Articolo 330 codice civile Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore
viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave
pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza
familiare.
art. 330 c.c. - Decadenza dalla potestà genitoriale
DECADENZA E SOSPENSIONE DELLA POTESTÀ|LEGISLAZIONE
Ai sensi dell'art. 330 c.c. la decadenza dalla potestà genitoriale può essere dichiarata dal
Giudice qualora un genitore violi o tracuri i doveri nei confronti dei figli minori, ovvero
quando non siano rispettati i seguenti precetti normativi:
* art. 147 c.c.: diritto dei figli al mantenimento, istruzione, educazione;
* art. 570 c.p. : sottrazione del genitore all'obbligo di assistenza e mantenimento;
* art. 591 c.p.: abbandono;
oppure allorquando un genitore abusi dei relativi poteri (artt. 320, 324 c.c.; artt. 571 e
572 cp) arrecando grave pregiudizio al figlio. Tale pregiudizio potrà essere morale o
materiale e non solo di natura patrimoniale.
Il nostro ordinamento a seconda della gravità della condotta assunta dal genitore o dai
genitori, prevede l'ipotesi della decadenza dalla potestà oppure semplici limitazioni della
potestà stessa.
Più precisamente l'art. 330 c.c. disciplina l'ipotesi della decadenza dalla potestà
genitoriale, mentre gli artt. 333 e 334 si riferiscono ai provvedimenti di limitazione della
potestà, ovviamente assunti con espresso riferimento al pregiudizio arrecato al minore,
sia dal punto di vista personale che patrimoniale.
La previsione dell'art. 330 c.c. trova il suo fondamento nel diritto del minore a crescere,
essere amato, educato ed istruito, nonchè mantenuto, ricevendo altresì le cure e le
attenzioni dai propri genitori.
In questo senso si espressa la Corte Costituzionale con la pronuncia n 132 del 27 marzo
1992 che in sintesi così recita: “La potestà dei genitori nei confronti del bambino è
riconosciuta dall'art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro
libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell'interesse del figlio la sua funzione
e il suo limite. La Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un
potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo
della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono,
prima ancora dei diritti, all'esercizio della potestà genitoriale. E' appunto questo il
fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice –
allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del
minore, quali la salute o l'istruzione – di intervenire affinchè a tali obblighi si provveda in
sostituzione di chi non adempie”.
Ai fini della dichiarazione della decadenza dalla potestà genitoriale è necessario che la
condotta del genitore abbia cagionato un grave pregiudizio al figlio e che la di decadenza
sia effettivamente corrispondente all'interesse del figlio.
Il procedimento di decadenza può essere azionato da uno dei genitori contro l'altro, dai
parenti o dal Pubblico Ministero. L'udienza dovrà svolgersi in contraddittorio, cioè i
genitori potranno essere sentiti separatamente con la possibilità di controdedurre le
dichiarazioni rese da ciascuno. L'istruzione della procedura potrà avvenire ascoltando
operatori sociali, sanitari e scolastici, testimoni o informatori indicati dalla parte ovvero
individuati dal Giudice, affinchè riferiscano circa il comportamento genitoriale.
La finalità della norma è comunque quella di garantire al minore di crescere ed essere
educato nella propria famiglia di origine, affidando al Giudice il compito di verificare la
possibilità di recupero della funzione genitoriale.
In tutti i casi di trascuratezze che siano suscettibili di essere superate – tranne pertanto,
le ipotesi di ripetuto maltrattamento, abuso sessuale, cronica tossicodipendenza o
ancora per un'insanabile malattia mentale – il Tribunale per i Minorenni consente al
genitore nei cui confronti si chiede il procedimento ablativo della potestà, la possibilità di
riscatto della genitorialità.
Con il provvedimento di decadenza viene accertata l'incapacità del genitore di assumere
decisioni nell'interesse del minore. Tale provvedimento non andrà tuttavia ad influire
sugli aspetti obbligatori, ovvero il mantenimento della prole, che resterà salvo. In
particolare continueranno ad applicarsi gli artt. 147 e 148 c.c., più precisamente:
l'obbligo di mantenimento dei figli incombe a carico di entrambi i genitori legittimi o
naturali, in proporzione alle loro sostanze e capacità di lavoro, con decorrenza dalla
nascita dei figli stessi.
In materia è intervenuta altresì una sentenza della Suprema Corte che ha sottolineato
che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, i provvedimenti adottati
ex art. 330 c.c. hanno la funzione di impedire che la prole subisca pregiudizi a causa
della condotta dei genitori, ma non hanno alcuna valenza liberatoria rispetto all'obbligo
di provvedere al mantenimento della prole (Cass. Pen., sez. VI, 24 aprile 2007 n 16559).
La dichiarazione di decadenza della potestà non comporta tuttavia l'interruzione
automatica dei rapporti con il genitore dichiarato decaduto, in quanto, l'accertata
incapacità di assumere decisioni a favore del figlio, non esclude l'esistenza di sentimenti
di affetto validi e sinceri nei confronti dei figli, che possono rappresentare una valida
risorsa in favore della prole.
Il genitore decaduto dovrà pertanto sottostare alle indicazioni del giudice minorile o
dell'altro genitore, avendo perduto la libertà delle decisioni e dei tempi di frequentazione
del figlio; inoltre il suo comportamento sarà in ogni caso soggetto a controllo.
Filiazione naturale: la legge che equipara figli naturali a legittimi
Legge 10.12.2012 n° 219, G.U. 17.12.2012
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riconoscimento dei figli - L'articolo 74 del codice civile: «Art. 74 (Parentela). - La
parentela e' il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui
la filiazione e' avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui e' avvenuta al di fuori
di esso, sia nel caso in cui il figlio e' adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di
adozione di persone maggiori di eta', di cui agli articoli 291 e seguenti»;
figli nati da relazioni parentali - articolo 251 codice civile: «Art. 251 (Autorizzazione al
riconoscimento). - Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea
retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita' in
linea retta, puo' essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo
all'interesse del figlio e alla necessita' di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il
riconoscimento di una persona minore di eta' e' autorizzato dal tribunale per i minorenni»;
legittimazione passiva - L'articolo 276 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 276
(Legittimazione passiva). - La domanda per la dichiarazione di paternita' o di maternita'
naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei
confronti dei suoi eredi. .....»;
stato giuridico dei figli - L'articolo 315 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art.
315 (Stato giuridico della filiazione). - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico»;
diritti e doveri dei figli - Dopo l'articolo 315 è inserito: «Art. 315-bis. - Il figlio ha diritto di
essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue
capacita', delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere
in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti»;
tribunale dei minorenni - L'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile
e disposizioni transitorie, ..., e' sostituito dal seguente: «Art. 38. - Sono di competenza del
tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333,
334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'articolo 333
resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le
stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 codice civile»;
nomi dei figli - L'articolo 35 del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e' sostituito dal seguente: «Art. 35 (Nome). - 1. Il
nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e puo' essere costituito da un solo
nome o da piu' nomi, anche separati, non superiori a tre. 2. Nel caso siano imposti due o piu'
nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall'ufficiale dello stato
civile e dall'ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi».
(Altalex, 18 dicembre 2012)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
Art. 1
Disposizioni in materia di filiazione
1. L'articolo 74 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 74 (Parentela). - La parentela e' il
vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione e'
avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui e' avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in
cui il figlio e' adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di
eta', di cui agli articoli 291 e seguenti».
2. All'articolo 250 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma e' sostituito dal seguente: «Il figlio nato fuori del matrimonio puo' essere
riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se gia' uniti in
matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento puo' avvenire tanto
congiuntamente quanto separatamente»;
b) al secondo comma, le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»;
c) al terzo comma, le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»;
d) il quarto comma e' sostituito dal seguente: «Il consenso non puo' essere rifiutato se risponde
all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro
genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso
all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice
decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il
giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia
compiuto i dodici anni, o anche di eta' inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali
provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia
palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i
provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi
dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262»;
e) al quinto comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, salvo che il giudice li autorizzi,
valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio».
3. L'articolo 251 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 251 (Autorizzazione al
riconoscimento). - Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta
all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita' in linea retta, puo'
essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla
necessita' di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il riconoscimento di una persona minore di eta'
e' autorizzato dal tribunale per i minorenni».
4. Il primo comma dell'articolo 258 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Il riconoscimento
produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso».
5. L'articolo 276 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 276 (Legittimazione passiva). - La
domanda per la dichiarazione di paternita' o di maternita' naturale deve essere proposta nei confronti
del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda
deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio
deve essere promosso. Alla domanda puo' contraddire chiunque vi abbia interesse».
6. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: «Della
potesta' dei genitori e dei diritti e doveri del figlio».
7. L'articolo 315 del codice civile e' sostituito dal seguente: «Art. 315 (Stato giuridico della
filiazione). - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico».
8. Dopo l'articolo 315 del codice civile, come sostituito dal comma 7 del presente articolo, e'
inserito il seguente: «Art. 315-bis (Diritti e doveri del figlio). - Il figlio ha diritto di essere
mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita', delle
sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di
mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di eta' inferiore ove capace di
discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il
figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacita', alle proprie
sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finche' convive con essa».
9. Nel titolo XIII del libro primo del codice civile, dopo l'articolo 448 è aggiunto: «Art. 448-bis
(Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla potesta' sui figli). - Il figlio, anche adottivo, e, in
sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all'adempimento dell'obbligo di prestare gli
alimenti al genitore nei confronti del quale e' pronunciata la decadenza dalla potesta' e, per i fatti
che non integrano i casi di indegnita' di cui all'articolo 463, possono escluderlo dalla successione».
10. E' abrogata la sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice civile.
11. Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite
dalla seguente: «figli».
Art. 2
Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu' decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e di
dichiarazione dello stato di adottabilita' per eliminare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi,
nel rispetto dell'articolo 30 della Costituzione, osservando, oltre ai principi di cui agli articoli 315 e
315-bis del codice civile, come rispettivamente sostituito e introdotto dall'articolo 1 della presente
legge, i seguenti principi e criteri direttivi:
a) sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali»
con riferimenti ai «figli», salvo l'utilizzo delle denominazioni di «figli nati nel matrimonio» o di
«figli nati fuori del matrimonio» quando si tratta di disposizioni a essi specificamente relative;
b) modificazione del titolo VII del libro primo del codice civile, in particolare: 1) sostituendo la
rubrica del titolo VII con la seguente: «Dello stato di figlio»; 2) sostituendo la rubrica del capo I con
la seguente: «Della presunzione di paternita'»; 3) trasponendo nel nuovo capo I i contenuti della
sezione I del capo I; 4) trasponendo i contenuti della sezione II del capo I in un nuovo capo II,
avente la seguente rubrica: «Delle prove della filiazione»; 5) trasponendo i contenuti della sezione
III del capo I in un nuovo capo III, avente la seguente rubrica: «Dell'azione di disconoscimento e
delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio»; 6) trasponendo i contenuti del
paragrafo 1 della sezione I del capo II in un nuovo capo IV, avente la seguente rubrica: «Del
riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio»; 7) trasponendo i contenuti del paragrafo 2 della
sezione I del capo II in un nuovo capo V, avente la seguente rubrica: «Della dichiarazione
giudiziale della paternita' e della maternita'»; 8) abrogando le disposizioni che fanno riferimento alla
legittimazione;
c) ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione prevedendo che la
filiazione fuori del matrimonio puo' essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo;
d) estensione della presunzione di paternita' del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti
durante il matrimonio e ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternita', con
riferimento in particolare all'articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, nel
rispetto dei principi costituzionali;
e) modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio con la
previsione che: 1) la disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia
dell'uno o dell'altro genitore sia adeguata al principio dell'unificazione dello stato di figlio,
demandando esclusivamente al giudice la valutazione di compatibilita' di cui all'articolo 30, terzo
comma, della Costituzione;
2) il principio dell'inammissibilita' del riconoscimento di cui all'articolo 253 del codice civile sia
esteso a tutte le ipotesi in cui il riconoscimento medesimo e' in contrasto con lo stato di figlio
riconosciuto o giudizialmente dichiarato;
f) modificazione degli articoli 244, 264 e 273 del codice civile prevedendo l'abbassamento dell'eta'
del minore dal sedicesimo al quattordicesimo anno di eta';
g) modificazione della disciplina dell'impugnazione del riconoscimento con la limitazione
dell'imprescrittibilita' dell'azione solo per il figlio e con l'introduzione di un termine di decadenza
per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati;
h) unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei
figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori del matrimonio, delineando la nozione di
responsabilita' genitoriale quale aspetto dell'esercizio della potesta' genitoriale;
i) disciplina delle modalita' di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata
capacita' di discernimento, precisando che, ove l'ascolto sia previsto nell'ambito di procedimenti
giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato;
l) adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicita' dello stato
di figlio, prevedendo, anche in relazione ai giudizi pendenti, una disciplina che assicuri la
produzione degli effetti successori riguardo ai parenti anche per gli aventi causa del figlio naturale
premorto o deceduto nelle more del riconoscimento e conseguentemente l'estensione delle azioni di
petizione di cui agli articoli 533 e seguenti del codice civile;
m) adattamento e riordino dei criteri di cui agli articoli 33, 34, 35 e 39 della legge 31 maggio 1995,
n. 218, concernenti l'individuazione, nell'ambito del sistema di diritto internazionale privato, della
legge applicabile, anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessaria in
attuazione del principio dell'unificazione dello stato di figlio;
n) specificazione della nozione di abbandono morale e materiale dei figli con riguardo alla provata
irrecuperabilita' delle capacita' genitoriali in un tempo ragionevole da parte dei genitori, fermo
restando che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potesta' genitoriale
non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia;
o) previsione della segnalazione ai comuni, da parte dei tribunali per i minorenni, delle situazioni di
indigenza di nuclei familiari che, ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, richiedano interventi di
sostegno per consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia, nonche'
previsione di controlli che il tribunale per i minorenni effettua sulle situazioni segnalate agli enti
locali;
p) previsione della legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti
significativi con i nipoti minori.
2. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 provvedono, altresi', a effettuare, apportando le
occorrenti modificazioni e integrazioni normative, il necessario coordinamento con le norme da essi
recate delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio
decreto 30 marzo 1942, n. 318, e delle altre norme vigenti in materia, in modo da assicurare il
rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al citato comma 1 del presente articolo.
3. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno, del Ministro della giustizia, del Ministro per le pari
opportunita' e del Ministro o Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
delegato per le politiche per la famiglia. Sugli schemi approvati dal Consiglio dei Ministri
esprimono il loro parere le Commissioni parlamentari competenti entro due mesi dalla loro
trasmissione alle Camere. Decorso tale termine, i decreti legislativi sono emanati anche in
mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari, di cui al presente
comma, scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1 o
successivamente, quest'ultimo termine e' prorogato di sei mesi.
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo adottato ai sensi del
comma 1, il Governo puo' adottare decreti integrativi o correttivi, nel rispetto dei principi e criteri
direttivi di cui al citato comma 1 e delle disposizioni del comma 2 e con la procedura prevista dal
comma 3.
Art. 3
Modifica dell'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni a
garanzia dei diritti dei figli agli alimenti e al mantenimento
1. L'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui
al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, e' sostituito dal seguente: «Art. 38. - Sono di competenza
del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334,
335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa
la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti,
giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile; in tale
ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle
disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale
ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non e' espressamente stabilita la competenza
di una diversa autorita' giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento
dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura
civile. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in
ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono
immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento e'
emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello
per i minorenni».
2. Il giudice, a garanzia dei provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della
prole, puo' imporre al genitore obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il
pericolo che possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi suddetti. Per assicurare che siano
conservate o soddisfatte le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui al
periodo precedente, il giudice puo' disporre il sequestro dei beni dell'obbligato secondo quanto
previsto dall'art. 8, comma 7, della legge 1º dicembre 1970, n. 898. Il giudice puo' ordinare ai terzi,
tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, di versare le somme
dovute direttamente agli aventi diritto, secondo quanto previsto dall'articolo 8, secondo comma e
seguenti, della legge 1º dicembre 1970, n. 898. I provvedimenti definitivi costituiscono titolo per
l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'articolo 2818 del codice civile.
Art. 4
Disposizioni transitorie
1. Le disposizioni di cui all'articolo 3 si applicano ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
2. Ai processi relativi all'affidamento e al mantenimento dei figli di genitori non coniugati pendenti
davanti al tribunale per i minorenni alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano, in
quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile e il comma 2
dell'articolo 3 della presente legge.
Art. 5
Modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile
1. Con regolamento emanato, su proposta delle amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 2
della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto o dei decreti
legislativi di cui al citato articolo 2 della presente legge, sono apportate le necessarie e conseguenti
modifiche alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
2. L'articolo 35 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000,
n. 396, e' sostituito dal seguente: «Art. 35 (Nome). - 1. Il nome imposto al bambino deve
corrispondere al sesso e puo' essere costituito da un solo nome o da piu' nomi, anche separati, non
superiori a tre. 2. Nel caso siano imposti due o piu' nomi separati da virgola, negli estratti e nei
certificati rilasciati dall'ufficiale dello stato civile e dall'ufficiale di anagrafe deve essere riportato
solo il primo dei nomi».
Art. 6
Clausola di invarianza finanziaria
1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 10 dicembre 2012. - NAPOLITANO
1. Modifiche introdotte dal disegno di legge n. 2805 e sua finalità.
La proposta di legge n. 2519 ed abbinate (denominata “Disposizioni in materia di
riconoscimento dei figli naturali” e contenente il disegno di legge n. 2805, approvato dal
Senato della Repubblica in data 16 maggio 2012) si trova nella fase conclusiva dell’iter
parlamentare.
A fronte del giusto riconoscimento della parificazione dei diritti dei figli nati fuori dal
matrimonio a quelli dei figli nati dal matrimonio e della conseguente revisione delle disposizioni
di carattere sostanziale in materia di filiazione, le variazioni apportate dal Senato della
Repubblica (rispetto al testo approvato dalla Camera dei Deputati), hanno introdotto
importanti modifiche d’ordine processuale tali da determinare, di fatto, una riforma di ampia
portata incidente, non soltanto sulla distribuzione delle competenze in materia di minori e
famiglia, ma, anche, sull’assetto ordinamentale in atto preposto alla trattazione di queste
delicate materie.
All’articolo 3 del disegno di legge n. 2805 è stata inserita una incongrua e non facilmente
intellegibile modifica dell’articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che
intende trasferire al Tribunale ordinario molte materie già attribuite alla competenza del
Tribunale per i minorenni[1], nonostante il diffuso riconoscimento della particolare delicatezza
di tali materie e della necessità di una risposta di giustizia da parte di un organo specializzato;
tale modifica, peraltro, si pone in netta contraddizione con le proposte legislative e le istanze
promosse per la creazione di un tribunale per la famiglia (o meglio, per le relazioni familiari ed
i minori).
L’argomentazione fondamentale sulla quale poggia la modifica del citato disegno di legge
n. 2805 per attribuire la competenza in tema di affidamento dei figli naturali al Tribunale
ordinario sta nel confronto tra la posizione dei figli legittimi e quella, ritenuta deteriore, dei figli
naturali riconosciuti, volendosi eliminare questa disparità di natura processuale per la quale è
individuato un diverso giudice competente a seconda che il figlio sia nato all’interno o al di
fuori del matrimonio[2].
2. Limiti alla discrezionalità del legislatore nella regolazione degli istituti
processuali: a) motivi di irragionevolezza del disegno di legge alla luce dell’attuale
giurisdizionalizzazione del procedimento civile minorile.
La
Corte
costituzionale,
in
numerose
pronunce,
ha
riconosciuto
la
più
ampia
discrezionalità al legislatore nella regolazione generale degli istituti processuali, affermando,
tuttavia, che il legislatore è arbitro di dettare le regole di ripartizione della competenza fra i
vari organi giurisdizionali, sempreché le medesime regole non risultino manifestamente
irragionevoli
[3]
.
Occorre chiedersi, quindi, se sia manifestamente irragionevole l’attribuzione, contenuta
nel disegno di legge n. 2805, alla competenza del Tribunale ordinario della disciplina della
modulazione della potestà genitoriale prevista dall’articolo 317-bis cod. civ., nonché, in
pendenza del giudizio di separazione, dell’adozione dei provvedimenti contemplati dagli articoli
330 e 332 cod. civ., con conseguente drastica riduzione della competenza, in sede civile, del
Tribunale per i minorenni
[4]
.
La scelta di riunificare, dinanzi ad un unico giudice, la materia della regolamentazione dei
rapporti tra genitori e figli nel caso di disgregazione della famiglia non risolve, tuttavia,
l’intrinseca e ragionevole diversificazione della disciplina applicabile, che ha origine nella non
coincidenza degli interessi, anche processuali, che sottendono alla domanda giudiziale nel caso
di genitori uniti in matrimonio rispetto a quelli dei genitori non coniugati.
Il procedimento di separazione e di divorzio, avendo quale oggetto lo scioglimento degli
effetti del matrimonio, è diretto, infatti, a risolvere il vincolo esistente tra gli adulti che lo
hanno costituito, mentre tale interesse non sussiste nell’ipotesi di modulazione dell’esercizio
della potestà sui figli nel caso di genitori non uniti in matrimonio.
È lo stesso intervento dell'autorità giudiziaria ad atteggiarsi in modo diverso nell’ipotesi
di separazione o divorzio dei coniugi ed in quella di affidamento dei figli di genitori non uniti in
matrimonio.
Nella prospettata modifica dell’art. 38 delle disposizione di attuazione al codice civile,
oltre alla diversità intrinseca delle situazioni sostanziali, come sopra esposto, non è stato
considerata la difficoltà nell’individuazione di un unico rito applicabile per il riconoscimento dei
diritti dei figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori dal matrimonio.
Tale difficoltà non può ritenersi superata con la previsione di trasferire la materia della
regolamentazione della potestà genitoriale davanti al giudice ordinario, tanto è vero che, nel
disegno di legge in esame per i figli nati fuori dal matrimonio, il giudice ordinario dovrebbe
applicare la procedura di cui agli articoli 737 e segg. c.p.c. (rito camerale), che è quella, allo
stato, applicata dal giudice minorile, e fondata, ragionevolmente, su differenti regole
processuali rispetto al rito applicabile ai coniugi in sede di separazione e divorzio.
Se, da un lato, per la materia di regolamentazione dei principi di responsabilità
genitoriale occorrerebbe individuare più precise norme processuali, nonostante lo stato della
giurisdizionalizzazione del rito minorile è oggi in una fase di significativa evoluzione in
ottemperanza del principio del giusto processo sancito dall’art. 111 della Costituzione,
dall’altro lato, il complessivo regime della separazione coniugale è troppo peculiare, non
sussistendo un’azione perfettamente simmetrica all’affidamento dei figli naturali prevista
dall’art. 317-bis cod. civ., e, comunque, non coincide con l’interesse ad agire (articolo 100
c.p.c.) per la disciplina dei rapporti tra genitori e figli naturali.
Non dovrebbero, inoltre, sottovalutarsi i poteri che l’art. 317-bis c.c. demanda al giudice
quando deve statuire sull’affidamento di figli minori naturali, tra cui l’esclusione di entrambi i
genitori dall’esercizio della potestà e la possibilità di provvedere alla nomina di un tutore.
Il contenuto e la portata di questi più particolari e penetranti poteri sono ben confacenti
al tribunale per i minorenni, nell’ottica della sua specializzazione ex articolo 102 Cost., e
valgono, nello stesso tempo, a dimostrare che le lamentate disuguaglianze con la competenza
del tribunale ordinario in tema di affidamento dei figli, in sede di separazione o divorzio, non
possono dirsi prive di giustificazione razionale, non avendo il giudice ordinario poteri analoghi
quando deve decidere sull’affidamento dei figli legittimi.
Peraltro, tale trasferimento di competenze determinerebbe un’inevitabile compromissione
della titolarità dell’azione del Pubblico ministero minorile ed avrebbe ripercussione anche
sull’applicazione di alcune regole processuali essenziali, quali quella della competenza
territoriale che, nel giudizio di separazione, si radica, per di più, su criteri diversi dalla
residenza abituale del minore, con gravi conseguenze per i rapporti coi servizi socio-sanitari e
per il diritto all’ascolto del minore.
3. (Segue): b) l’irragionevole attribuzione della competenza al giudice ordinario
della decadenza dalla potestà genitoriale e delle azioni ex art. 250, comma 4, e 269 e
segg. cod. civ.
Occorre interrogarsi, inoltre, se sia manifestamente irragionevole la previsione contenuta
nel disegno di legge n. 2805 di attribuire alla competenza del Tribunale ordinario, in pendenza
del giudizio di separazione, l’adozione dei provvedimenti contemplati dagli artt. 330, 332 e 334
cod. civ., e di trasferire la competenza al Tribunale ordinario delle materie di cui agli artt. 269
e segg. e 250, 4° comma, c.c. nonostante, per un verso, il legislatore, in passato e fino ad
oggi, abbia
attribuito tali
specializzazione
e
la
competenze al
delicatezza
della
Tribunale per i
materia
trattata,
e,
minorenni, stante la
per
altro
verso,
che
sua
la
giurisprudenza, sia costituzionale che di legittimità, ha sempre avallato tale riparto di
competenza
[5]
.
A tal fine, la Corte costituzionale, in ordine all’attribuzione della competenza al Tribunale
per i minorenni sui provvedimenti di decadenza e limitazione della potestà dei figli legittimi, ha
affermato che: «A conferma delle conclusioni cui la Corte è giunta può infine osservarsi che la
divaricazione di competenze tra due diversi organi giudiziari non è del tutto estranea neppure
ai figli legittimi. Dalla coordinata lettura degli artt. 330 e 333 cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ.
emerge che anche per costoro è possibile un intervento del tribunale per i minorenni, qualora
il giudizio riguardi la domanda di decadenza dalla potestà genitoriale, essendo apparso
opportuno alla discrezionalità del legislatore devolvere la competenza al giudice ritenuto più
"specializzato" nella risoluzione di simili delicate questioni. Va pertanto riaffermata la
ragionevolezza del sistema nel suo complesso, tale da rendere infondate le lamentate censure
di illegittimità costituzionale»
[6]
.
In tema di affidamento di minori e provvedimenti di decadenza della potestà genitoriale,
anche la Corte di cassazione ha sottolineato, conformemente alla precedente giurisprudenza di
legittimità, che: «poiché il discrimine tra la competenza del tribunale ordinario e quella del
tribunale per i minorenni va individuato in riferimento al “petitum” e alla “causa petendi”,
rientrano nella competenza del Tribunale per i minorenni, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 330 cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ., le domande finalizzate ad ottenere i provvedimenti
di decadenza dalla patria potestà, mentre rientrano nella competenza del tribunale ordinario,
in sede di separazione personale dei coniugi, le pronunzie di affidamento dei minori che mirino
solo ad individuare quale dei due genitori sia più idoneo a prendersi cura del figlio»
[7]
.
Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito «l’ontologica difformità dei
provvedimenti de potestate di cui si discute da quelli assunti in materia di affidamento dei figli
minori, siano essi legittimi o naturali»”
[8]
, così confermando un assetto ordinamentale che, in
attesa di un auspicabile riunificazione di tutte le competenze in materia di famiglia e minori
dinanzi ad un unico organo giurisdizionale specializzato, riconosca i diritti nel rispetto delle
diverse finalità delle singole disposizioni.
Inoltre, la Corte costituzionale, in più di una occasione, ha evidenziato che, con l’attuale
formulazione dell’articolo 38 disposizione di attuazione del codice civile, il legislatore,
attribuendo al tribunale per i minorenni la competenza sia in ordine alla regolamentazione
dell’esercizio della potestà genitoriale (dalla modulazione alla sospensione, fino a giungere alla
esclusione e decadenza) che – quando l’azione riguarda minori – in ordine alla dichiarazione
giudiziale di paternità, in precedenza spettante al tribunale ordinario, ha indubbiamente inteso
esaltare la specificità delle funzioni di detto organo, ritenendolo particolarmente idoneo a
valutare le problematiche sottese all’esercizio della potestà genitoriale ed all’accertamento
dello status di minore
[9]
, affidando la cognizione delle azioni in esame al Giudice che, per
composizione e specificità di competenze, risulta più idoneo a dare risposta alle complesse
esigenze del minore.
Tale particolare idoneità del giudice specializzato è data, anche, dal prezioso apporto dei
giudici onorari esperti (assenti presso il tribunale ordinario), rilevandosi, comunque, che
eventuali criticità nello svolgimento del ruolo o nella organizzazione dei compiti potrebbero
essere opportunamente riviste e regolamentate anche mediante precetti di normazione
primaria, anziché con la loro radicale eliminazione dalla composizione del giudice.
4.
(Segue):
c)
la
irragionevole
riduzione
applicativa
del
principio
di
concentrazione delle tutele.
Con la frammentazione delle competenze relative alla decadenza dalla potestà genitoriale
(articolo 330 cod. civ.), il disegno di legge n. 2805 si pone in contrasto con il principio di
effettività e di concentrazione delle tutele sottesi all’articolo 111 Cost., rilevato, per un verso,
che l’articolo 317-bis cod. civ. non può considerarsi separatamente dal sistema generale del
controllo giudiziario sulla potestà genitoriale, fissato dagli articoli 330 e segg. cod. civ., in
quanto i relativi provvedimenti si pongono ad un livello intermedio fra quelli di decadenza e
quelli di limitazione della potestà genitoriale, essendo improntati alla medesima ratio
[10]
, e,
per altro verso, che un procedimento iniziato per la decadenza dalla potestà può concludersi
con l’emanazione di un provvedimento, meno grave, di affidamento del figlio naturale ex
articolo 317-bis cod. civ., e, viceversa, dalla semplice richiesta di affidamento del figlio
potrebbe giungersi, nell’ambito del medesimo procedimento, alla decadenza di uno dei genitori
naturali dalla potestà.
Ne consegue che, approvando il disegno di legge n. 2805, ove si ravvisino i presupposti
per la decadenza o la limitazione della potestà di uno o di entrambi i genitori, il tribunale
ordinario, in violazione del principio di concentrazione delle tutele, dovrebbe rimettere gli atti
al tribunale per i minorenni, che rimane l’unica autorità giudiziaria a poter pronunciare, in
ipotesi di figli naturali, tale provvedimento.
D’altra parte, il tribunale per i minorenni, investito della domanda ex articolo 330 e segg.
cod. civ., dovrebbe rimettere, comunque, gli atti al tribunale ordinario per le disposizioni in
materia di affidamento ed i provvedimenti conseguenti per il mantenimento del figlio.
Ulteriore violazione del principio di concentrazione delle tutele si avrebbe, comunque,
tutte le volte in cui al procedimento di affidamento dei figli naturali ed al procedimento di
separazione contenente le disposizioni per i figli legittimi, promosso da uno dei genitori dinanzi
al tribunale ordinario, si affianchi un procedimento per la limitazione o decadenza dalla potestà
promosso, dinanzi al tribunale per i minorenni, dal P.M. ovvero dai nonni del figlio naturale (si
veda l’articolo 336, u.c. cod. civ.).
Maria Francesca Pricoco
Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania
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Articolo 330 codice civile Il giudice può pronunziare la decadenza