di Luca Cancelliere
Angelo Abis, classe 1942, laureato in Scienze Politiche a Cagliari e specializzato in
Studi Sardi, già dirigente statistico della sanità pubblica, a partire dalla fine degli
anni Novanta è stato animatore e punto di riferimento culturale dell’Associazione
“Vico San Lucifero” di Cagliari, che raccoglie gli ex aderenti alle organizzazioni
giovanili del Movimento Sociale Italiano del capoluogo sardo. In numerosi articoli
comparsi sulla rivista “Excalibur”, pubblicata a cura dell’Associazione “Vico San
Lucifero” a partire dal 1997, Abis ha approfondito particolarmente le tematiche
relative al Fascismo, alla Seconda Guerra Mondiale e alla nascita del Movimento
Sociale Italiano in Sardegna nel secondo dopoguerra. I numerosi e interessanti
articoli comparsi su “Excalibur”, nonchè la tesi di specializzazione in “Studi Sardi”
del 2002, discussa dall’Autore presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
di Cagliari, hanno rappresentato di fatto gli studi preliminari ai due libri
successivamente pubblicati da Angelo Abis sulla fase finale della storia del fascismo
sardo: “L’ultima frontiera dell’onore. I sardi a Salò” (Doramarkus, Sassari 2009)
e “Il fascismo clandestino e l’epurazione in Sardegna 1943-1946” (Giorgio
Ariu Editore, Cagliari 2013).
Le principali fonti di Abis sono stati i quotidiani dell’epoca, numerose annate dei
quali sono state spulciate minuziosamente dallo studioso cagliaritano, gli archivi
pubblici sardi – eccettuati quelli militari e delle commissioni provinciali per
l’epurazione, ancora inaccessibili – e non ultime le informazioni che durante la sua
vita l’Autore, già dirigente giovanile, poi locale e nazionale del Movimento Sociale
Italiano e tutt’ora figura ben nota della destra nazionale cagliaritana, ha assunto
direttamente da molti personaggi di spicco dell’ambiente fascista sardo degli anni
’40.
“L’ultima frontiera dell’onore. I sardi a Salò” è fondamentalmente un dizionario
biografico dei Sardi più illustri tra coloro che aderirono alla Repubblica Sociale
Italiana, strutturata in quattro capitoli, tre dei quali dedicati ciascuno a una
categoria (politici, comandanti, intellettuali) e un altro dedicato all’approfondimento
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dell’apporto bellico dei militari sardi – calcolati da Angelo Abis nel ragguardevole
numero di 10.000 – alle forze armate repubblicane. In particolare, l’Autore si
sofferma sul significativo intreccio di istanze patriottiche, rivoluzionarie,
anticapitalistiche e persino autonomistiche che caratterizzò la partecipazione sarda
alla Repubblica Sociale Italiana. La specificità dell’esperienza fascista sarda derivava
dal fenomeno c.d. del “sardo-fascismo”, ovvero della confluenza, sotto la guida di
Paolo Pili di Seneghe (attuale provincia di Oristano) di un consistente numero di
dirigenti e militanti del Partito Sardo d’Azione, avvenuta nel 1923, nel Partito
Nazionale Fascista, in cambio dell’impegno di Mussolini per lo sviluppo della
Sardegna. Impegno peraltro degnamente onorato dal Regime con il sostegno alle
cooperative agricole e casearie e alle casse comunali di credito agrario; con la
“Legge del Miliardo” del 1924, grazie alla quale si realizzarono infrastrutture
portuali, idriche, stradali e scolastiche in tutta l’isola; con l’istituzione del
Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche; con la bonifica integrale e la
valorizzazione agricola dei suoli bonificati in tutta l’isola e in particolare ad Arborea
(sorta nel 1928 come “Mussolinia di Sardegna”) e a Fertilia; con lo sviluppo delle
attività estrattive e la fondazione nel 1938 della città di Carbonia. Questa corrente
sardo-fascista riemerse anche nella Repubblica Sociale Italiana, alla quale i fascisti
sardi contribuirono significativamente con un corpo militare dedicato al
rivoluzionario sardo della fine del XVIII secolo, Giovanni Maria Angioy. La figura di
Angioy incarnava tanto l’ideale repubblicano, ritornato in auge dopo il voltafaccia
della monarchia sabauda nei confronti del Duce, quanto la promessa di autonomia
per la Sardegna di cui si fece latore, riferendo l’intenzione di Mussolini, lo stesso
Francesco Maria Barracu. In appendice, il libro di Abis contiene tre discorsi del
fascista sardo forse più noto al grande pubblico, Francesco Maria Barracu di Santu
Lussurgiu (attuale provincia di Oristano): “Alla gente di Sardegna”, “Giuramento di
popolo, giuramento di re” e “Frades de sa terra mia”. Il volume è arricchito infine da
un prezioso elenco dei Sardi caduti per la Repubblica Sociale Italiana. Tra i
personaggi passati in rassegna, spiccano nomi noti e meno noti nell’ambito delle
ricerche storiografiche. Tra i “politici”, vengono delineati i profili del sopra citato
Francesco Maria Barracu e dello scrittore Edgardo Sulis. Numerosa e qualificata la
pattuglia dei militari: il generale Gioacchino Solinas, che prima di aderire alla RSI fu
protagonista dell’unico episodio di resistenza armata ai tedeschi a Roma dopo l’8
settembre 1943, a Porta San Paolo; i generali Enrico Adami Rossi, Raffaele Delogu
ed Emilio Princivalle; i colonnelli Giovanni Cabras, Bartolomeo Fronteddu
(comandante del battaglione “Volontari di Sardegna G.M. Angioy” dell’Esercito
Nazionale Repubblicano), Giovannino Lonzu e Marcello Mereu; il tenente colonnello
Giuseppe Porcu, catturato a Trieste dalla polizia segreta titina e mai più ritornato.
Non può inoltre mancare il ricordo della nuorese Pasca Piredda, leggendaria figura
di giovane fascista e capo ufficio stampa e propaganda della “Decima MAS” del
Principe Junio Valerio Borghese. Tra gli intellettuali, degni di nota sono alcuni artisti
di valore assoluto come il pittore Giuseppe Biasi e il musicista Ennio Porrino, oltre al
giornalista e rettore dell’Università di Perugia, Paolo Orano, al pittore e accademico
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d’Italia Cipriano Efisio Oppo e al futurista Gaetano Pattarozzi. Altro nome noto è
quello di Stanis Ruinas, al secolo Giovanni De Rosas, il “fascista rosso” che nel
secondo dopoguerra fu protagonista, con la sua rivista “Il Pensiero Nazionale”,
dell’avvicinamento di una parte dei fascisti repubblicani al Partito Comunista
Italiano.
“Il fascismo clandestino e l’epurazione in Sardegna 1943-1946” ricostruisce
invece le vicende storiche dei Fascisti rimasti in Sardegna dopo l’8 settembre 1943 e
fino a dopo la fine del secondo conflitto mondiale, in particolare fino al famoso
decreto di Togliatti del 22 giugno 1946 che, concedendo l’amnistia per i crimini di
guerra pochi giorni dopo la proclamazione dei risultati del referendum istituzionale,
avviò la definitiva chiusura della stagione dell’epurazione. L’opera si articola, oltre
che nel consueto e ponderoso apparato di note e di documenti in appendice –
comprendente relazioni prefettizie, documenti di organi politici e soprattutto
un’accurata rassegna delle notizie sull’epurazione e sulle reviviscenze fasciste nella
stampa quotidiana della Sardegna “liberata – in tre capitoli riferiti alle province
allora esistenti in Sardegna: Cagliari (provincia nella quale i fascisti furono piuttosto
attivi, oltre che nel capoluogo, anche a Carbonia, Iglesias e Guspini già subito dopo il
25 luglio 1943), Sassari e Nuoro. Da quanto illustrato dall’Autore, emerge il quadro
di una Sardegna che pur avendo pagato duramente il prezzo della guerra con i duri
bombardamenti “alleati” di Cagliari e di altre località di interesse strategico, dopo l’8
settembre 1943 era uscita in modo indolore dallo scenario della guerra civile, grazie
alla rapida e indolore evacuazione delle forze armate tedesche presenti sull’isola
verso la Corsica e all’immediato trasferimento del potere dalle autorità fasciste a
quelle del c.d. “Regno del Sud”. Pure emerge, dai documenti dei comitati antifascisti
sardi, la testimonianza di una diffusa complicità, negli apparati burocratici civili e
militari, verso il passato regime. Non mancarono le azioni dimostrative fasciste,
miranti a esprimere la fattiva solidarietà verso la neo-costituita Repubblica Sociale
Italiana e l’avversione nei confronti della coalizione monarchico-antifascista ormai al
potere. Secondo l’Autore, il fascismo clandestino sardo «Non fu un movimento di
massa, ma pure abbastanza diffuso. Non presentò caratteristiche di tipo terroristico,
né si estraniò dalla lotta politica e sociale che chiamava in causa il governo del
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Regno del Sud ed il governo militare alleato, trovando anche, se non alleati, almeno
“vicini” e difensori insospettabili. Non fu puramente nostalgico, ma, anche se in
maniera confusa e contraddittoria, proiettato nel futuro». Una semplice rassegna dei
fatti più salienti descritti dall’Autore nel libro può dare l’idea del fenomeno. Dalla
Sardegna raggiunsero il territorio sotto il controllo della RSI alcuni reparti della
Divisione Paracadutisti “Nembo”, il cui comandante maggiore Mario Rizzatti cadde
sul fronte di Nettuno il 4 giugno 1944. Non ebbero pari fortuna altri militari, come
quelli fermati dai britannici al largo di Olbia o quelli bloccati dai Carabinieri al largo
della Maddalena il 3 dicembre 1943 e trovati in possesso, nella persona del console
generale della Milizia Giovanni Martini, del verbale di costituzione del Partito
Fascista Repubblicano Sardo. Altri militari tentarono invano di raggiungere le
Baleari da Olbia nel 1944. A Sassari e Ozieri, nel gennaio 1944, si svolsero
manifestazioni popolari, con la partecipazione di numerosi attivisti fascisti,
conclusesi a Sassari con numerosi arresti e a Ozieri con un morto e numerosi feriti.
Il 22 marzo 1944 la polizia di Sassari scoprì la costituzione del “Comitato regionale
fascista”, che si era dotata di un propria pubblicazione clandestina denominata “La
voce dei giovani”, e arrestò numerosi militari e attivisti fascisti tra cui il giovane
Antonio Pigliaru, che sarebbe in seguito diventato uno dei più noti giuristi e
intellettuali sardi. Altre pubblicazioni clandestine fasciste sassaresi furono “Resurgo”
e “Il manganello”. Nel nuorese il tenente dei guastatori Bruno Bagedda, destinato a
una brillante carriera di avvocato nel secondo dopoguerra, fu la figura di maggiore
rilievo del fascismo clandestino. Non riuscì a raggiungere il fronte dell’Italia
settentrionale e cercò senza esito di far paracadutare alcuni militari delle forze
armate della RSI a Bitti. Il cappellano militare Luciano Usai e alcuni volontari sardi
della RSI riuscirono a paracadutarsi nell’isola tra giugno e novembre 1944, ma
furono arrestati da carabinieri del controspionaggio. Un altro ufficiale sardo, Gino
Mamberti, dopo essersi paracadutato riuscì a sfuggire alla cattura e fino alla fine
della guerra riuscì a trasmettere informazioni ai tedeschi da Cagliari. Il 18 gennaio
1945 a Cagliari ci fu una manifestazione spontanea contro la chiamata alle armi, con
ampia presenza di attivisti fascisti, conclusasi peraltro con il lancio di una bomba a
mano che provocò la morte di un questurino. Il 20 febbraio 1945 ci fu una
manifestazione di civili inneggianti al Fascismo a Sassari, a seguito del richiamo di
alcune classi alle armi. Il libro di Angelo Abis si chiude con il ricordo di Lussorio Cau
(1867-1961), ufficiale dei Carabinieri e protagonista della campagna contro il
banditismo sardo del 1898-99, medaglia di argento e di bronzo al valore militare
durante la Prima Guerra Mondiale, ufficiale della Milizia Volontaria per la Sicurezza
Nazionale e membro del Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato. Anche
Lussorio Cau, ormai pensionato, fu colpito dall’epurazione nel 1944 con la revoca
della pensione statale di cui godeva, poi ripristinata nel 1948. La ricerca storica di
Angelo Abis non si chiude con questa sua ultima opera, ma secondo i progetti
dell’Autore è destinata a proseguire con un altro libro sulle origini del Movimento
Sociale Italiano in Sardegna, di prossima pubblicazione in collaborazione con il Prof.
Giuseppe Serra, già autore del volume “Le origini della destra in Sardegna: il partito
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dell’uomo qualunque (1945-1956)” (Doramarkus, Sassari 2010).
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Il fascismo sardo nei libri di Angelo Abis