REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA
composta dai seguenti Magistrati:
DADDABBO
Cons.
Pasquale
Presidente f.f.
MORGANTE
Ref.
Daniela
Relatore
MIGNEMI
Ref.
Giuseppina
Componente
ha pronunciato la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 30257 del Registro di
segreteria, proposto dalla Procura Regionale
contro
1) CHE.VIN. S.p.a. in fallimento, con sede in Lequile (LE), strada
statale 101, Km 9,350, Contrada Pagliarone, partita IVA e codice
fiscale n. 02590100752, nella persona del curatore fallimentare Di
Cagno Nicola, (sent. Trib. Lecce Sez. comm. sent. n. 937/2 del
6.12.2003) con studio in Lecce al Largo Scipione de Monti n. 6,
autorizzato a costituirsi nel presente giudizio con decreto del G.D.
del 18.10.2010, elettivamente domiciliato in Lecce al viale Giovanni
Paolo II n. 11 presso lo studio dell’Avv. Massimo Franco (c.f. FRN
MSM 63A04 E506Q; indirizzo e-mail: [email protected]; n.
fax 0832313629) che lo rappresenta e difende per procura a margine
1
della comparsa di costituzione;
2) CHETTA Rocco Antonio, nato a Taviano (LE) il 14 agosto 1954 e
residente in Lecce, Via Duca degli Abruzzi, n. 91; codice fiscale
CHTRCN 54M14 L074E;
3) DI GIOVANNI Battista Marco, nato a Velletri (RM) il 12.3.1962 e
residente in Lecce, Via G. D’Annunzio n. 63; codice fiscale DGVMRC
62C12 L719T;
4) MINISGALLO Salvatore, nato a Neviano (LE) il 4.10.1966 e
residente in Nardò (LE) via Vico Giotto n. 1 (fraz. S. Maria al Bagno,
via Buonarroti, n. 25), codice fiscale MNSSVT 66R04 F881E,
rappresentato e difeso, giusta procura speciale conferita a margine
della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. Barbara Taurino,
codice fiscale TRNBBR 72B67 B506K, con la quale è elettivamente
domiciliato in Bari alla via S. Francesco d'Assisi n. 15, presso lo
studio dell'Avv. Alberto Coccioli;
5) EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione, con sede
legale in Via Piemonte n. 53 Roma, partita IVA e codice fiscale
04907471009, nella persona dei liquidatori avv. Sergio Capograssi e
ing. Stefano Maiurano, rappresentata e difesa, come da procura
speciale a margine dell’atto di costituzione depositato il 14.12.2010,
dagli avv. Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli e Fabrizio Lofoco,
anche disgiuntamente, ed elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’avv. Lofoco in Bari alla Via Pasquale Fiore n. 14;
per
la condanna al pagamento a favore del Ministero dello Sviluppo
2
Economico della somma complessiva di € 11.076.192,21 o di quella
diversa somma che risulterà in corso di causa da determinarsi come
indicato nella citazione, nelle diverse misure indicate e comunque
con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., il tutto aumentato del
maggior danno da svalutazione monetaria, da calcolarsi secondo il
tasso medio dei titoli del debito pubblico ovvero, in subordine,
secondo il tasso di inflazione misurato dall’indice ISTAT dei prezzi al
consumo, a decorrere dal momento dell’effettivo depauperamento
del patrimonio dell’ Ente danneggiato e fino alla pubblicazione
dell’emananda sentenza, con gli interessi legali da quella data fino
all’effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore e con vittoria
delle spese di giudizio. Di tale danno la Procura chiama a rispondere
-
in via principale e in misura integrale, a titolo di responsabilità
dell’agente contabile, EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in
liquidazione;
-
in via subordinata e in misura integrale, a titolo di
responsabilità amministrativa: CHE.VIN S.p.a. in fallimento nella
persona del suo legale rappresentante, CHETTA Rocco Antonio, DI
GIOVANNI Battista Marco, MINISGALLO Salvatore, a titolo di dolo
e con vincolo di responsabilità solidale ex art. 1 comma 1-quinquies l.
n. 20/94; EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in concorso con gli
altri convenuti e in via sussidiaria a titolo di colpa grave
Visto l’atto di citazione depositato il 9.9.2010;
Uditi nella pubblica udienza del 14 luglio 2011, con l’assistenza del
Segretario dott. Francesca Spedicato, come da relativo verbale, il
3
Relatore Ref. Daniela Morgante, il Pubblico Ministero nella persona
del V.P.G. Carlo Picuno, l’avv. Massimo Franco per CHE.VIN. S.p.a.,
l’avv. Barbara Taurino per Minisgallo Salvatore, gli avv. Luigi
Medugno e Letizia Mazzarelli per EUROPROGETTI & FINANZA
S.p.a.;
Esaminati gli atti ed i documenti tutti della causa;
Ritenuto in
FATTO
1.
Il Procuratore regionale, con atto di citazione depositato il
9.9.2010,
conveniva
in
giudizio
innanzi
a
questa
Sezione
Giurisdizionale 1) la società CHE.VIN. S.p.a. in fallimento nella
persona del curatore fallimentare Di Cagno Nicola, 2) CHETTA
Rocco Antonio, 3) DI GIOVANNI Battista Marco, 4) MINISGALLO
Salvatore, 5) la società EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in
liquidazione nella persona dei liquidatori, come tutti in epigrafe
generalizzati, rappresentati e difesi, al fine di sentirli condannare al
pagamento in favore del Ministero dello Sviluppo Economico della
somma complessiva di € 11.076.192,21 o di quella diversa somma che
risulterà in corso di causa, eventualmente con valutazione equitativa
ex art. 1226 c.c., il tutto aumentato del maggior danno da
svalutazione monetaria, da calcolarsi secondo il tasso medio dei titoli
del debito pubblico ovvero, in subordine, secondo il tasso di
inflazione misurato dall’indice ISTAT dei prezzi al consumo, a
decorrere
dal
momento
dell’effettivo
depauperamento
del
patrimonio dell’ Ente danneggiato e fino alla pubblicazione
4
dell’emananda sentenza, con gli interessi legali da quella data fino
all’effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore e con vittoria
delle spese di giudizio. Del suddetto danno la Procura chiamava a
rispondere, in misura integrale:
-
in via principale e a titolo di responsabilità dell’agente
contabile, EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione;
-
in via subordinata e a titolo di responsabilità amministrativa:
CHE.VIN S.p.a. in liquidazione nella persona del suo legale
rappresentante, CHETTA Rocco Antonio, DI GIOVANNI Battista
Marco, MINISGALLO Salvatore, a titolo di dolo e con vincolo di
responsabilità solidale ex art. 1 comma 1-quinquies l. n. 20/94;
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in concorso con gli altri
convenuti e in via sussidiaria a titolo di colpa grave
Esponeva il Procuratore regionale nell’atto di citazione che con
decreto dell’8.3.2007, il Sost. Proc. della Repubblica presso Tribunale
di Lecce delegava la Guardia di Finanza – Comando Nucleo
Provinciale Polizia Tributaria alla trasmissione alla Procura regionale
presso questa Sezione dei principali atti di due procedimenti penali
riguardanti reati di illecita percezione di finanziamenti pubblici di
cui alla L. n. 488/1992. Il proc. pen. nr. 1481/00 era stato istruito nei
confronti di Chetta Rocco Antonio e altri soggetti, responsabili di
aver costituito un sodalizio criminoso dedito alla commissione di
attività finalizzate all’illecito conseguimento di detti finanziamenti e
che la fase delle indagini preliminari si era conclusa, in data 1
Giugno 2005, con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di
5
Chetta Rocco Antonio, Di Giovanni Battista Marco e Minisgallo
Salvatore. Questi ultimi risultavano imputati:
a) del reato di cui agli artt. 110, 81, 61 nr. 2 e 7 e 640 bis c.p., perché in
concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno
criminoso, il DI GIOVANNI BATTISTA Marco in qualità di legale
rappresentante delle società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI
Automazioni S.r.l., il MINISGALLO Salvatore quale responsabile
tecnico, il CHETTA
Rocco Antonio quale effettivo gestore e
proprietario della CHE.VIN S.p.a., inducendo in errore le banche
concessionarie dei finanziamenti a carico del Ministero delle Attività
Produttive, ponevano in essere artifici e raggiri consistenti nella
emissione da parte delle società formalmente amministrate da DI
GIOVANNI BATTISTA Marco, di una serie di fatture, elencate nella
citazione, attestanti operazioni inesistenti di fornitura di lavori e
macchinari ed altri beni in favore della società CHE.VIN S.p.a. Tali
fatture venivano poi utilizzate da detta Società al fine di ottenere, con
conseguente danno per lo Stato e per la Comunità Europea, l'ingiusto
profitto consistito nell’erogazione di finanziamenti pubblici ai sensi
della
legge 488/92: per lire 21.446.498.700 riferito alla pratica di
finanziamento nr. 3120/96 che veniva interamente erogato; per lire
16.764.330.000 riferito alla pratica di finanziamento nr. 41740/98
suddivisa in tre tranche da L. 5.588.110.000 ciascuna, delle quali ne
venivano erogate due per l'importo di L. 11.176.220.000. In
particolare, le società ITALAPPALTI S.r.l., CI.DI. AUTO S.r.l. prima e
CI.DI. Automazioni S.r.l. dopo, L.I.P.A. S.r.l. – tutte legalmente
6
rappresentate dal DI GIOVANNI BATTISTA - fatturavano, negli
anni 1994-1999, lavori e forniture di macchinari nei confronti della
CHE.VIN. S.p.a. per gli importi e negli anni specificati in citazione:
peraltro, tali fatture sarebbero state false per quanto riguarda i lavori,
perché le predette società non erano operanti e non erano in grado di
fornire le prestazioni;
b) del reato di cui agli artt. 110, 117, 61 nnrr. 2 e 7 e 483 c.p., perché in
concorso tra loro, il DI GIOVANNI BATTISTA Marco in qualità di
legale rappresentante della società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e
CIDI
Automazioni
S.r.l.,
il
MINISGALLO
Salvatore
quale
responsabile tecnico, il CHETTA Rocco quale effettivo gestore e
proprietario della CHE.VIN. S.p.a., formavano ed utilizzavano atti
tesi
a
trarre
in
inganno
la
banca
concessionaria
ai
fini
dell’ottenimento dei finanziamenti previsti dalla legge 488/92. In
particolare il MINISGALLO Salvatore, su istigazione del CHETTA e
del DI GIOVANNI BATTISTA, formava perizie giurate in data
10/12/1997,
22/12/1997,
17/1/1998
e
27/9/1999
attestando
falsamente la regolarità sia dei lavori eseguiti che degli acquisti dei
beni mobili facenti parte delle agevolazioni di cui alla legge 488/92
di cui ai progetti nr. 3120/96 e nr. 41740/98, al fine di consentire la
consumazione del reato di cui al sub capo a);
c) CHETTA Rocco e DI GIOVANNI BATTISTA Marco del reato di
cui agli artt. 81 c.p. e 8 D. L.vo 74/2000 in relazione all’abrogato art.,
comma 1 lett. D del D.L. 1017/82 n. 429, perché, in concorso tra loro,
DI GIOVANNI BATTISTA in qualità di legale rappresentante delle
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società LIPA S.r.l., ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l.,
CHETTA quale effettivo dominus e gestore di fatto di tali società, da
lui costituite allo scopo di fungere da "cartiere" di emissione di false
fatture in favore della società CHE.VIN. S.p.a., dallo stesso CHETTA
controllata ed al fine di consentire alla CHE.VIN. S.p.a. l'evasione
delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emettevano una serie
di fatture relative ad operazioni inesistenti per gli importi specificati
in citazione per l’anno 1999: tali fatture sarebbero state tutte false per
quanto riguarda i lavori, perché le predette società non erano
operanti e non erano in grado di fornire le prestazioni;
d) CHETTA del reato di cui agli artt. 110, 61 n. 2 e 468 c.p. perché, in
concorso con De Iaco Cerina, amministratore unico della CHE.VIN.
S.p.a. (deceduta), agendo quale effettivo gestore e proprietario della
società, utilizzava il sigillo contraffatto del Notaio Gennaro Barone di
Lecce, apponendolo sulle pagine del libro giornale della contabilità
aziendale, attestandone falsamente la veridicità allo scopo di trarre in
inganno la banca concessionaria, al fine dell'ottenimento dei
finanziamenti previsti dalla legge 488/92 e della consumazione del
reato sub capo a);
e) CHETTA del reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2 comma l D. Lgs
74/2000 in relazione all'abrogato art. 4, comma l lett. D del D.L
10.07.1982 n. 429 perché, in concorso con De Iaco Cerina
amministratore unico della CHE.VIN. S.p.a. (deceduta), agendo
quale effettivo gestore e proprietario della CHE.VIN. S.p.a., in qualità
di socio di maggioranza e responsabile dei rapporti commerciali e
8
dei fatti aziendali della società, nonché per i rapporti ed i
comportamenti tenuti nei confronti di terzi e fornitori, al fine di
evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, riceveva,
annotava nelle scritture contabili obbligatorie e successivamente
indicava nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, una
serie di fatture relative ad operazioni inesistenti, per gli importi
specificati in citazione per l’anno 1999 per lavori eseguiti dalla
ITALAPPALTI S.r.l., dalla CI.DI. Auto prima e CIDI Automazioni
poi, dalla LIPA S.r.l..
Quanto al finanziamento di cui al progetto n. 3120/96 – interamente
erogato – il Ministero delle AA.PP. dava inizio alla procedura di
revoca in data 13.02.2003 e si costituiva parte civile nel procedimento
penale n. 1481/00 nell’udienza del 30 maggio 2006; all’esito del
procedimento penale, il Tribunale di Lecce 1^ sezione penale
pronunciava la sentenza n. 530/08, con la quale, tra l’altro, statuiva
di non doversi procedere nei confronti di Chetta Rocco Antonio in
ordine ai reati a lui ascritti ai capi a), limitatamente alla pratica di
finanziamento n. 3120/96, c) ed e), Di Giovanni Battista Marco in
ordine ai reati a lui ascritti capi a), limitatamente alla pratica di
finanziamento n. 3120/96, e c), Minisgallo Salvatore in ordine al
reato a lui ascritto al capo a), limitatamente alla pratica di
finanziamento n. 3120/96, perché estinti per decorrenza del termine
di prescrizione. L’anzidetta sentenza è stata impugnata innanzi alla
Corte d’Appello di Lecce, dal Sostituto Procuratore della Repubblica
presso la Procura di Lecce con ricorso del 26.1.2009.
9
Dall’esame degli atti del procedimento penale la Procura regionale
presso questa Sezione della Corte dei conti rilevava elementi
rilevanti al fine della configurazione di una fattispecie di danno
erariale, consistente nel pregiudizio patrimoniale diretto subito dal
Ministero delle Attività Produttive, ora dello Sviluppo Economico, in
seguito alla distrazione del finanziamento pubblico dal fine di
interesse generale per cui era stato erogato alla CHE.VIN S.p.a. Tale
evento dannoso sarebbe causalmente riconducibile al concorso
causale e, a diverso titolo, della condotta di più soggetti: Chetta, Di
Giovanni e Minisgallo, i quali avrebbero concorso - nelle diverse
funzioni di amministratori di fatto e di diritto (Chetta e Di Giovanni)
o di tecnici nominati dalla CHE.VIN S.p.a. (Minisgallo) – mediante la
produzione e presentazione di falsi documenti e/o attestazioni, alla
simulazione delle condizioni richieste dalla normativa ai fini
dell’erogazione del finanziamento pubblico e facendolo conseguire
indebitamente alla CHE.VIN S.p.a., omettendo peraltro di portare a
conclusione l’opera finanziata e quindi disattendendo le finalità
pubblicistiche alla base dell’erogazione configurate dalla legge n.
488/92; la società EUROPROGETTI E FINANZA, Istituto di credito
titolare
della
istruttoria
propedeutica
alla
concessione
del
finanziamento, che sarebbe stata svolta con grave negligenza.
Quanto all’elemento costitutivo dell’illecito erariale rappresentato
dal rapporto di impiego o di servizio (art. 52 r.d.1214/1934; art.1
l.19/1994 e art 1 co. 4 l. 20/1994), osservava la Procura che, pur non
ravvisandosi nella fattispecie in esame la sussistenza di un formale
10
rapporto di impiego, in quanto la condotta causativa del danno
erariale è stata posta in essere da soggetti privati e da un istituto di
credito concessionario di un servizio pubblico, quindi da soggetti
non organicamente inseriti nella struttura della P.A., si sarebbe in
presenza di un rapporto di servizio instaurato in via di mero fatto tra
l’ente che ha richiesto i finanziamenti e tutti i soggetti che hanno
operato in qualità di amministratori e/o di collaboratori del
medesimo in funzione strumentale rispetto al conseguimento dei
finanziamenti,
erogati
dalla
P.A.
in
relazione
all’obiettivo
pubblicistico
consistente nel perseguimento di una finalità
predeterminata dalla legge, nella specie di incremento occupazionale
e produttivo in aree depresse del Paese. Ancor più pregnante
risulterebbe, inoltre, il vincolo di natura convenzionale che, a norma
di legge, si instaura tra la P.A. e l’Istituto di credito convenzionato,
cui vengono delegati fondamentali funzioni di natura pubblicistica.
Al riguardo, in tema di riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario
e Corte dei conti, le Sezioni Unite della Cassazione (1° marzo 2006,
n. 4511) hanno evidenziato che “con l'assunzione dell'obbligo di
destinare somme concernenti un finanziamento pubblico allo scopo
determinato dalla P.A., il rapporto tra Ente erogante e soggetto beneficiario
non si esaurisce nella mera destinazione delle somme, bensì si configura
quale espletamento di un'attività rientrante tra i compiti della P.A. cosicché
ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del
programma imposto dalla P.A. - alla cui realizzazione è chiamato a
partecipare con l'atto di concessione del contributo - e la incidenza sia tale
11
da poter determinare uno sviamento dalla finalità pubblica perseguita, egli
realizza un danno per l'Ente pubblico cui deve rispondere dinanzi al
Giudice contabile”. Dietro la spinta della giurisprudenza comunitaria,
ai fini del radicamento della giurisdizione, si è affermata nel nostro
ordinamento una nozione sostanziale di P.A. che prescinde da
aspetti formali caratterizzanti l’organizzazione dell’Ente per basarsi
sull’elemento funzionale della relativa attività e, in particolare, sul
soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale. Risulta,
pertanto, irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico
danaro è effettuata, ben potendo consistere, oltre che in un rapporto
di pubblico impiego o di servizio, anche in una concessione
amministrativa o in un contratto di diritto privato. Come evidenziato
dalle SS.UU Cass., “il baricentro per discriminare la giurisdizione
ordinaria da quella contabile si è infatti spostata dalla qualità del soggetto
alla natura del danno ( pubblico) e degli scopi perseguiti (pubblici)”.
A supporto dell’impianto accusatorio, la Procura richiamava
l’informativa del Nucleo Provinciale pt. G.d. F. di Lecce, la relazione
tecnica dell’ing. Lecciso, consulente del P.M. penale (per le
responsabilità di Chetta, Minisgallo e Di Giovanni), le relazioni
peritali del geom. Santoni, effettuate su incarico della banca (per le
responsabilità della banca concessionaria).
Riguardo alle condotte di Chetta, Minisgallo e Di Giovanni, la
relazione del C.T. del P.M. penale evidenziava che i macchinari
rinvenuti in loco erano stati acquistati da altre aziende tempo prima
ad un determinato prezzo e, successivamente, “ messi a nuovo” e
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fatti figurare come venduti da Italappalti S.r.l., Lipa S.r.l., Ci.Di ad un
prezzo - talvolta - triplicato, all’evidente scopo di comprovare un
volume di spesa tale da supportare e giustificare la richiesta del
finanziamento secondo le modalità del pagamento secondo S.A.L.
Il procedimento che ha portato alla erogazione del finanziamento
prog n° 3120 veniva schematizzato dal C.T. penale come segue:
08.05.1996
-
MODULO
PER
LA
RICHIESTA
DELLE
AGEVOLAZIONI FINANZIARIE indirizzato dalla CHE.VIN a
EUROPROGETTI E FINANZA S.P.A. e protocollato al n° E.P.F.
000891 del 08.05.1996. In tale domanda si chiede che la CHE.VIN.
possa beneficiare delle agevolazioni di cui all’art. 1 comma 2 del D.L.
22.10.1992 n° 415 (per ampliamento attività), convertito dalla L
19.12.92 n° 488 e sue modifiche ed integrazioni. Nel quadro C6 sono
riportate le spese del programma a fronte del quale si chiedono le
agevolazioni per un TOTALE di £ 45.716.000.000. Nel riquadro D5 è
riportato il piano finanziario per la copertura degli investimenti dal
quale si evince un FABBISOGNO pari a £ 52.005.700.000 e FONTI DI
COPERTURA pari a £ 52.258.500.000 di cui, in particolare, a) Capitale
proprio £ 21.471.000.000 b) Agevolazioni richieste per il programma
£ 23.787.500.000
11.09.1996 - RELAZIONE SULL’ISTRUTTORIA DELLA DOMANDA
DI AGEVOLAZIONI eseguita da EUROPROGETTI E FINANZA
S.P.A. (Banca concessionaria) in cui viene espresso giudizio
POSITIVO (e motivato) sull’agevolabilità dell’iniziativa
20.11.1996 - D.M. n° 88/CP/9/26998 del 20.11.1996 DECRETO DI
13
CONCESSIONE
PROVVISORIA
DELLE
AGEVOLAZIONI
FINANZIARIE AI SENSI DELLA LEGGE 19.12.1992 N° 488: Art. 1 è
concesso in via provvisoria un contributo in conto capitale di L
23.787.510.000 pari al 90% della misura massima consentita. Art. 2
tale somma è disponibile in 3 quote annuali di L 7.929.170.000
15.01.1997- LETTERA DELLA EUROPROGETTI E FINANZA
INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO 1° QUOTA
(prot. 000090/488) per £ 7.948.200.008 con valuta fissa 17.01.97 (£
7.929.170.000 + maggiorazione TUS al netto della ritenuta fiscale).
Seguono comunicazioni dello stesso oggetto ed in pari data (prot
000094/488) al Ministero dell’Industria, alla CHE.VIN (prot.
000093/488) e alla Zurich International S.p.a. (16.01.1997 prot.
000095)
22.11.1997-PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM.
SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell’incarico
ricevuto dalla CHE.VIN, questi dichiara: che le opere oggetto delle
agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n.
88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono state da tempo avviate, che le
opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia
sono conformi alla richiesta di concessione edilizia presentata presso
il Comune di Lequile in data 29/04/1996 protocollo n. 3619 e
successiva richiesta di concessione edilizia presentata presso il
Comune di Lequile in data 15/10/1996 protocollo n. 8710, che
l’immobile ove viene svolta l’attività è di proprietà della CHE.VIN.
S.p.a., che l’immobile ove viene svolta l’attività ha destinazione d’uso
14
conforme all’attività svolta sin dall’origine.
10.12.1997 - PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM.
SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell’incarico
ricevuto dalla CHE.VIN, questi dichiara: che le opere oggetto delle
agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n.
88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono state da tempo avviate; che le
opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia
sono conformi alla Concessione Edilizia n° 13 rilasciata dal Comune
di Lequile in data 09/12/1997; che l’immobile ove viene svolta
l’attività è di proprietà della CHE.VIN. S.p.a.; che l’immobile ove
viene svolta l’attività ha destinazione d’uso conforme all’attività
svolta sin dall’origine;
22.12.1997 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM.
SALVATORE MINISGALLO nella quale, per effetto dell'incarico
ricevuto dalla CHE.VIN., questi traccia una cronistoria degli
investimenti immobiliari che sono stati oggetto di agevolazione
finanziari a partire dal 1980/82 e fino al 1992/93 ;
17.01.1998 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM.
SALVATORE MINISGALLO nella quale questi, incaricato dalla
CHE.VIN. di accertare la conformità delle opere oggetto delle
agevolazioni ottenute ai sensi della L 488/92 e di cui al decreto
Ministeriale di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del
20/11/1996, alla concessione edilizia n° 13 rilasciata dal Comune di
Lequile in data 09/12/1997, dichiara: che le opere oggetto delle
agevolazioni di cui al D.M. di concessione provvisoria n.
15
88/CP/9/26998 del 20/11/96 sono in fase di completamento; che le
opere murarie realizzate sino alla data della redazione della perizia
sono conformi alla Concessione Edilizia n° 13 rilasciata dal Comune
di Lequile in data 09/12/1997;
19.01.1998 PERIZIA TECNICA DEL GEOM SANTONI (TECNICO DI
FIDUCIA DI EUROPROGETTI IN CUI QUESTI RITIENE CHE
CHE.VIN. POSSA ACCEDERE ALLA 2° RATA (prot. EP 000296 de
20.01.1998
21.01.1998
LETTERA
DELLA
EUROPROGETTI
E
FINANZA INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO
20 QUOTA prot. 000285/488). In tale lettera si invita la BNL ad
erogare in favore della CHE.VIN. la somma di £ 7.947.879.662 con
valuta fissa 23.01.1998 (£ 7.929.170.000 + maggiorazione TUS al netto
della ritenuta fiscale) - Seguono comunicazioni dello stesso oggetto
ed in pari data (prot 000293/488) al Ministero dell'Industria, alla
CHE.VIN. prot. 000292/488 alla Zurich International S.A. 21.01.1998
prot. 000294 .
15.11.1999
LETTERA
DELLA
EUROPROGETTI
E
FINANZA
INDIRIZZATA ALLA BNL CON ORDINE DI BONIFICO 3a
QUOTA (prot. 005795/488) in favore della CHE.VIN. la somma di £
5.550.419.000 con valuta fissa 17.11.1999 - Seguono comunicazioni
dello stesso o etto ed in ari data alla CHE.VIN. rot. 005796/488 .
19.11.1999 PERIZIA TECNICA GIURATA A FIRMA DEL GEOM.
SALVATORE MINISGALLO, su incarico della CHE.VIN. di
accertare la conformità delle opere oggetto delle agevolazioni
ottenute ai sensi della L. n. 488/92 e di cui al decreto Ministeriale di
16
concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/1996 alla
concessione edilizia n. 10 rilasciata dal Comune di Lequile in data
16/01/1998, in cui dichiara: Che le opere oggetto delle agevolazioni
di cui al D.M. di concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del
20/11/96 sono state ultimate; Che le opere murarie realizzate sono
conformi alla Concessione Edilizia n° 10 rilasciata dal Comune di
Lequile in data 16/01/1998; Di aver verificato presso i competenti
uffici che non sussistono cause ostative al rilascio del certificato di
agibilità dell'opificio oggetto delle agevolazioni ottenute con D.M. di
concessione provvisoria n. 88/CP/9/26998 del 20/11/96 nonché
l'esistenza o meno di scarichi inquinanti derivanti da lavorazioni
industriali.
5.1.2000. PERIZIA TECNICA GIURATA DI STIMA A FIRMA DEL
GEOM. SALVATORE MINISGALLO, su incarico della CHE.VIN di
esaminare il progetto e le spese sostenute per la realizzazione del
programma di investimenti nonché lo stato finale dei lavori del
progetto n. 3120/96 agevolato ai sensi delle Legge 488/92, che elenca
le opere oggetto di agevolazione e i relativi costi che sarebbero stati
sostenuti dall'impresa beneficiaria.
13.2.2003- COMUNICAZIONE DA PARTE DEL MINISTERO DELLE
ATTIVITA' PRODUTTIVE DALLA QUALE SI EVINCE L'AVVIO
DELLA PROCEDURA DI REVOCA PER L'INIZIATIVA IN
QUESTIONE prot. EPF n° 1332-deI14.02.200
La
somma
in
conto
capitale
complessivamente
erogata da
EUROPROGETTI E FINANZA in favore della CHE.VIN. ammonta a
17
L 32.584.979.000 di cui L 21.408.759.000 per il progetto n° 3120/96 e L
11.176.220.000 per il progetto n° 41740/98
Con riferimento ai macchinari e alle loro caratteristiche, il consulente
del PM penale evidenziava che: “I macchinari rinvenuti in azienda
corrispondono, sostanzialmente, per tipologia e caratteristiche, a
quelli descritti nelle fatture allegate alle pratiche di finanziamento.
Ad un esame visivo ed in linea generale, lo scrivente può affermare
che parte dei macchinari oggetto di finanziamento sembrano
manifestare i segni del tempo (cfr. foto 1, 2 e 3) anche se, alcuni di
questi, mascherano la loro vetustà per effetto di una recente
pitturazione di colore azzurro applicata sulle loro parti in ferro. In
particolare, come risulta osservando le fotografie allegate, tali segni
di vetustà risultano evidenti principalmente su alcuni macchinari
oggetto di finanziamento ed ubicati all’interno del capannone per la
produzione del vino. Ad esempio si fa osservare che sul macchinario
identificato con il n° 9 della planimetria allegata risulta stampigliata
una data corrispondente al 18.09.1987, mentre l’anno di fabbricazione
indicato nella targhetta della L.I.P.A. risulta essere il 1997 (cfr. foto 4,
5 e 6). … .Tutti i macchinari oggetto di finanziamento, salvo qualche
rara eccezione, presentano applicate, sulle loro parti metalliche, le
targhette identificative del n° di progetto in seguito al quale gli stessi
sono stati finanziati, nonché le targhette che individuano la società
che, secondo le fatture allegate alla pratica di finanziamento, avrebbe
provveduto
ad
effettuare
la
loro
fornitura
(L.I.P.A.
s.r.l.,
ITALAPPALTI s.r.l. e CI.DI. AUTOMAZIONI s.r.l.). Nella realtà,
18
osservando i rilievi fotografici, su alcuni di questi macchinari è
facilmente visibile come siano state rimosse preesistenti targhette
(cfr. foto 7, 8, 9 e 10) e come i talloncini identificativi delle tre società
precedentemente richiamate siano state applicati, a mezzo di rivetti o
con etichette autoadesive (cfr. foto 11, 12 e 13), talvolta anche sugli
spazi lasciati liberi dai cartellini rimossi. Si sottolinea, inoltre, che
durante i sopralluoghi effettuati dallo scrivente, questi ha rinvenuto,
all’interno del capannone in cui si svolge il processo di
confezionamento delle bevande alimentari, alcune etichette della
società L.I.P.A. ancora prive di stampigliatura del n. di matricola e
dell’anno di fabbricazione (cfr. foto 14 e 15). … I macchinari
acquistati dalla CHE.VIN … elencati ed oggetto di accertamento,
ancorché inseriti nelle pratiche di finanziamento …, nella realtà non
sono stati forniti dalla L.I.P.A. s.r.l., dalla ITALAPPALTI s.r.l. o dalla
CI.DI. AUTOMAZIONI s.r.l. (come indicato nelle pratiche di
finanziamento) ma da altre aziende e per importi sostanzialmente
diversi da quelli dichiarati”.
In merito alla reale provenienza dei macchinari, il C.T. con personale
di P.G. effettuava verifiche presso le ditte fornitrici: IPI S.r.l., NIRO
SOAVI S.p.a., SORDI FLOW s.r.l., RAGAZZINI s.r.l. Da tali riscontri
emergevano rapporti commerciali con la CHE.VIN. S.p.a., tenuti con
il Chetta e il Minisgallo, oltre al fatto che gli esponenti delle ditte in
questione riconoscevano nei rilievi fotografici effettuati dal C.T.
presso la CHE.VIN S.p.a. i macchinari e beni da esse forniti alla
stessa CHE.VIN, come da fatture da esse emessi e importi richiamati
19
nella citazione. Gli stessi beni, ubicati presso la CHE.VIN. S.p.a.,
corrispondevano, per numero, descrizione e tipologia, a quelli
indicati nelle fatture a saldo emesse dalla L.I.P.A. specificate nella
citazione. Inoltre, dalle verifiche svolte presso la RAGAZZINI s.r.l.,
emergeva che successivamente al 1993 ha intrattenuto rapporti
commerciali con la L.I.P.A. s.r.l, con la CHE.VIN. S.p.a. e con la
ITALAPPALTI s.r.l., emergeva che i rapporti con le tre società non
erano nettamente distinti, ma, spesso, le stesse si sostituivano le une
alle altre, ad esempio attraverso il saldo da parte della CHE-VIN di
fatture, specificate in citazione, emesse nei confronti della L.I.P.A.
s.r.l. o l’ordinazione effettuata dalla ITALAPPALTI s.r.l. firmata dal
sig. Chetta Antonio. Dai riscontri contabili effettuati presso la
MARIANI s.a.s. si evinceva che nel periodo 1993- 2002 la predetta
società ha intrattenuto rapporti commerciali con la CHE.VIN S.p.a.
consistiti nell’acquisto di pezzi di ricambio e materiale vario, nonché
in prestazioni di servizio (assistenza tecnica), sulle macchine di
“imballaggio secondario” acquistate dalla IPI s.r.l. Ne risulta
pertanto che la CHE.VIN. ha sistematicamente fatto ricorso
all’acquisizione
di
macchinari
non
nuovi
di
fabbrica
–
contravvenendo quindi ad uno dei principali requisiti richiesti dalla
normativa agevolativa – operando sistematiche sovrafatturazioni.
Quanto alla Banca, sosteneva la Procura che la stessa avrebbe
condotto l’istruttoria prodromica al finanziamento in modo
superficiale. Dall’esame delle relazioni redatte dal tecnico incaricato
emerge che il geom. Santoni ha espresso - a distanza di pochissimo
20
tempo l’uno dall’altro- due pareri opposti in ordine alla concessione
della 2° rata di finanziamento, pur non essendo intervenuto medio
tempore alcun mutamento fattuale che giustificasse tale discordanza;
la EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. avrebbe trascurato di
approfondire i punti critici dell’istruttoria, pur trovandosi al cospetto
di
elementi sintomatici di irregolarità poste in essere dalla ditta
richiedente e resi evidenti, quantomeno, dalla relazione dello stesso
geom Santoni.
Infatti il geom. Santoni, in data 24. 11.1997, nelle considerazioni
conclusive formulate a seguito dell’esame della documentazione
tecnica generale e da quella fornita dalla ditta in sede di sopralluogo
nonché dalle risultanze in loco, aveva evidenziato che la perizia
giurata redatta dal geom. Minisgallo e relativa alle opere murarie
non era esaustiva né rispondente alla realtà documentale emersa.
Relativamente alla richiesta di erogazione della seconda rata del
contributo con modalità SAL, il perito affermava che il requisito della
disponibilità dei titoli di spesa fiscalmente regolari e quietanzati o
comunque pagati e la presenza presso la citata unità produttiva degli
impianti e dei macchinari nonché la loro conformità al programma
approvato non risultava adempiuto dalla ditta “poiché alcune opere
relative ai titoli di spesa facenti parte del capitolo opere murarie
risultano essere in corso d’esecuzione ed inoltre alcuni macchinari
facenti parte del capitolo macchinari, impianti ed attrezzature non
risultano essere presenti presso l’unità produttiva”. Il perito
concludeva affermando: “ riteniamo che la ditta CHE.VIN. non possa
21
accedere alla liquidazione della seconda rata con modalità stato
d’avanzamento dei lavori, pertanto rappresentiamo che la suddetta
ditta, per quanto esposto in precedenza abbia erroneamente
interpretato la norma relativa alla liquidazione della 2° rata secondo
le modalità dello stato d’avanzamento dei lavori, poiché come è
emerso non dispone dei requisiti necessari, consigliamo la
sospensione della procedura in attesa della maturazione della
seconda rata; consigliamo attento monitoraggio circa gli aspetti critici
rilevati già dal secondo SAL”.
Due mesi dopo, in data 19.1.1998, il medesimo perito redigeva una
relazione formulando considerazioni opposte a quella della prima,
pur in assenza di ulteriore sopralluogo, non avendolo la banca al
riguardo incaricato, affermando che: “ ….tale primo requisito ( si
riferisce cioè il requisito disponibilità dei titoli di spesa fiscalmente
regolari e quietanzati o comunque pagati) è adempiuto dalla Ditta
poiché le fatture sono pertinenti al programma ed ammontano al
70,29 % dell’investimento totale ammissibile d’istruttoria, le
liberatorie
a
quietanza
esposte
ammontano
al
69,51
%
dell’investimento totale ammissibile d’istruttoria, mentre il secondo
requisito (la presenza presso la citata unità produttiva degli impianti
e dei macchinari nonché la loro conformità al programma
approvato), in carenza di ulteriore sopralluogo non richiesto in
questa fase da EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. è stato assolto a
seguito della precedente richiesta di erogazione del contributo in
data 24.11.1997 e a seguito della momentanea richiesta di
22
sospensione in data 24.12.1997, dalla successiva richiesta di
erogazione liberatoria in data 14.1.1998”. Concludeva il geom.
Santoni: “Riteniamo che la ditta CHE.VIN S.p.a. in assenza di
ulteriore sopralluogo poiché non previsto possa accedere alla
liquidazione della seconda rata con modalità Stato avanzamento
lavori. … L’esame sull’organicità e funzionalità dell’investimento in
funzione degli obiettivi produttivi, economici ed occupazionali
prefissati dalla ditta nonché l’esame sulla congruità delle spese non è
stato richiesto in questa fase dall’istituto, riteniamo altresì che la
verifica puntuale della congruità delle spese debba avvenire in sede
di stato finale delle spese così come disposto dalla circolare
Ministeriale 36157”.
La Procura sottolineava la contraddizione tra le differenti conclusioni
formulate dal tecnico incaricato dal medesimo Istituto bancario, che
avrebbe dovuto portare all’adozione di azioni molto più incisive con
l’ effettuazione almeno di un sopralluogo e di ulteriori accertamenti :
le conclusioni formulate dal geom. Santoni con la prima relazione
erano di per sé idonee a determinare l’obbligo di attivazione di più
approfonditi controlli da parte dell’Istituto concessionario, secondo
ordinaria diligenza. Qualora tali approfondimenti fossero stati
tempestivamente attivati non sarebbe stata erogata la 2° quota di
finanziamento e il Ministero danneggiato avrebbe potuto attivare
prima la necessaria procedura di escussione della polizza e revoca
del finanziamento. Invece l’Istituto concessionario ometteva anche di
richiedere un necessario sopralluogo, come evidenziato dal geom.
23
Santoni nella seconda relazione.
La responsabilità dell’Istituto si configura come responsabilità
amministrativa in senso stretto, avendo la banca, con colpa grave,
mancato di adempiere agli obblighi imposti dalla normativa di
riferimento e dalle regole generali in materia responsabilità,
nell’ambito delle quali avrebbe dovuto espletare una verifica in
concreto della sussistenza dei requisiti richiesti ai fini della
erogazione.
Al riguardo, il d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, convertito nella legge 19
dicembre 1992 n. 488, ha autorizzato la spesa per il finanziamento
degli incentivi delle attività produttive di cui alla l. n. 64/1986 allo
scopo di garantire la continuità di sviluppo dei territori dell’Italia
meridionale. Gli interventi suscettibili di essere eseguiti mediante tali
finanziamenti sono stati individuati con la Delibera CIPE del 27
aprile 1995 e successive modificazioni ed integrazioni. Si tratta di
“...progetti di investimento finalizzati alla costruzione, all’ampliamento,
all’ammodernamento,
alla
ristrutturazione,
alla
riconversione,
alla
riattivazione ed alla delocalizzazione degli impianti produttivi ….. ( art. 2 –
punto 2.1). La destinazione funzionale alle finalità pubbliche
sottostanti permea ed è assicurata dal complessivo regime giuridico
del finanziamento, come emerge, tra l’altro, dall’art. 5 c. 2, in base al
quale la domanda di finanziamento deve essere “corredata da elementi
di analisi di fattibilità e redditività economico-finanziaria del progetto e da
un piano finanziario completo…” nonché dagli elementi utili
all’individuazione
degli
indicatori
per
24
la
formazione
delle
graduatorie. In base all’art. 5 c.3, poi, “Le istruttorie verranno acquisite
dall’Amministrazione competente come vere e rispondenti a ragionevoli
valutazioni di mercato. Il soggetto convenzionato ne assume pertanto la
responsabilità, nella consapevolezza che, laddove l’Amministrazione dovesse
riscontrare nelle istruttorie stesse elementi di non conformità alle norme di
legge e alle relative disposizioni attuative ovvero incoerenze con noti e
ragionevoli dati economici, potrà incorrere nella rescissione della
convenzione sottoscritta con l’Amministrazione. … L’Amministrazione
competente dovrà provvedere alla determinazione delle modalità, procedure
e termini…prevedendo la stipula di apposite convenzioni con banche o
società di servizi controllate da Banche per l’istruttoria delle domande di
agevolazione” (5.c). La circolare MICA n. 3852 del 15.12.1995
espressamente prevede, poi, all’art. 4 che “gli adempimenti istruttori
propedeutici alla concessione delle agevolazioni ed i riscontri, gli
accertamenti e le verifiche necessari all’erogazione delle agevolazioni stesse
fino al saldo nonché la gestione delle relative somme sono affidati in
concessione a banche…”, disposizione confermata dalle circolari
ministeriali nn. 234363 del 20.11.1997 e 900315 del 14.07.2000.
Alla stregua di tali disposizioni, emergerebbe la responsabilità
amministrativa della Banca concessionaria, la quale pur avendo
elementi sufficienti ad approfondire e monitorare la situazione,
emergenti
dalle relazioni prodotte da personale tecnico dalla
medesima incaricato, ha erogato anche la seconda e la terza rata del
finanziamento salvo poi disporre la revoca dell’intero finanziamento
nonostante la situazione di irregolarità segnalata dal Geom. Santoni
25
nella sua prima relazione.
Sotto un altro profilo, la responsabilità della banca si configurerebbe,
a detta della Procura, quale responsabilità contabile. Difatti gli
obblighi contabili rinvenenti dal d.m. 20 ottobre 1995, n. 527
consentirebbero di attribuirle la qualifica
di agente contabile,
conseguente all’esercizio di rilevanti funzioni nella fase di
liquidazione , ordinazione e pagamento di spese dello Stato ai sensi
dell’art. 270 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, in quanto: a norma
dell’art. 7, comma 2, d.M. n. 527/’95 “Ciascuna delle due o tre quote (
dell’agevolazione concessa) è erogata dalla banca concessionaria
subordinatamente all’effettiva realizzazione della corrispondente parte di
investimenti ...”; secondo il comma 3 dell’ art. 7 d.m. citato, “Ai fini di
ciascuna erogazione, le imprese beneficiarie trasmettono alla banca
concessionaria la documentazione individuata dal Ministero ..., per
l’accertamento da parte della banca medesima,, della vigenza delle imprese
stesse, della completezza e della pertinenza ai programmi agevolati della
documentazione
medesima,
nonché…della
corrispondenza
degli
investimenti realizzati…alle erogazioni richieste”; infine il comma 5°
prevede che “La banca concessionaria richiede periodicamente al Ministero
l’erogazione delle corrispondenti quote e le versa alle imprese beneficiarie”.
Coerenti alla configurazione soggettiva dell’Istituto di credito
concessionario nel rapporto giuridico in argomento risulterebbero le
disposizioni del citato d.m. n. 527/’95 a norma delle quali: a) la banca
risulta intestataria di specifiche funzioni pubblicistiche, strumentali
al perseguimento dell’interesse pubblico in sede di istruttoria delle
26
domande (art. 6), di verifica dello stato di attuazione degli
investimenti agevolati ( art. 7) e di segnalazione di irregolarità (art.
8); b) la banca concessionaria ha, inoltre, rilevantissime funzioni di
rendicontazione in quanto incaricata di redigere, entro 90 giorni dal
ricevimento della necessaria documentazione, una relazione sullo
stato finale del programma “comprendente un giudizio di pertinenza e
congruità delle spese,che evidenzi le variazioni sostanziali intervenute… e
rappresenti gli investimenti finali ammissibili..” ( art. 9 – co. 9 ) . Difatti il
decreto ministeriale di concessione definitiva, consegue alla ricezione
della relazione citata ( art. 10) .
Per effetto del sempre più frequente fenomeno dell’attribuzione di
funzioni pubbliche a soggetti privati, risulterebbero estensibili alla
Banca concessionaria, intestataria di poteri pubblicistici in base ad
una
fonte
concessoria,
le
disposizioni
normative
codificate
nell’ambito del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 in materia di
effettuazione delle spese dello Stato , ed in particolare: l’art. 55,
comma 3°, che prescrive che il direttore capo della ragioneria
“verifica la documentazione e la liquidazione della spesa, accerta che la spesa
sia regolarmente imputata… e che vi siano disponibili i fondi ….appone il
visto sugli assegni e li trasmette…”; l’art. 64, comma 1°, secondo il quale
“Ove, per qualsiasi motivo di irregolarità,il capo della ragioneria non creda
di poter apporre il visto ad un atto di impegno di spesa o ad un titolo di
pagamento, ne riferisce. ….”;
Tale quadro normativo evidenzierebbe come la Banca concessionaria
sia tenuta, in base ad un titolo di diritto pubblico di natura
27
concessorio, anche al maneggio di pubblico danaro (Cass. SS.UU. 9
ottobre 2001, n. 12367), a svolgere una previa ed approfondita attività
istruttoria, fatto che le farebbe acquisire lo “status” di pubblico
funzionario, deputato ad erogare spese di pertinenza statale e ad
assumere precisi compiti nelle tre fasi di liquidazione, ordinazione e
pagamento di spese dello Stato. Essa, infatti, dopo aver istruito le
domande dei soggetti che aspirano alla concessione dei contributi
pubblici ( art. 5 – commi 1 e 4 – d.m. n. 527/’05) , le invia
al
Ministero non senza aver prima effettuato una serie di penetranti
accertamenti ( art. 6 d.m. n. 527/’05) in ordine alla: completezza e
pertinenza
della
prescritta
documentazione;
consistenza
patrimoniale e finanziaria dell’impresa richiedente, con particolare
riferimento alla possibilità che i promotori siano in grado di far
fronte agli impegni finanziari derivanti dalla realizzazione del
programma; validità tecnico-economico-finanziaria del programma;
pertinenza e congruità delle spese esposte in domanda .
In considerazione della peculiare posizione funzionale assunta nella
fattispecie dalla Banca concessionaria, risulterebbero applicabili alla
stessa le richiamate disposizioni normative della Legge di Contabilità
Generale dello Stato e sarebbe pertanto configurabile in capo
all’Istituto di credito la qualifica di agente contabile, in relazione
all’effettivo maneggio di danaro pubblico. A quest’ultimo proposito,
a tenore dell’art. 65 della Legge di Contabilità Generale dello Stato,
“Gli ufficiali pagatori non debbono, sotto la loro responsabilità personale,
effettuare pagamenti su ordini che non siano rivestiti delle formalità
28
richieste dal presente decreto e dal regolamento relativo”.
Pertanto, ad avviso della Procura Regionale, l’Istituto di credito,
avendo anche assunto le funzioni di agente contabile pagatore ex art.
178 r.d. n. 827/’24, risulta per tale motivo ancor più soggetto al
disposto delle norme recate in materia dal R.D. 23 maggio 1924, n.
827. Infatti la Banca, dopo aver svolto la dovuta istruttoria ed aver
inviato le istanze presentate dai privati all’Amministrazione statale
competente, sulla scorta delle somme accreditate da quest’ultima, per
far fronte proprio a quelle esigenze delineate dalla legge n. 488/’92,
dispone l’ordinazione della connessa spesa ed il susseguente
pagamento, assommando in sé la triplice funzione di organo
liquidatore ed ordinatore ed ufficiale pagatore. Pertanto “a fortiori”,
essa avrebbe dovuto, specie in quest’ultima fase, prestare maggiore
attenzione sulla sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto,
affinché quelle somme potessero essere legittimamente erogate in
favore dello specifico beneficiario, il cui titolo creditorio essa stessa
aveva confezionato.
Peraltro l’art. 194 del r.d. n. 827/’24 sull’argomento recita
testualmente: “Le mancanze, deteriorazioni o diminuzioni di denaro o cose
mobili avvenute per causa di furto, di forza maggiore, o di naturale
deperimento, non sono ammesse a discarico degli agenti contabili, se essi
non esibiscono le giustificazioni stabilite nei regolamenti dei rispettivi
servizi, e non comprovano che ad essi non sia imputabile il danno, né per
negligenza né per indugio frapposto nel richiedere i provvedimenti necessari
per la conservazione del danaro o delle cose avute in consegna. Non possono
29
neppure essere discaricati quando abbiano usato irregolarità o trascuratezza
nella tenuta delle scritture corrispondenti, e nelle spedizioni o nel
ricevimento del denaro e delle cose mobili” (omissis). Ne deriva che, nel
caso degli agenti contabili, l’eventuale smarrimento o sottrazione di
somme di danaro o di cose mobili produce responsabilità contabile
per il sol fatto della mancanza o smarrimento medesimi. In altri
termini, la responsabilità contabile di tale tipo di soggetti può
affermarsi sulla semplice constatazione del danno, in questa
fattispecie consistente nell’avvenuta dolosa erogazione indebita di
somme di pertinenza pubblica attraverso la distorsione ed illecita
esecuzione delle fasi di liquidazione – effettuata sulla base di titoli
illegalmente confezionati – ed alla conseguente illecita ordinazione e
pagamento a valere sul competente capitolo di bilancio dello Stato;
l’attività illecita sarebbe stata, inoltre, perfezionata attraverso la
conclusiva fase di
rendicontazione di spese mai sostenute o
sostenute per importi maggiori e finalità diverse da quelle previste
dalla legge.
Pertanto l’ipotizzata responsabilità contabile dell’Istituto di credito
introduce l’ulteriore conseguenza che il Procuratore Regionale non
avrebbe alcun onere di fornire una prova positiva di tale peculiare
forma di responsabilità; di talché, verificandosi un ammanco di
denaro, l’agente contabile è tenuto a risponderne, salvo a fornire la
prova liberatoria di cui all’art. 194 sopramenzionato. La Banca
concessionaria sarebbe pertanto tenuta a restituire alla Ministero
delle Attività Produttive – ora Ministero delle Sviluppo Economico 30
la somma di lire 21.446.498.700 (euro 11.076.192,21).
2.
Con comparsa datata 17.1.2011 si costituiva la CHE.VIN.
S.p.a., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce del
6.12.2003, per eccepire la improcedibilità e/o inammissibilità della
domanda proposta nei confronti della Curatela, in quanto gli organi
della procedura sono estranei ai fatti di causa, atteso che le
circostanze sulle quali la Procura Regionale fonda la domanda
risarcitoria
erariale
sono
tutte
avvenute
anteriormente
alla
dichiarazione di fallimento della CHE.VIN. S.p.a. La Curatela è,
pertanto, convenuta in giudizio non per una responsabilità propria,
ma solo quale sostituto processuale della società fallita. Peraltro, in
materia fallimentare l’accertamento del passivo (ovvero dei debiti
sorti e maturati nel periodo in cui la società fallita era in bonis) debba
avvenire esclusivamente secondo il procedimento disciplinato dagli
artt. 92 e ss. del R.D. 267/42, che costituirebbe l’unico strumento
processuale con il quale tutti i creditori, privati e pubblici, possono
far valere i propri diritti (Cass. 06.06.2003, n.9070; Cass. 09.03.1990,
n.1937). L’azione ordinaria, pertanto, se proposta, deve essere
dichiarata improcedibile poiché è necessaria la concentrazione presso
un unico organo giudiziario delle azioni dirette all’accertamento dei
crediti (così, tra le tante, Cass. 03.02.2006, n. 2439; Cass. 29.01.2002, n.
1065; Cass. 21.02.2001, n. 2482; T. Roma 10.11.2004). Solo dopo essere
stato ammesso al passivo fallimentare il credito, di qualunque natura
anche erariale, concorre alla ripartizione dell’attivo fallimentare
secondo il sub-procedimento disciplinato dagli artt. 104 e ss. L.F.
31
Ribadiva quindi l’improcedibilità e/o inammissibilità della domanda
di accertamento del credito e di conseguente condanna proposta nei
confronti della Curatela perché azionata in via ordinaria e non
mediante
domanda
di
ammissione
al
passivo
fallimentare,
domandando l’estromissione dal giudizio della Curatela fallimentare
e con condanna del Ministero dello Sviluppo Economico, ovvero chi
di ragione, al pagamento delle spese, diritti, onorari di causa,
rimborso forfetario su diritti ed onorari, CAP ed IVA come per legge.
3.
T20-A
Con memoria acquisita al prot. 0001628-21/01/2011-SG_PUGsi
costituiva
Minisgallo
Salvatore,
il
quale
eccepiva
l'inammissibilità dell'azione per difetto di giurisdizione del giudice
contabile e per genericità e assenza di prova e, comunque,
l'infondatezza nel merito delle domande avanzate dalla Procura; in
via subordinata, domandava di circoscrivere la stessa responsabilità
entro i limiti della incidenza causale posseduta dalla condotta ad egli
imputabile rispetto alla determinazione del danno patrimoniale
lamentato ed in via sussidiaria rispetto alle parti private convenute;
in via ulteriormente gradata chiedeva a questa Corte di esercitare il
potere riduttivo dell’addebito nei suoi confronti, anche in ragione dei
fatti addebitabili agli altri soggetti convenuti.
Quanto al profilo della giurisdizione, sottolineava di essere stato
convenuto in qualità di responsabile tecnico della CHE.VIN S.p.a. e
richiamava le ordinanze n. 23599/2010, n. 23600/2010 e n.
23601/2010, tutte depositate il 22 novembre 2010, con cui le Sezioni
Unite della Cassazione chiarivano che ai fini della configurazione
32
della responsabilità amministrativo-contabile e della giurisdizione
della Corte dei conti occorre sempre che "il rapporto di servizio (di fatto)
con la P.A. mediante la gestione del pubblico denaro si sia effettivamente
realizzato in capo al soggetto privato" e che il privato "non può che essere
identificato... nell'ente, la società e i suoi amministratori di diritto o di fatto
cui siano erogati (indebitamente) fondi pubblici distratti dalle finalità
perseguite dalla legge mediante la concessione di contributi".
Nel caso, la Procura addebitava al Minisgallo di aver concorso "alla
simulazione delle condizioni richieste dalla normativa ai fini del
conseguimento del finanziamento", sostanzialmente mediante la
formazione, nella sua qualità di "responsabile tecnico", di perizie
giurate in data 10.12.1997, 22.12.1997, 17.01.1998 e 27.09.1999 ritenute
false onde consentire alla CHE.VIN S.p.a. l’indebito conseguimento
del finanziamento pubblico in questione. A detta del Minisgallo, ai
fini dell'estensione della responsabilità contabile nei suoi confronti,
in base alle citate ordinanze delle SS.UU., occorrerebbe che tra
quest'ultimo e la società (indebitamente) destinataria dei fondi
pubblici
vi
sia
stato
un
rapporto
"organico"
che
possa
sostanzialmente integrare quel "rapporto di servizio" (di fatto) con la
P.A. che può giustificare l'insorgere a suo carico di una
"responsabilità erariale". In proposito precisava di essere geometra e
di essere stato dipendente della CHE.VIN solo per alcuni mesi, con il
ruolo di tecnico, senza mai occuparsi degli aspetti amministrativi,
anche con riguardo alle pratiche ex L. n. 488/1992. Egli, dunque,
sarebbe stato estraneo alla gestione del pubblico denaro e quindi non
33
potrebbe essere stato parte di alcun "rapporto di servizio" (di fatto)
con la P.A.
Nel merito, sottolineava poi, quanto alle perizie giurate da egli
redatte, di essere stato assolto con formula piena dal reato di falso dal
Tribunale di Lecce I^ sezione penale con la sentenza n. 530/2008.
Inoltre, la citata sentenza, rispetto alla pratica di finanziamento n.
41740/1998, pronunciava proscioglimento dai reati di truffa
aggravata e falso perché il fatto non sussiste e, con riferimento alla
pratica n. 3120/1996, cui si riferiscono gli addebiti al vaglio
nell’odierno giudizio di responsabilità, dichiarava estinto per
prescrizione il reato di truffa; peraltro, è ancora pendente presso la
Corte di Appello di Lecce il giudizio di secondo grado intrapreso dal
Minisgallo avverso la predetta sentenza in parte qua.
Eccepiva, pertanto, la carenza di idonea fonte di prova degli addebiti
mossigli circa la compartecipazione nella determinazione dell'illecito,
che si baserebbe sugli atti di indagine svolti dal P.M. nel
procedimento penale e in particolare sulla consulenza tecnica di
parte che lo stesso P.M. ebbe a far eseguire ad opera dell’Ing. Lecciso,
sulla informativa del Nucleo Provinciale pt. G.d.F. di Lecce, sulle
relazioni peritali del geom. Santoni, effettuate su incarico della banca.
Le perizie contestategli (redatte il 22.11.1997, il 10.12.1997, il
22.12.1997 , il 17.01.1998, il 19.11.1999, il 5.1.2000) avevano a oggetto
principalmente l’attestazione in ordine alla regolarità delle opere
edili realizzate nell'ambito della pratica che sarebbe stata, pertanto,
ammessa a finanziamento. Per contro, Minisgallo non avrebbe
34
partecipato unitamente agli amministratori (di diritto e/o di fatto,
delle società coinvolte nell'odierna vicenda alla "produzione e
presentazione di falsi documenti e/o attestazioni diretti a consentire
conseguimento dell’indebito ed ingente beneficio", assumendo il
ruolo, a sua detta marginale, di mero tecnico chiamato a periziare la
regolarità delle opere edili realizzate. Tanto da venire assolto,
all'esito del processo penale, con formula piena dal reato di falso. Né
la Procura avrebbe indicato nel proprio atto di citazione ulteriori
elementi probatori sui quali fondare l’addebito nei suoi confronti.
Riguardo, poi, all'elemento soggettivo, non vi sarebbe dolo, in
quanto la condotta del Minisgallo nello svolgimento dell'iter
procedurale prodromico all'erogazione del finanziamento pubblico si
è sostanziata esclusivamente nell’aver egli, nella sua qualità di
dipendente
tecnico
(geometra),
senza
ingeririrsi
nell’attività
gestionale della società - verificato lo stato di avanzamento dei lavori,
attestandone - in modo accertato come veritiero in sede penale – la
conformità ai titoli concessori, riscontrato l’avvenuta installazione dei
macchinari acquistati e, da ultimo, redatto lo stato finale dei lavori e
l’elenco di tutte le opere oggetto delle agevolazioni, non appare in
alcun modo configurabile in capo al predetto alcuna responsabilità
amministrativa men che mai a titolo di dolo, che presupporrebbe una
condotta volontariamente rivolta a trarre profitto dal sistema di
concessione delle agevolazioni ex L. n. 488/1992 attraverso la
rappresentazione di dati non veritieri, il che sarebbe da escludersi in
ragione di quanto sopra. D'altro canto, la domanda di parte attrice
35
difetterebbe e sarebbe generica in ordine alla indicazione di elementi
probatori idonei a far ritenere sussistente il nesso di causalità tra
danno erariale paventato e la condotta del Minisgallo.
4.
Con atto depositato il 14.12.2010 si costituiva la società
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione, la quale, con
memoria datata 19.11.2010, precisava che l'atto introduttivo del
giudizio, cosi come pure l'invito a dedurre, fanno riferimento anche
al progetto n. 4170, che è invece estraneo al presente giudizio, che
riguarda soltanto il progetto n. 3120.
Rappresentava preliminarmente che la documentazione relativa al
progetto n. 3120 è stata posta sotto sequestro, con la conseguenza che
EPF non è in grado di rinvenire tutti gli atti dello stesso. Lamentava,
inoltre, che la Procura regionale non avrebbe depositato in giudizio
gli atti sui quali pretenderebbe di fondare l'affermazione di
responsabilità erariale di EPF, limitandosi per taluni (la perizia del
Consunte Lecciso nel procedimento penale) a riportarne soltanto
alcuni brani nell'atto di citazione, oltretutto interpolandoli, con
conseguente inammissibilità della citazione per genericità. In
subordine, attesa la grave violazione dei principi del contraddittorio
e del giusto processo, chiedeva che fosse ordinato alla Procura di
depositare in giudizio la documentazione in parola.
Nel merito, sottolineava la genericità dell'atto di citazione, anche in
quanto non risulterebbero provate le affermazioni ivi contente
addirittura con riferimento alla sussistenza del danno. Manca, infatti,
qualsiasi informazione circa gli esiti del procedimento di revoca delle
36
agevolazioni (seppur tardivamente) avviato dal Ministero: con la
conseguenza che non è dato sapere se e in quale misura le somme
erogate siano state ad oggi recuperate, né è dato sapere quali azioni il
Ministero abbia avviato per evitare il danno o, comunque, per
attenuarne la portata. Il che pone anche un problema di concorso di
responsabilità imputabile al Ministero ed ai soggetti che al suo
interno erano deputati ad occuparsi di tali compiti.
Eccepiva, poi, la prescrizione dell’azione, in quanto il progetto
agevolativo in parola era stato avviato nel 1996 e l'attività di EPF si
era conclusa nel 2000, oltre 10 anni fa, essendo quindi trascorsi, ai
sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ben oltre
cinque anni dalla data in cui e stato scoperto il fatto dannoso. Al
riguardo, anche a volere ammettere che vi sia stato occultamento
doloso del danno (da imputarsi, peraltro, a soggetti distinti dalla
resistente EPF), la decorrenza del termine di prescrizione andrebbe
fatta risalire alla data in cui il Ministero ha dato avvio alla procedura
di revoca delle agevolazioni (3.2.2003), allorquando il procedimento
penale a carico di soggetti legati alla CHE.VIN. S.p.a. era già
pendente da circa tre anni. Quanto alla tesi della decorrenza del
termine prescrizionale dalla data di costituzione di parte civile nel
processo penale, essa contrasterebbe con l’impostazione della
Procura, la quale ha svolto due domande: la prima soltanto verso
EPF, ritenuta responsabile in via principale del danno derivato
all'erario dalla concessione dei contribuiti de quibus, con la
conseguenza che gli atti interruttivi valevoli per gli altri convenuti
37
non potrebbero riverberarsi sulla posizione del responsabile in via
principale, rispetto al quale decorrerebbero i normali termini
prescrizionali, non potendo rilevare per EPF l'esito di un giudizio
penale del quale non è parte ai fini di quello di responsabilità; la
seconda domanda, formulata in via sussidiaria verso EPF rispetto
alla CHE.VIN. S.p.a. (beneficiaria del contributo) ed agli altri soggetti
convenuti nel giudizio di responsabilità, riguardo alla quale non si
potrebbe sostenere, ex art. 1 comma quinquies, della legge n.
20/1994, né che la banca abbia conseguito un illecito arricchimento,
né che abbia agito con dolo, che sarebbe escluso anche dal mancato
coinvolgimento della Banca nel processo penale, non essendo emerso
a suo carico alcun profilo di responsabilità.
Ribadiva che EPF avrebbe agito nel rispetto della normativa di
settore e degli obblighi derivanti dalla convenzione, ponendo in
essere tutti gli adempimenti prescritti dalla legge, dai regolamenti e
dalle circolari e compilando pedissequamente tutti gli schemi
ministeriali relativi allo svolgimento dell’istruttoria, senza che ad
essa
possa
essere
imputata
alcuna
responsabilità
per
fatti
eventualmente addebitabili soltanto a coloro che operavano e
agivano nell'interesse della CHE.VIN. S.p.a.
Richiamava la Convenzione del 25.3.1996 con la quale l'allora
Ministero dell'Industria e Commercio aveva affidato ad EPF gli
adempimenti tecnici ed amministrativi per l'istruttoria delle
domande di agevolazione finanziaria e le erogazioni dei contributi
previsti dalla legge n. 488/92. L'art. 1 della Convenzione individua
38
gli atti normativi e regolamentari che disciplinano lo svolgimento del
servizio: il d.l. 415/92 convertito con modificazioni dalla Legge n.
488/92; il d.lgs. 03.04.1993 n. 96; la delibera CIPE del 27 aprile 1995; il
regolamento di attuazione del 20 ottobre 1995 n. 527; la circolare
esplicativa del 15.12.1995 n. 38522; la normativa comunitaria in
materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese. L'art.
2 della Convenzione assegna alla Banca concessionaria il compito di:
esaminare la documentazione presentata dalle imprese unitamente
alla domanda di agevolazione; svolgere un esame istruttorio secondo
le modalità ed i criteri prefissati; inviare al Ministero i risultati delle
istruttorie e gli elementi necessari alla formazione delle graduatorie
di
cui
al
successivo
art.
4
di
convenzione;
acquisire
la
documentazione necessaria all'erogazione dei contributi; disporre
l'accredito
delle
quote
alle
imprese
beneficiarie;
inviare
la
documentazione finale di spesa e la relazione sullo stato finale del
programma di investimenti, redatta in conformità dello schema
ministeriale. Una volta ammesso il progetto, il contributo è erogato
in tre quote annuali, la prima delle quali a titolo di anticipazione,
previo rilascio di fideiussione bancaria o polizza assicurativa, entro
un mese dalla pubblicazione delle graduatorie. I termini per
l'accredito delle successive rate sono fissati in 15 giorni lavorativi
dalla richiesta della impresa beneficiaria a fronte della dimostrazione
della sussistenza di tutte le condizioni necessarie. Residuano al
Ministero poteri ispettivi, di controllo e di indirizzo, esercitati anche
attraverso le direttive del Comitato Tecnico-Consultivo, costituito
39
per coadiuvare le banche concessionarie (D.M. n. 527/1995 art. 11).
Il regolamento n. 527/1995 e la circolare esplicativa n. 38522
disciplinano
le
modalità
di
istruzione
delle
pratiche
di
finanziamento, sia ai fini della ammissione delle stesse al contributo
da parte del Ministero, sia ai fini della erogazione delle singole rate,
individuando la documentazione finale di spesa, sulla base della
quale le banche concessionarie predispongono la relazione finale,
propedeutica alla eventuale adozione del decreto di concessione
definitivo (artt. 9 e 10 regolamento). Competono al Ministero, per i
progetti di valore superiore ai tre miliardi di lire, gli accertamenti
sulla avvenuta realizzazione del programma.
Nel caso, la domanda relativa al progetto n. 3120, presentata l'8
maggio 1996, è stata positivamente valutata da EPF. Il 20 novembre
1996 il Ministero emetteva il decreto di concessione provvisoria n.
88/CP/9/26998 dell'iniziativa localizzata nell'obiettivo 1, per un
contributo
in
conto
capitale
di
lire
23.787.510.000,
di
cui
21.446.498.700 effettivamente erogate. In data 17 gennaio 1997,
formalizzati gli adempimenti regolamentari, veniva pagata a titolo di
anticipazione la prima quota, pari a lire 7.929.170.000, previo rilascio
da
parte
dell'impresa
beneficiaria
della
prescritta
polizza
assicurativa. Il successivo 23 gennaio 1998, verificata la completezza
e regolarità formale della documentazione fornita dall'impresa ed
effettuato un sopralluogo, veniva erogata la seconda quota di
contributo e svincolata -come previsto- la polizza assicurativa a
garanzia della prima quota. In data 17 novembre 1999, previa verifica
40
della pertinenza e conformità agli schemi ministeriali della
documentazione di supporto, veniva erogato il 70% della terza quota
di contributo e dato avvio alla fase finale del procedimento, mediante
l'acquisizione degli atti e documenti finali e la predisposizione della
relazione da sottoporre al Ministero per l'adozione del decreto
definitivo. Nel luglio seguente la Guardia di finanza sequestrava la
documentazione relativa al progetto 3120/96, del che veniva
tempestivamente informato il Ministero, il quale, peraltro, attendeva
quasi tre anni per avviare il procedimento di revoca delle
agevolazioni. Dopo 10 anni dalla chiusura della pratica, la Procura
regionale presso la Corte dei conti notificava ad EPF in liquidazione
l'invito a dedurre.
EPF ribadiva di aver posto in essere gli adempimenti scanditi dal
D.M. 527/1995 (art. 6) secondo le modalità impartite con le circolari
nn. 38522 e 37835/1996, l'ultima delle quali introduce delle
facilitazioni per la redazione del business plan e delle speciali
dichiarazioni da fornire a cura delle imprese, che -ove formalmente
corrette- esonererebbero, a detta di EPF, la Banca dalla responsabilità
di verificare l'ammissibilità della iniziativa (direttive Ministero nn.
36056 del 6.6.1996 e 36288 del 10.7.1996). Nella relazione istruttoria
risulta l'esame sia del business plan redatto secondo le modalità
indicate dal Ministero, sia della dichiarazione suddetta circa la
sussistenza dei requisiti di ammissibilità presentata dalla impresa
con atto notorio. Ritenuta quindi la agevolabilità dell'iniziativa, EPF
proponeva al Ministero che l'erogazione delle agevolazioni fosse
41
subordinata ad una serie di condizioni, indicate in calce alla
relazione stessa, che venivano recepite dal Ministero, il quale con
D.M. 88/9/26998 del 20.11.1996 concedeva alla CHE.VIN. S.p.a. le
agevolazioni de quibus, subordinando la erogazione della I quota alle
prescrizioni indicate da EPF. Con nota del 14 gennaio 1997, a fronte
della richiesta di erogazione pervenuta dall'Impresa, EPF chiedeva
l'invio della necessaria documentazione, compresa l'integrazione di
polizza (a garanzia della I quota a titolo di anticipazione) in aderenza
a quanto indicato dal Ministero e, verificati
gli adempimenti
richieste, con nota del 16 gennaio 1997 dava il nulla osta al
pagamento alla CHE.VIN S.p.a. della I quota delle agevolazioni, pari
a lire 7.929.170.000.
Anche per la erogazione della II e III rata delle agevolazioni EPF
avrebbe posto in essere le necessarie cautele, svolgendo anche
sopralluoghi (anche se normativamente non sarebbero stati previsti),
acquisendo e verificando i documenti di legge. Ai fini della
erogazione della II e III rata la impresa deve trasmettere alla banca
concessionaria la richiesta secondo gli schemi allegati alle circolari
ministeriali e solo per l'ultima erogazione, la documentazione finale
di spesa. Il compito di EPF, in base alla normativa di settore e alla
convenzione (art. 7 D.M. n. 527/1995) era di verificare "la vigenza
dell'impresa richiedente, la completezza e la pertinenza alla iniziativa
agevolata della documentazione di cui ai commi 3 e 4" esibita dall'impresa,
"nonché, al di fuori dell'anticipazione, la corrispondenza degli investimenti
realizzati, così come dichiarati, alla erogazione richiesta". Tali verifiche
42
sarebbero state eseguite da EPF, la quale -a fronte della richiesta di
erogazione della II rata pervenuta dalla CHE.VIN. il 27.11.1997- ha
esaminato la documentazione fornita dall' impresa: certificato CCIA
per constatare la perdurante vigenza della società; certificato del
Tribunale, attestante la inesistenza di procedure fallimentari in corso;
la dichiarazione (sostitutiva di atto notorio) relativa agli investimenti
realizzati, attestante uno stato di avanzamento al 31.10.1997, pari al
70,29% della spesa ritenuta ammissibile; perizia giurata di tecnico
abilitato, geom. Salvatore Minsgallo, del 22.11.1997 giurata in pari
data presso la Pretura circondariale di Lecce. EPF ha inoltre chiesto,
con nota del 5.12.1997, una integrazione documentale (in ordine alle
concessioni edilizie ed al bilancio 1996), subordinando la erogazione
della quota alla messa a disposizione della necessaria provvista da
parte del Ministero ed al ricevimento di quanto richiesto. Inoltre EPF
disponeva anche un sopralluogo presso l'impresa, incaricando allo
scopo geom. Santoni, all’esito del quale l’incaricato esprimeva riserve
su alcune opere murarie ancora in corso di esecuzione e su alcuni
macchinari non presenti in loco, suggerendo di sospendere la
erogazione
della
II
quota.
Peraltro,
pervenuta
la
ulteriore
documentazione da parte della CHE.VIN., il geom. Santoni
procedeva alla verifica amministrativa della pratica, esprimendosi
favorevolmente per la erogazione della II quota (prospetto
identificativo dei macchinari; estratti c/c bancari; mastrini contabili
dei
fornitori;
dichiarazione,
sostitutiva
di
atto
notorio,
di
insussistenza collegamenti con le ditte fornitrici; perizia giurata a
43
firma del geom. Minisgallo in data 22.12.1997, ad integrazione delle
due già trasmesse; SAL alla data del 28.10.1997, dando atto che non
era stato richiesto da EPF un ulteriore sopralluogo). Quanto all'esame
di organicità e funzionalità del dell'investimento EPF riteneva che, in
base alla circolare n. 36157, esso andasse rinviato al momento della
verifica dello stato di avanzamento finale. A fronte della suddetta
integrazione documentale, ritenendo evasi gli adempimenti previsti
dalla disciplina di settore, EPF procedeva dunque ad erogare la II
quota di contributo, avendo l'impresa fornito tutti i documenti
richiesti.
Quanto alla III quota, la CHE.VIN. comunicava la ultimazione del
programma e la entrata in funzione dell'impianto in data 24.9.1999
ed il successivo 9 ottobre ne chiedeva la erogazione. Anche in questo
caso EPF chiedeva chiarimenti e documenti integrativi, salvo poi,
una volta ricevuti e verificatene la formale corrispondenza a quanto
previsto dal regolamento n. 527/1995 e dalla circolare n. 38522/1995,
procedere alla erogazione del 70% della III quota (detratti gli importi
per le spese ritenute non ammissibili).
Veniva, dunque, avviata la procedura relativa all'ultima fase, all'esito
della quale EPF predisponeva la relazione finale, corredandola di
tutta la prescritta documentazione di supporto (11.7.2000).
A distanza di circa un mese la Guardia di finanza informava
Ministero e EPF dell' avvio di una indagine penale a carico della
CHE.VIN S.p.a. che coinvolgeva anche il programma di investimento
de quo; comunicazione cui seguiva (31.7.2000) il sequestro della
44
documentazione in possesso di EPF. Il 3.2.2003 il Ministero
comunicava l'avvio del procedimento di revoca delle agevolazioni,
del cui esito nulla è dato sapere.
Lamentava EPF che, a fronte di tale situazione, i cui profili di illiceità
sono emersi (ma a tutt'oggi non oggetto di giudicato penale) soltanto
a seguito dell'espletamento dei penetranti ed invasivi poteri di
indagine che sono prerogativa dell'Autorità giudiziaria e dei suoi
ausiliari, e non della Banca concessionaria, la Procura ravvisa la
responsabilità della EPF sostanzialmente per la omessa richiesta al
consulente (geom. Santoni) di effettuare un ulteriore sopralluogo
propedeutico alla erogazione della II quota di contributo per
sciogliere le riserve espresse in occasione della verifica del 19
dicembre 1997. Si doleva in proposito del fatto che la normativa di
settore (né il regolamento n. 527 né le circolari esplicative) non
prevedrebbe l'obbligo di espletamento di alcun sopralluogo e
stabilirebbe quale criterio di verifica quello documentale, fondato
sulla rispondenza di quanto dichiarato dall'impresa per ogni stato di
avanzamento, mediante dichiarazioni sostitutive di atto notorio, con
il programma di investimenti ammesso a beneficio. EPF non avrebbe
potuto avvedersi del disegno criminoso ipotizzato nella citazione (e
men che mai in virtù di un semplice sopralluogo: giacché -ove
disposto- i macchinari si sarebbero verosimilmente trovati in loco),
che è emerso soltanto grazie ad indagini di polizia giudiziaria.
Neanche il Ministero, pur dotato di poteri ispettivi e di controllo (art.
11 reg. n. 527/1995) ha mai posto in dubbio, sino all'intervento della
45
Autorità giudiziaria penale, la regolarità dell'iniziativa agevolata,
pure in presenza di una informativa della Guardia di finanza,
attendendo circa tre anni prima di dare avvio al procedimento di
revoca delle agevolazioni, ritardo idoneo a costituire elemento di
responsabilità nella causazione del danno prospettato dalla Procura,
che imporrebbe la integrazione del contraddittorio nei confronti di
quanti hanno concorso con la loro condotta dilatoria e/o omissiva
alla insorgenza e, comunque, al consolidamento, del pregiudizio
erariale. L'asserita infondatezza dell'addebito mosso alla EPF
emergerebbe anche dalla sentenza penale di primo grado, nella parte
in cui il geom. Minisgallo, l'autore e sottoscrittore delle dichiarazioni
giurate che avrebbero indotto in errore EPF, sarebbe stato assolto
perché il fatto non sussiste, non essendo stata raggiunta la prova
della falsità delle stesse (sentenza I Sezione penale del Tribunale di
Lecce n. 530/08).
Quanto all’elemento soggettivo, eccepiva EPF che non vi sarebbe
dolo, alla luce del suo mancato coinvolgimento nel procedimento
penale, e che sarebbe inconfigurabile la colpa grave, in assenza della
quale (art. 1, comma 1, della legge n. 20/1994) viene meno la
perseguibilità dell'agente, anche con riferimento all'agente contabile.
Sussiste, infatti, identità di elementi costitutivi per la responsabilità
amministrativa e per quella contabile, salvo che per la parziale
inversione dell'onere della prova, restando: a carico della Procura di
dimostrare la esistenza del danno (che nel caso non sarebbe
raggiunta, non essendo stata fornita alcuna notizia e prova dell'
46
eventuale esito negativo della procedura di revoca e di recupero
delle agevolazioni); a carico dell'agente, di dimostrare che non vi è
stato dolo o colpa grave nella gestione del denaro pubblico; prova
che sarebbe da considerarsi raggiunta ove sia dimostrata la
conformità della condotta dell'agente alle regole che disciplinano la
fattispecie ovvero l'evento dannoso sia imputabile a fattori estranei
alla condotta dell'agente medesimo, ovvero, come nel caso, a soggetti
terzi che con il loro comportamento fraudolento abbiano creato le
condizioni per la indebita erogazione causativa del danno.
Concludeva quindi per la declaratoria di inammissibilità della
domanda attorea o per il suo rigetto, previa – ove occorra integrazione
del
contraddittorio
nei
riguardi
dei
funzionari
responsabili del Ministero delle Attività Produttive, ora Sviluppo
Economico, con rimborso delle spese di lite.
5.
All’udienza pubblica del 14 luglio 2011, come da relativo
verbale, le parti costituite hanno ribadito le rispettive domande,
eccezioni, argomentazioni e conclusioni già in atti, chiedendo che la
decisione venga rinviata in attesa del definitivo esito del processo
penale, pendendo allo stato impugnazione sulla sentenza di primo
grado (la parte relativa alla prescrizione sarebbe stata impugnata sia
dalla Procura che dal Minisgallo, al fine di avere un proscioglimento
pieno), nonché previo acclaramento dell’esito della procedura di
recupero
avviata
nel
2003
dall’Amministrazione
e
previa
integrazione del contraddittorio nei riguardi dei funzionari del
Ministero
ex
Attività
Produttive,
ora
47
Sviluppo
Economico,
responsabili della tardiva attivazione della procedura di recupero. La
difesa della società EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. ha, inoltre,
sollevato eccezione di incompetenza territoriale di questa Sezione,
argomentando che, trattandosi di finanziamenti erogati dalle
strutture centrali del Ministero ora dello Sviluppo Economico, la
competenza spetterebbe alla Sezione giurisdizionale regionale per il
Lazio, richiamando in tal senso giurisprudenza delle Sezioni
giurisdizionali regionali per il Lazio e per la Basilicata (la quale
ultima, in fattispecie analoga, ha dichiarato la propria incompetenza
territoriale a favore della Sezione Lazio); trattandosi di giudizio di
responsabilità, si tratterebbe di competenza territoriale inderogabile.
La Procura regionale ha ribadito la competenza territoriale dell’adita
Sezione pugliese, secondo il criterio del locus commissi damni, anche
con riferimento alla mancata realizzazione delle finalità di
promozione dello sviluppo socio-economico del territorio di
operatività dell’impresa beneficiaria del finanziamento, che è il
territorio pugliese. Quanto alla prescrizione ha sottolineato, che,
trattandosi di fattispecie di occultamento doloso, il dies a quo
dovrebbe individuarsi nella data di rinvio a giudizio e quindi,
considerato che l’Amministrazione si è costituita parte civile nel
giudizio penale nel 2006, non sarebbe maturata prescrizione; né
potrebbe confondersi l’avvio nel 2003 del procedimento di revoca
con la scoperta del danno dolosamente occultato, trattandosi per
l’appunto di procedimento di natura amministrativa e non di rinvio a
giudizio. Nel merito ha manifestato la propria contrarietà alla
48
sospensione dell’odierno giudizio di responsabilità nell’attesa della
definizione di quello penale, ritenendo la causa matura per la
decisione. Ha poi precisato che la falsità delle fatture emesse dalla
società L.I.P.A. è stata acclarata a pag. 7 e segg. della sentenza penale
di primo grado e che l’insufficienza di prove riguarda altre fatture,
diverse da quelle in questione. Ha ribadito la responsabilità della
banca, per essersi limitata a riscontri meramente documentali, pur in
presenza dei rilievi del geom. Santoni che avrebbero imposto
l’attivazione di più approfonditi poteri di verifica. Con riferimento
alle
procedure
di
recupero
ha
osservato
che,
essendosi
l’Amministrazione insinuata tardivamente nel passivo fallimentare,
le stesse sarebbero pressoché inesistenti.
Considerato in
DIRITTO
1.
Preliminarmente,
essendovi
convenuti
non
costituiti
(CHETTA Rocco Antonio e DI GIOVANNI Battista Marco), il
Collegio deve procedere alla verifica della regolare instaurazione del
contraddittorio nei loro confronti. Detta verifica ha esito positivo,
come risulta dalle relate di notifica della citazione e dell’avviso
relativo all’odierna udienza per Chetta Rocco Antonio (come da
relata UNEP C. App. Lecce Uff. Giud. Maria Sanità, ex art. 140 c.p.c.
racc. 76487092524-9 spedita in data 26.4.2011 e ricevuta in data
29.4.2011 come da avviso 76520263262-6) e per Di Giovanni Battista
Marco (come da relata in data 17.5.2011 UNEP Trib. Velletri Uff. giud
dott. Alessandro Lorenzi).
49
Quanto al CHETTA Rocco Antonio, va precisato che all’udienza del
10.2.2011 era comparso asseritamente per suo conto l’avv. Fabrizio
Hinna Danesi, peraltro non munito di rituale procura e dunque
senza integrare una valida costituzione del convenuto, il quale, a
tutt’oggi risulta non costituito.
2.
Sempre in via preliminare, questo Collegio ritiene doveroso,
trattandosi di profilo rilevabile d’ufficio, statuire sulla propria
giurisdizione. Al riguardo, alla luce della giurisprudenza delle
Sezioni Unite della Cassazione, non può non condividersi quanto
argomentato dalla Procura circa la ravvisabilità, nel rapporto
dell’Amministrazione con i soggetti a vario titolo convenuti, di un
rapporto di servizio atto a radicare la giurisdizione della Corte dei
conti. Invero, pur in assenza di un formale rapporto di impiego, in
quanto la condotta causativa del danno erariale è stata posta in
essere da soggetti non organicamente inseriti nella struttura della
P.A. (impresa richiedente il finanziamento pubblico, persone fisiche
che hanno operato in qualità di amministratori/collaboratori della
medesima, o di soggetti a essa riconducibili, in funzione strumentale
al conseguimento del finanziamento, banca concessionaria delle
funzioni pubblicistiche di verifica del possesso dei requisiti di
accesso al finanziamento e di rispettiva erogazione), si è in presenza
di un rapporto di servizio instaurato tra l’Amministrazione e i
suddetti soggetti, funzionalmente inseriti, sia pur al di fuori di un
rapporto
organico,
perseguimento
delle
nell’assetto
finalità
organizzativo
pubbliche
50
cui
preposto
al
l’erogazione
del
finanziamento
è
preordinata,
nella
specie
di
incremento
occupazionale e produttivo delle aree depresse del Paese.
In particolare, è stata riconosciuta l’insorgenza di un rapporto di
servizio, con conseguente giurisdizione dalla Corte dei conti, con
riguardo al soggetto privato percettore dei contributi pubblici
finalizzati, come sono quelli ex d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, convertito
nella legge 19 dicembre 1992 n. 488, di incentivo delle attività
produttive di cui alla l. n. 64/1986 allo scopo di promuovere lo
sviluppo dei territori dell’Italia meridionale. La normativa di settore
è volta ad assicurare la finalizzazione dei finanziamenti suddetti agli
interventi, di pubblico interesse, individuati con la Delibera CIPE del
27 aprile 1995 e successive modificazioni ed integrazioni, consistenti
in “...progetti di investimento finalizzati alla costruzione, all’ampliamento,
all’ammodernamento,
alla
ristrutturazione,
alla
riconversione,
alla
riattivazione ed alla delocalizzazione degli impianti produttivi ….. ( art. 2 –
punto
2.1).
La
verifica
della
destinazione
funzionale
del
finanziamento erogato alle finalità pubbliche che lo giustificano è
affidata, mediante “la stipula di apposite convenzioni” a “banche o società
di servizi controllate da Banche” (5.c), che debbono riscontrare, tra
l’altro, che la domanda di finanziamento sia “corredata da elementi di
analisi di fattibilità e redditività economico-finanziaria del progetto e da un
piano finanziario completo…” di una serie di elementi normativamente
al riguardo indicati (art. 5 c. 2).
In sede di riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Corte dei
conti, le Sezioni Unite della Cassazione (1° marzo 2006, n. 4511)
51
quanto ai soggetti privati percettori di contributi pubblici finalizzati,
hanno evidenziato: “lo sviluppo dell'interpretazione giurisprudenziale
nella
materia,
maturato
in
relazione
al
progressivo
operare
dell'Amministrazione tramite soggetti non organicamente inseriti nella
stessa e del sempre più frequente operare di questa al di fuori degli schemi
del - per molti versi superato - regolamento di contabilità di Stato, che ai fini
del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti, ritiene del tutto
irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta,
potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma
anche in una concessione amministrativa od in un contratto privato; che
ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella
contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che può ben essere un
privato od un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli
scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente
sul modo d'essere del programma imposto dalla Pubblica Amministrazione,
alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione
del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento
dalle finalità perseguite, egli realizza un danno per l'ente pubblico (anche
sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che
avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato
ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore), di
cui deve rispondere dinanzi al Giudice contabile (ex plurimis Cass. sez. un.
n. 8450/98, 926/99, 11309/95)”. “Nello stesso senso si e’ espressa Cass., sez.
un., n. 14825 del 2008. Presupposto di tali conclusioni e’ che, concorrendo il
soggetto destinatario del contributo alla realizzazione del programma della
52
pubblica amministrazione, fra la stessa ed il beneficiario si instaura un
rapporto di servizio, sicché’ il beneficiario assume, ai fini della giurisdizione
della Corte dei conti, la stessa posizione propria di un dipendente o
amministratore della pubblica amministrazione” (3 marzo 2010 n. 5019).
Il rapporto di servizio, con conseguente giurisdizione della Corte dei
conti è stato riconosciuto non soltanto con riferimento all’ente
percettore del contributo, ma altresì nei riguardi delle persone fisiche
che, operando nell’ambito o per conto del percettore, abbiano avuto
un coinvolgimento diretto nella vicenda alla base dell’indebita
erogazione, a vario titolo, es. di socio, di amministratore, di
dipendente, di soggetto terzo incaricato di attività prodromiche al
conseguimento del contributo. Con espresso riferimento “alla
responsabilità dell’amministratore e dei soci” della società percettrice del
finanziamento pubblico le Sezioni Unite hanno riconosciuto, nella
citata sent. n. 5019/2010, proprio in riferimento a vicenda inerente
alla percezione di finanziamenti ex
legge n. 488/1992, la
giurisdizione della Corte dei Conti “anche per l’azione di danno erariale
proposta nei confronti non già della società a favore della quale il contributo
pubblico sia stato erogato, ma direttamente di chi (amministratore) abbia
distratto le somme oggetto del finanziamento, così frustrando gli scopi
perseguiti dalla pubblica amministrazione”. Ciò “alla luce del rilievo che
l’instaurazione del rapporto di servizio è correlata non solo alla riferibilità
alla società beneficiarla del contributo degli effetti degli atti dei suoi organi,
ma anche alla attività stessa di chi, disponendo della somma erogata in modo
diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua
53
illegittima percezione, abbia provocato la frustrazione dello scopo
direttamente perseguito dall’amministrazione”. Invero, i soggetti privati
percettori di finanziamenti pubblici finalizzati, pur essendo estranei
alla P.A., “gestiscono risorse pubbliche vincolate all’impiego preventivato,
sicché l’applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa è,
per così dire, diretta. Che i soggetti che debbono impiegare quelle risorse non
siano funzionari della stessa o di altra pubblica amministrazione, ma
privati, società o non, non rileva: l’assimilazione e’ ben assicurata dalla
figura del rapporto di servizio. Posto, infatti, che il dato fondante della
responsabilità è la distrazione dei fondi pubblici, è consequenziale che ne
rispondano sia il soggetto cui il finanziamento sia stato erogato (nella specie,
la società beneficiaria) sia i soggetti che li hanno distratti per averne avuto
la disponibilità”.
Ciò posto, in conformità della giurisprudenza sia delle Sezioni Unite
della Cassazione (ord. n. 5019/2010) sia della Corte dei conti (Sez.
giur. reg. Calabria, 2.8.2010, n. 443; Sez. giur. reg. Abruzzo, 20.4.2007,
n. 430) va senz’altro riconosciuta la sussistenza di un rapporto di
servizio, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti, nei
riguardi dell’impresa beneficiaria dei contributi pubblici (CHE.VIN.
S.p.a.) nonché di tutti i soggetti che abbiano concorso a porre in
essere
l’attività
(compresa
quella
gestoria,
amministrativa,
documentale, certificativa) che, simulando la sussistenza delle
condizioni previste per l’accesso al finanziamento, abbia dato luogo
al medesimo. Ciò sia con riferimento a chi abbia concorso nella veste
di proprietario e gestore della impresa beneficiaria (Chetta), sia con
54
riguardo a chi abbia contribuito nella qualità di dipendente o
collaboratore incaricato di svolgere determinate funzioni certificative
di aspetti tecnici per conto della medesima (Minisgallo), sia, ancora,
in relazione a chi abbia preso parte nel ruolo di amministratore e
rappresentante legale (Di Giovanni Battista Marco) di società (in
particolare la LIPA S.r.l.) sostanzialmente riconducibili alla società
beneficiaria dei contributi (CHE.VIN S.p.a.) e che con essa abbiano
concorso alla realizzazione della attività documentale e certificativa
attestante il possesso delle condizioni di legge, che ha dato luogo
all’indebita percezione del contributo pubblico (nel caso, mediante
l’emissione delle fatture, ritenute false in sede penale, presentate a
finanziamento).
Va altresì affermata la giurisdizione della Corte dei conti nei
confronti della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., sulla base del
vincolo di natura concessorio-convenzionale che, in base al
surrichiamato quadro normativo, si instaura tra la P.A. e l’Istituto di
credito convenzionato, cui vengono delegate le funzioni istruttorie,
di natura pubblicistico-amministrativa e che viene quindi inserito,
per tale via, nell’organizzazione funzionale attraverso cui la P.A.
esercita le proprie funzioni, nel caso di verifica circa il possesso da
parte dell’istante dei requisiti di ammissione ai finanziamenti, al fine
di assicurare che il pubblico denaro sia effettivamente destinato alle
finalità di interesse generale per le quali è erogato.
2.1.
Più in particolare, quanto alle ordinanze delle Sezioni Riunite
della Cassazione n.. 23599, 23600 e 23601 del 2010 richiamate dalla
55
difesa del Minisgallo, va rilevata l’inconferenza del richiamo rispetto
alla posizione di quest’ultimo che, come da egli espressamente
affermato, era il dipendente tecnico preposto dalla società (sia pur
per la breve durata del rapporto di lavoro) alla redazione delle
perizie giurate attestanti la regolarità delle opere murarie e
dell’installazione dei macchinari che venivano esibite alla banca
concessionaria quale presupposto per l’erogazione dei finanziamenti
pubblici da parte del Ministero. Per contro, ben diversa è la posizione
dei convenuti cui si riferiscono le tre ordinanze delle SS.UU.
richiamate dal Minisgallo, trattandosi non di dipendenti della
società, bensì di collaboratori esterni, svolgenti per la società una
“attività libero professionale di assistenza e consulenza”, come tale
qualificabile come prestazione di lavoro autonomo e non di lavoro
subordinato, come invece nel caso del Minisgallo.
Non sono quindi condivisibili le affermazioni del convenuto circa la
pretesa inconfigurabilità di un rapporto organico con la società in
ragione del carattere tecnico e non gestorio dell’attività da egli svolta
e del fatto che sarebbe stato soltanto un dipendente e non un
amministratore della società. E’, infatti, evidente il rapporto di
immedesimazione organica che lo legava alla società proprio in
quanto dipendente e che determinava la riferibilità dell’attività
certificativa da egli svolta alla società per conto della quale operava.
Va anche sottolineata la immediata rilevanza esterna dell’attività
certificativa di Minisgallo, che poneva in essere direttamente le
attestazioni di regolarità e di possesso dei requisiti per l’ammissione
56
a finanziamento rivolte alla banca concessionaria e, in ultima istanza
al Ministero erogante, che erano ex se riferibili alla società, senza
necessità di essere fatte proprie dalla medesima, palesando anche per
tale verso il rapporto di immedesimazione organica che vi era tra il
Minisgallo
e
la
CHE.VIN S.p.a.
con
riferimento
all’attività
certificativa, rapporto per cui le attestazioni circa il possesso dei
requisiti per l’ammissione ai finanziamenti pubblici provenienti dal
Minisgallo erano, ai fini della concessione dei finanziamenti
medesimi, a tutti gli effetti di legge auto-attestazioni provenienti
dalla CHE.VIN beneficiaria.
Nemmeno poi può condividersi l’affermazione secondo cui il
Minisgallo avrebbe svolto attività meramente tecnica e non gestoria.
Invero, l’assunto errato della difesa nasce da una indebita confusione
tra la natura tecnica delle verifiche svolte e la natura delle
attestazioni finali che conseguivano alle verifiche medesime, che è
senza dubbio certificativa e dunque amministrativa e gestionale,
quanto meno con riferimento al conseguimento dei finanziamenti ex
legge n. 488/1992. Trattasi, invero, di una attività che si inserisce
quale passaggio necessario nell’iter procedurale che ha consentito
alla società di avere accesso ai finanziamenti e che è dunque parte
integrante di quella attività lato sensu gestoria cui hanno concorso, sia
pur con ruoli diversi ma egualmente dotati di efficacia causale –
quanto meno in base all’astratta prospettazione formulata dalla
Procura, che qui rileva ai fini della statuizione sulla giurisdizione e
restando impregiudicate le valutazioni nel concreto che saranno nel
57
prosieguo formulate nel merito - tutti i soggetti convenuti, compreso
il Minisgallo.
Non vi è quindi dubbio che nei riguardi di tutti i convenuti,
compreso il Minisgallo, sia stata contestata dalla Procura attività
giuridicamente qualificabile come espletamento, a vario titolo, di un
rapporto di servizio con la P.A. Invero, la giurisprudenza ha posto
luce come “la normativa che concerne i finanziamenti ex lege n. 488/92 …,
nel prevedere pregnanti oneri autocertificativi a carico dei privati
imprenditori, non solo richieda il rispetto di regole di leale collaborazione,
ma determini l'insorgere di un rapporto di servizio tra l'amministrazione
finanziante e il beneficiario con ciò determinando, necessariamente, il
configurarsi di una responsabilità “qualificata” (amministrativa) qualora le
dichiarazioni non veritiere risultino finalizzate ad un uso distorto delle
risorse pubbliche con conseguente danno all'erario.
Le disposizioni che regolamentano il rifinanziamento degli incentivi alle
attività produttive nel quadro degli interventi per il Mezzogiorno (di cui al
combinato disposto delle leggi n. 488/92, 64/89 nonché al d.m. 20.10.1995
n. 527 e s.m.i) prevedono, infatti, che sia il beneficiario dei contributi a
rilasciare dichiarazioni attestanti: a) la sussistenza delle condizioni
oggettive e soggettive per l'accesso alle agevolazioni richieste (tra cui dati ed
informazioni
sull'impresa
e
programmi
di
investimenti);
b)
la
corrispondenza dei beni acquistati (e le relative fatture) con quelli oggetto di
agevolazione; c) l'effettiva attuazione del programma di investimento (
importo delle opere realizzate, dei brevetti e dei macchinari, impianti e
attrezzature acquistati o realizzati e presenti in azienda); d) la conformità
58
delle spese finanziate con lo scopo per cui il contributo era stato concesso e
che lo stesso si assuma l'eventuale obbligo di restituire l' importo non
dovuto. Gli artt. 8 e 9 del dm 527/1995 al riguardo disciplinano le ipotesi di
revoca del contributo qualora lo stesso non venga utilizzato completamente
o non realizzi le finalità per le quali era stato concesso.
Dunque, l'adozione, da parte del competente Ministero, del provvedimento
concessivo del contributo pubblico e la conservazione del medesimo risulta
subordinata e fortemente condizionata dall'attività autocertificativa
dell'imprenditore beneficiario (vedasi artt. 9, comma 6 e 10 del d.m.
527/1995) il quale, con essa, pone in essere una attività di natura
documentale sostitutiva a quella proveniente dalla pubblica autorità ed
equivalente a questa per volontà del legislatore. Ne consegue che il privato nel subentrare alla P.A. nell'attività certificativa (e quindi di verifica di
presupposti e requisiti) necessaria per il conseguimento dell'aiuto
finanziario - diventa soggetto attivo nel procedimento amministrativo
rivolto all'erogazione del contributo e, successivamente, quale fruitore del
medesimo, ne diventa gestore, assumendo l'obbligo di realizzare gli
interventi predefiniti dalla P.A., inseriti in un contesto di programmazione
finalizzato al perseguimento dell'interesse generale allo sviluppo economico
e sociale del territorio” (C. conti, Sez. giur. reg. Campania, 8.11.2007,
sent. n. 365). Pertanto, “i soggetti che hanno svolto uno specifico ruolo nel
procedimento di destinazione del denaro pubblico ai fini predeterminati
dall'Amministrazione sono, per il nesso funzionale che si è instaurato con la
pubblica funzione così svolta, sottoposti alla giurisdizione del giudice della
responsabilità finanziaria pubblica in ordine alle patologiche deviazioni di
59
tale procedimento rispetto al raggiungimento del suo scopo. Ciò pertanto
vale a ritenere la sussistenza di giurisdizione di questo giudice nei confronti
del soggetto privato che sollecitò e ottenne il finanziamento, e così anche dei
professionisti che hanno svolto la loro opera nell'ambito delle diverse fasi,
che siano realizzative, di verifica o di certificazione, ma che si pongono in
ogni caso come presupposto formale e sostanziale rispetto all'integrale
versamento della contribuzione” (C. conti, Sez. giur. reg. Abruzzo,
20.4.2007, n. 430).
2.2.
Quanto a Chetta
Rocco Antonio, convenuto in quanto
partecipe, quale gestore e proprietario della CHE.VIN S.p.a., dei
dedotti artefizi e raggiri finalizzati a far conseguire indebitamente a
tale società i contributi in questione, la giurisdizione di questa Corte
va
affermata
in
piena
conformità
all’orientamento,
oramai
consolidatosi, delle Sezioni Unite della Cassazione che si sono
attestate sul riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti
non solo sulle società percettrici di contributi pubblici finalizzati, ma
altresì sugli amministratori e soci delle medesime che abbiano
attuato la distrazione delle provvidenze pubbliche dalle finalità di
interesse generale per cui le stesse erano state erogate.
In proposito, la sentenza 3 marzo 2010 n. 5019, che richiama le già
citate pronunce n. 4511/2006 e 14825/2008, affrontando nello
specifico il “problema … se, cioè, la Corte dei Conti abbia giurisdizione
anche per l’azione di danno erariale proposta nei confronti non già della
società a favore della quale il contributo pubblico sia stato erogato, ma
direttamente di chi (amministratore) abbia distratto le somme oggetto del
60
finanziamento, così frustrando gli scopi perseguiti dalla pubblica
amministrazione”, afferma che “La risposta deve essere positiva alla luce
del rilievo che l’instaurazione del rapporto di servizio è correlata non solo
alla riferibilità alla società beneficiarla del contributo degli effetti degli atti
dei suoi organi, ma anche alla attività stessa di chi, disponendo della somma
erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i
presupposti per la sua illegittima percezione, abbia provocato la frustrazione
dello scopo direttamente perseguito dall’amministrazione. … Nel caso dei
contributi dati a soggetti estranei, questi rispondono per la diversa ragione
che, pur essendo estranei, gestiscono risorse pubbliche vincolate all’impiego
preventivato, sicché l’applicazione della disciplina della responsabilità
amministrativa è, per così dire, diretta. Che i soggetti che debbono impiegare
quelle risorse non siano funzionari della stessa o di altra pubblica
amministrazione, ma privati, società o non, non rileva: l’assimilazione e’
ben assicurata dalla figura del rapporto di servizio. Posto, infatti, che il dato
fondante della responsabilità è la distrazione dei fondi pubblici, è
consequenziale che ne rispondano sia il soggetto cui il finanziamento sia
stato erogato (nella specie, la società beneficiarla) sia i soggetti che li hanno
distratti per averne avuto la disponibilità”, come è nel caso, per
l’appunto, il Chetta che è stato convenuto per aver concorso, nella
sua qualità di socio e amministratore, alla realizzazione dei dedotti
artefizi e raggiri alla base dell’attività distrattiva dei fondi pubblici in
questione. In proposito, puntualizzano le Sezioni Unite che “Se, poi,
in
ragione
del
diretto
coinvolgimento
dei
soci
nell’attività
di
amministrazione della società … e, dunque, di gestione del contributo
61
pubblico erogato, anche essi debbano rispondere del danno provocato
all’erario mediante l’illegittima percezione del contributo pubblico è
questione che - una volta superata la configurabilità del rapporto di servizio
esclusivamente con la società - attiene alle modalità di esercizio del potere
giurisdizionale: dunque ai limiti interni della giurisdizione, estranei alla
cognizione di questa corte regolatrice”. Dubbio alcuno può esservi
dunque con riferimento alla sussistenza della giurisdizione di questa
Corte nei confronti del convenuto Chetta Rocco Antonio.
2.3.
Analoghe conclusioni vanno formulate con riguardo al sig. Di
Giovanni
Battista
Marco,
convenuto
nella
sua
qualità
di
amministratore e legale rappresentante delle società LIPA S.r.l.,
ITALAPPALTI S.r.l. e CIDI Automazioni S.r.l. La chiamata in
giudizio è, in sostanza, incentrata sull’apporto causale determinante
che l’emissione delle fatture da parte delle suddette società a favore
della CHE.VIN. S.p.a. ha avuto nel consentire alla società medesima
di percepire i finanziamenti pubblici erogatile nell’ambito della
pratica n. 3120/96 nonché sulla sostanziale riconducibilità delle
società suddette e, segnatamente, della LIPA S.r.l. alla CHE.VIN.
S.p.a., percettrice dei finanziamenti pubblici suddetti.
La prospettazione della Procura regionale muove da quanto emerso
in sede penale, con la sentenza del Tribunale di Lecce 1^ sezione
penale n. 530/08, e, in particolare, dal relativo capo a) in cui, per le
vicende inerenti alla pratica di finanziamento n. 3120/96, pur
riconoscendosi l’intervenuta prescrizione, il Tribunale, nel ravvisare
gli estremi della truffa, riconosceva che non emergevano dagli atti le
62
condizioni per pronunciare un pieno proscioglimento degli imputati
Chetta, Di Giovanni e Minisgallo.
In tal senso, poneva in luce il Tribunale penale che le società
Italappalti s.r.l., Ci.Di. Automazioni s.r.l. e L.i.p.a s.r.l., tutte
amministrate da Di Giovanni Battista Marco ed emittenti delle fatture
prodotte dalla CHE.VIN. S.p.a. a giustificazione delle spese
asseritamente
sostenute
a
fondamento
della
richiesta
di
finanziamento pubblico, “possono considerarsi certamente parte del
gruppo riconducibile a Chetta Rocco Antonio”: in particolare, “le tre
società avevano emesso fatture quasi esclusivamente nell'ambito dei rapporti
con la CHE.VIN”; inoltre, “la Italappalti e la Ci.Di. erano state costituite
personalmente dal Chetta”; ancora, dalle deposizioni dei numerosi testi
auditi in sede penale era emersa “una sorta di sovrapponibilità tra le
società indicate e la CHE.VIN.”, come desumibile anche dal fatto che
“alcuni dipendenti ascoltati in dibattimento avevano fatto intendere di
essere stati assunti dal Chetta e di aver poi lavorato successivamente alle
dipendenze dell'una o dell'altra società, sostanzialmente senza cambiare
mansioni”.
Quanto poi alle macchine cui si riferiscono le fatture emesse dalla
società Lipa S.r.l., il Tribunale penale, nel concludere per la non
ravvisabilità degli estremi per un proscioglimento pieno, poneva in
luce che non vi erano dubbi circa il fatto che le macchine oggetto
delle fatture presentate a finanziamento pubblico emesse dalla
società LIPA S.r.l. fossero state già in precedenza fornite da altre
società (es. la società Ipi) alla CHE.VIN. S.p.a., come da relative
63
fatturazioni (peraltro a prezzi notevolmente inferiori a quelli riportati
nelle fatture emesse dalla LIPA S.r.l.). Tale circostanza non era stata
negata dal Chetta nell’interrogatorio reso in fase di indagini
preliminari; inoltre, la società LIPA s.r.l. non risultava, in effetti, né
aver mai prodotto macchine né aver mai effettuato lavori di
assemblaggio di macchinari complessi, quali quelli oggetto delle
fatture allegate alla pratica di finanziamento comunitario in
questione, ritenute false, come del resto in linea con il fatto che il
personale della Lipa non era in grado di svolgere mansioni così
complesse.
La suesposta sostanziale riconducibilità alla CHE.VIN. S.p.a. delle
suddette tre società emittenti delle fatture in questione, amministrate
da Di Giovanni Battista Marco, consente di ritenere quest’ultimo,
proprio nella sua veste di amministratore e legale rappresentante
delle società medesime, partecipe di quel rapporto di servizio che si è
sopra visto intercorrere tra la CHE.VIN. S.p.a. percettrice dei
finanziamenti pubblici e la P.A. erogante i finanziamenti medesimi,
rapporto di servizio avente a oggetto la realizzazione del programma
pubblicistico per cui i fondi pubblici sono stati corrisposti.
Trattandosi le tre società in questione di soggetti che, sia pur
formalmente distinti dalla CHE.VIN. S.p.a., sono emersi in sede
penale come ad essa sostanzialmente riconducibili per le ragioni di
cui sopra, appare coerente la chiamata in causa, da parte della
Procura regionale, del Di Giovanni Battista Marco proprio nella sua
veste di amministratore e legale rappresentante delle tre citate società
64
e dunque di organo a mezzo del quale le medesime, come detto in
sostanza riconducibili alla CHE.VIN. S.p.a., hanno concretamente
operato. La suesposta giurisprudenza della Cassazione, ricognitiva
della giurisdizione della Corte dei conti sia sulla società percettrice
del contributo pubblico e sia sui soci e amministratori a mezzo dei
quali la società medesima abbia posto in essere l’attività necessaria e
strumentale a consentirle di percepire la pubblica provvidenza,
consente quindi di affermare la giurisdizione di questa Corte anche
nei riguardi di Di Giovanni Battista Marco, nella sua veste di
amministratore e legale rappresentante a mezzo del quale le tre
società LIPA S.r.l., Italappalti S.r.l. e CIDI S.r.l., sostanzialmente
riconducibili alla CHE.VIN. S.p.a., hanno posto in essere l’attività,
principalmente di emissione di fatture in favore della CHE.VIN.
S.p.a. medesima, che ha consentito a quest’ultima di percepire i
finanziamenti pubblici.
2.4. Né può dubitarsi circa la configurabilità del rapporto di servizio,
con conseguente responsabilità soggetta alla giurisdizione della
Corte dei conti nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA
S.p.a., sulla base del vincolo di natura concessorio-convenzionale
che, in base al surrichiamato quadro normativo, si instaura tra la P.A.
e l’Istituto di credito convenzionato, cui vengono delegate le funzioni
istruttorie, di natura pubblicistico-amministrativa e che viene quindi
inserito, per tale via, nell’organizzazione funzionale attraverso cui la
P.A. esercita le proprie funzioni, nel caso di verifica circa il possesso
da parte dell’istante dei requisiti di ammissione ai finanziamenti
65
oltre che di ammissione all’erogazione del finanziamento stesso, al
fine di assicurare che il pubblico denaro sia effettivamente destinato
alle finalità di interesse generale per le quali è erogato (sulla
responsabilità della banca concessionaria v. anche C. conti, Sez. giur.
reg. Lazio, 1.7.2010 n. 1402 e 15.11.2010 n. 2162). Al riguardo la
Cassazione ha più volte ribadito che “la responsabilità amministrativa
per danno patrimoniale ad ente pubblico postula una relazione funzionale
tra l’autore dell’illecito e l’amministrazione pubblica che non implica
necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente
la compartecipazione del soggetto alla attività dell’amministrazione pubblica
ed essendo irrilevante che tale soggetto sia una persona fisica o una persona
giuridica pubblica o privata” nonché “la natura giuridica dell’atto di
investitura (provvedimento, convenzione o contratto)” (Cass. Sez. un. n.
2289 e 8409/2008).
In particolare, in base alla Delibera CIPE del 27 aprile 1995 e
successive
modificazioni
ed
integrazioni,
la
verifica
della
destinazione funzionale del finanziamento erogato alle finalità
pubbliche che lo giustificano è affidata, mediante “la stipula di
apposite convenzioni” a “banche o società di servizi controllate da banche”
(art. 5, punto c), che debbono riscontrare, tra l’altro, che la domanda
di finanziamento sia “corredata da elementi di analisi di fattibilità e
redditività economico-finanziaria del progetto e da un piano finanziario
completo…” di una serie di elementi normativamente al riguardo
indicati (art. 5, punto c. 2). La citata Delibera CIPE pone a carico della
banca convenzionata una specifica investitura, con corrispondente
66
responsabilità, in ordine allo svolgimento della funzione istruttoria,
sia precludendone l’affidamento a soggetti terzi (“salvi i casi di
specifici accertamenti o approfondimenti di carattere particolare”), sia
prevedendo
che
“Dette
istruttorie
verranno
acquisite
dall’amministrazione competente come vere e rispondenti a ragionevoli
valutazioni economiche e di mercato”, con conseguente “responsabilità”
assunta al riguardo dal soggetto convenzionato, cui può conseguire
anche
la
“rescissione
della
convenzione
sottoscritta
con
l’Amministrazione” (art. 5, punto c.3).
La Convezione stipulata (in base al d.l. n. 415/1992 conv. nella l. n.
488/1992, al d.lg. n. 96/1993, alla Delibera CIPE 27 aprile 1995,
nonché al d.M. 20 ottobre 1995, n. 527 e alla relativa Circolare
ministeriale esplicativa 15 dicembre 1995, n. 38522) tra l’allora
Ministero
dell’Industria,
Commercio
e
Artigianato
e
la
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. il 25 marzo 1996 pone a carico
di quest’ultima l’effettuazione di “tutti gli adempimenti tecnici e
amministrativi per l’istruttoria delle domande di agevolazione e per
l’erogazione dei relativi contributi alle imprese previsti dal regolamento di
attuazione e dalla circolare esplicativa …” (art. 2) nonché una specifica
“responsabilità” in ordine “al corretto e puntuale espletamento del servizio
e di tutti gli adempimenti connessi, ivi compresi quelli posti a carico degli
istituti collaboratori e, in particolare: …; della completezza e … idoneità
degli elementi e documenti acquisiti nel corso dell’istruttoria delle domande;
… dell’accertamento degli elementi necessari ai fini dell’accreditamento dei
contributi; della tempestiva notifica di tutti gli elementi che possono
67
determinare la eventuale revoca, parziale o totale, delle agevolazioni; …
della pertinenza e congruità delle spese sostenute dall’impresa e ritenute
ammissibili ai fini dell’iniziativa agevolata …” (art. 9).
Ciò in linea con l’art. 6 del d.M. 20 ottobre 1995, n. 527 che, nel testo
vigente all’epoca delle vicende in questione, pone a carico delle
banche
concessionarie
l’obbligo
di
accertare,
tra
l’altro,
la
completezza e la pertinenza della prescritta documentazione, la
sussistenza delle condizioni per l'accesso alle agevolazioni, la
pertinenza e la congruità delle spese esposte nella domanda.
La titolarità di obblighi istruttori e di verifica circa l’effettivo
possesso da parte dell’impresa dei requisiti prescritti per l’accesso al
finanziamento pubblico, che debbono essere assolti prima di
procedere all’erogazione delle quote del medesimo, sono, del resto,
connaturati all’affidamento alla banca dell’attività istruttoria, come
costantemente ribadito dalle circolari ministeriali, con rifermento ai
diversi settori interessati: solo per citare alcuni esempi, la Circolare
20 novembre 1997, n. 234363, all’art. 6 nonché all’art. 7, il cui par. 7.5
impone alla banca concessionaria di accertare, entro quindici giorni
lavorativi dalla data di presentazione della documentazione, “la
vigenza dell'impresa beneficiaria delle agevolazioni, la completezza e la
pertinenza all'iniziativa agevolata della documentazione esibita dall'impresa
stessa o dall'istituto collaboratore e la corrispondenza tra la percentuale
dello stato d'avanzamento dichiarata e quella necessaria per l'erogazione”;
anche la Circ. 19 marzo 1999, n. 1039080, agli art. 4 e 5, grava la banca
concessionaria di obblighi istruttori non meramente formali e
68
documentali, ma altresì sostanziali, comprensivi del riscontro,
dell’accertamento e della verifica circa l’effettivo possesso, da parte
dell’impresa istante, dei requisiti legittimanti l'erogazione delle
agevolazioni; analoghi obblighi, di riscontro effettivo e non limitato
al profilo formale e documentale, sono prescritti dall’art. 5, par. 5.8
della Circ. 14 luglio 2000, n. 900315 e dall’art. 5, par. 5.8 della Circ. 25
gennaio 2001, n. 900047.
La delega alla banca, in base a un titolo di natura concessorioconvenzionale,
delle
funzioni
pubblicistico-amministrative
di
istruttoria e riscontro circa il possesso da parte dell’istante dei
requisiti prescritti per l’ammissione al finanziamento pubblico
determina l’inserimento dell’Istituto di credito convenzionato
nell’organizzazione funzionale attraverso cui la P.A. esercita le
proprie funzioni amministrativo-pubbilicistiche, (per l’appunto,
istruttorie e di ammissione al finanziamento) e radica dunque con
esso un rapporto di servizio finalizzato ad assicurare che il pubblico
denaro sia effettivamente destinato alle finalità di interesse generale
per le quali è erogato e atto a radicare l’insorgenza dell’eventuale
relativa responsabilità amministrativa e contabile della banca
concessionaria, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti
(C. conti, Sez. giur. reg. Lazio, 1.7.2010 n. 1402 e 15.11.2010 n. 2162).
Alla luce di quanto sopra, va affermata la giurisdizione della Corte
dei conti sulle domande proposte dall’Attore pubblico nell’odierno
giudizio
nei
riguardi
di
tutti
i
convenuti,
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a.
69
compresa
la
3.
Ancora in via preliminare, va poi dichiarata l’infondatezza
dell’eccezione di incompetenza territoriale sollevata all’odierna
udienza dalla difesa della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a.,
sostanzialmente motivata in ragione della provenienza comunitaria
dei fondi pubblici in questione, la cui erogazione è amministrata
dalle strutture ministeriali a livello centrale e non regionale.
Al riguardo, va precisato che la competenza territoriale delle sezioni
giurisdizionali della Corte dei conti costituisce profilo che sarebbe
comunque oggetto, pur in assenza di eccezione di parte, di vaglio
officioso da parte del Collegio, trattandosi di competenza funzionale,
inderogabile e indisponibile ai sensi dell’art. 28 c.p.c. (C. conti, SS.
RR. 13.2.2002 n. 4/QM/2002, Sez. I 31.10.2003 n. 366/A).
Essa si determina, in base all’art. 1 comma 3 del d.l. 15 novembre
1993, n. 453, convertito con modificazioni dalla legge 14 gennaio
1994, n. 19, che, a sua volta richiama la legge n. 658 del 1984,
istitutiva della sezione giurisdizionale per la regione Sardegna, il cui
art. 2, che disponeva originariamente in materia di competenza
territoriale della Sezione sarda e che è stato successivamente esteso a
tutte le Sezioni regionali istituite con legge n. 203/1991 e legge n.
19/1994, fa riferimento, in sostanza, a due criteri.
Il primo prevede che sono attribuiti alle rispettive sezioni
giurisdizionali “…i giudizi di conto e di responsabilità e i giudizi a
istanza di parte in materia di contabilità pubblica riguardanti i tesorieri e gli
altri agenti contabili, gli amministratori, i funzionari e agenti della regione,
delle province e dei comuni e degli altri enti locali nonché degli enti
70
regionali…”, configurando in tal modo un parametro fondato
esclusivamente sulla territorialità in relazione all’autore del danno.
Un secondo criterio si riferisce ai “giudizi di conto e di responsabilità…
riguardanti gli agenti contabili, gli amministratori e funzionari, impiegati e
agenti di uffici e organi dello Stato e di enti pubblici aventi sede o uffici nella
regione, quando l’attività di gestione si sia svolta nell’ambito del territorio
regionale ovvero quando il fatto da cui deriva il danno siasi verificato nel
territorio della regione…”. Tale secondo criterio, che viene nel caso in
rileivo, prevede, quindi, la competenza della Sezione regionale per i
soggetti su indicati in presenza di uno dei due ulteriori ed alternativi
presupposti: qualora l’attività di gestione di gestione dei beni
pubblici si sia svolta nell’ambito del territorio regionale ovvero
qualora ivi si sia verificato il fatto da cui deriva il danno.
Ciò posto, sia secondo il criterio della localizzazione regionale
dell’attività gestionale generatrice del danno (locus commissi delicti)sia
secondo quello della localizzazione regionale del fatto da cui deriva il
danno
(locus
commissi
damni)
emerge
il
radicamento
della
competenza territoriale nella Sezione pugliese. Invero, mentre la
difesa della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. sostiene che
l’attività in questione si sia svolta a “livello ministeriale” (e, quindi, a
Roma, con conseguente competenza della Sezione giurisdizionale
Lazio), senza, peraltro, addurre alcun convincente argomento
probatorio a sostegno di tale tesi, risulta in atti che l’intera vicenda è
localizzata nel territorio pugliese: territorio dove ha sede e opera la
CHE.VIN S.p.a., beneficiaria del contributo; territorio dove sono
71
maturati gli artefizi documentali e certificativi ascritti agli odierni
convenuti, in virtù dei quali è stata conseguita la percezione del
finanziamento pubblico; territorio in cui erano localizzate le attività
ammesse a finanziamento, che erano pertanto oggetto delle verifiche
demandate
in
via
concessorio-convenzionale
alla
banca
concessionaria. Inoltre, è nel territorio pugliese, proprio in quanto
area depressa del Paese, che sono localizzate le finalità pubbliche di
sostegno all’imprenditoria e all’economia sottostanti ai finanziamenti
statali, che avrebbero dovuto essere realizzate in forza del concorso
del privato beneficiario mediante la loro corretta ed effettiva
destinazione agli scopi di interesse generale per cui erano state
erogate e che sono state lese dalla mancata destinazione del denaro
pubblico percepito agli scopi suddetti (analogamente Sez. III,
2.11.2010 n. 746; C. conti, sez. Lombardia, 4 dicembre 2002, n.1947 e
C. conti, sez. Lombardia, 21 dicembre 2001, n.1970; Sez. giur.
Lombardia, 22.2.2006, n. 114); la localizzazione territoriale del
finanziamento è, tra l’altro, oggetto di specifico rilievo normativo,
trattandosi di contributi ex lege finalizzati a promuovere e sostenere
lo sviluppo economico delle aree depresse cui sono destinati,
cosicché, anche sotto il profilo della giustificazione causale del
contributo, il danno è da ritenersi giuridicamente perpetrato ai danni
della comunità territoriale alla cui promozione economica e sociale il
contributo è stato invano destinato. Alla luce di quanto sopra, sia
l’attività gestionale generatrice del danno, sia il fatto dannoso sono
all’evidenza localizzati nel territorio pugliese, con corrispondente
72
radicamento della competenza in questa Sezione.
Né le suesposte argomentazioni e conclusioni possono ritenersi
inficiate in ragione del preteso coinvolgimento, eccepito dalla
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a., dei funzionari del Ministero
dello Sviluppo Economico, ex Attività produttive, che possano
eventualmente riconoscersi corresponsabili del danno in questione
sotto il profilo dell’asserita intempestiva attivazione dei poteri di
controllo e reazione ex lege spettanti. Ciò, in primis, in quanto la
competenza
territoriale,
così
come
ogni
altro
presupposto
processuale o condizione dell’azione, deve essere apprezzata sulla
base della prospettazione della domanda introduttiva del giudizio,
che, nel caso, a torto o ragione, non è stata formulata dalla Procura
regionale nei riguardi di alcun esponente, dipendente o agente del
Ministero. In secundis, va considerato che, quand’anche la domanda
fosse stata formulata anche nei riguardi di agenti ministeriali, la
competenza territoriale della Corte dei conti è funzionale e
inderogabile, con la conseguenza della obbligatoria separazione dei
giudizi che fossero stati instaurati nei confronti di soggetti sottoposti
alla competenza territoriale di Sezioni diverse della Corte (SS.RR.
sent. 4/QM/2002).
Va quindi affermata la competenza territoriale di questa Sezione.
4.
Va poi chiarito che non può condividersi la prospettazione in
termini di responsabilità dell’agente contabile formulata in via
principale dalla Procura regionale a carico della EUROPROGETTI &
FINANZA. Invero, per quanto non possano negarsi in capo alla
73
Europrogetti compiti tipici dell’agente contabile in relazione alle
attività prodromiche alla erogazione dei fondi pubblici, gli addebiti
che l’Attore pubblico ha contestato all’Istituto di credito non
attengono tanto al maneggio del pubblico denaro, quanto piuttosto
sono
incentrati sulla
attività
istruttoria
dallo
stesso
svolta,
prodromica alla erogazione del finanziamento pubblico, inerendo
dunque alle funzioni di verifica e controllo affidate alla banca
concessionaria e, quindi, facendo riferimento a una responsabilità di
tipo amministrativo.
E’ dunque inammissibile la domanda formulata dalla Procura in via
principale contro la EUROPROGETTI & FINANZA, in quanto la
prospettazione in termini di responsabilità dell’agente contabile non
è congrua rispetto agli elementi dedotti a fondamento dell’esercizio
dell’azione.
5.
Passando
all’esame
della
domanda
formulata
in
via
subordinata nei riguardi della CHE.VIN S.p.a. e di tutte le persone
fisiche invitate per l’intero importo del danno derivante dalla
vicenda, pari a complessivi € 11.076.192,21 a titolo di dolo e con
vincolo di responsabilità solidale ex art. 1-comma 1-quinquies l. n.
20/94, nonché nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA
S.p.a. in concorso con gli altri presunti responsabili ed in via
sussidiaria per comportamento gravemente colposo nella causazione
del medesimo, essa è formulata in termini di responsabilità
amministrativa, coerenti, in astratto, con gli elementi allegati a
fondamento dell’esercizio dell’azione ed è, pertanto, ammissibile.
74
6.
Va
quindi
esaminata
inammissibilità/improcedibilità
l’eccezione
dell’azione
di
di
responsabilità
esercitata nei riguardi della CHE.VIN S.p.a., in quanto soggetto
sottoposto a procedura concorsuale ed essendo gli organi della
procedura estranei ai fatti di causa, atteso che gli addebiti mossi dal
PM contabile riguardano vicende anteriori alla dichiarazione di
fallimento. L’eccezione è infondata.
Invero, in proposito non è in discussione che, in costanza di
fallimento, l’accertamento del passivo (ovvero dei debiti sorti e
maturati nel periodo in cui la società fallita era in bonis) debba
avvenire esclusivamente secondo il procedimento disciplinato dagli
artt. 92 e ss. del R.D. 267/42, unico strumento processuale con il
quale tutti i creditori, privati e pubblici, possono far accertare e valere
i propri crediti (Cass. 06.06.2003, n.9070; Cass. 09.03.1990, n.1937;
Cass. 03.02.2006, n. 2439; Cass. 29.01.2002, n. 1065; Cass. 21.02.2001, n.
2482; T. Roma 10.11.2004) che, solo dopo essere stati ammessi al
passivo
fallimentare,
concorrono
alla
ripartizione
dell’attivo
fallimentare secondo il sub-procedimento ex artt. 104 e ss. L.F.
Peraltro, per giurisprudenza consolidata, l’accertamento della
sussistenza o meno del credito erariale è questione sottratta alla
cognizione del Giudice fallimentare e rimessa esclusivamente al
giudice contabile, per la quale si deve escludere una vis actractiva del
giudice fallimentare (SS.UU. 16 maggio 2008, n. 12371). Invero, la
giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità “ha
carattere generale e non può essere derogata se non per espressa previsione
75
di legge, laddove l’art. 24 l.f. ( approvata con R.D. 16.3.1942, n. 267)
stabilisce la competenza nell’ambito della giurisdizione ordinaria ma nulla
prevede in ordine al riparto della giurisdizione. Naturalmente rimane ben
fermo che il soddisfacimento del credito erariale che dovesse risultare
accertato giudizialmente dovrà avvenire nell’ambito della procedura
fallimentare”. Ma ciò nulla toglie in ordine alla spettanza alla Corte
dei conti della cognizione, ex lege configurata come speciale ed
esclusiva - sulla responsabilità amministrativa dei soggetti legati alla
P.A. da un rapporto di servizio cui sia ascrivibile un’ipotesi di danno
erariale, come del resto coerente con il fatto che il giudizio di
responsabilità
si
colloca
–
temporalmente,
giuridicamente
e
logicamente – in un momento antecedente rispetto all’insorgenza del
credito erariale, che è volto ad accertare e a determinare. Alcuna
sovrapposizione è dunque ravvisabile con la procedura fallimentare,
che attiene invece a un momento successivo rispetto all’insorgenza
del credito, ossia al momento della realizzazione del credito
medesimo, che non può che avvenire con quelle peculiarità
procedurali prefigurate dall’ordinamento al fine di conciliare la
tutela della par condicio creditorum con lo stato di insolvenza del
debitore,
che
rende
impossibile
un
contestuale
pieno
soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori. Il giudizio di
responsabilità e la procedura fallimentare restano quindi pienamente
autonomi e operanti ciascun per il rispettivo ambito, il primo per
l’accertamento
della
responsabilità
amministrativa
e
per
la
determinazione del corrispondente credito erariale, la seconda per la
76
realizzazione
del
credito
erariale
accertato
nel
giudizio
di
responsabilità, peraltro secondo le procedure e con le eventuali
limitazioni connesse alla concorsualità.
Quanto all’anteriorità delle vicende per cui vi è causa rispetto alla
dichiarazione di fallimento, essa nulla toglie in ordine alla
legittimazione processuale della società fallita. Invero, il fallito, sia
esso persona fisica o giuridica, perde, ai sensi dell’art. 43 della legge
fallimentare, la capacità di agire sia sostanziale che processuale, che
viene devoluta agli organi della procedura i quali agiranno in suo
nome
e
per
suo
conto
in
virtù
di
una
rappresentanza
sostanziale/sostituzione processuale ex lege imposta a protezione
della massa dei creditori e delle loro esigenze di par condicio e di
miglior possibile realizzo patrimoniale; peraltro, ciò non toglie che il
fallito, per quanto ex lege reso incapace di agire sia sostanzialmente
che processualmente per tutta la durata della procedura concorsuale,
resti comunque il titolare ultimo del proprio patrimonio e di tutti i
rapporti che lo compongono, compresi quelli che trovano la loro
fonte in fattispecie di responsabilità amministrativa. Pertanto,
l’assoggettamento a procedura fallimentare non può impedire che il
fallito sia chiamato a rispondere innanzi alla Corte dei conti degli
illeciti erariali commessi in epoca antecedente alla dichiarazione di
fallimento. Chiaramente, trattandosi di società e venendo gli organi
della procedura concorsuale a sostituire gli ordinari organi societari
per tutta la durata della procedura, la società sarà convenuta, come in
effetti è stata, nella persona del curatore fallimentare il quale, come
77
noto, agisce, nell’interesse della massa fallimentare, come sostituto
processuale del fallito, che ai sensi dell’art. 43 legg. fall. perde la
capacità di stare in giudizio per tutta la durata della procedura. Resta
fermo che l’eventuale pronuncia di condanna nei confronti della
curatela non potrà essere posta in esecuzione al di fuori della
procedura
concorsuale
e
potrà
essere
utilizzata
ai
fini
dell’ammissione al passivo nel rispetto della par condicio creditorum
(C. conti, Sez. Calabria, 1.2.2011, n. 56).
Alla luce di quanto sopra, la domanda rivolta dalla Procura regionale
in via subordinata nei riguardi, tra l’altro, della CHE.VIN S.p.a. in
fallimento nella persona del curatore fallimentare è da ritenersi
ammissibile e correttamente formulata nei riguardi di soggetto
munito di legittimazione passiva.
7.
Occorre
quindi
esaminare
l’eccezione
di
prescrizione
prospettata dalla EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in proprio
favore.
In proposito, va chiarito che tale eccezione, pur sollevata dalla
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. anche con riferimento alla
prospettazione dell’addebito in termini di responsabilità dell’agente
contabile, non verrà vagliata in relazione a tale prospettazione, non
essendo stata la stessa condivisa dal Collegio, come sopra già
esposto. L’eccezione di prescrizione verrà dunque vagliata con
esclusivo riferimento alla domanda proposta dalla Procura in via
subordinata, cioè quella formulata in termini di responsabilità
amministrativa, in via principale, della CHE.VIN S.p.a., di CHETTA
78
Rocco Antonio, di DI GIOVANNI Battista Marco, di MINISGALLO
Salvatore, a titolo di dolo e con vincolo di solidarietà nonché, in via
sussidiaria, di EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. a titolo di
concorso gravemente colposo con gli altri convenuti.
Va poi precisato che, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio,
attenendo all’esercizio del diritto e non alla sua esistenza, essa è
esaminabile con esclusivo riferimento ai convenuti che l’hanno
sollevata e dunque, nel caso, soltanto con riguardo alla Europrogetti
&Finanza S.p.a., come già detto con esclusivo riferimento all’unica
domanda ammissibile proposta dalla Procura nei riguardi della EPF
medesima, ossia quella concernente la sua pretesa responsabilità
sussidiaria a titolo di colpa grave.
7.1.
Ciò posto, l’eccezione di prescrizione è infondata. Invero,
trattandosi di vicende truffaldine, realizzate a mezzo di artefizi e
raggiri volti ad attestare in modo fittizio la sussistenza delle
condizioni ex lege richieste per l’accesso ai finanziamenti pubblici, in
verità non sussistenti, e dunque di fattispecie di occultamento doloso
del fatto dannoso, il termine prescrizionale non può che decorrere
dalla data della sua scoperta. In proposito va ricordata la prevalente
giurisprudenza della Corte dei conti secondo cui, a fronte di vicende
di truffa, la data del disvelamento del fatto dannoso, rilevante ai fini
del decorso del termine prescrizionale va individuata in quella del
rinvio a giudizio (ex multis C. conti, Sez. I, 16.6.2011 n. 266/A,
27.9.2005 n.297/A, 17.11 2005 n. 377/A; Sez. II, 2.2.2004 n.29/A,
7.6.2004 n.184/A; Sez. giur. reg. Campania, 30.11.2007 n. 491).
79
Nel caso il rinvio a giudizio è stato disposto con decreto ex art. 429
c.p.p. del G.U.P. di Lecce in data 2.2.2006. Ad esso ha
tempestivamente fatto seguito la notifica degli inviti a dedurre, la cui
valenza interruttiva è riconosciuta dalla giurisprudenza in quanto
contenenti, come nel caso, i requisiti di forma e di sostanza per
produrre l’effetto della costituzione in mora (in particolare,
l’esposizione analitica dei fatti, la espressa manifestazione di volontà
di far valere il diritto, l’indicazione del titolo e del definitivo
ammontare; Sez. III, 2 aprile 2001 n. 73, 17gennaio 2006 n. 34; Sez. II,
5 giugno 2002 n. 180, 12 gennaio 2006 n. 16, 9 febbraio 2007 n. 10;
Sez. giur. reg. Campania, 30.11.2007 n. 491; Sez. Abruzzo 5 aprile
2004 n. 310; Sez. Lazio 30 giugno 2004 n. 209; Sez. Calabria 30 agosto
2006 n. 672; Sez. I, 10 gennaio 2005 n. 3; Sez. Riun., sent. n.
14/QM/2000, 6/2003/QM, 1/2004/QM). In data 9.9.2010 è stato poi
depositato l’atto di citazione introduttivo dell’odierno giudizio, con
evidente rispetto da parte della Procura del termine prescrizionale
quinquennale.
Nulla toglie a quanto detto che l’informativa della Guardia di
Finanza al Ministero risalga al 31.7.2000. Invero, per consolidata
giurisprudenza della Corte, “il dies a quo della prescrizione va fissato
nella data di rinvio a giudizio in sede penale a nulla rilevando la mera
notizia del fatto e le precedenti indagini conoscitive non comportanti una
conoscenza affidabile dei fatti” (nel caso di trattava degli “arresti
cautelari”, C. conti, Sez. I, sent. n. 266/2011, che richiama altresì le
sentenze n. 215 e n. 153/2011, n. 63/1996). Pertanto, gli accertamenti
80
svolti dalla Guardia di Finanza esitati nella relazione del 31.7.2000,
collocandosi ancora nella fase delle indagini di polizia giudiziaria,
attengono
a
un
momento
meramente
procedimentale
non
necessariamente destinato a sfociare in un vero e proprio giudizio,
stante la possibilità che le indagini si concludano con una
archiviazione: essi non posseggono, come tali, quel livello di
attendibilità e verosimiglianza atto a concretare quella “scoperta”
dell’illecito erariale dolosamente occultato, idonea a far decorrere la
prescrizione ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994, che
è ravvisabile soltanto a fronte dell’accertamento giudiziale della
sussistenza di elementi fattuali e probatori atti a supportare
l’esercizio dell’azione penale, che si concreta nella disposizione del
rinvio a giudizio. Invero, tale disposizione
deve essere letta
unitamente all’art. 2935 del c.c., secondo cui la “la prescrizione decorre
dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”: “ne consegue che è solo
con la conoscibilità obiettiva del danno che l’inerzia del titolare del diritto
acquista rilevanza, quale volontà di non coltivare alcuna azione a tutela
dello stesso. Ebbene
nel caso in esame il dies a quo del termine
prescrizionale deve coincidere con il momento in cui il danno si è reso
conoscibile all’amministrazione danneggiata e quindi con l’emissione del
decreto di rinvio a giudizio” (Sez. giur. reg. Calabria, 13.7.2010, n. 408),
che solo è atto ad appalesare quell’apprezzabile fumus di avvenuta
commissione di un illecito amministrativo-contabile completo nei
suoi elementi oggettivi e soggettivi e idoneo ad assumere una
concreta
qualificazione
giuridica
atta
81
ad
identificarlo
come
presupposto di una fattispecie dannosa (Sez. I n. 207/2010, Sez. III n.
143/2009 richiamate da Sez. giur. reg. Lazio 13.5.2010 n. 1060), come
tale, idoneo a rendere giuridicamente conoscibile la sussistenza del
diritto (nel caso risarcitorio) ed esigibile il relativo esercizio da parte
dei titolare e, al tempo stesso, idoneo a qualificare come “inerzia” il
mancato esercizio ai fini del decorso prescrizionale.
Alla luce di quanto sopra, nei riguardi di nessuno dei soggetti
convenuti è pertanto intercorsa prescrizione.
7.2.
Ciò anche con specifico riferimento alla EUROPROGETTI &
FINANZA S.p.a., l’unico soggetto convenuto che ha sollevato
l’eccezione, infondata, di prescrizione. In proposito, giova ripetere
che tale eccezione viene valutata con esclusivo riferimento alla
domanda proposta a titolo di responsabilità amministrativa
sussidiaria nei riguardi di EPF, stante la suesposta inammissibilità
della domanda formulata nei riguardi dell’istituto di credito
medesimo in termini di responsabilità dell’agente contabile a titolo
principale.
Ciò premesso, anche nei riguardi di EPF il decorso del termine
prescrizionale non è ancora compiuto. Invero, non può condividersi
la tesi prospettata dalla difesa secondo cui tale termine andrebbe
ancorato alla data della relazione della G.d.F (31.7.2000) e che
l’emissione del decreto di rinvio a giudizio non produrrebbe alcun
effetto sulla posizione di EPF, stante l’estraneità della stessa al
giudizio penale.
In proposito, fermo quanto già esposto in ordine alla identificazione
82
del dies a quo del termine prescrizionale nella data del rinvio a
giudizio, occorre qui illustrare l’infondatezza della tesi di EPF
concernente la pretesa irrilevanza nei suoi riguardi del rinvio a
giudizio disposto nei riguardi degli altri convenuti. Va richiamata la
giurisprudenza consolidata della Corte dei conti in materia di
responsabilità sussidiaria, secondo cui il carattere “accessorio” di tale
responsabilità “ne postula la logica sottoposizione al medesimo regime di
(decorrenza della) prescrizione dell’azione rivolta nei confronti del
responsabile in via principale” ( Sez. I n. 404 del 2008 richiamata da Sez.
giur. reg. Lazio 13.5.2010 n. 1060). Pertanto, anche nei riguardi della
EPF il termine prescrizionale deve farsi decorrere, così come per tutti
gli altri convenuti, dalla data del rinvio a giudizio (2.2.2006). Infatti
“La sussidiarietà della chiamata in giudizio nel processo contabile attiene …
soltanto al profilo esecutivo della realizzazione dell’interesse pubblico al
ripristino del patrimonio erariale e, pertanto, non avendo una sua
autonomia rispetto alla chiamata del responsabile principale, ne consegue
che la decorrenza del termine di prescrizione per far valere lo stesso diritto di
credito alla restituzione della contribuzione non può essere che la stessa e
cioè quella del rinvio a giudizio penale” (Sez. Lazio, 15.11.2010 n. 2162).
Pertanto anche per la società convenuta EUROPROGETTI &
FINANZA S.p.a. il termine di prescrizione deve ritenersi decorrente
dalla data della richiesta di rinvio a giudizio penale (nel febbraio
2006) rispetto alla quale la notifica dell’invito a dedurre, seguita dal
deposito della citazione, rende l’azione promossa dalla Procura
contro il responsabile sussidiario assolutamente tempestiva.
83
8.
Esaurita con la presente sentenza non definitiva la disamina
dei profili preliminari, sul merito della causa si provvede con
separata ordinanza. Spese al definitivo.
Per questi motivi
La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale regionale per la Puglia,
pronunciando con sentenza definitiva nel giudizio di responsabilità
iscritto al n. 30257 del Registro di segreteria, così provvede sulle
questioni preliminari:
1) accerta e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti sulle
domande proposte nell’odierno giudizio;
2) accerta e dichiara la competenza territoriale di questa Sezione
giurisdizionale regionale per la Puglia sulle domande proposte
nell’odierno giudizio;
3) accerta e dichiara l’inammissibilità della domanda formulata in via
principale nei riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in
liquidazione in termini di responsabilità dell’agente contabile, ferma
restando l’ammissibilità e procedibilità della domanda formulata nei
riguardi della EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a. in liquidazione
medesima in termini di responsabilità amministrativa sussidiaria;
4) respinge l’eccezione di inammissibilità e improcedibilità della
domanda formulata dalla CHE.VIN S.p.a. in fallimento;
5) accerta e dichiara l’ammissibilità e procedibilità della domanda
formulata in termini di responsabilità amministrativa nei riguardi di
tutti i soggetti convenuti, sia a titolo principale che sussidiario;
6)
respinge
l’eccezione
di
prescrizione
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sollevata
dalla
EUROPROGETTI & FINANZA S.p.a.;
Merito a separata ordinanza.
Spese al definitivo.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 14 luglio 2011.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE F. F.
Ref. Daniela MORGANTE
Cons. Pasquale DADDABBO
Depositata in Segreteria il
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