Gennaio-Marzo 2013 • Vol. 43 • N. 169 • pp. 25-30
Infettivologia neonatale
Attualità e novità in infettivologia neonatale
Mauro Stronati, Alessandro Borghesi, Giuseppina Lombardi
Neonatologia, Patologia Neonatale e Terapia Intensiva, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
Sommario
Le infezioni rappresentano una delle principali cause di mortalità e morbilità in epoca neonatale. Possono colpire sia il feto che il neonato e la sintomatologia
associata può esprimersi già in epoca feto-neonatale o manifestarsi tardivamente con sequele spesso gravi ed invalidanti.
Nella presente revisione prenderemo in esame alcune delle più recenti novità in tema di infezioni fetali e neonatali con particolare riferimento a: i) infezione
neonatale da herpes simplex virus (HSV), ii) infezione congenita da citomegalovirus (CMV), e iii) infezioni nosocomiali.
Le novità per l’infezione da HSV riguardano soprattutto la possibilità di prevenire le recidive, dopo il trattamento della fase acuta, prolungando la terapia
antivirale per ulteriori 6 mesi. Le novità per l’infezione da CMV riguardano sia la diagnostica (utilizzo di polymerase chain reaction per isolare il DNA virale
da urine e saliva) che la prevenzione/terapia (prevenzione della trasmissione materno-fetale con immunoglobuline specifiche anti-CMV; terapia del neonato
sintomatico con valganciclovir). Le novità in ambito di prevenzione delle infezioni nosocomiali sono: i) l’evidenza che un uso giudizioso degli antibiotici
riduce i gravi effetti avversi legati ad un loro utilizzo inappropriato; ii) possibilità future di ridurre le infezioni correlate all’uso dei cateteri venosi centrali
mediante lo sviluppo di nuovi biomateriali; iii) nuove evidenze sulle immunoglobuline e.v. per il trattamento o la prevenzione delle infezioni neonatali (IgG
polivalenti o Ig specifiche anti-stafilococco).
Summary
Infections are one of the main causes of neonatal mortality and morbidity. They may affect both the fetus and the neonate, and signs may be apparent early
in life, or appear as severe sequelae later on. In the present review we will consider some of the most novel evidences on fetal and neonatal infections, with
focus on: i) neonatal herpes simplex virus (HSV) infection, ii) congenital cytomegalovirus (CMV) infection, and iii) nosocomial infections. New findings for
HSV infection support a longer treatment with acyclovir (for six months, following the conventional 14/21-days-course treatment with acyclovir for the acute
phase of infection), in order to reduce relapsing infection of the skin and central nervous system and improve neurocognitive outcome. New findings on congenital CMV infection concern diagnosis (identification, by polymerase chain reaction, of viral DNA in urine and saliva) and treatment (prevention of motherto-child transmission of infection with specific anti-CMV immunoglobulins; treatment of the symptomatic newborn infant with valgancyclovir). New studies
on nosocomial infections report: i) the evidence that the judicious use of antibiotics reduces the severe side effects of inappropriate antibiotic treatment;
ii) the future possibility of preventing central venous catheter infections with the use of newly developed biomaterials; iii) new evidences on intravenous
immunoglobulins for the prevention or treatment of neonatal infections (polyvalent IgG immunoglobulins, or anti-staphylococcal specific immunoglobulins).
Metodologia della ricerca bibliografica effettuata
Introduzione
Le infezioni gravi sono una delle principali cause di mortalità e morbilità in epoca neonatale e sono responsabili di oltre un milione di
decessi ogni anno nel mondo (Lawn et al., 2005). Sia il feto che il neonato possono essere esposti ad eventi infettivi e la sintomatologia
associata può esprimersi già in epoca feto-neonatale o manifestarsi
tardivamente con sequele spesso gravi ed invalidanti.
Assume pertanto sempre più importanza la ricerca di strategie che
possano limitare le gravi conseguenze delle patologie infettive.
I lavori a cui faremo riferimento derivano da una ricerca condotta
sulla banca bibliografica Medline, utilizzando come motore di ricerca
PubMed con le seguenti stringhe: (herpes simplex [MeSH Term] AND
(“infant, newborn”[MeSH Terms]); (cytomegalovirus [MeSH Term]
AND (“infant, newborn”[MeSH Terms] AND (congenital infection
[Text Word]); (Sepsis [MeSH Term] AND (“infant, newborn”[MeSH
Terms]); (antibiotic [Text Word] AND (“infant, newborn”[MeSH
Terms]); (“catheters”[MeSH Terms] AND (“infection”[MeSH Terms]
AND (“infant, newborn”[MeSH Terms]).
Infezione neonatale da herpes simplex virus (hsv):
novità
Nella presente revisione prenderemo in esame alcune novità sulle
Obiettivo della revisione
infezioni fetali e neonatali. In particolare, verranno trattate:
• la prevenzione delle recidive dell’infezione neonatale da herpes
simplex virus (HSV) e la diagnosi e il trattamento dell’infezione
congenita da citomegalovirus (CMV);
• le nuove strategie preventive delle infezioni nosocomiali.
Saranno oggetto di trattazione a parte, in due articoli pubblicati nella
presente sezione di “novità in infettivologia neonatale”, le strategie
diagnostiche delle infezioni sistemiche neonatali e le strategie preventive e terapeutiche delle infezioni fungine in neonatologia.
L’infezione neonatale da HSV viene trasmessa nella maggior parte
dei casi durante il parto. Clinicamente si può presentare come infezione a livello di cute, occhi, bocca (skin, eyes, mouth – SEM – disease) o come encefalite o come infezione disseminata, caratterizzata
o meno da coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
Dal 2001 la terapia di scelta è costituita da aciclovir e.v. ad alte dosi
(60 mg/kg/die in 3 somministrazioni per 21 giorni, o per 14 giorni in caso di SEM disease). Tale terapia ha ridotto la mortalità e la
morbilità della patologia, anche se le ricorrenze dell’infezione sono
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M. Stronati, A. Borghesi, G. Lombardi
frequenti, soprattutto nel 1° anno di vita e le sequele neurologiche
rimangono gravi.
Nell’ipotesi che le recidive dell’infezione possano peggiorare la prognosi Kimberlin et al. (2011) hanno effettuato uno studio nel quale,
al termine della terapia della fase acuta con aciclovir e.v., i pazienti
venivano assegnati ad un trattamento (con l’obiettivo di prevenire
le recidive) con aciclovir per os alla dose di 300 mg/m2 per 3 volte
al giorno per 6 mesi o a placebo. I pazienti con infezione neonatale
e coinvolgimento del sistema nervoso centrale sottoposti al trattamento prolungato con aciclovir presentavano, a 6 e 12 mesi, un
miglior sviluppo neurocognitivo ed i bambini con SEM disease presentavano una riduzione delle ricorrenze cutanee rispetto al gruppo
placebo. Tali risultati supportano l’utilizzo di una terapia prolungata
con aciclovir, mentre è ancora oggetto di discussione se la durata
debba essere di 6 mesi o di almeno 1 anno (Bargiela et al., 2012).
Recentemente sono state pubblicate le linee guida per la gestione del
nato asintomatico da madre con herpes genitale e lesioni attive al momento del parto. Il rischio di trasmissione verticale dell’HSV è correlato
al tipo di infezione genitale della madre (primaria, non primaria, ricorrente): l’algoritmo proposto dagli autori valuta l’infezione materna, gli
esami virologici e sierologici del neonato e propone, a seconda del
rischio stimato, un approccio terapeutico, una terapia preventiva, o un
atteggiamento di vigile attesa (Kimberlin et al., 2013).
Infezione congenita da citomegalovirus (cmv):
novità
L’infezione congenita da CMV è la più frequente infezione congenita virale con una prevalenza pari allo 0,6-0,7% dei nati nei paesi
industrializzati. I nati infetti sono nell’85-90% dei casi asintomatici
alla nascita, e solo nel rimanente 10-15% dei casi si presentano
sintomatici. Tutti, indipendentemente dalla sintomatologia alla nascita, sono a rischio di sequele (circa il 20-30% di tutti i neonati con
infezione congenita).
Importanti novità sull’infezione congenita da CMV riguardano la diagnostica. In passato la diagnosi di infezione congenita da CMV si
basava sull’identificazione nelle urine dell’antigene virale su colture
di fibroblasti (shell vials). Tale metodica è sempre meno utilizzata ed
è stata sostituita dall’identificazione di DNA virale mediante polymerase chain reaction per il CMV (PCR-CMV) in liquidi biologici (urine,
saliva e sangue) (Kadambari et al., 2011).
Le urine, in particolare, sono il materiale di scelta per la diagnosi di infezione congenita da CMV. Tuttavia la raccolta delle urine è spesso difficoltosa, richiede tempo, e non è sempre agevole per la diagnosi di routine.
Studi recenti hanno confermato che la PCR su saliva (che si ottiene
rapidamente, può essere stoccata e trasportata con facilità in laboratorio), sia liquida che secca, ha elevate sensibilità e specificità
(Boppana et al., 2011), e potrà essere considerata in futuro la metodica più semplice e affidabile per la diagnosi di infezione congenita
e per programmi di screening neonatale. Si dovrà comunque porre
particolare attenzione al momento della raccolta della saliva, che
dovrà essere lontano dalla poppata per la possibile contaminazione
con latte materno infetto.
L’indagine PCR-CMV su sangue (che può presentare una carica virale bassa) ha una sensibilità diagnostica inferiore con una specificità
del 100%; pertanto la positività dell’esame è indicativa d’infezione
congenita, mentre l’eventuale negatività dovrebbe essere verificata
su urine o saliva in caso di fondato sospetto.
Un’altra importante novità sull’infezione da CMV riguarda la terapia
dei neonati infetti sintomatici.
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In letteratura vi è un’ampia discussione sulle indicazioni alla terapia
nel nato infetto sintomatico: vi è accordo sulla terapia nel sintomatico con coinvolgimento del sistema nervoso centrale (microcefalia, anomalie alla neuroimaging, corioretinite, sordità), ma anche
nel sintomatico “in pericolo di vita”. Secondo alcuni autori si può
prevedere una terapia in caso di malattia severa di alcuni apparati
(epatite, gravi alterazioni della linea cellulare midollare, coliti, polmoniti); secondo altri autori si può considerare la terapia in caso di
infezione disseminata con petecchie o trombocitopenia o alta carica
virale (Gandhi et al., 2010, Kadambari et al., 2011).
La terapia prevede l’uso di ganciclovir, farmaco virostatico, iniziato
entro il 1° mese di vita, alla dose di 12 mg/kg/die in 2 somministrazioni per via endovenosa per 6 settimane, che si è dimostrato
capace di migliorare o stabilizzare il danno uditivo e migliorare l’acquisizione delle tappe neurologiche a test predefiniti a 6-12 mesi
nei pazienti trattati rispetto ai non trattati (Kimberlin et al., 2003,
Oliver et al., 2009). Il valganciclovir, pro-farmaco del ganciclovir, con
elevata biodisponibilità (60%), dopo somministrazione per via orale
al dosaggio di 16 mg/kg risulta paragonabile a una dose di ganciclovir e.v. di 6 mg/kg (Kimberlin et al., 2008, Lombardi et al., 2009,
Stronati et al., 2012). Data la maneggevolezza anche a domicilio
del farmaco, è stato possibile proporre tempi più lunghi di terapia
(6-12 mesi) nell’ipotesi che un prolungato controllo della replicazione virale migliori l’outcome; il Collaborative Antiviral Study Group
(CASG) ha in corso uno studio clinico controllato in doppio cieco di
terapia con valganciclovir somministrato per 6 settimane versus
6 mesi (CASG112).
Rimane aperta la questione dell’utilizzo di terapia antivirale dopo il
primo mese di vita in caso di comparsa di sequele: in letteratura ci
sono due segnalazioni di terapia effettuata in lattanti per la comparsa di ipoacusia, con buoni risultati (Hilgendorff et al., 2009, Stronati
et al., 2011).
In attesa di un vaccino efficace, la prevenzione della trasmissione
dell’infezione in gravidanza si è focalizzata sull’utilizzo di IgG iperimmuni antiCMV nelle gravide con infezione primaria. Nigro et al.
(2005), riportano che le IgG riducono il rischio di infezione congenita
da 40% al 16%.
Per verificare l’efficacia di questa pratica è stato effettuato uno studio multicentrico in doppio cieco, farmaco versus placebo, di fase
IIB (CHIP Trial). Le gravide con prima infezione da CMV ad un’età
gestazionale compresa tra 5 e 26 settimane ricevevano IgG iperimmuni o placebo mensilmente fino a 36 settimane. La differenza di
trasmissione nei due bracci di trattamento non risultava statisticamente significativa, ma si evidenziava un trend di ridotta trasmissione dell’infezione nelle pazienti che avevano ricevuto il farmaco.
Il dato dovrà essere verificato in un trial ulteriore di fase III, che
definirà meglio anche il ruolo protettivo degli anticorpi materni (in
particolare quelli diretti contro gli antigeni proteici virali codificati
dal gene UL128-131, fondamentali per l’infettività del virus) sulla
trasmissione dell’infezione (Revello, 2012).
Prevenzione delle infezioni nosocomiali: novità
Nelle unità di terapia intensiva neonatale (UTIN) le infezioni hanno un’incidenza compresa tra il 7 ed il 24,5% e complicano il ricovero prolungandone la durata, richiedendo cure intensive in fase acuta, causando
sequele a lungo termine e comportando un importante incremento della
spesa sanitaria (Borghesi et al., 2008). Le infezioni neonatali vengono
definite “a insorgenza precoce” (early-onset) quando compaiono nelle
prime 48-72 ore di vita e “a insorgenza tardiva (late-onset) quando la
loro comparsa si manifesta oltre tale limite temporale.
Attualità e novità in infettivologia neonatale
Negli ultimi anni gli sforzi di molti gruppi di ricerca si sono focalizzati sullo sviluppo di nuove strategie per ridurre ulteriormente
l’incidenza di infezioni nelle UTIN. Tali misure di prevenzione includono:
• uso giudizioso degli antibiotici;
• nuove tecnologie per la prevenzione delle infezioni associate a
catetere venoso centrale (CVC);
• immunoprofilassi ed immunoterapia con immunoglobuline (specifiche e/o polivalenti);
Uso giudizioso degli antibiotici
Antibioticoterapia empirica prolungata: rischio di enterocolite necrotizzante (NEC), mortalità ed altri outcome avversi
Gli antibiotici sono l’arma più efficace a nostra disposizione contro gli
effetti, a volte devastanti, delle infezioni, ma la loro somministrazione empirica prolungata o inappropriata può comportare la selezione
di ceppi batterici resistenti e favorire l’insorgenza di infezioni fungine
(Isaacs, 2006). Accanto a tali ben noti effetti indesiderati, recentissimi
studi hanno riportato ulteriori effetti negativi ed inattesi, dimostrando
come una durata prolungata dell’antibioticoterapia empirica aumenti il
rischio di mortalità ed il rischio di sviluppare enterocolite necrotizzante
(NEC) (Alexander et al., 2011, Cotten et al., 2009, Kuppala et al., 2011).
Cotten et al. (2009), in uno studio retrospettivo condotto su 4039 neonati di peso estremamente basso, hanno dimostrato che l’utilizzo
prolungato (≥ 5 giorni) dell’antibioticoterapia empirica (con emocoltura negativa), si associa ad un aumentato rischio di mortalità o di
outcome composito di mortalità e NEC; inoltre nel loro studio ogni
giorno di trattamento empirico si associava ad un aumentato rischio
del 16% circa di mortalità, del 7% circa di NEC, e del 4% circa di
outcome composito di mortalità e NEC.
Alexander et al. (2011) hanno dimostrato come, tra i neonati che
sviluppano una sepsi, l’utilizzo dell’antibioticoterapia sia protettivo
nei confronti della NEC (con una diminuzione del rischio di NEC con
l’aumentare dei giorni di antibioticoterapia precedenti all’episodio
di NEC); al contrario, tra i neonati che non avevano sviluppato una
sepsi, un’antibioticoterapia empirica sembrava favorire l’insorgenza
di NEC, con un rischio di NEC che aumentava con l’aumentare dei
giorni di antibioticoterapia precedenti all’episodio di NEC. Gli autori
dimostrano così come la terapia inappropriata, e non quella mirata
alla sepsi, si associ ad un aumentato rischio di NEC.
Infine, Kuppala et al. (2011) evidenziano, in uno studio retrospettivo
di coorte su 365 neonati di peso molto basso alla nascita (VLBW),
che la terapia antibiotica empirica (con emocoltura negativa) di durata ≥ 5 giorni si associava ad un rischio significativamente aumentato di sepsi late-onset (OR: 2,45, IC al 95% 1,28-4,67), o ad un ri-
schio aumentato di outcome avverso composito di sepsi late-onset,
NEC o decesso (OR: 2,66, IC al 95% 1,12-6,3).
Rischio di antibioticoresistenza in UTIN
Le UTIN rappresentano un ambiente particolarmente in grado di favorire la selezione e la trasmissione di ceppi batterici multi resistenti
(Cipolla et al., 2011, Russell et al., 2012).
Per quanto riguarda i Gram-positivi sono emerse resistenze ai glicopeptidi da parte di Stafilococchi coagulasi negativi, Stafilococchi
meticillino-resistenti ed Enterococchi; tuttavia la maggior parte dei
ceppi di patogeni Gram-positivi che causano infezione nelle UTIN
sono sensibili alla vancomicina; inoltre, nuovi farmaci (linezolid,
daptomicina) sono già in commercio.
Tra i batteri Gram-negativi fenomeni di multi-resistenza (definita
come resistenza ad almeno tre antibiotici a cui il battere è normalmente sensibile) sono segnalati tra le Enterobacteriacee, dovuti a
ceppi produttori di β-lattamasi (extended-spectrum β-lactamase)
che conferiscono resistenza alle cefalosporine e a ceppi produttori
di carbapenemasi, che conferiscono resistenza ai carbapenemici.
Sono segnalati inoltre fenomeni di multi-resistenza anche in batteri
come Acinetobacter spp. e Pseudomonas aeruginosa.
Lo sviluppo di nuovi antibiotici ci rassicura nei confronti delle infezioni
sostenute da Gram-positivi, ma il margine di sicurezza si assottiglia
nei confronti dei Gram-negativi per il limitato sviluppo di nuovi farmaci.
Strategie per promuovere l’utilizzo giudizioso degli antibiotici
Muller-Pebody et al. (2010) hanno condotto uno studio osservazionale
su scala nazionale (Inghilterra e Galles) volto a determinare se i patogeni responsabili di batteriemia in epoca neonatale siano sensibili ai
regimi di terapia antibiotica raccomandati. Più del 94% dei patogeni
isolati in corso di sepsi early-onset erano sensibili alla penicillina in
associazione a gentamicina o amoxicillina, amoxicillina associata a
cefotaxime, o cefotaxime in monoterapia; inoltre più del 95% dei patogeni isolati in corso di sepsi late-onset erano suscettibili alla gentamicina in associazione a flucloxacillina o amoxicillina, o ad amoxicillina
associata a cefotaxime, ma solo il 79% erano suscettibili alla monoterapia con cefotaxime. Gli autori concludono che le attuali linee guida
per il trattamento empirico della sepsi nei neonati sono appropriate e
che terapie antibiotiche basate sulla gentamicina dovrebbero essere
preferite rispetto a quelle basate sul cefotaxime (a causa della minor
suscettibilità dei patogeni isolati e al fine di ridurre la pressione di
selezione sulle resistenze) (Muller-Pebody et al., 2010).
Le good practices dell’uso dell’antibioticoterapia sono state ben
discusse in passato da Isaacs (2006), che suggerisce dieci punti
da osservare per ridurre l’antibiotico-resistenza nelle UTIN (Tab. I);
l’istituzione di una antibiotic stewardship (che potremmo definire
Tabella I.
Dieci regole per ridurre l’antibioticoresistenza.
1. Eseguire sempre esami colturali (sangue, liquor, ecc.) prima di iniziare una terapia antibiotica
2. Usare sempre antibiotici a spettro più ristretto possibile (penicillina + aminoglicoside)
3. Come regola generale non iniziare terapie empiriche con una cefalosporina di terza generazione o un carbapenemico
4. Mettere in atto strategie mirate a ridurre l’uso di antibiotici ad ampio spettro
5. Avere fiducia nei risultati degli esami colturali del proprio laboratorio
6. Test aspecifici, come l’aumento della PCR, non danno la certezza che il neonato sia affetto da sepsi
7. Se le colture sono negative dopo 2 o 3 giorni, è generalmente opportuno e sicuro sospendere gli antibiotici
8. Evitare di utilizzare antibiotici per lunghi periodi
9. Trattare la sepsi, non la colonizzazione
10.Fare tutto il possibile per prevenire le infezioni nosocomiali, migliorare le strategie di prevenzione, in modo particolare l’igiene delle mani
Modificato da Isaacs, Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2006.
27
M. Stronati, A. Borghesi, G. Lombardi
Tabella II.
Misure da prendere per la messa in atto di una antibiotic stewardship.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Istituire un sistema di sorveglianza delle sepsi microbiologicamente accertate sia a livello locale che in rete con altri centri
Spirito di collaborazione tra neonatologi, microbiologi e farmacisti
Utilizzare antibiotici a più ristretto spettro possibile nella terapia empirica
Sospendere gli antibiotici quando l’emocoltura è negativa
Continuare la terapia empirica nei casi sospetti con emocoltura negativa solo dopo una documentata giustificazione
L’antibioticoterapia deve essere proseguita per il tempo previsto per quella specifica infezione; ogni ulteriore prolungamento deve essere una nuova
prescrizione
7. Utilizzare antibiotici a più ristretto spettro possibile nelle infezioni microbiologicamente accertate
8. Identificare dei medici che valutino l’uso corretto degli antibiotici
Modificato da Russell et al., Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2012.
come “gestione coordinata” dell’uso degli antibiotici) nelle UTIN può
ulteriormente rafforzare l’implementazione di tali misure (Tab. II)
(Russell et al., 2012).
Un punto centrale rimane sempre la sospensione della antibioticoterapia empirica non necessaria. È prudente e doveroso limitare la durata dell’antibioticoterapia empirica a meno di tre giorni, in pazienti
asintomatici e con esami colturali negativi.
Ulteriori indicazioni sulle terapie empiriche di prima scelta suggerite
per le sepsi neonatali – early - e late-onset – sono riportate in tabella III. Di particolare importanza infine è la gestione delle infezioni
da microrganismi resistenti, per le quali un suggerimento di indicazione, che andrebbe comunque valutato per ogni singolo caso, è
riportato in tabella III (Gray et al., 2011).
Prevenzione delle infezioni correlate al catetere venoso
centrale (CVC)
I CVC costituiscono un presidio essenziale nella gestione del neonato critico, ma nello stesso tempo sono un fattore importante di
rischio infettivologico.
L’utilizzo dell’eparina “legata” al CVC o nelle infusioni di nutrizione
parenterale è stato preso in considerazione come possibile strumento per la prevenzione delle infezioni dovute all’uso dei CVC. In
uno studio randomizzato controllato condotto da Pierce et al. (2000),
l’utilizzo in UTIN di cateteri impregnati con eparina ha significativamente ridotto l’incidenza di infezioni (4% vs 33%; P<0,0005). In
un successivo studio condotto da Birch et al. (2010), randomizzato,
controllato e condotto in un singolo centro (Heparin in Long Line Total Parenteral Nutrition (HILLTOP) trial), l’uso dell’eparina a 0,5 UI/ml
nella soluzione di nutrizione parenterale ha portato ad una riduzione
statisticamente significativa dell’incidenza di sepsi CVC-correlate
(P=0,04; RR 0,57, 95% IC 0,32-0,98). Studi su una più ampia casistica di pazienti, possibilmente multicentrici, sono necessari per
confermare tali dati.
Al fine di ridurre le complicanze legate all’uso di CVC senza dover
utilizzare farmaci attivi come l’eparina, Smith et al. (2012) hanno
modificato la composizione di un CVC con la sulfobetaina polimerica (polySB), che coordina le molecole d’acqua sulla superficie
del catetere. Rispetto a quanto avviene nei CVC in commercio, la
superficie modificata ha significativamente ridotto, in vitro ed in
vivo, l’adesione di proteine e la formazione di trombi, l’adesione
e l’attivazione di cellule (piastrine, monociti, neutrofili), e l’adesione sia sulla superficie interna che su quella esterna di un ampio
spettro di microrganismi (C. albicans, S. aureus, E. coli) (Smith et
al., 2012).
Tabella III.
Antibiotici di scelta nelle infezioni neonatali.
Tipo di infezione
Scelta di antibiotici
Sepsi precoce
Prima scelta: penicillina + gentamicina
• se L. monocytogenes: amoxicillina + gentamicina
• se S. aureus: oxacillina + gentamicina
Sepsi tardiva
Prima scelta: oxacillina + gentamicina
Seconda scelta:
• vancomicina + gentamicina
• vancomicina + piperacillina/tazobactam
Terza scelta: Meropenem, ciprofloxacina
Meningite
Prima scelta: cefotaxime + amoxicillina ± gentamicina
Seconda scelta: meropenem
Patogeni Gram + multiresistenti
• Attualmente: glicopeptidi rimangono gli antibiotici di scelta, in particolare la vancomicina; in caso di
necessità linezolid, clindamicina, rifampicina e daptomicina possono essere delle alternative
• In futuro: nuove cefalosporine sono il ceftaroline e il ceftobiprole; nuovi lipoglicopeptidi sono
l’oritavacin e il dalbavancin; il telavancin approvato negli USA per l’adulto
Patogeni Gram - multiresistenti
• Attualmente: aminoglicosidi e cefalosporine sono gli antibiotici di scelta; carbapenemici, colistina,
co-trimoxazolo e ticarcillina-acido clavulanico possono essere delle alternative; fluorochinolonici,
ciprofloxacina, tigeciclina e tetracicline possono essere presi in considerazione in casi estremi
• In futuro: nei prossimi anni le possibilità terapeutiche saranno molto limitate
Modificato da: Russell et al., Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2012; e Gray, Arch Dis Child Educ Pract 2011.
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Attualità e novità in infettivologia neonatale
Immunoprofilassi ed immunoterapia con immunoglobuline
Immunoglobuline e.v. polivalenti
L’utilizzo delle immunoglobuline (Ig) polivalenti come trattamento “aggiuntivo” per la sepsi neonatale sospetta o accertata
microbiologicamente è stato ampiamente studiato in passato.
Una meta-analisi Cochrane del 2010 sull’utilizzo delle Ig per via
endovenosa (e.v.) sottolineava come non fosse possibile, sulla
base degli studi disponibili in letteratura, trarre conclusioni per
supportare la somministrazione di routine di Ig e.v. per prevenire la mortalità in neonati con sepsi sospetta o successivamente
accertata microbiologicamente, e sottolineava come i risultati di
un trial clinico allora in corso (International Neonatal Immunotherapy Study – INIS trial) avrebbero potuto stabilire l’utilità delle
Ig e.v.
I risultati dell’INIS trial, randomizzato, condotto in 113 ospedali di 9
paesi su 3493 neonati che ricevevano antibiotici per sepsi sospetta o accertata sono stati pubblicati nel 2011. I neonati sono stati
assegnati a ricevere 2 infusioni di immunoglobuline IgG polivalenti
(500 mg/kg) o placebo. Non vi sono state differenze significative tra
i due gruppi per l’outcome primario (decesso o disabilità maggiore
a due anni) né per gli outcome secondari (incidenza di successivi
episodi di sepsi, frequenza di disabilità maggiori o minori a 2 anni,
o eventi avversi). Gli autori concludono che la terapia con Ig e.v. non
ha avuto, nel loro trial, effetto sugli outcome della sepsi sospetta o
accertata (Brocklehurst et al., 2011).
Immunoglobuline specifiche anti-stafilococco
Poiché nei neonati VLBW gli stafilococchi, soprattutto quelli coagulasi negativi (CONS), sono responsabili di oltre la metà delle sepsi
tardive, alcuni trial clinici hanno valutato l’efficacia e la sicurezza dell’utilizzo a scopo preventivo di immunoglobuline specifiche
anti-stafilococco (anticorpi policlonali iperimmuni o monoclonali).
Gli anticorpi policlonali iperimmuni antistafilococco comprendono:
INH-A21 ed Altastaph. Una revisione sistematica sull’uso di anticorpi antistafilococco non ha mostrato differenze in termini di sepsi,
mortalità o altri eventi avversi relativa all’uso del INH-A21 vs placebo (N=2488) (RR 1,07 (95% IC, 0,94 a 1,22) e di Altastaph vs
placebo (N=206) (RR 0,86 (95% IC, 0,32-2,28). Pertanto non sono
raccomandati nella prevenzione della sepsi stafilococcica (Shah et
al., 2009).
Allo stesso modo, anche anticorpi monoclonali antistafilococco quali
il tefimazumab non si sono dimostrati efficaci (Weems et al., 2006),
mentre una iniziale evidenza potrebbe supportare futuri studi sull’uso del pagibaximab per la prevenzione della sepsi stafilococcica nei
neonati pretermine (Weisman et al., 2011); tuttavia dati preliminari
da uno studio di efficacia, randomizzato, controllato, multicentrico,
suggeriscono che il pagibaximab non riduca significativamente le
sepsi stafilococciche.
Note conclusive
Nonostante l’avanzamento nelle cure neonatali, le infezioni fetoneonatali continuano a rappresentare una delle principali cause di
morbilità neonatale, con sequele che possono protrarsi fino all’età
adulta. Le recenti acquisizioni della letteratura ci sottolineano da
un lato l’importanza di sviluppare nuovi strumenti e nuove tecnologie per diagnosticare, prevenire, e curare i neonati affetti da
infezioni, e dall’altro la necessità di utilizzare in maniera giudiziosa
e sostenibile le risorse attualmente a disposizione.
Box di orientamento
Infezione neonatale da herpes simplex virus (HSV)
Il trattamento convenzionale dell’infezione neonatale da HSV prevede la somministrazione di aciclovir e.v. ad alte dosi (60 mg/kg/die in 3 somministrazioni)
per 21 giorni (14 giorni in caso di SEM disease); un nuovo studio suggerisce che la prosecuzione per os del trattamento antivirale per 6 mesi alla dose
di 300 mg/m2 per 3 volte al giorno possa prevenire le recidive dell’infezione e migliorare l’outcome neurologico nei neonati che avevano presentato un
coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
Infezione congenita da citomegalovirus (CMV)
Diagnosi: i) l’isolamento del DNA virale mediante polymerase chain reaction (PCR) è la metodica di scelta per la diagnosi di infezione congenita da CMV, da
preferire all’isolamento virale mediante la metodica classica shell vials; ii) il gold standard per la diagnosi di infezione congenita da CMV è l’isolamento del
DNA virale mediante PCR su un campione di urine; iii) la diagnosi può altresì essere effettuata su un campione di saliva, che mostra altrettanta sensibilità
e specificità dell’isolamento dalle urine.
Terapia: i) il trattamento antivirale classico dell’infezione congenita da CMV si basa sul ganciclovir e.v.. Il valganciclovir, che viene idrolizzato a ganciclovir
a livello intestinale, è più maneggevole, si somministra per os, presenta un’elevata biodisponibilità e può essere utilizzato anche a domicilio; rappresenta
pertanto una valida alternativa nel trattamento dei neonati sintomatici, ed è in fase di studio un suo utilizzo prolungato (6 mesi invece di 6 settimane) nell’ipotesi che protraendo la terapia si possa controllare meglio la replicazione virale e migliorare l’outcome; ii) la prevenzione della trasmissione materno-fetale
dell’infezione da CMV con immunoglobuline specifiche somministrate alla gravida è stata valutata in passato in un piccolo trial clinico ed è attualmente
oggetto di uno studio di fase II B (CHIP Trial) i cui risultati sono in fase di pubblicazione.
Infezioni nosocomiali
Antibiotici. In passato era noto che l’uso inappropriato degli antibiotici può facilitare l’insorgenza di infezioni fungine e di resistenze batteriche. Recenti studi dimostrano un’associazione tra antibioticoterapia empirica prolungata ed enterocolite necrotizzante (NEC), sepsi late-onset (LOS) e mortalità in neonati
ricoverati in terapia intensiva neonatale (UTIN). L’utilizzo degli antibiotici in UTIN va limitato a 48-72 ore di terapia empirica. Dopo tale limite temporale gli
antibiotici devono essere sospesi se le colture sono negative.
Cateteri venosi centrali (CVC). Non vi è attualmente indicazione certa all’utilizzo di CVC impregnati con sostanze attive (eparina, antibiotici) o alla somministrazione di tali farmaci nelle soluzioni parenterali per la prevenzione delle infezioni correlate all’uso di CVC. In un prossimo futuro lo sviluppo di biomateriali
con ridotta capacità di legare proteine, cellule umane e microrganismi potrà ridurre l’incidenza delle complicanze infettive legate all’uso dei CVC.
Immunoglobuline (Ig) l’utilità della somministrazione di lg e. v. polivalenti per il trattamento della sepsi sospetta o accertata in epoca neonatale è sempre
stata oggetto di pareri non unanimi, supportati da studi con risultati controversi. Un recente studio randomizzato multicentrico (INIS trial) sembra chiarire
definitivamente che le lg e.v. polivalenti non hanno effetto sulle sequele della sepsi ed in particolare sulla mortalità e sull’outcome neurocognitivo a 2 anni di
età. L’utilizzo di diverse classi di immunoglobuline specifiche anti-stafilococco, valutato in diversi trial clinici, non si è mostrato efficace nel ridurre le sepsi
stafilococciche in terapia intensiva neonatale; è ancora in fase di valutazione l’utilità di un anticorpo monoclonale (pagibaximab), anche se dati preliminari
da uno studio di efficacia suggeriscono che non riduca significativamente le sepsi stafilococciche.
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Corrispondenza
Mauro Stronati, Neonatologia, Patologia Neonatale e Terapia Intensiva, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Piazzale Golgi 19, 27100 Pavia. Tel.
+39-0382-502085. Fax. +39-0382-502802. Email: [email protected].
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