Progetto Re.P.E.SO. RETE PER LA PROMOZIONE DELL’ECONOMIA SOCIALE Manuale di buone prassi per lo sviluppo dell’imprenditorialità nell’economia sociale EQUAL AZIONE 3 IT-S2-MDL-844 1 Progetto Re.P.E.SO. Manuale di buone prassi per lo sviluppo dell’imprenditorialità nell’economia sociale Indice Introduzione ............................................................................................................................... 5 Le traiettorie evolutive dell’economia sociale ........................................................................... 6 Le tendenze recenti ................................................................................................................. 6 L’emergere dell’impresa sociale............................................................................................. 7 Le esigenze di sviluppo imprenditoriale ............................................................................... 10 La mappatura delle buone prassi.............................................................................................. 12 Le aree tematiche .................................................................................................................. 13 Uno schema riepilogativo ..................................................................................................... 17 Il repertorio delle buone prassi................................................................................................. 19 Buona prassi 1. Tavoli territoriali di concertazione.............................................................. 21 Buona prassi 2. Formazione congiunta degli operatori della cooperazione sociale e del credito ............................................................................................................................................... 24 Buona prassi 3. Servizi integrati di start-up e consulenza gestionale per le organizzazioni dell’economia sociale............................................................................................................ 29 Buona prassi 4. Formazione per manager dell’economia sociale e del nonprofit ................ 34 Buona prassi 5. Una rete di sostegno per la creazione di nuova imprenditorialità sociale... 38 Buona prassi 6. Costruzione di una rete di sostegno per lo sviluppo e il consolidamento dell’economia sociale............................................................................................................ 43 Buona prassi 7. Mappatura, animazione e promozione microimprenditorialità sociale in contesti abitativi problematici............................................................................................... 48 Buona prassi 8. Responsabilità e servizi sociali per le imprese for profit ............................ 54 2 Buona prassi 9. Accompagnamento alla redazione del Bilancio di Responsabilità sociale (BRes) ....................................................................................................................................... 59 Buona prassi 10. Il protagonismo dei beneficiari nei percorsi di inserimento al lavoro ...... 64 Buona prassi 11. Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale.... 70 Buona prassi 12. Innovazione nell’outsourcing per il welfare mix ...................................... 73 Buona prassi 13. Modelli di misurazione della qualità dei servizi ....................................... 78 Buona prassi 14. Formazione e creazione d’impresa............................................................ 82 Una lettura trasversale delle buone prassi ................................................................................ 87 Indicazioni dalle aree tematiche............................................................................................ 87 Raccomandazioni per gli attori dell’economia sociale e per i loro stakeholders.................. 92 Bibliografia............................................................................................................................... 94 Appendice................................................................................................................................. 95 Scheda per la mappatura delle buone prassi ......................................................................... 95 Scheda per l’analisi delle buone prassi ................................................................................. 97 3 La pubblicazione è stata curata da Flaviano Zandonai con il supporto di Vincenzo Senatore. Un ringraziamento particolare va ai ricercatori che hanno compilato le schede delle buone prassi riportate in questo manuale. Il Manuale sintetizza e raccoglie le buone prassi rilevate all’interno delle seguenti partnership di sviluppo che hanno partecipato al Progetto Re.P.E.SO.: District Valley: rete di conoscenza e sviluppo imprenditoriale (IT-S2-MDL-167) (IT-G2LAZ-092) Sito web: http://www.districtvalley.it/ Soggetto referente: Intesa Formazione S.c.p.a. INCIPIT SOCIALE - Incubatore di Impresa Per Iniziative Territoriali nel Sociale (IT-G2BAS-036) Sito web: http://www.riss-equal.com/ Soggetto referente: Solidarietà Integra Società Cooperativa Sociale formES - formazione per l’Economia Sociale (IT-G2-CAL-006) Sito web: http://www.formes-italia.eu/ Soggetto referente: Formaconsult Società Cooperativa SocIO - servizi per le imprese no profit (IT-G2-CAL-059) Sito web: http://www.socioequal.it Soggetto referente: Associazione Prometeo Concertazione Territoriale e Sviluppo dell`Economia Sociale (IT-G2-CAL-083) Sito web: www.equal-atc.com/ Soggetto referente: IAL CISL Calabria Impresa di Comunità (IT-G2-FRI-007) Sito web: www.impresadicomunita.it Soggetto referente: Per l`Impresa Sociale Consorzio Società Cooperativa Sociale ONLUS I.SO.L.E. Imprese sociali per lanciare l'economia (IT-G2-PUG-070) Sito web: www.equalisole.com Soggetto referente: Leader società cooperativa consortile FOOD`S VALUE (IT-G2-PIE-067) Sito web: www.equal-foodvalue.it Soggetto referente: Società Cooperativa Sociale Centro Torinese di Solidarietà. (CTS) E.S.I. - Economia Sociale ed Imprenditorialità (IT-G2-PUG-085) Sito web: www.equal-esi.net Soggetto referente: DIEFFE S.C.A.R.L. SQUINZANOSOCIALE (IT-G2-PUG-021) Sito web: www.squinzanosociale.it Soggetto referente: R&S Staff Srl Joint Venture Sociale (IT-G2-VEN-029) Sito web: http://www.insiemesipuo.eu Soggetto referente: Società Cooperativa Sociale - "Insieme Si Può” 4 Introduzione Questa pubblicazione è un “Manuale di buone pratiche” finalizzato a mettere in luce gli elementi di innovazione delle diverse partnership di sviluppo Equal coinvolte nel progetto RE.P.E.S.O. – Rete per la promozione dell’economia sociale. Il progetto si colloca nell’ambito dell’azione 3 di Equal, il cui obiettivo è divulgare i principali risultati e gli elementi di innovazione sperimentati nell’ambito delle diverse iniziative sostenute da questa linea di finanziamento. Sulla base di quanto indicato nel documento di progettazione e considerando le caratteristiche delle diverse partnership coinvolte, le buone prassi individuate e descritte nel Manuale riguardano strategie e prassi adottate dai progetti Equal coinvolti per favorire processi di partecipazione da parte dei diversi attori territoriali al fine di promuovere lo sviluppo dell’economia sociale a livello locale. Nell’ambito di questo obiettivo generale, è stato assegnato particolare rilievo alle iniziative intraprese per rafforzare la dimensione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale, considerando il fatto che tutte le partnership coinvolte erano collocate sull’asse “imprenditorialità” di Equal e che fra le attività svolte era possibile identificare con una certa precisione iniziative specifiche in tal senso (a livello formativo, consulenziale, ecc.). − Nel primo capitolo del Manuale verranno illustrati i principali mutamenti che caratterizzano il settore dell’economia sociale in Italia e in Europa, cercando di mettere in luce le più significative aree di innovazione, in particolare per quanto riguarda la dimensione imprenditoriale. − Il secondo capitolo introdurrà i casi di buone prassi, attraverso la loro classificazione all’interno di diverse aree tematiche (sviluppo d’impresa, partnership pubblico private, formazione del management, ecc.). In termini generali le aree identificate costituiranno una sorta di “guida” per sviluppare e consolidare la vocazione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale. − Il terzo capitolo costituirà la parte centrale del Manuale, in quanto verranno descritti analiticamente quattordici casi di buone pratiche realizzate nell’ambito dei progetti Equal coinvolti nell’azione 3 RE.P.E.S.O. Per ciascun caso verranno analizzati aspetti diversi quali: i contenuti delle attività, i promotori, le modalità di gestione, i beneficiari (diretti e indiretti), gli esiti, ecc. − Infine, il capitolo finale del Manuale conterrà alcune linee guida per l’adozione di politiche volte a sostenere lo sviluppo in senso imprenditoriale dell’economia sociale, sulla base di quanto osservato all’interno delle buone pratiche. Si tratterà di indicazioni rivolte sia agli “addetti ai lavori” - le persone che lavorano e soprattutto dirigono iniziative di economia sociale - ma anche a tutti gli interlocutori di questo settore: dalle imprese for profit alle amministrazioni pubbliche, fino alle esperienze di economia sociale, anche quelle che non hanno sviluppato un orientamento in senso imprenditoriale. 5 Le traiettorie evolutive dell’economia sociale Le tendenze recenti A livello generale l’economia sociale appare come un settore dinamico, la cui conformazione è mutevole nel corso del tempo e a seconda del contesto di appartenenza. Tale dinamica è spiegabile sia riferendosi a fattori politico istituzionali ed economici propri di ciascun territorio (sovranazionale, nazionale o locale), ma è riconducibile anche (e soprattutto) al fatto che queste organizzazioni sono frutto di processi collettivi attraverso i quali persone, gruppi sociali, comunità si attivano e coordinano la loro azione per rispondere a bisogni ed esigenze rimaste senza risposta o con risposte insufficienti da parte di altre agenzie pubbliche e private. Le organizzazioni dell’economia sociale sorgono comunque non solo a causa dei “fallimenti” delle istituzioni pubbliche e delle imprese di mercato, ma anche quando i bisogni cui esse intendono rispondere sono caratterizzati da elementi costitutivi peculiari. Si può ricordare, ad esempio, la rilevanza di tali bisogni rispetto a ciò che si definisce come “interesse generale” di una comunità, il fatto di essere posti in capo a persone e gruppi che, per ragioni diverse, vivono una situazione di scarsità di risorse per poterli soddisfare e non ultimo la presenza di una dotazione minima di capitale sociale, ossia di relazioni fiduciarie tra i promotori di queste iniziative che faciliti il processo di aggregazione dei portatori di interesse e sostenga la motivazione dei singoli a partecipare. La natura variabile e differenziata dei bisogni e le trasformazioni intervenute nel tessuto sociale fanno sì che l’economia sociale assuma una traiettoria di sviluppo non di tipo progressivo incrementale, ma piuttosto per “stratificazioni successive”. Ognuno degli strati dell’economia sociale corrisponde, in via generale, al tentativo di rispondere a esigenze di natura diversa che nel corso del tempo hanno assunto un determinato livello di rilevanza nella scala dei bisogni. Inoltre, è responsabile della crescita per stratificazione anche la particolare combinazione di risorse sociali e politico istituzionali proprie di un certo territorio in una data epoca storica. Anche negli ultimi anni l’economia sociale non ha esaurito la sua spinta all’innovazione e anzi, probabilmente ha costituito un nuovo strato del suo sviluppo. Sono sorte infatti, un po’ in tutta Europa, nuove iniziative che, pur inquadrabili all’interno del paradigma storicamente definito dell’economia sociale, evidenziano elementi di innovazione che riguardano sia i campi di intervento, ma anche le forme organizzative e gestionali. Tali organizzazioni, denominate imprese sociali, rappresentano la più recente e innovativa espressione dell’economia sociale a livello europeo. Si tratta infatti di soggetti dove la dimensione imprenditoriale – rappresentata da indicatori quali la produzione continuativa di beni e servizi, un livello elevato di autonomia, un livello significativo di rischio economico e la presenza di forza lavoro stipendiata – si combina con un modo relativamente nuovo di intendere la finalità “sociale” di 6 un’iniziativa. In questo caso la dimensione sociale può essere approssimata da indicatori quali un’iniziativa intrapresa da un gruppo di cittadini, un potere decisionale non basato sul possesso di capitale, una natura partecipativa che coinvolge direttamente le persone interessate all’attività, la presenza di una limitazione alla distribuzione del profitto e l’obiettivo esplicito di produrre benefici per la comunità. Questa definizione di impresa sociale, elaborata dalla rete di ricerca Emes, stabilisce quindi l’esistenza di una inedita soggettività imprenditoriale, inquadrabile all’interno dell’economia sociale, ma contemporaneamente apportatrice di elementi che segnano anche alcune discontinuità rispetto alle organizzazioni più “tradizionali” del settore (associazioni, fondazioni, cooperative). L’emergere di questo nuovo soggetto pone, fra l’altro, una serie di questioni di un certo rilievo anche per quanto riguarda le modalità attraverso cui possono essere previste iniziative e politiche di sostegno. Nel paragrafo successivo si tenterà quindi di analizzare in modo puntuale quali sono le peculiarità delle imprese sociali e definire così il loro “fabbisogno” in termini sviluppo imprenditoriale. L’emergere dell’impresa sociale A partire dalla definizione precedente è necessario proporre un’analisi capace di cogliere quegli elementi di peculiarità delle imprese sociali che possono essere letti anche come specifiche esigenze in termini imprenditoriali. I punti seguenti contengono quindi una descrizione, non esaustiva, delle qualifiche proprie delle imprese sociali, puntando l’attenzione soprattutto sul modo in cui l’agire imprenditoriale viene reso funzionale, nella prassi, al perseguimento del loro scopo sociale. Si tratta, va ricordato, sia di fattori interni a queste organizzazioni, sia di elementi che riguardano il loro ambiente esterno. Inoltre, il loro ordine di presentazione non risponde ad alcun criterio di priorità. - L’interesse generale come finalità. Le imprese sociali si caratterizzano per il perseguimento di obiettivi che travalicano gli interessi specifici dei proprietari dell’organizzazione, generando benefici a favore di soggettività più ampie come comunità locali e gruppi sociali differenziati. In questo senso, alle imprese sociali può essere attribuita una finalità di tipo “pubblico”, perché contribuiscono ad estendere il concetto di mutualità che è alla base delle esperienze storicizzate dell’economia sociale come le cooperative e le mutue. In queste organizzazioni, infatti, l’interesse principale corrisponde a quello dei soci proprietari dell’organizzazione e quindi i benefici prodotti ricadono in via prioritaria su questi soggetti, anche se, soprattutto nel caso delle cooperative, esiste comunque un’attenzione al coinvolgimento nella vita delle comunità ove queste imprese operano. - La natura relazionale dei beni prodotti. Le imprese sociali producono beni e servizi dove le dimensioni di prossimità e relazionalità rispetto ai destinatari assumono un carattere centrale nel determinare i contenuti e la qualità del bene stesso. Spesso, infatti, i beneficiari di questi beni 7 sono persone in situazioni di fragilità ed esclusione sociale che rendono difficile riproporre modelli di scambio basati su una rappresentazione del “consumatore” dotato delle necessarie risorse economiche e informative per soddisfare razionalmente i propri bisogni. Attività come i servizi di cura, l’educazione, il sostegno all’inserimento nel mondo del lavoro, ecc. si caratterizzano infatti come beni di natura immateriale la cui produzione richiede la presenza di un sistema relazionale dove sono coinvolti vari soggetti: chi produce il bene, chi lo “consuma” direttamente o ne beneficia indirettamente, chi ne finanzia la produzione, chi ne favorisce la fruizione, ecc. Allo stesso modo la fruizione di questi stessi beni non è esclusivamente a favore dei destinatari diretti, ma anche di persone, gruppi, comunità che ne beneficiano indirettamente nelle forme di una migliore qualità della vita, più coesione sociale, sicurezza, benessere psicologico, ecc. Per questa ragione sono quindi piuttosto diffuse nelle imprese sociali forme di “commistione” tra produttori e consumatori (diretti e indiretti); questi ultimi infatti, in prima persona o attraverso forme di rappresentanza, sono spesso coinvolti in veste di soci dell’impresa sociale, piuttosto che come parte attiva nel processo di produzione (ad esempio in veste di volontari o di care-giver). - L’ibridazione delle risorse come modalità di sostegno. Le imprese sociali realizzano la loro dimensione imprenditoriale agendo non solamente attraverso forme di scambio monetario e all’interno di determinate “arene mercantili”. Queste imprese, infatti, ottengono le risorse necessarie per sopravvivere e svilupparsi attraverso forme di scambio multiple e complesse: alle risorse derivanti da forme contrattuali tipiche del mercato si combinano con altre di diversa natura, la cui origine è da ricercare nella peculiarità degli obiettivi perseguiti e nelle attività svolte dalle imprese sociali. Si tratta, ad esempio, di contributi e donazioni economiche da parte di soggetti pubblici o privati, ma anche di tempo lavoro a titolo di volontariato, strutture concesse con forme di comodato gratuito, ecc. Grazie a queste risorse “aggiuntive” le imprese sociali sono in grado di agire anche in ambiti di attività dove le transazioni mercantili non sarebbero sostenibili per l’assenza (o la scarsità) di domanda pagante da parte dei beneficiari, piuttosto per il non interesse di altri soggetti a finanziare gli interventi. - La dimensione locale come campo di azione. La natura relazionale dei beni prodotti e la capacità di attrarre risorse di vario tipo per il loro sostegno, fa sì che le imprese sociali tendano ad enfatizzare il carattere locale dei loro interventi. Anche nelle forme tradizionali dell’economia sociale il livello locale dell’azione rappresenta spesso un elemento peculiare, ma, come nel caso delle finalità, le imprese sociali tendono ad assegnare a questo aspetto una dimensione prioritaria nel determinare il loro modo di agire. Il radicamento in un contesto territoriale ristretto, infatti, consente a queste imprese di individuare con tempestività e precisione bisogni cui è necessario rispondere, ma anche di riconoscere e valorizzare tutte quelle risorse che possono essere utili per organizzare adeguate forme di intervento. 8 - La multiappartenenza come sistema di governo. Le imprese sociali sono organizzazioni dove il carattere collettivo assume una posizione di centralità nel definire il loro progetto di sviluppo sociale e imprenditoriale. Le loro finalità, i beni prodotti, il campo di azione e le risorse per il funzionamento condividono al fondo una esigenza comune, ovvero di coinvolgere persone e organizzazioni diverse, sia per numero, ma soprattutto per l’eterogeneità degli interessi e delle visioni rappresentate. Per questa ragione le imprese sociali si caratterizzano spesso per la presenza di sistemi di governo che prevedono forme multiple di adesione (lavoratori, volontari, sovventori, beneficiari, ecc.). In questo caso esse si differenziano in modo piuttosto significativo dalle espressioni più tradizionali dell’economia sociale, nelle quali invece prevalgono sistemi di governance relativamente omogenei perché costituiti intorno a un portatore di interessi ben definito che esercita una posizione dominante nel determinare le strategie e le modalità gestionali. Le imprese sociali sono quindi organizzazioni che coinvolgono diversi stakeholders, in quanto si prefiggono finalità di interesse generale il cui raggiungimento non è dato una volta per tutte e non è posto in capo in via esclusiva ad un unico attore, ma è un processo che va cocostruito nella prassi quotidiana cercando di contemperare le diverse posizioni e interessi presenti sul territorio. Non è un caso quindi che le imprese sociali siano spesso organizzazioni di piccole dimensioni (come numero di persone coinvolte). Il contenimento dimensionale, infatti, è funzionale, tra l’altro, al mantenimento di un sistema relazionale significativo – cioè non burocratico e anonimo – sia all’interno dell’organizzazione, sia nelle relazioni che queste imprese intrattengono con altri soggetti (in primo luogo con i beneficiari delle proprie attività). - Il carattere emergente e la questione della legittimazione. Le imprese sociali sono soggetti emergenti, in cerca di legittimazione, anche se in alcuni paesi europei hanno raggiunto una diffusione e riconoscimento tali da poter ipotizzare un processo di istituzionalizzazione. In generale però le imprese sociali si confrontano con soggetti generalmente più strutturati (gli enti pubblici, le imprese di mercato, ma anche le altre organizzazioni dell’economia sociale) rispetto ai quali si trovano a volte in una posizione di subalternità. Tale posizione si manifesta in fenomeni di dipendenza economica (ad esempio dalle risorse pubbliche), di isomorfismo organizzativo (nell’adozione di strumenti di gestione tipici delle imprese for-profit) e di scarsa capacità a formulare e promuovere il proprio progetto politico-culturale (perché troppo ripiegate sulla gestione quotidiana). Questa constatazione è ulteriormente enfatizzata dal fatto che le imprese sociali operano in settori caratterizzati da un elevato livello di dinamicità e incertezza rispetto all’evoluzione dei bisogni e alla disponibilità di risorse per sostenere iniziative imprenditoriali (seppur a finalità sociale). D’altro canto questi stessi settori - si pensi, a titolo di esempio, al settore della sicurezza sociale, piuttosto che dell’educazione – sono soggetti a trasformazioni “epocali” anche per quanto riguarda il ruolo delle agenzie che tradizionalmente vi operavano (ad esempio le amministrazioni 9 pubbliche) lasciando quindi uno spazio importante per l’innovazione e l’allargamento in altri ambiti. Le esigenze di sviluppo imprenditoriale L’analisi svolta nelle pagine precedenti ha contribuito a identificare una serie di elementi che connotano in modo piuttosto netto le forme emergenti e innovative di imprenditorialità sociale che in questi ultimi decenni si vanno affermando all’interno del settore dell’economia sociale in Italia e in altri paesi europei. Pur considerando le diversità – spesso notevoli – nel modo in cui questo fenomeno si manifesta, appare chiaro che le imprese sociali così definite trovano nell’elemento della relazionalità un fattore centrale intorno a cui si costituisce la loro l’identità specifica, anche rispetto alle altre espressioni dell’economia sociale. Il carattere relazionale si traduce, in termini operativi, in una spiccata capacità delle imprese sociali di costituire legami fra attori diversi – persone che organizzazioni - sia all’interno dei propri “confini organizzativi” (ad esempio nella composizione della compagine proprietaria), sia nell’ambito di relazioni con altre istituzioni. In altri termini, si può sostenere che il modello organizzativo di questa “nuova dinamica” dell’economia sociale trova nelle reti non solo la realizzazione – in modo più o meno consapevole – di una opzione strategica scelta fra le varie possibilità di sviluppo, ma un importante elemento costitutivo. Da questo punto di vista anche l’azione imprenditoriale risente di questa impostazione a più livelli: 1. i beni prodotti, in quanto consistono in prestazioni dall’accentuato carattere relazionale; 2. i beneficiari delle attività, in quanto i loro bisogni si caratterizzano, in termini generali, per la ricerca (o la ricostruzione) di sistemi relazionali (si pensi, ad esempio, ai percorsi di inserimento lavorativo di persone svantaggiate); 3. i produttori, in quanto la complessità dei beni richiede l’intervento simultaneo e altamente coordinato di attori diversi che operano sia all’interno che all’esterno dell’impresa sociale; 4. i sostenitori delle attività, in quanto si tratta non solo di attori diversi, ma anche che apportano risorse di natura differenziata (economiche e non, attraverso transazioni di mercato o donative, ecc.). A partire da questi elementi di peculiarità – e di complessità – si possono enucleare alcune questioni cruciali (anche con accenti critici) da cui dipende l’efficacia dell’azione imprenditoriale delle imprese sociali. − La prima questione riguarda la continuità dei processi produttivi. La complessità costitutiva e gestionale di questi processi fa sì che per molte imprese sociali spesso risulti complesso 10 garantirne la durata nel medio / lungo periodo. Non a caso molte iniziative si caratterizzano per una certa frammentarietà e discontinuità della produzione che ne impedisce (o ne rallenta) lo sviluppo (si pensi, ad esempio, al numero non residuale di cooperative e associazioni formalmente costituite ma, di fatto, inattive). − La seconda questione riguarda la costruzione e il posizionamento nei mercati. In questo caso la questione di fondo riguarda il riconoscimento del valore specifico della produzione offerta dalle imprese sociali. Molto spesso, infatti, le imprese sociali non vengono riconosciute come attori che, attraverso la prestazione di servizi, producono un surplus di benessere a livello di sicurezza, coesione, inclusione, ecc. Esse vengono invece considerate come mere agenzie di servizio il cui unico elemento di vantaggio competitivo è dato dalla maggiore flessibilità ed economicità dell’offerta. Si tratta di una visione riduttiva - spesso avallata dalle stesse imprese sociali – che le espone al rischio di spiazzamento da mercati – anche rilevanti – a causa dell’ingresso di nuovi soggetti maggiormente concorrenziali da questo punto di vista. − La terza questione – strettamente legata alla precedente – consiste nel reperimento e mantenimento del mix di risorse a sostegno della produzione. In alcuni casi, sembra che la capacità tipica delle imprese sociali di attrarre e combinare risorse di natura diversa abbia lasciato spazio a vere e proprie forme di dipendenza da un’unica tipologia di risorse (il caso emblematico è quello dei mercati pubblici), limitando così lo sviluppo di un progetto imprenditoriale realmente autonomo anche perché in grado di far proprie risorse – ad esempio il volontariato che altri attori (sia pubblici che privati) non considerano tali o le trattano come marginali. − Quarta e ultima questione riguarda l’individuazione e la diffusione di elementi di innovazione. La nascita di molte imprese sociali – soprattutto nella fase “pionieristica” – è legata al fatto di aver innovato sia i prodotti (dando vita a nuovi settori di attività, ad esempio i servizi a domicilio o territoriali), sia i processi produttivi (coinvolgimento di operatori retribuiti, di volontari e, per quanto possibile, dei beneficiari). Da questo punto di vista sembra necessario proporre percorsi per ridare slancio e sostenere la capacità innovativa delle imprese sociali a fronte di un contesto socio economico in rapida trasformazione. Ma risulta altrettanto rilevante individuare modalità efficaci attraverso cui l’innovazione può essere “ingegnerizzata”, per divenire patrimonio comune di un numero consistente di soggetti a livello locale. 11 La mappatura delle buone prassi La redazione del Manuale ha previsto come prima tappa la ricognizione delle attività svolte dai diversi progetti Equal al fine di effettuare una “mappatura” dei casi di buone pratiche relative allo sviluppo imprenditoriale delle iniziative di economia sociale. L’obiettivo era di definire un quadro conoscitivo coerente con le esigenze di comunicazione e divulgazione previste dall’azione 3, ovvero non eccessivamente frammentato o, al contrario, troppo generico. Questa soluzione metodologica si è fatta carico, da un lato, della numerosità ed eterogeneità delle iniziative progettuali coinvolte, senza però sacrificare le loro specificità (a livello di contenuti, ambiti territoriali, soggetti coinvolti, ecc.). Le fasi attraverso cui si è giunti alla redazione della mappa delle buone prassi presentata si seguito sono state le seguenti: − consultazione del materiale documentale relativo ai progetti Equal coinvolti, in modo da individuare a livello generale obiettivi, strategie di intervento e modalità attuative; − redazione di una prima griglia “a maglie larghe” che identificava alcune aree tematiche comuni ai vari progetti; la griglia è stata utilizzata dai ricercatori sul campo al fine di individuare i casi di buone prassi all’interno di iniziative molto articolate e complesse quali sono i progetti Equal; − raccolta delle buone prassi attraverso una descrizione sintetica dei contenuti e degli elementi di peculiarità; − redazione finale della griglia, classificando all’interno delle diverse aree tematiche i casi individuati all’interno dei progetti. Nei paragrafi successivi verranno descritte le diverse aree tematiche, inserendo anche alcuni riferimenti alle buone prassi che verranno analizzate dettagliatamente nel capitolo successivo. La parte finale del manuale conterrà invece alcune chiavi di lettura generali, in modo da favorire la diffusione di quanto realizzato dai progetti presso interlocutori diversi. La descrizione delle aree di innovazione imprenditoriale consentirà inoltre di approfondire ulteriormente le tendenze evolutive dell’economia sociale abbozzate nel primo capitolo. 12 Le aree tematiche 1. Partnership pubblico / private La prima area tematica dove possono essere inserite alcune delle buone pratiche realizzate dalle iniziative Equal coinvolte nel progetto RE.P.E.S.O. riguarda tutte quelle attività volte a costituire e/o consolidare i rapporti tra organizzazioni dell’economia sociale ed enti pubblici, soprattutto a livello locale. In termini generali la costituzione di partnership pubblico / private intende agire ad almeno due livelli. 1) La gestione di attività e servizi. In questo caso le partnership sono tipicamente volte all’identificazione di strumenti – più o meno innovativi - per l’affidamento in gestione di attività da parte dell’ente pubblico a favore di soggetti dell’economia sociale. Un’ulteriore modalità riguarda la gestione in comune pubblico / privata di strutture o iniziative progettuali (ad esempio attraverso società miste, accordi, ecc.). 2) La governance territoriale. In questo ambito le partnership pubblico / private sono chiamate a gestire iniziative di policy making generalmente in ambito settoriale e in un ben definito contesto territoriale. Si tratta, ad esempio, dei cosiddetti “tavoli” di programmazione per le politiche sociali e del lavoro, dove sempre più spesso le imprese sociali (ed altri attori del terzo settore) sono chiamati ad interagire con le amministrazioni pubbliche in sede di definizione degli obiettivi delle politiche e delle strategie per implementarle. In questo ambito, le buone pratiche rilevate affrontano le seguenti tematiche. − Metodologie e strumenti per il coinvolgimento dell’economia sociale nei sistemi di governance territoriale dei servizi sociali, in una fase cruciale di riforma a livello istituzionale (buona prassi 6). − Iniziative di outsourcing pubblico volte a superare le forme tradizionali di esternalizzazione dei servizi pubblici (attraverso gare d’appalto), favorendo l’adozione di strumenti innovativi di regolazione dei rapporti (ad esempio società miste) che enfatizzino il ruolo sussidiario dell’ente pubblico e sostengano una maggiore autonomia dei soggetti dell’economia sociale (buona prassi 12). − Forme di regolazione dei rapporti tra soggetti pubblici e privati – anche a livello normativo - con l’obiettivo di sostenere la crescita e il consolidamento di iniziative specializzate in determinati settori di attività (ad esempio l’inserimento lavorativo), ma anche per il coinvolgimento di altri attori che pur non avendo una mission specifica in tal senso possono comunque svolgere un ruolo rilevante. 13 − Sostegno all’avvio delle pratiche di concertazione per la programmazione delle politiche sociali a livello locale, favorendo la creazione di rete, la conoscenza reciproca, l’efficienza del sistema dei servizi, evitando sovrapposizioni, ridondanze, ecc. (buona prassi 1). − La definizione di modelli di misurazione della qualità dei servizi che utilizzino criteri inerenti alla soddisfazione dell’utente/fruitore e alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del servizio (buona prassi 13). 2. Formazione manageriale La seconda area dove si sono rilevati casi di buone pratiche riguarda le iniziative di carattere formativo che hanno coinvolto il management delle organizzazioni dell’economia sociale, ma anche alcuni interlocutori strategici di questi soggetti (ad esempio amministratori pubblici, esponenti del mondo imprenditoriale, ecc.). Le iniziative segnalate in questo ambito hanno operato a diversi livelli. − La progettazione dei contenuti formativi rappresenta l’esito di attività diverse volte a rilevare i principali elementi di fabbisogno formativo. Si tratta quindi di un processo articolato che prevede un consistente investimento sulla fase pre-formativa, operando attraverso metodologie diverse: da vere e proprie indagini sul fabbisogno di formazione alla raccolta di indicazioni provenienti da “testimoni privilegiati” dell’economia sociale in ambito locale. − L’identificazione dei profili professionali da coinvolgere come beneficiari dell’attività formativa. Anche in questo caso si tratta di un’attività piuttosto complessa, in quanto, da un lato, la formazione poteva essere rivolta a più profili e quindi si trattava di costruire un percorso adatto a soggetti con curricula e fabbisogni diversi. D’altro canto, l’attività di formazione ha contribuito anche a costruire alcuni profili professionali a partire dal riconoscimento di competenze specifiche che nelle organizzazioni dell’economia sociale non hanno ancora trovato riconoscimento formale negli organigrammi e nell’offerta formativa “standard” (scuole professionali, università, ecc.). − Infine è stata riservata anche una certa attenzione alla strutturazione del percorso formativo, cercando di favorire il più possibile la partecipazione. Va ricordato infatti che i destinatari di queste iniziative erano soprattutto persone già impiegate – spesso con orari molto intensi – all’interno delle loro organizzazioni. Inoltre questi stessi partecipanti hanno mostrato di privilegiare forme interattive di docenza, molto basate sullo scambio di esperienze (ad esempio con la formula del workshop tematico). Il caso di buona pratica classificato all’interno di quest’area consiste nella realizzazione di percorsi formativi a favore di alcune figure - chiave del sistema di welfare locale (esponenti dell’economia 14 sociale e dell’amministrazione pubblica), al fine di sostenere il consolidamento della rete locale dei servizi e delle politiche sociali (buona prassi 4). 3. Strumenti per la gestione d’impresa Una terza, importante area di contenuto all’interno della quale è possibile rilevare iniziative volte allo sviluppo della dimensione imprenditoriale dell’economia sociale riguarda la definizione e la successiva adozione di strumenti gestionali. In termini generali gli strumenti oggi più diffusi nell’ambito dell’economia sociale agiscono sui seguenti ambiti: − la qualità dei prodotti, attraverso l’adozione di forme di certificazione; − il controllo di gestione, al fine di costituire un sistema informativo adeguato a monitorare “in itinere” le performance economiche e sociali dell’impresa; − la rendicontazione sociale delle attività da affiancare in modo continuativo e complementare ai tradizionali strumenti di rendiconto economico. I casi di buona pratica rilevati nell’ambito del progetto RE.P.E.S.O. riguarda l’adozione del bilancio sociale come strumento di responsabilità sociale (buone prassi 8 e 9). 4. Accesso al credito Le strategie e le modalità di approccio al credito e da parte delle organizzazioni dell’economia sociale rappresentano un’ulteriore area tematica al fine di individuare iniziative volte allo sviluppo in senso imprenditoriale. In questo ambito le attività potranno riguardare i seguenti aspetti. − La rilevanza strategica del credito, cercando di stabilire quale consapevolezza hanno i soggetti dell’economia sociale rispetto al valore di questo strumento per sostenere il loro sviluppo. − L’ammontare delle risorse creditizie richieste commisurandole ai principali parametri economico finanziari dell’impresa (giro d’affari, capitale sociale, patrimonio, investimenti, ecc.). − La finalità degli investimenti per cui si richiede credito, distinguendo tra esigenze legate alla gestione ordinaria (ad esempio per far fronte alla scarsa liquidità o ai tempi lunghi di pagamento da parte dei clienti) e investimenti destinati a sostenere lo sviluppo e l’innovazione (ad esempio acquisizione di immobili, di tecnologia, know-how, ecc.). − La qualità della relazione con gli istituti di credito, a fronte di un settore che vede crescere il numero e le tipologie di attori. Si va infatti da soggetti specializzati nel credito all’economia sociale (ad esempio Banca Etica), fino a istituti bancari tradizionali che cercano di differenziare i loro prodotti tenendo conto delle caratteristiche specifiche del settore. 15 Il caso di buona pratica individuato nel corso della rilevazione riguarda il sostegno all’accesso al credito da parte degli attori dell’economia sociale (buona prassi 2). 5. Analisi territoriali e studi di fattibilità Un ulteriore ambito di interesse riguarda la produzione di elementi di conoscenza che consentono di progettare e sostenere iniziative di sviluppo imprenditoriale. Nell’ambito dell’economia sociale tali attività possono riguardare i seguenti aspetti. − Lo svolgimento di ricerca – intervento volte a rilevare bisogni e risorse su base territoriale per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali a finalità sociale e/o per la sensibilizzazione e mobilitazione degli attori socio economici intorno a tematiche di tipo “sociale”. − La costruzione di sistemi di monitoraggio periodico in grado di restituire l’andamento dei principali fenomeni socio economici sui quali agiscono le iniziative di economia sociale. − La valorizzazione delle competenze – delle persone e delle organizzazioni – che in ambito locale sono in grado di “leggere” i bisogni del territorio ma anche individuare le risorse adeguate per rispondervi. − La realizzazione di attività diverse volte non solo a cogliere l’esistente, ma a prefigurare elementi di innovazione sia nell’offerta di servizi che nelle modalità di gestione. I casi di buone prassi rilevati nell’ambito della mappatura hanno realizzato le seguenti iniziative. − Sviluppo di comunità (mappatura e progettazione partecipata) in quartieri disagiati per far emergere idee di impresa sociale (nuove imprese o ristrutturazione di esistenti), poi messe in connessione con reti formali di sostegno come la partnership di sviluppo del progetto, ma anche i “tavoli” dei piani sociali di zona previsti dalla legge di riforma dei servizi sociali (buona prassi 7). − Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale (buona prassi 11). 6. Creazione e sviluppo d’impresa Una “classica” attività dei progetti finanziati riguarda lo sviluppo di iniziative imprenditoriali nell’ambito dell’economia sociale. In questo ambito si segnalano attività volte a sostenere l’avvio di nuove iniziative (start-up d’impresa), ma anche a rafforzare o riconvertire esperienze già attive a fronte di elementi di crisi interna e/o di mutamenti a livello di mercati e contesto sociale. Le buone pratiche rilevate forniscono un interessante contributo all’innovazione in questo ambito perché riguardano. 16 − Lo svolgimento di attività formative rivolte a gruppi promotori di nuove imprese nell’economia sociale attraverso il confronto e lo scambio con esperienze “mature” a livello locale e in altri contesti territoriali (buona prassi 5). − La ricerca di forme innovative di sostenibilità delle esperienze dell’economia sociale, agendo sulle loro strutture di supporto attraverso la promozione di servizi diversi: dall’amministrazione, al networking, fino al general contracting e alla ricerca / sviluppo (buona prassi 3). − Accompagnamento alla creazione d’impresa attraverso la mobilitazione di risorse apportate da clienti e finanziatori inediti per l’economia sociale (buona prassi 5). − Qualificazione di nuove figure professionali, personalizzando l’offerta di servizi sociali o di utilità sociale attraverso anche l’individuazione di nuove metodologie e strumenti formativi (buona prassi 14). 7. Inserimento lavorativo di fasce deboli Infine, un’area tematica corrisponde ad un settore specifico – e molto rilevante – dell’economia sociale, ovvero l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Si tratta di un ambito su cui si concentrano azioni rivolte a: elaborare metodologie per la progettazione e la gestione dei percorsi di inserimento al lavoro (selezione, permanenza, uscita); dotazione di strumenti con finalità di monitoraggio e valutazione dei percorsi (analisi del potenziale, tracking analisys, ecc.); sostegno all’affermazione di ruoli professionali specialistici, finalizzati alla progettazione e realizzazione di iniziative per l’inclusione di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro (ad esempio operatori con funzione di tutorship per la persona svantaggiata sul luogo di lavoro). Il caso di buona prassi rilevato riguarda il coinvolgimento diretto dei beneficiari nei percorsi di inserimento lavorativo attraverso la formazione “sul campo” e la costruzione di una rete strategica orientata in modo esplicito sui beneficiari come portatori di bisogni ma anche di risorse (buona prassi 10). Uno schema riepilogativo Sulla base delle descrizioni proposte nel paragrafo precedente è possibile proporre uno schema che riepiloga la distribuzione dei casi di buone pratiche. 17 − Buona prassi 1: “Tavoli territoriali di concertazione” 1) Partnership pubblico / private − Buona prassi 6: “Costruzione di una rete di sostegno per lo sviluppo e il consolidamento dell’economia sociale” − Buona prassi 12: “Innovazione nell’outsourcing per il welfare mix” − Buona prassi 13: “Modelli di misurazione della qualità dei servizi” 2) Formazione manageriale − Buona prassi 4: “Formazione per manager dell’economia sociale e del non profit” − Buona prassi 8: “Responsabilità e servizi sociali per le imprese for profit” 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità − Buona prassi 9: “Accompagnamento alla redazione del Bilancio di Responsabilità sociale (B-Res)” − Buona prassi 2: “Formazione congiunta degli operatori della cooperazione sociale e del credito” − Buona prassi 7: “Mappatura, animazione e promozione di microimprenditorialità sociale in contesti abitativi problematici” − Buona prassi 11: “Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale” − Buona prassi 3: “Servizi integrati di start-up e consulenza gestionale per le organizzazioni dell’economia sociale” 6) Creazione e sviluppo d’impresa − Buona prassi 5: “Una rete di sostegno per la creazione di nuova imprenditorialità sociale” − Buona prassi 14: “Sviluppo attività formative” 7) Inserimento lavorativo − Buona prassi 10: “Il protagonismo dei beneficiari nei percorsi di inserimento lavorativo” 18 Il repertorio delle buone prassi I progetti coinvolti nel progetto RE.P.E.S.O. hanno individuato al loro interno quattordici casi di buone pratiche per lo sviluppo in senso imprenditoriale di soggetti dell’economia sociale. Si tratta di attività eterogenee – dalla formazione, alla consulenza, alla ricerca intervento – e che presentano una diversa rilevanza rispetto al complesso delle attività progettuali; alcune buone prassi risultano marginali rispetto agli obiettivi progettuali, altre invece rappresentano il “core business” del progetto. L’impostazione manualistica della pubblicazione, volta a favorire la conoscenza e l’apprendimento, ha indotto ad analizzare buone prassi così diverse seguendo un percorso comune, scandito da alcuni snodi critici. In questo modo il lettore potrà leggere ciascun caso nella sua specificità, oltre a trarre alcune “lezioni generali” da quanto sperimentato dai progetti nel loro complesso, affinché l’insieme di queste iniziative possa essere replicato e “messo a sistema”. Gli snodi analitici sono descritti nei punti seguenti. 1. Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione. Verrà descritto in forma sintetica il contenuto delle attività svolte, cercando di mettere in luce gli elementi di innovazione per cui l’iniziativa si può considerare un caso di buona pratica. Verranno indicati inoltre gli obiettivi strategici si intendevano perseguire attraverso le attività. 2. Le fasi attuative. Verranno ricostruite le principali “tappe evolutive” attraverso cui è stata attuata l’iniziativa, seguendo un approccio di tipo narrativo. Particolare attenzione verrà riservata a eventuali scostamenti osservati tra quanto previsto in sede progettuale e quanto effettivamente implementato (criticità, ma anche benefici “inaspettati”). 3. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto. Verranno prese in analisi le caratteristiche dei destinatari delle attività in termini di fabbisogni, apporto di risorse, disponibilità a partecipare, ecc. Oltre ai beneficiari diretti, verranno fornite informazioni rispetto alla mobilitazione di altri attori del territorio – coinvolti o meno nella partnership Equal – al fine di realizzare le attività previste. 4. La gestione dell’iniziativa. In questa sezione si analizzerà il sistema di management dell’iniziativa: quali soggetti sono stati coinvolti, con quali competenze e con quali forme di coordinamento. Verrà evidenziato, in questo senso, il “valore aggiunto” dell’iniziativa Equal rispetto a diverse modalità di gestione di iniziative simili. 5. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità. Si tratta degli elementi di competenza appresi attraverso la realizzazione dell’iniziativa; indicazioni per la trasferibilità della stessa in altri contesti e/o in altre iniziative simili (cose da fare e da non fare). 19 6. Indicatori d’impatto. Indicatori quali / quantitativi rispetto all’esito dell’iniziativa: tipologia e valori realizzati (ad esempio numero di persone coinvolte, ore di formazione e consulenza, numero di imprese avviate, ecc.). 20 Buona prassi 1. Tavoli territoriali di concertazione Partnership Equal Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia Sociale - IT-G2-CAL-083 Redazione della scheda Pietro G. Andreotti; Carlo Barletta Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Alto Tirreno Cosentino Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto - Numero di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa 75 partecipanti ai tavoli 6 persone per l’organizzazione degli incontri – Operatori ed attori del mondo del terzo settore – Formatori Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa – Amministratori pubblici – Volontari del mondo dell’associazionismo – Partners transnazionali Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Operatori e manager imprese sociali Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Tutto il progetto: “Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia Sociale” è stato condotto motivando la partecipazione di persone e istituzioni. In particolare sono stati periodicamente realizzati “Tavoli di Concertazione” che hanno consentito di individuare e discutere le aspettative 21 presenti sul territorio e di verificare la disponibilità degli enti locali a mettersi in rete. Sono state affrontate inoltre le problematiche connesse alla creazione di impresa sociale e sono state definite azioni formative per la progettazione e l’attuazione dei Piani di Zona (previsti dalla normativa nazionale di riforma dei servizi sociali, L. n. 328/00). Nell’ambito dei Tavoli si è inoltre discusso il piano di formazione per gli operatori dell’economia sociale e sono state definite le attività di informazione e di comunicazione da realizzare sul territorio. Sono state, infine, poste le basi per una progettazione integrata dei servizi sociali sul territorio. Le fasi attuative: dal progettato all’agito L’implementazione dei Tavoli di Concertazione è stata realizzata all’inizio del progetto durante i lavori della prima macrofase informando i partner di rete degli obiettivi e dell’itinerario progettuale e della funzione dei Tavoli stessi. È stato stipulato un protocollo di rete sottoscritto dai protagonisti del progetto: IAL Cisl Calabria; IAL Cisl Nazionale; CIES; Comune di Praia a Mare e le associazioni: Casa Famiglia e Casa Protetta per Disabili Mentali - Comune di Bonifati; Associazione Italiana Assistenza Spastici – Sezione di Cetraro; Comunità Socio Educativa “Lo Scoiattolo” - Comune di Sangineto; Cooperativa Service Onlus– Comune di Maierà; Associazione ”Amici di Maierà”- Comune di Maierà; Croce Rossa Italiana – Comune di Praia a Mare; Centro Sorgente di Vita Onlus – Comune di Cetraro; Croce Verde - Comune di Praia a Mare. Sono stati realizzati quattro Tavoli di concertazione e con il concorso di tutti è stato analizzato e discusso il piano dell’indagine conoscitiva, verificati e concordati gli obiettivi e i contenuti dei corsi formazione, promosse sul territorio le attività formative. Gli incontri hanno favorito la conoscenza reciproca e lo sviluppo di sinergie per organizzare servizi sociali più efficaci sul territorio. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I beneficiari dell’attività sono sia coloro che svolgono attività nell’ambito del terzo settore: manager, operatori e anche i volontari delle associazioni e delle cooperative sociali, sia coloro che usufruiscono dei servizi sociali. La gestione dell’iniziativa I Tavoli sono stati implementati con il concorso di tutti i partner del progetto Equal che sono riusciti a coinvolgere enti e associazioni con finalità istituzionali diverse. Lo Ial Cisl nazionale e lo Ial Cisl Calabria hanno curato i rapporti con le forze sociali e favorito il dialogo per lo sviluppo delle attività formative. Il C.I.E.S., che svolge le sue attività in stretto rapporto con l’università di Cosenza, ha 22 promosso le relazioni con il mondo scientifico. Il Comune di Praia a Mare ha curato i rapporti con le istituzioni presenti nel territorio interessate ai lavori progettuali. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità I Tavoli di Concertazione hanno avuto la finalità di favorire la realizzazione del progetto Equal e la sua visibilità, oltre a promuovere la collaborazione, sul territorio, delle persone degli organismi e delle istituzioni interessate allo sviluppo dell’economia sociale. I Tavoli di Concertazione si possono trasferire in qualsiasi contesto con lo scopo promuovere la cultura di rete territoriale per facilitare lo scambio di informazioni e lo sviluppo delle sinergie necessarie per realizzare, soprattutto a livello territoriale, efficaci ed efficienti attività sociali. Perché i Tavoli siano funzionali è necessario in prima istanza favorire la conoscenza reciproca sia delle istituzioni che delle persone. Si è riscontrato, infatti, che molte persone, pur lavorando nello stesso territorio e nello stesso settore, si conoscevano solo superficialmente e quando, per dar spazio ai contenuti, non ci soffermati sull’aspetto sociale della conoscenza reciproca la partecipazione e il dibattito sono risultati meno efficaci. Un altro aspetto da vagliare attentamente sono gli argomenti da trattare nel corso degli incontri. E’ necessario infatti scegliere i temi in modo tale da interessare tutte le persone che si desiderano coinvolgere. Inizialmente questo aspetto è stato poco curato, nel senso che si è presupposto un interesse comune da parte di tutti, che poi non è stato confermato al momento dell’incontro, soprattutto perché gli obiettivi erano stati descritti in modo generico creando aspettative diverse e generando interventi poco proficui. È buona norma invece definire l’argomento direttamente con gli interlocutori, mediante scambio di e mail, incontri preparatori e quanto altro. Quando questa modalità è stata attuata il dibattito è risultato più soddisfacente e il confronto più costruttivo. Indicatori d’impatto Gli indicatori utilizzati riguardano il numero e soprattutto le caratteristiche dei soggetti coinvolti nella realizzazione dei Tavoli di Concertazione. Era necessario infatti rivolgere l’attenzione ad un numero variegato di attori: pubblici e privati, con e senza scopo di lucro. I dati seguenti testimoniano lo sforzo per favorire una partecipazione allargata in questo duplice senso. Infatti, sono state coinvolte: oltre 100 persone a titolo individuale; 16 imprese; 14 amministrazioni pubbliche; 15 associazioni di volontariato. 23 Buona prassi 2. Formazione congiunta degli operatori della cooperazione sociale e del credito IT-S2-MDL-844 District Valley: rete di conoscenza e sviluppo imprenditoriale Partnership Equal IT-G2-LAZ-092 District Valley: rete di conoscenza e sviluppo imprenditoriale Redazione della scheda Stefano Marturini Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Regione Lazio e territorio nazionale Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto IT-S2-MDL-844: € 240.000 pari al 22% IT-G2-LAZ-092: € 203.000 pari al 22% N° di persone coinvolte per l’attuazione 12 dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 20 cooperatori sociali 80 operatori del credito - Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Le attività consistono essenzialmente di una serie di seminari formativi (per 50 ore complessive) su diversi elementi della cooperazione sociale: dai modelli organizzativi, alle caratteristiche 24 dell’imprenditore sociale. In particolare i contenuti formativi approfondiscono i bisogni di credito della cooperazione sociale e le difficoltà dell’accesso al credito stesso. L’innovazione consiste sia nello spessore dei contenuti formativi (derivati da ricerche condotte nell’ambito dei due progetti geografico e settoriale che lavorano in sinergia), sia nelle caratteristiche dei discenti dell’attività. Si tratta infatti di un gruppo misto di operatori della cooperazione sociale e del sistema creditizio. In effetti la ricerca condotta ha evidenziato come la scarsa conoscenza dei meccanismi del credito da parte dei cooperatori sociali (che si spinge sino alla mancata consapevolezza del bisogno di credito nelle loro imprese), da un lato, e la pressoché totale mancanza di conoscenza del mondo della cooperazione sociale da parte degli operatori del credito, dall’altro, costituisca uno degli ostacoli più importanti per l’accesso al credito stesso e quindi al “successo” imprenditoriale delle cooperative sociali. La formazione congiunta mira a creare un ponte tra questi due mondi, ponte che passa innanzitutto attraverso una approfondita reciproca conoscenza. Inoltre i contenuti formativi tendono a creare consapevolezza dei modelli organizzativi che caratterizzano la cooperazione sociale, consapevolezza anche in questo caso spesso assente nei quadri della cooperazione. L’obiettivo strategico, considerato anche come obiettivo di mainstreaming, ha l’ambizione di creare un rapporto strutturale tra imprenditoria sociale e sistema del credito, in particolare del credito etico. Le fasi attuative: dal progettato all’agito La prima tappa è stata la conduzione di una ricerca sia di carattere desk, che di carattere field, finalizzata a evidenziare gli elementi fondanti, ma anche le criticità, del mondo della cooperazione sociale, per definirne con una ragionevole “precisione” sia le caratteristiche strutturali (modelli organizzativi, competenze/capacità dell’imprenditore sociale, etc…), sia le relazioni di rete necessarie allo sviluppo. La ricerca aveva inoltre il fine di elaborare pacchetti formativi “mirati” per il successivo intervento costituito dal distretto formativo. Con l’ottica di radicare l’intervento progettuale nei rispettivi territori di sperimentazione si è ricercata una forte sinergia con i piani di sostegno e sviluppo della cooperazione sociale, sia a livello regionale, che a livello degli Enti locali. In particolare si è tentato di collegare il progetto ai costituendi distretti dell’economia sociale nella Regione Lazio, con lo scopo di integrare le risorse dei progetti nelle attività istituzionali per un forte e certo mainstreming dei prodotti / risultati. Sfortunatamente i tempi di realizzazione regionali ed il timetable di progetto non corrispondono e quindi non è stato possibile perseguire questa strada. Sempre nel Lazio si è aperta di conseguenza una collaborazione con il consorzio di cooperative sociali Co.In., un consorzio secondo per numero di cooperative associate a livello nazionale. Con Co.In. si è stretto un accordo per l’attuazione del distretto formativo, per la formazione congiunta di cooperatori sociali e operatori del credito con 25 l’obiettivo di arrivare ad una collaborazione strutturata tra il consorzio stesso ed il credito in funzione dello start up e dello sviluppo del sistema cooperativo. Sul versante nazionale è in atto il perfezionamento di un accordo di collaborazione con il Comune di Foligno per sperimentare un approccio innovativo ai tavoli di programmazione della legge 328/2000 di riforma dei servizi sociali. L’intervento formativo in quel caso sarà esteso ad altre figure oltre ai cooperatori e operatori del credito con l’obiettivo di costruire una forte sinergia tra servizi di aiuto, sostengo ed inserimento dei soggetti deboli ed azioni di sviluppo locale. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Destinatari dell’intervento formativo sono 60 operatori del sistema del credito e 20 operatori della cooperazione sociale. La ricerca condotta ha evidenziato (confermato rispetto ad altre ricerche nel campo) che i cooperatori sociali hanno generalmente una formazione ed una provenienza “sociale” (operatori dei servizi di riabilitazione, volontariato, parentali con i soggetti deboli, ecc.) e si avvicinano al mondo dell’imprenditoria, ancorché sociale, nella speranza di garantire sia reddito, sia empowerment e dignità sociale ai propri assistiti. “Ricchi” di competenze/capacità sul piano dell’aiuto e del sostegno, mostrano invece poca o nulla dimestichezza con i concetti anche solo basilari dell’economia e della gestione di impresa, pure necessari quando si voglia creare e sviluppare una iniziativa imprenditoriale, In particolare dimostrano di avere poca consapevolezza della necessità di “capitale” e delle regole che ne governano l’erogazione. D’altro canto gli operatori del sistema creditizio rappresentano un “pezzo di mondo” portatore dei pregiudizi (qui usato in termini denotativi e non connotativi) e delle resistenze tipiche del mondo dei “normali” nei confronti dei soggetti deboli e totalmente “ignoranti” (anche qui il termine è denotativo e non connotativo) del mondo del terzo settore, della cooperazione sociale in particolare. Considerando che molto nella decisione di concessione di un credito, quando le garanzie non siano più che sufficienti, dipende dalla “fiducia”, oltreché un buon business plan, è chiaro come la reciproca conoscenza di questi due mondi possa favorire condizioni di crescita rispettiva, migliorando le opportunità imprenditoriali delle cooperative e estendendo la fetta di mercato del credito ad un settore nuovo, emergente, in forte anche se controversa crescita, come la cooperazione sociale. La gestione dell’iniziativa Il sistema di management della specifica attività innovativa è lo stesso adottato per i progetti, poiché non si sono raffigurati motivi / esigenze per designarne uno ad hoc. Il management è rappresentato 26 dal capofila con funzioni di coordinamento e da un gruppo, o comitato di coordinamento, che raduna i referenti responsabili di ciascun aderente alla partnership. Sia il capofila che i membri della partnership hanno partecipato al lavoro con proprie risorse umane e con esperti in particolare nei settori della: riabilitazione; cooperazione sociale; ricerca; formazione; credito tradizionale ed etico. Anche in questi progetti si conferma il principale valore aggiunto del programma Equal che consiste nella promozione della capacità di fare rete tra soggetti anche culturalmente molto diversi tra loro, sviluppando la comprensione reciproca dei diversi linguaggi e la sinergia di competenze necessarie ad articolare risposte complesse. Infatti il dato culturale più importante di Equal è rappresentato dal riconoscimento della complessità della domanda posta da un soggetto debole ed il conseguente abbandono di risposte semplificatorie legate molto più a lenire il sintomo piuttosto che a sostenere il difficile percorso di integrazione si! sociale, ma soprattutto lavorativa. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Non si ritiene di poter elencare particolari “lezioni” che derivano dall’esperienza condotta, piuttosto una conferma di “competenze” di fatto già ben conosciute e consolidate, in particolare in termini di difficoltà e ostacoli materiali ed immateriali che si incontrano quando si fronteggia il problema dell’emarginazione e del suo corollario: l’inclusione. La sperimentazione condotta è trasferibile sotto il profilo delle normative vigenti. Infatti si è tenuta una particolare attenzione a non proporre innovazioni che necessitassero di interventi legislativi per essere messi a mainstreaming. Si è piuttosto lavorato re-interpretando in modalità innovativa il corpo di norme e di interventi esistenti perché l’istituzionalizzazione dei prodotti / servizi, ovviamente nei limiti del possibile, riducesse il suo carattere di esemplarità per assumere quello della realistica “appetibilità” istituzionale. Questo è particolarmente vero per l’attività che si svolgerà presso il Comune di Foligno, dove l’ambizione è quella di coniugare, attraverso una partecipazione datoriale ai tavoli di programmazione 328, interventi di sostegno e sviluppo locale, sviluppo locale in particolare sostenuto dal sistema del credito etico e non. Quanto precede ovviamente se i risultati corrisponderanno alle aspettative. In questo caso la trasferibilità potrà essere frutto di una attenta e mirata azione di disseminazione, del resto prevista nelle attività di progetto. Indicatori d’impatto Lo sviluppo dell’iniziativa ha consentito di individuare un set di indicatori quali / quantitativi. 27 Gli indicatori quantitativi per l’accesso al credito sono i seguenti: − numero di cooperative che effettuano una richiesta di finanziamento; − numero di finanziamenti concessi alle cooperative sociali. Il dato di confronto territoriale è reperibile presso le strutture di secondo e/o terzo livello della cooperazione sociale. L’indicatore può misurare se vi è una variazione statistica significativa, sia sul versante delle domande (maggiore consapevolezza/competenza del bisogno e dell’accesso al credito), sia sul versante della concessione di credito nei territori scelti per la sperimentazione. Per quanto riguarda lo spin-off, i principali indicatori quantitativi riguardano: − numero di aziende che affidano servizi alle cooperative sociali attraverso meccanismi di spin-off nei territori di sperimentazione; − numero di addetti occupati da azioni di spin off; − numero di soggetti deboli inseriti attraverso azioni di spin off delle imprese. Sul versante degli indicatori qualitativi si possono riportare i seguenti. − Analisi del differenziale semantico nei cooperatori e negli operatori del credito a valle dell’intervento formativo. 28 Buona prassi 3. Servizi integrati di start-up e consulenza gestionale per le organizzazioni dell’economia sociale formES – formazione per l’Economia Sociale Partnership Equal (Formaconsult Società Cooperativa, Confindustria Catanzaro, Fondazione UALSI onlus e Associazione D.I.S) Redazione della scheda Giovanni Silipo – Francesco Arnò – Antonio Mazza Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Regione Calabria Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto 5% N° di persone coinvolte per l’attuazione 6 dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa N. 15 disoccupati inoccupati Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Nessuno Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione L’attività consulenziale, con espresso riferimento alla buona pratica in oggetto, ha riguardato: i) la programmazione dei servizi di consulenza e start up e realizzazione degli strumenti operativi; ii) 29 l’attivazione di servizi per lo start up di nuove imprese sociali, la sostenibilità e il miglioramento delle imprese sociali esistenti. Le aree di contenuto hanno fatto riferimento alle seguenti attività. Per lo start up di nuove imprese sociali: legislazione del terzo Settore, normativa e regime fiscale delle organizzazioni nonprofit, forme giuridiche del nonprofit, atto costitutivo e statuto di una impresa sociale, bilancio d’esercizio, finanza agevolata, business plan, pianificazione e progettazione dell’iniziativa imprenditoriale. Per la sostenibilità e il miglioramento delle imprese sociali esistenti: gestione delle risorse umane, adempimenti fiscali, fund raising, aspetti giuridico-legali e societari, contratti e appalti pubblici. L’innovazione ha riguardato la proposizione di un insieme organico di servizi integrati che ha colmato lacune consistenti nel tessuto regionale (carenza e disorganicità di analoghi servizi sul territorio). E’ stato previsto inoltre il coinvolgimento di Confindustria Catanzaro che ha consentito l’interconnessioni tra settore profit e nonprofit, al fine di incidere sullo sviluppo complessivo del settore sociale. L’attività ha consentito il raggiungimento di obiettivi strategici quali l’erogazione di servizi di consulenza per lo start up di nuove imprese sociali, aumentando il numero delle imprese sociali presenti sul territorio di riferimento. Inoltre gli stessi servizi di consulenza hanno fornito un supporto gestionale alle imprese sociali esistenti, contribuendo alla loro sostenibilità. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Le attività programmate dal soggetto responsabile dei servizi di start up (Confindustria di Catanzaro) sono state puntualmente attuate secondo il programma e non si sono rilevate interruzioni del servizio o altri problemi particolari. Alla data odierna solamente un’iniziativa imprenditoriale ha visto luce (Associazione sociale “ANUKE’ onlus”), mentre a breve è prevista la costituzione di una cooperativa sociale. Il servizio di start up è stato inteso più come servizio di consulenza volto a aiutare i potenziali imprenditori nelle fasi critiche di avvio d’impresa, quanto piuttosto come stimolo per far nascere nuove imprese nonprofit. I consulenti hanno cercato di far acquisire un approccio critico ai beneficiari, cercando di incoraggiare quelli con le idee più chiare e con atteggiamenti più determinati e di far acquisire maggiore consapevolezza verso quelli che, per contro, non avevano idee chiare sull’iniziativa, sui servizi proposti e sulle relative domande locali. Le consulenze per il supporto gestionale per le imprese già esistenti sono state nove. Le materie oggetto di consulenza gestionale hanno riguardato: aspetti relativi dello statuto sociale; disciplina dei contratti di lavoro subordinato; aspetti fiscali delle cooperative; fund raising; aspetti relativi alla gestione societaria. Le imprese interessate sono state 5. Non sono emersi scostamenti tra quello realizzato e quello progettato se non in riferimento al numero di consulenze programmate (in numero maggiore rispetto a quelle realizzate). 30 I servizi di orientamento sono stati erogati secondo le modalità previste dalla progettazione esecutiva. Gli obiettivi quantitativi in termini di utenze raggiunte sono stati raggiunti nella misura del 70% del programmato. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari dei servizi di start up e consulenza sono stati disoccupati interessati a intraprendere iniziative imprenditoriali nel settore nonprofit e imprese sociali esistenti. I fabbisogni individuati da parte degli utenti dei servizi di start up sono correlati ai seguenti aspetti: legislativi nazionali e regionali propri del terzo settore; tecnici, legislativi e fiscali delle varie forme organizzative; legislativi legati allo statuto. Per le imprese del terzo settore che hanno richiesto i servizi di supporto gestionale i fabbisogni si sono concentrati principalmente sul fund raising, sul marketing, sugli aspetti fiscali dei contratti ai dipendenti e su questioni giuridico societarie in generale. L’apporto di risorse è consistito nella messa a disposizione da parte degli enti designati di professionisti con comprovata esperienza nel terzo settore e di strutture dedicate (aule attrezzate, accesso internet e banche dati) per erogare al meglio i servizi connessi con le attività di start up e di risorse on line per agevolare il ricorso ai servizi in modalità a distanza e in presenza. Non sono stati coinvolti altri attori al di là dei partners di progetto. Per la valutazione di questi servizi non sono stati utilizzati questionari ma solamente interviste agli utenti, ai consulenti e ai coordinatori delle fasi in quanto considerati più attendibili rispetto ai primi. Emergono livelli alti di soddisfazione registrati nei reports di intervista. Le dimensioni valutate sono state l’efficacia e l’efficienza del servizio erogato oltre a dimensioni prettamente “relazionali” ancora meno tangibili ma ugualmente importanti quali la disponibilità dei consulenti in termini di tempo e flessibilità, gli aspetti comunicativi, di comprensione e di immedesimazione. I reports registrano piena soddisfazione per tutte le dimensioni rilevate in tutti e tre i servizi (start up , supporto gestionale e orientamento) con maggiori indicazioni positive per i primi due. La gestione dell’iniziativa Il coordinamento dell’intervento si è avvalso di una struttura organizzativa composta dai seguenti organi. − Un Comitato di pilotaggio, composto da un rappresentante per ciascun soggetto partner, ha svolto una serie di incontri periodici per il coordinamento delle attività progettuali, l’individuazione degli indirizzi strategici generali e la supervisione, oltre al controllo in itinere delle attività chiave dell’intervento. 31 − Un Comitato scientifico, costituito da un rappresentante di ciascun soggetto partner, un rappresentante dei soggetti aderenti al progetto e rappresentanti dei beneficiari finali, ha svolto attività di indirizzo scientifico con compiti di verifica della coerenza tra progetto e sua realizzazione. − Due coordinatori (uno per ciascun servizio erogato) e due equipe operative di esperti e consulenti. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità La sperimentazione è trasferibile in altri contesti territoriali come modello complesso di intervento (formativo – orientativo – consulenziale) nel settore, ma anche nelle specifiche modalità di intervento relative alle attività di start up e consulenza gestionale per le imprese nonprofit. I risultati sono sostenibili attraverso la modellizzazione delle attività principali e la loro riproducibilità (per mezzo di nuovi finanziamenti regionali, nazionali e comunitari), nonché la crescita professionale del personale che ha partecipato alla sua realizzazione e che ha potuto acquisire un bagaglio di esperienze maturate sul campo. I servizi hanno complessivamente raggiunto un numero limitato di imprese (sia nascenti che esistenti), producendo un impatto non determinante dal punto di vista della mera quantità, ma - in positivo - promuovendo la cultura dell’iterazione profit-nonprofit, attivando una rete di relazioni stabile e collaudando specifiche procedure di intervento. Per i servizi di start up e consulenza aziendale, Confindustria Catanzaro proseguirà infatti nell’azione, specificatamente indirizzata alle imprese no profit, anche nell’ambito della sua abituale attività di erogazione di servizi alle imprese profit. Il progetto nella sua interezza e anche per singole fasi e azioni, costituisce di per sé un modello che pertanto risulta trasferibile in quanto tale e applicabile, anche in forma modificata, in altri contesti territoriali / formativi. Indicatori d’impatto Gli indicatori relativi alle attività indicati come buona prassi riguardano: numero di utenze soddisfatte su numero di utenze che hanno richiesto i servizi; numero di consulenze erogate su numero di consulenze programmate; numero di impatti positivi sulle organizzazioni su numero di organizzazioni che hanno beneficiato del servizio (per i servizi di supporto gestionale; valutabile dopo un tempo appropriato); 32 numero di imprese avviate a seguito dei servizi di start up su numero di imprese “potenziali” che hanno richiesto il servizio; rapporto percentuale delle imprese in vita dopo due anni (nate dai servizi di start up) rispetto alle imprese avviate. 33 Buona prassi 4. Formazione per manager dell’economia sociale e del nonprofit formES – formazione per l’Economia Sociale Partnership Equal (Formaconsult Società Cooperativa, Confindustria Catanzaro, Fondazione UALSI onlus e Associazione D.I.S) Redazione della scheda Giovanni Silipo – Francesco Arnò – Antonio Mazza Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Regione Calabria Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto 8% N° di persone coinvolte per l’attuazione 32 dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 15 Disoccupati / inoccupati Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Nessuno Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione L’attività formativa, realizzata dal soggetto referente Formaconsult Società Cooperativa, con espresso riferimento alla buona pratica in oggetto, ha riguardato l’attivazione di un corso per disoccupati con la qualifica di “Manager delle organizzazioni non profit” (ONP), della durata di 500 34 ore, rivolto a 15 utenti, con la realizzazione di stage e visite guidate, inseriti nelle attività di formazione previste, presso realtà qualificate dell’economia sociale. Le aree di contenuto hanno fatto riferimento ai seguenti moduli formativi: il ruolo del manager delle ONP; economia sociale e ONP; gestione delle risorse umane, strumentali e tecnologiche; marketing sociale e qualità dei servizi; fund raising, comunicazione e internet; bilancio e gestione fiscale; gestione e il finanziamento dei progetti del Fondo Sociale Europeo (FSE). L’innovazione ha riguardato la formazione di una nuova qualifica e di nuove competenze, per il territorio di riferimento, con particolare attenzione agli aspetti della managerialità e di una più efficace ed efficiente gestione organizzativa delle imprese non profit. L’attività ha consentito il conseguimento dei seguenti obiettivi strategici: una precisa conoscenza della figura professionale del manager delle ONP e delle competenze ad essa connesse, in linea con le esigenze espresse dalle imprese sociali; la messa a disposizione, per il mercato del lavoro, di una qualifica professionale e di competenze specifiche, certificate dalla Regione Calabria (attraverso la partecipazione alla commissione di esami finali del corso). Le fasi attuative: dal progettato all’agito Dei 15 iscritti iniziali 8 persone si sono ritirate e immediatamente sostituite attingendo alla graduatoria delle selezioni pre-corso. Tutte le 15 persone sono state qualificate dopo un percorso di 500 ore di cui 400 in aula, 70 di stage e 30 di visite guidate. Alcune osservazioni sono emerse nella fase d’aula relativamente al programma didattico giudicato da alcuni troppo incentrato su alcuni moduli didattici (Bilancio e gestione fiscale) e troppo poco su altri (Gestione e finanziamento dei progetti) e poi relativamente alla sovrapposizione di contenuti di tre moduli didattici diversi (marketing sociale e qualità dei servizi; gestione delle risorse umane, strumentali e tecnologiche). La fase di stage ha visto gli allievi impegnati presso la Fondazione UALSI (partner di progetto) dove sono stati coordinati e supervisionati dal direttore sanitario nella realizzazione della carta dei servizi e di alcune procedure di gestione relativamente ai processi di qualificazione dei fornitori e di programmazione dei servizi. Nella fase relativa alle visite guidate gli allievi sono stati presso cinque strutture di rilevanza nazionale in Emilia Romagna (Assoform di Rimini, Associazione figli del Mondo, Comunità di San Patrignano, Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas di Rimini) dove hanno potuto confrontarsi con modelli organizzativi e realtà tra loro differenti. Concludendo nella fase d’aula non ci sono stati che scostamenti minimi rispetto al progettato relativamente ad alcuni moduli didattici. La fase di stage e di visite guidate hanno replicato fedelmente quanto definito nella progettazione esecutiva. 35 Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari della formazione per “Manager di ONP” sono stati 15 disoccupati interessati a sviluppare skills necessarie per poter accedere nel settore non profit. I fabbisogni dei destinatari sono stati la richiesta di aumentare il loro potenziale professionale in termini di abilità tecnico manageriali, comunicative e relazionali e quindi di fare esperienze significative direttamente con protagonisti del terzo settore. Le risorse messe a disposizione del partner di progetto che ha erogato il servizio oltre a quelle di base (aula didattica attrezzata, banche dati) anche la possibilità di effettuare visite guidate presso organizzazioni del terzo settore di rilevanza nazionale e lo stage presso una Fondazione partner di progetto. Attraverso la distribuzione di questionari di soddisfazione per modulo didattico e le interviste individuali e di gruppo sono emerse valutazioni da parte dei discenti positive per l’intero percorso formativo. In particolare il questionario ha valutato le seguenti dimensioni di qualità: l’attrattività del modulo e la coerenza, la chiarezza del linguaggio e la disponibilità del docente. Tutti i moduli hanno riportato valori medi alti (maggiori a 2 su una scala da 1 a 4 di cui l’80% maggiore di 3). Le dimensioni che hanno riportato i valori più alti sono state la coerenza e la disponibilità del docente. Nelle interviste di gruppo sono emerse alla fine della fase in aula una insoddisfazione relativa alla distribuzione delle ore per modulo didattico. I discenti avrebbero voluto più ore per un modulo didattico (gestione e finanziamento dei progetti) e meno per un altro (bilancio e gestione fiscale). Nelle interviste non sono emerse insoddisfazioni particolari, se non quelle relative all’inizio della fase di stage dove sono state mosse critiche sulla coerenza delle attività con l’impianto progettuale e gli obiettivi da parte di alcuni discenti. Il responsabile del monitoraggio confrontandosi con il coordinatore della fase di stage e con il direttore sanitario hanno potuto rimediare coordinando al meglio le suddette attività tra i diversi gruppi di partecipanti. Piena soddisfazione per le visite guidate come emerge dai colloqui individuali con discenti e tutor. La gestione dell’iniziativa Il coordinamento dell’intervento si è avvalso di una struttura organizzativa composta dai seguenti organismi. - Un Comitato di pilotaggio, composto da un rappresentante di ciascun soggetto partner; il Comitato ha svolto una serie di incontri periodici per il coordinamento delle attività progettuali, oltre a stabilire gli indirizzi strategici generali e operare la supervisione e il controllo in itinere delle attività chiave dell’intervento. - Un Comitato scientifico, costituito da un rappresentante di ciascun soggetto partner, un rappresentante dei soggetti aderenti al progetto e rappresentanti dei beneficiari finali, ha svolto 36 attività di indirizzo scientifico con compiti di verifica della coerenza tra progetto e sua realizzazione. - Un coordinatore didattico, un tutor d’aula, un’equipe di docenti, un tutor aziendale per lo stage e un tutor accompagnatore per le visite guidate. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità La sperimentazione è trasferibile in altri contesti territoriali come modello complesso di intervento (formativo – orientativo – consulenziale) nel settore non profit, ma anche nelle specifiche modalità di intervento relative al corso di formazione per “Manager di ONP”. Il corso, la cui necessità è emersa da un’indagine sul territorio, che ha interpellato direttamente un consistente numero di imprese sociali, in realtà non ha confermato le aspettative in termini di risultati occupazionali. All’esigenza di avere dei manager qualificati che migliorino la gestione organizzativa delle imprese non profit calabresi non corrisponde automaticamente la possibilità o la volontà da parte di queste di assumere le risorse umane disponibili. La selezione degli allievi che hanno partecipato al corso si è dimostrata relativamente debole per numero di domande rispetto ai posti disponibili e quindi non in grado di esprimere una qualità uniformemente alta nelle professionalità in uscita. L’approccio formativo si è dimostrato esaustivo per le tematiche trattate, ma con una eccessiva presenza di contenuti teorici rispetto alla possibilità di esplicare attività pratiche (esercitazioni, studio di casi, ricerche, project work, ecc.) anche in relazione al numero di ore complessivo, che si è rivelato limitato per una parte dell’utenza che non aveva sufficienti competenze di base. Molto interessante la parte del corso (100 ore) dedicata alle attività di stage e di visite guidate che ha in sostanza permesso agli allievi di sperimentare direttamente quanto appreso a livello teorico nel percorso formativo. Il progetto nella sua interezza e anche per singole fasi e azioni di ciascuna fase, costituisce di per sé un modello che pertanto risulta trasferibile in quanto tale e applicabile, anche in forma modificata, in altri contesti territoriali/formativi. Indicatori d’impatto A fronte delle attività realizzate si possono proporre i seguenti indicatori. - Numero di allievi qualificati che hanno trovato occupazione attinente al titolo su numero totali allievi qualificati. - Numero di imprese avviate. 37 - Numero di organizzazioni non profit che hanno utilizzato i risultati dell’intervento (come consulenze da parte dei discenti qualificati). Questi indicatori dovrebbero essere monitorati a partire dalla fine dell’intervento ad un anno. Buona prassi 5. Una rete di sostegno per la creazione di nuova imprenditorialità sociale INCIPIT SOCIALE IT-G2-BAS-036 Partnership Equal Redazione della scheda Collocazione nelle macro aree della mappatura (Solidarietà Integra Soc. Coop. Soc. – Referente, BA.SE.FOR. Soc. Coop., Camera di Commercio I.A.A. di Potenza, Comunità Montana Camastra Alto Sauro, Cooperativa EUROPOLIS, Ordine dei Dott. Commercialisti della Provincia di Potenza) Alessandra Gentile 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Provincia di Potenza Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto Risorse economiche investite: 238.039,65 (50,65% del budget totale) − 6 componenti Assemblea della PS; N° di persone coinvolte per l’attuazione − 6 componenti Comitato di Pilotaggio della PS; dell’iniziativa − 1 Coordinatore − 2 Tutor d’aula; 38 − 8 Tutor aziendali; − 15 docenti; − 1 orientatore; − 2 esperti pari opportunità Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 25 destinatari Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 12.000 (circa) cittadini della comunità interessata (Comuni di Abriola, Anzi, Calvello, Corleto Perticara, Guardia Perticara, Laurenzana – Prov. di Potenza) destinatari di servizi sociali Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Volto allo sviluppo dell’economia sociale locale attraverso la creazione di un incubatore d’imprese sociali, il progetto prevedeva la mediazione di un’azione pilota d’accompagnamento alla creazione d’imprese sociali, di cui la formazione ha rappresentato una parte fondamentale. Concepita come strumento d’inclusione sociale rispondente a nuovi bisogni della comunità, essa aveva l’obiettivo di stimolare: - la creazione di servizi che soddisfino bisogni sociali nuovi o “dimenticati”; - la promozione sociale, fornendo servizi qualificati alle persone deboli della comunità; - la crescita economica locale, attraverso la creazione di una nuova classe d’imprenditori nonprofit. Nello specifico, la formazione mirava da un lato a rendere i destinatari capaci di pianificare ed offrire servizi sociali di qualità e coerenti con i bisogni espressi dalla comunità locale e, dall’altro, a trasferire conoscenze sulla gestione e l’organizzazione d’impresa (sociale). Così sono stati realizzati due percorsi formativi, Assistente domiciliare e dei servizi tutelari ed Animatore Sociale Polivalente, della durata di 360 ore, (200 in aula e 160 di stage), nell’ambito di un percorso più ampio di accompagnamento alla creazione d’impresa. Cinque elementi hanno guidato progettazione e realizzazione dei percorsi: 1. sapere appreso: sezioni specialistiche strettamente correlate alle attività delle nuove imprese sociali, definite da una fase di analisi che ha permesso di identificare i bisogni del territorio e pianificare le attività da attivare (in funzione degli orientamenti forniti dalla rete); 2. sapere agito: intervento di formatori con esperienza professionale nelle materie di competenza; 39 3. formazione sul campo: ruolo cruciale degli stage “individualizzati” sulla base di un progetto professionale personale, di attitudini, di capacità dimostrate e ruolo professionale da ricoprire nella futura impresa sociale; 4. bilancio di competenze: ex ante e in itinere per consentire la definizione di un programma di stage individualizzato; 5. consulenza per la creazione d’impresa: in rete (intervento attori interessati alle idee progettuali) che è continuata al termine della formazione. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Una fase di comunicazione rivolta alla comunità ha preceduto la selezione. I requisiti per partecipare erano: essere disoccupati; risiedere nel territorio della Comunità Montana Camastra Alto Sauro (CMCAS); essere in possesso di diploma della scuola dell’obbligo. La selezione ha valutato nei candidati: conoscenze rispetto alle professioni di riferimento, motivazione e progetti professionali. Il progetto prevedeva 200 ore di formazione in aula e 160 di stage. Le prime 100 ore in aula riguardavano la creazione d’impresa e le materie trasversali alle due figure professionali, le seconde 100 erano specialistiche. Sono state realizzate 40 ore di stage presso realtà sociali di Pavia (osservazione di imprese che forniscono servizi diversificati agli anziani e scambio con professionisti del settore), verificando le attitudini professionali e confermando o ridefinendo i progetti professionali. Gli stage in Basilicata (120 ore) sono stati calibrati sulla base di tale verifica. Così, sono stati pianificati dei percorsi individualizzati sulla base del possesso di un progetto professionale personale, attitudini, capacità dimostrate e ruolo professionale da ricoprire. In realtà, erano previste solo 40 ore specialistiche, ma il percorso è stato ridefinito dando priorità alla specializzazione e alla creazione d’impresa. Ancora, al contrario di quanto previsto, lo stage a Pavia ha preceduto quello in Basilicata. Ciò per riprendere il processo di accompagnamento alla definizione del progetto professionale iniziato in aula, nell’ipotesi che una fase di testaggio sul campo avrebbe rappresentato un importante momento di verifica. Così è stato possibile pianificare stage rispondenti alle esigenze formative di ogni corsista, anche di chi durante il percorso aveva maturato l’idea di non voler creare un’impresa (sopperendo ad una forte criticità). Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Il progetto era volto all’inserimento di giovani disoccupati in cerca di prima occupazione e disoccupati di lunga durata, con particolare attenzione alle donne ed ai disabili. L’analisi svolta in fase di progettazione tra i disoccupati della zona evidenziava le seguenti criticità: specializzazione scolastica scollegata dalle potenzialità economiche del territorio; assenza d’offerta 40 privata di lavoro; gap temporale tra termine degli studi e lavoro, che porta ad una dequalificazione del titolo acquisito; demotivazione di chi cerca lavoro, che produce emarginazione e/o emigrazione. I percorsi di formazione erano rivolti a 28 disoccupati, con le seguenti “riserve” (da aggiungere ai requisiti indicati precedentemente): 60% di sesso femminile; 10,6% di disabili; 50% di età inferiore ai 25 anni; 50% d’età compresa tra i 25 e i 50 anni. In realtà nessun uomo o disabile ha partecipato alla selezione; le 25 partecipanti erano tutte donne: 5 di meno di 25 anni, 1 di più di 50 ed il resto con un’età tra i 25 ed i 50; 8 di loro in cerca di prima occupazione e le restanti 17 disoccupate di lunga durata. Due laureande, 11 diplomate, 2 in possesso di qualifica triennale ed 8 con diploma di scuola media inferiore. La gestione dell’iniziativa La formazione ha coinvolto tutta la partnership di sviluppo che ha gestito il progetto Equal: CMCAS e Solidarietà Integra promozione dell’iniziativa; Basefor coordinamento formazione in aula; docenze tutti i membri della PS; coordinamento ed organizzazione stage Solidarietà Integra; organizzazione stage a Pavia: cooperativa Europolis; accompagnamento alla creazione d’impresa Solidarietà Integra, Forim (Azienda Speciale della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Potenza), Europolis. Coordinata dal Comitato di Pilotaggio (che ha un rappresentante per partner di progetto), la partecipazione di ogni partner sulla base delle proprie competenze ha reso più efficaci gli interventi. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità L’esperienza evidenzia come la flessibilità dell’attività formativa, sia una condizione indispensabile alla sua efficacia. La durata dei percorsi, non permettendo il riconoscimento di qualifica professionale (la Regione Basilicata richiede 600 ore contro le 360 realizzate), ha costituito un limite dell’azione, superato inquadrando i percorsi sui singoli progetti professionali delle corsiste. Se si ripetesse l’esperienza, sarebbe preferibile aumentare le ore di formazione riducendo i tempi di sensibilizzazione. Per non compromettere i risultati di questa fase, si dovrebbe ricorrere a canali di comunicazione che raggiungono direttamente il target di persone potenzialmente interessate dal progetto (associazioni, volontariato), piuttosto che organizzare incontri destinati a tutta la comunità locale. Ancora, la realizzazione di una fase di orientamento dei candidati eviterebbe la partecipazione di persone non interessate o non coscienti dei reali obiettivi del progetto. Volendo riprodurre la pratica e proporre un modello, quando un percorso formativo si inserisce nel quadro di una problematica sociale emergente alla quale si vuole dare una risposta innovante 41 nell’ambito dell’economia sociale e solidale, non si dovrebbe proporre una formazione seguendo schemi tradizionali. Tale modello, infatti, presuppone un’elevata flessibilità (adattamento e riprogrammazione delle attività in funzione dei risultati del monitoraggio), non solo di contenuti e metodologie, ma anche della struttura responsabile della formazione. La progettazione non è più dissociata dalla sperimentazione (riprogrammazione continua). Inoltre, è necessario rafforzare le articolazioni tra attività, ad esempio tra formazione e strutturazione / animazione della rete, coinvolgendo i formatori in tale processo. Un secondo principio da seguire prevede che le attività formative dovrebbero essere accompagnate da azioni di sensibilizzazione destinate a tutti gli attori intermedi (associazioni e imprese nonprofit del territorio, enti pubblici, ecc.). la presenza di problemi di sensibilizzazione ad uno dei livelli indicati genera infatti disfunzionalità che possono pregiudicare l’efficacia del processo formativo. Infine, è evidente la necessità di associare all’aula lo stage pratico, metodologia da sviluppare fin dove possibile. Indicatori d’impatto Le attività svolte possono essere sintetizzate attraverso i seguenti indicatori. − Indicatori relativi ai percorsi formativi. Numero di percorsi realizzati: 2; numero di beneficiari totali: 25, 13 in “Animatore Sociale polivalente” e 12 in “Assistente domiciliare e dei servizi tutelari”; numero ore di formazione in aula per percorso formativo: 200; numero docenti: 15; numero tutor d’aula: 2; numero ore di stage per percorso formativo: 160; numero di strutture coinvolte nella fase di stage: 10 in tutto. − Indicatori relativi alla rete di sostegno. Per lo stage a Pavia (40 ore) sono state contattate tre cooperative che gestiscono servizi alla persona (assistenza domiciliare anziani, minori e disabili, case di cura, comunità alloggio per minori…). Per lo stage in Basilicata (120 ore) sono state coinvolte tre cooperative che forniscono servizi diversificati (assistenza scolastica, servizi agli immigrati, inserimento lavorativo di ex-tossicodipendenti), un’associazione culturale (laboratori scolastici), il reparto di geriatria dell’Ospedale San Carlo di Potenza, l’U.D. Servizi Sociali del Comune di Potenza e l’U.D. Istruzione del Comune di Potenza. − Indicatori relativi ai progetti imprenditoriali. Numero tutor aziendali: 3 durante lo stage a Pavia e 8 durante lo stage in Basilicata; numero orientatori: 1; numero d’incontri sulle pari opportunità: 3; numero progetti d’impresa: 3. Cinque persone del Comune di Anzi vogliono creare una cooperativa sociale per gestire un centro diurno per anziani e fornire assistenza a domicilio ad anziani e disabili. Sei persone del Comune di Laurenzana vogliono creare una cooperativa sociale che partirà fornendo assistenza a domicilio agli anziani, per poi gestire una casa di riposo comunale la cui struttura non è ancora pronta. Due ragazze del comune di Abriola vogliono creare un’associazione culturale che proporrà laboratori nelle scuole del territorio di riferimento. 42 Numero incontri di “accompagnamento alla creazione d’impresa”: 9. A questi incontri hanno partecipato, avvicendandosi, le 13 corsiste che hanno un progetto di costituzione d’impresa sociale o di associazione. Inoltre, hanno preso parte agli incontri due consulenti esterni per la costituzione dell’incubatore sociale, un consulente di Forim ed uno per Solidarietà Integra. A due di questi incontri ha partecipato anche un consulente venuto da Pavia per la Cooperativa Europolis. Buona prassi 6. Costruzione di una rete di sostegno per lo sviluppo e il consolidamento dell’economia sociale INCIPIT SOCIALE IT-G2-BAS-036 Partnership Equal Redazione della scheda Collocazione nelle macro aree della mappatura (Solidarietà Integra Soc. Coop. Soc. – Referente, BA.SE.FOR. Soc. Coop., Camera di Commercio I.A.A. di Potenza, Comunità Montana Camastra Alto Sauro, Cooperativa EUROPOLIS, Ordine dei Dott. Commercialisti della Provincia di Potenza) Rocco Laraia 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Provincia di Potenza Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto Risorse economiche investite: Euro 113.650,45 (24,18% del budget totale) N° di persone coinvolte per l’attuazione − 6 componenti dell’Assemblea della PS; dell’iniziativa − 6 componenti del Comitato di Pilotaggio della PS; 43 − 6 Sindaci rappresentanti dei Comuni; − 2 Rappresentanti del GAL (Gruppo d’Azione Locale) Basento Camastra; − 5 componenti dell’Incubatore − 9 attori esterni della Rete (operatori di progetto, operatori di imprese sociali già esistenti, consulenti tecnici, rappresentanti del Terzo Settore, rappresentanti di Enti Locali, che hanno partecipato, a vario titolo, ciascuno in virtù del contributo che poteva apportare per il proprio ruolo e le proprie competenze, alle azioni necessarie alla costituzione ed al funzionamento della Rete di sostegno agli obiettivi progettuali) − 6 Sindaci (rappresentanti della Amministrazioni Comunali e della comunità rappresentate); − 1 Presidente G.A.L. Basento Camastra e Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa − 1 Direttore G.A.L. Basento Camastra (rappresentanti dell’intera struttura intercomunale); − 13 neo-imprenditrici sociali (protagoniste di progetti di impresa realizzati attraverso un lavoro di rete) Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 12.000 (circa) cittadini della comunità interessata (Comuni di Abriola, Anzi, Calvello, Corleto Perticara, Guardia Perticara, Laurenzana – Provincia di Potenza) destinatari di servizi sociali Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Per coinvolgere gli attori responsabili delle politiche sociali e del lavoro nell’area interessata in una rete di sostegno al potenziamento dell’economia sociale, il Progetto ha previsto l’innovativa strategia di far precedere le azioni propriamente collegate alla costituzione della rete da due Macrofasi “preparatorie”, in modo da: 1) promuovere presso la comunità e gli attori locali il progetto, prima di proporre un’adesione formale; 2) coinvolgere gli stessi interlocutori nella fase di analisi e ricerca indirizzata ad evidenziare quelle problematiche sulle quali far intervenire la rete. Nella terza 44 Macrofase gli attori, resi sufficientemente preparati, in virtù della realizzazione delle precedenti attività, sugli intenti della Partnership, sono stati sensibilizzati con incontri e seminari realizzati nell’area coinvolta alla sottoscrizione di un protocollo di adesione al Progetto, ai suoi obiettivi ed al mantenimento dei risultati. Un principio fondamentale per la costituzione di una rete funzionale ed attiva è stato identificato nella “contestualizzazione” della risposta sociale da manifestare, ossia nel coinvolgimento di attori locali, fortemente responsabilizzati in virtù dell’identificazione, come obiettivi prioritari della rete, di interventi sociali di loro immediato interesse (ad esempio utilizzo di strutture inattive; programmazione di servizi sociali assenti o parzialmente inefficaci). Hanno aderito al protocollo, insieme ai partner dell’Equal Incipit Sociale, i sei comuni dell’area ed il GAL (Gruppo di Azione Locale) Basento Camastra. Il Protocollo sottoscritto ha consentito alla rete di utilizzare procedure “elastiche”, in grado di far funzionare la Partnership senza vincoli di maggioranza, unanimità e/o di esclusività e con il coinvolgimento, negli interventi specifici, degli interlocutori più direttamente interessati. Nella quinta Macrofase gli interlocutori della Partnership sono stati chiamati a lavorare in rete per le attività di incubazione di nuove iniziative di economia sociale nel territorio coinvolto. Elementi di innovazione proposti dal progetto sono quindi: una risposta sociale contestualizzata; la responsabilizzazione degli attori; un approccio sistemico ed integrato; la promozione preliminare dell’intento; la flessibilità di costituzione e funzionamento della rete. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Due incontri presso la Comunità Montana Camastra Alto Sauro ed a Laurenzana (PZ) con i Sindaci dei Comuni dell’area hanno avviato il Progetto. Due successivi interventi – incontri / seminari in ciascun Comune dell’area, convegno aperto a tutta la cittadinanza dei sei Comuni – avevano lo scopo di promuovere l’azione. Il Progetto prevedeva la realizzazione di diversi convegni ma è risultato più efficace il coinvolgimento di pochi interlocutori realmente interessati. Anche durante la terza Macrofase si è proceduto con incontri e ristretti. L’identificazione degli interlocutori è stata affidata agli stessi attori: ciascun Sindaco ha adottato un proprio metodo, convocando gruppi di disoccupati interessati all’iniziativa o prima i rappresentanti del governo locale e poi, più indirettamente, la comunità o essenzialmente gli operatori locali del terzo settore. Quindi, gli attori locali hanno formalmente costituito la rete. Non hanno ritenuto di aderire al Protocollo l’ASL competente ed il GAL Akiris. L’avvicendamento delle amministrazioni comunali per scadenza di mandato o commissariamento, la diffidenza di alcuni amministratori dinanzi a proposte innovative, la scarsa abitudine alla progettazione condivisa e, soprattutto, la ri-programmazione a livello regionale delle politiche sociali hanno rappresentato le criticità più rilevanti. La complementarietà tra iniziative progettuali e programmi amministrativi ha determinato notevoli benefici. 45 Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari principali sono stati comuni e istituzioni coinvolte nelle politiche sociali, disoccupati interessati ad interventi da sviluppare in rete. I beneficiari risiedono ed operano in un territorio in cui i bisogni sociali sono rilevanti (spopolamento, invecchiamento, crescente fragilità sociale). I soggetti del terzo settore sono stati presenti in maniera intermittente, poco “specialistica” e spesso da fuori Regione. La formazione / informazione sulle professionalità, abilitazioni e qualifiche nel sociale non appare particolarmente diffusa. I Comuni ed il GAL Basento Camastra hanno diffuso gli obiettivi progettuali, ospitato gli incontri di sensibilizzazione e messo a disposizione referenti per le analisi e ricerche. Il Comune di Laurenzana ha concesso, in comodato gratuito, la sede per la realizzazione delle attività e collaborato, come il Comune di Anzi, alla definizione ed “incubazione” di idee di impresa funzionali alle esigenze del territorio. Sono stati coinvolti operatori pubblici e privati. Il Centro di Servizio al Volontariato regionale, non aderente alla PS, ha rappresentato, nei seminari, le associazioni locali. La gestione dell’iniziativa Ciascun partner ha nominato un referente nel Comitato di Pilotaggio che ha coinvolto operatori di progetto investiti di responsabilità ed implementato le procedure di funzionamento della rete, convocando agli incontri tutti i componenti senza escludere terzi interlocutori (con potere consultivo ma non decisionale) ed evitando paralisi in caso di assenze (le decisioni sono prese dai partecipanti agli incontri). Nella fase di finale il Comitato ha attivato la struttura dell’incubatore che ha coordinato i lavori in rete in maniera ancor più elastica e funzionale. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità L’esperienza evidenzia un ruolo strategico eccessivo della componente istituzionale per il conseguimento degli obiettivi, inevitabile in aree interne in cui le amministrazioni comunali assumono un ruolo determinante in ogni aspetto della vita sociale della comunità. Sarebbe opportuno, per la reiterazione del progetto in contesti simili, costituire la rete in fase di progettazione preliminare, richiedendo ai soggetti coinvolti, oltre alla condivisione di intenti, un impegno finanziario. Ciò restringerebbe la rete ai soggetti realmente consapevoli delle potenzialità dell’intervento e garantirebbe la partecipazione attiva alle iniziative, a prescindere da avvicendamenti amministrativi e/o altri episodi suscettibili di determinare la passività dei singoli interlocutori. Bisognerebbe, però, anticipare le attività di promozione ed analisi, preliminari alla strutturazione della rete, al periodo precedente a quello di progettazione (disponendo delle risorse necessarie prima dell’eventuale finanziamento al progetto). È difficile immaginare che gli attori locali siano disponibili ad assumere, in sede di stipula del Protocollo un impegno finanziario per la realizzazione 46 degli obiettivi della Partnership pubblico / privata, per quanto ciò rappresenterebbe, sotto molteplici aspetti, una garanzia per il raggiungimento degli intenti. D’altronde, uno dei punti di forza principali della buona pratica, facilmente trasferibile in iniziative similari, è proprio l’elasticità del Protocollo e la conseguente possibilità di coinvolgere gli attori della rete in funzione dei loro specifici interessi e competenze, senza dover attendere, per ogni decisione, l’adesione vincolante di ciascun interlocutore (procedimento difficilmente prevedibile in caso di assunzione di impegni finanziari). Altro elemento idoneo ad agevolare la miglior realizzazione dell’iniziativa in altri contesti è, laddove possibile, il riequilibrio della Partnership attraverso il coinvolgimento diretto di componenti del terzo settore che potrebbero contribuire allo svolgimento di funzioni attribuite, all’interno della rete. Indicatori d’impatto − Numero di persone coinvolte direttamente nelle attività di costituzione della rete: 6 componenti del Comitato di Pilotaggio; 5 componenti dell’incubatore; 13 componenti formali della rete (6 componenti dell’Assemblea della PS, 6 Sindaci in rappresentanza dei Comuni, 1 Direttore del GAL); 13 protagoniste di progetti realizzati in rete; 9 consulenti esterni della rete (operatori di progetto, operatori di imprese sociali, consulenti tecnici, rappresentanti del terzo settore, rappresentanti di Enti Locali). Totale 46 persone. − Numero di Atti formali sottoscritti: 1 Protocollo di Intesa. − Numero di soggetti aderenti al Protocollo: 6 componenti della PS (rappresentati dal Responsabile Legale del Soggetto Referente), 6 Comuni (aderenti con delibera e rappresentati da ciascun Sindaco), 1 GAL. Totale 13 soggetti. − Numero di incontri formali realizzati (finalizzati alla costituzione e/o ai lavori della Rete): 1 incontro di avvio Progetto; 1 riunione con i Sindaci dell’area; n° 7 incontri promozionali presso i Comuni dell’area; 5 incontri di sensibilizzazione degli attori locali presso i Comuni dell’area; 1 convegno; 3 seminari di formazione per il personale dell'incubatore; 1 incontro consulenti incubatore. − Giornate dedicate ad incontri finalizzati alla costituzione e/o ai lavori della Rete: 21. − Sono stati realizzati 9 incontri di lavoro per le attività di “accompagnamento all’impresa”. − Sono previsti, prima della fine del Progetto almeno altri tre seminari di formazione per il personale dell'incubatore (dedicati alla progettazione “in rete” delle nuove iniziative imprenditoriali) di due giornate ciascuno. 47 Buona prassi 7. Mappatura, animazione e promozione microimprenditorialità sociale in contesti abitativi problematici Partnership Equal IMPRESA DI COMUNITA’ – IT-G2-FRI-007 Redazione della scheda Dario Grison Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Comune di Trieste Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto 10% N° di persone coinvolte per l’attuazione 32 dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Persone in condizioni di svantaggio sociale abitanti nelle aree bersaglio del progetto (ca. 30) Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Persone appartenenti ad organizzazioni Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Le attività svolte intendevano promuovere la partecipazione attiva dei beneficiari diretti ed indiretti alla determinazione di dettaglio delle iniziative imprenditoriali del progetto Equal Impresa di comunità. A Trieste è attivo un progetto di prevenzione denominato Habitat Microaree, nato a fine 1998, da un’intesa tra il Comune, dall’Azienda per i Servizi Sanitari (ASS n°1) e dall’Azienda Territoriale per 48 l’Edilizia Residenziale (ATER) con lo scopo di migliorare la qualità della vita degli abitanti di alcuni rioni “a rischio”, caratterizzati dalla forte o esclusiva presenza di caseggiati ATER, nei quali si concentrano alcune problematiche di disagio sociale. Il progetto è realizzato in piena collaborazione dai tre enti promotori, con il coinvolgimento del settore nonprofit (associazionismo, volontariato, cooperazione sociale). Habitat Microaree è un progetto centrato principalmente sugli obiettivi della salute, della socialità e della casa, al quale il progetto Equal ha inteso aggiungere i temi dello sviluppo dell’economia sociale nei territori, attraverso la promozione di iniziative di microimprenditorialità dei residenti caratterizzate da un forte valore aggiunto sociale. Impresa di comunità non ha dunque predeterminato in partenza tutti i contenuti progettuali di dettaglio, affidando ad un processo di progettazione partecipata con i beneficiari diretti e indiretti, il compito di individuare le iniziative più consone ai bisogni e alle risorse di ciascuna delle aree di Trieste, coinvolte nel progetto. L’obiettivo strategico di Impresa di comunità è l’innovazione orientata al processo, caratterizzata dal tentativo di raccordare le reti primarie le reti secondarie all’interno delle aree bersaglio. Le reti primarie sono costituite dagli ambienti di vita prossimi ai beneficiari del progetto, mentre le reti secondarie sono costituite dagli organismi istituzionali responsabili per la realizzazione delle politiche sociali e di territorio. La cooperazione sociale si pone in una collocazione intermedia fra le due reti, gestendo servizi a favore dei beneficiari che hanno come committenti gli enti delle reti secondarie. Il progetto ha inteso innovare questo processo attivando una partecipazione diretta dei beneficiari alla definizione e alla produzione di iniziative di benessere nei propri contesti di vita. Ciò significa rompere l’autoreferenzialità delle reti secondarie, attivando una loro ridefinizione, in base alle indicazioni e ai bisogni forniti dai beneficiari. I processi partecipativi a partire dalle reti primarie retroagiscono sui sistemi di rete secondaria, ridefinendone il sistema di connessione, l’articolazione e il modo di produzione dell’offerta. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Innanzitutto si è provveduto alla costituzione di quattro Equipe di Coordinamento di Microarea (ECM), una per ciascuna area territoriale coinvolta nel progetto. Le ECM sono composte da almeno un rappresentante per ciascun partner di Impresa di comunità. Alle equipe sono stati affidati i compiti di realizzare la mappatura delle microarea (profilo sociale, bisogni e risorse), promuovere il progetto, animare la comunità territoriale in vista della creazione di progetti di micro imprenditorialità sociale. Dopo la mappatura, le strategie adottate da ciascuna ECM per la promozione e l’animazione sono state diverse, a seconda delle condizioni di sviluppo riscontrate in ciascun territorio. Laddove il terreno risultava già “dissodato” si è proceduto attraverso metodologie di sviluppo di comunità già collaudate (interviste a testimoni privilegiati, incontri con gruppi formali ed informali, focus group). Talvolta poi esistevano delle progettualità “in nuce”, sorte da rapporti coltivati nel tempo e in 49 precedenti azioni di sviluppo territoriale, che hanno potuto trovare, con opportuni adattamenti, collocazione e sviluppo in Equal. Invece altrove la passività dei territori è sembrata tale da non consentire un processo partecipativo così evoluto. In questi casi la progettualità “istituzionale” dei partner ha dovuto integrare o surrogare completamente le carenze del territorio. L’azione di sviluppo territoriale avrebbe altrimenti richiesto troppo tempo rispetto alle scadenze di Equal. In generale la difficoltà del processo partecipativo si è riscontrata in una fase successiva, quando la progettazione dal basso si è confrontata, incontrata e scontrata con la programmazione istituzionale degli Enti territoriali. La sfasatura tra istituzioni e microrealtà locale ha evidenziato tutte le difficoltà proprie dei processi allargati di governance, nonché la distanza e l’estraneità nei rapporti. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari che sono stati incontrati e contattati attraverso le attività di animazione proposte nelle microaree (in genere cittadini dei territori interessati) hanno in genere incontrato difficoltà rispetto ad un progetto che non erogava contributi, formazione, pacchetti preconfezionati, ma richiedeva loro di mettere in campo la loro disponibilità sin dalla fase di ideazione. In genere si è riscontrata l’attitudine alla passività o ad entrare solo in percorsi già predefiniti. Spesso l’incertezza di questo processo ha generato un’ansia non tollerabile da alcuni, e non prevista dal progetto. L’altra grossa difficoltà era rappresentata dai vincoli gestionali, amministrativi e operativi di Equal, che rispetto all’obiettivo dell’imprenditorialità può mettere in gioco risorse destinate alla formazione, alla consulenza, alla simulazione di start-up, ma ha bisogno di essere coordinato con altre forme di finanziamento per gli investimenti necessari all’avvio reale dell’attività. Molte idee progettuali si sono dovute scartare perché eccessivamente avanzate (il progetto di impresa e le competenze esistevano già, ma si necessitava di un sistema di accesso al credito per gli investimenti iniziali) oppure perché troppo legate ad un economia basata sullo scambio informale. Nelle attività di animazione sono stati contattati anche molti attori del territorio che non erano partner diretti di Equal, ricavandone esiti contraddittori: dall’adesione entusiasta, all’opposizione, in quanto le microprogettualità di Impresa di comunità sono state avvertite come fumose o contrastanti con i propri interessi. La gestione dell’iniziativa Le attività di progettazione territoriale sono state affidate, come già descritto, alle ECM, coordinate da un rappresentante della cooperazione sociale (in quanto tra i partner sembrava quello maggiormente dotato di competenze rispetto al tema “impresa”). Impresa di comunità prevedeva poi un Comitato di Pilotaggio di tutto il progetto, con il quale le ECM si sono confrontate per verificare la rispondenza di quanto andavano progettando nei territori, con le finalità e le attività previste da 50 Equal. Questo sistema di management partecipato delle iniziative ha rappresentato un valore aggiunto soprattutto anche per le criticità che ha evidenziato e che si possono così riassumere: − difficoltà valutativa in merito all’oggetto specifico di Impresa di comunità (progetti innovativi che univano “sociale” e impresa); − conseguentemente difficoltà decisionale in merito ai progetti presentati; − infine difficoltà legate alla sovrapposizione tra livello gestionale politico e tecnico; non sempre i partecipanti agli organismi di progetto erano in grado di “reggere” il peso politico di scelte tecniche, o viceversa di prevedere le conseguenze tecniche di decisioni troppo “politiche”. In definitiva il progetto ha evidenziato che nel territorio interessato i processi di gestione di partnership territoriale, sono ancora più processi di negoziazione che di coalizione. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Sono diversi gli elementi di apprendimento derivati dall’esecuzione del progetto. 1. Sembra necessario verificare la tenuta e lo stato di manutenzione delle reti territoriali “prima di procedere”. L’animazione socio economica dei territori è un’attività altamente complessa che richiede forme di collaborazione già avviate e consolidate fra quanti vi partecipano. Preferibilmente vi deve essere già una progettualità da parte di partnership consolidate, che condividono alcuni principi e competenze metodologiche. 2. Occorre costruire professionalità specifiche in merito all’animazione di territorio. Non si può dare per scontata la capacità di produrre processi partecipativi, né il criterio della rappresentanza allargata è sufficiente a garantire la partecipazione. L’animazione di comunità richiede la padronanza di metodologie, tecniche e strumenti, oltre che di una visione di fondo dei modelli di sviluppo. 3. E’ utile assicurarsi la leadership istituzionale. I processi di innovazione del territorio richiedono che le istituzioni se ne facciano promotrici e garanti convinte. Un partner istituzionale tiepido, indifferente o inconsapevole finisce per costituire un ostacolo più che un aiuto. In genere meglio avere una partnership costituita da un numero minore di soggetti ma più coesa, rispetto a una partnership allargata, ma con la presenza di remore o resistenze (anche inconfessate). 4. Occorre verificare, fin dall’inizio, la comprensione e la condivisione dei ruoli, degli obiettivi e delle attività. Può sembrare un’attività scontata, ma molto spesso le differenze di linguaggio e di esperienza gravano pesantemente sulla comprensione dei progetti e sui processi successivi. Si 51 danno per scontati assunti le cui conseguenze operative non vengono adeguatamente previste o calcolate, generando fenomeni di “uscita dal gioco” da parte degli attori coinvolti. 5. La partecipazione attiva dei beneficiari appartenenti a contesti connotati da passività e dipendenza assistita, richiede di delineare percorsi chiari e processi certi, o, in alternativa, forme di leadership territoriali riconosciute e autorevoli, altrimenti si rischia di disperdere risorse e disponibilità al coinvolgimento, a causa dell’incertezza del contesto di azione (perché non si comprende cosa si deve fare, dove si va a finire, ecc.). Indicatori d’impatto L’attività di progettazione ha dato l’avvio a 7 progetti, così suddivisi. Area di Valmaura, Borgo San Sergio, Giarizzole 1. Progetto di riqualificazione e animazione di spazi comuni e aree verdi, con la collaborazione di un associazione locale di cittadini. 2. Progetto di avvio di un’officina per moto, per il riciclo dell’usato e del rottamabile. Area di Roiano 1. Un progetto di negozio “solidale” di prodotti per l’infanzia. 2. Un progetto di casa (abitare assistito) per anziani e soggetti fragili (progetto che interessa anche l’area bersaglio di Valmaura, Borgo S. Sergio e Giarizzole). Area di San Giovanni 1. Un progetto di avvio di un sistema di raccolta differenziata porta a porta da estendere anche ad altre aree della città. 2. Un progetto di centro di servizi alle famiglie e al rione, per lo sviluppo di iniziative educative per la prima infanzia, assistenziali per anziani, di solidarietà (banca del tempo), e la riqualificazione delle risorse dell’habitat (progetto che prevede degli sviluppi anche sull’area di San Giacomo). Area di San Giacomo 1. Un progetto per l’avvio di un’impresa sociale di giovani nell’ambito delle nuove tecnologie e delle forme espressive delle culture giovanili, in collaborazione con l’associazione Xpression Le iniziative hanno caratteristiche imprenditoriali (nel senso che cercano di avviare realtà suscettibili di uno sviluppo economico), sociali (nel senso che mirano a produrre effetti di miglioramento sul benessere e sui livelli di qualità della vita delle aree interessate) e della promozione dell’inclusione sociale e lavorativa (nel senso che cercano di valorizzare le potenzialità, la creatività e il lavoro di persone del territorio, che vivono situazioni di difficoltà e di precarietà). All’interno di ciascun 52 progetto è prevista la realizzazione di alcuni project work (in tutto una ventina) con i beneficiari finali (cittadini disoccupati, inoccupati, giovani in cerca di prima occupazione). I project work hanno avuto luogo nelle cooperative sociali che si sono fatte garanti della tenuta imprenditoriale delle iniziative. 53 Buona prassi 8. Responsabilità e servizi sociali per le imprese for profit Partnership Equal ESI – ECONOMIA SOCIALE E IMPRENDITORIALITA’ Redazione della scheda Nicola Paneghel e-mail di chi ha redatto la scheda n. [email protected] Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Province di Bari, Brindisi, Taranto Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto >50% risorse N° di persone coinvolte per l’attuazione 200 circa dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Imprese e operatori del privato sociale e di enti pubblici e privati Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Imprese e operatori del privato sociale e di enti pubblici e privati Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Le tre linee programmatiche previste dal progetto Equal ESI – e che rappresentano anche i tre obiettivi da raggiungere nell’ambito territoriale previsto – erano i seguenti: 1. accompagnare enti pubblici e privati alla creazione di asili nido aziendali, sostenendo eventuali oneri di ideazione, individuazione, progettazione, project financing e project management. 54 2. accompagnare enti pubblici e privati a sostenere tutte le problematiche della CSR (Corporate Social Responsability), implementando attività, azioni ed investimenti verso la dimensione sociale (bilancio sociale, responsabilità ambientale, responsabilità sociale verso i dipendenti); in tal modo si è evidenziata l’importanza del ruolo di questi soggetti nel raggiungimento di uno sviluppo sostenibile, promuovendo iniziative in grado comunque di generare vantaggi competitivi per le aziende; 3. accompagnare giovani in cerca di prima occupazione e donne adulte disoccupate verso la creazione di piccole realtà di cooperative sociali che gestiscano gli asili nido aziendali. Per quanto concerne le criticità affrontate, il progetto Equal ESI ha operato su tre fronti di discriminazione che si ripercuotono sull’occupazione nell’ambito del territorio individuato: 1. la popolazione giovanile è priva di precedenti e/o significative esperienze lavorative, e quindi risulta difficilmente collocabile sul mercato del lavoro; 2. le Piccole Medie Imprese (PMI) sono poco propense verso l’applicazione della “Qualità Sociale” in azienda ed investono molto poco nella realizzazione di servizi ausiliari di tipo sociale per i propri dipendenti; 3. la popolazione femminile necessita di conciliare i tempi di casa-lavoro, in quanto nei territori di intervento non ci si limita alla cura dei bambini, ma riguarda anche anziani e/o disabili non completamente autosufficienti. Strumento gestionale fondamentale per offrire un apporto realmente innovativo è il partenariato di sviluppo. Altri strumenti operativi utilizzati sono stati i seguenti: indagini conoscitive, banca dati e questionari, indagini di mercato, studi di fattibilità, materiali promozionali, Business plan. L’innovatività del progetto ESI è visibile nei seguenti ambiti: − nell’attuazione di strategie che incrementano le possibilità di autoimprenditorialità di persone svantaggiate (giovani disoccupati/inoccupati e donne adulte); − nello sviluppo di un network di piccole realtà di imprenditoria sociale che renda più facile e competitiva la risposta alle esigenze degli utenti; − nello sviluppo di un network geografico di aziende for profit che esternalizzino (rendendo più conveniente) alcuni servizi di carattere sociale; − nell’utilizzo della partnership dio sviluppo (PS) in modo da sviluppare un'interazione di competenze, di esperienze e di ambiti di intervento diversificati, ma tali da determinare una efficace ricaduta economica e occupazionale. In ogni caso, il principale elemento di innovatività introdotto dal progetto è da ricercare nel concetto di rete, di network di piccole e medie imprese a cui è stata proposto di riunirsi per realizzare più 55 efficacemente e a un minor costo dei servizi in favore dei propri dipendenti. Si può inoltre sostenere che il concetto di rete è oggi cruciale anche per finalità programmatorie e di policy making, visto che in Puglia si stanno realizzando i Piani di Zona (previsti dalla legge nazionale di riforma dei servizi sociali n. 328/00). Questi Piani, infatti, richiedono la formazione di reti su base geografica che condividono le proprie risorse per offrire di servizi ai cittadini. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Tutti i partner del progetto ESI hanno collaborato alla fase di progettazione, ognuno in base alle proprie peculiarità. Il progetto sin dalle prime fasi di sviluppo ha cercato di rispondere alle criticità riscontrate quali ad esempio un contesto culturale che ha posto non poche resistenze alla diffusione delle politiche della CSR e alla creazione di servizi in favore del personale. Se da un lato, infatti, sin dai primi mesi è stata avviata un attività di promozione serrata, contattando sistematicamente aziende, gli enti (pubblici e privati) e imprese delle tre province di riferimento, al fine di diffondere l’idea progettuale di ESI e di raccogliere adesioni, dall’altro lato invece, i risultati raccolti sul campo, hanno riscontrato un’adesione piuttosto “fredda” nei confronti di tematiche come la CSR e le sue applicazioni. Le criticità affrontate dal progetto hanno una notevole rilevanza innanzitutto perché si possono ripercuotere sull’occupazione nell’ambito del territorio e in secondo luogo perché possono accrescere l’offerta di servizi in settori particolarmente carenti in regione. Nella fase di ricerca, dopo aver individuato i reali bisogni avvertiti dai diversi stakeholders riscontrati con rilevazione diretta sul territorio - e dopo aver rilevato i diversi servizi presenti nel territorio, si è riscontrata l’esigenza di: − implementare servizi per favorire una maggiore sensibilizzazione delle imprese for profit e nonprofit verso un'economia orientata sempre più alla qualità sociale e all’utilizzo di strategie e accorgimenti sociali positivi; − produrre servizi sociali rivolti ai dipendenti delle aziende, al fine di conciliare maggiormente il tempo di lavoro con quello familiare, come asili nido aziendali, babysitteraggio domiciliare e centri diurni intergenerazionali; − sviluppare un network di PMI che favorisca la nascita di servizi alla persona anche in realtà aziendali molto piccole. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Il progetto ESI ha agito su due tipi di beneficiari. 56 − Le aziende, attraverso attività di consulenza ed accompagnamento per l’avvio di strumenti di CSR e per l’attivazione e il finanziamento di servizi sociali per le famiglie di dipendenti rivolti a bambini, disabili ed anziani; si è cercato inoltre di “mettere in rete” le PMI che pur avendo la necessità di servizi alla persona rivolte ai propri dipendenti non avevano la capacità per crearli/gestirli singolarmente. − Le donne adulte e giovani disoccupati/inoccupati, attraverso attività mirate allo sviluppo di nuove professionalità coerenti con le necessità delle imprese sociali; sono state previste inoltre attività di consulenza ed accompagnamento per la creazione di micro-impresa sociale e di connessione in rete delle imprese sociali che svolgono attività di servizi alla persona. La gestione dell’iniziativa Organo di indirizzo e controllo del progetto era il Comitato di pilotaggio che si occupava della gestione complessiva. Sono poi state individuate le responsabilità di ciascun partner. Ciò ha facilitato la divisione del lavoro, facendo sì che ciascun attore si concentrasse sul proprio specifico know-how. I partner hanno poi previsto gruppi informali di lavoro e incontri bilaterali finalizzati a specifici obiettivi progettuali. La fase di gestione riflette i ruoli dei diversi partner di progetto e le loro specificità. Il coordinamento dell’attività nazionale era in capo alla cooperativa Auxilium, mentre Dieffe interveniva nelle attività di gestione, rendicontazione, project management e coordinamento delle attività transnazionali. Promez, così come Chronos, hanno contribuito in sede di definizione dei contenuti ed erogazione della consulenza in materia di CSR. L’approccio multiattore consente di affrontare in modo più efficace le problematiche che si possono evidenziare in corso d’opera, perché consente di affrontare gli elementi di complessità del territorio riconducendoli nei gruppi di discussione e cercando al loro interno una sintesi operativa. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità In termini generali è possibile il trasferimento dell’idea progettuale di ESI in altri contesti, sia geografici che settoriali. Tale possibilità di trasferimento è favorita anche dal fatto che il partner Chronos in qualità di capofila è titolare di un altro progetto Equal geografico in Regione Veneto con finalità legate a district learning, innovazione e CSR. Gli strumenti adottati possono essere valorizzati in situazioni simili, ad esempio in un progetto che si prefigga come obiettivo lo sviluppo dell’occupazione femminile o delle pari opportunità tra uomo e donna. Uno sportello informativo sulla CSR, rivolto alle imprese, ma aperto anche ad altre tipologie di operatori e beneficiari è stato attivato in un altro progetto sperimentale in Veneto. 57 Lo strumento / prodotto del network e lo strumento sportello informativo, il modello elaborato per la redazione del bilancio sociale ed il conseguimento della certificazione SA 8000 potrebbe durare nel tempo se supportato da risposte positive da parte della popolazione target del progetto. Lo sportello informativo, in particolare, potrà favorire l’interscambio di informazioni in quanto rappresenta la modalità per incontrare l’altra tipologia di utenza (giovani lavoratori disoccupati) individuata dal progetto ESI, ricevendo contemporaneamente feedback sulla tematica dell’autoimprenditorialità. Lo sportello può divenire autosostenibile nel caso in cui si evidenzi una attività matching domanda offerta la quale vede da un lato l’offerta di servizi di consulenza e project financing per l’avvio e la gestione di iniziativa imprenditoriali autonome, know-how patrimonio dei partner della PS, e dall’altro a seguito dell’’avviata azione di promozione della PS, la richiesta da parte del territorio di tale tipo di interventi. Indicatori d’impatto Gli indicatori d’impatto utilizzati sono i seguenti: numero di imprese for profit contattate, definizione di un modello di studio di fattibilità e start-up impresa, numero di attori coinvolti, numero di incontri e giornate di consulenza, numero richiedenti informazioni, numero di persone disoccupate/inoccupate e/o lavoratori atipici e/ donne adulte, ecc . 58 Buona prassi 9. Accompagnamento alla redazione del Bilancio di Responsabilità sociale (B-Res) Partnership Equal PS ISOLE – Imprese Sociali per Lanciare l’Economia cod. IT-G2-PUG-070 Redazione della scheda Bartolomeo Marraffa Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Regione Puglia: provincia di Bari, Brindisi e Taranto Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto circa €. 120.000,000 pari al 20% delle risorse N° di persone coinvolte per l’attuazione 10 dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 5 Cooperative sociali e 1 consorzio di cooperative sociali Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa L’intero sistema della cooperazione sociale: imprese e relativi altri stakeholders Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione L’azione, centrata sulla promozione della qualità delle cooperative sociali - attraverso l’attivazione di processi di miglioramento continuo e attraverso azioni di coinvolgimento e partecipazione dei principali portatori di interesse che interagiscono con le cooperative sociali – ha permesso il raggiungimento dei seguenti obiettivi progettuali: 59 − Diffusione della cultura della responsabilità sociale tra gli operatori del settore, anche grazie l’attività degli sportelli del nonprofit attivati nell’ambito del progetto. − Promozione della pratica della rendicontazione sociale, come strumento principe per esprimere la propria finalità sociale. − Sperimentazione di un modello di bilancio sociale adatto alle realtà pugliesi. Dalla conoscenza delle necessità delle cooperative sociali pugliesi (focus con i partner, progetti precedenti, presenza sul territorio) all’individuazione di uno strumento di bilancio sociale capace di evidenziare le specificità delle stesse e in grado di accompagnarle nel processo rendicontativo. − Attivazione di processi di qualità avanzati e integrazione con altri strumenti, accompagnando le cooperative sociali in processi di miglioramento continuo per portarle ad un sistema di qualità evoluto e complesso. Attivazione, a fianco di processi di qualità già sperimentati (certificazione di qualità, carta dei servizi), di percorsi per la redazione del bilancio sociale capaci di portare a sistema quanto gia avviato e applicato (integrazione strumenti di qualità). − Rafforzamento di competenze presenti nelle cooperative e negli organismi di servizio (consorzi, enti di accompagnamento e sviluppo). Attenzione allo sviluppo delle competenze presenti a livello locale e attivazione di processi di apprendimento learning by doing, al fine promuovere la capitalizzazione delle conoscenze e la replicabilità dei percorsi. Per quanto riguarda gli elementi di innovazione si può ricordare che l’azione progettuale è stata condotta tenendo conto di una elaborazione e sperimentazione innovativa basata su un approccio all’integrazione degli strumenti di qualità e al modello B-res (Bilancio di responsabilità etico e sociale) elaborato dal consorzio nazionale Cgm. Tale modello è incentrato su principi che considerano il bilancio sociale come un processo di miglioramento continuo, reso possibile da una puntuale pianificazione imprenditoriale (missione, strategie, obiettivi, azioni) e dall’adozione di strumenti informativi adeguati. Tutto ciò è reso possibile grazie alla partecipazione e al coinvolgimento dei principali stakeholder interni ed esterni, confluendo infine in un’azione di comunicazione (documento, evento) in grado di dare evidenza a quanto svolto. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Di seguito si indicano le attività realizzate quali tappe evolutive dell’intero percorso: − Individuazione del modello di bilancio sociale e adattamento alla realtà locale e agli interlocutori di riferimento. − Addestramento degli agenti di sviluppo sul bilancio sociale per condividere con essi il modello, gli approcci e le modalità di promozione tra le cooperative sociali. 60 − Animazione e promozione tra le cooperative pugliesi da parte degli agenti. E’ stata svolta un’attività’ formativa di gruppo sui contenuti del bilancio sociale al fine di diffondere il tema presso il maggior numero di cooperative. − Individuazione di realtà pronte e adatte ad un’azione strutturata di accompagnamento per la realizzazione del bilancio sociale. Per la scelta dei casi pilota (2 per provincia) sono state prese in considerazione le realtà che, avendo seguito la fase preliminare di introduzione al bilancio sociale, sono state ritenute le più adatte per una sperimentazione immediata. − Accompagnamento individualizzato. Impostazione di specifici percorsi per ciascuna delle realtà individuate, tenendo conto delle risorse interne (nelle cooperative) e di quelle esterne (agenti di sviluppo, consorzi). − Preparazione alla comunicazione del bilancio sociale (in corso di sviluppo). L’attività’ di accompagnamento terrà conto degli aspetti comunicativi e di esplicitazione del percorso, arrivando a una stesura del documento di bilancio sociale e alla pianificazione delle modalità comunicative. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari della sperimentazione sono state 6 tra cooperative sociali e consorzi di cooperative sociali presenti nei vari territori di riferimento del progetto: Provincia di Bari 1. Cooperativa Tasha: cooperativa già certificata e dotata di carta dei servizi e di referente qualità. Motivazioni al bilancio sociale: a) strumento per la misurazione del valore dell'impresa verso i portatori di interesse b) rafforzamento in termini d’immagine. 2. Cooperativa Ulixes: cooperativa già certificata e dotata di carta dei servizi e di referente qualità. Motivazioni al bilancio sociale: a) maggiore interazione e sinergia con gli stakeholder; b) misurazione delle ricadute del proprio operato sul territorio di appartenenza e progettazione partecipata di azioni mirate alla salvaguardia dell'ambiente e alla valorizzazione delle risorse del territorio; c) possibilità di accedere a bandi regionali e/o comunitari. Provincia di Brindisi 1. Cooperativa Solidarietà: cooperativa certificata ma di piccole dimensioni con processi interni di sviluppo molto dinamici. Motivazioni al bilancio sociale: a) necessità di maggiore controllo e programmazione delle attività; b) necessità di comunicare il proprio operato e valorizzare le relazioni con gli stakeholder. 61 2. Cooperativa Solidarietà e rinnovamento: cooperativa certificata e dotata di carta dei servizi. Motivazioni al bilancio sociale: a) maggiore visibilità al ruolo della cooperativa quale agente di cambiamento sociale; b) strumento per meglio orientare l’organizzazione al suo interno e nei riguardi dei committenti e beneficiari verso obiettivi e valori di ordine etico e di corretto agire sociale; c) strumento di verifica e raggiungimento di una mission societaria condivisa. Provincia di Taranto 1. Consorzio Solidale: consorzio già certificato. Motivazioni al bilancio sociale: a) dotarsi di uno strumento di comunicazione interna ed esterna; b) poter rendicontare su base qualitativa e non solo contabile i risultati economici; c) strumento di verifica la distribuzione del valore aggiunto prodotto. 2. Cooperativa La Mimosa: cooperativa già certificata e ben strutturata con risorse interne presenti e forte coinvolgimento del proprio consorzio di riferimento nelle azioni di sviluppo. Motivazioni al bilancio sociale: a) possedere uno strumento di diffusione e comunicazione delle attività svolte; b) necessità di leggere i risultati economici e sociali anche su base qualitativa. La gestione dell’iniziativa Gli agenti di sviluppo hanno costituito il perno delle azioni progettuali descritte. Si è ritenuto, infatti, che fossero le figure chiave su cui convogliare alcune azioni dell’intero processo. Ciò ha consentito di rafforzare le azioni di sensibilizzazione e diffusione della cultura in modo capillare (animazione sul territorio) anche presso le cooperative sociali. Gli agenti di sviluppo scelti (uno per ogni provincia) hanno svolto inoltre funzione di tutor dei percorsi, assistendo le cooperative individuate nell’applicazione di quanto indicato dai consulenti. Su di loro si è quindi concentrata l’azione di sviluppo di competenze di accompagnamento in processi di miglioramento qualitativo. Sono gli agenti di sviluppo i primi depositari delle conoscenze trasferite e quindi sono coloro che potranno garantire la replicabilità in futuro dell’iniziativa. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Tutta l’azione progettuale è stata condotta tenendo conto di una elaborazione e sperimentazione importante già realizzata all’interno della rete Cgm rispetto al modello B-res. Tale modello è stato approfondito e adattato alle realtà pugliesi grazie a un attento lavoro degli esperti della rete Cgm, considerando spunti e orientamenti dei partner di progetto. Ciò ha comportato, da una parte, l’adozione di semplificazioni di alcuni aspetti (cooperative di piccole dimensioni, specializzazioni in alcuni settori, forte radicamento con il territorio), ma anche una maggiore articolazione per ciò che concerne la esplicitazione del senso e delle premesse, nonché delle motivazioni alla rendicontazione sociale. Per ogni cooperativa è stata focalizzata la situazione di partenza (stato di evoluzione del sistema qualità, pianificazione impostata, sistemi di misurazione, modalità di coinvolgimento degli 62 stakeholder interni ed esterni) e sulla base di questa fotografia impostato un processo di costruzione del bilancio sociale. L’approccio adottato mirava alla piena valorizzazione di quanto nella cooperativa era già stato elaborato in termini di strumentazione di qualità, accompagnando un processo di integrazione degli strumenti, sostenendo le competenze interne presenti, focalizzando gli sforzi della cooperativa su obiettivi di bilancio di responsabilità etico e sociale prioritari e realizzabili. Gli agenti di sviluppo hanno svolto inoltre funzione di tutor dei percorsi assistendo le cooperative individuate per le sperimentazioni nell’applicazione di quanto indicato dai consulenti: essi risultano essere i primi depositari delle conoscenze trasferite e quindi sono coloro che potranno garantire la replicabilità in futuro dell’iniziativa. Indicatori d’impatto 1. Numero di imprese partecipanti al percorso teorico preliminare di accompagnamento al bilancio sociale. 2. Numero di imprese che si sono approcciate al bilancio sociale. 3. Numero di imprese giunte alla redazione del bilancio di responsabilità sociale. 63 Buona prassi 10. Il protagonismo dei beneficiari nei percorsi di inserimento al lavoro Partnership Equal FOOD’S VALUE ITG2PIE067 Redazione della scheda Cristiana Taricco Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Regione Piemonte Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto 523.025,49€ (totale Macrofasi 2 e 3), pari al 46% del budget complessivo N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa Macrofase 2: 31 persone Macrofase 3: 15 persone Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 30 ex-tossicodipendenti Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 2 Comuni, 4 mense per indigenti, 1 azienda della grande distribuzione (no profit), 1 agenzia per la formazione e per assistenza e sviluppo alle imprese Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Il progetto perseguiva la finalità del reinserimento socio-occupazionale di giovani extossicodipendenti, attraverso la creazione di un servizio che svolgesse una funzione di recupero e rivalorizzazione dei prodotti alimentari inutilizzati o invenduti. Le attività direttamente finalizzate ad aumentare le possibilità di inserimento lavorativo (quindi più direttamente coinvolte dalla buona 64 pratica) erano la macrofase 2 (formazione destinatari finali) e la macrofase 3 (sperimentazione imprenditorialità tramite modello di inserimento socio lavorativo). Al momento della compilazione della scheda le attività progettuali erano concentrate nella macrofase 3. L’elemento fondamentale di innovazione dell’iniziativa è consistito nel coinvolgimento forte e diretto dei beneficiari finali, protagonisti attivi dei processi professionali e di inclusione sociale, allo scopo di favorire nel target group la consapevolezza delle proprie capacità e attitudini. Al conseguimento di tale risultato ha contribuito in modo significativo anche l’applicazione del Project Cycle Management (PCM) che considerava i beneficiari finali come punto centrale. Chi elaborava il progetto aveva l’obbligo di focalizzare i bisogni reali dei destinatari dell’intervento, ed in questo modo i progetti potevano definirsi fattibili e sostenibili. Gli obiettivi strategici relativamente ai beneficiari finali erano orientati intorno ai seguenti elementi: i) il loro protagonismo (aumentare la fiducia in se stessi); ii) l’inserimento nel mondo del lavoro, attraverso l’incremento delle loro competenze professionali sulla base delle effettive esigenze del mondo del lavoro e della gestione di impresa. Dal lato delle imprese si perseguiva invece una maggiore fiducia delle stesse negli ex-tossicodipendenti attraverso una loro migliore qualificazione professionale. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Una volta sviluppata l’analisi di mercato e verificato un primo livello di fattibilità dell’intervento, sono stati identificati i beneficiari ex-tossicodipendenti da coinvolgere nelle attività di formazione ed empowerment, tra le persone in trattamento terapeutico nelle comunità CTS. La fase di empowerment è stata sviluppata con la collaborazione dei tutor che già seguivano i ragazzi in comunità. La formazione ha consentito ai beneficiari di acquisire conoscenze su: normative e procedure igienico-sanitarie, trattamento degli alimenti, logistica, competenze aziendali. La durata e il programma sono risultati coerenti con quanto previsto. Il numero di partecipanti leggermente superiore al previsto. La successiva fase di sperimentazione ha visto il coinvolgimento di 8 persone. Ad oggi in fase di chiusura 5 sono ancora attivamente coinvolte. La sperimentazione è stata avviata con 2 mesi di anticipo per evitare una sosta nelle attività di progetto che coinvolgevano i beneficiari. La fase è stata quindi prolungata di 2 mesi (fino ad agosto 2007 compreso) per una ulteriore valutazione di compatibilità del mercato del lavoro. Dalle interviste è emersa come proposta per la trasferibilità dell’iniziativa l’opportunità di realizzare le attività di sperimentazione contemporaneamente alla formazione, almeno nella seconda parte di quest’ultima, per mettere direttamente in pratica le conoscenze acquisite. L’esperienza è stata vissuta 65 in modo molto intenso dai partecipanti alla sperimentazione. Essi affermano: “abbiamo imparato molto perché abbiamo discusso e creato tutto insieme fin dall’inizio”. La fase di creazione d’impresa sarà avviata a conclusione della sperimentazione, sulla base dell’esito della valutazione conclusiva in merito alla sostenibilità. A seguito di un accordo sottoscritto con la Regione Piemonte, in considerazione della maggiore durata della sperimentazione (e quindi a fronte di un maggiore impegno di risorse per quest’ultima), la fase di disseminazione, concentrata a conclusione del progetto, comprenderà un solo seminario di chiusura, diversamente rispetto a quanto inizialmente previsto. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Il problema dell’esclusione all’origine dell’intervento riguarda le scarse possibilità di inserimento lavorativo da parte degli ex-tossicodipendenti. Diversi sono i fattori alla base del disagio: basso tasso di scolarizzazione, difficoltà ad accedere ad informazioni di orientamento al lavoro, alto tasso di lavoro irregolare o occasionale. Tutti questi fattori generano scarsa autostima e responsabilità individuale, oltre a un’inadeguata consapevolezza delle proprie risorse. D’altro lato la scarsità di iniziative di formazione accessibili e l’irregolarità del lavoro generano un profilo professionale insufficiente per l’inserimento. Il progetto era mirato a fornire tali risorse e colmare tali fabbisogni. Vi hanno collaborato anche tecnici HACCP e una società di logistica e trasporti. Nel complesso l’apporto di risorse si quantifica in 224 ore complessive di formazione ed empowerment, 100 ore di stage, 1300 ore di sperimentazione. La gestione dell’iniziativa Il coordinamento strategico e operativo sono stati affidati ad organismi costituiti ad hoc. La definizione dei ruoli dei partner era chiara e coerente con le competenze sin dall’avvio. La formalizzazione dell’organizzazione e soprattutto la riprogettazione secondo il metodo del PCM hanno creato condizioni favorevoli, in particolare per l’orientamento delle attività agli obiettivi, la trasparenza e lo scambio di esperienze tra partners, nonché il monitoraggio. La gestione non è risultata eccessivamente appesantita. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Per quanto riguarda gli elementi di competenza appresi si può sostenere che i partner hanno incrementato le proprie competenze nella gestione di progetti complessi, le conoscenze rispetto alle 66 capacità imprenditoriali, la consapevolezza delle difficoltà di integrazione profit – nonprofit a livello di mentalità e modalità di gestione. I beneficiari hanno acquisito competenze professionali, oltre che maggiore consapevolezza sulle proprie capacità e potenzialità. Nel corso delle interviste hanno infatti dimostrato di avere appreso molto dalla formazione e di averne compresa e rivalutata l’utilità nel momento in cui si sono trovati a dover gestire il lavoro in fase di sperimentazione. La sperimentazione è stata fondamentale nel percorso formativo ed ha dato loro un forte contributo alla consapevolezza delle proprie capacità. I beneficiari hanno inoltre dimostrato una volontà di miglioramento continuo nella gestione, proponendo e discutendo tra loro soluzioni organizzative e metodi di lavoro che poi testavano, ed anche se ad oggi affermano di considerarsi sostanzialmente “a regime”, non negano che per essere replicato il modello non sia suscettibile di ulteriori miglioramenti. Tutte le figure coinvolte nel partenariato sono risultate essenziali per il buon esito dell’iniziativa: - rilevante il ruolo dei partner territoriali (Comune e/o Provincia) per la sostenibilità e le ricadute dei risultati progettuali; - indispensabile la presenza di almeno un partner esperto nella gestione della tipologia di beneficiari, al fine di garantire il permanere del loro coinvolgimento lungo l’intero arco del progetto; - fondamentale il ruolo dei tutor nell’accompagnamento durante tutto il percorso. Per quanto riguarda la successione delle attività: - per far meglio percepire la valenza della formazione è emersa l’opportunità di alternarla o gestirla in contemporanea (almeno nelle ultime fasi) con la sperimentazione; - il modulo formativo più problematico da realizzare è risultato quello relativo alla gestione del magazzino, che però nella pratica si è rivelato essenziale alla buona gestione dell’attività; i beneficiari nell’arco di un paio di mesi hanno progressivamente risolto i vari problemi organizzativi emersi nella gestione, identificando le soluzioni che ad oggi consentono un controllo completo delle scorte. Vista la tematica sono risultati fondamentali gli apporti esterni alla partnership dei tecnici specializzati in HACCP e della società di logistica. Per la buona riuscita è risultato fondamentale definire e quantificare gli impegni concreti di ciascun partner coinvolto nella rete. Questo tipo di partenariato ha comunque manifestato chiare potenzialità per configurarsi come una vera e propria agenzia di sviluppo locale. 67 Indicatori d’impatto Descrizione Unità di misura Val. atteso Val. conseguito Beneficiari finali raggiunti dalle informazioni sulle modalità di partecipazione al progetto numero 60 60 Percorso empowerment: 29 concluso - beneficiari finali che lo portano a termine numero 30 (30 inseriti) numero ore n.d. 44 n. beneficiari 15 13 numero ore n.d. 180 Modulo igienico-sanitario n. beneficiari n.d. 23 inseriti Trattamento alimenti n. beneficiari n.d. 19 inseriti Logistica n. beneficiari n.d. 15 inseriti Competenze aziendali n. beneficiari n.d. 13 inseriti Numero ore n.d. 100 10 in chiusura 13 inseriti n. beneficiari - durata complessiva Incremento competenze professionali: - formazione (nel complesso) - stage - beneficiari attività formazione e stage % sul totale ore/uomo erogate 8 in chiusura 89.6% M n.d. 10.4% F 8 inseriti Sperimentazione n. beneficiari 10 inseriti 5 in chiusura (100% M) Durata (mesi) n.d. n. beneficiari 5 inseriti 10 n.d. Creazione ramo di impresa (non avviato) 68 Gli indicatori dimostrano che le previsioni sono state rispettate, in alcune fasi più che in altre, ma in ogni caso il numero di persone che sono giunte alla fine del programma è coerente con i risultati attesi. La situazione di progressivo abbandono da parte dei beneficiari finali è conseguente alle peculiarità della tipologia di persone a cui il programma è rivolto. Le cause di abbandono vanno infatti dall’interruzione del programma di terapia, volontaria o conseguente al mancato rispetto delle regole per la permanenza in comunità, alla conclusione del periodo di terapia, alla collocazione in un nuovo impiego trovato dal beneficiario. Da non trascurare anche il fatto che i programmi terapeutici hanno durata piuttosto lunga, ed all’avvio del programma sono state coinvolte persone a diversi livelli. 69 Buona prassi 11. Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale Partnership Equal Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia Sociale - IT-G2-CAL-083 Pietro G. Andreotti Redazione della scheda Carlo Barletta Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Alto Tirreno Cosentino Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto - N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa Intervistatori, personale di segreteria, persone intervistate (131) Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Operatori e manager delle imprese sociali, operatori e manager delle istituzioni interessate all’economia sociale Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Operatori e manager delle imprese sociali Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione L’indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale e sui fabbisogni formativi del settore è stata realizzata nel territorio dell’Alto Tirreno Cosentino. Sono stati utilizzati tre strumenti di analisi: il “Questionario Imprese del settore dell’Economia Sociale” indirizzato agli imprenditori del territorio. La “Scheda competenze e fabbisogni” che ha proposto domande ai lavoratori delle imprese sociali per conoscere le competenze che possiedono e per individuare i fabbisogni formativi necessari allo 70 sviluppo professionale. Infine è stato utilizzato quale traccia per i colloqui sulle dinamiche dell’economia sociali uno “Schema per le interviste a testimoni privilegiati”. Lo scopo dell’indagine era quella di conoscere alcune realtà imprenditoriali significative presenti nel territorio; individuare le relazioni esistenti sul territorio che sostengono l’economia sociale; analizzare le caratteristiche professionali degli operatori dell’economia sociale; riconoscere i fabbisogni formativi presenti sul territorio e le competenze richieste dal mercato. L’indagine è stata realizzata in accordo con le organismi e le istituzioni presenti sul territorio e discussa nell’ambito dei “Tavoli di Concertazione” avviati dal progetto. Non è stata pertanto calata dall’alto, ma concordata con i soggetti stessi dell’indagine. E’ una buona prassi perché sia per gli obiettivi scelti, sia per le modalità organizzative e di realizzazione ha promosso la partecipazione di persone e istituzioni e ha favorito lo sviluppo delle attività formative che sono state realizzate nelle successive macrofasi progettuali. Le fasi attuative: dal progettato all’agito La ricerca è stata condotta nell’ambito del seconda macrofase del progetto. Sono stati prima progettati e redatti tre strumenti di analisi, che sono stati discussi e validati nell’ambito dei Tavoli di Concertazione. Il questionario “Imprese settore dell’economia Sociale” è stato somministrato ai responsabili delle associazioni, delle cooperative e dei centri sociali; gli intervistati sono stati contattati telefonicamente, poi è stato inviato, tramite fax o e-mail, il questionario e il materiale informativo, infine, previo appuntamento, sono stati somministrati i questionari. Parallelamente ai questionari è stato compilato dagli operatori e volontari delle imprese la “Scheda competenze e fabbisogni”. L’indagine sul campo è iniziata il 9 dicembre 2005 e si è conclusa il 9 gennaio 2006. I questionari sono stati somministrati in gran parte in presenza del ricercatore (93%), i rimanenti (7%) sono stati compilati on line; hanno compilato il questionario un totale di 43 persone. Anche la maggioranza delle schede è stata redatta in presenza del ricercatore (97,7%), i rimanenti (2,3%) sono stati compilati on line. Le interviste indirizzate a testimoni privilegiati sono state rivolte a 20 persone (12 sindaci; 2 assistenti sociali; 6 presidenti e amministratori di associazioni e cooperative), con esperienze e professionalità diverse, ma tutte con una conoscenza approfondita ed una esperienza pluriennale sulle imprese sociali, sulle caratteristiche dei servizi, sulle modalità di realizzazione di tali servizi. 71 Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I destinatari della ricerca sono i manager, gli operatori e anche i volontari impegnati nelle attività svolte dalle associazioni e dalle cooperative sociali presenti nell’Alto Tirreno Cosentino. Erano persone che avevano bisogno di riconsiderare la propria professionalità, di riconoscere le esigenze del territorio, di apprendere il lavoro in rete. La partecipazione alla ricerca è stata promossa grazie una scrupolosa informazione. In particolare i partner del progetto Equal, già conosciuti nel territorio per le attività di formazione (IAL), di ricerca CIES), e sociali (comune di Praia a Mare), hanno realizzato Tavoli di Concertazione al fine di discutere e ridefinire gli obiettivi della ricerca. La gestione dell’iniziativa L’impianto di ricerca è stato redatto da uno psicologo, e successivamente è stato discusso nell’ambito dei Tavoli di Concertazione pubblicizzato sul territorio. Definiti gli ambiti della ricerca lo psicologo ha elaborato i tre strumenti d’indagine, ridiscussi nei Tavoli di Concertazione. L’indagine è stata realizzata sul territorio da un gruppo di ricercatori junior che hanno condotto le interviste, somministrato questionari e schede; infine sono stati elaborati i dati quantitativi e qualitativi della ricerca. Si è cercato di coinvolgere e far partecipare i soggetti stessi dell’indagine all’impianto di ricerca. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Il 20 settembre 2005, già al termine della prima macrofase, sono stati redatte alcune note preliminari per la stesura del piano di ricerca e per poter pubblicizzare l’iniziativa e discuterla nell’ambito dei Tavoli di Concertazione; ma nonostante questa anticipazione, l’indagine, che doveva essere realizzata nella seconda macrofase, è stata conclusa con circa due mesi di ritardo. Anche se più fattori hanno contribuito a rallentare i lavori, certamente, quello che ha inciso maggiormente è stato l’impegno progettuale di discutere, nell’ambito dei Tavoli di Concertazione, le diverse tappe dell’indagine. L’esperienza comunque non è stata negativa il maggior tempo impiegato è stato compensato dagli obiettivi raggiunti, questo itinerario di ricerca può essere trasferito ad altri contesti, ma si deve considerare che un’indagine conoscitiva “partecipata” come quella descritta ha bisogno di tempi più lunghi rispetto a quella classica. 72 Indicatori d’impatto Gli indicatori d’impatto coincidono con i risultati dell’indagine ovvero: 43 questionari “Imprese del settore dell’Economia Sociale”, 68 schede “Scheda competenze e fabbisogni”compilati, 20 interviste a testimoni privilegiati, 23 persone coinvolte nei Tavoli di Concertazione. Buona prassi 12. Innovazione nell’outsourcing per il welfare mix Partnership Equal Joint Venture Sociale Redazione della scheda Annita Leuratti Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Comune di Vittorio Veneto Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto € 139.800, 18% sul totale del progetto N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa 13 Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 1 azienda del privato sociale; 1 azienda privata;1 Pubblica amministrazione (Comune di Vittorio Veneto);1 istituto di ordinamento pubblico (ex IPAB) Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 30.000 abitanti del Comune di attivazione della sperimentazione 73 Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Le azioni prevedevano lo studio di fattibilità e l’implementazione di un’attività sperimentale per l’avvio di forme di outsourcing di servizi del settore pubblico inclusive di compartecipazione finanziaria del privato per l’aggiudicazione del servizio, congiuntamente alla costituzione di società miste pubblico-privato a sostegno del welfare mix. Obiettivo principale era il superamento del limite esistente nelle forme di esternalizzazione di servizi da parte della Pubblica Amministrazione a soggetti del privato sociale che prevede in forma quasi esclusiva lo strumento dell’appalto, attraverso lo studio ed il rispetto delle esistenti normative europee, nazionali e regionali in materia. La strategia adottata è consistita in: − analisi della normativa attuale in materia; − proposta di nuove forme di welfare mix compatibili; − realizzazione di strumenti di utilizzo nella prassi quotidiana per le Pubbliche Amministrazioni (es. capitolati). Le fasi attuative: dal progettato all’agito Il progetto si è concretizzato nelle seguenti fasi. Si è fatto tesoro di quanto appreso e prodotto nell’azione 2.1. dal partner Fondazione Ispirazione, che aveva affidato l’incarico all’Università LUMSA di Roma per la realizzazione di una ricerca sulle “Forme giuridiche e nuovi strumenti di regolazione del rapporto pubblico-privato nei servizi di welfare mix”, comprendente uno specifico rapporto in merito agli “Strumenti imprenditoriali di welfare mix - Profili di diritto commerciale”, nonché degli elementi più rilevanti emersi dalla ricerche coordinate dai partner C.G.I.L. - Treviso sulla “ Qualità e Trasparenza nei Servizi”, a cura del gruppo di ricerca IRES Veneto e Altraimpresa sullo “Sviluppo dei sistemi di Bilancio Sociale”, a cura del gruppo di ricerca dell'Università di Venezia. Sono stati poi coinvolti ai tavoli di confronto gli esperti di settore della comunità territoriale di riferimento. Gli esperti individuati sono stati: consulenti aziendali e commercialisti (2), dirigenti pubblici di settori complessi (dirigente della Direzione Affari Generali e servizi alla persona del Comune di Vittorio Veneto), ULSS ed ex Ipab (2), avvocati (2), consulenti di diritto amministrativo (2), rappresentanti di realtà del privato sociale e di aziende private (4). Dai tavoli di discussione sono emersi sia elementi di criticità, così come spunti ed esperienze dirette a fornire possibili soluzioni alla problematica dell’outsourcing di servizi ed attività solitamente affidate dalla Pubblica Amministrazione al privato sociale. 74 Le principali criticità sorte all’analisi approfondita degli esperti sono sintetizzabili in due tipologie. La prima considera la rigidità, o quanto meno la scarsa flessibilità, delle direzioni pubbliche competenti nell’interpretazione e conseguente applicazione della vigente normativa degli appalti. La seconda è direttamente riconducibile ai limiti di economicità delle forme di affidamento impiegate nella prassi. Le maggiori opportunità per superare le problematiche osservate si sono concretizzate nel suggerimento di impiegare forme di affidamento diretto di servizi a cooperative di tipo B come previsto dalla legge 381/91 e forme di convenzione per quanto concerne le cooperative di tipo A come nel novellamento dell’art. 5 L. 381/91 da parte dell’art. 20 della L. 52/95. Il prodotto infine elaborato nel corso dei tavoli ed affidato alla revisione finale di uno dei consulenti aziendali partecipanti è stato un capitolato tipo. L’azione sopra descritta ha posto le basi di fondamento legislativo necessarie alla creazione di una forma di welfare mix quale un’impresa mista pubblica privata per l’erogazione di un servizio di ristorazione, non direttamente finanziata dall'Iniziativa Comunitaria. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto I beneficiari diretti dell’attività sono una cooperativa sociale di tipo A, un’azienda privata ed un’ex Ipab, con la supervisione ed il coordinamento del Comune di riferimento, che hanno potuto così attingere a qualificate competenze, attive nel territorio, a saperi utili all’obiettivo finale ovvero l’avviamento di una forma di welfare mix nella veste giuridica della società mista pubblico-privata. La gestione dell’iniziativa Le linee generali dell’azione sono state stabilite e l’andamento è stato monitorato dal Comitato di Pilotaggio della partnership di progetto. Al partner Fondazione Ispirazione è stato affidato lo sviluppo e l’analisi della ricerca come base fondamentale da cui prendere le mosse per la concretizzazione degli strumenti di welfare mix. Al capofila cooperativa Insieme Si Può è stato affidato il compito di mobilitare gli attori istituzioni e del territorio per la creazione e la gestione dei tavoli di lavoro degli esperti, nonché delle relazioni con i beneficiari ultimi dell’azione. Parte dell’attività di sensibilizzazione e attivazione di reti finalizzate all’individuazione dei beneficiari finali è stata affidata alle tre ULSS presenti nella partnership di sviluppo. La cooperativa Insieme Si Può ha avuto inoltre il compito di creare la società mista prevista come output dell’azione. La gestione della società mista è stata affidata, in valore percentuale, per l’80% ad un soggetto istituzionale pubblico non appartenente alla partnership, per il restante 20% ad un rappresentante del privato sociale del partenariato ed a un‘azienda privata esterna. 75 Il valore aggiunto dell’Iniziativa Equal è consistito nell’opportunità per tutti i soggetti di studiare, ideare,progettare forme effettivamente ed efficacemente attuabili e spendibili a favore di altri attori del settore privato e del privato sociale. Inoltre essi hanno potuto riunirsi e cooperare ad un tavolo di lavoro con obiettivi concreti, ma non influenzato da interessi contingenti e parziali. 76 Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Il maggior elemento di trasferibilità è riscontrabile nella procedura stessa di attuazione dell’azione e nei prodotti finali (capitolato tipo e società mista pubblico privata) che pongono in atto in maniera innovativa le possibilità inespresse ma già contenute nella vigente normativa di riferimento. La trasferibilità è infatti di livello nazionale ed comunitario. Indicatori d’impatto − Numero di enti coinvoltI nel territorio di riferimento (Comune di Vittorio Veneto): 4. − Costo sostenuto / n. beneficiari diretti: € 34950,00. − Costo sostenuto/n. beneficiari indiretti: € 4,66. − Numero di incontri: 12 (indirettamente finanziati da I.C. EQUAL) − Grado di differenziazione dei soggetti coinvolti (minimo 2 tipologie soggetti - massimo 3 tipologie soggetti pubblico – privato – privato sociale): massimo. − Trasferibilità prodotto (livello locale minimo – regionale – nazionale – comunitario massimo): massimo. − Società pubblico private progettate: 1 (senza diretto finanziamento EQUAL) − Società pubblico private attivate: 1 (senza diretto finanziamento EQUAL). 77 Buona prassi 13. Modelli di misurazione della qualità dei servizi Partnership Equal Squinzano Sociale Redazione della scheda Emanuele Troso Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Comune di Squinzano (LE) Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto Circa 59.000 Euro (6% del Progetto) N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa 1 Coordinatore + 12 Ricercatori + 1 Tecnico Elaborazione Dati Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa Cittadini residenti nel Comune di Squinzano (LE) Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione La Ricerca sociale sul territorio di Squinzano si è posta l’obiettivo di definire modelli di misurazione della qualità dei servizi erogati che utilizzino criteri inerenti alla soddisfazione dell’utente/fruitore e alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del servizio stesso. L’attività è stata realizzata attraverso uno studio sullo stato dell’economia sociale del territorio e sul grado di soddisfazione degli utenti dei servizi di welfare. L’obiettivo era quello definire modelli di misurazione della qualità dei servizi erogati che utilizzino criteri inerenti alla soddisfazione dell’utente/fruitore e alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del servizio stesso, tenendo conto della necessità di soddisfare bisogni legati al vivere civile di una comunità. 78 Le fasi attuative: dal progettato all’agito Il progetto si prefiggeva lo scopo, da un lato di costituire una sistema informativo, cioè un sistema strutturato e stabile di raccolta, elaborazione e diffusione di dati; dall’altro di divenire uno strumento utile per creare collegamenti tra soggetti, funzioni e contesti disciplinari, tradizionalmente separati, ma interessati ad orientare le scelte di politica sociale. Il sistema così strutturato, svolgeva le proprie funzioni di raccolta informativa, coordinamento e scambio tra i differenti attori a livello locale, sia rispetto alla domanda, sia rispetto all’offerta di servizi. Sul versante della domanda ciò è avvenuto attraverso la realizzazione di indagini ad hoc e la raccolta di dati statistici e socio-demografici che hanno permesso di monitorare l’evoluzione nel tempo dell’utenza potenziale dei servizi sociali, i percorsi di esclusione sociale, le situazioni di difficoltà, l’evoluzione del livello della qualità della vita. Rispetto all’offerta, il progetto ha agito attraverso lo sviluppo di processi valutativi relativi alla qualità dei servizi e delle prestazioni offerte, alla spesa, all’efficacia ed all’impatto della politiche. In questo modo si è cercato di porre porre attenzione ai risultati delle politiche del welfare, per favorire una maggiore razionalità nell’uso delle risorse. In questa direzione, il progetto è diretto a chi si occupa di particolari fasce di popolazione, svolgendo anche una funzione di “promozione culturale”, sottoforma di laboratorio di idee. Le informazioni raccolte e le relazioni attivate possono infine divenire uno stimolo per la programmazione locale. Il presupposto della presente esperienza progettuale è quello di promuovere, favorire e accompagnare la formazione di un gruppo di lavoro che si qualifichi per cogliere ed elaborare le dimensioni locali dei problemi e trasformarle in proposte di miglioramento delle politiche sociali locali. In questa ottica il progetto ha la assunto un carattere di duttilità, in quanto si è operato in situazioni estremamente mutevoli e differenziate. Le finalità operative del progetto erano le seguenti. − Ricostruire le condizioni di vita dei soggetti beneficiari, realizzando un monitoraggio dei loro bisogni, della qualità della vita e delle loro aspettative. − Fornire alla Pubblica Amministrazione un supporto informativo e valutativo di alto valore, finalizzato ad orientare le politiche e ad identificare priorità d’azione. − Divenire la “cabina di regia” quale punto di coordinamento di tutte le azioni di politica sociale operanti sul territorio rispetto alle tipologie di utenti segnalate dagli enti pubblici, dalle strutture private, dalle associazioni e dal volontariato. 79 − Garantire ai potenziali ed effettivi fruitori delle azioni di politica sociale, ed alla comunità locale nel complesso, una più ampia ed aggiornata conoscenza circa le iniziative in atto ed offrire l’occasione per discuterne obiettivi e priorità. Dall’analisi dei servizi sociali erogati nel territorio del Comune di Squinzano e della legislazione vigente si è evidenziata una discreta presenza di progetti di servizi, ma con un bassissimo tasso di realizzazione. In altri termini nel territorio si è progettato molto e realizzato poco. Alcuni di questi progetti sono stati realizzati seppur con notevoli difficoltà, altri sono stati solo abbozzati. E’ stato infine verificato che non sono state affrontate le problematiche relative ai giovani residenti nel territorio (tempo libero, occupazione, ecc.). Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Il campione di popolazione complessivamente individuato per la realizzazione dell’indagine conoscitiva era costituito da circa 1.100 cittadini su di una popolazione di 15.013 residenti (con esclusione i residenti all’estero). Sono state individuate 6 fasce d’età composta ognuna da 183 cittadini, 87 maschi e 86 femmine, come da elenco ufficiale fornito dall’Ufficio Anagrafe del Comune di Squinzano. La somministrazione del questionario ha avuto inizio nella prima decade di novembre 2006 ed è terminata alla fine di marzo 2007. La prima elaborazione dei dati è stata realizzata alla fine di maggio 2007. La gestione dell’iniziativa Il gruppo di ricerca ha dedicato una prima fase propedeutica all’avvio dei lavori sul campo, reperendo le fonti bibliografiche. Lo studio della letteratura ha portato il gruppo di lavoro a decidere di verificare sul campo lo “stato dell’arte”, incontrando l’Assessore alle Politiche Sociali e l’Assessore al Bilancio del Comune di Squinzano. Dall’esame delle interviste è emerso che molti progetti sono stati realizzati (anziani, bambini, diversamente abili), altri invece sono stati abbandonati a causa delle difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità L’elaborazione dei questionari è ancora in corso. Allo stato attuale si può affermare che gli elementi di competenza appresi fanno riferimento alla disponibilità partecipativa delle persone appartenenti alle fasce d’età del campione statistico elaborato per la realizzazione della ricerca. La disponibilità delle persone a partecipare alla ricerca dimostra il crescente desiderio dei cittadini di essere vicini alla “cosa pubblica”; molti intervistati, specialmente giovani, hanno dato suggerimenti e proposto miglioramenti; in pochissimi casi si è notato scarso interesse. 80 Sicuramente è possibile la trasferibilità di questa iniziativa che non rappresenta in assoluto elementi di novità con altre simili. Il tentativo che si vuole realizzare nel territorio di Squinzano è di innescare un circolo virtuoso che porti gli amministratori pubblici a realizzare servizi più adatti alle esigenze della cittadinanza e/o da questa richiesti attraverso un sistema di feedback che verrà elaborato nell’ultima fase del Progetto. Indicatori d’impatto La ricerca socio economica ha interessato circa 1.100 cittadini di Squinzano (8% della popolazione). E’ stata condotta da 12 Ricercatori coordinati da 1 Esperto. L’Elaborazione dei dati della ricerca è stata condotta da 1 tecnico 81 Buona prassi 14. Formazione e creazione d’impresa Partnership Equal Squinzano Sociale Redazione della scheda Emanuele Troso Collocazione nelle macro aree della mappatura 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Ambito territoriale di attuazione Comune di Squinzano (LE) Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto € 494.571 (50% del budget complessivo) 1 Coordinatore 4 Tutors 4 Segretari N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa 4 Esperti di orientamento 5 Esperti di monitoraggio 60 Docenti 4 Imprese, di cui 1 Associazione, per gli stages 1 Psicologa per la Formazione dei formatori Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa 80 disoccupati (40 diplomati + 40 lic. Media) Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 82 Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Il Progetto intendeva realizzare azioni volte a contrastare il mancato incontro tra la domanda e l’offerta di servizi attraverso l’istituzione di Sportelli Informativi Multimediali collegati con reti similari nazionali ed europee, attraverso i quali misurare la qualità dei servizi erogati ed il grado di soddisfazione degli utenti/fruitori. L’intento era di sperimentare progetti pilota sul tema della personalizzazione dei servizi nel campo sociale, qualificando nuove figure professionali attraverso l’individuazione di nuove metodologie e strumenti formativi. A tal fine era previsto il sostegno alla creazione di nuove imprese cooperative nel settore sociale, anche per trattenere in loco i giovani ed evitare l’impoverimento delle risorse umane. Infine il progetto intendeva sviluppare un sistema integrato scuola/formazione/lavoro al fine di creare percorsi personalizzati di occupabilità per le persone svantaggiate ed attivare misure di accompagnamento per l’inserimento delle fasce deboli nel mercato del lavoro. Il Progetto ha cercato di attivare nei beneficiari percorsi di auto-attivazione ed empowement: sul piano sociale mediante un impegno formativo volto a sollecitare e stimolare la forza lavoro verso una imprenditorialità locale, al fine di superare ogni forma di assistenzialismo, cercando di creare un rapporto nuovo tra il gruppo sociale target e le istituzioni presenti sul territorio; sul piano economico produttivo attraverso un impegno formativo mirato in direzione di nuove attività e di un sano sviluppo della cooperazione, scommettendo sul fattore umano e sui servizi di sostegno ad un sistema produttivo sempre più proiettato verso la terziarizzazione. Le fasi attuative: dal progettato all’agito Le attività di formazione previste nel Progetto intendevano qualificare nuove figure professionali, personalizzando l’offerta di servizi sociali o di utilità sociale attraverso anche l’individuazione di nuove metodologie e strumenti formativi. Sono stati realizzati 4 corsi di formazione professionale rivolti complessivamente a 80 persone disoccupate: - 1 corso per 20 tecnici informatici addetti alla gestione degli Sportelli Informativi Multimediali; - 1 corso per 20 operatori dei servizi sociali; - 1 corso per 20 addetti ai servizi generali di manutenzione; - 1 corso per 20 maestri artigiani. I beneficiari finali del processo formativo riavranno modo di confrontarsi con gli operatori del settore per verificare lo stato dell’economia relativo al settore di competenza e per affrontare insieme 83 percorsi di inserimento lavorativo. Presupposto importante del progetto era la ricerca di tutte le condizioni “ambientali” e di mercato che potessero accogliere le nuove risorse formate. I beneficiari saranno accompagnati fino alla fine del percorso progettuale attraverso azioni di facilitazione e di incentivazione dell’inserimento lavorativo con particolare riferimento alla costituzione di cooperative di lavoro. Il progetto si è concluso con la costituzione di cooperative di lavoro nelle quali troverannooccasione di impiego i beneficiari finali formati professionalmente .L’obiettivo progettuale è quello di avviare nuove attività nel campo della cooperazione per: fornitura di servizi sociali, manutenzione dell’arredo urbano, recupero di attività artigianali. Inoltre, sono stati realizzati gli “Sportelli Informativi Multimediali (SIM)” quali servizi locali specializzati, basati principalmente su multimedialità e telelavoro. Gli sportelli rappresentano uno spazio per l’offerta integrata di servizi finalizzati allo sviluppo locale di nuova occupazione e di nuove imprese. Una volta a regime, saranno in grado di offrire servizi di: − orientamento su nuove professioni e su nuove modalità di lavoro quali il lavoro autonomo, il telelavoro e lo sviluppo di nuove imprese e servizi; − valutazione individuale e di gruppo; − opportunità di lavoro, lavoro autonomo, telelavoro, nuova impresa; − opportunità di formazione integrativa, complementare, innovativa. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto La formazione mirava all’individuazione di competenze esistenti, intese come competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, al fine di procedere, durante l’attività formativa vera e propria, con processi adeguati alle conoscenze esistenti ed al loro completamento. Al fine di garantire l’acquisizione delle competenze previste nel piano formativo era essenziale gestire il rapporto con i contesti socio economici locali nei quali si costruivano e si investivano le competenze stesse. Questo rapporto è stato curato dal partenariato esistente tra la struttura di gestione del progetto e le istituzioni, presupposto tra l’altro indispensabile perché i soggetti interessati potessero apprendere da altri e potessero così riflettere sulle proprie esigenze di sviluppo. I beneficiari finali della formazione professionale e del successivo programma di creazione d’impresa sono stati 80 giovani disoccupati (40 diplomati e 40 licenza media) 50% uomini e 50% donne reclutati e selezionati attraverso un bando pubblico di selezione. 84 La gestione dell’iniziativa La fase formativa e di creazione d’impresa è gestita da una struttura appositamente costituita nell’ambito del Progetto SQUINZANOSOCIALE, ovvero: − 1 Coordinatore delle attività formative responsabile della gestione del personale e dei rapporti istituzionali con gli uffici di vigilanza e controllo della Regione. − 4 Tutors (1 per corso di formazione) per la gestione dell’aula, allievi e docenti. − 4 Segretari (1 per corso di formazione) per la preparazione degli statini presenza allievi, gestione magazzino e predisposizione della documentazione delle attività oltre alle normali attività di segreteria. − 4 Esperti di orientamento per la verifica delle competenze trasversali degli allievi, con particolare riferimento alla gestione delle relazioni interpersonali all'interno del gruppo, alla capacità di argomentazione e discussione e alla negoziazione tra i partecipanti in funzione di un obiettivo comune. − 5 Esperti per le attività di monitoraggio da realizzare in itinere e a conclusione dell’attività didattica, al fine di verificare l’andamento del percorso formativo e di programmare immediati interventi di correzione. − 60 Docenti esperti nelle materie d’insegnamento dei corsi di formazione professionale. − 4 Imprese, di cui 1 Associazione, per la realizzazione degli stages. − 1 Psicologa per la Formazione dei formatori. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Il piano della formazione ha utilizzato metodologie e tecnologie didattiche avanzate ed inoltre ha posto un’attenzione costante nei confronti dell’apprendimento degli allievi, allo scopo di garantire le competenze richieste. Il Progetto pone infatti, al centro dei processi formativi un’appropriata enfasi sulle competenze allo scopo di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro a livello locale, soprattutto in relazione alle competenze tecnico-professionali, ma anche a livello globale, in cui assumono un ruolo importante le competenze trasversali. A tal fine, un apporto decisivo è stato assegnato all’analisi dei fabbisogni formativi e alle esperienze che si sono concretizzate durante gli stages collegati all’esperienza formativa attraverso la scelta appropriata di enti, associazioni ed aziende presenti nel territorio. 85 Indicatori d’impatto Sono stati coinvolti 80 beneficiari (utenti disoccupati) e circa 100 altre persone tra Docenti, Esperti, Psicologi e Addetti. Per ogni corso sono realizzate 952 ore di formazione, di cui 327 di stage; complessivamente 3.808 ore di formazione, di cui 1308 ore di stage. Alla data attuale le attività sono in fase di conclusione. L’obiettivo che il Progetto intende perseguire è l’avviamento di: - Sportelli Informativi Multimediali (SIM); - cooperativa per la fornitura di servizi sociali; - cooperativa per la manutenzione dell’arredo urbano; - cooperativa Artigianale per la lavorazione della cartapesta leccese. 86 Una lettura trasversale delle buone prassi Una volta descritte le buone pratiche in questo capitolo viene proposta un’analisi complessiva di quanto realizzato dai vari progetti, in modo da definire alcune linee guida per promuove l’innovazione a livello imprenditoriale nel settore dell’economia sociale. Le linee guida individuate sono destinate non solo ai soggetti del settore – associazioni, cooperative, fondazioni, ecc. – ma anche loro importanti stakeholder: la Pubblica Amministrazione (nelle sue varie articolazioni) ma anche le imprese for profit. La lettura in senso trasversale dei casi di eccellenza verrà effettuata riprendendo le sette aree di analisi utilizzate in precedenza. A seguire verranno proposte le linee guida, in forma di “raccomandazioni” per i diversi destinatari. Indicazioni dalle aree tematiche 1. Partnership pubblico / private Le indicazioni che emergono dalle buone prassi e che hanno agito principalmente su questo fronte, riguardano, in termini generali, il tentativo di “accreditare” i soggetti dell’economia sociale nell’ambito dei sistemi di “dialogo sociale” tra i diversi soggetti istituzionali (pubblici e privati), agendo soprattutto a livello locale. Le iniziative oggetto di studio non riguardano attività che hanno come obiettivo principale ed esclusivo lo sviluppo in senso imprenditoriale del settore, ma segnalano piuttosto effetti indiretti di notevole rilevanza. In altri termini, se le organizzazioni dell’economia sociale sono messe in grado di agire efficacemente in veste di “policy maker” ai diversi “tavoli” di concertazione delle politiche, uno degli effetti attesi è anche la crescita delle loro opportunità di sviluppo in senso imprenditoriale. Agire a questo livello richiede infatti di: − accrescere le competenze rispetto alla “lettura” dei fenomeni sociali a cui cercare di dare risposta attraverso la produzione di beni e servizi (anche di carattere innovativo); − allargare lo spettro delle relazioni con altri attori economici e sociali del territorio (singoli e associati, pubblici e privati); − accedere a diverse tipologie di risorse per sostenere lo svolgimento della propria attività (economiche e non, di mercato e non); − elaborare un pensiero strategico che si concretizza in “visioni” di medio / lungo periodo che riguardano non solo la singola organizzazione ma anche il contesto in cui essa agisce. 87 2. Formazione manageriale La formazione dei dirigenti rappresenta una tradizionale “leva” per lo sviluppo in senso imprenditoriale dell’economia sociale. Le indicazioni dai casi di buone prassi richiamano la necessità di procedere alla definizione di veri e propri piani di formazione continua a favore delle figure con compiti dirigenziali. Su questo fronte, al di là dei contenuti specifici, è possibile enucleare alcuni elementi di attenzione che assumono una posizione di centralità nella progettazione di interventi formativi per il management dell’economia sociale. Nel loro insieme tali elementi possono contribuire a definire un’offerta formativa più coerente ed “equilibrata” rispetto agli elementi di fabbisogno rilevati. − Il primo elemento riguarda la ricerca di un equilibrio tra contenuti di carattere tecnico / professionale e contenuti che invece investono la definizione del ruolo professionale dei dirigenti. Privilegiare uno di questi aspetti a discapito degli altri potrebbe portare, da un lato, alla trasmissione di competenze – spesso mutuate da altri settori e contesti organizzativi - a prescindere dal riconoscimento delle peculiarità di un ruolo professionale ancora non ben definito. D’altro canto, se il ruolo non viene adeguatamente “strumentato” è concreto il rischio che non possa essere concretamente agito, rimanendo così solo un profilo disegnato “a tavolino”. − Il secondo elemento di attenzione riguarda la combinazione di competenze di taglio manageriale e di tipo politico-strategico. Nel corso degli anni si è sostenuta la necessità, anche nella letteratura non specialistica, di separare queste funzioni attribuendole a figure dirigenziali specializzate sull’uno o sull’altro ambito. In realtà nelle organizzazioni dell’economia sociale tali funzioni risultano fortemente intrecciate e difficilmente separabili. − Il terzo elemento consiste nella possibilità di prevedere diversi percorsi di sviluppo e carriera per i dirigenti dell’economia sociale. In questi ultimi anni, infatti, sono accresciute in Italia le opportunità di attrarre risorse dirigenziali dal mercato del lavoro ordinario (si pensi, ad esempio, attraverso il canale rappresentato dai numerosi master post laurea). D’altro canto si segnala anche il permanere di una consistente domanda formativa interna, considerando il fatto che, ancora oggi, prevalgono percorsi di carriera che si sviluppano proprio all’interno delle organizzazioni dell’economia sociale. 3. Strumenti per la gestione d’impresa Nel corso degli ultimi anni molte organizzazioni dell’economia sociale hanno investito consistenti risorse per dotarsi di adeguati strumenti di gestione. L’adozione di tali strumenti sembra aver generato effetti – attesi e, in parte, inattesi – a diversi livelli. − In primo luogo gli strumenti di gestione, prima ancora che su aspetti tipicamente gestionali hanno inciso sull’identità dell’organizzazione. Molti di essi, infatti, (ad esempio le certificazioni di 88 qualità, i bilanci sociali, le carte dei servizi, ecc.) hanno richiesto in via preliminare l’esplicitazione (o la ri-esplicatazione) degli elementi identitari fondanti l’organizzazione (mission e vision), spesso dati per scontato o non sufficientemente codificati. − In secondo luogo, gli stessi strumenti hanno contribuito – seppur con risultati alterni – a mettere in luce gli elementi di qualità intrinseca che caratterizzano la produzione dell’economia sociale rispetto a quella di altri soggetti (con cui collaborano o sono in competizione). Ciò ha richiesto un consistente lavoro di adeguamento degli stessi strumenti, la cui origine e prima applicazione è spesso avvenuta in contesti completamente estranei all’economia sociale. − In terzo luogo, l’adozione di strumenti di gestione – più o meno sofisticati – ha innescato percorsi di ri-organizzazione interna, non limitandosi a formalizzare l’assetto esistente, ma spesso innescando veri e propri percorsi evolutivi che hanno agito su due versanti opposti. Il primo corrisponde alla diversificazione delle unità organizzative (ad esempio per tipologia di prodotto e/o di destinatario); il secondo versante riguarda la ricerca di una maggiore coesione interna grazie alla costruzione di sistemi di condivisione e gestione della conoscenza che si genera all’interno delle diverse unità produttive, di controllo e di governo. − Infine, gli stessi strumenti hanno rappresentato una buona occasione per differenziare e accrescere le competenze in sede manageriale, grazie all’emergere di nuove figure (di middlemanagement soprattutto) con competenze di carattere tecnico-specialistico (ad esempio i responsabili della certificazione di qualità). 4. Accesso al credito Questa particolare leva di sviluppo imprenditoriale rappresenta un efficace indicatore rispetto alla capacità dell’economia sociale di sapersi infrastrutturare in modo adeguato all’interno del sistema socio economico di appartenenza. Sono numerosi, in tal senso, i riscontri che derivano da una lettura critica delle buone pratiche contenute nel manuale. − In primo luogo si può osservare come l’accesso al credito rappresenti una variabile critica, in quanto da una parte rappresenta una fondamentale risorsa per lo sviluppo ma che però molto spesso risulta sottovalutata (se non addirittura non considerata tale) da molti soggetti dell’economia sociale. − In secondo luogo, accedere al credito rappresenta anche una efficace “cartina tornasole” rispetto alla capacità di rappresentanza del settore, in particolare per quanto riguarda di proporsi come un ambito coeso al proprio interno perché forte di un’identità condivisa. − In terzo luogo, accedere al credito richiede non solo di definire procedure tecniche adeguate ma anche la condivisione di codici culturali e linguaggi specialistici comuni ai diversi attori coinvolti 89 in grado di valorizzare le peculiarità dell’economia sociale pur nel rispetto dei vincoli caratteristici del mondo creditizio. 5. Analisi territoriali e studi di fattibilità Gli studi compiuti a livello territoriale rispetto ai bisogni non soddisfatti e al contributo – effettivo e potenziale – dell’economia sociale per cercare di proporre risposte adeguate attraverso la produzione di beni e servizi, rappresenta con tutta probabilità il più consistente investimento in “ricerca e sviluppo” da parte di queste organizzazioni. Le osservazioni compiute a livello di buone pratiche mettono in luce alcuni aspetti da cui dipende il potenziamento complessivo di questa funzione cruciale per lo sviluppo. − Il primo aspetto riguarda il carattere non estemporaneo ma continuativo di queste attività di rilevazione. Pur riconoscendo la necessità di provvedere periodicamente a rilevazioni “ad hoc” condotte con investimenti e metodologie adeguate, è altrettanto rilevante che l’analisi di bisogni e risorse possa configurarsi come attività “ordinaria” gestita dall’organizzazione nel suo complesso. − Il secondo aspetto riguarda la ricerca di una connessione maggiormente strutturata tra attività di ricerca e sviluppo di progetti imprenditoriali. In questo senso si nota nelle attività svolte dai progetti presi in esame il tentativo di costruire una vera e propria “filiera” di attività che congiunge le azioni di ricerca a quelle di formazione e consulenza finalizzate alla costituzione di nuove imprese o alla ristrutturazione di quelle già esistenti. − Il terzo e ultimo aspetto concerne le metodologie da utilizzare per la realizzazione di studi territoriali e di settore in ambito locale. Da un lato, si evidenzia la necessità di dotarsi di sistemi informativi territoriali attraverso un “collage” di fonti dati diverse, in quanto spesso mancano database esaustivi rispetto alla complessità dei fenomeni sociali da monitorare. D’altro canto, emerge l’esigenza di costruire anche dei “panel” di soggetti esperti da interrogare periodicamente al fine di raccogliere informazioni di carattere qualitativo che ampliano la conoscenza con dati di “sensibilità” che non emergono dalle statistiche ufficiali. 90 6. Creazione e sviluppo d’impresa La costituzione di nuove unità imprenditoriali nell’ambito dell’economia sociale costituisce, da un lato, l’oggetto di maggiore interesse del manuale e, d’altro canto, uno degli obiettivi sostanziali dei progetti Equal all’interno dei quali sono state rilevate le buone prassi. Anche in questo caso si segnalano diversi elementi di riscontro. − In primo luogo, sempre più progetti integrano i tradizionali obiettivi di start-up di nuove imprese con interventi di ristrutturazione di unità già operative, ad esempio promuovendo percorsi di ristrutturazione interna e di innovazione di prodotto. Si tratta di un dato di notevole interesse che nel suo insieme denota il passaggio da una fase pionieristica del settore, dove prevaleva la creazione di nuove imprese, ad una di “maturità” che richiede invece maggiori investimenti per il consolidamento e l’ulteriore sviluppo di esperienze già attive. − In secondo luogo, si moltiplicano interventi che accanto ai “classici” servizi per lo sviluppo d’impresa – formazione, consulenza, ricerca, ecc. – promuovo partnership e scambi strutturati fra imprese diverse che operano nello stesso settore di attività e/o ambito territoriale. In alcuni casi, gli scambi tra imprese lavorano non solo sulle similitudini, ma anche sulle complementarietà, valorizzando le peculiarità di ciascuna (ad esempio collaborazioni tra imprese nonprofit e for profit). − In terzo luogo, le operazioni di re-engineering ed enterprise creation si accompagnano anche a processi di networking, ovvero alla costituzione di reti con funzioni di coordinamento, rafforzamento degli interscambi, sviluppo di business complessi, incubazione di nuove imprese, ecc. 7. Inserimento lavorativo L’inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati rappresenta uno dei settori “classici” di intervento dei soggetti dell’economia sociale. In questo caso lo sviluppo in senso imprenditoriale delle iniziative rilevate come buone prassi richiede di agire a diversi livelli con l’obiettivo di valorizzare risorse di natura diversa, reperite all’interno e all’esterno dell’organizzazione promotrice. Da questo punto di vista gli ambiti di attrazione di tali risorse riguardano: − l’empowerment dei beneficiari dei percorsi di inserimento, cercando di valorizzarne al massimo le loro risorse – anche residue – di cui sono portatori; − il potenziamento delle figure interne con funzioni di gestione non solo dei processi produttivi in senso stretto, ma dei percorsi di inclusione lavorativa (tutor che affiancano i soggetti in inserimento, responsabili sociali, ecc.); 91 − l’allargamento della rete di relazioni al fine di potenziare i mercati di sbocco dei beni e servizi prodotti, ma anche per finalizzare i percorsi di inserimento, aumentando così l’efficacia complessiva dell’intervento (più beneficiari coinvolti e maggiori opportunità di inserimento). Raccomandazioni per gli attori dell’economia sociale e per i loro stakeholders Le indicazioni per l’adozione di politiche adeguate a sostenere lo sviluppo in senso imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale vengono proposte riprendendo gli elementi di peculiarità indicati nel primo capitolo. Si tratta degli attributi di: continuità dei processi produttivi, costruzione e posizionamento nei mercati, reperimento di un mix di risorse, individuazione e diffusione di elementi di innovazione. Continuità dei processi produttivi − Sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo al fine di stabilire con maggior precisione possibile le condizioni effettive per lo sviluppo di iniziative di impresa nell’ambito dell’economia sociale. − Favorire progettualità che hanno l’obiettivo di “mettere a sistema” iniziative di carattere sperimentale e ad alto contenuto di innovazione, originando così significativi “effetti leva” nei contesti socio economici. Mercati − Definire politiche mirate sia sul versante dell’offerta e della domanda nei principali mercati in cui operano gli attori dell’economia sociale. Per quanto riguarda l’offerta si tratta di completare percorsi di accreditamento che riconoscano le specificità dei soggetti dell’economia sociale. Sul versante della domanda il completamento dei mercati richiede l’adozione di politiche in grado di liberare una domanda di servizi da parte dei cittadini oggi ancora latente o di natura informale (ad esempio attraverso la defiscalizzazione delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi prodotti da organizzazioni dell’economia sociale). − Incentivare i soggetti dell’economia sociale ad assumere strategie promozionali e di marketing volte a fare emergere domanda pagante privata in alcuni dei settori di attività più importanti. − Sostenere, parallelamente ai mercati, anche i processi di programmazione delle politiche così da favorire una più efficace allocazione delle risorse anche attraverso la valorizzazione dell’apporto dei soggetti dell’economia sociale. 92 Risorse − Incentivare l’esecuzione di progetti che prevedono una consistente componente di cofinanziamento attraverso l’attrazione e la combinazione di risorse di natura economica e non economica provenienti da soggetti diversi. − Valorizzazione di iniziative volte a qualificare il capitale umano coinvolto a diverso titolo nelle organizzazioni dell’economia sociale, in quanto si tratta della principale risorse su cui questi soggetti possono contare per lo svolgimento delle proprie attività. − Promuovere la programmazione di medio / lungo periodo per sostenere la propensione all’investimento di risorse per lo sviluppo e l’innovazione. Innovazione − Costruzione di reti tra attori diversi al fine con funzione di promozione e divulgazione degli elementi di innovazione sperimentati “sul campo”. − Prevedere iniziative volte a individuare e premiare le iniziative di carattere innovativo. 93 Bibliografia Borzaga C., Defourny J. (a cura di) (2001), L’impresa sociale in prospettiva europea, Edizioni31, Trento. Centro studi Cgm (a cura di) (2005), Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino. Daniele D., Zandonai F. (2005), Le strutture di supporto dell’economia sociale. Un’analisi di alcune esperienze europee, Rapporto di ricerca, Bruxelles. Taraschi S., Zandonai F. (a cura di) (2006), Impresa sociale. Dalla gestione strategica agli strumenti operativi, Carocci Faber, Roma. 94 Appendice Scheda per la mappatura delle buone prassi Progetto RE.P.E.SO. Mappa delle aree tematiche per l’individuazione e la descrizione delle buone pratiche Nei punti seguenti vengono individuate e descritte alcune aree tematiche che, in termini generali, hanno l’obiettivo di rafforzare dal punto di vista imprenditoriale i soggetti dell’economia sociale. La lista deriva da una lettura delle attività svolte dagli Equal coinvolti nel progetto R.E.PE.S.O., così come emerge dal verbale della prima riunione di coordinamento tenutasi nell’aprile scorso. L’obiettivo della mappatura è di facilitare l’individuazione, l’analisi e la valorizzazione di buone prassi all’interno di un quadro conoscitivo che risulti coerente con le esigenze di comunicazione e divulgazione previste dall’azione 3, ovvero non eccessivamente frammentato o, al contrario, troppo generico. La collocazione dei progetti Equal all’interno di una o più aree tematiche richiede di specificare nel dettaglio quali sono le motivazioni che hanno indotto a tale scelta, così da facilitare la successiva fase di rilevazione. 1) Partnership pubblico / private: attività volte a creare e/o consolidare i rapporti tra organizzazioni dell’economia sociale e gli enti pubblici locali, per quanto riguarda la gestione di attività e servizi (strumenti per l’affidamento in gestione) e la governance territoriale (ad es. “tavoli” di programmazione). In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 2) Formazione manageriale: iniziative di carattere formativo che hanno riguardato il management delle organizzazioni dell’economia sociale, ma anche interlocutori strategici di questi soggetti (ad es. amministratori pubblici, esponenti del mondo imprenditoriale, ecc.); identificazione del fabbisogno, ruoli professionali, struttura del percorso formativo. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 3) Strumenti per la gestione d’impresa: definizione e implementazione di strumenti per sostenere una più efficace gestione imprenditoriale dei soggetti di economia sociale, quali certificazioni e marchi di qualità, bilancio sociale, carte dei servizi, ecc. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 95 4) Accesso al credito: strategie e modalità di approccio al credito e da parte delle organizzazione dell’economia sociale; ammontare delle risorse creditizie richieste, finalità degli investimenti, qualità delle relazioni con gli istituti di credito (nelle varie tipologie), ecc.. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità: iniziative di ricerca – intervento volte a rilevare bisogni e risorse su base territoriale per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali a finalità sociale e/o per la sensibilizzazione e mobilitazione degli attori socio economici intorno a tematiche di tipo “sociale”. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 6) Sviluppo d’impresa: attività formative e consulenziali finalizzate alla creazione di nuove iniziative imprenditoriali nell’ambito dell’economia sociale o al rafforzamento / riconversione di quelle già esistenti. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 7) Inserimento lavorativo di fasce deboli: metodologie, strumenti, ruoli professionali finalizzati alla progettazione e realizzazione di iniziative per l’inclusione di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro. In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi (max 100 parole) 96 Scheda per l’analisi delle buone prassi Progetto Re.P.E.SO. Scheda per la rilevazione di buone pratiche relative allo sviluppo e rafforzamento della dimensione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale La scheda di rilevazione ha l’obiettivo di analizzare le caratteristiche distintive, l’evoluzione e gli esiti di attività diverse (formazione, consulenza, start-up, ecc.), realizzate nell’ambito delle partnership Equal coinvolte nel progetto Re.P.E.S.O., che avevano l’obiettivo di consolidare la dimensione imprenditoriale degli attori dell’economia sociale. La scheda va compilata dal ricercatore locale attingendo alla documentazione prodotta nell’ambito del progetto (formulario, rapporti di ricerca, documenti di monitoraggio e valutazione, ecc.) e attraverso la realizzazione di interviste con i soggetti attuatori dell’iniziativa (responsabili e coordinatori, beneficiari, ecc.). La struttura della scheda richiede la compilazione di tutti i campi indicati utilizzando il numero di parole indicato (senza superarlo, ma neanche con eccessiva sintesi). Nel caso vengano indagate diverse buone pratiche la scheda va compilata per ciascuna di esse. Scheda informativa generale sulla buona pratica Partnership Equal Nome di chi ha redatto la scheda e-mail di chi ha redatto la scheda Modalità di compilazione della scheda (materiali consultati e persone intervistate – ruolo, funzioni, ecc.) Denominazione della buona pratica Collocazione nelle macro aree della mappatura (scegliere una sola voce fra quelle elencate)) 1) Partnership pubblico / private 2) Formazione manageriale 3) Strumenti per la gestione d’impresa 4) Accesso al credito 5) Analisi territoriali e studi di fattibilità 97 6) Creazione e sviluppo d’impresa 7) Inserimento lavorativo Collocazione della buona pratica nell’ambito del progetto (macro fase) Tempi di attuazione (n. settimane) Ammontare delle risorse economiche investite e % rispetto al budget complessivo del progetto N° di persone coinvolte per l’attuazione dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari diretti dell’iniziativa Caratteristiche e numero di beneficiari indiretti dell’iniziativa 1) Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione Descrivere in forma sintetica il contenuto delle attività svolte, cercando di mettere in luce gli elementi di innovazione per cui l’iniziativa si può considerare un caso di buona pratica. Indicare inoltre quali obiettivi strategici si intendevano perseguire attraverso le attività. Max 300 parole 2) Le fasi attuative: dal progettato all’agito Indicare le principali “tappe evolutive” attraverso cui è stata attuata l’iniziativa, seguendo un approccio di tipo narrativo. Specificare eventuali scostamenti osservati tra quanto previsto in sede progettuale e quanto effettivamente implementato (criticità, ma anche benefici “inaspettati”) Max 1.500 caratteri 3) Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto Descrivere le caratteristiche dei destinatari delle attività in termini di fabbisogni, apporto di risorse, disponibilità a partecipare, ecc. Indicare inoltre se, ed eventualmente come, sono stati mobilitati altri attori del territorio – coinvolti o meno nella partnership Equal – al fine di realizzare le attività previste. Max 1.000 caratteri 98 4) La gestione dell’iniziativa Descrivere il sistema di management dell’iniziativa: quali soggetti sono stati coinvolti, con quali competenze e con quali forme di coordinamento. Evidenziare, in questo senso, il “valore aggiunto” dell’iniziativa Equal rispetto a diverse modalità di gestione di iniziative simili Max 500 caratteri 5) Apprendimento e condizioni per la trasferibilità Elementi di competenza appresi attraverso la realizzazione dell’iniziativa (le “lezioni” che derivano dall’esperienza); indicazioni per la trasferibilità della stessa in altri contesti e/o in altre iniziative simili (cose da fare e da non fare) Max 300 parole 6) Indicatori d’impatto Proporre indicatori quali / quantitativi rispetto all’esito dell’iniziativa (numero di persone coinvolte, ore di formazione e consulenza, numero di imprese avviate, ecc.) Note dei rilevatori 99