Sistemi Semplici
Consideremo adesso alcuni sistemi quanto meccanici semplici nel senso che
per essi è possibile risolvere in modo esplicito la equazione di Schrödinger
ed ottenerne quindi autofunzioni ed autovalori esatti. Questi sistemi sono
particolarmente importanti perché ricorrono continuamente come modelli per
molti problemi molecolari.
Particella libera
Si tratta di una particella di massa m che si muove in assenza di campi
e di forze esterne quindi con un potenziale V = 0. Pertanto la particella
ha soltanto energia cinetica. Considerando il caso monodimensionale in cui
la particella si muove nella direzione x abbiamo quindi per l’Hamiltoniano
(energia totale) il solo contributo della energia cinetica T
1 .2
p2
H = T = mx =
(1)
2
2m
Come al solito abbiamo espresso l’Hamiltoniano classico in termini del momento e non della velocità. Il relativo operatore sarà
H=−
~2 d2
2m dx2
(2)
con equazione di Schrödinger
~2 d2 ψ
= Eψ(x)
(3)
2m dx2
La particella può muoversi lungo tutta la direzione x e poiché la funzione
d’onda deve essere normalizzabile le condizioni al contorno sono che la funzione deve essere finita per x compreso tra -∞ e +∞.
Cerchiamo soluzioni nella forma
Hψ(x) = −
i
ψ(x) = N e ~ kx
(4)
Quello che abbiamo fatto è una procedura normale: cerchiamo soluzioni di
una certa forma in cui compaiono dei parametri (in questo caso k). Affinché
la forma scelta sia soluzione della equazione di Schrödinger i parametri devono soddisfare a delle condizioni che troviamo sostituendo la forma proposta nella equazione di Schrödinger. [In molti casi, anche se non in questo,
1
la sostituzione porta automaticamente a delle quantizzazioni e a dei numeri
quantici possibili]. Introducendo allora l’espressione della funzione d’onda
nell’equazione otteniamo
−
k2
~2
(− 2 )ψ(x) = Eψ(x)
2m ~
(5)
e quindi
k2
=E
2m
(6)
e cioè
√
k=
2mE
(7)
per cui
i
√
ψ(x) = N e ~
2mEx
(8)
√
L’unica condizione che dobbiamo richiedere è che k e quindi 2mE sia reale
e questo implica che E > 0. Pertanto tutti i valori di E sono possibili: si
dice che l’energia ha uno spettro continuo. Vogliamo ora calcolare il valore
del momento. Per questo notiamo che in questo caso p commuta evidentemente con H e quindi anche p avrà un valore definito perfettamente, cioè le
autofunzioni di H sono anche autofunzioni di p. Si ha quindi
~ ∂
~ i√
ψ(x) =
2mEψ(x)N = pψ(x)
i ∂x
i~
(9)
per cui
√
p=k=
2mE
(10)
Si potrebbe anche calcolare semplicemente p come valore di aspettazione
p=
<ψ|p|ψ> √
= 2mE
<ψ|ψ>
(11)
p2
k2
=
2m
2m
(12)
oppure notare che
E=
e
2
p=k
(13)
Vogliamo infine calcolare la probabilità che la particella sia tra x e x + dx;
si ha
√
√
i
i
ψ ∗ (x)ψ(x)dx = N 2 e− ~ 2mEx e ~ 2mEx dx = N 2 dx
(14)
probabilità che è indipendente da x. Quindi, in accordo con il principio di
indeterminazione, poiché il momento è perfettamente definito la posizione e
del tutto indeterminata.
Particella nella scatola
Consideriamo la solita particella di massa m confinata in una scatola a forma
di parallelepipedo con lati a, b e c. Lavoriamo sul caso monodimensionale
in cui la particella si muova lungo la sola direzione x e poi estenderemo i
risultati al caso tridimensionale. Il potenziale sia costante nella scatola ed
infinito al di fuori. Le condizioni sono quindi ( vedi figura 1 )
V =0
(15)
V =∞
(16)
per 0 ≤ x ≤ a
per x fuori della scatola.
L’equazione di Schrödinger fuori della scatola è
~2 d2 ψ(x)
+ ∞ψ(x) = Eψ(x)
(17)
2m dx2
che ha soluzioni ψ = 0, cioè la probabilità che la particella sia fuori della
scatola è nulla.
Nella scatola l’equazione di Schrödinger è
Hψ(x) = −
~2 d2 ψ
= Eψ(x)
(18)
2m dx2
L’equazione appare quindi identica a quella per la particella libera ma le
condizioni al contorno sono ora diverse. Infatti la funzione deve essere nulla
sulle pareti e cioè per x = 0 e x = a. Riscriviamo l’equazione come
Hψ(x) = −
3
d2 ψ
2mE
= − 2 ψ(x)
2
dx
~
(19)
p2
p2x
2mE
=
=
~2
~2
~2
(20)
p2x
2mE
=
2
~
~2
(21)
Ricordiamo che
e definiamo una quantità
kx2 =
Allora scriviamo l’equazione come
d2 ψ
= −kx2 ψ(x)
(22)
dx2
Le soluzioni possibili sono due corrispondenti ad un’onda che si propaga nella
direzione x positiva f1 oppure nella direzione negativa f2
f1 = eikx x
(23)
f2 = e−ikx x
(24)
Le due soluzioni sono rappressentate graficamente in Figura 2. Se queste
funzioni sono entrambe soluzioni della equazione, la soluzione più generale
sarà nella forma di una loro combinazione lineare con coefficienti costanti.
La soluzione più generale sarà allora
f = c1 f1 + c2 f2
(25)
e±iα = cos α ± i sin α
(26)
e ricordando che
abbiamo
f = (c1 + c2 ) cos(kx x) + i(c1 − c2 ) sin(kx x) = A cos(kx x) + B sin(kx x) (27)
Applichiamo ora le condizioni al contorno e troviamo
4
f (0) = 0 = A
(28)
f = B sin(kx x)
(29)
e quindi
L’altra condizione al contorno darà
f (a) = 0 = B sin kx a
(30)
kx a = n x π
(31)
per cui
con nx = 1, 2, 3, 4, · · · · ·· per cui abbiamo
√
2mE
π
kx =
= nx
~
a
oppure
(32)
~2 π 2 2
h2 2
n
=
n
(33)
2ma2 x 8ma2 x
Abbiamo cosı̀ risolto l’equazione di Schrödinger e trovato autovalori ed autovettori: rimane soltanto da normalizzare le autofunzioni e trovare il valore
di Bx . Per questo dobbiamo integrare il quadrato della autofunzione (che in
questo caso è reale) tra 0 ed a. Usando semplici formule trigonometriche si
ottiene
Z a
B2
a=1
(34)
B 2 sin2 (kx x)dx =
2
0
E=
e quindi
p
2/a
B=
(35)
Quindi l’autofunzione normalizzata è
nx π
x
(36)
a
dove la funzione è identificata con un indice che è il numero quantico nx .
La forma delle autofunzioni e dei loro quadrati (e quindi della probabilità di
fnx (x) =
p
2/a sin
5
trovare la particella lungo x) è mostrata nelle figure 3 e 4. Usando semplici
formule trigonometriche si può facilmente verificare che le autofunzioni sono
ortogonali e cioè che
Z a
fi fj dx = 0
(37)
0
L’andamento delle energie al variare del numero quantico è mostrato anch’esso
nelle Figura 3 e 4. L’estensione al caso tridimensionale è semplice. Consideriamo allora una scatola in forma di parallelipipedo con lati a, b, c all’interno
della quale, incluse le pareti, il potenziale è nullo mentre fuori della scatola
il potenziale è infinito. In questo caso la autofunzione cercata è funzione di
3 coordinate e l’equazione di Schrödinger sarà
2
~2
∂
∂2
∂2
−
+
+
ψ(x, y, z) = Eψ(x, y, z)
(38)
2m ∂x2 ∂y 2 ∂z 2
In tutti i casi simili è necessario procedere alla separazione delle variabili con
lo scopo di trasformare l’equazione in 3 variabili in tre equazioni ad una sola
variabile. Per questo esprimiamo la funzione d’onda nella forma
ψ(x, y, z) = f (x)g(y)h(z)
(39)
Introducendo questa forma nella equazione e sfruttando la circostanza che si
tratta di tre variabili indipendenti, effettivamente la equazione viene spezzata
in tre equazioni ad una sola variabile identiche nella forma alla equazione
che abbiamo visto e risolto nel caso monodimensionale. Ognuna di queste
equazioni avrà un suo numero quantico per cui in totale avremo tre numeri
quantici che definiscono le varie autofunzioni possibili. La funzione d’onda
ha la forma
r
2
πnx
πny
πnz
ψ(x, y, z) =
sin
sin
sin
(40)
abc
a
b
c
e gli autovalori
~2 n2x n2y n2z
E=
+ 2 + 2
(41)
8m a2
b
c
Particolarmente interessante è il caso di una scatola cubica in cui a = b = c.
In questo caso infatti l’energia sarà data da
h2
E=
(n2x + n2y + n2z )
2
8ma
6
(42)
e dipende dal numero quantico totale
n2 = n2x + n2y + n2z
(43)
e si verificano situazioni degeneri e cioè casi in cui più stati hanno la stessa
energia. Lo schema dei livelli energetici con l’indicazione della degenerazione
e dei numeri quantici e riportato nelle figure 5 e 6.
La situazione nel caso bidimensionale per una scatola rettangolare e quadrata
è illustrata nella figura 7. Per la scatola quadrata la forma delle autofunzioni
è illustrata nelle Figure 8, 9 e 10.
La particella nella scatola è un sistema quantomeccanico semplice e risolubile
esattamente che si presta egregiamente come modello di molti sistemi molecolari. Alcune situazioni che sono approsimativamente assimilabili a questo
modello sono illustrate in figura 11. Tra sistemi per i quali la particella nella
scatola è un utile modello possiamo includere il caso di un elettrone in un
metallo, quello delle molecole di un gas in un recipiente, il caso di un elettrone
in un sistema coniugato. Ad esempio nella figura 12 è riportato uno schema
di livelli molecolari per gli elettroni π nel butadiene ottenuti con il modello
della particella nella scatola: è mostrata anche la prima transizione elettronica π → π ∗ . Questo modello prevede che la banda di assorbimento elettronico
in sistemi coniugati si sposta a più alte lunghezze d’onda all’aumentare della
lunghezza della catena. In tutte queste situazioni, ed in altre, usando il modello della particella nella scatola si possono fare predizioni del comportamento
dei sistemi che sono ovviamente qualitative ma sorprendentemente utili ed
efficaci considerando la semplicità del modello. Nella figura 11 sono mostrati
alcuni sistemi di interesse molecolare per i quali il potenziale può essere approssimato dal potenziale della particella nella scatola. In questi esempi si
vede però che il generale il potenziale fuori della scatola non è infinito ma
finito. In questa situazione la autofunzione si estenderà fuori della scatola e
ci sarà una probabilità non nulla di trovare la particella fuori della scatola.
Ciò è illustrato nella figura 12.
Oscillatore armonico
Questo sistema è di particolare importanza. Tutte le volte che abbiamo
un particella (un atomo, una molecola) che si può muovere vicino ad una
posizione di equilibrio possiamo in prima approssimazione descrivere il suo
movimento con il modello dell’oscillatore armonico. In questo modo si possono descrivere i movimenti degli atomi in un reticolo cristallino e con questo
7
modello Planck spiegò l’emissione del corpo nero. L’oscillatore armonico descrive egregiamente le oscillazioni degli atomi in una molecola con oscillazioni
delle lunghezze e degli angoli di legame intorno ai valori di equilibrio ed è
con questo la base della spettroscopia vibrazionale (spettroscopia infrarossa
e Raman). Questo sistema è anche essenziale per descrivere il campo elettromagnetico in una cavità, campo che viene considerato come un insieme
di oscillatori armonici. Nel seguito procederemo in questo modo: prima
descriveremo l’oscillatore armonico classico, successivamente passeremo alla
trattazione quantistica risolvendo la equazione di Schrödinger e trovando
autofunzioni ed autovalori.
Oscillatore classico
La rappresentazione più semplice del sistema è costituita da una massa m
tenuta in posizione di equilibrio da una molla perfettamente elastica (vedi
figura 13b). Se la particella si sposta dall’equilibrio la tensione della molla
crea un potenziale ed una forza di richiamo. Il potenziale dipenderà da
quanto grande è lo spostamento dalla posizione di equilibrio e dalla tensione
esercitata dalla molla. Se non conosciamo esattamente la forma del potenziale possiamo comunque sviluppare il potenziale intorno alla posizione di
equilibrio e chiamando con x lo spostamento dall’equilibrio otteniamo
V (x) = V◦ +
∂V
∂x
1
x+
2
◦
∂2V
∂x2
1
x +
6
◦
2
∂3V
∂x3
x3 + · · · · ·
(44)
◦
Poichè l’energia è definita a meno di una costante poniamo Vo = 0; ricordando
poi che (dV /dx)o = 0 (come condizione di equilibrio) e limitando lo sviluppo
al termine quadratico (approssimazione armonica) otteniamo il potenziale
armonico rappresentato graficamente in figura 14
1
V (x) = kx2
2
(45)
dove
d2 V
(46)
dx2
è la costante di forza. La forza che la molla esercita sulla particella è una
forza elastica tipo Hooke
k=
8
∂V
= −kx
∂x
L’energia cinetica della particella sarà evidentemente
f =−
(47)
.2
1 · 2 1 m2 x
p2
T = mx =
=
2
2 m
2m
(48)
Possiamo scrivere l’equazione del moto per il sistema nella forma
..
mx = −kx
(49)
Poiché per effetto della molla la particella si muoverà avanti e indietro rispetto
alla posizione di equilibrio cerchiamo soluzioni di tipo oscillatorio
x = A cos ωt
(50)
dove A è l’ampiezza dell’oscillazione. Si ha
.
..
x = −ω 2 A cos ωt
x = −Aω sin ωt
(51)
e sostituendo nell’equazione del moto abbiamo
−mω 2 A cos ωt + kωA cos ωt = 0
(52)
per cui la frequenza è legata alla massa ed alla costante di forza da
r
k
ω = 2πν =
k = mω 2
(53)
m
Usando la derivata prima già calcolata possiamo trovare per l’energia totale
1
1
1
1
H = T + V = mω 2 A2 sin2 ωt + kA2 cos2 ωt = kA2 = mω 2 A2
2
2
2
2
(54)
Poiché non c’è alcuna limitazione per l’ampiezza A, la quale dipende solo
dalle condizioni iniziali, si vede che l’energia può assumere qualsiasi valore.
Evidentemente l’energia è costante durante il movimento trasformandosi continuamente da energia puramente cinetica, quando la particella passa per la
posizione di equilibrio, ad energia puramente potenziale, quando la particella
arriva alla elongazione massima ed inverte il suo moto assumendo per un istante velocità nulla. Da un punto di vista classico la probabilità di trovare la
particella sarà massima alla elongazione massima quando la velocità si riduce
prima di invertirsi.
9
Trattazione quantistica
Come al solito è per prima cosa necessario trasformare l’Hamiltoniano classico
nell’operatore quantistico
1
~2 ∂ 2
1 2
p2
+ kx2
=⇒
H=−
+
kx
2m 2
2m ∂x2 2
e poi scrivere l’equazione di Schrödinger
H=
~2 ∂ 2
1
−
ψ(x) + kx2 ψ(x) = Eψ(x)
2
2m ∂x
2
che riscriviamo nella forma
(55)
(56)
1
d2 ψ(x) 2m
+ 2 (E − kx2 )ψ(x) = 0
(57)
2
dx
~
2
Non è facile risolvere questa equazione. La procedura è di trasformare
quest’equazione in un’equazione differenziale nota e della quale si conoscono
le soluzioni. Per questo semplifichiamo la notazione definendo le costanti
α=
2mE
~2
(58)
e
mk
β2 = 2
=⇒
~
e riscriviamo l’equazione come
√
β=
mk
=
~
√
m2 ω 2
mω
=
~
~
d2 ψ(x)
+ (α − β 2 x2 )ψ(x) = 0
dx2
Facciamo ora un cambiamento di variabile
x
=⇒
z=
p
βx
(59)
(60)
(61)
e sostituendo trasformiamo l’equazione in
d2 ψ(z)
α
+ ( − z 2 )ψ(z) = 0
2
dz
β
(62)
Cerchiamo una soluzione asintotica dell’equazione per z −→ ∞. In questo
limite α/β è trascurabile e quindi
10
d2 ψ(z)
− z 2 ψ(z) w 0
2
dz
(63)
con soluzione
ψ w e−z
2 /2
(64)
che sostituita darà
d2 ψ(z)
= (z 2 − 1)ψ(z) w z 2 ψ(z)
(65)
dz 2
Evidentemente solo la soluzione con il segno negativo è accettabile: la soluzione
con segno positivo diventa infinito per x → ∞. Le soluzioni generali , fuori
del limite asintotico, le cercheremo nella forma
ψ = u(z) · e−z
2 /2
(66)
dove u(z) sarà un polinomio in z. Per trovare l’equazione a cui deve obbedire
u(z) introduciamo questa forma nella equazione di Schrödinger e troviamo
alla fine
d2 u
du
α
−
2z
+
(
− 1)u = 0
dz 2
dz
β
(67)
Questa equazione ha esattamente la forma di un’equazione differenziale ben
nota, l’equazione di Hermite, che è
d2 u
du
− 2z
+ 2nu = 0
2
dz
dz
(68)
α
− 1) = 2n
β
(69)
se si identificano
(
Ricordando le definizioni di α e β si ha
α
2mE ~
2E
= 2n + 1 =
=
2
β
~ mω
~ω
(70)
da cui si ottiene per gli autovalori
1
En = ~ω(n + )
2
11
(71)
con n=0,1,2,3,· · · mentre le autofunzioni
hanno la forma
ψn (z) = Nn e−z
2 /2
Hn (z)
(72)
dove gli Hn sono i polinomi di Hermite, soluzioni della equazione di Hermite.
I primi polinomi di Hermite hanno la seguente forma
H0 = 1
H1 = 2z
H2 = 4z 2 − 2
H3 = 8z 3 − 12z
H4 = 16z 4 − 8z 2 + 12
H5 = 32z 5 − 160z 3 + 120z
······
(73)
Si può facilmente verificare che tra i polinomi di Hermite esiste la formula
ricorrente
1
zHn = nHn−1 + Hn+1
(74)
2
per cui con questa formula noti i primi due polinomi possiamo ricavare tutti
gli altri. Da un punto di vista di simmetria si vede che i polinomi sono
alternativamente pari o dispari, e cioè restano dello stesso segno o cambiano
di segno cambiando segno alla coordinata z. Ciò era da aspettarsi sulla
base delle proprietà dell’operatore parità, esaminato in precedenza, in quanto
in questo caso il potenziale è una funzione pari, essendo quadratico nella
coordinata. La forma di alcune autofunzioni è mostrata nelle figure 15 e 16,
dalle quali si vede chiaramente il carattere alternativamente pari e dispari.
In figura 15 è mostrata anche la forma del potenziale armonico classico, che
ha la forma di una parabola. Nelle figure è anche mostrato lo schema dei
livelli energetici per l’oscillatore armonico. Come era chiaro dalla formula i
livelli sono equidistanti (vedi figura 17) con separazione costante uguale a
~ω = hν
(75)
A questo proposito si può ricordare la ipotesi di Planck che le oscillazioni
atomiche variano per multipli di una quantità fondamentale hν. Un fatto
12
notevole è che l’energia dell’oscillatore armonico non è mai zero. Infatti nello
stato di energia più basso (stato fondamentale) per n = 0 l’energia è
1
Eo = hν
(76)
2
Questa viene detta energia del punto zero. Ciò è legato al principio di indeterminazione: infatti se l’energia potesse essere nulla ci troveremmo al centro
della buca di potenziale e sia la posizione ( spostamento ) che la velocità (e
quindi il momento) sarebbero nulli e quindi perfettamente definiti simultaneamente, cosa che appunto non è consentita dal principio di indeterminazione.
A parte la quantizzazione si vede la notevole differenza di comportamento
tra il sistema classico e quantistico. Nel caso classico la probabilità massima
di trovare la particella è sempre alla estremità del percorso (elongazione massima) dove la particella ha velocità nulla (vedi figura 18). Nel caso quantistico
per n = 0 invece la probabilità massima è al centro (vedi ancora figura 4). Il
sistema quantistico si avvicina al comportamento classico solo nel limite di
numeri quantici grandi (principio di corrispondenza) come è mostrato nella
figura 18.
Come abbiamo detto il modello dell’oscillatore armonico è un modello adatto
per descrivere le vibrazioni degli atomi in una molecola. Ad esempio, se
abbiamo una molecola biatomica costituita da due atomi di massa m1 ed m2
definiamo una massa ridotta
m1 m2
(77)
m1 + m2
Per l’oscillazione della lunghezza di legame intorno al suo valore di equilibrio
possiamo scrivere l’equazione
µ=
..
µr = −kr
(78)
che è identica all’equazione per l’oscillatore armonico. In realta però la curva
dell’energia potenziale per una molecola biatomica non è una curva parabolica armonica se non per piccoli spostamenti dalla posizione di equilibrio come
è mostrato nella figura 19. Gli oscillatori molecolari sono in verità anarmonici : questo vuol dire che nello sviluppo del potenziale bisogna andare
oltre i termini quadratici ed includere anche i termini cubici, quartici, . . .
nello spostamento. In questa situazione lo schema dei livelli energetici cambia un poco come mostrato nelle figure 19 e 20.
13
Abbiamo presentato la trattazione tradizionale dell’oscillatore armonico attraverso la soluzione della equazione di Schrödinger. Volendo ottenere i livelli
energetici dell’oscillatore sarebbe possibile arrivare al risultato basandosi esclusivamente sulle proprietà (in partcolare di commutazione) degli operatori
senza ricorrere alla soluzione della equazione differenziale.Ciò richiederebbe
un poco di familiarità con l’algebra degli operatori. Tuttavia questa procedura dimostra la rilevanza delle proprietà degli operatori in meccanica quantistica.
I momenti angolari
Consideriamo una massa m che ruoti ad una distanza r da una origine con
una velocità angolare ω . La massa avrà allora una velocità tangenziale
v = ωr. Alla massa in movimento sarà associato un momento (quantità di
moto)
p = mv
ed un momento angolare
(79)
(o momento della quantità di moto) L
L = r × mv = r × p
(= rmωr = mr2 ω = Iω)
(80)
dove x indica il prodotto vettoriale ed I = mr2 è il momento di inerzia.
Il momento angolare è quindi un vettore con direzione perpendicolare sia a
v che ad r e con un verso che può essere determinato con la regola della
vite destrorsa o con la regola della mano destra (vedi figura 21). Il momento
angolare ha quindi la direzione dell’asse di rotazione.
In un moto rotatorio generale (ad esempio sulla superficie di una sfera) sia
r che p avranno tre componenti cartesiane e le tre componenti di L possono
essere determinate scrivendo
r = xi + yj + zk
(81)
p = px i + py j + pz k
(82)
.
dove i, j e k sono tre versori cartesiani ortogonali e px = mx ed anologamente
per le altre componenti del momento. Il momento angolare, come prodotto
vettoriale, può allora essere scritto come un determinante
14
i j k
L=r×p= x y z
px py pz
(83)
Sviluppando si ottengono le tre componenti cartesiane come
Lx = ypz − zpy
Ly = zpx − xpz
Lz = xpy − ypx
(84)
Si vede chiaramente che le tre componenti possono essere scritte facilmente
secondo una regola ciclica. Ricordando la definizione degli operatori associati
alla posizione ed al momento si ottengono i corrispondenti operatori per le
componenti del momento angolare
∂
} ∂
(y
−z )
i ∂z
∂y
∂
} ∂
Ly = (z
−x )
i ∂x
∂z
∂
} ∂
−y )
Lz = (x
i ∂y
∂x
Lx =
(85)
Il modulo al quadrato del momento angolare è dato da
L2 = L2x + L2y + L2z
(86)
Il momento angolare è una variabile dinamica altrettanto importante che
l’energia (Hamiltoniano). Innanzi tutto siamo particolarmente interessati a
sistemi in rotazione (rotazione di un elettrone intorno al nucleo, rotazione
di una molecola) nello studio delle proprietà molecolari. In un sistema isolato (non soggetto a forze esterne o con risultante nulla delle forze esterne)
il momento angolare è una quantità che si conserva. In problemi con un
campo centrale, ad esempio in un atomo, il momento angolare commuta con
l’Hamiltoniano e quindi le autofunzioni del momennto angolare sono anche
autofunzioni dell’Hamiltoniano e viceversa.
Per tutti questi motivi vogliamo trovare gli autovalori e le autofunzioni del
momento angolare. A questo fine è preliminarmente importante trovare le
15
proprietà di commutazione degli operatori per il momento angolare. Partiamo a tal fine dai commutatori fondamentali per momento e posizione
}
(87)
i
e da proprieta generali dell’algebra dei commutatori, come ad esempio dalla
proprietà
[x, px ] = i} = −
[A, BC] = [A, B] C + B [A, C]
(88)
Per gli operatori del momento angolare si trova
2
L , Lx = L2 , Ly = L2 , Lz = 0
(89)
[Lx , Ly ] = i}Lz
[Ly , Lz ] = i}Lx
[Lz , Lx ] = i}Ly
(90)
Si vede che anche per questi commutatori vale una regola ciclica. I commutatori tra le componenti si possono scrivere in forma compatta usando le
proprietà del prodotto vettoriale
i
j k
Lx Ly Lz = i}L
L x Ly Lz
L × L = i}L
(91)
In base a queste proprietà di commutazione si vede che il momento angolare
L2 commuta con tutte le componenti ma le componenti non commutano tra
loro. Perciò il momento angolare totale ed una delle componenti (di solito si
scieglie la componente z) avranno autofunzioni comuni e ci saranno stati in
cui queste due quantità (e solo loro) saranno perfettamente definite.
Volendo trovare autovalori ed autofunzioni di L2 ed Lz è necessario procedere
ad un cambiamento di variabili dalla coordinate cartesiane x,y,z alle coordinate sferiche r,θ, ϕ come illustrato in figura 22. Le relazioni tra i due sistemi
di coordinate sono
x = r sin θ cos ϕ
y = r sin θ sin ϕ
z = r cos θ
16
(92)
e
r 2 = x2 + y 2 + z 2
z
cos θ =
r
y
tan ϕ =
x
(93)
I limiti di variazione delle tre nuove variabili sono:
0≤r≤∞
0≤θ≤π
0 ≤ ϕ ≤ 2π
(94)
Usando le relazioni tra i due sistemi di coordinate è possibile esprimere gli
operatori di interesse nel nuovo sistema di coordinate e si ottiene il seguente
risultato
}
∂
∂
Lx =
− sin ϕ − cot θ cos ϕ
i
∂θ
∂ϕ
}
∂
∂
Ly =
cos ϕ − cot θ sin ϕ
i
∂θ
∂ϕ
} ∂
Lz =
i ∂ϕ
2
∂
∂
1 ∂2
2
2
L = −}
+ cot θ
+
∂θ2
∂θ sin2 θ ∂ϕ2
(95)
(96)
o alternativamente
2
L = −}
2
1 ∂
∂
1 ∂2
sin θ
+
sin θ ∂θ
∂θ sin2 θ ∂ϕ2
(97)
Nel ricavare queste espressioni è stato tenuto conto che r è costante. Ciò
definito dobbiamo risolvere le seguenti due equazioni agli autovalori
L2 Y (θ, ϕ) = aY (θ, ϕ)
(98)
Lz Y (θ, ϕ) = bY (θ, ϕ)
(99)
Come al solito cerchiamo di procedere con una separazione di variabili cercando soluzioni nella forma
17
Y (θ, ϕ) = S(θ)T (ϕ)
(100)
Sostituendo questa forma nelle equazioni agli autovalori separiamo l’equazione
differenziale in due variabili in due equazioni ad una sola variabile. Per la
funzione in ϕ si ottiene
−i}
∂T
= bT
∂ϕ
(101)
che possiamo anche riscrivere come
∂T
ib
= ∂ϕ
(102)
T
}
La funzione T sarà chiaramente una funzione esponenziale della forma
ib
T (ϕ) = Ae } ϕ
(103)
in cui è ora necessario determinare b ed A. Per determinare b teniamo conto
(vedi figura 2) che nella variabile ϕ abbiamo una periodicità 2π e quindi deve
essere
T (ϕ + 2π) = T (ϕ)
ib
ib
Ae } (ϕ+2π) = Ae } ϕ
(104)
(105)
e questo implica che
ib
e } (2π) = 1
(106)
condizione che può essere realizzata se
b
2π = 2πm
}
m = 0, ±1, ±2, ±3, · · · · · · ·
(107)
e cioè
b = }m
(108)
T (ϕ) = Aeimϕ
(109)
Le autofunzioni di Lz sono quindi
18
dove è ancora da determinare la costante A. Questa può essere ottenuta dalla
condizione di normalizzazione
Z 2π
Z 2π
−imϕ
imϕ
2
Ae
Ae dϕ = A
dϕ = A2 2π = 1
(110)
0
0
da cui si ottiene
1
A= √
2π
Per cui le autofunzioni normalizzate di Lz sono
1
T (ϕ) = √ eimϕ
m = 0, ±1, ±2, ±3, · · · · · · ·
2π
Per l’operatore L2 otteniamo invece la seguente equazione
2
∂S(θ)
m2
2 ∂ S(θ)
−}
+ cot θ
−
S(θ) = aS(θ)
∂θ2
∂θ
sin2 θ
(111)
(112)
(113)
Che possiamo riscrivere come
∂ 2 S(θ)
∂S(θ)
m2
a
+
cot
θ
−
(114)
2 S(θ) = − 2 S(θ)
2
∂θ
∂θ
}
sin θ
Per affrontare la risoluzione di questa equazione conviene procedere ad un
cambiamento di variabile definendo
w = cos θ
(115)
Dobbiamo allora trasformare la nostra equazione da una equazione per S(θ)
in una equazione per G(w). Lo scopo che ci prefiggiamo con questo cambiamento di variabile è di arrivare ad una equazione differenziale che sia già
nota e risolta. Con una serie di manipolazioni algebriche si giunge in effetti
alla seguente equazione
(1 − w2 )
d2 G
dG
a
m2
−
2w
+
(
−
)G = 0
dw2
dw
}2 1 − w 2
(116)
con -1≤ w ≤ 1
Questa equazione rassomiglia alla equazione di Legendre
(1 − x2 )
d2 z
dz
− 2x − n(n − 1)z = 0
2
dx
dx
19
(117)
Facciamo ora il seguente cambiamento
G(w) = (1 − w2 )
|m|
2
H(w)
(118)
e sostituendo nell’equazione otteniamo la seguente equazione per H(w)
i
d2 H
dH h a
(1 − w ) 2 − 2w(| m | +1)
+ 2 − | m | (| m | +1) H = 0
dw
dw
}
2
Cerchiamo poi per H(w) una soluzione in forma di polinomio
X
H=
aj w j
(119)
(120)
j
Sostituendo si ottiene una equazione per i polinomi: poiché l’espressione deve
essere uguale a zero tutti i coefficienti delle varie potenze di w nel polinomio
devono essere nulli. Al termine di una serie di passaggi algebrici si ottiene
per gli autovalori di L2
a = l(l + 1)}2
(121)
| m |≤ l
(122)
con
l = 0, 1, 2, 3, 4, . . .
ed inoltre si ha che
e
m = −l, −l + 1, −l + 2, . . . , −2, −1, 0, 1, 2, . . . , l − 2, l − 1, l
(123)
È chiaro che deve essere Lz ≤ L. Se infatti fosse L = Lz automaticamente
sarebbe anche Lx = Ly = 0 e quindi tutte e tre le componenti sarebbero
esattamente definite: ma questo non è possibile perché le componenti non
commutano tra di loro. Perciò se il modulo del momento angolare è
| L |=
p
l(l + 1)}
(124)
il valore massimo della componente z sarà
Lz(max) = l}
20
(125)
Per quanto riguarda le autofunzioni avremo che esse dipendono da entrambi
i numeri quantici l ed m e saranno nella forma
l−|m|
|m|
Sl,m (θ) = (sin θ)
X
aj (cos θ)j
(126)
j
dove la sommatoria scorre sugli indici pari o dispari a seconda che k = l− |
m | sia pari o dispari. Queste funzioni sono i polinomi associati di Legendre
|m|
Pl (w) che, con una formula più generale, possiamo scrivere come
1 dl
(w2 − 1)l
2l l! dwl
Le autofunzioni che abbiamo trovato hanno in definitiva la forma
|m|
Pl (w) =
|m|
Sl,m (θ) = N Pl (cos θ)
(127)
(128)
con N fattore di normalizzazione dato da
(2l + 1)(l− | m |)!
N=
2(l+ | m |)!
12
(129)
Queste soluzioni sono chiamate armoniche sferiche.
In conclusione abbiamo che
L2 Ylm (θ, ϕ) = l(l + 1)}2 Ylm (θ, ϕ)
Lz Ylm (θ, ϕ) = m}Ylm (θ, ϕ)
l = 0, 1, 2, 3, 4, · · ·
(130)
m = −l, · · · · · · , l
(131)
Nella figura 23 sono riportati i risultati per alcuni valori dei numeri quantici
possibili. Ritornando a quanto detto in precedenza il momento e la sua componente z commutano e quindi sono simultaneamente perfettamente definiti
(hanno autofunzioni comuni). Al contrario non possiamo specificare le componenti x e y: poiché le componenti z e x non commutano, una volta che
la prima è perfettamente definita la seconda è del tutto indeterminata. La
situazione è rappresentata nella Figura 24 dalla quale si vede che possiamo
dire che è come se L ruotasse in un cono centrato sull’asse z (moto di precessione) in modo che il modulo di L e la sua componente z sono definiti
21
completamente ma la proiezione nel piano x, y e quindi queste ultime due
componenti sono completamente indeterminate.
La forma delle autofunzioni del momento angolare è rappresentata nella
figura 25. Si vede che queste autofunzioni, come confermeremo in seguito,
coincidono con la parte angolare delle autofunzioni per l’atomo di idrogeno.
Abbiamo trovato le autofunzioni e gli autovalori per il momento angolare risolvendo le relative equazioni differenziali agli autovalori. È possibile ottenere
gli autovalori senza risolvere le equazioni diffrenziali basandosi esclusivamente
sulle proprietà degli operatori e sui loro commutatori. È una procedura astratta ma elegante ed efficace in quanto valida per tutti gli operatori aventi le
stesse proprietà di commutazione. In particolare in questo caso si definiscono
due nuovi operatori detti
operatore salita
L+ = Lx + iLy
operatore discesa
L− = Lx − iLy
(132)
(133)
Sfruttando le proprietà di questi nuovi operatori si giunge alla stessa espressione già trovata per gli autovalori e cioè per L2 si ottiene
j(j + 1)}2
(134)
ma con una differenza sostanziale: in questo caso i numeri quantici possono
essere anche semiinteri
j = 0, 21 , 1, 3/2, 2, 5/2, 3, · · · · ··
Questa soluzione è più generale e non si ottiene partendo dalla impostazione
classica seguita nella soluzione delle equazioni differenziali. I valori semiinteri risulteranno essenziali quando dovremo considerare il momento angolare
associato allo spin dell’elettrone.
Il rotatore rigido
Questo sistema semplice costituisce il fondamento di tutta la spettroscopia
rotazionale e quindi è di importanza fondamentale. Il sistema illustrato in
figura 26 è costituito da una massa M che ruota ad una distanza fissa R da
un punto che scegliamo come origine del sistema di riferimento. Per questo
sistema definiamo il momento di inerzia
I = M R2
22
(135)
Questo sistema è identico a quello costituito da due masse che ruotano intorno
al loro centro di gravità e quindi ad una molecola biatomica che ruota, se si
identifica M con la massa ridotta ed R con la distanza di legame, considerata
fissa ( rotatore rigido ). Per la molecola biatomica il momento di inerzia
potrebbe essere scritto alternativamente
I = m a a2 + m b b 2
(136)
dove a e b sono le distanze dei due atomi dal centro di massa con la condizione
ovvia che
a+b=R
(137)
(Il centro di massa è definito dalla relazione ma a = mb b)
Possiamo descrivere il moto di rotazione in funzione delle tre coordinate
cartesiane che saranno legate dalla relazione
x2 + y 2 + z 2 = R 2
(138)
Si vede quindi che le tre coordinate non sono indipendenti in quanto tra loro
esiste una relazione. Per descrivere il movimento di rotazione sono in realtà
sufficienti due sole coordinate: il sistema ha due gradi di libertà. Possiamo
scegliere convenientemente le due coordinate polari indicate in figura 27.
La procedura da seguire è la seguente. Innanzi tutto consideriamo che sul
sistema non agiscano forze esterne in modo che V = 0 e quindi il sistema abbia solo energia cinetica. Possiamo allora scrivere l’Hamiltoniano del sistema
nella forma tradizionale con il solo operatore energia cinetica e poi trasformiamo l’operatore nelle nuove coordinate polari. Si tratta quindi sostanzialmente della trasformazione di coordinate già considerata nel problema dei
momenti angolari. Tenendo conto che R è costante, nelle nuove coordinate
l’operatore assume la forma
1 ∂
∂
1 ∂2
~2
H=−
sin θ
+
(139)
2I sin2 θ ∂θ
∂θ sin2 θ ∂φ2
Da questa forma dell’Hamiltoniano il sistema appare identico ad una massa
I che ruota ad una distanza R = 1. A parte il fattore 2I l’Hamiltoniano è
identico a quello trovato per il momento angolare L2 e quindi i due operatori
avranno le stesse autofunzioni mentre gli autovalori differiranno per il fattore
2I. Ricordando le soluzioni per il momento angolare
23
h
i 12
Ylm (θ, ϕ) = (2l+1)(l−|m|)!
2(l+|m|)!
e poiché come detto
|m|
√1 eimϕ P
l (cos θ)
2π
1 2
L
2I
gli autovalori per il rotatore rigido saranno
H=
(140)
}2
J(J + 1)
J = 0, 1, 2, 3, . . . . . .
(141)
2I
dove abbiamo usato il simbolo J per il numero quantico. Possiamo introdurre
la cosiddetta costante rotazionale
}
h
B=
= 2
(142)
4πI
8π I
per riscrivere
E = hBJ(J + 1)
(143)
E=
Le autofunzioni del rotatore rigido saranno uguali a quelle del momento angolare che abbiamo gia visto e che sono nuovamente mostrate in Figura 28.
Poiché l’energia dipende soltanto dal numero quantico J mentre le funzioni
dipendono da J e da m (che come visto può variare da +J a −J ) e chiaro
che i livelli rotazionali hanno una degenerazione 2J + 1. Lo schema dei livelli
energetici del rotatore rigido è riportato in figura 29 e 30. È chiaro che più
grande è il momento di inerzia e quindi più piccola è la costante rotazionale
più ravvicinati sono i livelli rotazionali. Nella figura 29 sono anche mostrate
le transizioni tra livelli rotazionali che danno origine allo spettro rotazionale.
Uno spettro rotazionale è mostrato in figura 31.
Èpevidente che il rotatore rigido ha anche un momento angolare dato da
} J(J + 1). Per il numero quantico o per il momento angolare si usano tradizionalmente in situazioni diverse simboli diversi, anche se si tratta
sostanzialmente della stessa quantità. La simbologia di uso comune nelle
varie situazioni è riassunta nella Figura 32.
Il modello che abbiamo considerato è quello di un rotatore rigido in cui
quindi la distanza interatomica non varia. È chiaro che in pratica in una
molecola che ruota si genera una forza centrifuga che tende ad allungare la
molecola tanto più quanto più grande è l’energia e la velocità rotazionale (e
quindi quanto più alto è il numero quantico J). Per effetto della distorsione
centrifuga i livelli energetici variano in un caso reale come mostrato in figura
33.
24
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Lezione3