O. Di Chirurgia accettante il pz richiede gli esami necessari per la stadiazione di malattia ed eventuali integrazioni diagnostiche motivate. Il Radiologo provvede all’esecuzione degli accertamenti programmati. Principi generali: - nelle neoplasie del colon e del III superiore del retto è necessario l'uso routinario della TC torace-addome superiore ed inferiore con mdc, per la definizione dei parametri T,N,M; l'ecografia addominale e l'Rx torace sostituiscono la TC nei pz allergici al mezzo di contrasto - nelle neoplasie del III medio-inferiore del retto l'estensione del tumore deve essere valutata con TC torace-addome-pelvi con mdc. Si associa l'esecuzione di r-EUS e di RMN della sola pelvi per la definizione dei parametri T ed N - non vi è indicazione all'uso routinario di scintigrafia ossea e di PET - la determinazione di CEA ha un valore prognostico ed un ruolo nel follow-up e pertanto va eseguita pre-operatoriamente - non vi è indicazione al dosaggio di altri marcatori oncologici Indagini di routine TC torace, addome e pelvi con mdc Ecoendoscopia rettale RMN pelvi CEA Indagini mirate Ecografia con mdc1 hTC + colonscopia virtuale2 Colonscopia con tatuaggio lesione3 Neoplasia colon X X Neoplasia retto X X X X X X X X X X 1in presenza di sospetti secondarismi epatici; tipizzazione – tipo, numero e sedi di aree focali epatiche 2valutazione pre-operatoria nei casi di colonscopia incompleta -valutazione lesioni sincrone- o per chirurgia laparoscopica 3su casi selezionati: tumore di piccole dimensioni, polipo cancerizzato già asportato, indicazione a chirurgia laparoscopica) Secondo i criteri TNM (VII edizione) gli stadi del tumore del colon e del retto intraperitoneale e extraperitoneale sono così definiti: T: Tumore primitivo Tx Tumore primitivo non definibile T0 Tumore primitivo non evidenziabile T1s Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria T1 Tumore che invade la submucosa T2 Tumore che invade la muscolare propria T3 Tumore che invade i tessuti pericolici T4a Tumore che penetra il peritoneo viscerale T4b Tumore che invade direttamente o è aderente ad altri organi o strutture N: Linfonodi regionali Nx Linfonodi regionali non valutabili N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1 Metastasi a 1-3 linfonodi regionali N1a Metastasi a un linfonodo regionale N1b Metastasi a 2-3 linfonodi regionali N1c Deposito di cellule neoplastiche in subsierosa, mesentere o tessuti pericolici o perirettali non peritonealizzati senza metastasi ai linfonodi regionali N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali N2a Metastasi a 4-6 linfonodi regionali N2b Metastasi in 7 o più linfonodi regionali M: Metastasi a distanza M0 Assenza di metastasi a distanza M1 Presenza di metastasi a distanza M1a Metastasi in un solo organo/sito M1b Metastasi in più di un organo/sito o nel peritoneo 8 Stadio T N M Dukes MAC 0 Tis N0 M0 - - I T1 N0 M0 A A T2 N0 M0 A B1 IIA T3 N0 M0 B B2 IIB T4a N0 M0 B B2 IIC T4b N0 M0 B B3 IIIA T1-T2 N1/N1c M0 C C1 T1 N2a M0 C C1 T3-T4a N1/N1c M0 C C2 T2-T3 N2a M0 C C1/C2 T1-T2 N2b M0 C C1 T4a N2a M0 C C2 T3-T4a N2b M0 C C2 T4b N1-N2 M0 C C3 IVA Any T Any N M1a - - IVB Any T Any N M1b - - IIIB IIIC Per il tumore del retto extraperitoneale candidabile a terapia chemio-radio neoadiuvante vanno definite sia la stadiazione clinica (cTNM) che quella ottenuta dopo il trattamento (yTNM). Inoltre, sul pezzo operatorio dopo terapia neoadiuvante è fondamentale definire il TRG (Tumor Regression Grading). Il TRG secondo sec. Dworak è il seguente: • TRG 0: solo neoplasia (assenza di risposta) • TRG 1: predominanza di neoplasia con associata fibrosi • TRG 2: predominanza di fibrosi con associata neoplasia ben riconoscibile • TRG 3: marcata fibrosi con rare cellule neoplastiche • TRG 4: solo fibrosi senza cellule neoplastiche (risposta completa) 8. Definizione del piano di trattamento In base alla stadiazione eseguita, viene definito il piano di trattamento per il singolo paziente, dopo valutazione collegiale nel Gruppo Multidisciplinare delle Neoplasie del Colonretto. In particolare: • i pazienti con neoplasia del colon e del retto intraperitoneale senza metastasi (M0) oppure del retto extraperitoneale T1-T2 N0M0 verranno avviati a chirurgia sul tumore primitivo • i pazienti con neoplasia del retto extraperitoneale localmente avanzata ( T3-4 e/o N1-2 “clinico”) oppure candidati a resezione addomino-perineale devono essere valutati per un trattamento combinato pre-operatorio RT+CT, al fine di ottenere un down-staging della malattia e diminuire il rischio di ripresa locale • i pazienti con malattia metastatica (M+), indipendentemente dalla sede del tumore primitivo dovranno essere valutati per un eventuale trattamento integrato chemioterapico, chirurgico ed, eventualmente, radioterapico. 9. Preparazione all'intervento Responsabile: Dirigente Medico dell’U.O. Chirurgica – I.P. Della U.O. Chirurgica Luogo: Reparto di degenza Attività: 9.1. Richiesta esami pre-operatori - Ecg - Valutazione cardiologica (su indicazione specifica) - Valutazione anestesiologica - Valutazione bioumorale: azotemia, glicemia, creatinina, bilirubina fr., CEA, colinesterasi, CPK, fosfatasi alcalina, elettroforesi sieroproteica, ggt, elettroliti, transaminasi, emocromo,PT-PTT, emogruppo e prove crociate, es urine. 9 9.2. Profilassi antibiotica Il paziente candidato ad intervento chirurgico per neoplasia del colonretto viene sottoposto a profilassi antibiotica in sala operatoria circa 30 min. prima dall’incisione cutanea utilizzando cefazolina 2 gr e.v. (1 gr se pz < 70kg). In caso di allergia a cefalosporine, si potrà utilizzare gentamicina 80 mg e.v. e clindamicina 600 mg, oppure ciprofloxacina 400 mg e.v. 9.3. Profilassi antitromboembolica La profilassi anti tromboembolica prevede l’utilizzo di eparina a basso peso molecolare. Per pazienti a basso rischio e peso compreso entro 70 Kg, la dose consigliata è di 4000 UI di enoxaparina (o equivalente dosaggio per altre eparine a basso peso molecolare). Per pazienti ad alto rischio e/o peso superiore a 70 kg, il dosaggio consigliato è pari a 100UI/kg di Fatt. Xa in associazione a sistema compressione pneumatica sequenziale degli arti inferiori. La profilassi va iniziata 12 ore prima dell' intervento (ore 20 del giorno precedente l'intervento) e protratta per 30 giorni. 9.4. Tricotomia Responsabile: infermiere Modalità: utilizzo del rasoio elettrico con lama monouso. La tricotomia sarà effettuata un’ora prima dell’intervento presso il reparto di degenza. La tricotomia deve comprendere la cute dell’addome e la regione pubica in ogni caso. Qualora sia previsto un intervento di amputazione addomino-perineale, deve essere estesa anche alla regione perineale. 9.5. Preparazione dietetica ed intestinale - dieta senza scorie dal momento del reclutamento - il giorno precedente l'intervento dieta idrica - il mattino del giorno precedente l'intervento: Patologie NON stenosanti: non necessaria preparazione intestinale, clistere evacuativo (Clisma-sac 2 litri soluzione al 5% di glicerina) per ca. del colon destro e trasverso medio prossimale Patologie STENOSANTI: clistere evacuativo (Clisma-sac 2 litri soluzione al 5% di glicerina) per neoplasie del colon destro e trasverso medio prossimale, non necessaria per gli altri distretti Interventi LAPAROSCOPICI: dieta senza scorie dal momento del reclutamento; il giorno precedente l'intervento dieta idrica e assunzione di dimeticone (Mylicon 30 gtt) DIGIUNO PRE-OPERATORIO: dalla mezzanotte precedente l'intervento va evitata l'assunzione di cibo e bevande. 9.6. Identificazione della sede della stomia Nel caso in cui è previsto o è altamente probabile il confezionamento di una stomia, il paziente deve essere informato prima dell'intervento; quindi sarà sottoposto a marcatura del sito cutaneo nel quale dovrà essere posizionata la stomia tenendo in considerazione la conformazione dell’addome e la disposizione delle pieghe cutanee sia in posizione eretta che in posizione seduta. 9.7. Lavaggio igienico pre-operatorio Da effettuarsi preferibilmente il giorno dell'intervento (o quando non è possibile la sera precedente) da parte del paziente se autosufficiente oppure da parte dell' infermiere se il paziente non fosse autosufficiente, con spugnature al letto Modalità: utilizzo di detergente antisettico 10. Procedura Chirurgica 10.1. Principi generali in chirurgia di elezione delle neoplasie del colon-retto • Esplorazione completa della cavità addominale • In presenza di versamento libero eseguire prelievo di liquido per es. citologico • Eseguire prelievo di qualsiasi neoformazione peritoneale sospetta (viscerale o parietale) per esame istologico • Ridurre al minimo la manipolazione del tumore, che deve essere rimosso ove possibile integro • Al fine della radicalità oncologica dell'intervento, l'estensione della resezione deve comprendere: Colon: margine di resezione prossimale e distale >/= 5 cm; Retto: margine prossimale >/= 5 cm, distale >/= 2 cm (</= 1 cm se distanza dal margine anale è < 5 cm) • Le legature vascolari devono essere eseguite alla radice dei vasi per garantire una corretta linfadenectomia, il cui valore prognostico è nullo se < a 12 linfonodi rinvenuti • In presenza di adesione od infiltrazione dei tessuti retroperitoneali l'area interessata deve essere delimitata con clips metalliche per eventuale radioterapia post operatoria • In presenza di anastomosi colo-rettali basse, ultrabasse o colo-anali è raccomandato il 10 confezionamento di una cutaneostomia temporanea di protezione Nel report operatorio è sempre necessaria la descrizione completa e dettagliata di tutte le fasi dell'intervento, con particolare riguardo alle difficoltà incontrate nella mobilizzazione del segmento colico interessato dalla neoplasia, la sua eventuale apertura, nonché di tutte le complicanze sopraggiunte nel corso dello stesso Le procedure chirurgiche previste in base alla sede della patologia sono le seguenti: A. RESEZIONE COLICA • EMICOLECTOMIA DESTRA: per neoplasie del cieco, appendice, colon ascendente e flessura epatica. o Vengono resecati gli ultimi 10-15 cm di ileo, il cieco, il colon ascendente e la flessura epatica o Si lega l’arteria ileo-colica, la colica destra e il ramo destro dell’arteria colica media o L’estensione della resezione sul colon traverso con legatura dei vasi colici medi è dettata dalla sede del tumore o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi ileo-colica T-T, T-L oppure L-L manuale o meccanica • COLECTOMIA SEGMENTARIA DEL TRASVERSO: per neoplasie del colon traverso con esclusione delle flessure. o Viene resecata la parte centrale del colon traverso compresa tra le due flessure o Si lega l’arteria colica media alla sua origine o Vengono mobilizzate le due flessure per evitare qualsiasi trazione sull’anastomosi o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-colica T-T o L-L manuale o meccanica • EMICOLECTOMIA SINISTRA ALTA: per neoplasie della flessura splenica e del colon discendente. o Vengono resecati la flessura splenica ed il colon discendente o Viene legata l’arteria colica sinistra all’origine o È necessaria la mobilizzazione del colon traverso distale per evitare trazioni sull’anastomosi o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-sigmoidea T-T o L-L manuale o meccanica • EMICOLECTOMIA SINISTRA CLASSICA: per neoplasie del colon discendente e del sigma. o Vengono resecati la flessura splenica, il colon discendente, il sigma e la giunzione sigma-retto o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore ad 1 cm dalla sua emergenza dall’aorta o È necessaria la mobilizzazione del traverso distale per evitare trazioni sull’anastomosi o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-rettale T-T o T-L manuale o meccanica • RESEZIONE DEL SIGMA: per neoplasie del sigma e passaggio sigma-retto. o Vengono resecati il sigma ed il giunto sigma-retto o Può essere necessario mobilizzare la flessura splenica o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore a valle dell’arteria colica sinistra: la legatura alta dell’arteria mesenterica inferiore (all’origine) non presenta vantaggi oncologici significativi rispetto alla legatura bassa o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-colica T-T o T-L manuale o meccanica • RESEZIONE sec HARTMANN: per neoplasie del sigma e passaggio sigma-retto, in casi “selezionati”. o Vengono resecati il sigma ed il giunto sigma-retto o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore a valle dell’arteria colica sinistra: la legatura alta dell’arteria mesenterica inferiore (all’origine) non presenta vantaggi oncologici significativi rispetto alla legatura bassa o Viene chiuso il moncone colico distale e confezionata una colocutaneostomia in fossa iliaca sinistra • 11 B. RESEZIONE DEL RETTO È raccomandata l’asportazione del mesoretto sino ad almeno 5 cm dal margine distale del tumore, equivalente alla asportazione totale del mesoretto (TME) nei tumori del 3° medio ed inferiore. È prevista: • RESEZIONE ANTERIORE DEL RETTO per neoplasie del retto al di SOPRA della riflessione peritoneale. o Vengono resecati il sigma ed il retto a 5cm dal margine inferiore della neoplasia con relativo mesoretto • RESEZIONE ANTERIORE DEL RETTO per neoplasie del retto al di SOTTO della riflessione peritoneale. o Vengono resecati il sigma ed il retto a 1-2 cm dal margine inferiore della neoplasia con tutto il mesoretto (TME) • RESEZIONE ANTERIORE BASSA (LAR: Low Anterior Resection): con anastomosi colorettale. • RESEZIONE ANTERIORE ULTRABASSA con anastomosi colo-anale (CAA- colo-anal anastomosi). o In presenza di anastomosi colo-rettali basse, ultrabasse o colo-anali ci si avvale del confezionamento di una ileocutaneostomia o colocutaneostomia temporanea (8-12 settimane) di protezione. • AMPUTAZIONE ADDOMINO-PERINALE (sec. MILES) per neoplasie del RETTO SOTTOPERITONEALE o del CANALE ANALE. o Riservata a quei tumori che invadono gli sfinteri o che siano così bassi da non poter sezionare il retto lasciando un margine sicuro di 1-2 cm, o quando il segmento di parete distale non sia oncologicamente sicuro o si accompagnano a sfinteri già incontinenti per altre cause o Vengono resecati il sigma, il retto, l’ano e l’apparato sfinterico o Viene confezionata una colostomia terminale permanente in fossa iliaca sinistra Le suddette procedure possono essere eseguite sia con tecnica laparotomica o videolaparoscopica: la chirurgia laparoscopica è ormai considerata una valida alternativa all'intervento chirurgico “open” in casi selezionati di neoplasia colica (pz senza precedenti laparotomie, non obesi, di età non avanzata, senza problematiche respiratorie). Come dimostrato in letteratura i risultati dal punto di vista oncologico sono sovrapponibili. 11. Valutazione post-operatoria Responsabile: Dirigente Medico della U.O. Chirurgia-I.P. della U.O. Chirurgia Luogo: Reparto di degenza Attività: • Valutazione clinica (in conformità ai protocolli clinici-organizzativi in uso) • Valutazione infermieristica (in conformità ai protocolli infermieristici in uso) • Controllo della cutaneostomia nelle prime 48 ore (complicanze post-operatorie precoci) • Educazione alla gestione della stomia da parte di personale infermieristico competente dopo 5-6 giorni • Controllo esami di routine • Valutazione oncologica, soprattutto riservata ai pz per i quali sulla base dello stadio patologico e dei dati clinici è prevedibile un trattamento adiuvante. In tale valutazione preliminare avviene la presa in carico del pz da parte dell'oncologo e l'illustrazione del programma clinico/terapeutico previsto • Compilazione lettera di dimissione • Esenzione per patologia alla dimissione (codice 0.48-modulo allegato a dimissione) • Programmazione visita di controllo presso l'Ambulatorio Oncologico 12. Principi di trattamento integrato delle metastasi epatiche e polmonari I pazienti affetti da neoplasia del colonretto metastatica, indipendentemente dalla sede del primitivo, con lesioni secondarie limitate al fegato o al polmone, in buon performance status (ECOG: 0-1), devono essere valutati per un trattamento integrato chemioterapico, chirurgico e di radiologia interventistica. I pazienti che risultano candidabili a un trattamento chirurgico delle metastasi, già all’ esordio o dopo chemioterapia “di conversione”, hanno un vantaggio in termini di sopravvivenza globale, nonché di possibilità di guarigione definitiva dalla malattia, rispetto a coloro che non ricevono un trattamento chirurgico. Inoltre, gli studi disponibili sembrano evidenziare un vantaggio in termini di sopravvivenza globale e libera da malattia nella somministrazione di un trattamento chemioterapico prima della resezione delle metastasi. La resezione differita permetterebbe di riconoscere una malattia solo apparentemente 12 limitata: una crescita della neoplasia in corso di un adeguato trattamento chemioterapico è la spia di focolai di micrometastatizzazione già presenti che quindi avrebbero portato, con pressoché assoluta certezza, una recidiva della neoplasia in poco tempo dopo l’intervento chirurgico. In alcuni casi selezionati, metodiche di radiologia interventistica possono integrare il trattamento chirurgico e chemioterapico per un controllo migliore della malattia. 12.1. Trattamento delle metastasi epatiche I pazienti con metastasi epatiche, in assenza di malattia extraepatica, devono ricevere una valutazione chirurgica volta ad accertare le indicazioni resettive. Al fine di ottenere un vantaggio sulla sopravvivenza del paziente, la resezione deve essere programmata con la finalità di ottenere una resezione R0 (cioè assenza di malattia sia macroscopica che microscopica). Il trattamento dei pazienti viene definito in base a due variabili: • tempistica di comparsa delle metastasi rispetto alla neoplasia primitiva (sincrone o metacrone) • resecabilità delle lesioni In particolare, in relazione a questa seconda variabile, è possibile definire, dal punto di vista tecnico-chirurgico: • Lesioni epatiche resecabili con intento R0 o uniche o multiple localizzate o al lobo destro (s5-8 ) o al lobo sinistro (s1-4) (epatectomia dx, epatectomia sn) o uniche o multiple localizzate al lobo dx + s4 (epatectomia dx allargata) o uniche o multiple localizzate al lobo sn + s5,8 (epatectomia sn allargata) o uniche o multiple localizzate a s2, 3, 6, 7 o uniche o multiple localizzate a s4 e/o a s5 (mesoepatectomia) o uniche o multiple localizzate al lobo destro (s5-8 ) + uniche o multiple localizzate ai segmenti 2 e 3 a patto che nessuna lesione ricada all’interno dei criteri di assoluta non resecabilità o uniche o multiple localizzate al lobo sinistro (s1-4) + uniche o multiple localizzate ai segmenti 6 e 7 a patto che nessuna lesione ricada all’interno dei criteri di assoluta non resecabilità • Lesioni epatiche potenzialmente resecabili con intento R0 Pazienti la cui malattia non sia immediatamente resecabile o l’ottenimento di R0 sia dubbio, ma potenzialmente recuperabili impiegando metodiche combinate e/o procedure sequenziali con lo scopo di indurre ipertrofizzazione del parenchima epatico e/o downstaging della malattia (chemioterapia e two-stage operation) • Lesioni epatiche non resecabili o volume epatico residuo <30% del totale se il parenchima epatico è sano o <40% se epatopatia pre-esistente, diabete o CHT o lesioni coinvolgenti ramo destro e sinistro della vena porta contemporaneamente o lesioni infiltranti la diramazione di I ordine della vena porta all'ilo di un lato e della vena sovraepatica controlaterale o lesioni in prossimità delle tre vene sovraepatiche contemporaneamente Dopo la Discussione Multidisciplinare, i pazienti con malattia metastatica resecabile con intento R0 (ab initio o potenzialmente, in base ai criteri di resecabilità sopra riportati) possono essere inquadrati nei seguenti sottogruppi di trattamento: • Pazienti con metastasi epatiche sincrone considerate tecnicamente resecabili con intento R0 In questi pazienti bisogna considerare la necessità di effettuare un trattamento chirurgico sia sul tumore primitivo che sulle metastasi. Le metastasi “sincrone” non devono essere resecate simultaneamente alla neoplasia primitiva in assenza di esperienza del chirurgo e di supporto tecnologico adeguato. La colectomia deve essere eseguita come primo atto chirurgico solo in caso di neoplasia ostruente o sanguinante, ove tale quadro non sia palliabile con stent endoscopico. In casi selezionati (es lesione singola di diametro <5 cm) i pazienti vengono sottoposti a trattamento chirurgico combinato a livello del primitivo e sulla lesione, seguito da un trattamento chemioterapico di I linea. Negli altri casi i pazienti vengono sottoposti a trattamento chemioterapico peri-operatorio con i regimi proposti come I linea per la malattia metastatica. Il trattamento chemioterapico preoperatorio va sospeso non appena la malattia risulti resecabile (onde evitare la potenziale tossicità epatica e l'aumento dei rischi chirurgici):sono consigliati 6 cicli di CT (3 mesi di cura). Qualora la terapia utilizzata comprenda bevacizumab, quest'ultimo va sospeso 8 settimane prima della resezione chirurgica. Dopo 13 l’intervento chirurgico saranno eseguiti ulteriori 3 mesi dello stesso trattamento, al fine di ottenere un trattamento completo di I linea metastatica della durata totale di 6 mesi. Al momento dell’ intervento chirurgico è proponibile, anche in modo sincrono, la colectomia e la resezione epatica, eventualmente quest’ultima in due tempi. • Pazienti con metastasi epatiche sincrone considerate tecnicamente potenzialmente resecabili con intento R0 La colectomia deve essere eseguita come primo atto chirurgico solo in caso di neoplasia ostruente o sanguinante, ove tale quadro non sia palliabile con stent endoscopico. Negli altri casi i pazienti vengono sottoposti a trattamento chemioterapico a finalità di “conversione” con i regimi proposti come I linea per la malattia metastatica (vedi sopra). Nel caso in cui le lesioni epatiche divengano resecabili con intento R0 è proponibile l’intervento chirurgico, sia sul primitivo che sulle metastasi. • Pazienti con metastasi epatiche metacrone considerate tecnicamente resecabili con intento R0. La resezione chirurgica è il trattamento di scelta. Ancora controverso è l'uso di chemioterapie adiuvanti dopo resezione radicale di metastasi epatiche: in caso di ricorso a CT non utilizzare FOLFIRI, in base ai risultati negativi forniti dal suo utilizzo. In tutti gli altri casi , qualora non giudicato fattibile l'approccio chirurgico ab initio,i pazienti vengono sottoposti a un trattamento chemioterapico perioperatorio con i regimi proposti come I linea per la malattia metastatica (vedi sopra). • Pazienti con metastasi epatiche metacrone considerate tecnicamente potenzialmente resecabili con intento R0. I pazienti vengono sottoposti a trattamento chemioterapico a finalità di “conversione” con i regimi proposti come I linea per la malattia metastatica (vedi sopra) Nel caso in cui le lesioni epatiche divengano resecabili con intento R0 è proponibile l’intervento chirurgico sulle metastasi. Al trattamento chirurgico delle metastasi potrà essere affiancato il trattamento locoregionale di Radiologia Interventistica con RFTA sia con l’approccio percutaneo (p RFTA) che con quello laparoscopico (vdl RFTA) o intraoperatorio laparotomico (i.o. RFTA). La RFTA, nelle sue diverse modalità, sarà proposta per quelle lesioni in cui l’intervento chirurgico risulta controindicato per difficoltà tecniche o perché determinerebbe un’asportazione troppo estesa di tessuto sano epatico, tale da compromettere la funzionalità residua del fegato. È inoltre proponibile nei casi in cui le condizioni cliniche del paziente controindichino un intervento chirurgico. La p RFTA è tecnicamente proponibile per: - lesioni di diametro < 3.0 cm - numero di lesioni ≤ 2 - lesioni intraprenchimali La vdl RFTA e la io RFTA è tecnicamente proponibile per: - lesioni di diametro > 3.0 cm e < 5 cm - numero di lesioni > 2 e ≤ 5 - lesioni sottocapsulari S3,4 e 5 o paracolecistiche Nei casi non reclutati per la chirurgia resettiva e di difficile approccio anche con RF (metastasi difficili da visualizzare con ecografia o multiple, maggiori o uguali a 3, con impegno epatico <al 50%) può essere proposta la chemioembolizzazione transarteriosa (TACE) con particelle embolizzanti precaricate con irinotecan (200 mg totali, in uno o in entrambi i lobi in 2 TACE successive eseguite a distanza di 60 giorni). Tale metodica, che sembra dare aumento della sopravvivenza quando confrontata con la chemioterapia classica in pz con metastasi epatiche da CCR, prevede il trattamento in anestesia generale (per evitare l'intenso dolore suscitato dalla procedura) in sala angiografica. Per la Radioterapia e la radiologia interventistica con RFTA e TACE AO si avvale di collaborazione esterne, principalmente con strutture operanti nel DIPO (Istituto Clinico Beato Matteo, Vigevano; Fondazione Maugeri Pavia; IRCC San Matteo, Pavia). 12.2. Trattamento integrato delle metastasi polmonari I pazienti con lesioni polmonari singole in assenza di una malattia extrapolmonare devono essere valutati per un eventuale trattamento chirurgico della lesione oppure un trattamento con RFTA percutanea. In relazione all’intervallo di malattia, potrà essere presa in considerazione una chemioterapia perioperatoria o una chemioterapia successiva all’ asportazione della metastasi, seguendo i trattamenti chemioterapici di I linea riportati. 14 13. Terapia della recidiva pelvica Pazienti con recidiva pelvica di malattia (NON precedentemente irradiati oppure già precedentemente irradiati) devono essere considerati per un trattamentp RT con intento: - citoriduttivo/curativo o di controllo locale prolungato (in caso di contatto con la parete pelvica F1-F3) - palliativo (in caso di infiltrazione di strutture ossee F4) Nei trattamenti con finalità curativa o di controllo locale prolungato l'associazione con la CT è raccomandata “F” è il criterio adottato per definire lo stadio di fissità, che ha importante valore prognostico: - F0: non contatto con la parete pelvica (recidiva anastomotica pura, recidiva perineale) - F1: contatto con la parete pelvica, non esteso a più di un quadrante - F2: contatto con la parete pelvica, non esteso a più di 2 quadranti - F3: contatto con la parete pelvica, esteso a più di due quadranti - F4: infiltrazione delle strutture ossee o intestinali Nella definizione radiologica dello stadio la TC o RMN sono le metodiche di elezione. La PET può essere utile per escludere la presenza di metastasi o per distinguere la recidiva da esiti chirurgici. A 6-8 settimane dalla fine della RT-CT, è raccomandata una rivalutazione clinicostrumentale della recidiva, per valutare una possibile indicazione chirurgica. 14. Trattamento del carcinoma del retto (medio inferiore) localmente avanzato Il trattamento chirurgico del ca. del retto localmente avanzato (T3-T4 e/o N1-2) è associato ad una elevata percentuale di resezione incompleta e ripresa di malattia a livello pelvico. L'evidenza disponibile indica che la RT preoperatoria è associata ad una significativa riduzione delle recidive locali entro i 5 anni dall'intervento. Inoltre l'associazione di RT-+-CT preoperatoria è in grado di determinare un downstaging della neoplasia rettale che può consentire la riduzione degli interventi di resezione addomino-perineali. Il suo impiego deve essere preso in considerazione in tutti i pz con lesioni del retto basso non candidabili a escissione locale. In generale sono da considerare criteri di esclusione per una terapia neo-adiuvante preoperatoria: - portatori di metastasi a distanza - gravi patologie che controindicano l'impiego della RT-CT (diabete scompensato, alcoolismo, cardiopatie severe) - precedente irradiazione della pelvi e/o trattamento con polichemioterapia - patologie neoplastiche sincrone o pregresse - PS/Karnofskij <60 - Patologia psichiatrica, pz non collaboranti - per pz di età > 75 anni si consiglia di ricorrere a Valutazione Geriatrica Multidimensionale, selezionando i pz FIT. La radio-chemioterapia preoperatoria comprende RT con frazionamento tradizionale a dosi > 30 Gy associata a CT sistemica concomitante con 5FU i.c.-ac. Folinico o capecitabina per os . L'associazione di RT e polichemioterapia deve invece al momento essere riservata a protocolli di ricerca. Il re-staging del pz al termine del trattamento RFT-CT neoadiuvante, prima di una chirurgia resettiva o demolitiva del retto, prevede lo stesso protocollo usato per la prima stadiazione. Tra il termine della RT-CT e la chirurgia devono intercorrere non meno di 6 settimane e non più di 8-10 settimane. Non vi sono dati certi sul ruolo della CT adiuvante post-operatoria nei pz sottoposti a RT-CT pre-operatoria: resta soprattutto da definire lo schema di chemioterapia ideale nei pz risultati non responsivi (es.FOLFOX). I pazienti operati di ca retto in stadio B2-3 e C sec. Dukes che non abbiano ricevuto il trattamento neo-adiuvante sono candidati a CT-RT adiuvante iniziando entro 4-6 settimane dalla chirurgia. Le dosi totali di RT consigliata sono di 45-50 Gy con frazionamento tradizionale. Il trattamento chemioterapico adiuvante combinato dovrebbe comprendere 2 mesi di terapia con 5FU-ac folinico (2 cicli Mayo Clinic o Machover o 4 cicli De Gramont) o capecitabina per os (aggiungendo oxaliplatino nei pz a più alto rischio di ripresa), seguiti da RT contemporanea a 5Fu i.c. o capecitabina per os, al termine dei quali ulteriori cicli di CT per la durata di 6 mesi totali. 15. Trattamento palliativo endoscopico Gli stents colo-rettali rappresentano attualmente il presidio più efficace nel trattamento palliativo delle ostruzioni del colonretto ed hanno soppiantato altre procedure invasive. Il loro utilizzo può essere proposto ai pazienti con presenza di neoplasia primitiva in sede, quando ne viene esclusa la chirurgia. Possono essere posizionati in urgenza od in elezione. In urgenza, nel caso di pazienti occlusi o sub occlusi, il posizionamento di una protesi metallica auto espandibile consente di ripristinare la canalizzazione, effettuare la stadiazione, eseguire una adeguata preparazione intestinale e sottoporre successivamente il paziente ad un intervento 15 chirurgico in condizioni d’elezione (bridge to surgery) con morbilità e mortalità inferiori rispetto al trattamento chirurgico in urgenza.In elezione, nel caso di pazienti inoperabili o con malattia diffusa il posizionamento della endoprotesi diviene il trattamento palliativo definitivo. Se nel corso del follow-up di pazienti trattati a scopo palliativo si verifica l’ostruzione della protesi è possibile posizionarne altre all’interno di quella occlusa e ripristinare la canalizzazione. Anche in caso di mobilizzazione della stessa è possibile, una volta asportata la protesi dislocata, posizionare un nuovo stent. ANATOMIA PATOLOGICA L'esame anatomopatologico fornisce in modo standardizzato e sintetico informazioni riguardanti caratteristiche morfologiche (eventualmente anche biologiche e genetiche) della neoplasia, alle quali si riconosce importanza come indicatori prognostici il referto standard comprende due parti distinte: descrizione macroscopica; diagnosi istopatologica. Gli elementi più importanti per definire la prognosi sono rappresentati da: dimensioni della neoplasia, tipo istologico, grado istologico, condizioni dei linfonodi. Vengono riportati però anche diversi altri caratteri, che possono influire sulla prognosi. 16. Materiale bioptico proveniente da indagini endoscopiche Se dalle indagini cliniche ed endoscopiche (colonrettoscopia) emerge un rilievo di neoformazione e/o un eventuale sospetto di neoplasia, l’endoscopista preleva l’intera lesione, se possibile, o ne effettua biopsie. La diagnosi istologica sui prelievi viene effettuata dall’anatomopatologo. Si possono evidenziare polipi oppure lesioni sospette per neoplasia. I polipi, siano essi peduncolati o sessili, vengono asportati e inviati in anatomia patologica interi, per quanto possibile, in contenitori con formalina. In laboratorio sono descritti macroscopicamente (dimensioni, forma, superficie, peduncolo, base d’impianto), sezionati ed esaminati su più livelli. Dalle lesioni sospette per neoplasia l’endoscopista effettua diversi prelievi di 0.1-0.5 cm circa, in parte dalla neoformazione e in parte sui suoi bordi, li pone su apposite cartine perché ne venga conservato l’orientamento e li invia in anatomia patologica in contenitori con formalina. La descrizione microscopica del polipo deve contenere: • l’istotipo (tubulare, tubulovilloso o villoso) • il grado di displasia (di basso o alto grado) • le caratteristiche di possibili focolai di cancerizzazione e il coinvolgimento o meno dell’eventuale peduncolo e della base d’impianto. Nella definizione di displasia di alto grado è compreso anche il carcinoma intramucoso, che ne ha la stessa rilevanza prognostica, come avveniva per la lesione precedentemente indicata come displasia grave/carcinoma in situ. Il polipo può essere: • benigno, con displasia di basso o di alto grado • cancerizzato, per presenza di uno o più focolai di carcinoma in adenoma • maligno se interamente neoplastico. Nel polipo cancerizzato, oltre all’istotipo dell’adenoma e al suo grado di displasia, vengono segnalati: • il tipo di carcinoma (più frequentemente adenocarcinoma) • il grado da G1 a G3 (rarissimo il G4) • la percentuale della neoplasia rispetto alla superficie totale dell’adenoma • il livello di infiltrazione in micron • il tipo di budding (cellule neoplastiche isolate o in microaggregati sul fronte invasivo profondo), se presente • la possibile invasione vascolare (indifferentemente se linfatica o venosa) • l’eventuale coinvolgimento del peduncolo e/o della base d’impianto sul margine di resezione. Il polipo maligno viene descritto, come le biopsie di lesioni sospette per neoplasia endoscopicamente, fornendo l’istotipo del carcinoma e il grading per quanto possibile; riguardo la possibile invasione della parete, l’esame bioptico, essendo limitato alla mucosa, non fornisce la documentazione di un’eventuale infiltrazione e non consente quindi una diagnosi differenziale preoperatoria tra carcinoma intramucoso o non-invasivo (WHO, 2010) e neoplasia infiltrante la parete intestinale. I polipi benigni necessitano soltanto di follow-up endoscopico, con controlli più o meno ravvicinati a seconda che la displasia segnalata dal patologo sia di alto o basso grado rispettivamente. Nei polipi cancerizzati se la neoplasia è a basso rischio e il margine di resezione sulla base d’impianto è indenne si segue il paziente con follow-up endoscopico: in questi casi il carcinoma è confinato alla mucosa, è interamente asportato, non è a rischio di metastasi e non richiede un’ulteriore resezione chirurgica. Il carcinoma è invece 16 ad alto rischio quando mostra scarsa differenziazione, budding di alto grado, invasione vascolare e, soprattutto, interessamento del margine di sezione: con i primi tre caratteri va valutata la possibilità di resezione, da decidere collegialmente, mentre in caso di asportazione incompleta con base infiltrata si consiglia la resezione del tratto intestinale sede della neoformazione. Anche quando il polipo è interamente maligno è raccomandata la resezione chirurgica. Il tempo di risposta per una diagnosi istologica da biopsia viene quantificato in un massimo di 7- 10 giorni lavorativi. 17. Analisi anatomopatologica del pezzo operatorio Una volta effettuata la resezione chirurgica per neoplasia (segmento di grosso intestino, emicolectomia, colectomia totale), questa viene inviata in anatomia patologica se possibile a fresco, oppure fissata in formalina. Vengono descritti, come sopra riportato per i polipi, i caratteri macroscopici della neoplasia: 1. esofitico-vegetante (a prognosi migliore) 2. endofitico-ulcerativo 3. anulare-stenosante (a prognosi peggiore) 4. infiltrativo tipo linite plastica (a prognosi peggiore). L’esame microscopico deve comprendere: • la sede del prelievo (maggiore propensione delle neoplasie del colon sinistro alle recidive) • l’istotipo, secondo la classificazione WHO 2010 (adenocarcinoma, adenocarcinoma mucinoso in presenza di più del 50% di muco extracellulare, carcinoma a cellule ad anello con castone in presenza di più del 50% di muco intracellulare, midollare caratterizzato da ricca componente linfocitaria intratumorale; molto più rari l’adenosquamoso, lo squamoso, il micropapillare, il cribriforme, quello a cellule fusate, l’indifferenziato-anaplastico, ecc: la prognosi è peggiore nei carcinomi mucinosi, in quelli con cellule ad anello con castone e negli anaplastici) • il grado da G1 a G3 (rari i G4); in alternativa si richiede almeno una differenziazione tra basso e alto gradi (prognosi peggiore per i G3-G4 e gli alti gradi) • l’eventuale ulcerazione (più spesso associata a “linfangiosi” neoplastica) • il livello di infiltrazione (indispensabile per la stadiazione) con descrizione di eventuale perforazione • i caratteri dei margini (infiltrativi o espansivi) • l’eventuale presenza di budding ad alto grado (cellule molto atipiche, G3, isolate o in microaggregati sul fronte invasivo profondo, prognosticamente sfavorevoli) • la presenza o meno di reazione linfocitaria peritumorale (favorevole se rilevante) • la possibile presenza di invasione neoplastica vascolare, venosa o linfatica, oppure perineurale • l’evidenza di altri possibili focolai neoplastici • altre eventuali patologie (polipi, adenomi, colite ulcerosa, malattia di Crohn, lesioni ischemiche, diverticoli, ecc) • lo stato dei margini di resezione, anche di quello radiale (maggiore frequenza di recidive) • i linfonodi. In particolare nei linfonodi vanno indicate: • le metastasi, per numero e sede (peggiore prognosi nell’interessamento dei linfonodi isolati alla radice dei vasi mesenterici) • l’eventuale presenza di reazione linfonodale (iperplasia aspecifica o istiocitosi dei seni, favorevoli, soprattutto l’iperplasia). Al momento non vengono richieste indagini immunoistochimiche con la citocheratina 20 per evidenziare micrometastasi emboliche di poche cellule nei seni linfonodali, dal momento che non se ne è rilevato un valore prognostico sicuro. Controversa è anche l’importanza prognostica di un incremento della p53 nella neoplasia. La diagnosi viene correlata dalla stadiazione secondo l’ultimo TNM, indicata come pTNM (p= patologico), dalla classificazione di Dukes modificata Astler e Coller e, nel retto, da quella di Jass. Nel TNM il T, che rappresenta il tumore, varia a seconda della profondità dell’infiltrazione: • Tis comprende il carcinoma in situ, intraepiteliale o intramucoso • T1 invade la sottomucosa • T2 infiltra la muscolatura propria • T3 si estende alla sottosierosa e al tessuto pericolico privo di peritoneo • T4 perfora il peritoneo viscerale (4a) o invade altri organi (4b). Quanto ai linfonodi regionali: • N1 indica metastasi in 1 (N1a) oppure in 2-3 linfonodi (N1b) o ancora segnala depositi 17 neoplastici “satelliti” (N1c) • N2 segnala metastasi in 4-6 (N2a) o in 7 o più linfonodi (N2b). I depositi neoplastici “satelliti” indicano una infiltrazione discontinua della neoplasia nel tessuto adiposo periviscerale, oppure una metastasi linfonodale massiva e completa in cui non è più riconoscibile tessuto linfonodale, o ancora una invasione vascolare venosa. Le metastasi a distanza vengono indicate con M: • M1a se confinata a un organo eventualmente asportabile (fegato, polmone, ovaio o anche linfonodi non regionali) • M1b se estesa a più organi o al peritoneo Va sempre descritta, se presente, l’invasione: • L1 di vasi linfatici • V1 o V2 di vasi venosi, rispettivamente microscopica o macroscopica • Pn 1 perineurale, soprattutto se circonferenziale L, V e Pn vanno specificati se in sede intra o peritumorale. Nella classificazione di Dukes: • A è limitato alla mucosa (=pTis) • B1 infiltra la muscolatura propria • B2 infiltra la parete a tutto spessore • C1 ha infiltrazione come B1 ma mostra anche metastasi linfonodali • C2 ha infiltrazione come B2 ma mostra anche metastasi linfonodali • D indica la presenza di metastasi a distanza La classificazione di Jass fornisce un punteggio basato sulla valutazione di: • livello di infiltrazione neoplastica nella parete (pT2 vs. pT3) • margini della neoplasia (espansivi o infiltrativi) • reazione linfocitaria peritumorale (cospicua o no) • metastasi linfonodali (0, oppure da 1 a 4, oppure >4) I punti si sommano in uno score totale indicativo di quattro gruppi: questi sono relativi alla prognosi, dalla migliore (gruppo I) alla peggiore (gruppo IV). Il tempo di risposta per l’approfondimento diagnostico sul materiale istologico raggiunge un tempo massimo di 10-15 giorni lavorativi. Per la determinazione della mutazione di KRAS, non eseguita nei nostri laboratori, ed indicata in presenza di neoplasia avanzata per la scelta del trattamento con farmaci biologici target oriented, ci si avvale di collaborazioni esterne: la determinazione dello stato di KRAS viene richiesta dallo specialista oncologo, che si occupa direttamente di seguire il processo in modo da avere un tempo di risposta massimo di 10-15 giorni lavorativi. Ciò consente di effettuare la visita oncologica post-dimissione avendo a disposizione esame istologico completo di dati molecolari. ONCOLOGIA MEDICA 18. Presa in carico del paziente Si riconoscono 3 diverse tipologie di pazienti : o Paziente con neoplasia colorettale operata: valutato presso l'ambulatorio oncologico di presidio o Paziente con neoplasia del retto extraperitoneale pre-intervento: valutati presso l'ambulatorio collegiale oncologico-chirurgico di presidio; ci si avvale di collaborazione esterna per la valutazione radioterapica o Paziente con neoplasia metastatica: valutato presso l'ambulatorio oncologico di presidio. Nei pazienti con neoplasia metastatica limitata resecabile e/o limitata non resecabile ma potenzialmente curabile la valutazione sarà collegiale oncologico-chirurgica. La visita oncologica o collegiale chirurgico-oncologica viene programmata entro 4 settimane dalla dimissione del paziente (è previsto per i pz operati un primo contatto con l'oncologo prima della dimissione). In tale visita vengono valutate: • la guarigione chirurgica, le condizioni generali e nutrizionali, le co-patologie per i pz con età > 70 anni candidati a possibili trattamenti oncologici è consigliata una valutazione geriatrica multidimensionale (è accettabile il ricorso al test rapido di screening VES-13) • la stadiazione di neoplasia: quando indicato completamento di stadiazione • è prevista una valutazione epatologica per i pazienti HbsAg + e/o anti Hbc+: i pz HbsAg+ candidati a chemioterapia vengono profilassati con Lamivudina • nei pazienti con malattia avanzata (specie quelli candidabili a terapie con farmaci biologici) viene determinato lo stato di KRAS (collaborazioni esterne all’AO) • per i pazienti cardiopatici è prevista l'esecuzione di ecocardiogramma e la determinazione di troponina e proBnp. 18 Quindi viene posta indicazione a: • programmazione di inizio della terapia adiuvante o palliativa (se indicata) • inserimento del pz nel programma di follow-up clinico e strumentale • posizionamento di un accesso vascolare centrale duraturo (port-a-cath) 19. Posizionamento di port-a-cath (solo nei pazienti candidati a trattamento neo-adiuvante per ca retto o a terapia infusionale) Responsabile: Dirigente Medico Servizio di Dialisi (Presidio di Vigevano-Lomellina) - Dirigente Medico U.O. Chirurgia (Presidio di Voghera-oltre Po) Luogo: Day Hospital oncologico/sala chirurgica Dialisi (Vigevano) -Day Hospital oncologico/sala chirurgica U.O. chirurgia (Voghera) Attività • apertura MAC 11 oncologica • esecuzione esami (emocromo, PT-PTT) • esecuzione procedura • controllo rx torace post procedura • osservazione per le 3 ore successive presso DH oncologico 20. Definizione del trattamento oncologico Responsabile: Dirigente Medico Oncologo Day Hospital oncologico - I.P. Day Hospital oncologico Luogo: Day Hospital oncologico Attività: • apertura MAC oncologica • esecuzione esami ematici • visita del paziente/rilievo parametri clinici (PA, Fc, peso) • preparazione farmaci chemioterapici • somministrazione chemioterapia • osservazione clinica post chemioterapia • compilazione cartella clinica e lettera di dimissione A. Chemioterapia adiuvante del colon • La CT adiuvante sistemica non è indicata nello stadio I (A-B1) • Nei pz in stadio II (B2-3) si ritiene opportuno procedere a CT adiuvante quando presenti fattori prognostici sfavorevoli: occlusione, perforazione, T4b, G3 (ad eccezione dei tumori MSI-H), angio-neuroinvasività, numero insufficiente di LGH esaminati (<12); più controverso il valore elevato pre-operatorio di CEA • Tutti i pz in stadio III (C) sono candidati a trattamento chemioterapico adiuvante sistemico • la CT adiuvante deve iniziare entro massimo 6-8 settimane dall'intervento chirurgico; in caso di complicanze chirurgico-internistiche è ammesso un ritardo fino a 11 settimane • il trattamento standard per i pz in stadio III ed in stadio II con fattori di rischio sfavorevoli prevede l'utilizzo di oxaliplatino-5FU-Ac. Folinico (FOLFOX 4) o oxaliplatino-capecitabina (XELOX) per 6 mesi (in attesa esito protocollo nazionale TOSCA) • nel caso di pz “fragili” è ammesso in alternativa l'uso di 5FU-AF bolo (schema Mayo Clinic-Machover), 5FU-AF infusionale (De Gramont) o capecitabina per os, per 6 mesi • nei pz con età >70 anni usare cautela nell'utilizzo di schemi di combinazione, rispetto alle sole fluoropirimidine, per tossicità e possibili effetti detrimentali (studio ACCENT) Algoritmo applicativo in uso per la CT adiuvante Stadio I (A-B1) follow-up Stadio II (B2-B3) follow-up Stadio II (B2-B3) ad alto rischio FOLFOX 4 – XELOX Stadio III FOLFOX 4 – XELOX Stadio II alto rischio-III in pz con: capecitabina per os, 5FU/AF bolo o infusionale - età >75 anni - comorbidità - PS>1 (Performance status) B. Terapia neoadiuvante-adiuvante ca. retto a. per le neoplasie del retto superiore (>12 cm o.a.): vedi neoplasie colon b. per le neoplasie del retto medio-inferiore (fino a 12 cm o.a.) • pz T1-T2/N0: chirurgia di elezione • pz T3-T4 e/o con mts LGH regionali-intramesorettali: viene raccomandata la radioterapia pre-operatoria associata a chemioterapia sistemica concomitante 19 • i pz in stadio B2-3 e C che non abbiano ricevuto il trattamento neo-adiuvante sono candidati a CT-RT adiuvante C. Trattamento della malattia metastatica a. i pazienti con malattia metastatica limitata (metacrona e sincrona) resecabile vengono inviati a valutazione collegiale chirurgico-oncologica. Vanno valutate per la chirurgia le mts epatiche (potenzialmente curativa se R0), le mts polmonari ed ovariche (potenzialmente curativa in casi selezionati se R0) e le recidive pelviche (se potenzialmente resecabili R0, se unica sede di malattia e generalmente dopo RT-CT pre-operatoria). Nelle mts epatiche sincrone potenzialmente resecabili valutare la possibilità di un downstaging con CT b. i pz con malattia metastatica non al momento resecabile ma potenzialmente curabile vengono inviati a valutazione collegiale oncologico-chirurgica. È indicato l'uso di terapie ad alta percentuale di risposta, per convertire la malattia a resecabile I regimi chemioterapici utilizzati comprendono associazioni di 5FU infusionale/ac. Folinico con oxaliplatino o irinotecan +/- farmaci biologici target oriented: • pz KRAS mutati: FOLFIRI o FOLFOX + BEVACIZUMAB • pz KRAS/BRAF mutati: FOLFOXIRI + BEVACIZUMAB (se PS:0 ed età<70 anni), preferibilmente in centri a maggior esperienza nell'uso di CT a maggior tossicità e farmaci target oriented • pz KRAS w.t.: FOLFIRI o FOLFOX + CETUXIMAB (come seconda istanza FOLFIRI+ bevacizumab) L'uso dei farmaci biologici è consentito in assenza di controindicazioni. È ammessa la sostituzione di 5FU infusionale/ac folinico con capecitabina per os soprattutto nei pz con potenziali problemi di impianto di port a cath. La CT va sospesa non appena la malattia risulti resecabile (onde evitare la potenziale tossicità epatica e l'aumento dei rischi chirurgici): sono consigliabili 6 cicli di CT (3 mesi di cura). Qualora la terapia utilizzata comprenda bevacizumab, quest'ultimo va sospeso 8 settimane prima della resezione chirurgica. Controverso è l'uso di chemioterapia “adiuvante” dopo resezione radicale di metastasi epatiche: in caso di ricorso a CT non utilizzare FOLFIRI, in base ai risultati negativi forniti dal suo utilizzo: i. in tutti i pazienti con malattia metastatica avanzata disseminata la chemioterapia sistemica viene valutata: quando indicata, la CT deve preferibilmente iniziare precocemente in quanto presenta vantaggi rispetto ad un inizio al momento della comparsa dei sintomi, sia in termini di sopravvivenza che di qualità di vita. Non si osservano differenza di risposta in relazione all'età. Tutti i pz sono candidabili al trattamento senza limite di età, ma tenendo conto delle comorbidità (patologie as-sociate) e del performance status. Il farmaco di scelta è il 5FU preferibilmente somministrato in infusione continua. Un'alternativa sono le fluoropirimidine orali (capecitabina) da prendere in considerazione nel caso di pz. Che presentino difficoltà all'infusione continua. I trattamenti polichemioterapici con associazioni di 5FU e farmaci quali oxaliplatino ed irinotecan determinano un considerevole incremento delle risposte obiettive associato spesso ad aumento della sopravvivenza; pertanto i trattamenti polichemioterapici sono da consigliare ove possibile. Sono considerati analoghi anche i regimi a due farmaci con associazione di capecitabina ed oxaliplatino e/o irinotecan. L'impiego di anticorpi monoclonali cetuximab e panitumumab (anti EGFR) in soggetti KRAS wild type e di bevacizumab (anti VEGFR) va preso in considerazione soprattutto nei pz sintomatici ed a rischio di vita per la malattia. ii. nei pazienti sintomatici e con qualità di vita e sopravvivenza compromessa dalla malattia è indicato l'uso di terapia che consentano una rapida riduzione della massa tumorale: • pz KRAS mutati : FOLFOX o FOLFIRI +/- bevacizumab • pz KRAS w.t.: FOLFOX o FOLFIRI +/- cetuximab (come seconda istanza bevacizumab) È ragionevole eseguire un I° ciclo con sola doppietta, alla quale aggiungere, in assenza di tossicità il farmaco biologico. Dopo 6 mesi di CT, in caso di controllo clinico di malattia ed in assenza di tossicità rilevanti e/o controindicazioni, è ammesso proseguire con il farmaco biologico fino a progressione o tossicità iii. nei pazienti asintomatici o paucisintomatici per malattia è ragionevole attuare un trattamento sequenziale con i vari farmaci a disposizione con attenzione alla tossicità: in tale categoria di pz l'uso dei farmaci biologici va valutato caso per caso, con particolare attenzione al costo/benefici 20 iv. v. vi. nei pazienti “fragili” e/o con malattia scarsamente aggressiva ed in assenza di intento potenzialmente curativo, è ragionevole proporre una monochemioterapia con 5FU/ac folinico o capecitabina, valutando al momento della progressione la possibilità di utilizzare una doppietta nei pazienti in progressione di malattia dopo un precedente trattamento chemioterapico, se in buone condizioni generali, deve essere presa in considerazione una terapia di seconda linea ed eventualmente anche di terza linea: FOLFOX>FOLFIRI; FOLFIRI>FOLFOX. Nei pz KRAS w.t. è possibile l'uso di bevacizumab dopo progressione con cetuximab. Nei pz KRAS w.t. che non abbiano usato precedentemente un anti EGFR, è possibile l'uso in terza linea di cetuximab o panitumumab. È accettabile in terza linea il re-trattamento con la prima combinazione utilizzata (se risultata efficace) nei pazienti con età>70-75 anni, previa valutazione geriatrica multidimensionale, l'uso di doppiette va riservato ai pz FIT; l'uso di farmaci biologici va riservato a casi selezionati, in base al progetto terapeutico e con estrema attenzione al profilo di tossicità 21. Follow-up clinico strumentale Vengono presi come riferimento i “Moduli di programmazione del follow up dell'oncologia italiana” recentemente aggiornati da AIOM nell'ambito delle Linee Guida 2012. • Esame clinico: Anamnesi ed esame obiettivo (comprendente l'esplorazione rettale nei pz operati per carcinoma del retto) ogni 3-4 mesi nei primi tre anni dal trattamento primario, ogni 6mesi fino al 5° anno. • CEA: ogni 3-4 mesi nei primi 3 anni, poi ogni 6 mesi fino al 5° anno • TC torace+ addome sup: Ogni 6-12 mesi nei primi 3 anni, TC o RMN della pelvi nei pz con mezzo di contrasto con carcinoma del retto. L'ecografia può sostituire la TC in caso di controindicazioni all'uso del m.d.c. e nei pz non candidabili ad ulteriori programmi chirurgici. Dopo il terzo anno può essere consigliabile un'ecografia dell'addome e un rx torace da eseguire ogni 12 mesi fino al 5° anno • Colonscopia: Una colonscopia completa (con visualizzazione del cieco) dovrebbe essere eseguita prime dell'intervento chirurgico o entro l'anno successivo all'intervento. Se normale dovrebbe essere ripetuta a distanza di 3 anni e, successivamente, con intervalli di 5 anni. • Valutazione endoscopica: Ogni 6 mesi per 2 anni per i pz affetti da tumori del retto del retto • In assenza di indicazioni cliniche sono sconsigliati i seguenti esami: emocromo o esami biochimici; determinazione di altri markers oltre il CEA; TC-PET con fdG; scintigrafia ossea, radiografia del torace, ecografie TRATTAMENTO DEGLI ADENOMI CANCERIZZATI 22. Definizione di adenoma cancerizzato Adenomi in cui si può accertare l'invasione della sottomucosa da parte di tessuto epiteliale neoplastico, con superamento della muscolaris mucosae (pT1). Sono pertanto esclusi dalla definizione i “carcinomi intramucosi” (il carcinoma supera la membrana basale ma non la muscolaris mucosae) e i carcinomi “intraepiteliali” (il carcinoma non supera la membrana basale) (pTis), che non hanno alcun potenziale biologico di metastasi. I termini “ca intramucoso” o “ca in situ” saranno utilizzati dall'anatomopatologo (in alternativa alla definizione preferita di “displasia ad alto grado”) solo in caso in cui la frammentazione dei campioni è tale da non poter valutare con certezza nell'ambito dell'adenoma la presenza o meno di infiltrazione. In tali casi è opportuna la ridiscussione del referto con l'anatomopatologo. 23. Trattamento del polipo (raccomandazioni per l'endoscopista): - misura del polipo: misura del diametro maggiore (se rilevante, indicare anche gli altri 2 diametri); l'eventuale peduncolo è da misurare a parte - tatuaggio di tutti i polipi con dimensione >1 cm (eccetto la sede cieco e retto) - tatuaggio di polipi di aspetto sospetto (contorno irregolare, ulcerazioni, zone depresse, peduncolo corto e immobile, scarso sollevamento alla iniezione della sottomucosa, pit-pattern 5 se magnificazione) - tatuaggio entro 2 settimane dei polipi risultati adenomi cancerizzati se non già tatuati durante l'esame endoscopico eseguito alla diagnosi 24. Definizione di polipo ad “alto rischio” È sufficiente la presenza di almeno 1 criterio: - componente carcinomatosa indifferenziata (G3) 21 - margine di resezione < 1 mm - evidenza di invasione vascolare linfatica o venosa - polipo peduncolato con invasione dei livelli 3-4 (Haggitt) - polipo sessile - polipectomia “piece-meal” 25. Stadiazione del polipo cancerizzato Per i polipi cancerizzati ad alto rischio per i quali è previsto l'intervento chirurgico, stadiazione e follow-up sono sovrapponibili a quelli previsti per il cancro del colon-retto Per i polipi cancerizzati a basso rischio, per i quali è prevista una gestione endoscopica, non esistono invece indicazioni definite riguardo la necessità e le modalità di stadiazione e di follow-up. Il controllo endoscopico sarà invece programmato a 3 mesi per valutare la radicalità dell'intervento, con controlli successivi a 12 e 36 mesi 26. Trattamento polipi cancerizzati Una volta che il polipo è stato rimosso completamente e la diagnosi istologica è stata di “adenoma cancerizzato”, la scelta riguardo la gestione del paziente (invio a chirurgia resettiva vs. follow-up endscopico) è strettamente correlata alle caratteristiche del polipo (alto rischio vs. basso rischio) e del paziente (età e rischio chirurgico). È necessario che il medico che prende in gestione il paziente e decide la strategia terapeutica raccolga, dall'endoscopista che ha asportato il polipo e dall'anatomopatologo che ha valutato il campione istologico, tutte le informazioni necessarie per definire il polipo come a basso o alto rischio. Operativamente si fa riferimento alle linee guida ROL RETTO del 10 maggio 2008: vedi tabella sotto riportata. 22 BIBLIOGRAFIA • • • • • • • NCNN (National Comprehensive Cancer Network). Practice Guidelines in Oncology: Colorectal Cancer 2007 Linee guida AIOM: tumori del colon-retto (2012) Primary colon cancer:ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, adjuvant treatment and follow-up. Annals of Oncology 21(Supplement 5): v70-v77, 2010 Rectal cancer: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Annals of Oncology 21 (Supplement 5): v82-v86, 2010 SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) Marzo 2003: management of colorectal cancer Gunderson LI, Jessup JM, Sargent DJ, et al.: Revised TN categorization for colon cancer based on national survival outcomes data. J Clin Oncol 2010; 28:(2); 264-71 Lanza G, Messerini L, Gafà R, Risio M. Colorectal tumors; the histology report: Digestive and Liver Disease 43S (2011) S344-S355 23