REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA composta dai seguenti Magistrati: DADDABBO Cons. Pasquale Presidente f.f. MORGANTE Ref. Daniela Relatore MIGNEMI Ref. Giuseppina Componente ha pronunciato la seguente SENTENZA NON DEFINITIVA nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 30257 del Registro di segreteria, proposto dalla Procura Regionale contro 1) CHE.VIN. S.p.a. in fallimento, con sede in Lequile (LE), strada statale 101, Km 9,350, Contrada Pagliarone, partita IVA e codice fiscale n. 02590100752, nella persona del curatore fallimentare Di Cagno Nicola, (sent. Trib. Lecce Sez. comm. sent. n. 937/2 del 6.12.2003) con studio in Lecce al Largo Scipione de Monti n. 6, autorizzato a costituirsi nel presente giudizio con decreto del G.D. del 18.10.2010, elettivamente domiciliato in Lecce al viale Giovanni Paolo II n. 11 presso lo studio dell’Avv. Massimo Franco (c.f. FRN MSM 63A04 E506Q; indirizzo e-mail: [email protected]; n. fax 0832313629) che lo rappresenta e difende per procura a margine 1 della comparsa di costituzione; 2) CHETTA Rocco Antonio, nato a Taviano (LE) il 14 agosto 1954 e residente in Lecce, Via Duca degli Abruzzi, n. 91; codice fiscale CHTRCN 54M14 L074E; 3) DI GIOVANNI Battista Marco, nato a Velletri (RM) il 12.3.1962 e residente in Lecce, Via G. D’Annunzio n. 63; codice fiscale DGVMRC 62C12 L719T; 4) MINISGALLO Salvatore, nato a Neviano (LE) il 4.10.1966 e residente in Nardò (LE) via Vico Giotto n. 1 (fraz. S. Maria al Bagno, via Buonarroti, n. 25), codice fiscale MNSSVT 66R04 F881E, rappresentato e difeso, giusta procura speciale conferita a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. Barbara Taurino, codice fiscale TRNBBR 72B67 B506K, con la quale è elettivamente domiciliato in Bari alla via S. Francesco d'Assisi n. 15, presso lo studio dell'Avv. Alberto Coccioli; 5) EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione, con sede legale in Via Piemonte n. 53 Roma, partita IVA e codice fiscale 04907471009, nella persona dei liquidatori avv. Sergio Capograssi e ing. Stefano Maiurano, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine dell’atto di costituzione depositato il 14.12.2010, dagli avv. Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli e Fabrizio Lofoco, anche disgiuntamente, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Lofoco in Bari alla Via Pasquale Fiore n. 14; per la condanna al pagamento a favore del Ministero dello Sviluppo 2 Economico della somma complessiva di € 11.076.192,21 o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa da determinarsi come indicato nella citazione, nelle diverse misure indicate e comunque con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., il tutto aumentato del maggior danno da svalutazione monetaria, da calcolarsi secondo il tasso medio dei titoli del debito pubblico ovvero, in subordine, secondo il tasso di inflazione misurato dall’indice ISTAT dei prezzi al consumo, a decorrere dal momento dell’effettivo depauperamento del patrimonio dell’ Ente danneggiato e fino alla pubblicazione dell’emananda sentenza, con gli interessi legali da quella data fino all’effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore e con vittoria delle spese di giudizio. Di tale danno la Procura chiama a rispondere - in via principale e in misura integrale, a titolo di responsabilità dell’agente contabile, EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione; - in via subordinata e in misura integrale, a titolo di responsabilità amministrativa: CHE.VIN S.p.a. in fallimento nella persona del suo legale rappresentante, CHETTA Rocco Antonio, DI GIOVANNI Battista Marco, MINISGALLO Salvatore, a titolo di dolo e con vincolo di responsabilità solidale ex art. 1 comma 1-quinquies l. n. 20/94; EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in concorso con gli altri convenuti e in via sussidiaria a titolo di colpa grave Visto l’atto di citazione depositato il 9.9.2010; Uditi nella pubblica udienza del 14 luglio 2011, con l’assistenza del Segretario dott. Francesca Spedicato, come da relativo verbale, il 3 Relatore Ref. Daniela Morgante, il Pubblico Ministero nella persona del V.P.G. Carlo Picuno, l’avv. Massimo Franco per CHE.VIN. S.p.a., l’avv. Barbara Taurino per Minisgallo Salvatore, gli avv. Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli per EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a.; Esaminati gli atti ed i documenti tutti della causa; Ritenuto in FATTO 1. Il Procuratore regionale, con atto di citazione depositato il 9.9.2010, conveniva in giudizio innanzi a questa Sezione Giurisdizionale 1) la società CHE.VIN. S.p.a. in fallimento nella persona del curatore fallimentare Di Cagno Nicola, 2) CHETTA Rocco Antonio, 3) DI GIOVANNI Battista Marco, 4) MINISGALLO Salvatore, 5) la società EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione nella persona dei liquidatori, come tutti in epigrafe generalizzati, rappresentati e difesi, al fine di sentirli condannare al pagamento in favore del Ministero dello Sviluppo Economico della somma complessiva di € 11.076.192,21 o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, eventualmente con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., il tutto aumentato del maggior danno da svalutazione monetaria, da calcolarsi secondo il tasso medio dei titoli del debito pubblico ovvero, in subordine, secondo il tasso di inflazione misurato dall’indice ISTAT dei prezzi al consumo, a decorrere dal momento dell’effettivo depauperamento del patrimonio dell’ Ente danneggiato e fino alla pubblicazione 4 dell’emananda sentenza, con gli interessi legali da quella data fino all’effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore e con vittoria delle spese di giudizio. Del suddetto danno la Procura chiamava a rispondere, in misura integrale: - in via principale e a titolo di responsabilità dell’agente contabile, EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione; - in via subordinata e a titolo di responsabilità amministrativa: CHE.VIN S.p.a. in liquidazione nella persona del suo legale rappresentante, CHETTA Rocco Antonio, DI GIOVANNI Battista Marco, MINISGALLO Salvatore, a titolo di dolo e con vincolo di responsabilità solidale ex art. 1 comma 1-quinquies l. n. 20/94; EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in concorso con gli altri convenuti e in via sussidiaria a titolo di colpa grave Esponeva il Procuratore regionale nell’atto di citazione che con decreto dell’8.3.2007, il Sost. Proc. della Repubblica presso Tribunale di Lecce delegava la Guardia di Finanza – Comando Nucleo Provinciale Polizia Tributaria alla trasmissione alla Procura regionale presso questa Sezione dei principali atti di due procedimenti penali riguardanti reati di illecita percezione di finanziamenti pubblici di cui alla L. n. 488/1992. Il proc. pen. nr. 1481/00 era stato istruito nei confronti di Chetta Rocco Antonio e altri soggetti, responsabili di aver costituito un sodalizio criminoso dedito alla commissione di attività finalizzate all’illecito conseguimento di detti finanziamenti e che la fase delle indagini preliminari si era conclusa, in data 1 Giugno 2005, con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 5 Chetta Rocco Antonio, Di Giovanni Battista Marco e Minisgallo Salvatore. Questi ultimi risultavano imputati: a) del reato di cui agli artt. 110, 81, 61 nr. 2 e 7 e 640 bis c.p., perché in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, il DI GIOVANNI BATTISTA Marco in qualità di legale rappresentante delle società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l., il MINISGALLO Salvatore quale responsabile tecnico, il CHETTA Rocco Antonio quale effettivo gestore e proprietario della CHE.VIN S.p.a., inducendo in errore le banche concessionarie dei finanziamenti a carico del Ministero delle Attività Produttive, ponevano in essere artifici e raggiri consistenti nella emissione da parte delle società formalmente amministrate da DI GIOVANNI BATTISTA Marco, di una serie di fatture, elencate nella citazione, attestanti operazioni inesistenti di fornitura di lavori e macchinari ed altri beni in favore della società CHE.VIN S.p.a. Tali fatture venivano poi utilizzate da detta Società al fine di ottenere, con conseguente danno per lo Stato e per la Comunità Europea, l'ingiusto profitto consistito nell’erogazione di finanziamenti pubblici ai sensi della legge 488/92: per lire 21.446.498.700 riferito alla pratica di finanziamento nr. 3120/96 che veniva interamente erogato; per lire 16.764.330.000 riferito alla pratica di finanziamento nr. 41740/98 suddivisa in tre tranche da L. 5.588.110.000 ciascuna, delle quali ne venivano erogate due per l'importo di L. 11.176.220.000. In particolare, le società ITALAPPALTI S.r.l., CI.DI. AUTO S.r.l. prima e CI.DI. Automazioni S.r.l. dopo, L.I.P.A. S.r.l. – tutte legalmente 6 rappresentate dal DI GIOVANNI BATTISTA - fatturavano, negli anni 1994-1999, lavori e forniture di macchinari nei confronti della CHE.VIN. S.p.a. per gli importi e negli anni specificati in citazione: peraltro, tali fatture sarebbero state false per quanto riguarda i lavori, perché le predette società non erano operanti e non erano in grado di fornire le prestazioni; b) del reato di cui agli artt. 110, 117, 61 nnrr. 2 e 7 e 483 c.p., perché in concorso tra loro, il DI GIOVANNI BATTISTA Marco in qualità di legale rappresentante della società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l., il MINISGALLO Salvatore quale responsabile tecnico, il CHETTA Rocco quale effettivo gestore e proprietario della CHE.VIN. S.p.a., formavano ed utilizzavano atti tesi a trarre in inganno la banca concessionaria ai fini dell’ottenimento dei finanziamenti previsti dalla legge 488/92. In particolare il MINISGALLO Salvatore, su istigazione del CHETTA e del DI GIOVANNI BATTISTA, formava perizie giurate in data 10/12/1997, 22/12/1997, 17/1/1998 e 27/9/1999 attestando falsamente la regolarità sia dei lavori eseguiti che degli acquisti dei beni mobili facenti parte delle agevolazioni di cui alla legge 488/92 di cui ai progetti nr. 3120/96 e nr. 41740/98, al fine di consentire la consumazione del reato di cui al sub capo a); c) CHETTA Rocco e DI GIOVANNI BATTISTA Marco del reato di cui agli artt. 81 c.p. e 8 D. L.vo 74/2000 in relazione all’abrogato art., comma 1 lett. D del D.L. 1017/82 n. 429, perché, in concorso tra loro, DI GIOVANNI BATTISTA in qualità di legale rappresentante delle 7 società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l., CHETTA quale effettivo dominus e gestore di fatto di tali società, da lui costituite allo scopo di fungere da "cartiere" di emissione di false fatture in favore della società CHE.VIN. S.p.a., dallo stesso CHETTA controllata ed al fine di consentire alla CHE.VIN. S.p.a. l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emettevano una serie di fatture relative ad operazioni inesistenti per gli importi specificati in citazione per l’anno 1999: tali fatture sarebbero state tutte false per quanto riguarda i lavori, perché le predette società non erano operanti e non erano in grado di fornire le prestazioni; d) CHETTA del reato di cui agli artt. 110, 61 n. 2 e 468 c.p. perché, in concorso con De Iaco Cerina, amministratore unico della CHE.VIN. S.p.a. (deceduta), agendo quale effettivo gestore e proprietario della società, utilizzava il sigillo contraffatto del Notaio Gennaro Barone di Lecce, apponendolo sulle pagine del libro giornale della contabilità aziendale, attestandone falsamente la veridicità allo scopo di trarre in inganno la banca concessionaria, al fine dell'ottenimento dei finanziamenti previsti dalla legge 488/92 e della consumazione del reato sub capo a); e) CHETTA del reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2 comma l D. Lgs 74/2000 in relazione all'abrogato art. 4, comma l lett. D del D.L 10.07.1982 n. 429 perché, in concorso con De Iaco Cerina amministratore unico della CHE.VIN. S.p.a. (deceduta), agendo quale effettivo gestore e proprietario della CHE.VIN. S.p.a., in qualità di socio di maggioranza e responsabile dei rapporti commerciali e 8 dei fatti aziendali della società, nonché per i rapporti ed i comportamenti tenuti nei confronti di terzi e fornitori, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, riceveva, annotava nelle scritture contabili obbligatorie e successivamente indicava nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, una serie di fatture relative ad operazioni inesistenti, per gli importi specificati in citazione per l’anno 1999 per lavori eseguiti dalla ITALAPPALTI S.r.l., dalla CI.DI. Auto prima e CIDI Automazioni poi, dalla LIPA S.r.l.. Quanto al finanziamento di cui al progetto n. 3120/96 – interamente erogato – il Ministero delle AA.PP. dava inizio alla procedura di revoca in data 13.02.2003 e si costituiva parte civile nel procedimento penale n. 1481/00 nell’udienza del 30 maggio 2006; all’esito del procedimento penale, il Tribunale di Lecce 1^ sezione penale pronunciava la sentenza n. 530/08, con la quale, tra l’altro, statuiva di non doversi procedere nei confronti di Chetta Rocco Antonio in ordine ai reati a lui ascritti ai capi a), limitatamente alla pratica di finanziamento n. 3120/96, c) ed e), Di Giovanni Battista Marco in ordine ai reati a lui ascritti capi a), limitatamente alla pratica di finanziamento n. 3120/96, e c), Minisgallo Salvatore in ordine al reato a lui ascritto al capo a), limitatamente alla pratica di finanziamento n. 3120/96, perché estinti per decorrenza del termine di prescrizione. L’anzidetta sentenza è stata impugnata innanzi alla Corte d’Appello di Lecce, dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura di Lecce con ricorso del 26.1.2009. 9 Dall’esame degli atti del procedimento penale la Procura regionale presso questa Sezione della Corte dei conti rilevava elementi rilevanti al fine della configurazione di una fattispecie di danno erariale, consistente nel pregiudizio patrimoniale diretto subito dal Ministero delle Attività Produttive, ora dello Sviluppo Economico, in seguito alla distrazione del finanziamento pubblico dal fine di interesse generale per cui era stato erogato alla CHE.VIN S.p.a. Tale evento dannoso sarebbe causalmente riconducibile al concorso causale e, a diverso titolo, della condotta di più soggetti: Chetta, Di Giovanni e Minisgallo, i quali avrebbero concorso - nelle diverse funzioni di amministratori di fatto e di diritto (Chetta e Di Giovanni) o di tecnici nominati dalla CHE.VIN S.p.a. (Minisgallo) – mediante la produzione e presentazione di falsi documenti e/o attestazioni, alla simulazione delle condizioni richieste dalla normativa ai fini dell’erogazione del finanziamento pubblico e facendolo conseguire indebitamente alla CHE.VIN S.p.a., omettendo peraltro di portare a conclusione l’opera finanziata e quindi disattendendo le finalità pubblicistiche alla base dell’erogazione configurate dalla legge n. 488/92; la società EUROPROGETTI E FINANZA, Istituto di credito titolare della istruttoria propedeutica alla concessione del finanziamento, che sarebbe stata svolta con grave negligenza. Quanto all’elemento costitutivo dell’illecito erariale rappresentato dal rapporto di impiego o di servizio (art. 52 r.d.1214/1934; art.1 l.19/1994 e art 1 co. 4 l. 20/1994), osservava la Procura che, pur non ravvisandosi nella fattispecie in esame la sussistenza di un formale 10 rapporto di impiego, in quanto la condotta causativa del danno erariale è stata posta in essere da soggetti privati e da un istituto di credito concessionario di un servizio pubblico, quindi da soggetti non organicamente inseriti nella struttura della P.A., si sarebbe in presenza di un rapporto di servizio instaurato in via di mero fatto tra l’ente che ha richiesto i finanziamenti e tutti i soggetti che hanno operato in qualità di amministratori e/o di collaboratori del medesimo in funzione strumentale rispetto al conseguimento dei finanziamenti, erogati dalla P.A. in relazione all’obiettivo pubblicistico consistente nel perseguimento di una finalità predeterminata dalla legge, nella specie di incremento occupazionale e produttivo in aree depresse del Paese. Ancor più pregnante risulterebbe, inoltre, il vincolo di natura convenzionale che, a norma di legge, si instaura tra la P.A. e l’Istituto di credito convenzionato, cui vengono delegati fondamentali funzioni di natura pubblicistica. Al riguardo, in tema di riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Corte dei conti, le Sezioni Unite della Cassazione (1° marzo 2006, n. 4511) hanno evidenziato che “con l'assunzione dell'obbligo di destinare somme concernenti un finanziamento pubblico allo scopo determinato dalla P.A., il rapporto tra Ente erogante e soggetto beneficiario non si esaurisce nella mera destinazione delle somme, bensì si configura quale espletamento di un'attività rientrante tra i compiti della P.A. cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A. - alla cui realizzazione è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo - e la incidenza sia tale 11 da poter determinare uno sviamento dalla finalità pubblica perseguita, egli realizza un danno per l'Ente pubblico cui deve rispondere dinanzi al Giudice contabile”. Dietro la spinta della giurisprudenza comunitaria, ai fini del radicamento della giurisdizione, si è affermata nel nostro ordinamento una nozione sostanziale di P.A. che prescinde da aspetti formali caratterizzanti l’organizzazione dell’Ente per basarsi sull’elemento funzionale della relativa attività e, in particolare, sul soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale. Risulta, pertanto, irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico danaro è effettuata, ben potendo consistere, oltre che in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato. Come evidenziato dalle SS.UU Cass., “il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è infatti spostata dalla qualità del soggetto alla natura del danno ( pubblico) e degli scopi perseguiti (pubblici)”. A supporto dell’impianto accusatorio, la Procura richiamava l’informativa del Nucleo Provinciale pt. G.d. F. di Lecce, la relazione tecnica dell’ing. Lecciso, consulente del P.M. penale (per le responsabilità di Chetta, Minisgallo e Di Giovanni), le relazioni peritali del geom. Santoni, effettuate su incarico della banca (per le responsabilità della banca concessionaria). Riguardo alle condotte di Chetta, Minisgallo e Di Giovanni, la relazione del C.T. del P.M. penale evidenziava che i macchinari rinvenuti in loco erano stati acquistati da altre aziende tempo prima ad un determinato prezzo e, successivamente, “ messi a nuovo” e 12 fatti figurare come venduti da Italappalti S.r.l., Lipa S.r.l., Ci.Di ad un prezzo - talvolta - triplicato, all’evidente scopo di comprovare un volume di spesa tale da supportare e giustificare la richiesta del finanziamento secondo le modalità del pagamento secondo S.A.L. Il procedimento che ha portato alla erogazione del finanziamento prog n° 3120 veniva schematizzato dal C.T. penale come segue: 08.05.1996 - MODULO PER LA RICHIESTA DELLE AGEVOLAZIONI FINANZIARIE indirizzato dalla CHE.VIN a EUROPROGETTI E FINANZA S.P.A. e protocollato al n° E.P.F. 000891 del 08.05.1996. In tale domanda si chiede che la CHE.VIN. possa beneficiare delle agevolazioni di cui all’art. 1 comma 2 del D.L. 22.10.1992 n° 415 (per ampliamento attività), convertito dalla L 19.12.92 n° 488 e sue modifiche ed integrazioni. Nel quadro C6 sono riportate le spese del programma a fronte del quale si chiedono le agevolazioni per un TOTALE di £ 45.716.000.000. Nel riquadro D5 è riportato il piano finanziario per la copertura degli investimenti dal quale si evince un FABBISOGNO pari a £ 52.005.700.000 e FONTI DI COPERTURA pari a £ 52.258.500.000 di cui, in particolare, a) Capitale proprio £ 21.471.000.000 b) Agevolazioni richieste per il programma £ 23.787.500.000 11.09.1996 - RELAZIONE SULL’ISTRUTTORIA DELLA DOMANDA DI AGEVOLAZIONI eseguita da EUROPROGETTI E FINANZA S.P.A. (Banca concessionaria) in cui viene espresso giudizio POSITIVO (e motivato) sull’agevolabilità dell’iniziativa 20.11.1996 - D.M. n° 88/CP/9/26998 del 20.11.1996 DECRETO DI 13 CONCESSIONE PROVVISORIA DELLE AGEVOLAZIONI FINANZIARIE AI SENSI DELLA LEGGE 19.12.1992 N° 488: Art. 1 è concesso in via provvisoria un contributo in conto capitale di L 23.787.510.000 pari al 90% della misura massima consentita. Art. 2 tale somma è disponibile in 3 quote annuali di L 7.929.170.000 15.01.1997- LETTERA DELLA EUROPROGETTI E FINANZA INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO 1° QUOTA (prot. 000090/488) per £ 7.948.200.008 con valuta fissa 17.01.97 (£ 7.929.170.000 + maggiorazione TUS al netto della ritenuta fiscale). Seguono comunicazioni dello stesso oggetto ed in pari data (prot 000094/488) al Ministero dell’Industria, alla CHE.VIN (prot. 000093/488) e alla Zurich International S.p.a. (16.01.1997 prot. 000095) 22.11.1997-PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell’incarico ricevuto dalla CHE.VIN, questi dichiara: che le opere oggetto delle agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono state da tempo avviate, che le opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia sono conformi alla richiesta di concessione edilizia presentata presso il Comune di Lequile in data 29/04/1996 protocollo n. 3619 e successiva richiesta di concessione edilizia presentata presso il Comune di Lequile in data 15/10/1996 protocollo n. 8710, che l’immobile ove viene svolta l’attività è di proprietà della CHE.VIN. S.p.a., che l’immobile ove viene svolta l’attività ha destinazione d’uso 14 conforme all’attività svolta sin dall’origine. 10.12.1997 - PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell’incarico ricevuto dalla CHE.VIN, questi dichiara: che le opere oggetto delle agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono state da tempo avviate; che le opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia sono conformi alla Concessione Edilizia n° 13 rilasciata dal Comune di Lequile in data 09/12/1997; che l’immobile ove viene svolta l’attività è di proprietà della CHE.VIN. S.p.a.; che l’immobile ove viene svolta l’attività ha destinazione d’uso conforme all’attività svolta sin dall’origine; 22.12.1997 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell'incarico ricevuto dalla CHE.VIN., questi traccia una cronistoria degli investimenti immobiliari che sono stati oggetto di agevolazione finanziari a partire dal 1980/82 e fino al 1992/93 ; 17.01.1998 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO nella quale questi, incaricato dalla CHE.VIN. di accertare la conformità delle opere oggetto delle agevolazioni ottenute ai sensi della L 488/92 e di cui al decreto Ministeriale di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/1996, alla concessione edilizia n° 13 rilasciata dal Comune di Lequile in data 09/12/1997, dichiara: che le opere oggetto delle agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n. 15 88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono in fase di completamento; che le opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia sono conformi alla Concessione Edilizia n° 13 rilasciata dal Comune di Lequile in data 09/12/1997; 19.01.1998 PERIZIA TECNICA DEL GEOM SANTONI (TECNICO DI FIDUCIA DI EUROPROGETTI IN CUI QUESTI RITIENE CHE CHE.VIN. POSSA ACCEDERE ALLA 2° RATA (prot. EP 000296 de 20.01.1998 21.01.1998 LETTERA DELLA EUROPROGETTI E FINANZA INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO 20 QUOTA prot. 000285/488). In tale lettera si invita la BNL ad erogare in favore della CHE.VIN. la somma di £ 7.947.879.662 con valuta fissa 23.01.1998 (£ 7.929.170.000 + maggiorazione TUS al netto della ritenuta fiscale) - Seguono comunicazioni dello stesso oggetto ed in pari data (prot 000293/488) al Ministero dell'Industria, alla CHE.VIN. prot. 000292/488 alla Zurich International S.A. 21.01.1998 prot. 000294 . 15.11.1999 LETTERA DELLA EUROPROGETTI E FINANZA INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO 3a QUOTA (prot. 005795/488) in favore della CHE.VIN. la somma di £ 5.550.419.000 con valuta fissa 17.11.1999 - Seguono comunicazioni dello stesso o etto ed in ari data alla CHE.VIN. rot. 005796/488 . 19.11.1999 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO, su incarico della CHE.VIN. di accertare la conformità delle opere oggetto delle agevolazioni ottenute ai sensi della L. n. 488/92 e di cui al decreto Ministeriale di 16 concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/1996 alla concessione edilizia n. 10 rilasciata dal Comune di Lequile in data 16/01/1998, in cui dichiara: Che le opere oggetto delle agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono state ultimate; Che le opere murarie realizzate sono conformi alla Concessione Edilizia n° 10 rilasciata dal Comune di Lequile in data 16/01/1998; Di aver verificato presso i competenti uffici che non sussistono cause ostative al rilascio del certificato di agibilità dell'opificio oggetto delle agevolazioni ottenute con D.M. di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/96 nonché l'esistenza o meno di scarichi inquinanti derivanti da lavorazioni industriali. 5.1.2000. PERIZIA TECNICA GIURATA DI STIMA A FIRMA DEL GEOM. SALVATORE MINISGALLO, su incarico della CHE.VIN di esaminare il progetto e le spese sostenute per la realizzazione del programma di investimenti nonché lo stato finale dei lavori del progetto n. 3120/96 agevolato ai sensi delle Legge 488/92, che elenca le opere oggetto di agevolazione e i relativi costi che sarebbero stati sostenuti dall'impresa beneficiaria. 13.2.2003- COMUNICAZIONE DA PARTE DEL MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE DALLA QUALE SI EVINCE L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI REVOCA PER L'INIZIATIVA IN QUESTIONE prot. EPF n° 1332-deI14.02.200 La somma in conto capitale complessivamente erogata da EUROPROGETTI E FINANZA in favore della CHE.VIN. ammonta a 17 L 32.584.979.000 di cui L 21.408.759.000 per il progetto n° 3120/96 e L 11.176.220.000 per il progetto n° 41740/98 Con riferimento ai macchinari e alle loro caratteristiche, il consulente del PM penale evidenziava che: “I macchinari rinvenuti in azienda corrispondono, sostanzialmente, per tipologia e caratteristiche, a quelli descritti nelle fatture allegate alle pratiche di finanziamento. Ad un esame visivo ed in linea generale, lo scrivente può affermare che parte dei macchinari oggetto di finanziamento sembrano manifestare i segni del tempo (cfr. foto 1, 2 e 3) anche se, alcuni di questi, mascherano la loro vetustà per effetto di una recente pitturazione di colore azzurro applicata sulle loro parti in ferro. In particolare, come risulta osservando le fotografie allegate, tali segni di vetustà risultano evidenti principalmente su alcuni macchinari oggetto di finanziamento ed ubicati all’interno del capannone per la produzione del vino. Ad esempio si fa osservare che sul macchinario identificato con il n° 9 della planimetria allegata risulta stampigliata una data corrispondente al 18.09.1987, mentre l’anno di fabbricazione indicato nella targhetta della L.I.P.A. risulta essere il 1997 (cfr. foto 4, 5 e 6). … .Tutti i macchinari oggetto di finanziamento, salvo qualche rara eccezione, presentano applicate, sulle loro parti metalliche, le targhette identificative del n° di progetto in seguito al quale gli stessi sono stati finanziati, nonché le targhette che individuano la società che, secondo le fatture allegate alla pratica di finanziamento, avrebbe provveduto ad effettuare la loro fornitura (L.I.P.A. s.r.l., ITALAPPALTI s.r.l. e CI.DI. AUTOMAZIONI s.r.l.). Nella realtà, 18 osservando i rilievi fotografici, su alcuni di questi macchinari è facilmente visibile come siano state rimosse preesistenti targhette (cfr. foto 7, 8, 9 e 10) e come i talloncini identificativi delle tre società precedentemente richiamate siano state applicati, a mezzo di rivetti o con etichette autoadesive (cfr. foto 11, 12 e 13), talvolta anche sugli spazi lasciati liberi dai cartellini rimossi. Si sottolinea, inoltre, che durante i sopralluoghi effettuati dallo scrivente, questi ha rinvenuto, all’interno del capannone in cui si svolge il processo di confezionamento delle bevande alimentari, alcune etichette della società L.I.P.A. ancora prive di stampigliatura del n. di matricola e dell’anno di fabbricazione (cfr. foto 14 e 15). … I macchinari acquistati dalla CHE.VIN … elencati ed oggetto di accertamento, ancorché inseriti nelle pratiche di finanziamento …, nella realtà non sono stati forniti dalla L.I.P.A. s.r.l., dalla ITALAPPALTI s.r.l. o dalla CI.DI. AUTOMAZIONI s.r.l. (come indicato nelle pratiche di finanziamento) ma da altre aziende e per importi sostanzialmente diversi da quelli dichiarati”. In merito alla reale provenienza dei macchinari, il C.T. con personale di P.G. effettuava verifiche presso le ditte fornitrici: IPI S.r.l., NIRO SOAVI S.p.a., SORDI FLOW s.r.l., RAGAZZINI s.r.l. Da tali riscontri emergevano rapporti commerciali con la CHE.VIN. S.p.a., tenuti con il Chetta e il Minisgallo, oltre al fatto che gli esponenti delle ditte in questione riconoscevano nei rilievi fotografici effettuati dal C.T. presso la CHE.VIN S.p.a. i macchinari e beni da esse forniti alla stessa CHE.VIN, come da fatture da esse emessi e importi richiamati 19 nella citazione. Gli stessi beni, ubicati presso la CHE.VIN. S.p.a., corrispondevano, per numero, descrizione e tipologia, a quelli indicati nelle fatture a saldo emesse dalla L.I.P.A. specificate nella citazione. Inoltre, dalle verifiche svolte presso la RAGAZZINI s.r.l., emergeva che successivamente al 1993 ha intrattenuto rapporti commerciali con la L.I.P.A. s.r.l, con la CHE.VIN. S.p.a. e con la ITALAPPALTI s.r.l., emergeva che i rapporti con le tre società non erano nettamente distinti, ma, spesso, le stesse si sostituivano le une alle altre, ad esempio attraverso il saldo da parte della CHE-VIN di fatture, specificate in citazione, emesse nei confronti della L.I.P.A. s.r.l. o l’ordinazione effettuata dalla ITALAPPALTI s.r.l. firmata dal sig. Chetta Antonio. Dai riscontri contabili effettuati presso la MARIANI s.a.s. si evinceva che nel periodo 1993- 2002 la predetta società ha intrattenuto rapporti commerciali con la CHE.VIN S.p.a. consistiti nell’acquisto di pezzi di ricambio e materiale vario, nonché in prestazioni di servizio (assistenza tecnica), sulle macchine di “imballaggio secondario” acquistate dalla IPI s.r.l. Ne risulta pertanto che la CHE.VIN. ha sistematicamente fatto ricorso all’acquisizione di macchinari non nuovi di fabbrica – contravvenendo quindi ad uno dei principali requisiti richiesti dalla normativa agevolativa – operando sistematiche sovrafatturazioni. Quanto alla Banca, sosteneva la Procura che la stessa avrebbe condotto l’istruttoria prodromica al finanziamento in modo superficiale. Dall’esame delle relazioni redatte dal tecnico incaricato emerge che il geom. Santoni ha espresso - a distanza di pochissimo 20 tempo l’uno dall’altro- due pareri opposti in ordine alla concessione della 2° rata di finanziamento, pur non essendo intervenuto medio tempore alcun mutamento fattuale che giustificasse tale discordanza; la EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. avrebbe trascurato di approfondire i punti critici dell’istruttoria, pur trovandosi al cospetto di elementi sintomatici di irregolarità poste in essere dalla ditta richiedente e resi evidenti, quantomeno, dalla relazione dello stesso geom Santoni. Infatti il geom. Santoni, in data 24. 11.1997, nelle considerazioni conclusive formulate a seguito dell’esame della documentazione tecnica generale e da quella fornita dalla ditta in sede di sopralluogo nonché dalle risultanze in loco, aveva evidenziato che la perizia giurata redatta dal geom. Minisgallo e relativa alle opere murarie non era esaustiva né rispondente alla realtà documentale emersa. Relativamente alla richiesta di erogazione della seconda rata del contributo con modalità SAL, il perito affermava che il requisito della disponibilità dei titoli di spesa fiscalmente regolari e quietanzati o comunque pagati e la presenza presso la citata unità produttiva degli impianti e dei macchinari nonché la loro conformità al programma approvato non risultava adempiuto dalla ditta “poiché alcune opere relative ai titoli di spesa facenti parte del capitolo opere murarie risultano essere in corso d’esecuzione ed inoltre alcuni macchinari facenti parte del capitolo macchinari, impianti ed attrezzature non risultano essere presenti presso l’unità produttiva”. Il perito concludeva affermando: “ riteniamo che la ditta CHE.VIN. non possa 21 accedere alla liquidazione della seconda rata con modalità stato d’avanzamento dei lavori, pertanto rappresentiamo che la suddetta ditta, per quanto esposto in precedenza abbia erroneamente interpretato la norma relativa alla liquidazione della 2° rata secondo le modalità dello stato d’avanzamento dei lavori, poiché come è emerso non dispone dei requisiti necessari, consigliamo la sospensione della procedura in attesa della maturazione della seconda rata; consigliamo attento monitoraggio circa gli aspetti critici rilevati già dal secondo SAL”. Due mesi dopo, in data 19.1.1998, il medesimo perito redigeva una relazione formulando considerazioni opposte a quella della prima, pur in assenza di ulteriore sopralluogo, non avendolo la banca al riguardo incaricato, affermando che: “ ….tale primo requisito ( si riferisce cioè il requisito disponibilità dei titoli di spesa fiscalmente regolari e quietanzati o comunque pagati) è adempiuto dalla Ditta poiché le fatture sono pertinenti al programma ed ammontano al 70,29 % dell’investimento totale ammissibile d’istruttoria, le liberatorie a quietanza esposte ammontano al 69,51 % dell’investimento totale ammissibile d’istruttoria, mentre il secondo requisito (la presenza presso la citata unità produttiva degli impianti e dei macchinari nonché la loro conformità al programma approvato), in carenza di ulteriore sopralluogo non richiesto in questa fase da EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. è stato assolto a seguito della precedente richiesta di erogazione del contributo in data 24.11.1997 e a seguito della momentanea richiesta di 22 sospensione in data 24.12.1997, dalla successiva richiesta di erogazione liberatoria in data 14.1.1998”. Concludeva il geom. Santoni: “Riteniamo che la ditta CHE.VIN S.p.a. in assenza di ulteriore sopralluogo poiché non previsto possa accedere alla liquidazione della seconda rata con modalità Stato avanzamento lavori. … L’esame sull’organicità e funzionalità dell’investimento in funzione degli obiettivi produttivi, economici ed occupazionali prefissati dalla ditta nonché l’esame sulla congruità delle spese non è stato richiesto in questa fase dall’istituto, riteniamo altresì che la verifica puntuale della congruità delle spese debba avvenire in sede di stato finale delle spese così come disposto dalla circolare Ministeriale 36157”. La Procura sottolineava la contraddizione tra le differenti conclusioni formulate dal tecnico incaricato dal medesimo Istituto bancario, che avrebbe dovuto portare all’adozione di azioni molto più incisive con l’ effettuazione almeno di un sopralluogo e di ulteriori accertamenti : le conclusioni formulate dal geom. Santoni con la prima relazione erano di per sé idonee a determinare l’obbligo di attivazione di più approfonditi controlli da parte dell’Istituto concessionario, secondo ordinaria diligenza. Qualora tali approfondimenti fossero stati tempestivamente attivati non sarebbe stata erogata la 2° quota di finanziamento e il Ministero danneggiato avrebbe potuto attivare prima la necessaria procedura di escussione della polizza e revoca del finanziamento. Invece l’Istituto concessionario ometteva anche di richiedere un necessario sopralluogo, come evidenziato dal geom. 23 Santoni nella seconda relazione. La responsabilità dell’Istituto si configura come responsabilità amministrativa in senso stretto, avendo la banca, con colpa grave, mancato di adempiere agli obblighi imposti dalla normativa di riferimento e dalle regole generali in materia responsabilità, nell’ambito delle quali avrebbe dovuto espletare una verifica in concreto della sussistenza dei requisiti richiesti ai fini della erogazione. Al riguardo, il d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, convertito nella legge 19 dicembre 1992 n. 488, ha autorizzato la spesa per il finanziamento degli incentivi delle attività produttive di cui alla l. n. 64/1986 allo scopo di garantire la continuità di sviluppo dei territori dell’Italia meridionale. Gli interventi suscettibili di essere eseguiti mediante tali finanziamenti sono stati individuati con la Delibera CIPE del 27 aprile 1995 e successive modificazioni ed integrazioni. Si tratta di “...progetti di investimento finalizzati alla costruzione, all’ampliamento, all’ammodernamento, alla ristrutturazione, alla riconversione, alla riattivazione ed alla delocalizzazione degli impianti produttivi ….. ( art. 2 – punto 2.1). La destinazione funzionale alle finalità pubbliche sottostanti permea ed è assicurata dal complessivo regime giuridico del finanziamento, come emerge, tra l’altro, dall’art. 5 c. 2, in base al quale la domanda di finanziamento deve essere “corredata da elementi di analisi di fattibilità e redditività economico-finanziaria del progetto e da un piano finanziario completo…” nonché dagli elementi utili all’individuazione degli indicatori per 24 la formazione delle graduatorie. In base all’art. 5 c.3, poi, “Le istruttorie verranno acquisite dall’Amministrazione competente come vere e rispondenti a ragionevoli valutazioni di mercato. Il soggetto convenzionato ne assume pertanto la responsabilità, nella consapevolezza che, laddove l’Amministrazione dovesse riscontrare nelle istruttorie stesse elementi di non conformità alle norme di legge e alle relative disposizioni attuative ovvero incoerenze con noti e ragionevoli dati economici, potrà incorrere nella rescissione della convenzione sottoscritta con l’Amministrazione. … L’Amministrazione competente dovrà provvedere alla determinazione delle modalità, procedure e termini…prevedendo la stipula di apposite convenzioni con banche o società di servizi controllate da Banche per l’istruttoria delle domande di agevolazione” (5.c). La circolare MICA n. 3852 del 15.12.1995 espressamente prevede, poi, all’art. 4 che “gli adempimenti istruttori propedeutici alla concessione delle agevolazioni ed i riscontri, gli accertamenti e le verifiche necessari all’erogazione delle agevolazioni stesse fino al saldo nonché la gestione delle relative somme sono affidati in concessione a banche…”, disposizione confermata dalle circolari ministeriali nn. 234363 del 20.11.1997 e 900315 del 14.07.2000. Alla stregua di tali disposizioni, emergerebbe la responsabilità amministrativa della Banca concessionaria, la quale pur avendo elementi sufficienti ad approfondire e monitorare la situazione, emergenti dalle relazioni prodotte da personale tecnico dalla medesima incaricato, ha erogato anche la seconda e la terza rata del finanziamento salvo poi disporre la revoca dell’intero finanziamento nonostante la situazione di irregolarità segnalata dal Geom. Santoni 25 nella sua prima relazione. Sotto un altro profilo, la responsabilità della banca si configurerebbe, a detta della Procura, quale responsabilità contabile. Difatti gli obblighi contabili rinvenenti dal d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 consentirebbero di attribuirle la qualifica di agente contabile, conseguente all’esercizio di rilevanti funzioni nella fase di liquidazione , ordinazione e pagamento di spese dello Stato ai sensi dell’art. 270 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, in quanto: a norma dell’art. 7, comma 2, d.M. n. 527/’95 “Ciascuna delle due o tre quote ( dell’agevolazione concessa) è erogata dalla banca concessionaria subordinatamente all’effettiva realizzazione della corrispondente parte di investimenti ...”; secondo il comma 3 dell’ art. 7 d.m. citato, “Ai fini di ciascuna erogazione, le imprese beneficiarie trasmettono alla banca concessionaria la documentazione individuata dal Ministero ..., per l’accertamento da parte della banca medesima,, della vigenza delle imprese stesse, della completezza e della pertinenza ai programmi agevolati della documentazione medesima, nonché…della corrispondenza degli investimenti realizzati…alle erogazioni richieste”; infine il comma 5° prevede che “La banca concessionaria richiede periodicamente al Ministero l’erogazione delle corrispondenti quote e le versa alle imprese beneficiarie”. Coerenti alla configurazione soggettiva dell’Istituto di credito concessionario nel rapporto giuridico in argomento risulterebbero le disposizioni del citato d.m. n. 527/’95 a norma delle quali: a) la banca risulta intestataria di specifiche funzioni pubblicistiche, strumentali al perseguimento dell’interesse pubblico in sede di istruttoria delle 26 domande (art. 6), di verifica dello stato di attuazione degli investimenti agevolati ( art. 7) e di segnalazione di irregolarità (art. 8); b) la banca concessionaria ha, inoltre, rilevantissime funzioni di rendicontazione in quanto incaricata di redigere, entro 90 giorni dal ricevimento della necessaria documentazione, una relazione sullo stato finale del programma “comprendente un giudizio di pertinenza e congruità delle spese,che evidenzi le variazioni sostanziali intervenute… e rappresenti gli investimenti finali ammissibili..” ( art. 9 – co. 9 ) . Difatti il decreto ministeriale di concessione definitiva, consegue alla ricezione della relazione citata ( art. 10) . Per effetto del sempre più frequente fenomeno dell’attribuzione di funzioni pubbliche a soggetti privati, risulterebbero estensibili alla Banca concessionaria, intestataria di poteri pubblicistici in base ad una fonte concessoria, le disposizioni normative codificate nell’ambito del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 in materia di effettuazione delle spese dello Stato , ed in particolare: l’art. 55, comma 3°, che prescrive che il direttore capo della ragioneria “verifica la documentazione e la liquidazione della spesa, accerta che la spesa sia regolarmente imputata… e che vi siano disponibili i fondi ….appone il visto sugli assegni e li trasmette…”; l’art. 64, comma 1°, secondo il quale “Ove, per qualsiasi motivo di irregolarità,il capo della ragioneria non creda di poter apporre il visto ad un atto di impegno di spesa o ad un titolo di pagamento, ne riferisce. ….”; Tale quadro normativo evidenzierebbe come la Banca concessionaria sia tenuta, in base ad un titolo di diritto pubblico di natura 27 concessorio, anche al maneggio di pubblico danaro (Cass. SS.UU. 9 ottobre 2001, n. 12367), a svolgere una previa ed approfondita attività istruttoria, fatto che le farebbe acquisire lo “status” di pubblico funzionario, deputato ad erogare spese di pertinenza statale e ad assumere precisi compiti nelle tre fasi di liquidazione, ordinazione e pagamento di spese dello Stato. Essa, infatti, dopo aver istruito le domande dei soggetti che aspirano alla concessione dei contributi pubblici ( art. 5 – commi 1 e 4 – d.m. n. 527/’05) , le invia al Ministero non senza aver prima effettuato una serie di penetranti accertamenti ( art. 6 d.m. n. 527/’05) in ordine alla: completezza e pertinenza della prescritta documentazione; consistenza patrimoniale e finanziaria dell’impresa richiedente, con particolare riferimento alla possibilità che i promotori siano in grado di far fronte agli impegni finanziari derivanti dalla realizzazione del programma; validità tecnico-economico-finanziaria del programma; pertinenza e congruità delle spese esposte in domanda . In considerazione della peculiare posizione funzionale assunta nella fattispecie dalla Banca concessionaria, risulterebbero applicabili alla stessa le richiamate disposizioni normative della Legge di Contabilità Generale dello Stato e sarebbe pertanto configurabile in capo all’Istituto di credito la qualifica di agente contabile, in relazione all’effettivo maneggio di danaro pubblico. A quest’ultimo proposito, a tenore dell’art. 65 della Legge di Contabilità Generale dello Stato, “Gli ufficiali pagatori non debbono, sotto la loro responsabilità personale, effettuare pagamenti su ordini che non siano rivestiti delle formalità 28 richieste dal presente decreto e dal regolamento relativo”. Pertanto, ad avviso della Procura Regionale, l’Istituto di credito, avendo anche assunto le funzioni di agente contabile pagatore ex art. 178 r.d. n. 827/’24, risulta per tale motivo ancor più soggetto al disposto delle norme recate in materia dal R.D. 23 maggio 1924, n. 827. Infatti la Banca, dopo aver svolto la dovuta istruttoria ed aver inviato le istanze presentate dai privati all’Amministrazione statale competente, sulla scorta delle somme accreditate da quest’ultima, per far fronte proprio a quelle esigenze delineate dalla legge n. 488/’92, dispone l’ordinazione della connessa spesa ed il susseguente pagamento, assommando in sé la triplice funzione di organo liquidatore ed ordinatore ed ufficiale pagatore. Pertanto “a fortiori”, essa avrebbe dovuto, specie in quest’ultima fase, prestare maggiore attenzione sulla sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, affinché quelle somme potessero essere legittimamente erogate in favore dello specifico beneficiario, il cui titolo creditorio essa stessa aveva confezionato. Peraltro l’art. 194 del r.d. n. 827/’24 sull’argomento recita testualmente: “Le mancanze, deteriorazioni o diminuzioni di denaro o cose mobili avvenute per causa di furto, di forza maggiore, o di naturale deperimento, non sono ammesse a discarico degli agenti contabili, se essi non esibiscono le giustificazioni stabilite nei regolamenti dei rispettivi servizi, e non comprovano che ad essi non sia imputabile il danno, né per negligenza né per indugio frapposto nel richiedere i provvedimenti necessari per la conservazione del danaro o delle cose avute in consegna. Non possono 29 neppure essere discaricati quando abbiano usato irregolarità o trascuratezza nella tenuta delle scritture corrispondenti, e nelle spedizioni o nel ricevimento del denaro e delle cose mobili” (omissis). Ne deriva che, nel caso degli agenti contabili, l’eventuale smarrimento o sottrazione di somme di danaro o di cose mobili produce responsabilità contabile per il sol fatto della mancanza o smarrimento medesimi. In altri termini, la responsabilità contabile di tale tipo di soggetti può affermarsi sulla semplice constatazione del danno, in questa fattispecie consistente nell’avvenuta dolosa erogazione indebita di somme di pertinenza pubblica attraverso la distorsione ed illecita esecuzione delle fasi di liquidazione – effettuata sulla base di titoli illegalmente confezionati – ed alla conseguente illecita ordinazione e pagamento a valere sul competente capitolo di bilancio dello Stato; l’attività illecita sarebbe stata, inoltre, perfezionata attraverso la conclusiva fase di rendicontazione di spese mai sostenute o sostenute per importi maggiori e finalità diverse da quelle previste dalla legge. Pertanto l’ipotizzata responsabilità contabile dell’Istituto di credito introduce l’ulteriore conseguenza che il Procuratore Regionale non avrebbe alcun onere di fornire una prova positiva di tale peculiare forma di responsabilità; di talché, verificandosi un ammanco di denaro, l’agente contabile è tenuto a risponderne, salvo a fornire la prova liberatoria di cui all’art. 194 sopramenzionato. La Banca concessionaria sarebbe pertanto tenuta a restituire alla Ministero delle Attività Produttive – ora Ministero delle Sviluppo Economico 30 la somma di lire 21.446.498.700 (euro 11.076.192,21). 2. Con comparsa datata 17.1.2011 si costituiva la CHE.VIN. S.p.a., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce del 6.12.2003, per eccepire la improcedibilità e/o inammissibilità della domanda proposta nei confronti della Curatela, in quanto gli organi della procedura sono estranei ai fatti di causa, atteso che le circostanze sulle quali la Procura Regionale fonda la domanda risarcitoria erariale sono tutte avvenute anteriormente alla dichiarazione di fallimento della CHE.VIN. S.p.a. La Curatela è, pertanto, convenuta in giudizio non per una responsabilità propria, ma solo quale sostituto processuale della società fallita. Peraltro, in materia fallimentare l’accertamento del passivo (ovvero dei debiti sorti e maturati nel periodo in cui la società fallita era in bonis) debba avvenire esclusivamente secondo il procedimento disciplinato dagli artt. 92 e ss. del R.D. 267/42, che costituirebbe l’unico strumento processuale con il quale tutti i creditori, privati e pubblici, possono far valere i propri diritti (Cass. 06.06.2003, n.9070; Cass. 09.03.1990, n.1937). L’azione ordinaria, pertanto, se proposta, deve essere dichiarata improcedibile poiché è necessaria la concentrazione presso un unico organo giudiziario delle azioni dirette all’accertamento dei crediti (così, tra le tante, Cass. 03.02.2006, n. 2439; Cass. 29.01.2002, n. 1065; Cass. 21.02.2001, n. 2482; T. Roma 10.11.2004). Solo dopo essere stato ammesso al passivo fallimentare il credito, di qualunque natura anche erariale, concorre alla ripartizione dell’attivo fallimentare secondo il sub-procedimento disciplinato dagli artt. 104 e ss. L.F. 31 Ribadiva quindi l’improcedibilità e/o inammissibilità della domanda di accertamento del credito e di conseguente condanna proposta nei confronti della Curatela perché azionata in via ordinaria e non mediante domanda di ammissione al passivo fallimentare, domandando l’estromissione dal giudizio della Curatela fallimentare e con condanna del Ministero dello Sviluppo Economico, ovvero chi di ragione, al pagamento delle spese, diritti, onorari di causa, rimborso forfetario su diritti ed onorari, CAP ed IVA come per legge. 3. T20-A Con memoria acquisita al prot. 0001628-21/01/2011-SG_PUGsi costituiva Minisgallo Salvatore, il quale eccepiva l'inammissibilità dell'azione per difetto di giurisdizione del giudice contabile e per genericità e assenza di prova e, comunque, l'infondatezza nel merito delle domande avanzate dalla Procura; in via subordinata, domandava di circoscrivere la stessa responsabilità entro i limiti della incidenza causale posseduta dalla condotta ad egli imputabile rispetto alla determinazione del danno patrimoniale lamentato ed in via sussidiaria rispetto alle parti private convenute; in via ulteriormente gradata chiedeva a questa Corte di esercitare il potere riduttivo dell’addebito nei suoi confronti, anche in ragione dei fatti addebitabili agli altri soggetti convenuti. Quanto al profilo della giurisdizione, sottolineava di essere stato convenuto in qualità di responsabile tecnico della CHE.VIN S.p.a. e richiamava le ordinanze n. 23599/2010, n. 23600/2010 e n. 23601/2010, tutte depositate il 22 novembre 2010, con cui le Sezioni Unite della Cassazione chiarivano che ai fini della configurazione 32 della responsabilità amministrativo-contabile e della giurisdizione della Corte dei conti occorre sempre che "il rapporto di servizio (di fatto) con la P.A. mediante la gestione del pubblico denaro si sia effettivamente realizzato in capo al soggetto privato" e che il privato "non può che essere identificato... nell'ente, la società e i suoi amministratori di diritto o di fatto cui siano erogati (indebitamente) fondi pubblici distratti dalle finalità perseguite dalla legge mediante la concessione di contributi". Nel caso, la Procura addebitava al Minisgallo di aver concorso "alla simulazione delle condizioni richieste dalla normativa ai fini del conseguimento del finanziamento", sostanzialmente mediante la formazione, nella sua qualità di "responsabile tecnico", di perizie giurate in data 10.12.1997, 22.12.1997, 17.01.1998 e 27.09.1999 ritenute false onde consentire alla CHE.VIN S.p.a. l’indebito conseguimento del finanziamento pubblico in questione. A detta del Minisgallo, ai fini dell'estensione della responsabilità contabile nei suoi confronti, in base alle citate ordinanze delle SS.UU., occorrerebbe che tra quest'ultimo e la società (indebitamente) destinataria dei fondi pubblici vi sia stato un rapporto "organico" che possa sostanzialmente integrare quel "rapporto di servizio" (di fatto) con la P.A. che può giustificare l'insorgere a suo carico di una "responsabilità erariale". In proposito precisava di essere geometra e di essere stato dipendente della CHE.VIN solo per alcuni mesi, con il ruolo di tecnico, senza mai occuparsi degli aspetti amministrativi, anche con riguardo alle pratiche ex L. n. 488/1992. Egli, dunque, sarebbe stato estraneo alla gestione del pubblico denaro e quindi non 33 potrebbe essere stato parte di alcun "rapporto di servizio" (di fatto) con la P.A. Nel merito, sottolineava poi, quanto alle perizie giurate da egli redatte, di essere stato assolto con formula piena dal reato di falso dal Tribunale di Lecce I^ sezione penale con la sentenza n. 530/2008. Inoltre, la citata sentenza, rispetto alla pratica di finanziamento n. 41740/1998, pronunciava proscioglimento dai reati di truffa aggravata e falso perché il fatto non sussiste e, con riferimento alla pratica n. 3120/1996, cui si riferiscono gli addebiti al vaglio nell’odierno giudizio di responsabilità, dichiarava estinto per prescrizione il reato di truffa; peraltro, è ancora pendente presso la Corte di Appello di Lecce il giudizio di secondo grado intrapreso dal Minisgallo avverso la predetta sentenza in parte qua. Eccepiva, pertanto, la carenza di idonea fonte di prova degli addebiti mossigli circa la compartecipazione nella determinazione dell'illecito, che si baserebbe sugli atti di indagine svolti dal P.M. nel procedimento penale e in particolare sulla consulenza tecnica di parte che lo stesso P.M. ebbe a far eseguire ad opera dell’Ing. Lecciso, sulla informativa del Nucleo Provinciale pt. G.d.F. di Lecce, sulle relazioni peritali del geom. Santoni, effettuate su incarico della banca. Le perizie contestategli (redatte il 22.11.1997, il 10.12.1997, il 22.12.1997 , il 17.01.1998, il 19.11.1999, il 5.1.2000) avevano a oggetto principalmente l’attestazione in ordine alla regolarità delle opere edili realizzate nell'ambito della pratica che sarebbe stata, pertanto, ammessa a finanziamento. Per contro, Minisgallo non avrebbe 34 partecipato unitamente agli amministratori (di diritto e/o di fatto, delle società coinvolte nell'odierna vicenda alla "produzione e presentazione di falsi documenti e/o attestazioni diretti a consentire conseguimento dell’indebito ed ingente beneficio", assumendo il ruolo, a sua detta marginale, di mero tecnico chiamato a periziare la regolarità delle opere edili realizzate. Tanto da venire assolto, all'esito del processo penale, con formula piena dal reato di falso. Né la Procura avrebbe indicato nel proprio atto di citazione ulteriori elementi probatori sui quali fondare l’addebito nei suoi confronti. Riguardo, poi, all'elemento soggettivo, non vi sarebbe dolo, in quanto la condotta del Minisgallo nello svolgimento dell'iter procedurale prodromico all'erogazione del finanziamento pubblico si è sostanziata esclusivamente nell’aver egli, nella sua qualità di dipendente tecnico (geometra), senza ingeririrsi nell’attività gestionale della società - verificato lo stato di avanzamento dei lavori, attestandone - in modo accertato come veritiero in sede penale – la conformità ai titoli concessori, riscontrato l’avvenuta installazione dei macchinari acquistati e, da ultimo, redatto lo stato finale dei lavori e l’elenco di tutte le opere oggetto delle agevolazioni, non appare in alcun modo configurabile in capo al predetto alcuna responsabilità amministrativa men che mai a titolo di dolo, che presupporrebbe una condotta volontariamente rivolta a trarre profitto dal sistema di concessione delle agevolazioni ex L. n. 488/1992 attraverso la rappresentazione di dati non veritieri, il che sarebbe da escludersi in ragione di quanto sopra. D'altro canto, la domanda di parte attrice 35 difetterebbe e sarebbe generica in ordine alla indicazione di elementi probatori idonei a far ritenere sussistente il nesso di causalità tra danno erariale paventato e la condotta del Minisgallo. 4. Con atto depositato il 14.12.2010 si costituiva la società EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione, la quale, con memoria datata 19.11.2010, precisava che l'atto introduttivo del giudizio, cosi come pure l'invito a dedurre, fanno riferimento anche al progetto n. 4170, che è invece estraneo al presente giudizio, che riguarda soltanto il progetto n. 3120. Rappresentava preliminarmente che la documentazione relativa al progetto n. 3120 è stata posta sotto sequestro, con la conseguenza che EPF non è in grado di rinvenire tutti gli atti dello stesso. Lamentava, inoltre, che la Procura regionale non avrebbe depositato in giudizio gli atti sui quali pretenderebbe di fondare l'affermazione di responsabilità erariale di EPF, limitandosi per taluni (la perizia del Consunte Lecciso nel procedimento penale) a riportarne soltanto alcuni brani nell'atto di citazione, oltretutto interpolandoli, con conseguente inammissibilità della citazione per genericità. In subordine, attesa la grave violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, chiedeva che fosse ordinato alla Procura di depositare in giudizio la documentazione in parola. Nel merito, sottolineava la genericità dell'atto di citazione, anche in quanto non risulterebbero provate le affermazioni ivi contente addirittura con riferimento alla sussistenza del danno. Manca, infatti, qualsiasi informazione circa gli esiti del procedimento di revoca delle 36 agevolazioni (seppur tardivamente) avviato dal Ministero: con la conseguenza che non è dato sapere se e in quale misura le somme erogate siano state ad oggi recuperate, né è dato sapere quali azioni il Ministero abbia avviato per evitare il danno o, comunque, per attenuarne la portata. Il che pone anche un problema di concorso di responsabilità imputabile al Ministero ed ai soggetti che al suo interno erano deputati ad occuparsi di tali compiti. Eccepiva, poi, la prescrizione dell’azione, in quanto il progetto agevolativo in parola era stato avviato nel 1996 e l'attività di EPF si era conclusa nel 2000, oltre 10 anni fa, essendo quindi trascorsi, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ben oltre cinque anni dalla data in cui e stato scoperto il fatto dannoso. Al riguardo, anche a volere ammettere che vi sia stato occultamento doloso del danno (da imputarsi, peraltro, a soggetti distinti dalla resistente EPF), la decorrenza del termine di prescrizione andrebbe fatta risalire alla data in cui il Ministero ha dato avvio alla procedura di revoca delle agevolazioni (3.2.2003), allorquando il procedimento penale a carico di soggetti legati alla CHE.VIN. S.p.a. era già pendente da circa tre anni. Quanto alla tesi della decorrenza del termine prescrizionale dalla data di costituzione di parte civile nel processo penale, essa contrasterebbe con l’impostazione della Procura, la quale ha svolto due domande: la prima soltanto verso EPF, ritenuta responsabile in via principale del danno derivato all'erario dalla concessione dei contribuiti de quibus, con la conseguenza che gli atti interruttivi valevoli per gli altri convenuti 37 non potrebbero riverberarsi sulla posizione del responsabile in via principale, rispetto al quale decorrerebbero i normali termini prescrizionali, non potendo rilevare per EPF l'esito di un giudizio penale del quale non è parte ai fini di quello di responsabilità; la seconda domanda, formulata in via sussidiaria verso EPF rispetto alla CHE.VIN. S.p.a. (beneficiaria del contributo) ed agli altri soggetti convenuti nel giudizio di responsabilità, riguardo alla quale non si potrebbe sostenere, ex art. 1 comma quinquies, della legge n. 20/1994, né che la banca abbia conseguito un illecito arricchimento, né che abbia agito con dolo, che sarebbe escluso anche dal mancato coinvolgimento della Banca nel processo penale, non essendo emerso a suo carico alcun profilo di responsabilità. Ribadiva che EPF avrebbe agito nel rispetto della normativa di settore e degli obblighi derivanti dalla convenzione, ponendo in essere tutti gli adempimenti prescritti dalla legge, dai regolamenti e dalle circolari e compilando pedissequamente tutti gli schemi ministeriali relativi allo svolgimento dell’istruttoria, senza che ad essa possa essere imputata alcuna responsabilità per fatti eventualmente addebitabili soltanto a coloro che operavano e agivano nell'interesse della CHE.VIN. S.p.a. Richiamava la Convenzione del 25.3.1996 con la quale l'allora Ministero dell'Industria e Commercio aveva affidato ad EPF gli adempimenti tecnici ed amministrativi per l'istruttoria delle domande di agevolazione finanziaria e le erogazioni dei contributi previsti dalla legge n. 488/92. L'art. 1 della Convenzione individua 38 gli atti normativi e regolamentari che disciplinano lo svolgimento del servizio: il d.l. 415/92 convertito con modificazioni dalla Legge n. 488/92; il d.lgs. 03.04.1993 n. 96; la delibera CIPE del 27 aprile 1995; il regolamento di attuazione del 20 ottobre 1995 n. 527; la circolare esplicativa del 15.12.1995 n. 38522; la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese. L'art. 2 della Convenzione assegna alla Banca concessionaria il compito di: esaminare la documentazione presentata dalle imprese unitamente alla domanda di agevolazione; svolgere un esame istruttorio secondo le modalità ed i criteri prefissati; inviare al Ministero i risultati delle istruttorie e gli elementi necessari alla formazione delle graduatorie di cui al successivo art. 4 di convenzione; acquisire la documentazione necessaria all'erogazione dei contributi; disporre l'accredito delle quote alle imprese beneficiarie; inviare la documentazione finale di spesa e la relazione sullo stato finale del programma di investimenti, redatta in conformità dello schema ministeriale. Una volta ammesso il progetto, il contributo è erogato in tre quote annuali, la prima delle quali a titolo di anticipazione, previo rilascio di fideiussione bancaria o polizza assicurativa, entro un mese dalla pubblicazione delle graduatorie. I termini per l'accredito delle successive rate sono fissati in 15 giorni lavorativi dalla richiesta della impresa beneficiaria a fronte della dimostrazione della sussistenza di tutte le condizioni necessarie. Residuano al Ministero poteri ispettivi, di controllo e di indirizzo, esercitati anche attraverso le direttive del Comitato Tecnico-Consultivo, costituito 39 per coadiuvare le banche concessionarie (D.M. n. 527/1995 art. 11). Il regolamento n. 527/1995 e la circolare esplicativa n. 38522 disciplinano le modalità di istruzione delle pratiche di finanziamento, sia ai fini della ammissione delle stesse al contributo da parte del Ministero, sia ai fini della erogazione delle singole rate, individuando la documentazione finale di spesa, sulla base della quale le banche concessionarie predispongono la relazione finale, propedeutica alla eventuale adozione del decreto di concessione definitivo (artt. 9 e 10 regolamento). Competono al Ministero, per i progetti di valore superiore ai tre miliardi di lire, gli accertamenti sulla avvenuta realizzazione del programma. Nel caso, la domanda relativa al progetto n. 3120, presentata l'8 maggio 1996, è stata positivamente valutata da EPF. Il 20 novembre 1996 il Ministero emetteva il decreto di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 dell'iniziativa localizzata nell'obiettivo 1, per un contributo in conto capitale di lire 23.787.510.000, di cui 21.446.498.700 effettivamente erogate. In data 17 gennaio 1997, formalizzati gli adempimenti regolamentari, veniva pagata a titolo di anticipazione la prima quota, pari a lire 7.929.170.000, previo rilascio da parte dell'impresa beneficiaria della prescritta polizza assicurativa. Il successivo 23 gennaio 1998, verificata la completezza e regolarità formale della documentazione fornita dall'impresa ed effettuato un sopralluogo, veniva erogata la seconda quota di contributo e svincolata -come previsto- la polizza assicurativa a garanzia della prima quota. In data 17 novembre 1999, previa verifica 40 della pertinenza e conformità agli schemi ministeriali della documentazione di supporto, veniva erogato il 70% della terza quota di contributo e dato avvio alla fase finale del procedimento, mediante l'acquisizione degli atti e documenti finali e la predisposizione della relazione da sottoporre al Ministero per l'adozione del decreto definitivo. Nel luglio seguente la Guardia di finanza sequestrava la documentazione relativa al progetto 3120/96, del che veniva tempestivamente informato il Ministero, il quale, peraltro, attendeva quasi tre anni per avviare il procedimento di revoca delle agevolazioni. Dopo 10 anni dalla chiusura della pratica, la Procura regionale presso la Corte dei conti notificava ad EPF in liquidazione l'invito a dedurre. EPF ribadiva di aver posto in essere gli adempimenti scanditi dal D.M. 527/1995 (art. 6) secondo le modalità impartite con le circolari nn. 38522 e 37835/1996, l'ultima delle quali introduce delle facilitazioni per la redazione del business plan e delle speciali dichiarazioni da fornire a cura delle imprese, che -ove formalmente corrette- esonererebbero, a detta di EPF, la Banca dalla responsabilità di verificare l'ammissibilità della iniziativa (direttive Ministero nn. 36056 del 6.6.1996 e 36288 del 10.7.1996). Nella relazione istruttoria risulta l'esame sia del business plan redatto secondo le modalità indicate dal Ministero, sia della dichiarazione suddetta circa la sussistenza dei requisiti di ammissibilità presentata dalla impresa con atto notorio. Ritenuta quindi la agevolabilità dell'iniziativa, EPF proponeva al Ministero che l'erogazione delle agevolazioni fosse 41 subordinata ad una serie di condizioni, indicate in calce alla relazione stessa, che venivano recepite dal Ministero, il quale con D.M. 88/9/26998 del 20.11.1996 concedeva alla CHE.VIN. S.p.a. le agevolazioni de quibus, subordinando la erogazione della I quota alle prescrizioni indicate da EPF. Con nota del 14 gennaio 1997, a fronte della richiesta di erogazione pervenuta dall'Impresa, EPF chiedeva l'invio della necessaria documentazione, compresa l'integrazione di polizza (a garanzia della I quota a titolo di anticipazione) in aderenza a quanto indicato dal Ministero e, verificati gli adempimenti richieste, con nota del 16 gennaio 1997 dava il nulla osta al pagamento alla CHE.VIN S.p.a. della I quota delle agevolazioni, pari a lire 7.929.170.000. Anche per la erogazione della II e III rata delle agevolazioni EPF avrebbe posto in essere le necessarie cautele, svolgendo anche sopralluoghi (anche se normativamente non sarebbero stati previsti), acquisendo e verificando i documenti di legge. Ai fini della erogazione della II e III rata la impresa deve trasmettere alla banca concessionaria la richiesta secondo gli schemi allegati alle circolari ministeriali e solo per l'ultima erogazione, la documentazione finale di spesa. Il compito di EPF, in base alla normativa di settore e alla convenzione (art. 7 D.M. n. 527/1995) era di verificare "la vigenza dell'impresa richiedente, la completezza e la pertinenza alla iniziativa agevolata della documentazione di cui ai commi 3 e 4" esibita dall'impresa, "nonché, al di fuori dell'anticipazione, la corrispondenza degli investimenti realizzati, così come dichiarati, alla erogazione richiesta". Tali verifiche 42 sarebbero state eseguite da EPF, la quale -a fronte della richiesta di erogazione della II rata pervenuta dalla CHE.VIN. il 27.11.1997- ha esaminato la documentazione fornita dall' impresa: certificato CCIA per constatare la perdurante vigenza della società; certificato del Tribunale, attestante la inesistenza di procedure fallimentari in corso; la dichiarazione (sostitutiva di atto notorio) relativa agli investimenti realizzati, attestante uno stato di avanzamento al 31.10.1997, pari al 70,29% della spesa ritenuta ammissibile; perizia giurata di tecnico abilitato, geom. Salvatore Minsgallo, del 22.11.1997 giurata in pari data presso la Pretura circondariale di Lecce. EPF ha inoltre chiesto, con nota del 5.12.1997, una integrazione documentale (in ordine alle concessioni edilizie ed al bilancio 1996), subordinando la erogazione della quota alla messa a disposizione della necessaria provvista da parte del Ministero ed al ricevimento di quanto richiesto. Inoltre EPF disponeva anche un sopralluogo presso l'impresa, incaricando allo scopo geom. Santoni, all’esito del quale l’incaricato esprimeva riserve su alcune opere murarie ancora in corso di esecuzione e su alcuni macchinari non presenti in loco, suggerendo di sospendere la erogazione della II quota. Peraltro, pervenuta la ulteriore documentazione da parte della CHE.VIN., il geom. Santoni procedeva alla verifica amministrativa della pratica, esprimendosi favorevolmente per la erogazione della II quota (prospetto identificativo dei macchinari; estratti c/c bancari; mastrini contabili dei fornitori; dichiarazione, sostitutiva di atto notorio, di insussistenza collegamenti con le ditte fornitrici; perizia giurata a 43 firma del geom. Minisgallo in data 22.12.1997, ad integrazione delle due già trasmesse; SAL alla data del 28.10.1997, dando atto che non era stato richiesto da EPF un ulteriore sopralluogo). Quanto all'esame di organicità e funzionalità del dell'investimento EPF riteneva che, in base alla circolare n. 36157, esso andasse rinviato al momento della verifica dello stato di avanzamento finale. A fronte della suddetta integrazione documentale, ritenendo evasi gli adempimenti previsti dalla disciplina di settore, EPF procedeva dunque ad erogare la II quota di contributo, avendo l'impresa fornito tutti i documenti richiesti. Quanto alla III quota, la CHE.VIN. comunicava la ultimazione del programma e la entrata in funzione dell'impianto in data 24.9.1999 ed il successivo 9 ottobre ne chiedeva la erogazione. Anche in questo caso EPF chiedeva chiarimenti e documenti integrativi, salvo poi, una volta ricevuti e verificatene la formale corrispondenza a quanto previsto dal regolamento n. 527/1995 e dalla circolare n. 38522/1995, procedere alla erogazione del 70% della III quota (detratti gli importi per le spese ritenute non ammissibili). Veniva, dunque, avviata la procedura relativa all'ultima fase, all'esito della quale EPF predisponeva la relazione finale, corredandola di tutta la prescritta documentazione di supporto (11.7.2000). A distanza di circa un mese la Guardia di finanza informava Ministero e EPF dell' avvio di una indagine penale a carico della CHE.VIN S.p.a. che coinvolgeva anche il programma di investimento de quo; comunicazione cui seguiva (31.7.2000) il sequestro della 44 documentazione in possesso di EPF. Il 3.2.2003 il Ministero comunicava l'avvio del procedimento di revoca delle agevolazioni, del cui esito nulla è dato sapere. Lamentava EPF che, a fronte di tale situazione, i cui profili di illiceità sono emersi (ma a tutt'oggi non oggetto di giudicato penale) soltanto a seguito dell'espletamento dei penetranti ed invasivi poteri di indagine che sono prerogativa dell'Autorità giudiziaria e dei suoi ausiliari, e non della Banca concessionaria, la Procura ravvisa la responsabilità della EPF sostanzialmente per la omessa richiesta al consulente (geom. Santoni) di effettuare un ulteriore sopralluogo propedeutico alla erogazione della II quota di contributo per sciogliere le riserve espresse in occasione della verifica del 19 dicembre 1997. Si doleva in proposito del fatto che la normativa di settore (né il regolamento n. 527 né le circolari esplicative) non prevedrebbe l'obbligo di espletamento di alcun sopralluogo e stabilirebbe quale criterio di verifica quello documentale, fondato sulla rispondenza di quanto dichiarato dall'impresa per ogni stato di avanzamento, mediante dichiarazioni sostitutive di atto notorio, con il programma di investimenti ammesso a beneficio. EPF non avrebbe potuto avvedersi del disegno criminoso ipotizzato nella citazione (e men che mai in virtù di un semplice sopralluogo: giacché -ove disposto- i macchinari si sarebbero verosimilmente trovati in loco), che è emerso soltanto grazie ad indagini di polizia giudiziaria. Neanche il Ministero, pur dotato di poteri ispettivi e di controllo (art. 11 reg. n. 527/1995) ha mai posto in dubbio, sino all'intervento della 45 Autorità giudiziaria penale, la regolarità dell'iniziativa agevolata, pure in presenza di una informativa della Guardia di finanza, attendendo circa tre anni prima di dare avvio al procedimento di revoca delle agevolazioni, ritardo idoneo a costituire elemento di responsabilità nella causazione del danno prospettato dalla Procura, che imporrebbe la integrazione del contraddittorio nei confronti di quanti hanno concorso con la loro condotta dilatoria e/o omissiva alla insorgenza e, comunque, al consolidamento, del pregiudizio erariale. L'asserita infondatezza dell'addebito mosso alla EPF emergerebbe anche dalla sentenza penale di primo grado, nella parte in cui il geom. Minisgallo, l'autore e sottoscrittore delle dichiarazioni giurate che avrebbero indotto in errore EPF, sarebbe stato assolto perché il fatto non sussiste, non essendo stata raggiunta la prova della falsità delle stesse (sentenza I Sezione penale del Tribunale di Lecce n. 530/08). Quanto all’elemento soggettivo, eccepiva EPF che non vi sarebbe dolo, alla luce del suo mancato coinvolgimento nel procedimento penale, e che sarebbe inconfigurabile la colpa grave, in assenza della quale (art. 1, comma 1, della legge n. 20/1994) viene meno la perseguibilità dell'agente, anche con riferimento all'agente contabile. Sussiste, infatti, identità di elementi costitutivi per la responsabilità amministrativa e per quella contabile, salvo che per la parziale inversione dell'onere della prova, restando: a carico della Procura di dimostrare la esistenza del danno (che nel caso non sarebbe raggiunta, non essendo stata fornita alcuna notizia e prova dell' 46 eventuale esito negativo della procedura di revoca e di recupero delle agevolazioni); a carico dell'agente, di dimostrare che non vi è stato dolo o colpa grave nella gestione del denaro pubblico; prova che sarebbe da considerarsi raggiunta ove sia dimostrata la conformità della condotta dell'agente alle regole che disciplinano la fattispecie ovvero l'evento dannoso sia imputabile a fattori estranei alla condotta dell'agente medesimo, ovvero, come nel caso, a soggetti terzi che con il loro comportamento fraudolento abbiano creato le condizioni per la indebita erogazione causativa del danno. Concludeva quindi per la declaratoria di inammissibilità della domanda attorea o per il suo rigetto, previa – ove occorra integrazione del contraddittorio nei riguardi dei funzionari responsabili del Ministero delle Attività Produttive, ora Sviluppo Economico, con rimborso delle spese di lite. 5. All’udienza pubblica del 14 luglio 2011, come da relativo verbale, le parti costituite hanno ribadito le rispettive domande, eccezioni, argomentazioni e conclusioni già in atti, chiedendo che la decisione venga rinviata in attesa del definitivo esito del processo penale, pendendo allo stato impugnazione sulla sentenza di primo grado (la parte relativa alla prescrizione sarebbe stata impugnata sia dalla Procura che dal Minisgallo, al fine di avere un proscioglimento pieno), nonché previo acclaramento dell’esito della procedura di recupero avviata nel 2003 dall’Amministrazione e previa integrazione del contraddittorio nei riguardi dei funzionari del Ministero ex Attività Produttive, ora 47 Sviluppo Economico, responsabili della tardiva attivazione della procedura di recupero. La difesa della società EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. ha, inoltre, sollevato eccezione di incompetenza territoriale di questa Sezione, argomentando che, trattandosi di finanziamenti erogati dalle strutture centrali del Ministero ora dello Sviluppo Economico, la competenza spetterebbe alla Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, richiamando in tal senso giurisprudenza delle Sezioni giurisdizionali regionali per il Lazio e per la Basilicata (la quale ultima, in fattispecie analoga, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale a favore della Sezione Lazio); trattandosi di giudizio di responsabilità, si tratterebbe di competenza territoriale inderogabile. La Procura regionale ha ribadito la competenza territoriale dell’adita Sezione pugliese, secondo il criterio del locus commissi damni, anche con riferimento alla mancata realizzazione delle finalità di promozione dello sviluppo socio-economico del territorio di operatività dell’impresa beneficiaria del finanziamento, che è il territorio pugliese. Quanto alla prescrizione ha sottolineato, che, trattandosi di fattispecie di occultamento doloso, il dies a quo dovrebbe individuarsi nella data di rinvio a giudizio e quindi, considerato che l’Amministrazione si è costituita parte civile nel giudizio penale nel 2006, non sarebbe maturata prescrizione; né potrebbe confondersi l’avvio nel 2003 del procedimento di revoca con la scoperta del danno dolosamente occultato, trattandosi per l’appunto di procedimento di natura amministrativa e non di rinvio a giudizio. Nel merito ha manifestato la propria contrarietà alla 48 sospensione dell’odierno giudizio di responsabilità nell’attesa della definizione di quello penale, ritenendo la causa matura per la decisione. Ha poi precisato che la falsità delle fatture emesse dalla società L.I.P.A. è stata acclarata a pag. 7 e segg. della sentenza penale di primo grado e che l’insufficienza di prove riguarda altre fatture, diverse da quelle in questione. Ha ribadito la responsabilità della banca, per essersi limitata a riscontri meramente documentali, pur in presenza dei rilievi del geom. Santoni che avrebbero imposto l’attivazione di più approfonditi poteri di verifica. Con riferimento alle procedure di recupero ha osservato che, essendosi l’Amministrazione insinuata tardivamente nel passivo fallimentare, le stesse sarebbero pressoché inesistenti. Considerato in DIRITTO 1. Preliminarmente, essendovi convenuti non costituiti (CHETTA Rocco Antonio e DI GIOVANNI Battista Marco), il Collegio deve procedere alla verifica della regolare instaurazione del contraddittorio nei loro confronti. Detta verifica ha esito positivo, come risulta dalle relate di notifica della citazione e dell’avviso relativo all’odierna udienza per Chetta Rocco Antonio (come da relata UNEP C. App. Lecce Uff. Giud. Maria Sanità, ex art. 140 c.p.c. racc. 76487092524-9 spedita in data 26.4.2011 e ricevuta in data 29.4.2011 come da avviso 76520263262-6) e per Di Giovanni Battista Marco (come da relata in data 17.5.2011 UNEP Trib. Velletri Uff. giud dott. Alessandro Lorenzi). 49 Quanto al CHETTA Rocco Antonio, va precisato che all’udienza del 10.2.2011 era comparso asseritamente per suo conto l’avv. Fabrizio Hinna Danesi, peraltro non munito di rituale procura e dunque senza integrare una valida costituzione del convenuto, il quale, a tutt’oggi risulta non costituito. 2. Sempre in via preliminare, questo Collegio ritiene doveroso, trattandosi di profilo rilevabile d’ufficio, statuire sulla propria giurisdizione. Al riguardo, alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, non può non condividersi quanto argomentato dalla Procura circa la ravvisabilità, nel rapporto dell’Amministrazione con i soggetti a vario titolo convenuti, di un rapporto di servizio atto a radicare la giurisdizione della Corte dei conti. Invero, pur in assenza di un formale rapporto di impiego, in quanto la condotta causativa del danno erariale è stata posta in essere da soggetti non organicamente inseriti nella struttura della P.A. (impresa richiedente il finanziamento pubblico, persone fisiche che hanno operato in qualità di amministratori/collaboratori della medesima, o di soggetti a essa riconducibili, in funzione strumentale al conseguimento del finanziamento, banca concessionaria delle funzioni pubblicistiche di verifica del possesso dei requisiti di accesso al finanziamento e di rispettiva erogazione), si è in presenza di un rapporto di servizio instaurato tra l’Amministrazione e i suddetti soggetti, funzionalmente inseriti, sia pur al di fuori di un rapporto organico, perseguimento delle nell’assetto finalità organizzativo pubbliche 50 cui preposto al l’erogazione del finanziamento è preordinata, nella specie di incremento occupazionale e produttivo delle aree depresse del Paese. In particolare, è stata riconosciuta l’insorgenza di un rapporto di servizio, con conseguente giurisdizione dalla Corte dei conti, con riguardo al soggetto privato percettore dei contributi pubblici finalizzati, come sono quelli ex d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, convertito nella legge 19 dicembre 1992 n. 488, di incentivo delle attività produttive di cui alla l. n. 64/1986 allo scopo di promuovere lo sviluppo dei territori dell’Italia meridionale. La normativa di settore è volta ad assicurare la finalizzazione dei finanziamenti suddetti agli interventi, di pubblico interesse, individuati con la Delibera CIPE del 27 aprile 1995 e successive modificazioni ed integrazioni, consistenti in “...progetti di investimento finalizzati alla costruzione, all’ampliamento, all’ammodernamento, alla ristrutturazione, alla riconversione, alla riattivazione ed alla delocalizzazione degli impianti produttivi ….. ( art. 2 – punto 2.1). La verifica della destinazione funzionale del finanziamento erogato alle finalità pubbliche che lo giustificano è affidata, mediante “la stipula di apposite convenzioni” a “banche o società di servizi controllate da Banche” (5.c), che debbono riscontrare, tra l’altro, che la domanda di finanziamento sia “corredata da elementi di analisi di fattibilità e redditività economico-finanziaria del progetto e da un piano finanziario completo…” di una serie di elementi normativamente al riguardo indicati (art. 5 c. 2). In sede di riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Corte dei conti, le Sezioni Unite della Cassazione (1° marzo 2006, n. 4511) 51 quanto ai soggetti privati percettori di contributi pubblici finalizzati, hanno evidenziato: “lo sviluppo dell'interpretazione giurisprudenziale nella materia, maturato in relazione al progressivo operare dell'Amministrazione tramite soggetti non organicamente inseriti nella stessa e del sempre più frequente operare di questa al di fuori degli schemi del - per molti versi superato - regolamento di contabilità di Stato, che ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti, ritiene del tutto irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa od in un contratto privato; che ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato od un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla Pubblica Amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, egli realizza un danno per l'ente pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore), di cui deve rispondere dinanzi al Giudice contabile (ex plurimis Cass. sez. un. n. 8450/98, 926/99, 11309/95)”. “Nello stesso senso si e’ espressa Cass., sez. un., n. 14825 del 2008. Presupposto di tali conclusioni e’ che, concorrendo il soggetto destinatario del contributo alla realizzazione del programma della 52 pubblica amministrazione, fra la stessa ed il beneficiario si instaura un rapporto di servizio, sicché’ il beneficiario assume, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, la stessa posizione propria di un dipendente o amministratore della pubblica amministrazione” (3 marzo 2010 n. 5019). Il rapporto di servizio, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti è stato riconosciuto non soltanto con riferimento all’ente percettore del contributo, ma altresì nei riguardi delle persone fisiche che, operando nell’ambito o per conto del percettore, abbiano avuto un coinvolgimento diretto nella vicenda alla base dell’indebita erogazione, a vario titolo, es. di socio, di amministratore, di dipendente, di soggetto terzo incaricato di attività prodromiche al conseguimento del contributo. Con espresso riferimento “alla responsabilità dell’amministratore e dei soci” della società percettrice del finanziamento pubblico le Sezioni Unite hanno riconosciuto, nella citata sent. n. 5019/2010, proprio in riferimento a vicenda inerente alla percezione di finanziamenti ex legge n. 488/1992, la giurisdizione della Corte dei Conti “anche per l’azione di danno erariale proposta nei confronti non già della società a favore della quale il contributo pubblico sia stato erogato, ma direttamente di chi (amministratore) abbia distratto le somme oggetto del finanziamento, così frustrando gli scopi perseguiti dalla pubblica amministrazione”. Ciò “alla luce del rilievo che l’instaurazione del rapporto di servizio è correlata non solo alla riferibilità alla società beneficiarla del contributo degli effetti degli atti dei suoi organi, ma anche alla attività stessa di chi, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua 53 illegittima percezione, abbia provocato la frustrazione dello scopo direttamente perseguito dall’amministrazione”. Invero, i soggetti privati percettori di finanziamenti pubblici finalizzati, pur essendo estranei alla P.A., “gestiscono risorse pubbliche vincolate all’impiego preventivato, sicché l’applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa è, per così dire, diretta. Che i soggetti che debbono impiegare quelle risorse non siano funzionari della stessa o di altra pubblica amministrazione, ma privati, società o non, non rileva: l’assimilazione e’ ben assicurata dalla figura del rapporto di servizio. Posto, infatti, che il dato fondante della responsabilità è la distrazione dei fondi pubblici, è consequenziale che ne rispondano sia il soggetto cui il finanziamento sia stato erogato (nella specie, la società beneficiaria) sia i soggetti che li hanno distratti per averne avuto la disponibilità”. Ciò posto, in conformità della giurisprudenza sia delle Sezioni Unite della Cassazione (ord. n. 5019/2010) sia della Corte dei conti (Sez. giur. reg. Calabria, 2.8.2010, n. 443; Sez. giur. reg. Abruzzo, 20.4.2007, n. 430) va senz’altro riconosciuta la sussistenza di un rapporto di servizio, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti, nei riguardi dell’impresa beneficiaria dei contributi pubblici (CHE.VIN. S.p.a.) nonché di tutti i soggetti che abbiano concorso a porre in essere l’attività (compresa quella gestoria, amministrativa, documentale, certificativa) che, simulando la sussistenza delle condizioni previste per l’accesso al finanziamento, abbia dato luogo al medesimo. Ciò sia con riferimento a chi abbia concorso nella veste di proprietario e gestore della impresa beneficiaria (Chetta), sia con 54 riguardo a chi abbia contribuito nella qualità di dipendente o collaboratore incaricato di svolgere determinate funzioni certificative di aspetti tecnici per conto della medesima (Minisgallo), sia, ancora, in relazione a chi abbia preso parte nel ruolo di amministratore e rappresentante legale (Di Giovanni Battista Marco) di società (in particolare la LIPA S.r.l.) sostanzialmente riconducibili alla società beneficiaria dei contributi (CHE.VIN S.p.a.) e che con essa abbiano concorso alla realizzazione della attività documentale e certificativa attestante il possesso delle condizioni di legge, che ha dato luogo all’indebita percezione del contributo pubblico (nel caso, mediante l’emissione delle fatture, ritenute false in sede penale, presentate a finanziamento). Va altresì affermata la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., sulla base del vincolo di natura concessorio-convenzionale che, in base al surrichiamato quadro normativo, si instaura tra la P.A. e l’Istituto di credito convenzionato, cui vengono delegate le funzioni istruttorie, di natura pubblicistico-amministrativa e che viene quindi inserito, per tale via, nell’organizzazione funzionale attraverso cui la P.A. esercita le proprie funzioni, nel caso di verifica circa il possesso da parte dell’istante dei requisiti di ammissione ai finanziamenti, al fine di assicurare che il pubblico denaro sia effettivamente destinato alle finalità di interesse generale per le quali è erogato. 2.1. Più in particolare, quanto alle ordinanze delle Sezioni Riunite della Cassazione n.. 23599, 23600 e 23601 del 2010 richiamate dalla 55 difesa del Minisgallo, va rilevata l’inconferenza del richiamo rispetto alla posizione di quest’ultimo che, come da egli espressamente affermato, era il dipendente tecnico preposto dalla società (sia pur per la breve durata del rapporto di lavoro) alla redazione delle perizie giurate attestanti la regolarità delle opere murarie e dell’installazione dei macchinari che venivano esibite alla banca concessionaria quale presupposto per l’erogazione dei finanziamenti pubblici da parte del Ministero. Per contro, ben diversa è la posizione dei convenuti cui si riferiscono le tre ordinanze delle SS.UU. richiamate dal Minisgallo, trattandosi non di dipendenti della società, bensì di collaboratori esterni, svolgenti per la società una “attività libero professionale di assistenza e consulenza”, come tale qualificabile come prestazione di lavoro autonomo e non di lavoro subordinato, come invece nel caso del Minisgallo. Non sono quindi condivisibili le affermazioni del convenuto circa la pretesa inconfigurabilità di un rapporto organico con la società in ragione del carattere tecnico e non gestorio dell’attività da egli svolta e del fatto che sarebbe stato soltanto un dipendente e non un amministratore della società. E’, infatti, evidente il rapporto di immedesimazione organica che lo legava alla società proprio in quanto dipendente e che determinava la riferibilità dell’attività certificativa da egli svolta alla società per conto della quale operava. Va anche sottolineata la immediata rilevanza esterna dell’attività certificativa di Minisgallo, che poneva in essere direttamente le attestazioni di regolarità e di possesso dei requisiti per l’ammissione 56 a finanziamento rivolte alla banca concessionaria e, in ultima istanza al Ministero erogante, che erano ex se riferibili alla società, senza necessità di essere fatte proprie dalla medesima, palesando anche per tale verso il rapporto di immedesimazione organica che vi era tra il Minisgallo e la CHE.VIN S.p.a. con riferimento all’attività certificativa, rapporto per cui le attestazioni circa il possesso dei requisiti per l’ammissione ai finanziamenti pubblici provenienti dal Minisgallo erano, ai fini della concessione dei finanziamenti medesimi, a tutti gli effetti di legge auto-attestazioni provenienti dalla CHE.VIN beneficiaria. Nemmeno poi può condividersi l’affermazione secondo cui il Minisgallo avrebbe svolto attività meramente tecnica e non gestoria. Invero, l’assunto errato della difesa nasce da una indebita confusione tra la natura tecnica delle verifiche svolte e la natura delle attestazioni finali che conseguivano alle verifiche medesime, che è senza dubbio certificativa e dunque amministrativa e gestionale, quanto meno con riferimento al conseguimento dei finanziamenti ex legge n. 488/1992. Trattasi, invero, di una attività che si inserisce quale passaggio necessario nell’iter procedurale che ha consentito alla società di avere accesso ai finanziamenti e che è dunque parte integrante di quella attività lato sensu gestoria cui hanno concorso, sia pur con ruoli diversi ma egualmente dotati di efficacia causale – quanto meno in base all’astratta prospettazione formulata dalla Procura, che qui rileva ai fini della statuizione sulla giurisdizione e restando impregiudicate le valutazioni nel concreto che saranno nel 57 prosieguo formulate nel merito - tutti i soggetti convenuti, compreso il Minisgallo. Non vi è quindi dubbio che nei riguardi di tutti i convenuti, compreso il Minisgallo, sia stata contestata dalla Procura attività giuridicamente qualificabile come espletamento, a vario titolo, di un rapporto di servizio con la P.A. Invero, la giurisprudenza ha posto luce come “la normativa che concerne i finanziamenti ex lege n. 488/92 …, nel prevedere pregnanti oneri autocertificativi a carico dei privati imprenditori, non solo richieda il rispetto di regole di leale collaborazione, ma determini l'insorgere di un rapporto di servizio tra l'amministrazione finanziante e il beneficiario con ciò determinando, necessariamente, il configurarsi di una responsabilità “qualificata” (amministrativa) qualora le dichiarazioni non veritiere risultino finalizzate ad un uso distorto delle risorse pubbliche con conseguente danno all'erario. Le disposizioni che regolamentano il rifinanziamento degli incentivi alle attività produttive nel quadro degli interventi per il Mezzogiorno (di cui al combinato disposto delle leggi n. 488/92, 64/89 nonché al d.m. 20.10.1995 n. 527 e s.m.i) prevedono, infatti, che sia il beneficiario dei contributi a rilasciare dichiarazioni attestanti: a) la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive per l'accesso alle agevolazioni richieste (tra cui dati ed informazioni sull'impresa e programmi di investimenti); b) la corrispondenza dei beni acquistati (e le relative fatture) con quelli oggetto di agevolazione; c) l'effettiva attuazione del programma di investimento ( importo delle opere realizzate, dei brevetti e dei macchinari, impianti e attrezzature acquistati o realizzati e presenti in azienda); d) la conformità 58 delle spese finanziate con lo scopo per cui il contributo era stato concesso e che lo stesso si assuma l'eventuale obbligo di restituire l' importo non dovuto. Gli artt. 8 e 9 del dm 527/1995 al riguardo disciplinano le ipotesi di revoca del contributo qualora lo stesso non venga utilizzato completamente o non realizzi le finalità per le quali era stato concesso. Dunque, l'adozione, da parte del competente Ministero, del provvedimento concessivo del contributo pubblico e la conservazione del medesimo risulta subordinata e fortemente condizionata dall'attività autocertificativa dell'imprenditore beneficiario (vedasi artt. 9, comma 6 e 10 del d.m. 527/1995) il quale, con essa, pone in essere una attività di natura documentale sostitutiva a quella proveniente dalla pubblica autorità ed equivalente a questa per volontà del legislatore. Ne consegue che il privato nel subentrare alla P.A. nell'attività certificativa (e quindi di verifica di presupposti e requisiti) necessaria per il conseguimento dell'aiuto finanziario - diventa soggetto attivo nel procedimento amministrativo rivolto all'erogazione del contributo e, successivamente, quale fruitore del medesimo, ne diventa gestore, assumendo l'obbligo di realizzare gli interventi predefiniti dalla P.A., inseriti in un contesto di programmazione finalizzato al perseguimento dell'interesse generale allo sviluppo economico e sociale del territorio” (C. conti, Sez. giur. reg. Campania, 8.11.2007, sent. n. 365). Pertanto, “i soggetti che hanno svolto uno specifico ruolo nel procedimento di destinazione del denaro pubblico ai fini predeterminati dall'Amministrazione sono, per il nesso funzionale che si è instaurato con la pubblica funzione così svolta, sottoposti alla giurisdizione del giudice della responsabilità finanziaria pubblica in ordine alle patologiche deviazioni di 59 tale procedimento rispetto al raggiungimento del suo scopo. Ciò pertanto vale a ritenere la sussistenza di giurisdizione di questo giudice nei confronti del soggetto privato che sollecitò e ottenne il finanziamento, e così anche dei professionisti che hanno svolto la loro opera nell'ambito delle diverse fasi, che siano realizzative, di verifica o di certificazione, ma che si pongono in ogni caso come presupposto formale e sostanziale rispetto all'integrale versamento della contribuzione” (C. conti, Sez. giur. reg. Abruzzo, 20.4.2007, n. 430). 2.2. Quanto a Chetta Rocco Antonio, convenuto in quanto partecipe, quale gestore e proprietario della CHE.VIN S.p.a., dei dedotti artefizi e raggiri finalizzati a far conseguire indebitamente a tale società i contributi in questione, la giurisdizione di questa Corte va affermata in piena conformità all’orientamento, oramai consolidatosi, delle Sezioni Unite della Cassazione che si sono attestate sul riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti non solo sulle società percettrici di contributi pubblici finalizzati, ma altresì sugli amministratori e soci delle medesime che abbiano attuato la distrazione delle provvidenze pubbliche dalle finalità di interesse generale per cui le stesse erano state erogate. In proposito, la sentenza 3 marzo 2010 n. 5019, che richiama le già citate pronunce n. 4511/2006 e 14825/2008, affrontando nello specifico il “problema … se, cioè, la Corte dei Conti abbia giurisdizione anche per l’azione di danno erariale proposta nei confronti non già della società a favore della quale il contributo pubblico sia stato erogato, ma direttamente di chi (amministratore) abbia distratto le somme oggetto del 60 finanziamento, così frustrando gli scopi perseguiti dalla pubblica amministrazione”, afferma che “La risposta deve essere positiva alla luce del rilievo che l’instaurazione del rapporto di servizio è correlata non solo alla riferibilità alla società beneficiarla del contributo degli effetti degli atti dei suoi organi, ma anche alla attività stessa di chi, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbia provocato la frustrazione dello scopo direttamente perseguito dall’amministrazione. … Nel caso dei contributi dati a soggetti estranei, questi rispondono per la diversa ragione che, pur essendo estranei, gestiscono risorse pubbliche vincolate all’impiego preventivato, sicché l’applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa è, per così dire, diretta. Che i soggetti che debbono impiegare quelle risorse non siano funzionari della stessa o di altra pubblica amministrazione, ma privati, società o non, non rileva: l’assimilazione e’ ben assicurata dalla figura del rapporto di servizio. Posto, infatti, che il dato fondante della responsabilità è la distrazione dei fondi pubblici, è consequenziale che ne rispondano sia il soggetto cui il finanziamento sia stato erogato (nella specie, la società beneficiarla) sia i soggetti che li hanno distratti per averne avuto la disponibilità”, come è nel caso, per l’appunto, il Chetta che è stato convenuto per aver concorso, nella sua qualità di socio e amministratore, alla realizzazione dei dedotti artefizi e raggiri alla base dell’attività distrattiva dei fondi pubblici in questione. In proposito, puntualizzano le Sezioni Unite che “Se, poi, in ragione del diretto coinvolgimento dei soci nell’attività di amministrazione della società … e, dunque, di gestione del contributo 61 pubblico erogato, anche essi debbano rispondere del danno provocato all’erario mediante l’illegittima percezione del contributo pubblico è questione che - una volta superata la configurabilità del rapporto di servizio esclusivamente con la società - attiene alle modalità di esercizio del potere giurisdizionale: dunque ai limiti interni della giurisdizione, estranei alla cognizione di questa corte regolatrice”. Dubbio alcuno può esservi dunque con riferimento alla sussistenza della giurisdizione di questa Corte nei confronti del convenuto Chetta Rocco Antonio. 2.3. Analoghe conclusioni vanno formulate con riguardo al sig. Di Giovanni Battista Marco, convenuto nella sua qualità di amministratore e legale rappresentante delle società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l. La chiamata in giudizio è, in sostanza, incentrata sull’apporto causale determinante che l’emissione delle fatture da parte delle suddette società a favore della CHE.VIN. S.p.a. ha avuto nel consentire alla società medesima di percepire i finanziamenti pubblici erogatile nell’ambito della pratica n. 3120/96 nonché sulla sostanziale riconducibilità delle società suddette e, segnatamente, della LIPA S.r.l. alla CHE.VIN. S.p.a., percettrice dei finanziamenti pubblici suddetti. La prospettazione della Procura regionale muove da quanto emerso in sede penale, con la sentenza del Tribunale di Lecce 1^ sezione penale n. 530/08, e, in particolare, dal relativo capo a) in cui, per le vicende inerenti alla pratica di finanziamento n. 3120/96, pur riconoscendosi l’intervenuta prescrizione, il Tribunale, nel ravvisare gli estremi della truffa, riconosceva che non emergevano dagli atti le 62 condizioni per pronunciare un pieno proscioglimento degli imputati Chetta, Di Giovanni e Minisgallo. In tal senso, poneva in luce il Tribunale penale che le società Italappalti s.r.l., Ci.Di. Automazioni s.r.l. e L.i.p.a s.r.l., tutte amministrate da Di Giovanni Battista Marco ed emittenti delle fatture prodotte dalla CHE.VIN. S.p.a. a giustificazione delle spese asseritamente sostenute a fondamento della richiesta di finanziamento pubblico, “possono considerarsi certamente parte del gruppo riconducibile a Chetta Rocco Antonio”: in particolare, “le tre società avevano emesso fatture quasi esclusivamente nell'ambito dei rapporti con la CHE.VIN”; inoltre, “la Italappalti e la Ci.Di. erano state costituite personalmente dal Chetta”; ancora, dalle deposizioni dei numerosi testi auditi in sede penale era emersa “una sorta di sovrapponibilità tra le società indicate e la CHE.VIN.”, come desumibile anche dal fatto che “alcuni dipendenti ascoltati in dibattimento avevano fatto intendere di essere stati assunti dal Chetta e di aver poi lavorato successivamente alle dipendenze dell'una o dell'altra società, sostanzialmente senza cambiare mansioni”. Quanto poi alle macchine cui si riferiscono le fatture emesse dalla società Lipa S.r.l., il Tribunale penale, nel concludere per la non ravvisabilità degli estremi per un proscioglimento pieno, poneva in luce che non vi erano dubbi circa il fatto che le macchine oggetto delle fatture presentate a finanziamento pubblico emesse dalla società LIPA S.r.l. fossero state già in precedenza fornite da altre società (es. la società Ipi) alla CHE.VIN. S.p.a., come da relative 63 fatturazioni (peraltro a prezzi notevolmente inferiori a quelli riportati nelle fatture emesse dalla LIPA S.r.l.). Tale circostanza non era stata negata dal Chetta nell’interrogatorio reso in fase di indagini preliminari; inoltre, la società LIPA s.r.l. non risultava, in effetti, né aver mai prodotto macchine né aver mai effettuato lavori di assemblaggio di macchinari complessi, quali quelli oggetto delle fatture allegate alla pratica di finanziamento comunitario in questione, ritenute false, come del resto in linea con il fatto che il personale della Lipa non era in grado di svolgere mansioni così complesse. La suesposta sostanziale riconducibilità alla CHE.VIN. S.p.a. delle suddette tre società emittenti delle fatture in questione, amministrate da Di Giovanni Battista Marco, consente di ritenere quest’ultimo, proprio nella sua veste di amministratore e legale rappresentante delle società medesime, partecipe di quel rapporto di servizio che si è sopra visto intercorrere tra la CHE.VIN. S.p.a. percettrice dei finanziamenti pubblici e la P.A. erogante i finanziamenti medesimi, rapporto di servizio avente a oggetto la realizzazione del programma pubblicistico per cui i fondi pubblici sono stati corrisposti. Trattandosi le tre società in questione di soggetti che, sia pur formalmente distinti dalla CHE.VIN. S.p.a., sono emersi in sede penale come ad essa sostanzialmente riconducibili per le ragioni di cui sopra, appare coerente la chiamata in causa, da parte della Procura regionale, del Di Giovanni Battista Marco proprio nella sua veste di amministratore e legale rappresentante delle tre citate società 64 e dunque di organo a mezzo del quale le medesime, come detto in sostanza riconducibili alla CHE.VIN. S.p.a., hanno concretamente operato. La suesposta giurisprudenza della Cassazione, ricognitiva della giurisdizione della Corte dei conti sia sulla società percettrice del contributo pubblico e sia sui soci e amministratori a mezzo dei quali la società medesima abbia posto in essere l’attività necessaria e strumentale a consentirle di percepire la pubblica provvidenza, consente quindi di affermare la giurisdizione di questa Corte anche nei riguardi di Di Giovanni Battista Marco, nella sua veste di amministratore e legale rappresentante a mezzo del quale le tre società LIPA S.r.l., Italappalti S.r.l. e CIDI S.r.l., sostanzialmente riconducibili alla CHE.VIN. S.p.a., hanno posto in essere l’attività, principalmente di emissione di fatture in favore della CHE.VIN. S.p.a. medesima, che ha consentito a quest’ultima di percepire i finanziamenti pubblici. 2.4. Né può dubitarsi circa la configurabilità del rapporto di servizio, con conseguente responsabilità soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., sulla base del vincolo di natura concessorio-convenzionale che, in base al surrichiamato quadro normativo, si instaura tra la P.A. e l’Istituto di credito convenzionato, cui vengono delegate le funzioni istruttorie, di natura pubblicistico-amministrativa e che viene quindi inserito, per tale via, nell’organizzazione funzionale attraverso cui la P.A. esercita le proprie funzioni, nel caso di verifica circa il possesso da parte dell’istante dei requisiti di ammissione ai finanziamenti 65 oltre che di ammissione all’erogazione del finanziamento stesso, al fine di assicurare che il pubblico denaro sia effettivamente destinato alle finalità di interesse generale per le quali è erogato (sulla responsabilità della banca concessionaria v. anche C. conti, Sez. giur. reg. Lazio, 1.7.2010 n. 1402 e 15.11.2010 n. 2162). Al riguardo la Cassazione ha più volte ribadito che “la responsabilità amministrativa per danno patrimoniale ad ente pubblico postula una relazione funzionale tra l’autore dell’illecito e l’amministrazione pubblica che non implica necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente la compartecipazione del soggetto alla attività dell’amministrazione pubblica ed essendo irrilevante che tale soggetto sia una persona fisica o una persona giuridica pubblica o privata” nonché “la natura giuridica dell’atto di investitura (provvedimento, convenzione o contratto)” (Cass. Sez. un. n. 2289 e 8409/2008). In particolare, in base alla Delibera CIPE del 27 aprile 1995 e successive modificazioni ed integrazioni, la verifica della destinazione funzionale del finanziamento erogato alle finalità pubbliche che lo giustificano è affidata, mediante “la stipula di apposite convenzioni” a “banche o società di servizi controllate da banche” (art. 5, punto c), che debbono riscontrare, tra l’altro, che la domanda di finanziamento sia “corredata da elementi di analisi di fattibilità e redditività economico-finanziaria del progetto e da un piano finanziario completo…” di una serie di elementi normativamente al riguardo indicati (art. 5, punto c. 2). La citata Delibera CIPE pone a carico della banca convenzionata una specifica investitura, con corrispondente 66 responsabilità, in ordine allo svolgimento della funzione istruttoria, sia precludendone l’affidamento a soggetti terzi (“salvi i casi di specifici accertamenti o approfondimenti di carattere particolare”), sia prevedendo che “Dette istruttorie verranno acquisite dall’amministrazione competente come vere e rispondenti a ragionevoli valutazioni economiche e di mercato”, con conseguente “responsabilità” assunta al riguardo dal soggetto convenzionato, cui può conseguire anche la “rescissione della convenzione sottoscritta con l’Amministrazione” (art. 5, punto c.3). La Convezione stipulata (in base al d.l. n. 415/1992 conv. nella l. n. 488/1992, al d.lg. n. 96/1993, alla Delibera CIPE 27 aprile 1995, nonché al d.M. 20 ottobre 1995, n. 527 e alla relativa Circolare ministeriale esplicativa 15 dicembre 1995, n. 38522) tra l’allora Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e la EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. il 25 marzo 1996 pone a carico di quest’ultima l’effettuazione di “tutti gli adempimenti tecnici e amministrativi per l’istruttoria delle domande di agevolazione e per l’erogazione dei relativi contributi alle imprese previsti dal regolamento di attuazione e dalla circolare esplicativa …” (art. 2) nonché una specifica “responsabilità” in ordine “al corretto e puntuale espletamento del servizio e di tutti gli adempimenti connessi, ivi compresi quelli posti a carico degli istituti collaboratori e, in particolare: …; della completezza e … idoneità degli elementi e documenti acquisiti nel corso dell’istruttoria delle domande; … dell’accertamento degli elementi necessari ai fini dell’accreditamento dei contributi; della tempestiva notifica di tutti gli elementi che possono 67 determinare la eventuale revoca, parziale o totale, delle agevolazioni; … della pertinenza e congruità delle spese sostenute dall’impresa e ritenute ammissibili ai fini dell’iniziativa agevolata …” (art. 9). Ciò in linea con l’art. 6 del d.M. 20 ottobre 1995, n. 527 che, nel testo vigente all’epoca delle vicende in questione, pone a carico delle banche concessionarie l’obbligo di accertare, tra l’altro, la completezza e la pertinenza della prescritta documentazione, la sussistenza delle condizioni per l'accesso alle agevolazioni, la pertinenza e la congruità delle spese esposte nella domanda. La titolarità di obblighi istruttori e di verifica circa l’effettivo possesso da parte dell’impresa dei requisiti prescritti per l’accesso al finanziamento pubblico, che debbono essere assolti prima di procedere all’erogazione delle quote del medesimo, sono, del resto, connaturati all’affidamento alla banca dell’attività istruttoria, come costantemente ribadito dalle circolari ministeriali, con rifermento ai diversi settori interessati: solo per citare alcuni esempi, la Circolare 20 novembre 1997, n. 234363, all’art. 6 nonché all’art. 7, il cui par. 7.5 impone alla banca concessionaria di accertare, entro quindici giorni lavorativi dalla data di presentazione della documentazione, “la vigenza dell'impresa beneficiaria delle agevolazioni, la completezza e la pertinenza all'iniziativa agevolata della documentazione esibita dall'impresa stessa o dall'istituto collaboratore e la corrispondenza tra la percentuale dello stato d'avanzamento dichiarata e quella necessaria per l'erogazione”; anche la Circ. 19 marzo 1999, n. 1039080, agli art. 4 e 5, grava la banca concessionaria di obblighi istruttori non meramente formali e 68 documentali, ma altresì sostanziali, comprensivi del riscontro, dell’accertamento e della verifica circa l’effettivo possesso, da parte dell’impresa istante, dei requisiti legittimanti l'erogazione delle agevolazioni; analoghi obblighi, di riscontro effettivo e non limitato al profilo formale e documentale, sono prescritti dall’art. 5, par. 5.8 della Circ. 14 luglio 2000, n. 900315 e dall’art. 5, par. 5.8 della Circ. 25 gennaio 2001, n. 900047. La delega alla banca, in base a un titolo di natura concessorioconvenzionale, delle funzioni pubblicistico-amministrative di istruttoria e riscontro circa il possesso da parte dell’istante dei requisiti prescritti per l’ammissione al finanziamento pubblico determina l’inserimento dell’Istituto di credito convenzionato nell’organizzazione funzionale attraverso cui la P.A. esercita le proprie funzioni amministrativo-pubbilicistiche, (per l’appunto, istruttorie e di ammissione al finanziamento) e radica dunque con esso un rapporto di servizio finalizzato ad assicurare che il pubblico denaro sia effettivamente destinato alle finalità di interesse generale per le quali è erogato e atto a radicare l’insorgenza dell’eventuale relativa responsabilità amministrativa e contabile della banca concessionaria, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti (C. conti, Sez. giur. reg. Lazio, 1.7.2010 n. 1402 e 15.11.2010 n. 2162). Alla luce di quanto sopra, va affermata la giurisdizione della Corte dei conti sulle domande proposte dall’Attore pubblico nell’odierno giudizio nei riguardi di tutti i convenuti, EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. 69 compresa la 3. Ancora in via preliminare, va poi dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale sollevata all’odierna udienza dalla difesa della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., sostanzialmente motivata in ragione della provenienza comunitaria dei fondi pubblici in questione, la cui erogazione è amministrata dalle strutture ministeriali a livello centrale e non regionale. Al riguardo, va precisato che la competenza territoriale delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti costituisce profilo che sarebbe comunque oggetto, pur in assenza di eccezione di parte, di vaglio officioso da parte del Collegio, trattandosi di competenza funzionale, inderogabile e indisponibile ai sensi dell’art. 28 c.p.c. (C. conti, SS. RR. 13.2.2002 n. 4/QM/2002, Sez. I 31.10.2003 n. 366/A). Essa si determina, in base all’art. 1 comma 3 del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, che, a sua volta richiama la legge n. 658 del 1984, istitutiva della sezione giurisdizionale per la regione Sardegna, il cui art. 2, che disponeva originariamente in materia di competenza territoriale della Sezione sarda e che è stato successivamente esteso a tutte le Sezioni regionali istituite con legge n. 203/1991 e legge n. 19/1994, fa riferimento, in sostanza, a due criteri. Il primo prevede che sono attribuiti alle rispettive sezioni giurisdizionali “…i giudizi di conto e di responsabilità e i giudizi a istanza di parte in materia di contabilità pubblica riguardanti i tesorieri e gli altri agenti contabili, gli amministratori, i funzionari e agenti della regione, delle province e dei comuni e degli altri enti locali nonché degli enti 70 regionali…”, configurando in tal modo un parametro fondato esclusivamente sulla territorialità in relazione all’autore del danno. Un secondo criterio si riferisce ai “giudizi di conto e di responsabilità… riguardanti gli agenti contabili, gli amministratori e funzionari, impiegati e agenti di uffici e organi dello Stato e di enti pubblici aventi sede o uffici nella regione, quando l’attività di gestione si sia svolta nell’ambito del territorio regionale ovvero quando il fatto da cui deriva il danno siasi verificato nel territorio della regione…”. Tale secondo criterio, che viene nel caso in rileivo, prevede, quindi, la competenza della Sezione regionale per i soggetti su indicati in presenza di uno dei due ulteriori ed alternativi presupposti: qualora l’attività di gestione di gestione dei beni pubblici si sia svolta nell’ambito del territorio regionale ovvero qualora ivi si sia verificato il fatto da cui deriva il danno. Ciò posto, sia secondo il criterio della localizzazione regionale dell’attività gestionale generatrice del danno (locus commissi delicti)sia secondo quello della localizzazione regionale del fatto da cui deriva il danno (locus commissi damni) emerge il radicamento della competenza territoriale nella Sezione pugliese. Invero, mentre la difesa della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. sostiene che l’attività in questione si sia svolta a “livello ministeriale” (e, quindi, a Roma, con conseguente competenza della Sezione giurisdizionale Lazio), senza, peraltro, addurre alcun convincente argomento probatorio a sostegno di tale tesi, risulta in atti che l’intera vicenda è localizzata nel territorio pugliese: territorio dove ha sede e opera la CHE.VIN S.p.a., beneficiaria del contributo; territorio dove sono 71 maturati gli artefizi documentali e certificativi ascritti agli odierni convenuti, in virtù dei quali è stata conseguita la percezione del finanziamento pubblico; territorio in cui erano localizzate le attività ammesse a finanziamento, che erano pertanto oggetto delle verifiche demandate in via concessorio-convenzionale alla banca concessionaria. Inoltre, è nel territorio pugliese, proprio in quanto area depressa del Paese, che sono localizzate le finalità pubbliche di sostegno all’imprenditoria e all’economia sottostanti ai finanziamenti statali, che avrebbero dovuto essere realizzate in forza del concorso del privato beneficiario mediante la loro corretta ed effettiva destinazione agli scopi di interesse generale per cui erano state erogate e che sono state lese dalla mancata destinazione del denaro pubblico percepito agli scopi suddetti (analogamente Sez. III, 2.11.2010 n. 746; C. conti, sez. Lombardia, 4 dicembre 2002, n.1947 e C. conti, sez. Lombardia, 21 dicembre 2001, n.1970; Sez. giur. Lombardia, 22.2.2006, n. 114); la localizzazione territoriale del finanziamento è, tra l’altro, oggetto di specifico rilievo normativo, trattandosi di contributi ex lege finalizzati a promuovere e sostenere lo sviluppo economico delle aree depresse cui sono destinati, cosicché, anche sotto il profilo della giustificazione causale del contributo, il danno è da ritenersi giuridicamente perpetrato ai danni della comunità territoriale alla cui promozione economica e sociale il contributo è stato invano destinato. Alla luce di quanto sopra, sia l’attività gestionale generatrice del danno, sia il fatto dannoso sono all’evidenza localizzati nel territorio pugliese, con corrispondente 72 radicamento della competenza in questa Sezione. Né le suesposte argomentazioni e conclusioni possono ritenersi inficiate in ragione del preteso coinvolgimento, eccepito dalla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., dei funzionari del Ministero dello Sviluppo Economico, ex Attività produttive, che possano eventualmente riconoscersi corresponsabili del danno in questione sotto il profilo dell’asserita intempestiva attivazione dei poteri di controllo e reazione ex lege spettanti. Ciò, in primis, in quanto la competenza territoriale, così come ogni altro presupposto processuale o condizione dell’azione, deve essere apprezzata sulla base della prospettazione della domanda introduttiva del giudizio, che, nel caso, a torto o ragione, non è stata formulata dalla Procura regionale nei riguardi di alcun esponente, dipendente o agente del Ministero. In secundis, va considerato che, quand’anche la domanda fosse stata formulata anche nei riguardi di agenti ministeriali, la competenza territoriale della Corte dei conti è funzionale e inderogabile, con la conseguenza della obbligatoria separazione dei giudizi che fossero stati instaurati nei confronti di soggetti sottoposti alla competenza territoriale di Sezioni diverse della Corte (SS.RR. sent. 4/QM/2002). Va quindi affermata la competenza territoriale di questa Sezione. 4. Va poi chiarito che non può condividersi la prospettazione in termini di responsabilità dell’agente contabile formulata in via principale dalla Procura regionale a carico della EUROPROGETTI & FINANZA. Invero, per quanto non possano negarsi in capo alla 73 Europrogetti compiti tipici dell’agente contabile in relazione alle attività prodromiche alla erogazione dei fondi pubblici, gli addebiti che l’Attore pubblico ha contestato all’Istituto di credito non attengono tanto al maneggio del pubblico denaro, quanto piuttosto sono incentrati sulla attività istruttoria dallo stesso svolta, prodromica alla erogazione del finanziamento pubblico, inerendo dunque alle funzioni di verifica e controllo affidate alla banca concessionaria e, quindi, facendo riferimento a una responsabilità di tipo amministrativo. E’ dunque inammissibile la domanda formulata dalla Procura in via principale contro la EUROPROGETTI & FINANZA, in quanto la prospettazione in termini di responsabilità dell’agente contabile non è congrua rispetto agli elementi dedotti a fondamento dell’esercizio dell’azione. 5. Passando all’esame della domanda formulata in via subordinata nei riguardi della CHE.VIN S.p.a. e di tutte le persone fisiche invitate per l’intero importo del danno derivante dalla vicenda, pari a complessivi € 11.076.192,21 a titolo di dolo e con vincolo di responsabilità solidale ex art. 1-comma 1-quinquies l. n. 20/94, nonché nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in concorso con gli altri presunti responsabili ed in via sussidiaria per comportamento gravemente colposo nella causazione del medesimo, essa è formulata in termini di responsabilità amministrativa, coerenti, in astratto, con gli elementi allegati a fondamento dell’esercizio dell’azione ed è, pertanto, ammissibile. 74 6. Va quindi esaminata inammissibilità/improcedibilità l’eccezione dell’azione di di responsabilità esercitata nei riguardi della CHE.VIN S.p.a., in quanto soggetto sottoposto a procedura concorsuale ed essendo gli organi della procedura estranei ai fatti di causa, atteso che gli addebiti mossi dal PM contabile riguardano vicende anteriori alla dichiarazione di fallimento. L’eccezione è infondata. Invero, in proposito non è in discussione che, in costanza di fallimento, l’accertamento del passivo (ovvero dei debiti sorti e maturati nel periodo in cui la società fallita era in bonis) debba avvenire esclusivamente secondo il procedimento disciplinato dagli artt. 92 e ss. del R.D. 267/42, unico strumento processuale con il quale tutti i creditori, privati e pubblici, possono far accertare e valere i propri crediti (Cass. 06.06.2003, n.9070; Cass. 09.03.1990, n.1937; Cass. 03.02.2006, n. 2439; Cass. 29.01.2002, n. 1065; Cass. 21.02.2001, n. 2482; T. Roma 10.11.2004) che, solo dopo essere stati ammessi al passivo fallimentare, concorrono alla ripartizione dell’attivo fallimentare secondo il sub-procedimento ex artt. 104 e ss. L.F. Peraltro, per giurisprudenza consolidata, l’accertamento della sussistenza o meno del credito erariale è questione sottratta alla cognizione del Giudice fallimentare e rimessa esclusivamente al giudice contabile, per la quale si deve escludere una vis actractiva del giudice fallimentare (SS.UU. 16 maggio 2008, n. 12371). Invero, la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità “ha carattere generale e non può essere derogata se non per espressa previsione 75 di legge, laddove l’art. 24 l.f. ( approvata con R.D. 16.3.1942, n. 267) stabilisce la competenza nell’ambito della giurisdizione ordinaria ma nulla prevede in ordine al riparto della giurisdizione. Naturalmente rimane ben fermo che il soddisfacimento del credito erariale che dovesse risultare accertato giudizialmente dovrà avvenire nell’ambito della procedura fallimentare”. Ma ciò nulla toglie in ordine alla spettanza alla Corte dei conti della cognizione, ex lege configurata come speciale ed esclusiva - sulla responsabilità amministrativa dei soggetti legati alla P.A. da un rapporto di servizio cui sia ascrivibile un’ipotesi di danno erariale, come del resto coerente con il fatto che il giudizio di responsabilità si colloca – temporalmente, giuridicamente e logicamente – in un momento antecedente rispetto all’insorgenza del credito erariale, che è volto ad accertare e a determinare. Alcuna sovrapposizione è dunque ravvisabile con la procedura fallimentare, che attiene invece a un momento successivo rispetto all’insorgenza del credito, ossia al momento della realizzazione del credito medesimo, che non può che avvenire con quelle peculiarità procedurali prefigurate dall’ordinamento al fine di conciliare la tutela della par condicio creditorum con lo stato di insolvenza del debitore, che rende impossibile un contestuale pieno soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori. Il giudizio di responsabilità e la procedura fallimentare restano quindi pienamente autonomi e operanti ciascun per il rispettivo ambito, il primo per l’accertamento della responsabilità amministrativa e per la determinazione del corrispondente credito erariale, la seconda per la 76 realizzazione del credito erariale accertato nel giudizio di responsabilità, peraltro secondo le procedure e con le eventuali limitazioni connesse alla concorsualità. Quanto all’anteriorità delle vicende per cui vi è causa rispetto alla dichiarazione di fallimento, essa nulla toglie in ordine alla legittimazione processuale della società fallita. Invero, il fallito, sia esso persona fisica o giuridica, perde, ai sensi dell’art. 43 della legge fallimentare, la capacità di agire sia sostanziale che processuale, che viene devoluta agli organi della procedura i quali agiranno in suo nome e per suo conto in virtù di una rappresentanza sostanziale/sostituzione processuale ex lege imposta a protezione della massa dei creditori e delle loro esigenze di par condicio e di miglior possibile realizzo patrimoniale; peraltro, ciò non toglie che il fallito, per quanto ex lege reso incapace di agire sia sostanzialmente che processualmente per tutta la durata della procedura concorsuale, resti comunque il titolare ultimo del proprio patrimonio e di tutti i rapporti che lo compongono, compresi quelli che trovano la loro fonte in fattispecie di responsabilità amministrativa. Pertanto, l’assoggettamento a procedura fallimentare non può impedire che il fallito sia chiamato a rispondere innanzi alla Corte dei conti degli illeciti erariali commessi in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento. Chiaramente, trattandosi di società e venendo gli organi della procedura concorsuale a sostituire gli ordinari organi societari per tutta la durata della procedura, la società sarà convenuta, come in effetti è stata, nella persona del curatore fallimentare il quale, come 77 noto, agisce, nell’interesse della massa fallimentare, come sostituto processuale del fallito, che ai sensi dell’art. 43 legg. fall. perde la capacità di stare in giudizio per tutta la durata della procedura. Resta fermo che l’eventuale pronuncia di condanna nei confronti della curatela non potrà essere posta in esecuzione al di fuori della procedura concorsuale e potrà essere utilizzata ai fini dell’ammissione al passivo nel rispetto della par condicio creditorum (C. conti, Sez. Calabria, 1.2.2011, n. 56). Alla luce di quanto sopra, la domanda rivolta dalla Procura regionale in via subordinata nei riguardi, tra l’altro, della CHE.VIN S.p.a. in fallimento nella persona del curatore fallimentare è da ritenersi ammissibile e correttamente formulata nei riguardi di soggetto munito di legittimazione passiva. 7. Occorre quindi esaminare l’eccezione di prescrizione prospettata dalla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in proprio favore. In proposito, va chiarito che tale eccezione, pur sollevata dalla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. anche con riferimento alla prospettazione dell’addebito in termini di responsabilità dell’agente contabile, non verrà vagliata in relazione a tale prospettazione, non essendo stata la stessa condivisa dal Collegio, come sopra già esposto. L’eccezione di prescrizione verrà dunque vagliata con esclusivo riferimento alla domanda proposta dalla Procura in via subordinata, cioè quella formulata in termini di responsabilità amministrativa, in via principale, della CHE.VIN S.p.a., di CHETTA 78 Rocco Antonio, di DI GIOVANNI Battista Marco, di MINISGALLO Salvatore, a titolo di dolo e con vincolo di solidarietà nonché, in via sussidiaria, di EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. a titolo di concorso gravemente colposo con gli altri convenuti. Va poi precisato che, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio, attenendo all’esercizio del diritto e non alla sua esistenza, essa è esaminabile con esclusivo riferimento ai convenuti che l’hanno sollevata e dunque, nel caso, soltanto con riguardo alla Europrogetti &Finanza S.p.a., come già detto con esclusivo riferimento all’unica domanda ammissibile proposta dalla Procura nei riguardi della EPF medesima, ossia quella concernente la sua pretesa responsabilità sussidiaria a titolo di colpa grave. 7.1. Ciò posto, l’eccezione di prescrizione è infondata. Invero, trattandosi di vicende truffaldine, realizzate a mezzo di artefizi e raggiri volti ad attestare in modo fittizio la sussistenza delle condizioni ex lege richieste per l’accesso ai finanziamenti pubblici, in verità non sussistenti, e dunque di fattispecie di occultamento doloso del fatto dannoso, il termine prescrizionale non può che decorrere dalla data della sua scoperta. In proposito va ricordata la prevalente giurisprudenza della Corte dei conti secondo cui, a fronte di vicende di truffa, la data del disvelamento del fatto dannoso, rilevante ai fini del decorso del termine prescrizionale va individuata in quella del rinvio a giudizio (ex multis C. conti, Sez. I, 16.6.2011 n. 266/A, 27.9.2005 n.297/A, 17.11 2005 n. 377/A; Sez. II, 2.2.2004 n.29/A, 7.6.2004 n.184/A; Sez. giur. reg. Campania, 30.11.2007 n. 491). 79 Nel caso il rinvio a giudizio è stato disposto con decreto ex art. 429 c.p.p. del G.U.P. di Lecce in data 2.2.2006. Ad esso ha tempestivamente fatto seguito la notifica degli inviti a dedurre, la cui valenza interruttiva è riconosciuta dalla giurisprudenza in quanto contenenti, come nel caso, i requisiti di forma e di sostanza per produrre l’effetto della costituzione in mora (in particolare, l’esposizione analitica dei fatti, la espressa manifestazione di volontà di far valere il diritto, l’indicazione del titolo e del definitivo ammontare; Sez. III, 2 aprile 2001 n. 73, 17gennaio 2006 n. 34; Sez. II, 5 giugno 2002 n. 180, 12 gennaio 2006 n. 16, 9 febbraio 2007 n. 10; Sez. giur. reg. Campania, 30.11.2007 n. 491; Sez. Abruzzo 5 aprile 2004 n. 310; Sez. Lazio 30 giugno 2004 n. 209; Sez. Calabria 30 agosto 2006 n. 672; Sez. I, 10 gennaio 2005 n. 3; Sez. Riun., sent. n. 14/QM/2000, 6/2003/QM, 1/2004/QM). In data 9.9.2010 è stato poi depositato l’atto di citazione introduttivo dell’odierno giudizio, con evidente rispetto da parte della Procura del termine prescrizionale quinquennale. Nulla toglie a quanto detto che l’informativa della Guardia di Finanza al Ministero risalga al 31.7.2000. Invero, per consolidata giurisprudenza della Corte, “il dies a quo della prescrizione va fissato nella data di rinvio a giudizio in sede penale a nulla rilevando la mera notizia del fatto e le precedenti indagini conoscitive non comportanti una conoscenza affidabile dei fatti” (nel caso di trattava degli “arresti cautelari”, C. conti, Sez. I, sent. n. 266/2011, che richiama altresì le sentenze n. 215 e n. 153/2011, n. 63/1996). Pertanto, gli accertamenti 80 svolti dalla Guardia di Finanza esitati nella relazione del 31.7.2000, collocandosi ancora nella fase delle indagini di polizia giudiziaria, attengono a un momento meramente procedimentale non necessariamente destinato a sfociare in un vero e proprio giudizio, stante la possibilità che le indagini si concludano con una archiviazione: essi non posseggono, come tali, quel livello di attendibilità e verosimiglianza atto a concretare quella “scoperta” dell’illecito erariale dolosamente occultato, idonea a far decorrere la prescrizione ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994, che è ravvisabile soltanto a fronte dell’accertamento giudiziale della sussistenza di elementi fattuali e probatori atti a supportare l’esercizio dell’azione penale, che si concreta nella disposizione del rinvio a giudizio. Invero, tale disposizione deve essere letta unitamente all’art. 2935 del c.c., secondo cui la “la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”: “ne consegue che è solo con la conoscibilità obiettiva del danno che l’inerzia del titolare del diritto acquista rilevanza, quale volontà di non coltivare alcuna azione a tutela dello stesso. Ebbene nel caso in esame il dies a quo del termine prescrizionale deve coincidere con il momento in cui il danno si è reso conoscibile all’amministrazione danneggiata e quindi con l’emissione del decreto di rinvio a giudizio” (Sez. giur. reg. Calabria, 13.7.2010, n. 408), che solo è atto ad appalesare quell’apprezzabile fumus di avvenuta commissione di un illecito amministrativo-contabile completo nei suoi elementi oggettivi e soggettivi e idoneo ad assumere una concreta qualificazione giuridica atta 81 ad identificarlo come presupposto di una fattispecie dannosa (Sez. I n. 207/2010, Sez. III n. 143/2009 richiamate da Sez. giur. reg. Lazio 13.5.2010 n. 1060), come tale, idoneo a rendere giuridicamente conoscibile la sussistenza del diritto (nel caso risarcitorio) ed esigibile il relativo esercizio da parte dei titolare e, al tempo stesso, idoneo a qualificare come “inerzia” il mancato esercizio ai fini del decorso prescrizionale. Alla luce di quanto sopra, nei riguardi di nessuno dei soggetti convenuti è pertanto intercorsa prescrizione. 7.2. Ciò anche con specifico riferimento alla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., l’unico soggetto convenuto che ha sollevato l’eccezione, infondata, di prescrizione. In proposito, giova ripetere che tale eccezione viene valutata con esclusivo riferimento alla domanda proposta a titolo di responsabilità amministrativa sussidiaria nei riguardi di EPF, stante la suesposta inammissibilità della domanda formulata nei riguardi dell’istituto di credito medesimo in termini di responsabilità dell’agente contabile a titolo principale. Ciò premesso, anche nei riguardi di EPF il decorso del termine prescrizionale non è ancora compiuto. Invero, non può condividersi la tesi prospettata dalla difesa secondo cui tale termine andrebbe ancorato alla data della relazione della G.d.F (31.7.2000) e che l’emissione del decreto di rinvio a giudizio non produrrebbe alcun effetto sulla posizione di EPF, stante l’estraneità della stessa al giudizio penale. In proposito, fermo quanto già esposto in ordine alla identificazione 82 del dies a quo del termine prescrizionale nella data del rinvio a giudizio, occorre qui illustrare l’infondatezza della tesi di EPF concernente la pretesa irrilevanza nei suoi riguardi del rinvio a giudizio disposto nei riguardi degli altri convenuti. Va richiamata la giurisprudenza consolidata della Corte dei conti in materia di responsabilità sussidiaria, secondo cui il carattere “accessorio” di tale responsabilità “ne postula la logica sottoposizione al medesimo regime di (decorrenza della) prescrizione dell’azione rivolta nei confronti del responsabile in via principale” ( Sez. I n. 404 del 2008 richiamata da Sez. giur. reg. Lazio 13.5.2010 n. 1060). Pertanto, anche nei riguardi della EPF il termine prescrizionale deve farsi decorrere, così come per tutti gli altri convenuti, dalla data del rinvio a giudizio (2.2.2006). Infatti “La sussidiarietà della chiamata in giudizio nel processo contabile attiene … soltanto al profilo esecutivo della realizzazione dell’interesse pubblico al ripristino del patrimonio erariale e, pertanto, non avendo una sua autonomia rispetto alla chiamata del responsabile principale, ne consegue che la decorrenza del termine di prescrizione per far valere lo stesso diritto di credito alla restituzione della contribuzione non può essere che la stessa e cioè quella del rinvio a giudizio penale” (Sez. Lazio, 15.11.2010 n. 2162). Pertanto anche per la società convenuta EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. il termine di prescrizione deve ritenersi decorrente dalla data della richiesta di rinvio a giudizio penale (nel febbraio 2006) rispetto alla quale la notifica dell’invito a dedurre, seguita dal deposito della citazione, rende l’azione promossa dalla Procura contro il responsabile sussidiario assolutamente tempestiva. 83 8. Esaurita con la presente sentenza non definitiva la disamina dei profili preliminari, sul merito della causa si provvede con separata ordinanza. Spese al definitivo. Per questi motivi La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale regionale per la Puglia, pronunciando con sentenza definitiva nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 30257 del Registro di segreteria, così provvede sulle questioni preliminari: 1) accerta e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti sulle domande proposte nell’odierno giudizio; 2) accerta e dichiara la competenza territoriale di questa Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia sulle domande proposte nell’odierno giudizio; 3) accerta e dichiara l’inammissibilità della domanda formulata in via principale nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione in termini di responsabilità dell’agente contabile, ferma restando l’ammissibilità e procedibilità della domanda formulata nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione medesima in termini di responsabilità amministrativa sussidiaria; 4) respinge l’eccezione di inammissibilità e improcedibilità della domanda formulata dalla CHE.VIN S.p.a. in fallimento; 5) accerta e dichiara l’ammissibilità e procedibilità della domanda formulata in termini di responsabilità amministrativa nei riguardi di tutti i soggetti convenuti, sia a titolo principale che sussidiario; 6) respinge l’eccezione di prescrizione 84 sollevata dalla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a.; Merito a separata ordinanza. Spese al definitivo. Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 14 luglio 2011. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE F. F. Ref. Daniela MORGANTE Cons. Pasquale DADDABBO Depositata in Segreteria il 85