Nutrizione, prodotti caseari e
invecchiamento
Prof. Lucchi
Dirigente medico U.O. Geriatria, Fondazione Ospedale Maggiore
Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, Milano. Professore a
Contratto, Scuola di Specialità in Geriatria, Università di Milano
Prof. Lucchi
Introduzione
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno intenso e progressivo che
caratterizza le società occidentali.
I soggetti ultrasessantacinquenni rappresentano attualmente in Italia il 20% della
popolazione. L’aspettativa di vita nel nostro Paese è pressochè raddoppiata
rispetto agli inizi del secolo: le curve di sopravvivenza indicano che oggi
superano i 65 anni il 92% delle donne e più dell’85% degli uomini; a 80 anni
sono sopravviventi il 70% delle prime e il 50% dei secondi.
Fra vent’anni i nati del baby-boom degli anni sessanta andranno ad incrementare
ulteriormente la quota degli anziani nella società. Si espanderà soprattutto
il segmento degli ultraottantenni che oggi rappresentano più del 20% degli
anziani e che nel 2050 supereranno i 5 milioni.
Questo fenomeno demografico si associa all’aumento nella popolazione di
malattie cronico-degenerative spesso associate alla disabilità. (1)
In Italia l’attesa di vita alla nascita è di 82,9 anni per le donne e di 76,7 per gli
uomini, ma di questi solo 73,6 e 69,7 rispettivamente sono anni di vita attiva
(HALE): gli ultimi 9,3 anni per la donna e 7 anni per l’uomo sono Disability
Adjusted Life Years (DALY). Un DALY corrisponde alla perdita di un anno di vita
attiva. (2) Fare coincidere l’attesa di vita con l’attesa di vita attiva è la grande
sfida della medicina d’oggi.
I fattori determinanti le dotazioni fisiche e le prestazioni funzionali in età avanzata
sono da una parte la costituzione genica e dall’altra l’interazione dell’organismo
con l’ambiente. Gene e ambiente giocano la loro parte fin dai primi anni di vita.
Esistono una “developmental longevity” e una “postdevelopmental longevity”
che coprono tutto l’arco della vita.(3) Prevalente è l’azione dell’ambiente (dieta,
stile di vita, attività lavorativa ecc) che incide per circa il 70% nel determinare
la durata e la qualità della vita. (4) Si raccoglie in età avanzata quello che si è
seminato nel corso degli anni. Assistiamo pertanto ad una grande diversificazione
del processo dell’invecchiamento nei diversi individui: c’è un “usual aging”,
spesso gravato da più malattie croniche e c’è il “successfull aging”, l’anziano
prestigioso con prestazioni superiori rispetto ai coetanei. (5)
In modelli animali, la restrizione del contenuto calorico nella dieta determina
una ritardata comparsa di patologie croniche età correlate e un allungamento
fino al 50%, del potenziale massimo di vita.(6-8) Nell’uomo è stato recentemente
evidenziato un effetto positivo della restrizione calorica su alcuni marker biologici
di longevità in giovani adulti di ambo i sessi in sovrappeso. (9) E’ per altro noto,
che l’eccesso ponderale nell’adulto determina mortalità cardiovascolare precoce
e si associa ad una aumentata prevalenza di patologie cronico-invalidanti.
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(10,11) Nei paesi ad alto grado di sviluppo socio-economico l’obesità con le
patologie ad essa correlate è responsabile del 30% dei DALY.(12) Nonostante
il grasso corporeo tenda ad aumentare in corso di invecchiamento non è del
tutto chiaro se l’eccesso ponderale continui a rappresentare nell’anziano un
fattore di rischio di mortalità. L’accumulo di tessuto adiposo nei grandi vecchi
è ritenuto da alcuni autori poco influente sull’attesa di vita. (13) Andres ha
evidenziato che i soggetti anziani moderatamente in sovrappeso presentano
una minore probabilità di morte. (14) In età avanzata più che la quantità è, con
molta probabilità, la distribuzione del grasso corporeo (viscerale piuttosto che
sottocutaneo o muscolare) che incide sull’aspettativa di vita. (15)
Diverse variabili fisiopatologiche condizionano la composizione corporea e lo
stato di salute in età avanzata, tra esse la dieta continua a rivestire un ruolo di
fondamentale importanza (16,17). Carenze dietetiche possono provocare uno
stato di malnutrizione che incide negativamente oltre che sulla durata, anche
sulla qualità di vita dell’anziano.(18,19)
FABBISOGNO ENERGETICO E INVECCHIAMENTO
Le principali variabili fisiologiche che influenzano il fabbisogno energetico
dell’organismo sono il metabolismo basale (MB), la massa muscolare magra e
l’attività fisica.
Il MB, che valuta la spesa energetica di un soggetto in stato di veglia a completo
riposo, tende a ridursi in entrambi i sessi del 2-4% per decade di età dopo i 40
anni, tuttavia tale variazione risulta decisamente inferiore dopo normalizzazione
con la massa muscolare magra.(20-22) E’ noto che la massa muscolare si riduce
con l’invecchiamento in entrambi i sessi (Fig. 1). (23) Si riducono anche nel
vecchio, rispetto al giovane, la massa cellulare, la massa ossea e il contenuto
totale di acqua dell’organismo mentre incrementa notevolmente la massa
adiposa (Fig. 2). (24) L’invecchiamento si associa, oltre che ad un incremento
del grasso corporeo totale, ad una sua ridistribuzione in senso centripeto, dagli
arti verso il tronco e dal sottocutaneo verso i muscoli e i visceri. (25)
La figura 3 illustra bene come il consumo di ossigeno da parte della componente
muscolare diminuisca in funzione dell’età. (26) La diminuzione età correlata del
MB può essere attenuata dall’esercizio fisico programmato di tipo aerobico.
In soggetti di sesso maschile, di età compresa tra 50 e 80 anni, che svolgono
attività fisica i valori di MB sono inferiori di circa il 5% rispetto a soggetti giovani
attivi, mentre nei soggetti che conducono vita sedentaria la differenza sale al
17%. (27)
La contrazione del consumo energetico nell’anziano, che rispetto al giovane
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adulto si valuta intorno al 10% al di sopra dei 60 anni e di un ulteriore 10% al
di sopra dei 75, risente dunque principalmente della diminuzione dell’attività
fisica. (28,29)
Tenendo conto della grande variabilità che caratterizza la popolazione anziana
dal punto di vista della composizione corporea e del grado di attività fisica, i
fabbisogni calorici riportati nelle Dietary Reference Intakes (DRIs) americane e
nei livelli raccomandati di assunzione giornaliera di energia e nutrienti per la
popolazione italiana (LARN) (Tab.1), rappresentano solo delle indicazioni di
riferimento per rilevare un ridotto apporto nutrizionale. (30,31)
APPARATO GASTROENTERICO E INVECCHIAMENTO.
L’invecchiamento si associa ad alterazioni anatomiche e funzionali a livello
dell’apparato gastroenterico (Fig 4). Con l’invecchiamento aumenta anche
la prevalenza di alcune patologie a livello dell’apparato digerente che si
sovrappongono alle alterazioni età dipendenti risultando spesso difficilmente
distinguibili da esse.
Tali alterazioni nella maggior parte dei casi non comportano di per sé sintomi,
ma possono condizionare il tipo di dieta e determinare una perdita di riserva
omeostatica che rende l’individuo anziano più fragile in situazioni di stress, in
presenza di patologia e in corso di terapia farmacologia.(32)
L’alta prevalenza di edentulia che si riscontra nella popolazione anziana e che
costituisce una frequente causa di malnutrizione, non è attribuibile al processo
biologico dell’invecchiamento ma alla placca batterica che favorisce la carie
alla radice dei denti e le parodontopatie
Alterazioni della motilità esofagea, talora descritte con il termine “presbioesofago”,
dipendono solo in parte da modificazioni età dipendenti essendo molto spesso
associate a patologie di frequente riscontro in età avanzata come il diabete
mellito, la cerobrovasculopatia, la malattia di Parkinson o all’impiego di alcuni
farmaci. La ridotta secrezione gastrica di fattore intrinseco, necessario per
l’assorbimento di vitamina B12 a livello del tenue, si associa nell’anziano ad
un’alta prevalenza di gastrite atrofica e di infezione da Helicobacter Pylori. Una
maldigestione o un malassorbimento di macro e/o micronutrienti si verifica in
presenza di deficit di lattasi, di sovraccrescita batterica nel tenue, di patologie
come il morbo celiaco (che può anche esordire in età avanzata), di ischemia
intestinale e di cancro pancreatico. La diminuita velocità di transito a livello
del colon, frequente causa di stipsi in età avanzata, è solo in parte attribuibile a
modificazioni anatomico-funzionali età asociate, poichè dipende principalmente
da fattori esogeni quali la ridotta introduzione di fibra alimentare, la diminuita
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attività fisica e l’impiego di farmaci ad attività anticolinergica. La stipsi cronica,
che determina un aumento della pressione endoluminale, è a sua volta un
fattore favorente la formazione di diverticoli del colon. (32,33) Anche alcune
modificazioni qualitative talora descritte a carico della flora batterica intestinale
dei soggetti anziani, come una diminuzione di bifidobacterium (lattobacilli
anaerobi) e un aumento di clostridium, miceti e coliformi, sono da attribuire
principalmente a fattori esogeni quali la dieta, le infezioni virali o batteriche, gli
interventi chirurgici, l’assunzione di farmaci. Tra i farmaci, gli antibiotici sono
quelli che più comunemente provocano un’alterazione dell’ecosistema intestinale
che può verificarsi anche in corso di altre terapia come l’assunzione, per lungo
tempo, di H2 antagonisti e di inibitori della pompa protonica. (34,35)
NUTRIZIONE E INVECCHIAMENTO
Mantenere un soddisfacente bilancio energetico in corso di invecchiamento, non
solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo, rappresenta secondo
alcuni autori una sfida. (36)
Diverse società mediche negli Stati Uniti hanno fornito linee guida per
conseguire i “dietary goals” nella popolazione in generale e specificatamente
nella popolazione anziana. La “dieta prudente” raccomandata dal Food and
Nutrition Board of the Institute of Medicine è costituita da grassi per il 20-35%
delle calorie totali con riduzione dell’apporto di colesterolo, grassi saturi e
grassi trans, da carboidrati per il 45-65 % , dando la preferenza ai carboidrati
complessi e alla fibra, e da proteine per il 10-35% . (31)
Russell et al (37) hanno elaborato una piramide alimentare per gli ultrasettantenni
che tiene conto di alcune caratteristiche peculiari della popolazione anziana
(Fig. 5).
La piramide alimentare dell’anziano tende a privilegiare per ciascuna categoria
di alimenti quelli con un più alto rapporto quantitativo tra nutrienti e calorie. La
piramide ha infatti una base più stretta, e ciò riflette la minore richiesta energetica
ed enfatizza l’uso di alimenti a maggiore densità nutritiva, l’apporto di fibra e
l’introduzione di acqua. Inoltre evidenzia con una bandierina al vertice della
piramide la necessità di integrazione di particolari micronutrienti come il calcio,
la vitamina D e la vitamina B12. Moderazione viene invece raccomandata
nell’assunzione di grassi, dolci, sale e alcoolici.(37)
Nonostante la riduzione della massa magra e la minore richiesta calorica non si
osservano modificazioni significative del turnover proteico nell’anziano. L’apporto
di proteine nell’anziano per poter mantenere un bilancio azotato positivo
dovrebbe essere, secondo alcuni autori, superiore a quello raccommandato negli
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adulti (0,8 g/ kg di peso/die) collocandosi tra 1 e 1,25 g/Kg/die. In situazioni
di grave stress metabolico (infezioni, fratture ossee, interventi chirurgici, piaghe
da decubito ecc.) il fabbisogno proteico può arrivare a 1,5 g /kg/die (38,39).
Rimane tuttora fonte di controversie se un alto contenuto proteico nella dieta
possa favorire o meno la compromissione renale, che spesso si osserva in corso
di invecchiamento. (39-41).
L’introduzione di carboidrati nella dieta deve tener conto dell’alta prevalenza di
intolleranza glucidica e di intolleranza al lattosio nella popolazione anziana.
E’ da favorire l’introduzione di carboidrati complessi presenti, come noto, nelle
fibre dietetiche e qualora si osservi un deficit di lattasi, si deve privilegiare
l’impiego di derivati del latte privi di lattosio o pretrattati con lattasi. (37)
Le fibre dietetiche solubili, presenti nella frutta, nei legumi, nella crusca d’avena,
e insolubili, presenti nella buccia della frutta, nella verdura e nella crusca di
grano, rivestono particolare importanza nell’anziano anche perchè riducono
l’assorbimento del glucosio e dei grassi dall’intestino, facilitano l’evacuazione e
contrastano la formazione di diverticoli. L’apporto di fibra raccomandato nella
dieta dell’anziano varia tra i 20-35 g/die. (36) Un eccesso di fibre nella dieta
può associarsi ad un deficit di oligoalimenti che vengono assorbiti dai fitati
presenti nelle fibre stesse. (37)
I grassi sono i nutrienti con maggiore densità calorica (9kcal/g rispetto alle
4kcal/g delle proteine e dei carboidrati) e sono indispensabili per l’assorbimento
di vitamine liposolubili (A,D,E, K). Gli acidi grassi essenziali polinsaturi della
serie omega-6, derivati dell’acido linoleico e contenuti in olii vegetali, e della
serie omega-3, derivati dell’acido α-linolenico e presenti nell’olio di pesce,
sono indispensabili per la sintesi di fosfolipidi e eicosanoidi ( prostaglandine,
leucotrieni ). Gli acidi grassi omega-3 hanno anche un effetto positivo sul
metabolismo lipidico e un ruolo protettivo per l’apparato cardiovascolare. Il
colesterolo e i fosfolipidi sono costituenti delle membrane cellulari; il colesterolo è
il precursore di vitamine (es Vit D), di ormoni e di acidi biliari e svolge, pertanto,
funzioni essenziali nel nostro organismo. Tuttavia, la mortalità e morbilità da
malattie cardiovascolari, la cui causa principale è l’aterosclerosi, hanno indotto
le Consensus Conference a dettare linee guida che suggeriscono una restrizione
nel consumo di grassi saturi, prevalentemente di origine animale, al fine di
controllare i livelli ematici di colesterolo. In corso di invecchiamento i livelli
dei lipidi e delle lipoproteine in circolo aumentano, tuttavia il rischio relativo
dell’ipercolesterolemia diminuisce. Ciò suggerisce un atteggiamento meno
drastico nel ridurre i livelli di colesterolo nell’anziano. Una riduzione significativa
del contenuto di grassi nella dieta è invece da perseguire nell’anziano quando
si debba attuare una prevenzione secondaria.(36,37,42)
Negli anziani l’equilibrio idrico è un fattore importante dell’omeostasi
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dell’organismo e merita particolare attenzione. In generale l’anziano ha una
minore sensibiltà alla sete e una ridotta capacità di risparmiare acqua per cui
va facilmente incontro a disidratazione specie in presenza di malattie febbrili o
che compromettano il sensorio. La richiesta normale di acqua è di circa 30ml
pro kg di peso corporeo/die (37,39)
Vitamine e minerali sono di notevole importanza nell’anziano: il loro fabbisogno
secondo le DRIs americane è riportato in tabella 2 (36,39). La tabella 3
riassume le principali manifestazioni cliniche da deficit vitaminico (43-45). Di
particolare significato è il deficit di vitamina D. L’osteoporosi involutiva o senile
di tipo II, che si verifica al di sopra dei 70 anni, ha come primum movens il
deficit di vitamina D (Fig. 6). Una minore esposizione ai raggi solari frequente
nella popolazione anziana riduce la sintesi della vitamina a partire dal 7deidrocolesterolo presente nella cute. Il deficit dell’enzima renale 1α idrossilasi
età corelato non consente la trasformazione del 25 idrossicolicalciferolo nella
forma attiva 1-25 diidrossicolicalciferolo che facilita l’assorbimento intestinale
di calcio. Ne consegue un iperparatiroidismo secondario con riassorbimento di
calcio dalle ossa. Un maggiore apporto di calcio presente soprattutto nel latte
e nei suoi derivati e la somministarzione di vit D (400 -800UI /die ovvero 10
-20 µg di colecalciferolo) possono ovviare l’insorgenza dell’osteopenia. Calcio
e vitamina D vanno somministarti con cautela nei soggetti con nefrolitiasi e
insufficienza renale grave (36,39,46)
LA MALNUTRIZIONE NELL’ ANZIANO
Il 40% degli anziani americani ultrasettantenni ha un consumo calorico che è al
di sotto dei 2/3 delle DRIs (37) e al di sopra dei 70 anni il rischio di perdere
peso aumenta in maniera progressiva, per ogni anno di età. (36)
Nell’anziano la malnutrizione, sebbene spesso misconosciuta, è frequente:
interessa fino al 10 degli anziani sul territorio e fino al 60% degli anziani
ospedalizzati o instituzionalizzati; essa si associa ad una aumentata mortalità,
ad un aumentato rischio di infezioni e ad una peggiore qualità della vita.
(47,48)
Il deficit nutrizionale rappresenta un problema multifattoriale in quanto coinvolge
variabili fisiopatologiche (anoressia, patologie intercorrenti, assunzione di
farmaci) psicosociali (depressione, vedovanza, solitudine) e socio-economiche
(isolamento, bassa scolarità, basso reddito) che si influenzano a vicenda (Tab.
4) (36,39,49)
L’anoressia nell’anziano ha una patogenesi complessa che comprende
alterazioni del gusto e dell’olfatto, problemi di masticazione e deglutizione,
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alterazioni ormonali (aumentati livelli circolanti di colecistochinina e di leptina) e
alterazioni del sistema nervoso (precoce senso di sazietà da aumentato stimolo
da distensione gastrica e ritardato svuotamento gastrico).(36,50,51)
In situazioni di stress metabolico (infezioni, fratture ossee, interventi chirurgici,
ulcere da pressione,ecc.) il fabbisogno energetico giornaliero può aumentare
notevolmente dalle 30 Kcal pro Kg di peso fino a 50-60 Kcal proKg di peso,
che in assenza di un adeguato supporto dietetico l’organismo si procura dal
catabolismo proteico, dalla gluconeogenesi e dalla lipolisi, tramite stimolazione
catecolaminergica.(52,53)
I farmaci di cui gli anziani sono forti consumatori, possono interferire sia
provocando anoressia (ad es. antinfiammatori non steroidei, digitale, teofillina,
metformina, antiacidi, alcuni diuretici) e ipogeusia (antistaminici, allopurinolo)
sia interferendo con l’assorbimento e il metabolismo di micronutrienti. (Tab. 5)
(39)
La forma più frequente di malnutrizione nell’anziano è quella di tipo caloricoproteico che può esitare nel marasma (o cachessia), caratterizzato da una
deplezione cronica delle riserve energetiche con perdita delle masse muscolari
e dei depositi adiposi, ma con proteine sieriche ancora nei limiti di norma.
Un quadro di deficit proteico ancora più marcato rispetto a quello energetico
caratterizzato dall’ipoalbuminemia è rappresentato dal kwashiorkor, in cui
è spesso presente l’edema, un calo significativo delle proteine viscerali e la
perdita della risposta immunologica T linfocita dipendente. Esiste infine un
quadro di malnutrizione proteica mista marasma-kwashiorkor: questo ultimo si
può verificare ad esempio in presenza di uno stress metabolico acuto (intervento
chirurgico, infezione ecc) in un paziente con marasma. (54)
PRODOTTI CASEARI E ANZIANO
Ritardare la malattia e la disabilità in età avanzata è ciò che si prefigge la
medicina d’oggi. Da questo punto di vista il quantitativo calorico e la qualità
dei nutrienti assunti con la dieta sono di particolare importanza per lo stato di
salute e la qualità di vita in età avanzata.
L’alimentazione nell’anziano, perchè sia equilibrata quantitativamente e
qualitativamente deve tener conto di molteplici aspetti: deve valutare il dispendio
energetico e lo stato di salute del soggetto, deve essere varia per appagare
aspetti edonistici come il gusto e l’olfatto, deve considerare aspetti pratici per la
preparazione e l’assunzione dei cibi e, non da ultimo, deve essere accessibile
dal punto di vista economico. (37)
Il latte e i suoi derivati rivestono un ruolo di fondamentale importanza
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nell’alimentazione dell’anziano: la piramide alimentare modificata per l’anziano
ne prevede l’assunzione giornaliera di almeno 3 porzioni (1 porzione = 250
ml di latte, o di yogurt o 50 g di formaggio) (Fig 5). (37) L’assunzione o meno
di prodotti lattiero-caseari, almeno 1 volta al giorno, è un item di valutazione
del rischio di malnutrizione dell’anziano nel Mini Nutritional Assesment (MNA).
(48)
Tra i derivati del latte il formaggio e in particolare il formaggio stagionato, è un
alimento ad alta densità nutritiva, ossia con un’alta concentrazione di nutrienti
(calcio, proteine, vitamine) rispetto al contenuto calorico (Tab. 6) (55,56)
Il formaggio è il principale fornitore di calcio con la dieta; altri minerali presenti
nel formaggio sono il fosforo, di fondamentale importanza per la formazione di
ossa e denti, il magnesio, il selenio e lo zinco.(55,56) Tre cucchiai di parmigiano
grattugiato (circa 25 g) forniscono circa 300mg di calcio e 200 mg di fosforo,
ossia ¼ del fabbisogno dei due minerali raccomandato per l’anziano (Tab. 2).
(36, 39)
Il calcio fornito sotto forma di prodotti lattiero-caseari sembra essere più
biodisponibile di quello contenuto negli integratori. Ciò potrebbe essere
dovuto a peptidi bioattivi presenti nel latte e nei derivati (caseinfosfopeptidi),
o alla forma chimica del calcio stesso che nei prodotti lattiero-caseari si trova
prevalentemente sotto forma di calcio fosfato (57,58).
L’osteoporosi è un’affezione di frequente riscontro negli anziani: essa è presente
al di sopra dei 75 anni in Italia nel 15,5% degli uomini e nel 46,4% delle donne.
(46) Poichè la perdita di calcio è un fenomeno età dipendente, il principale
fattore determinante il superamento della soglia di frattura è il picco di massa
ossea che si raggiunge nelle prime tre decadi di vita. A parità di perdita del
tessuto osseo chi parte da un picco alto rimane anche in età avanzata al di sopra
della soglia di frattura ( Fig. 7).(59) L’apporto di calcio nella dieta è pertanto
da consigliare, specie nelle donne, già fin dalle prime decadi di vita. In corso
di invecchiamento l’apporto di calcio continua ad avere un ruolo fondamentale
nel mantenimento dell’omeostasi del tessuto osseo e elevati apporti di calcio
(1200-1500 mg/die) hanno effetti benefici sulla densità ossea, contrastando
l’osteoporosi e le fratture. (46)
I prodotto caseari, sono anche apportatori di proteine: nei formaggi stagionati
la percentuale del contenuto proteico su 100 grammi di prodotto può superare
il 30%, una percentuale maggiore di quella delle carni. (Tab. 6-7) (56) In un
soggetto con peso corporeo di 70 Kg, con un fabbisogno proteico giornaliero
0,8 g pro Kg di peso, una porzione di parmigiano (50g) copre circa un terzo
del fabbisogno.
Le proteine contenute nei formaggi sono di alto valore biologico, ossia
contengono tutti gli aminoacidi essenziali in quantità proporzionate rispetto alla
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necessità dell’organismo. In particolare, nei formaggi stagionati la caseina e le
altre proteine derivate dal latte risultano più facilmente digeribili perchè durante
la stagionatura vanno incontro a fenomeni fermentativi di proteolisi che liberano
aminoacidi prontamente assorbibili (60)
Il deficit di proteine è particolarmente frequente negli anziani con gravi
problemi di mobilità e con basso reddito (47). Una dieta ad elevato contenuto
proteico (>1,5 g /kg/die) associata ad esercizio fisico si è dimostrata efficace
nell’anziano per aumentare la massa muscolare. (36) Il ricco apporto calorico e
proteico dei formaggi stagionati può risultare particolarmente utile in situazioni
di grave stress metabolico con bilancio azotato negativo (infezioni, fratture,
interventi chirurgici) o in situazioni di grave malnutrizione. Per ottenere un pari
valore energetico e proteico a quella contenuto in un formaggio stagionato
è necessaria l’assunzione di una quantità pressochè doppia di carne che
nell’anziano può essere limitata da problemi di masticazione e deglutizione
(Tab. 6-7). (56)
Un altro vantaggio dei formaggi stagionati è che hanno un trascurabile
contenuto in carboidrati, in particolare in lattosio (che viene trasformato in acido
lattico durante la stagionatura) e risultano pertanto ben tollerati in soggetti con
intolleranza o difficoltà digestive per il latte. (37,60-62) Negli anziani aumenta
la prevalenza di intolleranza al lattosio che può portare ad un ridotto introito di
latte, e quindi di calcio, favorendo il rischio di osteoporosi.(63,64)
In corso di invecchiamento aumenta anche la prevalenza del diabete mellito di tipo
2: alcuni studi hanno evidenziato una correlazione inversa tra consumo di prodotti
lattiero-caseari (2-3 porzioni/die) e insorgenza di insulino-resistenza. (65)
Il contenuto in grassi saturi, insaturi e in colesterolo è il principale responsabile
del sapore dei formaggi, esso varia in rapporto al tipo di latte impiegato
(intero, parzialmente scremato, scremato) ed è maggiore nei formaggi stagionati
(55,56). I lipidi contenuti nei formaggi stagionati sono costituiti in buona parte
da acidi grassi a catena corta che vengono assorbiti rapidamente e sono
prontamente disponibili. Per apportare un pari quantitativo calorico consumando
un formaggio magro (es. mozzarella) occorre raddoppiare il quantitativo
introdotto, in tal modo l’apporto di lipidi non varia, mentre diminuisce l’apporto
di proteine e calcio (tab. 6-7). (56)
Tra i grassi contenuti nei formaggi sono presenti anche l’acido linoleico coniugato
e sfingolipidi che, secondo alcuni ricercatori (66) sono protettivi nei confronti di
alcune neoplasie.
Il formaggio stagionato contiene quantità variabili di vitamine liposolubili
(vitamina A, E) e idrosolubili (vitamine del gruppo B, niacina, biotina). Il
contenuto è particolarmente rilevante dal punto di vista nutrizionale per alcune
vitamine (vit A, B 12, B2, biotina). (55,56,65)
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Il deficit di micronutrienti nell’anziano è di più frequente riscontro rispetto al
giovane, ciò e dovuto anche al maggior consumo di farmaci che possono
interferire con il loro assorbimento e metabolismo (Tab. 5); il deficit di vitamine
e minerali è riscontrabile anche in soggetti anziani obesi (39).
I formaggi contengono anche quantità significative di sodio: essa varia per 100
grammi di parte edibile, da un minimo di 80 mg della ricotta di mucca ad un massimo
di 1800mg del pecorino; il parmigiano ne contiene 600mg. (56) L’apporto di sale
con la dieta e le relative limitazioni nel soggetto iperteso (in cui si raccomanda
un apporto di sodio < 2,4 g/die) sono oggetto di discussione. Mancano dati
certi per l’anziano tuttavia secondo lo studio DASH (Dietary Approaches to Stop
Hypertension) l’approccio dietetico adatto a ridurre l’ipertensione arteriosa
include 3 porzioni giornaliere di prodotti caseari. (67,68)
Un ultimo aspetto è quello di una potenziale attività probiotica, ossia di
colonizzazione e di riequilibrio sulla microflora intestinale, dei formaggi
fermentati. Alterazioni anatomiche acquisite a seguito di interventi chirurgici
(gastroresezione, anastomosi, fistole), modificazioni funzionali conseguenti
all’invecchiamento (ipocloridria, diminuzione della velocità di transito intestinale,
riduzione delle IgA secretorie) e il frequente impiego di antibiotici, possono
alterare profondamente l’ecosistema intestinale nell’anziano.(34) Alcune specie
di lattobatteri (es. Lactobacillus rhamnosus), oltre ad avere un’azione riequilibrante
l’ecosistema intestinale e di protezione nei confronti di batteri patogeni, sono
anche potenzialmente in grado di stimolare il sistema immunitario e di ridurre i
disturbi intestinali come il malassorbimento da intolleranza al lattosio. (69,70) E’
stato anche ipotizzato un effetto protettivo di questi microorganismi nei confronti
del cancro del colon. (71,72)
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Figura 6. Metabolismo della vitamina D. La vitamina D viene introdotta con
la dieta come ergocalciferolo (D2) o colecalciferolo (D3) e viene sintetizzata
nella cute, dopo esposizione alla luce solare, a partire dal 7-deidrocolesterolo
(7-DHC). La vitamina D viene trasformata in forma attiva tramite idrossilazione
in posizione 25 nel fegato [ calcidiolo; 25 (OH) D] e tramite idrossilazione in
posizione 1 nel rene [calcitriolo; 1,25 (OH) D]. La forma attiva della vitamina D
agisce sulle ossa, sul rene e sull’intestino assicurando l’omeostasi del calcio.
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Densità ossera (unità arbitrarie)
Figura 7 Il raggiungimento della soglia di frattura dipende dal picco di massa
ossea. Il soggetto B, che ha il picco di massa ossea più basso rispetto al soggetto
A, a parità di velocità di perdita del tessuto osseo dopo i 30 anni, supera la
soglia di frattura 10 anni prima del soggetto A
Da Krenzlin et al., 1990
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Tabella 1
Apporto calorico raccomandato al di sopra dei 60 anni in rapporto al sesso
e al grado di attività fisica secondo i livelli Livelli di Assunzione giornalieri
Raccomandati di energia e Nutrienti (LARN)
Sesso
Età (anni)
60-74
Uomini
>75
60-74
>75
60-74
Donne
>75
60-74
>75
Attività fisica
Fabbisogno
energetico
(Kcal/die)
1885-2260
poco attivi
1695-1945
2030-2435
attivi
1925-2210
poco attive
1600-1880
1475-1775
1735-2040
attive
1680-2000
89
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Tabella 2
Fabbisogno giornaliero di micronutirenti in uomini e donne ultrasettantenni
secondo le Recomended Dietary Allowance americane (2002)
Micronutriente
Uomo
Donna
Vitamina A (retinolo)
900 µg
700µg
Vitamina D (colecalciferolo)
15 µg (600 UI)
15 µg (600 UI)
Vitamina E (α-tocoferolo)
15 mg
15 mg
Vitamina K (fitochinone)
80 µg
65 µg
Vitamina B1 (tiamina)
1,2 mg
1,1 mg
Vitamina B2 (riboflavina)
1,3 mg
1,1 mg
Vitamina B5 (acido pantotenico)
5 mg
5 mg
Vitamina B6 (piridossina)
1,7 mg
1,5 mg
Vitamina B12 (cianocobalamina)
2,4 µg
2,4 µg
Acido folico
400 µg
400 µg
Vitamina C (acido ascorbico)
90 mg
75 mg
Vitamina H (biotina)
30 µg
30 µg
Vitamina PP (niacina)
16 mg
14 mg
Colina
550 mg
425 mg
Calcio
1200 mg
1200 mg
Fosforo
700 mg
700 mg
Magnesio
420 mg
320 mg
Fluoruro
4 mg
3 mg
Selenio
55 µg
55 µg
90
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Tabella 3
Manifestazioni cliniche da carenze vitaminiche e minerali nell’anziano
Vitamina/Minerale
Manifestazione clinica
Viatamina A (Retinolo)
Carenza rara. Cecità notturna, ipercheratosi follicolare,
ritardata cicatrizzazione delle ferite, possibile aumento
del rischio di neoplasie cutanee, soprattutto da deficit
di β carotene (precursore della vitamina A)
Vitamina D3 (Colecalciferolo)
Vit. D2 (Ergocalciferolo)
Carenza frequente, anche iatrogena (anticonvulsivanti,
barbiturici). Osteomalacia con dolori ossei e muscolari,
astenia e rischio di fratture.
Vitamina E (Tocoferolo)
Carenza rara. Segni neurologici aspecifici (areflessia,
↓ sensibilità propriocettiva e vibratoria, disturbi
dell’andatura). Diminuita protezione antiossidante: può
aumentare il rischio di degenerazione neoplastica.
Vitamina K2 (Menachinone)
K1 (Fitonadione)
K3 (Menadione))
Carenza spesso iatrogena (anticoagulanti e
antibiotici). Emorragie gastroenteriche, sottocutanee e
intracraniche.
Vitamina B1 (Tiamina)
Carenza da abuso alcolico, da malnutrizione (beriberi)
e iatrogena (emodialisi, dialisi peritoneale, diuretici
ad alte dosi). Cefalea, nausea, deboleza muscolare,
depressione, irascibilità, neuropatia periferica. Sindrome
di Wernicke-Korsakov (oftalmoplegia, nistagmo,
atassia, amnesia, confusione, confabulazione).
Vitamina B2 (Riboflavina)
Carenza da malnutrizione. Cheilosi, stomatite, glossite;
dermatite seborroica; neuropatia periferica, cataratta
ariboflavinica.
Vitamina B6 (Piridossina)
Vitamina B12 (Cobalamina)
Carenza spesso iatrogena (isoniazide, cicloserina).
Nausea, vomito, anoressia, glossite, astenia, debolezza
muscolare, neuropatia periferica, capogiro, confusione,
depressione, dermatite seborroica.
Carenza da malnutrizione. Anemia perniciosiforme di
facile riscontro negli anziani (deficit di fattore intrinseco
da gastrite atrofica), anoressia, glossite, neuropatia
periferica, atassia, depressione, demenza.
91
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Vitamina/Minerale
Manifestazione clinica
Acido folico
Carenza da malnutrizione e da abuso alcolico.
Anemia megaloblastica, leucopenia, trombocitopenia,
anoressia, glossite, malassorbimento.
Niacina
Carenza da malnutrizione (pellagra). Disfagia, glossite,
stomatite, diarrea, dolore addominale, proctite,
dermatite, vaginite, depressione, demenza.
Biotina
Carenza da malnutrizione. Congiuntivite, dermatite
periorale, sintomi gastroenterici e neuromuscolari
aspecifici.
Acido pantotenico
Carenza rara. Neuropatia aspecifica (degenerazione
mielinica)
Vitamina C (Acido ascorbico)
Carenza da malnutrizione (scorbuto) e fumo. Petecchie
con porpora, emorragie, gengivite, ipercheratosi
follicolare, anemia, ritardata cicatrizzazione delle
ferite, irritabilità.
Calcio
Carenza frequente. Osteoporosi,
aumentato rischio di fratture
Ferro
Carenza frequente. Anemia microcitica, ipocromica.
Astenia, apatia, glossite, disfagia, fragilità ungueale.
Zinco
Carenza da malnutrizione e abuso alcolico.
Ritardata cicatrizzazione delle ferite, diminuita
immunocompetenza, alterazioni della sensibilità
gustativa, anoressia, diarrea, diminuzione della
libido.
Selenio
Carenza rara. Cardiomiopatia, scompenso cardiaco
congestizio, degenerazione muscolatura striata..
Rame
Carenza da malnutrizione.
deterioramento cognitivo
92
osteomalacia,
Anemia,
ipotermia,
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Tabella 4
Fattori di rischio di malnutrizione nell’anziano
Anoressia
Alterazioni del gusto e dell’olfatto
Problemi di masticazione
Disfagia
Deficit funzionali con limitazioni nelle IADL
Scarsa attività fisica
Patologie croniche (es. cancro, sindromi da malassorbimento, BPCO, colelitiasi, diabete,
encefalopatia vascolare, ipertiroidismo, demenza)
Infezioni da clostridium difficile, helicobacter pylori, mycobacterium tubercolosis
Depressione
Alcolismo
Isolamento sociale
Solitudine
Povertà
Bassa scolarità
Assunzione di farmaci
Tabella 5
Interazioni farmaci-micronutrienti
Farmaco
Antiacidi
Antibiotici a largo spettro
Antiepilettici
Colchicina
Deficit di micronutriente
Vitamina B12, folati, ferro
Vitamina K
Vitamina D, K e folati
Vitamina B12
Potassio, zinco, magnesio, rame, vitamina
B6, B1
Vitamina B6, niacina
Calcio, Vitamine A, B2, B12, D, E, K
Vitamina B6
Vitamina B12
Vitamine A,E,D,K
Vitamina C, folati
Calcio e ferro
Folati
Diuretici
Isoniazide
Lassativi
Levodopa
Metformina
Resine a scambio ionico
Salicilati
Tetracicline
Trimetoprim
93
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Tabella 6
Valore energetico e composizione chimica per 100g di parte edibile di alcuni
formaggi (da voce bibliografica 56, *da altre fonti)
Varietà
Kcal
Proteine
g
Lipidi
g
Carboidrati
g
Colesterolo
mg
Calcio
mg
Fosforo
mg
Ferro
mg
Vit.
A
mcg
Vit.
E
mg
Mozzarella
di mucca
253
18
19
0,7
-
350
350
0,4
219
0,39
Ricotta di
mucca
146
9
10
3,5
-
295
237
0,4
128
0,21
Robiola
338
20
27
2,3
-
337 *
491 *
-
-
-
Caciottina
fresca
263
17
21
0,5
-
-
-
-
202
0,22
Gorgonzola
324
19
27
1
-
401
326
0,3
287
0,52
Stracchino
300
18
25
tracce
-
567
374
0,3
-
-
Scamorza
334
25
25
1
-
512
299
0,3
352
0,48
Fontina
343
24
27
0,8
-
870
561
0,3
420
0,62
Parmigiano
387
34
28
tracce
68*
1159
678
0,7
373
0,68
Pecorino
Romano
409
26
33
1,8
-
900
589
-
480
1,01
Groviera
389
31
29
1,5
110*
1123
685
0,5
400
-
Emmental
403
28
30
3,6
110*
1145
700
0,3
343
-
94
Prof. Lucchi
Tabella 7
Valore energetico e composizione chimica per 100 g di parte edibile di alcune
carni (da voce bibliografica 57, * da altre fonti)
Varietà
Kcal
Proteine
g
Lipidi
g
Carboidrati
g
Colesterolo
mg
Ferro
mg
Calcio
mg
Fosforo
mg
Vit A
mcg
Bovino
adulto
(filetto)
127
20
5
0
67*
1,9
4
200
tracce
Vitello
(filetto)
107
20
3
0
81*
1,2
14
214
tracce
Agnello
159
20
9
0
85*
1,7
10
190
tracce
Maiale
(bistecca)
157
21
8
0
72*
0,8
8
160
tracce
Pollo
171
19
11
0
70*
0,6
5
160
tracce
Tacchino
(fesa)
107
24
1,2
0
-
0,8
8
200
tracce
Salsiccia
(fresca di
suino)
304
15
27
0,6
-
2,8
20
173
tracce
95
Prof. Lucchi
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100
Prof. Lucchi
Valore nutritivo del Parmigiano-Reggiano
Composizione media (i dati sono riferiti a 100 grammi di prodotto)
Valore energetico Proteine Carboidrati Grassi Acidi grassi saturi Fibre alimentari Acido lattico
Sodio Colesterolo 392 kcal (1633 kJ)
33,0 g
0,0 g
28,4 g
20,9 g
0,0 g
1,6 g
0,65 g
83 mg
Nutrienti presenti in quantità significative rispetto alla razione giornaliera raccomandata
(RDA)
Vitamina A Riboflavina Vitamina B12 Biotina Calcio Fosforo Zinco
contenuti in 100 g
270 mcg 370 mcg 4,2 mcg 23 mcg 1.160 mg 678 mg 4 mg % della RDA
34
23
420
15
145
85
27
Per la valutazione delle quantità significative e della percentuale della razione
giornaliera raccomandata si è fatto riferimento a quanto disposto dal DL 16.2.1993
n. 77.
Il grasso del Parmigiano-Reggiano è così ripartito:
Acidi
Acidi
Acidi
Acidi
grassi
grassi
grassi
grassi
saturi
20,9 g/100g di formaggio
monoinsaturi 7,0 g/100g di formaggio
polinsaturi
0,5 g/100g di formaggio
insaturi trans 1,1 g/100g di formaggio
101
(73% degli acidi totali)
(25% degli acidi totali)
(2% degli acidi totali)
(4% degli acidi totali)
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Nutrizione, prodotti caseari e invecchiamento