PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE
NEOPLASIE DEL COLON RETTO IN ELEZIONE
Rev. n°
Rev. n° 0
Descrizione modifica
Data
Novembre 2012
Preparato da: Gruppo di Lavoro Interdipartimentale per il Verificato e approvato:
PDTA del Cancro Colo-rettale
Direzione Sanitaria Aziendale
Gruppo di lavoro
COORDINATORE
Dott. Marco Danova
[email protected]
SEGRETARIO SCIENTIFICO
Dott. Angelo Olgiati
[email protected]
REFERENTI DI AREA
- ENDOSCOPIA
Dott. Ferruccio Biandrate
Dott. Giuseppe Fassardi
Dott. Ettore Gerosa
Vigevano
Voghera
Mortara
- RADIOLOGIA
Dott. Anna Volpati
Dott. Sole Prevedoni
Vigevano
Voghera
- CHIRURGIA
Dott. Cosimo Sansalone
Dott. Carlo Farina
Dott. Giansilvio Fossati
Dott. Giorgio Bottani
Dott. Mario Alessiani
Dott. Vittorio Turi
Vigevano
Voghera
Stradella
Mortara
Varzi
Mede
- ANATOMIA PATOLOGICA
Dott. Anna Coci
Dott. Giorgio Stella
Vigevano
Voghera
- ONCOLOGIA MEDICA
Dott. Angelo Olgiati
Dott. Paolo Giulio Cardellini
Dott. Lucio Liberato
Dott. Simone Bagnoli
Dott. Giovanni Ferrari
Dott. Giuseppe Andreoni
Vigevano
Voghera
Casorate
Mede
Varzi
Stradella
2
PREMESSA
SCOPO
LOGIGRAMMA GENERALE
ENDOSCOPIA
1. Accesso al servizio (criteri di accesso prioritario all'esame endoscopico)
2. Definizione dei criteri di entrata nel PDTA
3. Modalità d'invio dei pazienti all'ambulatorio di endoscopia digestiva
4. Modalità attuative esame endoscopico
CHIRURGIA
5. Presa in carico del paziente
6. Presa in carico durante il ricovero
7. Valutazione pre-trattamento (stadiazione di malattia)
8. Definizione del piano di trattamento
9. Preparazione all'intervento
10.
Procedura Chirurgica
11.
Valutazione post-operatoria
12.
Principi di trattamento integrato delle metastasi epatiche e polmonari
13.
Terapia della recidiva pelvica
5
5
5
6
6
6
6
6
7
7
7
7
9
9
10
12
12
15
14.
Trattamento del carcinoma del retto (medio inferiore) localmente avanzato
15.
Trattamento palliativo endoscopico
ANATOMIA PATOLOGICA
16.
Materiale bioptico proveniente da indagini endoscopiche
17.
Analisi anatomopatologica del pezzo operatorio
ONCOLOGIA MEDICA
18.
Presa in carico del paziente
19.
Posizionamento di port-a-cath
20.
Definizione del trattamento oncologico
21.
Follow-up clinico strumentale
TRATTAMENTO DEGLI ADENOMI CANCERIZZATI
22.
Definizione di adenoma cancerizzato
23.
Trattamento del polipo
15
15
16
16
17
18
18
19
19
21
21
21
21
24.
Definizione di polipo ad “alto rischio”
25.
Stadiazione del polipo cancerizzato
26.
Trattamento polipi cancerizzati
BIBLIOGRAFIA
21
22
22
23
3
Paziente sintomatico
Screening
ENDOSCOPIA
malattia
metastatica
malattia
non metastatica
STADIAZIONE
Colon Retto
intraperitoneale
non
resecabile
Retto extraperitoneale
potenzialmente
resecabile
Valutazione
collegiale
Valutazione
collegiale
CHIRURGIA
TERAPIA
MEDICA
TERAPIA
ADIUVANTE
TERAPIA
NEOADIUVANTE
FOLLOW-UP
4
PREMESSA
Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) è uno strumento finalizzato sia al governo
dei processi clinici ed organizzativi interni ad una struttura ospedaliera, che al miglioramento della
fruibilità dell'iter affrontato dal paziente con patologia neoplastica.
Il PDTA è il perno su cui ruotano gli interventi trasversali delle diverse professionalità e specificità
cliniche e costituisce il fulcro logistico e temporale per l'esito positivo del processo di cura.
Le direttive regionali ed i programmi di screening oncologici hanno indicato come priorità per
ciascuna Azienda Ospedaliera (AO), l'implementazione locale di PDTA, così da ottimizzare la
gestione dei pazienti con patologie oncologiche.
La ASL di Pavia ha attivato nel suo territorio il programma di screening del cancro colo-rettale
(CCR) promosso dalla Regione Lombardia nei soggetti di età compresa tra 50 e 69 anni. I test
vengono esaminati dai Laboratori dell'AO della Provincia di Pavia (presso i Presidi Ospedalieri di
Vigevano e Voghera); i servizi aziendali di gastroenterologia-endoscopia digestiva sono coinvolti
nell'eventuale avvio degli accertamenti di II livello (colonscopia) nei pazienti con sangue occulto
positivo. Il PDTA delle neoplasie colo-rettali si pone rispetto al programma di screening del cancro
del colon come una naturale fase successiva, che va dal momento della diagnosi di neoplasia al
trattamento chirurgico e/o medico.
L’AO della Provincia di Pavia è articolata in due Presidi Ospedalieri (Oltrepo e Lomellina)
comprendenti 7 strutture ospedaliere (Vigevano, Voghera, Mortara, Mede, Casorate, BroniStradella, Varzi), fra loro collegate a rete e diversamente coinvolte alla realizzazione del PDTA, in
base ai servizi di cui ogni realtà ospedaliera è dotata. L'AO inoltre si avvale di collaborazioni
esterne per l'espletamento di specifiche procedure diagnostico-terapeutiche.
La responsabilità del trattamento dei pazienti con CCR è a carico delle diverse figure mediche
specialistiche coinvolte nella gestione multidisciplinare della malattia e cioè Oncologi, Chirurghi,
Radioterapisti, Endoscopisti, Anatomo-patologi, Radiologi di Diagnostica ed Interventisti. Tra questi,
nello specifico, il medico oncologo riveste anche un ruolo di coordinamento e sintesi, intervenendo infatti nella maggior parte delle fasi-passaggi decisionali. I Coordinatori infermieristici
coadiuveranno il personale medico nel processo di assistenza.
La stesura del PDTA per il CCR ha utilizzato, per quanto riguarda la parte clinica, le evidenze più
recenti della letteratura, riassunte sostanzialmente nelle principali linee guida internazionali. Tra
queste, sono state scelte quelle che meglio soddisfano criteri di elevata qualità (AGREE), con
opportune integrazioni ricavate da linee guida nazionali.
La metodologia di elaborazione (ed attuazione) del PDTA tiene poi conto del ”continuous quality
improvement”; in particolare verranno definiti indicatori relativi a varie fasi del percorso da utilizzarsi
come monitoraggio del percorso stesso.
SCOPO
− Favorire una maggiore tempestività nella diagnosi, promuovendo un rapido accesso dei pazienti
con sospetto clinico di neoplasia alle procedure diagnostiche appropriate
− Definire un percorso di diagnosi e terapia della patologia, che evidenzi tutti i passaggi
indicandone tempi e responsabilità, al fine di favorire l'accesso di tutti i pazienti alle specifiche
modalità di trattamento, integrato e non (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, trattamenti
loco-regionali di RF e TACE) ottimizzandone la gestione sia organizzativa che clinica
− Coordinare i referenti delle varie aree specialistiche al fine di creare sinergie tra i diversi specialisti
− Migliorare la soddisfazione del paziente nel rapporto con la struttura ospedaliera e la “qualità
percepita” delle prestazioni erogate
− Potenziare quantitativamente e qualitativamente l'attività chirurgica-oncologica relativa al CCR
LOGIGRAMMA GENERALE
Il PDTA prende in considerazione il percorso assistenziale intra-ospedaliero seguito dal paziente
affetto da CCR. Il logigramma generale prevede le figure specialistiche dell’Endoscopista,
Chirurgo, Anatomo-patologo e Oncologo, con le seguenti attività specifiche:
ENDOSCOPISTA
• Definizione dei criteri per la priorità di accesso agli accertamenti endoscopici
• Esecuzione dell’indagine
• Applicazione criteri di entrata nel PDTA
• Attivazione della valutazione chirurgica
CHIRURGO
• Presa in carico del paziente in fase post-endoscopica
• Stadiazione della malattia
5
•
•
•
Organizzazione valutazione collegiale pre-chirurgica (retto)
Programmazione del ricovero e intervento chirurgico
Organizzazione valutazione collegiale pre-dimissione
ANATOMO-PATOLOGO
• Valutazione anatomo-patologica
ONCOLOGO
• Valutazione collegiale pre-chirurgica (retto)
• Valutazione indicazione a trattamento chemioterapico neoadiuvante (retto, malattia
metastatica potenzialmente resecabile)
• Esecuzione trattamento chemioterapico neoadiuvante (retto)
• Invio trattamento radioterapico neoadiuvante (retto)
• Invio a trattamento chirurgico dopo terapia neoadiuvante (retto)
• Presa in carico del paziente in fase post-chirurgica
• Valutazione collegiale pre-dimissione
• Valutazione indicazione ed invio a trattamento radioterapico adiuvante (retto)
• Valutazione indicazione a trattamento chemioterapico adiuvante
• Esecuzione di trattamento chemioterapico adiuvante
• Follow-up
• Terapia palliativa/di supporto
ENDOSCOPIA
1. Accesso al servizio (criteri di accesso prioritario all'esame endoscopico)
1.1. Pazienti sintomatici
1.1.1.sanguinamento rettale
1.1.2.anemia sideropenica di origine non altrimenti definita
1.1.3.alterazioni dell'alvo o dolore addominale con sintomi di allarme (calo ponderale,
sanguinamento rettale)
1.1.4.riscontro obiettivo di massa addominale o rettale
1.1.5.rilievo ecografico/TC di massa di sospetta origine colica
1.1.6.riscontro di lesione organica ad Rx clisma opaco o colonTC virtuale
1.2. Pazienti asintomatici
1.2.1.con positività del FIT (test immunologico fecale) dal programma screening CCR ASL
Pavia
1.2.2.in follow-up per pregressa neoplasia o polipectomie (accesso programmato)
2. Definizione dei criteri di entrata nel PDTA
2.1. Pazienti con diagnosi istologica di carcinoma colorettale (la conferma istologica del pz
valutato in elezione deve essere sempre disponibile; è accettabile non averla in presenza
di lesioni inequivocabili riscontrate con esame Rx clisma opaco o colon-TC virtuale non
raggiunte con l'esame endoscopico. È invece obbligatoria nelle lesioni rettali).
2.2. Pazienti con diagnosi istologica di adenoma colico non radicalmente asportabile per via
endoscopica.
2.3. Pazienti con diagnosi istologica di adenoma cancerizzato del colon con indicazione
chirurgica.
3. Modalità d'invio dei pazienti all'ambulatorio di endoscopia digestiva
3.1. Paziente inviato dal medico di medicina generale: prenotazione C.U.P. o presso
l'ambulatorio di endoscopia, con consegna dello schema di preparazione intestinale (le
prenotazioni con “bollino verde regionale” vengono effettuate solo presso l'ambulatorio di
endoscopia)
Tempi di attesa: quelli regionali previsti, tranne le richieste con “bollino verde” che
vengono evase entro 72 ore
3.2. Paziente inviato dal programma di screening: vedi sopra
3.3. Paziente inviato da reparti di degenza e/o specialisti interni all’AO (oncologo, chirurgo,
gastroenterologo): prenotazione diretta presso ambulatorio di endoscopia.
4. Modalità attuative esame endoscopico
La colonscopia viene eseguita in sedazione cosciente, con paziente accompagnato. Durante
l'esame vengono eseguiti i prelievi bioptici, quando necessari, e le eventuali polipectomie che
non presentino difficoltà tecniche: in tal caso verranno riprogrammate previa esecuzione degli
esami laboratoristici del caso. A conclusione della colonscopia il pz viene trattenuto in
6
osservazione e monitorato per 1 ora, poi dimesso e riaffidato all'accompagnatore, con divieto
di guidare. Il materiale bioptico viene inviato al servizio di Anatomia Patologica per es
istologico; l'esito è trasmesso dopo 7-10 giorni all'ambulatorio di endoscopia. Il pz viene
convocato telefonicamente (o secondo programmazione stabilita al momento della
colonscopia) per la consegna dell'esito istologico; in tale occasione il medico (chirurgo
referente) informerà il paziente circa l'eventuale prosecuzione degli accertamenti o
programmerà il ricovero ospedaliero quando indicato.
CHIRURGIA
5. Presa in carico del paziente
Responsabile: Chirurgo dell'U.O. di Chirurgia generale/ambulatorio di endoscopia
Luogo: Ambulatorio chirurgico o di endoscopia
Attività: Al momento del reclutamento del paziente il Chirurgo:
- prende visione dell'indagine endoscopica e del referto istologico
- ne illustra il significato al pz ed agli aventi diritto (previo consenso del pz)
- fornisce adeguata informazione al pz sulla malattia, gli approfondimenti diagnostici da
eseguire e le opzioni terapeutiche
- rilascia una relazione clinica al Medico Curante
- programma il successivo ricovero ospedaliero presso il relativo reparto chirurgico
- provvede alla prenotazione del ricovero secondo le procedure interne aziendali: la priorità
nella prenotazione è stabilita dal Dirigente medico sulla base di una adeguata valutazione
clinica del caso. Al momento della prenotazione il Dirigente medico valuterà se programmare
gli ulteriori approfondimenti diagnostici (stadiazione di malattia neoplastica: v. oltre) come prericovero (progetto DESIO) oppure durante il ricovero nel reparto di Chirurgia.
Il tempo intercorso tra la data di reclutamento del paziente (diagnosi) e la data del ricovero
ospedaliero deve essere mantenuta entro i 21 giorni.
6. Presa in carico durante il ricovero
6.1. Parte infermieristica
Responsabile: Coordinatore infermieristico e Infermiere di turno
Luogo: reparto di degenza
Attività: il pz è accolto dall'Infermiere di turno che:
- verifica l'identità del pz, completa l'intestazione della cartella clinica, posiziona il
braccialetto identificativo personale e compila la cartella infermieristica
- assegna la camera di degenza ed il posto letto
- illustra al pz ed ai famigliari l'organizzazione del reparto, le modalità e l'orario d'entrata dei
visitatori
- consegna la Carta dei servizi delle UU.OO. chirurgiche
- provvede a ritirare l'eventuale documentazione clinica personale del pz
- prepara il pz alla prima visita, rileva peso ed altezza, temperatura corporea, frequenza
cardiaca e PA e li trascrive sul foglio parametri clinici
- esegue gli esami ordinari previsti per le patologie oggetto del ricovero
- esegue terapie prescritte dal medico
- stampa le etichette autoadesive che riportano i codici identificativi del paziente e del
ricovero
6.2. Parte medica
Responsabile: Direttore U.O. Chirurgia e Dirigente Medico di turno
Luogo: reparto di degenza
Attività: Il Medico accettante che:
- prende visione della diagnosi di ricovero e della documentazione clinica
- visita il pz e provvede a redigere la cartella clinica
- illustra al pz la condizione clinica, la modalità e tempistica del percorso diagnosticoterapeutico
- richiede e fa firmare al pz il consenso informato nei casi dovuti
- formalizza gli accertamenti biochimici e strumentali da eseguire e richiede le eventuali
consulenze di altri specialisti e le registra in cartella clinica
- formalizza le modalità ed i tempi del monitoraggio clinico del pz
- formalizza la terapia e la dieta
7. Valutazione pre-trattamento (stadiazione di malattia)
Responsabile: Dirigente medico U.O. Chirurgia e Dirigente medico U.O. Radiodiagnostica
Luogo: reparto di degenza e radiologia
7
Attività: Il dirigente Medico della U.O. Di Chirurgia accettante il pz richiede gli esami
necessari per la stadiazione di malattia ed eventuali integrazioni diagnostiche motivate. Il
Radiologo provvede all’esecuzione degli accertamenti programmati.
Principi generali:
- nelle neoplasie del colon e del III superiore del retto è necessario l'uso routinario della TC
torace-addome superiore ed inferiore con mdc, per la definizione dei parametri T,N,M;
l'ecografia addominale e l'Rx torace sostituiscono la TC nei pz allergici al mezzo di contrasto
- nelle neoplasie del III medio-inferiore del retto l'estensione del tumore deve essere valutata
con TC torace-addome-pelvi con mdc. Si associa l'esecuzione di r-EUS e di RMN della sola
pelvi per la definizione dei parametri T ed N
- non vi è indicazione all'uso routinario di scintigrafia ossea e di PET
- la determinazione di CEA ha un valore prognostico ed un ruolo nel follow-up e pertanto
va eseguita pre-operatoriamente
- non vi è indicazione al dosaggio di altri marcatori oncologici
Indagini di routine
TC torace, addome e pelvi con mdc
Ecoendoscopia rettale
RMN pelvi
CEA
Indagini mirate
Ecografia con mdc1
hTC + colonscopia virtuale2
Colonscopia con tatuaggio lesione3
Neoplasia colon
X
X
Neoplasia retto
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
1in
presenza di sospetti secondarismi epatici; tipizzazione – tipo, numero e sedi di aree focali
epatiche
2valutazione pre-operatoria nei casi di colonscopia incompleta -valutazione lesioni sincrone- o per
chirurgia laparoscopica
3su casi selezionati: tumore di piccole dimensioni, polipo cancerizzato già asportato, indicazione a
chirurgia laparoscopica)
Secondo i criteri TNM (VII edizione) gli stadi del tumore del colon e del retto intraperitoneale e
extraperitoneale sono così definiti:
T: Tumore primitivo
Tx Tumore primitivo non definibile
T0 Tumore primitivo non evidenziabile
T1s Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria
T1 Tumore che invade la submucosa
T2 Tumore che invade la muscolare propria
T3 Tumore che invade i tessuti pericolici
T4a Tumore che penetra il peritoneo viscerale
T4b Tumore che invade direttamente o è aderente ad altri organi o strutture
N: Linfonodi regionali
Nx
Linfonodi regionali non valutabili
N0
Assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1
Metastasi a 1-3 linfonodi regionali
N1a
Metastasi a un linfonodo regionale
N1b
Metastasi a 2-3 linfonodi regionali
N1c
Deposito di cellule neoplastiche in subsierosa, mesentere o tessuti
pericolici o perirettali non peritonealizzati senza metastasi ai linfonodi
regionali
N2
Metastasi in 4 o più linfonodi regionali
N2a Metastasi a 4-6 linfonodi regionali
N2b Metastasi in 7 o più linfonodi regionali
M: Metastasi a distanza
M0
Assenza di metastasi a distanza
M1
Presenza di metastasi a distanza
M1a Metastasi in un solo organo/sito
M1b Metastasi in più di un organo/sito o nel peritoneo
8
Stadio
T
N
M
Dukes
MAC
0
Tis
N0
M0
-
-
I
T1
N0
M0
A
A
T2
N0
M0
A
B1
IIA
T3
N0
M0
B
B2
IIB
T4a
N0
M0
B
B2
IIC
T4b
N0
M0
B
B3
IIIA
T1-T2
N1/N1c
M0
C
C1
T1
N2a
M0
C
C1
T3-T4a
N1/N1c
M0
C
C2
T2-T3
N2a
M0
C
C1/C2
T1-T2
N2b
M0
C
C1
T4a
N2a
M0
C
C2
T3-T4a
N2b
M0
C
C2
T4b
N1-N2
M0
C
C3
IVA
Any T
Any N
M1a
-
-
IVB
Any T
Any N
M1b
-
-
IIIB
IIIC
Per il tumore del retto extraperitoneale candidabile a terapia chemio-radio neoadiuvante vanno
definite sia la stadiazione clinica (cTNM) che quella ottenuta dopo il trattamento (yTNM). Inoltre, sul
pezzo operatorio dopo terapia neoadiuvante è fondamentale definire il TRG (Tumor Regression
Grading).
Il TRG secondo sec. Dworak è il seguente:
• TRG 0: solo neoplasia (assenza di risposta)
• TRG 1: predominanza di neoplasia con associata fibrosi
• TRG 2: predominanza di fibrosi con associata neoplasia ben riconoscibile
• TRG 3: marcata fibrosi con rare cellule neoplastiche
• TRG 4: solo fibrosi senza cellule neoplastiche (risposta completa)
8. Definizione del piano di trattamento
In base alla stadiazione eseguita, viene definito il piano di trattamento per il singolo
paziente, dopo valutazione collegiale nel Gruppo Multidisciplinare delle Neoplasie del
Colonretto. In particolare:
• i pazienti con neoplasia del colon e del retto intraperitoneale senza metastasi (M0) oppure
del retto extraperitoneale T1-T2 N0M0 verranno avviati a chirurgia sul tumore primitivo
• i pazienti con neoplasia del retto extraperitoneale localmente avanzata ( T3-4 e/o N1-2
“clinico”) oppure candidati a resezione addomino-perineale devono essere valutati per un
trattamento combinato pre-operatorio RT+CT, al fine di ottenere un down-staging della
malattia e diminuire il rischio di ripresa locale
• i pazienti con malattia metastatica (M+), indipendentemente dalla sede del tumore
primitivo dovranno essere valutati per un eventuale trattamento integrato chemioterapico,
chirurgico ed, eventualmente, radioterapico.
9. Preparazione all'intervento
Responsabile: Dirigente Medico dell’U.O. Chirurgica – I.P. Della U.O. Chirurgica
Luogo: Reparto di degenza
Attività:
9.1. Richiesta esami pre-operatori
- Ecg
- Valutazione cardiologica (su indicazione specifica)
- Valutazione anestesiologica
- Valutazione bioumorale: azotemia, glicemia, creatinina, bilirubina fr., CEA,
colinesterasi, CPK, fosfatasi alcalina, elettroforesi sieroproteica, ggt, elettroliti,
transaminasi, emocromo,PT-PTT, emogruppo e prove crociate, es urine.
9
9.2. Profilassi antibiotica
Il paziente candidato ad intervento chirurgico per neoplasia del colonretto viene
sottoposto a profilassi antibiotica in sala operatoria circa 30 min. prima dall’incisione
cutanea utilizzando cefazolina 2 gr e.v. (1 gr se pz < 70kg). In caso di allergia a
cefalosporine, si potrà utilizzare gentamicina 80 mg e.v. e clindamicina 600 mg, oppure
ciprofloxacina 400 mg e.v.
9.3. Profilassi antitromboembolica
La profilassi anti tromboembolica prevede l’utilizzo di eparina a basso peso molecolare.
Per pazienti a basso rischio e peso compreso entro 70 Kg, la dose consigliata è di 4000 UI
di enoxaparina (o equivalente dosaggio per altre eparine a basso peso molecolare).
Per pazienti ad alto rischio e/o peso superiore a 70 kg, il dosaggio consigliato è pari a
100UI/kg di Fatt. Xa in associazione a sistema compressione pneumatica sequenziale
degli arti inferiori. La profilassi va iniziata 12 ore prima dell' intervento (ore 20 del giorno
precedente l'intervento) e protratta per 30 giorni.
9.4. Tricotomia
Responsabile: infermiere
Modalità: utilizzo del rasoio elettrico con lama monouso. La tricotomia sarà effettuata
un’ora prima dell’intervento presso il reparto di degenza. La tricotomia deve
comprendere la cute dell’addome e la regione pubica in ogni caso. Qualora sia
previsto un intervento di amputazione addomino-perineale, deve essere estesa anche
alla regione perineale.
9.5. Preparazione dietetica ed intestinale
- dieta senza scorie dal momento del reclutamento
- il giorno precedente l'intervento dieta idrica
- il mattino del giorno precedente l'intervento:
Patologie NON stenosanti: non necessaria preparazione intestinale, clistere evacuativo
(Clisma-sac 2 litri soluzione al 5% di glicerina) per ca. del colon destro e trasverso medio
prossimale
Patologie STENOSANTI: clistere evacuativo (Clisma-sac 2 litri soluzione al 5% di glicerina)
per neoplasie del colon destro e trasverso medio prossimale, non necessaria per gli altri
distretti
Interventi LAPAROSCOPICI: dieta senza scorie dal momento del reclutamento; il giorno
precedente l'intervento dieta idrica e assunzione di dimeticone (Mylicon 30 gtt)
DIGIUNO PRE-OPERATORIO: dalla mezzanotte precedente l'intervento va evitata
l'assunzione di cibo e bevande.
9.6. Identificazione della sede della stomia
Nel caso in cui è previsto o è altamente probabile il confezionamento di una stomia, il
paziente deve essere informato prima dell'intervento; quindi sarà sottoposto a
marcatura del sito cutaneo nel quale dovrà essere posizionata la stomia tenendo in
considerazione la conformazione dell’addome e la disposizione delle pieghe cutanee
sia in posizione eretta che in posizione seduta.
9.7. Lavaggio igienico pre-operatorio
Da effettuarsi preferibilmente il giorno dell'intervento (o quando non è possibile la sera
precedente) da parte del paziente se autosufficiente oppure da parte dell' infermiere
se il paziente non fosse autosufficiente, con spugnature al letto
Modalità: utilizzo di detergente antisettico
10. Procedura Chirurgica
10.1.
Principi generali in chirurgia di elezione delle neoplasie del colon-retto
• Esplorazione completa della cavità addominale
• In presenza di versamento libero eseguire prelievo di liquido per es. citologico
• Eseguire prelievo di qualsiasi neoformazione peritoneale sospetta (viscerale o parietale)
per esame istologico
• Ridurre al minimo la manipolazione del tumore, che deve essere rimosso ove possibile
integro
• Al fine della radicalità oncologica dell'intervento, l'estensione della resezione deve
comprendere: Colon: margine di resezione prossimale e distale >/= 5 cm; Retto: margine
prossimale >/= 5 cm, distale >/= 2 cm (</= 1 cm se distanza dal margine anale è < 5 cm)
• Le legature vascolari devono essere eseguite alla radice dei vasi per garantire una
corretta linfadenectomia, il cui valore prognostico è nullo se < a 12 linfonodi rinvenuti
• In presenza di adesione od infiltrazione dei tessuti retroperitoneali l'area interessata deve
essere delimitata con clips metalliche per eventuale radioterapia post operatoria
• In presenza di anastomosi colo-rettali basse, ultrabasse o colo-anali è raccomandato il
10
confezionamento di una cutaneostomia temporanea di protezione
Nel report operatorio è sempre necessaria la descrizione completa e dettagliata di tutte
le fasi dell'intervento, con particolare riguardo alle difficoltà incontrate nella
mobilizzazione del segmento colico interessato dalla neoplasia, la sua eventuale
apertura, nonché di tutte le complicanze sopraggiunte nel corso dello stesso
Le procedure chirurgiche previste in base alla sede della patologia sono le seguenti:
A. RESEZIONE COLICA
• EMICOLECTOMIA DESTRA: per neoplasie del cieco, appendice, colon ascendente e
flessura epatica.
o Vengono resecati gli ultimi 10-15 cm di ileo, il cieco, il colon ascendente e la
flessura epatica
o Si lega l’arteria ileo-colica, la colica destra e il ramo destro dell’arteria
colica media
o L’estensione della resezione sul colon traverso con legatura dei vasi colici
medi è dettata dalla sede del tumore
o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi ileo-colica T-T, T-L oppure L-L
manuale o meccanica
• COLECTOMIA SEGMENTARIA DEL TRASVERSO: per neoplasie del colon traverso con
esclusione delle flessure.
o Viene resecata la parte centrale del colon traverso compresa tra le due
flessure
o Si lega l’arteria colica media alla sua origine
o Vengono mobilizzate le due flessure per evitare qualsiasi trazione
sull’anastomosi
o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-colica T-T o L-L manuale
o meccanica
• EMICOLECTOMIA SINISTRA ALTA: per neoplasie della flessura splenica e del colon
discendente.
o Vengono resecati la flessura splenica ed il colon discendente
o Viene legata l’arteria colica sinistra all’origine
o È necessaria la mobilizzazione del colon traverso distale per evitare trazioni
sull’anastomosi
o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-sigmoidea T-T o L-L
manuale o meccanica
• EMICOLECTOMIA SINISTRA CLASSICA: per neoplasie del colon discendente e del
sigma.
o Vengono resecati la flessura splenica, il colon discendente, il sigma e la
giunzione sigma-retto
o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore ad 1 cm dalla sua emergenza
dall’aorta
o È necessaria la mobilizzazione del traverso distale per evitare trazioni
sull’anastomosi
o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-rettale T-T o T-L manuale
o meccanica
• RESEZIONE DEL SIGMA: per neoplasie del sigma e passaggio sigma-retto.
o Vengono resecati il sigma ed il giunto sigma-retto
o Può essere necessario mobilizzare la flessura splenica
o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore a valle dell’arteria colica sinistra:
la legatura alta dell’arteria mesenterica inferiore (all’origine) non presenta
vantaggi oncologici significativi rispetto alla legatura bassa
o La ricanalizzazione si effettua con anastomosi colo-colica T-T o T-L manuale
o meccanica
• RESEZIONE sec HARTMANN: per neoplasie del sigma e passaggio sigma-retto, in casi
“selezionati”.
o Vengono resecati il sigma ed il giunto sigma-retto
o Viene legata l’arteria mesenterica inferiore a valle dell’arteria colica sinistra:
la legatura alta dell’arteria mesenterica inferiore (all’origine) non presenta
vantaggi oncologici significativi rispetto alla legatura bassa
o Viene chiuso il moncone colico distale e confezionata una colocutaneostomia in fossa iliaca sinistra
•
11
B. RESEZIONE DEL RETTO
È raccomandata l’asportazione del mesoretto sino ad almeno 5 cm dal margine distale del
tumore, equivalente alla asportazione totale del mesoretto (TME) nei tumori del 3° medio ed
inferiore. È prevista:
• RESEZIONE ANTERIORE DEL RETTO per neoplasie del retto al di SOPRA della riflessione
peritoneale.
o Vengono resecati il sigma ed il retto a 5cm dal margine inferiore della
neoplasia con relativo mesoretto
• RESEZIONE ANTERIORE DEL RETTO per neoplasie del retto al di SOTTO della riflessione
peritoneale.
o Vengono resecati il sigma ed il retto a 1-2 cm dal margine inferiore della
neoplasia con tutto il mesoretto (TME)
• RESEZIONE ANTERIORE BASSA (LAR: Low Anterior Resection): con anastomosi colorettale.
• RESEZIONE ANTERIORE ULTRABASSA con anastomosi colo-anale (CAA- colo-anal
anastomosi).
o In presenza di anastomosi colo-rettali basse, ultrabasse o colo-anali ci si
avvale
del
confezionamento
di
una
ileocutaneostomia
o
colocutaneostomia temporanea (8-12 settimane) di protezione.
• AMPUTAZIONE ADDOMINO-PERINALE (sec. MILES) per neoplasie del RETTO
SOTTOPERITONEALE o del CANALE ANALE.
o Riservata a quei tumori che invadono gli sfinteri o che siano così bassi da
non poter sezionare il retto lasciando un margine sicuro di 1-2 cm, o quando
il segmento di parete distale non sia oncologicamente sicuro o si
accompagnano a sfinteri già incontinenti per altre cause
o Vengono resecati il sigma, il retto, l’ano e l’apparato sfinterico
o Viene confezionata una colostomia terminale permanente in fossa iliaca
sinistra
Le suddette procedure possono essere eseguite sia con tecnica laparotomica o
videolaparoscopica: la chirurgia laparoscopica è ormai considerata una valida alternativa
all'intervento chirurgico “open” in casi selezionati di neoplasia colica (pz senza precedenti
laparotomie, non obesi, di età non avanzata, senza problematiche respiratorie). Come dimostrato
in letteratura i risultati dal punto di vista oncologico sono sovrapponibili.
11. Valutazione post-operatoria
Responsabile: Dirigente Medico della U.O. Chirurgia-I.P. della U.O. Chirurgia
Luogo: Reparto di degenza
Attività:
• Valutazione clinica (in conformità ai protocolli clinici-organizzativi in uso)
• Valutazione infermieristica (in conformità ai protocolli infermieristici in uso)
• Controllo della cutaneostomia nelle prime 48 ore (complicanze post-operatorie precoci)
• Educazione alla gestione della stomia da parte di personale infermieristico competente
dopo 5-6 giorni
• Controllo esami di routine
• Valutazione oncologica, soprattutto riservata ai pz per i quali sulla base dello stadio
patologico e dei dati clinici è prevedibile un trattamento adiuvante. In tale valutazione
preliminare avviene la presa in carico del pz da parte dell'oncologo e l'illustrazione del
programma clinico/terapeutico previsto
• Compilazione lettera di dimissione
• Esenzione per patologia alla dimissione (codice 0.48-modulo allegato a dimissione)
• Programmazione visita di controllo presso l'Ambulatorio Oncologico
12. Principi di trattamento integrato delle metastasi epatiche e polmonari
I pazienti affetti da neoplasia del colonretto metastatica, indipendentemente dalla sede del
primitivo, con lesioni secondarie limitate al fegato o al polmone, in buon performance status
(ECOG: 0-1), devono essere valutati per un trattamento integrato chemioterapico, chirurgico e
di radiologia interventistica. I pazienti che risultano candidabili a un trattamento chirurgico
delle metastasi, già all’ esordio o dopo chemioterapia “di conversione”, hanno un vantaggio in
termini di sopravvivenza globale, nonché di possibilità di guarigione definitiva dalla malattia,
rispetto a coloro che non ricevono un trattamento chirurgico. Inoltre, gli studi disponibili
sembrano evidenziare un vantaggio in termini di sopravvivenza globale e libera da malattia
nella somministrazione di un trattamento chemioterapico prima della resezione delle metastasi.
La resezione differita permetterebbe di riconoscere una malattia solo apparentemente
12
limitata: una crescita della neoplasia in corso di un adeguato trattamento chemioterapico è la
spia di focolai di micrometastatizzazione già presenti che quindi avrebbero portato, con
pressoché assoluta certezza, una recidiva della neoplasia in poco tempo dopo l’intervento
chirurgico. In alcuni casi selezionati, metodiche di radiologia interventistica possono integrare il
trattamento chirurgico e chemioterapico per un controllo migliore della malattia.
12.1.
Trattamento delle metastasi epatiche
I pazienti con metastasi epatiche, in assenza di malattia extraepatica, devono ricevere
una valutazione chirurgica volta ad accertare le indicazioni resettive. Al fine di ottenere un
vantaggio sulla sopravvivenza del paziente, la resezione deve essere programmata con la
finalità di ottenere una resezione R0 (cioè assenza di malattia sia macroscopica che
microscopica). Il trattamento dei pazienti viene definito in base a due variabili:
• tempistica di comparsa delle metastasi rispetto alla neoplasia primitiva (sincrone o
metacrone)
• resecabilità delle lesioni
In particolare, in relazione a questa seconda variabile, è possibile definire, dal punto di
vista tecnico-chirurgico:
• Lesioni epatiche resecabili con intento R0
o uniche o multiple localizzate o al lobo destro (s5-8 ) o al lobo sinistro (s1-4)
(epatectomia dx, epatectomia sn)
o uniche o multiple localizzate al lobo dx + s4 (epatectomia dx allargata)
o uniche o multiple localizzate al lobo sn + s5,8 (epatectomia sn allargata)
o uniche o multiple localizzate a s2, 3, 6, 7
o uniche o multiple localizzate a s4 e/o a s5 (mesoepatectomia)
o uniche o multiple localizzate al lobo destro (s5-8 ) + uniche o multiple localizzate
ai segmenti 2 e 3 a patto che nessuna lesione ricada all’interno dei criteri di
assoluta non resecabilità
o uniche o multiple localizzate al lobo sinistro (s1-4) + uniche o multiple localizzate ai
segmenti 6 e 7 a patto che nessuna lesione ricada all’interno dei criteri di
assoluta non resecabilità
• Lesioni epatiche potenzialmente resecabili con intento R0
Pazienti la cui malattia non sia immediatamente resecabile o l’ottenimento di
R0 sia dubbio, ma potenzialmente recuperabili impiegando metodiche
combinate e/o procedure sequenziali con lo scopo di indurre ipertrofizzazione
del parenchima epatico e/o downstaging della malattia (chemioterapia e
two-stage operation)
• Lesioni epatiche non resecabili
o volume epatico residuo <30% del totale se il parenchima epatico è sano o
<40% se epatopatia pre-esistente, diabete o CHT
o lesioni
coinvolgenti
ramo
destro
e
sinistro
della
vena
porta
contemporaneamente
o lesioni infiltranti la diramazione di I ordine della vena porta all'ilo di un lato e
della vena sovraepatica controlaterale
o lesioni in prossimità delle tre vene sovraepatiche contemporaneamente
Dopo la Discussione Multidisciplinare, i pazienti con malattia metastatica resecabile con
intento R0 (ab initio o potenzialmente, in base ai criteri di resecabilità sopra riportati)
possono essere inquadrati nei seguenti sottogruppi di trattamento:
• Pazienti con metastasi epatiche sincrone considerate tecnicamente resecabili con
intento R0 In questi pazienti bisogna considerare la necessità di effettuare un
trattamento chirurgico sia sul tumore primitivo che sulle metastasi. Le metastasi
“sincrone” non devono essere resecate simultaneamente alla neoplasia primitiva in
assenza di esperienza del chirurgo e di supporto tecnologico adeguato. La
colectomia deve essere eseguita come primo atto chirurgico solo in caso di
neoplasia ostruente o sanguinante, ove tale quadro non sia palliabile con stent
endoscopico. In casi selezionati (es lesione singola di diametro <5 cm) i pazienti
vengono sottoposti a trattamento chirurgico combinato a livello del primitivo e sulla
lesione, seguito da un trattamento chemioterapico di I linea. Negli altri casi i pazienti
vengono sottoposti a trattamento chemioterapico peri-operatorio con i regimi
proposti come I linea per la malattia metastatica. Il trattamento chemioterapico
preoperatorio va sospeso non appena la malattia risulti resecabile (onde evitare la
potenziale tossicità epatica e l'aumento dei rischi chirurgici):sono consigliati 6 cicli di
CT (3 mesi di cura). Qualora la terapia utilizzata comprenda bevacizumab,
quest'ultimo va sospeso 8 settimane prima della resezione chirurgica. Dopo
13
l’intervento chirurgico saranno eseguiti ulteriori 3 mesi dello stesso trattamento, al
fine di ottenere un trattamento completo di I linea metastatica della durata totale
di 6 mesi. Al momento dell’ intervento chirurgico è proponibile, anche in modo
sincrono, la colectomia e la resezione epatica, eventualmente quest’ultima in due
tempi.
• Pazienti
con
metastasi
epatiche
sincrone
considerate
tecnicamente
potenzialmente resecabili con intento R0 La colectomia deve essere eseguita come
primo atto chirurgico solo in caso di neoplasia ostruente o sanguinante, ove tale
quadro non sia palliabile con stent endoscopico. Negli altri casi i pazienti vengono
sottoposti a trattamento chemioterapico a finalità di “conversione” con i regimi
proposti come I linea per la malattia metastatica (vedi sopra). Nel caso in cui le
lesioni epatiche divengano resecabili con intento R0 è proponibile l’intervento
chirurgico, sia sul primitivo che sulle metastasi.
• Pazienti con metastasi epatiche metacrone considerate tecnicamente resecabili
con intento R0. La resezione chirurgica è il trattamento di scelta. Ancora controverso
è l'uso di chemioterapie adiuvanti dopo resezione radicale di metastasi epatiche: in
caso di ricorso a CT non utilizzare FOLFIRI, in base ai risultati negativi forniti dal suo
utilizzo.
In tutti gli altri casi , qualora non giudicato fattibile l'approccio chirurgico ab initio,i
pazienti vengono sottoposti a un trattamento chemioterapico perioperatorio con i
regimi proposti come I linea per la malattia metastatica (vedi sopra).
• Pazienti con metastasi epatiche metacrone considerate tecnicamente
potenzialmente resecabili con intento R0. I pazienti vengono sottoposti a
trattamento chemioterapico a finalità di “conversione” con i regimi proposti come I
linea per la malattia metastatica (vedi sopra) Nel caso in cui le lesioni epatiche
divengano resecabili con intento R0 è proponibile l’intervento chirurgico sulle
metastasi.
Al trattamento chirurgico delle metastasi potrà essere affiancato il trattamento
locoregionale di Radiologia Interventistica con RFTA sia con l’approccio percutaneo (p
RFTA) che con quello laparoscopico (vdl RFTA) o intraoperatorio laparotomico (i.o. RFTA).
La RFTA, nelle sue diverse modalità, sarà proposta per quelle lesioni in cui l’intervento
chirurgico risulta controindicato per difficoltà tecniche o perché determinerebbe
un’asportazione troppo estesa di tessuto sano epatico, tale da compromettere la
funzionalità residua del fegato.
È inoltre proponibile nei casi in cui le condizioni cliniche del paziente controindichino un
intervento chirurgico.
La p RFTA è tecnicamente proponibile per:
- lesioni di diametro < 3.0 cm
- numero di lesioni ≤ 2
- lesioni intraprenchimali
La vdl RFTA e la io RFTA è tecnicamente proponibile per:
- lesioni di diametro > 3.0 cm e < 5 cm
- numero di lesioni > 2 e ≤ 5
- lesioni sottocapsulari S3,4 e 5 o paracolecistiche
Nei casi non reclutati per la chirurgia resettiva e di difficile approccio anche con RF
(metastasi difficili da visualizzare con ecografia o multiple, maggiori o uguali a 3, con
impegno epatico <al 50%) può essere proposta la chemioembolizzazione transarteriosa
(TACE) con particelle embolizzanti precaricate con irinotecan (200 mg totali, in uno o in
entrambi i lobi in 2 TACE successive eseguite a distanza di 60 giorni). Tale metodica, che
sembra dare aumento della sopravvivenza quando confrontata con la chemioterapia
classica in pz con metastasi epatiche da CCR, prevede il trattamento in anestesia
generale (per evitare l'intenso dolore suscitato dalla procedura) in sala angiografica.
Per la Radioterapia e la radiologia interventistica con RFTA e TACE AO si avvale di
collaborazione esterne, principalmente con strutture operanti nel DIPO (Istituto Clinico
Beato Matteo, Vigevano; Fondazione Maugeri Pavia; IRCC San Matteo, Pavia).
12.2.
Trattamento integrato delle metastasi polmonari
I pazienti con lesioni polmonari singole in assenza di una malattia extrapolmonare devono
essere valutati per un eventuale trattamento chirurgico della lesione oppure un
trattamento con RFTA percutanea. In relazione all’intervallo di malattia, potrà essere presa
in considerazione una chemioterapia perioperatoria o una chemioterapia successiva all’
asportazione della metastasi, seguendo i trattamenti chemioterapici di I linea riportati.
14
13. Terapia della recidiva pelvica
Pazienti con recidiva pelvica di malattia (NON precedentemente irradiati oppure già
precedentemente irradiati) devono essere considerati per un trattamentp RT con intento:
- citoriduttivo/curativo o di controllo locale prolungato (in caso di contatto con la parete
pelvica F1-F3)
- palliativo (in caso di infiltrazione di strutture ossee F4)
Nei trattamenti con finalità curativa o di controllo locale prolungato l'associazione con la CT è
raccomandata “F” è il criterio adottato per definire lo stadio di fissità, che ha importante valore
prognostico:
- F0: non contatto con la parete pelvica (recidiva anastomotica pura, recidiva perineale)
- F1: contatto con la parete pelvica, non esteso a più di un quadrante
- F2: contatto con la parete pelvica, non esteso a più di 2 quadranti
- F3: contatto con la parete pelvica, esteso a più di due quadranti
- F4: infiltrazione delle strutture ossee o intestinali
Nella definizione radiologica dello stadio la TC o RMN sono le metodiche di elezione. La PET
può essere utile per escludere la presenza di metastasi o per distinguere la recidiva da esiti
chirurgici. A 6-8 settimane dalla fine della RT-CT, è raccomandata una rivalutazione clinicostrumentale della recidiva, per valutare una possibile indicazione chirurgica.
14. Trattamento del carcinoma del retto (medio inferiore) localmente avanzato
Il trattamento chirurgico del ca. del retto localmente avanzato (T3-T4 e/o N1-2) è associato ad
una elevata percentuale di resezione incompleta e ripresa di malattia a livello pelvico.
L'evidenza disponibile indica che la RT preoperatoria è associata ad una significativa riduzione
delle recidive locali entro i 5 anni dall'intervento. Inoltre l'associazione di RT-+-CT preoperatoria
è in grado di determinare un downstaging della neoplasia rettale che può consentire la
riduzione degli interventi di resezione addomino-perineali. Il suo impiego deve essere preso in
considerazione in tutti i pz con lesioni del retto basso non candidabili a escissione locale.
In generale sono da considerare criteri di esclusione per una terapia neo-adiuvante preoperatoria:
- portatori di metastasi a distanza
- gravi patologie che controindicano l'impiego della RT-CT (diabete scompensato, alcoolismo,
cardiopatie severe)
- precedente irradiazione della pelvi e/o trattamento con polichemioterapia
- patologie neoplastiche sincrone o pregresse
- PS/Karnofskij <60
- Patologia psichiatrica, pz non collaboranti
- per pz di età > 75 anni si consiglia di ricorrere a Valutazione Geriatrica Multidimensionale,
selezionando i pz FIT. La radio-chemioterapia preoperatoria comprende RT con frazionamento
tradizionale a dosi > 30 Gy associata a CT sistemica concomitante con 5FU i.c.-ac. Folinico o
capecitabina per os . L'associazione di RT e polichemioterapia deve invece al momento essere
riservata a protocolli di ricerca. Il re-staging del pz al termine del trattamento RFT-CT
neoadiuvante, prima di una chirurgia resettiva o demolitiva del retto, prevede lo stesso
protocollo usato per la prima stadiazione. Tra il termine della RT-CT e la chirurgia devono
intercorrere non meno di 6 settimane e non più di 8-10 settimane. Non vi sono dati certi sul ruolo
della CT adiuvante post-operatoria nei pz sottoposti a RT-CT pre-operatoria: resta soprattutto
da definire lo schema di chemioterapia ideale nei pz risultati non responsivi (es.FOLFOX). I
pazienti operati di ca retto in stadio B2-3 e C sec. Dukes che non abbiano ricevuto il
trattamento neo-adiuvante sono candidati a CT-RT adiuvante iniziando entro 4-6 settimane
dalla chirurgia. Le dosi totali di RT consigliata sono di 45-50 Gy con frazionamento tradizionale. Il
trattamento chemioterapico adiuvante combinato dovrebbe comprendere 2 mesi di terapia
con 5FU-ac folinico (2 cicli Mayo Clinic o Machover o 4 cicli De Gramont) o capecitabina per
os (aggiungendo oxaliplatino nei pz a più alto rischio di ripresa), seguiti da RT contemporanea
a 5Fu i.c. o capecitabina per os, al termine dei quali ulteriori cicli di CT per la durata di 6 mesi
totali.
15. Trattamento palliativo endoscopico
Gli stents colo-rettali rappresentano attualmente il presidio più efficace nel trattamento
palliativo delle ostruzioni del colonretto ed hanno soppiantato altre procedure invasive. Il loro
utilizzo può essere proposto ai pazienti con presenza di neoplasia primitiva in sede, quando ne
viene esclusa la chirurgia. Possono essere posizionati in urgenza od in elezione. In urgenza, nel
caso di pazienti occlusi o sub occlusi, il posizionamento di una protesi metallica auto
espandibile consente di ripristinare la canalizzazione, effettuare la stadiazione, eseguire una
adeguata preparazione intestinale e sottoporre successivamente il paziente ad un intervento
15
chirurgico in condizioni d’elezione (bridge to surgery) con morbilità e mortalità inferiori rispetto
al trattamento chirurgico in urgenza.In elezione, nel caso di pazienti inoperabili o con malattia
diffusa il posizionamento della endoprotesi diviene il trattamento palliativo definitivo. Se nel
corso del follow-up di pazienti trattati a scopo palliativo si verifica l’ostruzione della protesi è
possibile posizionarne altre all’interno di quella occlusa e ripristinare la canalizzazione. Anche in
caso di mobilizzazione della stessa è possibile, una volta asportata la protesi dislocata,
posizionare un nuovo stent.
ANATOMIA PATOLOGICA
L'esame anatomopatologico fornisce in modo standardizzato e sintetico informazioni riguardanti
caratteristiche morfologiche (eventualmente anche biologiche e genetiche) della neoplasia,
alle quali si riconosce importanza come indicatori prognostici il referto standard comprende due
parti distinte: descrizione macroscopica; diagnosi istopatologica.
Gli elementi più importanti per definire la prognosi sono rappresentati da: dimensioni della
neoplasia, tipo istologico, grado istologico, condizioni dei linfonodi. Vengono riportati però
anche diversi altri caratteri, che possono influire sulla prognosi.
16. Materiale bioptico proveniente da indagini endoscopiche
Se dalle indagini cliniche ed endoscopiche (colonrettoscopia) emerge un rilievo di
neoformazione e/o un eventuale sospetto di neoplasia, l’endoscopista preleva l’intera
lesione, se possibile, o ne effettua biopsie. La diagnosi istologica sui prelievi viene effettuata
dall’anatomopatologo.
Si possono evidenziare polipi oppure lesioni sospette per neoplasia. I polipi, siano essi
peduncolati o sessili, vengono asportati e inviati in anatomia patologica interi, per quanto
possibile, in contenitori con formalina. In laboratorio sono descritti macroscopicamente
(dimensioni, forma, superficie, peduncolo, base d’impianto), sezionati ed esaminati su più
livelli. Dalle lesioni sospette per neoplasia l’endoscopista effettua diversi prelievi di 0.1-0.5 cm
circa, in parte dalla neoformazione e in parte sui suoi bordi, li pone su apposite cartine
perché ne venga conservato l’orientamento e li invia in anatomia patologica in contenitori
con formalina. La descrizione microscopica del polipo deve contenere:
• l’istotipo (tubulare, tubulovilloso o villoso)
• il grado di displasia (di basso o alto grado)
• le caratteristiche di possibili focolai di cancerizzazione e il coinvolgimento o meno
dell’eventuale peduncolo e della base d’impianto.
Nella definizione di displasia di alto grado è compreso anche il carcinoma intramucoso, che
ne ha la stessa rilevanza prognostica, come avveniva per la lesione precedentemente
indicata come displasia grave/carcinoma in situ. Il polipo può essere:
• benigno, con displasia di basso o di alto grado
• cancerizzato, per presenza di uno o più focolai di carcinoma in adenoma
• maligno se interamente neoplastico.
Nel polipo cancerizzato, oltre all’istotipo dell’adenoma e al suo grado di displasia, vengono
segnalati:
• il tipo di carcinoma (più frequentemente adenocarcinoma)
• il grado da G1 a G3 (rarissimo il G4)
• la percentuale della neoplasia rispetto alla superficie totale dell’adenoma
• il livello di infiltrazione in micron
• il tipo di budding (cellule neoplastiche isolate o in microaggregati sul fronte invasivo
profondo), se presente
• la possibile invasione vascolare (indifferentemente se linfatica o venosa)
• l’eventuale coinvolgimento del peduncolo e/o della base d’impianto sul margine di
resezione.
Il polipo maligno viene descritto, come le biopsie di lesioni sospette per neoplasia
endoscopicamente, fornendo l’istotipo del carcinoma e il grading per quanto possibile;
riguardo la possibile invasione della parete, l’esame bioptico, essendo limitato alla mucosa,
non fornisce la documentazione di un’eventuale infiltrazione e non consente quindi una
diagnosi differenziale preoperatoria tra carcinoma intramucoso o non-invasivo (WHO, 2010)
e neoplasia infiltrante la parete intestinale.
I polipi benigni necessitano soltanto di follow-up endoscopico, con controlli più o meno
ravvicinati a seconda che la displasia segnalata dal patologo sia di alto o basso grado
rispettivamente. Nei polipi cancerizzati se la neoplasia è a basso rischio e il margine di
resezione sulla base d’impianto è indenne si segue il paziente con follow-up endoscopico:
in questi casi il carcinoma è confinato alla mucosa, è interamente asportato, non è a
rischio di metastasi e non richiede un’ulteriore resezione chirurgica. Il carcinoma è invece
16
ad alto rischio quando mostra scarsa differenziazione, budding di alto grado, invasione
vascolare e, soprattutto, interessamento del margine di sezione: con i primi tre caratteri va
valutata la possibilità di resezione, da decidere collegialmente, mentre in caso di
asportazione incompleta con base infiltrata si consiglia la resezione del tratto intestinale
sede della neoformazione. Anche quando il polipo è interamente maligno è
raccomandata la resezione chirurgica.
Il tempo di risposta per una diagnosi istologica da biopsia viene quantificato in un massimo
di 7- 10 giorni lavorativi.
17. Analisi anatomopatologica del pezzo operatorio
Una volta effettuata la resezione chirurgica per neoplasia (segmento di grosso intestino,
emicolectomia, colectomia totale), questa viene inviata in anatomia patologica se possibile a
fresco, oppure fissata in formalina. Vengono descritti, come sopra riportato per i polipi, i
caratteri macroscopici della neoplasia:
1. esofitico-vegetante (a prognosi migliore)
2. endofitico-ulcerativo
3. anulare-stenosante (a prognosi peggiore)
4. infiltrativo tipo linite plastica (a prognosi peggiore).
L’esame microscopico deve comprendere:
• la sede del prelievo (maggiore propensione delle neoplasie del colon sinistro alle
recidive)
• l’istotipo, secondo la classificazione WHO 2010 (adenocarcinoma, adenocarcinoma
mucinoso in presenza di più del 50% di muco extracellulare, carcinoma a cellule ad
anello con castone in presenza di più del 50% di muco intracellulare, midollare
caratterizzato da ricca componente linfocitaria intratumorale; molto più rari
l’adenosquamoso, lo squamoso, il micropapillare, il cribriforme, quello a cellule fusate,
l’indifferenziato-anaplastico, ecc: la prognosi è peggiore nei carcinomi mucinosi, in quelli
con cellule ad anello con castone e negli anaplastici)
• il grado da G1 a G3 (rari i G4); in alternativa si richiede almeno una differenziazione tra
basso e alto gradi (prognosi peggiore per i G3-G4 e gli alti gradi)
• l’eventuale ulcerazione (più spesso associata a “linfangiosi” neoplastica)
• il livello di infiltrazione (indispensabile per la stadiazione) con descrizione di eventuale
perforazione
• i caratteri dei margini (infiltrativi o espansivi)
• l’eventuale presenza di budding ad alto grado (cellule molto atipiche, G3, isolate o in
microaggregati sul fronte invasivo profondo, prognosticamente sfavorevoli)
• la presenza o meno di reazione linfocitaria peritumorale (favorevole se rilevante)
• la possibile presenza di invasione neoplastica vascolare, venosa o linfatica, oppure
perineurale
• l’evidenza di altri possibili focolai neoplastici
• altre eventuali patologie (polipi, adenomi, colite ulcerosa, malattia di Crohn, lesioni
ischemiche, diverticoli, ecc)
• lo stato dei margini di resezione, anche di quello radiale (maggiore frequenza di recidive)
• i linfonodi.
In particolare nei linfonodi vanno indicate:
• le metastasi, per numero e sede (peggiore prognosi nell’interessamento dei linfonodi
isolati alla radice dei vasi mesenterici)
• l’eventuale presenza di reazione linfonodale (iperplasia aspecifica o istiocitosi dei seni,
favorevoli, soprattutto l’iperplasia).
Al momento non vengono richieste indagini immunoistochimiche con la citocheratina 20 per
evidenziare micrometastasi emboliche di poche cellule nei seni linfonodali, dal momento che
non se ne è rilevato un valore prognostico sicuro. Controversa è anche l’importanza
prognostica di un incremento della p53 nella neoplasia.
La diagnosi viene correlata dalla stadiazione secondo l’ultimo TNM, indicata come pTNM (p=
patologico), dalla classificazione di Dukes modificata Astler e Coller e, nel retto, da quella di
Jass. Nel TNM il T, che rappresenta il tumore, varia a seconda della profondità dell’infiltrazione:
• Tis comprende il carcinoma in situ, intraepiteliale o intramucoso
• T1 invade la sottomucosa
• T2 infiltra la muscolatura propria
• T3 si estende alla sottosierosa e al tessuto pericolico privo di peritoneo
• T4 perfora il peritoneo viscerale (4a) o invade altri organi (4b).
Quanto ai linfonodi regionali:
• N1 indica metastasi in 1 (N1a) oppure in 2-3 linfonodi (N1b) o ancora segnala depositi
17
neoplastici “satelliti” (N1c)
• N2 segnala metastasi in 4-6 (N2a) o in 7 o più linfonodi (N2b).
I depositi neoplastici “satelliti” indicano una infiltrazione discontinua della neoplasia nel tessuto
adiposo periviscerale, oppure una metastasi linfonodale massiva e completa in cui non è più
riconoscibile tessuto linfonodale, o ancora una invasione vascolare venosa.
Le metastasi a distanza vengono indicate con M:
• M1a se confinata a un organo eventualmente asportabile (fegato, polmone, ovaio o
anche linfonodi non regionali)
• M1b se estesa a più organi o al peritoneo
Va sempre descritta, se presente, l’invasione:
• L1 di vasi linfatici
• V1 o V2 di vasi venosi, rispettivamente microscopica o macroscopica
• Pn 1 perineurale, soprattutto se circonferenziale
L, V e Pn vanno specificati se in sede intra o peritumorale.
Nella classificazione di Dukes:
• A è limitato alla mucosa (=pTis)
• B1 infiltra la muscolatura propria
• B2 infiltra la parete a tutto spessore
• C1 ha infiltrazione come B1 ma mostra anche metastasi linfonodali
• C2 ha infiltrazione come B2 ma mostra anche metastasi linfonodali
• D indica la presenza di metastasi a distanza
La classificazione di Jass fornisce un punteggio basato sulla valutazione di:
• livello di infiltrazione neoplastica nella parete (pT2 vs. pT3)
• margini della neoplasia (espansivi o infiltrativi)
• reazione linfocitaria peritumorale (cospicua o no)
• metastasi linfonodali (0, oppure da 1 a 4, oppure >4)
I punti si sommano in uno score totale indicativo di quattro gruppi: questi sono relativi alla
prognosi, dalla migliore (gruppo I) alla peggiore (gruppo IV).
Il tempo di risposta per l’approfondimento diagnostico sul materiale istologico raggiunge un
tempo massimo di 10-15 giorni lavorativi. Per la determinazione della mutazione di KRAS, non
eseguita nei nostri laboratori, ed indicata in presenza di neoplasia avanzata per la scelta del
trattamento con farmaci biologici target oriented, ci si avvale di collaborazioni esterne: la
determinazione dello stato di KRAS viene richiesta dallo specialista oncologo, che si occupa
direttamente di seguire il processo in modo da avere un tempo di risposta massimo di 10-15
giorni lavorativi. Ciò consente di effettuare la visita oncologica post-dimissione avendo a
disposizione esame istologico completo di dati molecolari.
ONCOLOGIA MEDICA
18. Presa in carico del paziente
Si riconoscono 3 diverse tipologie di pazienti :
o Paziente con neoplasia colorettale operata: valutato presso l'ambulatorio oncologico di
presidio
o Paziente con neoplasia del retto extraperitoneale pre-intervento: valutati presso
l'ambulatorio collegiale oncologico-chirurgico di presidio; ci si avvale di collaborazione esterna
per la valutazione radioterapica
o Paziente con neoplasia metastatica: valutato presso l'ambulatorio oncologico di presidio.
Nei pazienti con neoplasia metastatica limitata resecabile e/o limitata non resecabile ma
potenzialmente curabile la valutazione sarà collegiale oncologico-chirurgica.
La visita oncologica o collegiale chirurgico-oncologica viene programmata entro 4 settimane
dalla dimissione del paziente (è previsto per i pz operati un primo contatto con l'oncologo
prima della dimissione). In tale visita vengono valutate:
• la guarigione chirurgica, le condizioni generali e nutrizionali, le co-patologie per i pz con età
> 70 anni candidati a possibili trattamenti oncologici è consigliata una valutazione
geriatrica multidimensionale (è accettabile il ricorso al test rapido di screening VES-13)
• la stadiazione di neoplasia: quando indicato completamento di stadiazione
• è prevista una valutazione epatologica per i pazienti HbsAg + e/o anti Hbc+: i pz HbsAg+
candidati a chemioterapia vengono profilassati con Lamivudina
• nei pazienti con malattia avanzata (specie quelli candidabili a terapie con farmaci
biologici) viene determinato lo stato di KRAS (collaborazioni esterne all’AO)
• per i pazienti cardiopatici è prevista l'esecuzione di ecocardiogramma e la determinazione
di troponina e proBnp.
18
Quindi viene posta indicazione a:
• programmazione di inizio della terapia adiuvante o palliativa (se indicata)
• inserimento del pz nel programma di follow-up clinico e strumentale
• posizionamento di un accesso vascolare centrale duraturo (port-a-cath)
19. Posizionamento di port-a-cath
(solo nei pazienti candidati a trattamento neo-adiuvante per ca retto o a terapia infusionale)
Responsabile: Dirigente Medico Servizio di Dialisi (Presidio di Vigevano-Lomellina) - Dirigente
Medico U.O. Chirurgia (Presidio di Voghera-oltre Po)
Luogo: Day Hospital oncologico/sala chirurgica Dialisi (Vigevano) -Day Hospital
oncologico/sala chirurgica U.O. chirurgia (Voghera)
Attività
• apertura MAC 11 oncologica
• esecuzione esami (emocromo, PT-PTT)
• esecuzione procedura
• controllo rx torace post procedura
• osservazione per le 3 ore successive presso DH oncologico
20. Definizione del trattamento oncologico
Responsabile: Dirigente Medico Oncologo Day Hospital oncologico - I.P. Day Hospital
oncologico
Luogo: Day Hospital oncologico
Attività:
• apertura MAC oncologica
• esecuzione esami ematici
• visita del paziente/rilievo parametri clinici (PA, Fc, peso)
•
preparazione farmaci chemioterapici
• somministrazione chemioterapia
• osservazione clinica post chemioterapia
• compilazione cartella clinica e lettera di dimissione
A. Chemioterapia adiuvante del colon
• La CT adiuvante sistemica non è indicata nello stadio I (A-B1)
• Nei pz in stadio II (B2-3) si ritiene opportuno procedere a CT adiuvante quando presenti
fattori prognostici sfavorevoli: occlusione, perforazione, T4b, G3 (ad eccezione dei
tumori MSI-H), angio-neuroinvasività, numero insufficiente di LGH esaminati (<12); più
controverso il valore elevato pre-operatorio di CEA
• Tutti i pz in stadio III (C) sono candidati a trattamento chemioterapico adiuvante
sistemico
• la CT adiuvante deve iniziare entro massimo 6-8 settimane dall'intervento chirurgico; in
caso di complicanze chirurgico-internistiche è ammesso un ritardo fino a 11 settimane
• il trattamento standard per i pz in stadio III ed in stadio II con fattori di rischio sfavorevoli
prevede l'utilizzo di oxaliplatino-5FU-Ac. Folinico (FOLFOX 4) o oxaliplatino-capecitabina
(XELOX) per 6 mesi (in attesa esito protocollo nazionale TOSCA)
• nel caso di pz “fragili” è ammesso in alternativa l'uso di 5FU-AF bolo (schema Mayo
Clinic-Machover), 5FU-AF infusionale (De Gramont) o capecitabina per os, per 6 mesi
• nei pz con età >70 anni usare cautela nell'utilizzo di schemi di combinazione, rispetto
alle sole fluoropirimidine, per tossicità e possibili effetti detrimentali (studio ACCENT)
Algoritmo applicativo in uso per la CT adiuvante
Stadio I (A-B1)
follow-up
Stadio II (B2-B3)
follow-up
Stadio II (B2-B3) ad alto rischio
FOLFOX 4 – XELOX
Stadio III
FOLFOX 4 – XELOX
Stadio II alto rischio-III in pz con:
capecitabina per os, 5FU/AF bolo o infusionale
- età >75 anni
- comorbidità
- PS>1 (Performance status)
B. Terapia neoadiuvante-adiuvante ca. retto
a. per le neoplasie del retto superiore (>12 cm o.a.): vedi neoplasie colon
b. per le neoplasie del retto medio-inferiore (fino a 12 cm o.a.)
• pz T1-T2/N0: chirurgia di elezione
• pz T3-T4 e/o con mts LGH regionali-intramesorettali: viene raccomandata la
radioterapia pre-operatoria associata a chemioterapia sistemica concomitante
19
•
i pz in stadio B2-3 e C che non abbiano ricevuto il trattamento neo-adiuvante sono
candidati a CT-RT adiuvante
C. Trattamento della malattia metastatica
a. i pazienti con malattia metastatica limitata (metacrona e sincrona) resecabile vengono
inviati a valutazione collegiale chirurgico-oncologica. Vanno valutate per la chirurgia le
mts epatiche (potenzialmente curativa se R0), le mts polmonari ed ovariche
(potenzialmente curativa in casi selezionati se R0) e le recidive pelviche (se
potenzialmente resecabili R0, se unica sede di malattia e generalmente dopo RT-CT
pre-operatoria). Nelle mts epatiche sincrone potenzialmente resecabili valutare la
possibilità di un downstaging con CT
b. i pz con malattia metastatica non al momento resecabile ma potenzialmente curabile
vengono inviati a valutazione collegiale oncologico-chirurgica. È indicato l'uso di
terapie ad alta percentuale di risposta, per convertire la malattia a resecabile
I regimi chemioterapici utilizzati comprendono associazioni di 5FU infusionale/ac. Folinico
con oxaliplatino o irinotecan +/- farmaci biologici target oriented:
• pz KRAS mutati: FOLFIRI o FOLFOX + BEVACIZUMAB
• pz KRAS/BRAF mutati: FOLFOXIRI + BEVACIZUMAB (se PS:0 ed età<70 anni),
preferibilmente in centri a maggior esperienza nell'uso di CT a maggior tossicità e
farmaci target oriented
• pz KRAS w.t.: FOLFIRI o FOLFOX + CETUXIMAB (come seconda istanza FOLFIRI+
bevacizumab)
L'uso dei farmaci biologici è consentito in assenza di controindicazioni. È ammessa la
sostituzione di 5FU infusionale/ac folinico con capecitabina per os soprattutto nei pz con
potenziali problemi di impianto di port a cath. La CT va sospesa non appena la malattia
risulti resecabile (onde evitare la potenziale tossicità epatica e l'aumento dei rischi
chirurgici): sono consigliabili 6 cicli di CT (3 mesi di cura). Qualora la terapia utilizzata
comprenda bevacizumab, quest'ultimo va sospeso 8 settimane prima della resezione
chirurgica. Controverso è l'uso di chemioterapia “adiuvante” dopo resezione radicale di
metastasi epatiche: in caso di ricorso a CT non utilizzare FOLFIRI, in base ai risultati negativi
forniti dal suo utilizzo:
i.
in tutti i pazienti con malattia metastatica avanzata disseminata la chemioterapia
sistemica viene valutata: quando indicata, la CT deve preferibilmente iniziare
precocemente in quanto presenta vantaggi rispetto ad un inizio al momento della
comparsa dei sintomi, sia in termini di sopravvivenza che di qualità di vita. Non si
osservano differenza di risposta in relazione all'età. Tutti i pz sono candidabili al
trattamento senza limite di età, ma tenendo conto delle comorbidità (patologie
as-sociate) e del performance status. Il farmaco di scelta è il 5FU preferibilmente
somministrato in infusione continua. Un'alternativa sono le fluoropirimidine orali
(capecitabina) da prendere in considerazione nel caso di pz. Che presentino
difficoltà all'infusione continua. I trattamenti polichemioterapici con associazioni di
5FU e farmaci quali oxaliplatino ed irinotecan determinano un considerevole
incremento delle risposte obiettive associato spesso ad aumento della
sopravvivenza; pertanto i trattamenti polichemioterapici sono da consigliare ove
possibile. Sono considerati analoghi anche i regimi a due farmaci con associazione
di capecitabina ed oxaliplatino e/o irinotecan. L'impiego di anticorpi monoclonali
cetuximab e panitumumab (anti EGFR) in soggetti KRAS wild type e di
bevacizumab (anti VEGFR) va preso in considerazione soprattutto nei pz
sintomatici ed a rischio di vita per la malattia.
ii.
nei pazienti sintomatici e con qualità di vita e sopravvivenza compromessa dalla
malattia è indicato l'uso di terapia che consentano una rapida riduzione della
massa tumorale:
• pz KRAS mutati : FOLFOX o FOLFIRI +/- bevacizumab
• pz KRAS w.t.: FOLFOX o FOLFIRI +/- cetuximab (come seconda istanza
bevacizumab)
È ragionevole eseguire un I° ciclo con sola doppietta, alla quale aggiungere, in
assenza di tossicità il farmaco biologico. Dopo 6 mesi di CT, in caso di controllo
clinico di malattia ed in assenza di tossicità rilevanti e/o controindicazioni, è
ammesso proseguire con il farmaco biologico fino a progressione o tossicità
iii.
nei pazienti asintomatici o paucisintomatici per malattia è ragionevole attuare un
trattamento sequenziale con i vari farmaci a disposizione con attenzione alla
tossicità: in tale categoria di pz l'uso dei farmaci biologici va valutato caso per
caso, con particolare attenzione al costo/benefici
20
iv.
v.
vi.
nei pazienti “fragili” e/o con malattia scarsamente aggressiva ed in assenza di
intento potenzialmente curativo, è ragionevole proporre una monochemioterapia
con 5FU/ac folinico o capecitabina, valutando al momento della progressione la
possibilità di utilizzare una doppietta
nei pazienti in progressione di malattia dopo un precedente trattamento
chemioterapico, se in buone condizioni generali, deve essere presa in
considerazione una terapia di seconda linea ed eventualmente anche di terza
linea: FOLFOX>FOLFIRI; FOLFIRI>FOLFOX. Nei pz KRAS w.t. è possibile l'uso di
bevacizumab dopo progressione con cetuximab. Nei pz KRAS w.t. che non
abbiano usato precedentemente un anti EGFR, è possibile l'uso in terza linea di
cetuximab o panitumumab. È accettabile in terza linea il re-trattamento con la
prima combinazione utilizzata (se risultata efficace)
nei pazienti con età>70-75 anni, previa valutazione geriatrica multidimensionale,
l'uso di doppiette va riservato ai pz FIT; l'uso di farmaci biologici va riservato a casi
selezionati, in base al progetto terapeutico e con estrema attenzione al profilo di
tossicità
21. Follow-up clinico strumentale
Vengono presi come riferimento i “Moduli di programmazione del follow up dell'oncologia
italiana” recentemente aggiornati da AIOM nell'ambito delle Linee Guida 2012.
• Esame clinico: Anamnesi ed esame obiettivo (comprendente l'esplorazione rettale nei pz
operati per carcinoma del retto) ogni 3-4 mesi nei primi tre anni dal trattamento primario,
ogni 6mesi fino al 5° anno.
• CEA: ogni 3-4 mesi nei primi 3 anni, poi ogni 6 mesi fino al 5° anno
• TC torace+ addome sup: Ogni 6-12 mesi nei primi 3 anni, TC o RMN della pelvi nei pz con
mezzo di contrasto con carcinoma del retto. L'ecografia può sostituire la TC in caso di
controindicazioni all'uso del m.d.c. e nei pz non candidabili ad ulteriori programmi
chirurgici. Dopo il terzo anno può essere consigliabile un'ecografia dell'addome e un rx
torace da eseguire ogni 12 mesi fino al 5° anno
• Colonscopia: Una colonscopia completa (con visualizzazione del cieco) dovrebbe essere
eseguita prime dell'intervento chirurgico o entro l'anno successivo all'intervento. Se normale
dovrebbe essere ripetuta a distanza di 3 anni e, successivamente, con intervalli di 5 anni.
• Valutazione endoscopica: Ogni 6 mesi per 2 anni per i pz affetti da tumori del retto del retto
• In assenza di indicazioni cliniche sono sconsigliati i seguenti esami: emocromo o esami
biochimici; determinazione di altri markers oltre il CEA; TC-PET con fdG; scintigrafia ossea,
radiografia del torace, ecografie
TRATTAMENTO DEGLI ADENOMI CANCERIZZATI
22. Definizione di adenoma cancerizzato
Adenomi in cui si può accertare l'invasione della sottomucosa da parte di tessuto epiteliale
neoplastico, con superamento della muscolaris mucosae (pT1). Sono pertanto esclusi dalla
definizione i “carcinomi intramucosi” (il carcinoma supera la membrana basale ma non la
muscolaris mucosae) e i carcinomi “intraepiteliali” (il carcinoma non supera la membrana basale)
(pTis), che non hanno alcun potenziale biologico di metastasi.
I termini “ca intramucoso” o “ca in situ” saranno utilizzati dall'anatomopatologo (in alternativa alla
definizione preferita di “displasia ad alto grado”) solo in caso in cui la frammentazione dei
campioni è tale da non poter valutare con certezza nell'ambito dell'adenoma la presenza o meno
di infiltrazione. In tali casi è opportuna la ridiscussione del referto con l'anatomopatologo.
23. Trattamento del polipo
(raccomandazioni per l'endoscopista):
- misura del polipo: misura del diametro maggiore (se rilevante, indicare anche gli altri 2 diametri);
l'eventuale peduncolo è da misurare a parte
- tatuaggio di tutti i polipi con dimensione >1 cm (eccetto la sede cieco e retto)
- tatuaggio di polipi di aspetto sospetto (contorno irregolare, ulcerazioni, zone depresse,
peduncolo corto e immobile, scarso sollevamento alla iniezione della sottomucosa, pit-pattern 5 se
magnificazione)
- tatuaggio entro 2 settimane dei polipi risultati adenomi cancerizzati se non già tatuati durante
l'esame endoscopico eseguito alla diagnosi
24. Definizione di polipo ad “alto rischio”
È sufficiente la presenza di almeno 1 criterio:
- componente carcinomatosa indifferenziata (G3)
21
- margine di resezione < 1 mm
- evidenza di invasione vascolare linfatica o venosa
- polipo peduncolato con invasione dei livelli 3-4 (Haggitt)
- polipo sessile
- polipectomia “piece-meal”
25. Stadiazione del polipo cancerizzato
Per i polipi cancerizzati ad alto rischio per i quali è previsto l'intervento chirurgico, stadiazione e
follow-up sono sovrapponibili a quelli previsti per il cancro del colon-retto
Per i polipi cancerizzati a basso rischio, per i quali è prevista una gestione endoscopica, non esistono invece indicazioni definite riguardo la necessità e le modalità di stadiazione e di follow-up.
Il controllo endoscopico sarà invece programmato a 3 mesi per valutare la radicalità
dell'intervento, con controlli successivi a 12 e 36 mesi
26. Trattamento polipi cancerizzati
Una volta che il polipo è stato rimosso completamente e la diagnosi istologica è stata di
“adenoma cancerizzato”, la scelta riguardo la gestione del paziente (invio a chirurgia resettiva vs.
follow-up endscopico) è strettamente correlata alle caratteristiche del polipo (alto rischio vs. basso
rischio) e del paziente (età e rischio chirurgico).
È necessario che il medico che prende in gestione il paziente e decide la strategia terapeutica
raccolga, dall'endoscopista che ha asportato il polipo e dall'anatomopatologo che ha valutato il
campione istologico, tutte le informazioni necessarie per definire il polipo come a basso o alto
rischio. Operativamente si fa riferimento alle linee guida ROL RETTO del 10 maggio 2008: vedi
tabella sotto riportata.
22
BIBLIOGRAFIA
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NCNN (National Comprehensive Cancer Network). Practice Guidelines in Oncology:
Colorectal Cancer 2007
Linee guida AIOM: tumori del colon-retto (2012)
Primary colon cancer:ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, adjuvant treatment
and follow-up. Annals of Oncology 21(Supplement 5): v70-v77, 2010
Rectal cancer: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up.
Annals of Oncology 21 (Supplement 5): v82-v86, 2010
SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) Marzo 2003: management of colorectal
cancer
Gunderson LI, Jessup JM, Sargent DJ, et al.: Revised TN categorization for colon cancer
based on national survival outcomes data. J Clin Oncol 2010; 28:(2); 264-71
Lanza G, Messerini L, Gafà R, Risio M. Colorectal tumors; the histology report: Digestive and
Liver Disease 43S (2011) S344-S355
23
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