Progetto Re.P.E.SO.
RETE PER LA PROMOZIONE
DELL’ECONOMIA SOCIALE
Manuale di buone prassi
per lo sviluppo dell’imprenditorialità
nell’economia sociale
EQUAL AZIONE 3 IT-S2-MDL-844
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Progetto Re.P.E.SO.
Manuale di buone prassi per lo sviluppo dell’imprenditorialità
nell’economia sociale
Indice
Introduzione ............................................................................................................................... 5
Le traiettorie evolutive dell’economia sociale ........................................................................... 6
Le tendenze recenti ................................................................................................................. 6
L’emergere dell’impresa sociale............................................................................................. 7
Le esigenze di sviluppo imprenditoriale ............................................................................... 10
La mappatura delle buone prassi.............................................................................................. 12
Le aree tematiche .................................................................................................................. 13
Uno schema riepilogativo ..................................................................................................... 17
Il repertorio delle buone prassi................................................................................................. 19
Buona prassi 1. Tavoli territoriali di concertazione.............................................................. 21
Buona prassi 2. Formazione congiunta degli operatori della cooperazione sociale e del credito
............................................................................................................................................... 24
Buona prassi 3. Servizi integrati di start-up e consulenza gestionale per le organizzazioni
dell’economia sociale............................................................................................................ 29
Buona prassi 4. Formazione per manager dell’economia sociale e del nonprofit ................ 34
Buona prassi 5. Una rete di sostegno per la creazione di nuova imprenditorialità sociale... 38
Buona prassi 6. Costruzione di una rete di sostegno per lo sviluppo e il consolidamento
dell’economia sociale............................................................................................................ 43
Buona prassi 7. Mappatura, animazione e promozione microimprenditorialità sociale in
contesti abitativi problematici............................................................................................... 48
Buona prassi 8. Responsabilità e servizi sociali per le imprese for profit ............................ 54
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Buona prassi 9. Accompagnamento alla redazione del Bilancio di Responsabilità sociale (BRes) ....................................................................................................................................... 59
Buona prassi 10. Il protagonismo dei beneficiari nei percorsi di inserimento al lavoro ...... 64
Buona prassi 11. Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale.... 70
Buona prassi 12. Innovazione nell’outsourcing per il welfare mix ...................................... 73
Buona prassi 13. Modelli di misurazione della qualità dei servizi ....................................... 78
Buona prassi 14. Formazione e creazione d’impresa............................................................ 82
Una lettura trasversale delle buone prassi ................................................................................ 87
Indicazioni dalle aree tematiche............................................................................................ 87
Raccomandazioni per gli attori dell’economia sociale e per i loro stakeholders.................. 92
Bibliografia............................................................................................................................... 94
Appendice................................................................................................................................. 95
Scheda per la mappatura delle buone prassi ......................................................................... 95
Scheda per l’analisi delle buone prassi ................................................................................. 97
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La pubblicazione è stata curata da Flaviano Zandonai con il supporto di Vincenzo Senatore.
Un ringraziamento particolare va ai ricercatori che hanno compilato le schede delle buone prassi
riportate in questo manuale.
Il Manuale sintetizza e raccoglie le buone prassi rilevate all’interno delle seguenti partnership di
sviluppo che hanno partecipato al Progetto Re.P.E.SO.:
District Valley: rete di conoscenza e sviluppo imprenditoriale (IT-S2-MDL-167) (IT-G2LAZ-092)
Sito web: http://www.districtvalley.it/
Soggetto referente: Intesa Formazione S.c.p.a.
INCIPIT SOCIALE - Incubatore di Impresa Per Iniziative Territoriali nel Sociale (IT-G2BAS-036)
Sito web: http://www.riss-equal.com/
Soggetto referente: Solidarietà Integra Società Cooperativa Sociale
formES - formazione per l’Economia Sociale (IT-G2-CAL-006)
Sito web: http://www.formes-italia.eu/
Soggetto referente: Formaconsult Società Cooperativa
SocIO - servizi per le imprese no profit (IT-G2-CAL-059)
Sito web: http://www.socioequal.it
Soggetto referente: Associazione Prometeo
Concertazione Territoriale e Sviluppo dell`Economia Sociale (IT-G2-CAL-083)
Sito web: www.equal-atc.com/
Soggetto referente: IAL CISL Calabria
Impresa di Comunità (IT-G2-FRI-007)
Sito web: www.impresadicomunita.it
Soggetto referente: Per l`Impresa Sociale Consorzio Società Cooperativa Sociale ONLUS
I.SO.L.E. Imprese sociali per lanciare l'economia (IT-G2-PUG-070)
Sito web: www.equalisole.com
Soggetto referente: Leader società cooperativa consortile
FOOD`S VALUE (IT-G2-PIE-067)
Sito web: www.equal-foodvalue.it
Soggetto referente: Società Cooperativa Sociale Centro Torinese di Solidarietà. (CTS)
E.S.I. - Economia Sociale ed Imprenditorialità (IT-G2-PUG-085)
Sito web: www.equal-esi.net
Soggetto referente: DIEFFE S.C.A.R.L.
SQUINZANOSOCIALE (IT-G2-PUG-021)
Sito web: www.squinzanosociale.it
Soggetto referente: R&S Staff Srl
Joint Venture Sociale (IT-G2-VEN-029)
Sito web: http://www.insiemesipuo.eu
Soggetto referente: Società Cooperativa Sociale - "Insieme Si Può”
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Introduzione
Questa pubblicazione è un “Manuale di buone pratiche” finalizzato a mettere in luce gli elementi di
innovazione delle diverse partnership di sviluppo Equal coinvolte nel progetto RE.P.E.S.O. – Rete per
la promozione dell’economia sociale. Il progetto si colloca nell’ambito dell’azione 3 di Equal, il cui
obiettivo è divulgare i principali risultati e gli elementi di innovazione sperimentati nell’ambito delle
diverse iniziative sostenute da questa linea di finanziamento.
Sulla base di quanto indicato nel documento di progettazione e considerando le caratteristiche delle
diverse partnership coinvolte, le buone prassi individuate e descritte nel Manuale riguardano strategie e
prassi adottate dai progetti Equal coinvolti per favorire processi di partecipazione da parte dei diversi
attori territoriali al fine di promuovere lo sviluppo dell’economia sociale a livello locale. Nell’ambito di
questo obiettivo generale, è stato assegnato particolare rilievo alle iniziative intraprese per rafforzare la
dimensione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale, considerando il fatto che tutte le
partnership coinvolte erano collocate sull’asse “imprenditorialità” di Equal e che fra le attività svolte
era possibile identificare con una certa precisione iniziative specifiche in tal senso (a livello formativo,
consulenziale, ecc.).
− Nel primo capitolo del Manuale verranno illustrati i principali mutamenti che caratterizzano il
settore dell’economia sociale in Italia e in Europa, cercando di mettere in luce le più significative
aree di innovazione, in particolare per quanto riguarda la dimensione imprenditoriale.
− Il secondo capitolo introdurrà i casi di buone prassi, attraverso la loro classificazione all’interno di
diverse aree tematiche (sviluppo d’impresa, partnership pubblico private, formazione del
management, ecc.). In termini generali le aree identificate costituiranno una sorta di “guida” per
sviluppare e consolidare la vocazione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale.
− Il terzo capitolo costituirà la parte centrale del Manuale, in quanto verranno descritti analiticamente
quattordici casi di buone pratiche realizzate nell’ambito dei progetti Equal coinvolti nell’azione 3
RE.P.E.S.O. Per ciascun caso verranno analizzati aspetti diversi quali: i contenuti delle attività, i
promotori, le modalità di gestione, i beneficiari (diretti e indiretti), gli esiti, ecc.
− Infine, il capitolo finale del Manuale conterrà alcune linee guida per l’adozione di politiche volte a
sostenere lo sviluppo in senso imprenditoriale dell’economia sociale, sulla base di quanto osservato
all’interno delle buone pratiche. Si tratterà di indicazioni rivolte sia agli “addetti ai lavori” - le
persone che lavorano e soprattutto dirigono iniziative di economia sociale - ma anche a tutti gli
interlocutori di questo settore: dalle imprese for profit alle amministrazioni pubbliche, fino alle
esperienze di economia sociale, anche quelle che non hanno sviluppato un orientamento in senso
imprenditoriale.
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Le traiettorie evolutive dell’economia sociale
Le tendenze recenti
A livello generale l’economia sociale appare come un settore dinamico, la cui conformazione è
mutevole nel corso del tempo e a seconda del contesto di appartenenza. Tale dinamica è spiegabile
sia riferendosi a fattori politico istituzionali ed economici propri di ciascun territorio (sovranazionale,
nazionale o locale), ma è riconducibile anche (e soprattutto) al fatto che queste organizzazioni sono
frutto di processi collettivi attraverso i quali persone, gruppi sociali, comunità si attivano e
coordinano la loro azione per rispondere a bisogni ed esigenze rimaste senza risposta o con risposte
insufficienti da parte di altre agenzie pubbliche e private.
Le organizzazioni dell’economia sociale sorgono comunque non solo a causa dei “fallimenti” delle
istituzioni pubbliche e delle imprese di mercato, ma anche quando i bisogni cui esse intendono
rispondere sono caratterizzati da elementi costitutivi peculiari. Si può ricordare, ad esempio, la
rilevanza di tali bisogni rispetto a ciò che si definisce come “interesse generale” di una comunità, il
fatto di essere posti in capo a persone e gruppi che, per ragioni diverse, vivono una situazione di
scarsità di risorse per poterli soddisfare e non ultimo la presenza di una dotazione minima di capitale
sociale, ossia di relazioni fiduciarie tra i promotori di queste iniziative che faciliti il processo di
aggregazione dei portatori di interesse e sostenga la motivazione dei singoli a partecipare.
La natura variabile e differenziata dei bisogni e le trasformazioni intervenute nel tessuto sociale
fanno sì che l’economia sociale assuma una traiettoria di sviluppo non di tipo progressivo incrementale, ma piuttosto per “stratificazioni successive”. Ognuno degli strati dell’economia sociale
corrisponde, in via generale, al tentativo di rispondere a esigenze di natura diversa che nel corso del
tempo hanno assunto un determinato livello di rilevanza nella scala dei bisogni. Inoltre, è
responsabile della crescita per stratificazione anche la particolare combinazione di risorse sociali e
politico istituzionali proprie di un certo territorio in una data epoca storica.
Anche negli ultimi anni l’economia sociale non ha esaurito la sua spinta all’innovazione e anzi,
probabilmente ha costituito un nuovo strato del suo sviluppo. Sono sorte infatti, un po’ in tutta
Europa, nuove iniziative che, pur inquadrabili all’interno del paradigma storicamente definito
dell’economia sociale, evidenziano elementi di innovazione che riguardano sia i campi di intervento,
ma anche le forme organizzative e gestionali.
Tali organizzazioni, denominate imprese sociali, rappresentano la più recente e innovativa
espressione dell’economia sociale a livello europeo. Si tratta infatti di soggetti dove la dimensione
imprenditoriale – rappresentata da indicatori quali la produzione continuativa di beni e servizi, un
livello elevato di autonomia, un livello significativo di rischio economico e la presenza di forza
lavoro stipendiata – si combina con un modo relativamente nuovo di intendere la finalità “sociale” di
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un’iniziativa. In questo caso la dimensione sociale può essere approssimata da indicatori quali
un’iniziativa intrapresa da un gruppo di cittadini, un potere decisionale non basato sul possesso di
capitale, una natura partecipativa che coinvolge direttamente le persone interessate all’attività, la
presenza di una limitazione alla distribuzione del profitto e l’obiettivo esplicito di produrre benefici
per la comunità.
Questa definizione di impresa sociale, elaborata dalla rete di ricerca Emes, stabilisce quindi
l’esistenza di una inedita soggettività imprenditoriale, inquadrabile all’interno dell’economia sociale,
ma contemporaneamente apportatrice di elementi che segnano anche alcune discontinuità rispetto
alle organizzazioni più “tradizionali” del settore (associazioni, fondazioni, cooperative).
L’emergere di questo nuovo soggetto pone, fra l’altro, una serie di questioni di un certo rilievo anche
per quanto riguarda le modalità attraverso cui possono essere previste iniziative e politiche di
sostegno. Nel paragrafo successivo si tenterà quindi di analizzare in modo puntuale quali sono le
peculiarità delle imprese sociali e definire così il loro “fabbisogno” in termini sviluppo
imprenditoriale.
L’emergere dell’impresa sociale
A partire dalla definizione precedente è necessario proporre un’analisi capace di cogliere quegli
elementi di peculiarità delle imprese sociali che possono essere letti anche come specifiche esigenze
in termini imprenditoriali. I punti seguenti contengono quindi una descrizione, non esaustiva, delle
qualifiche proprie delle imprese sociali, puntando l’attenzione soprattutto sul modo in cui l’agire
imprenditoriale viene reso funzionale, nella prassi, al perseguimento del loro scopo sociale. Si tratta,
va ricordato, sia di fattori interni a queste organizzazioni, sia di elementi che riguardano il loro
ambiente esterno. Inoltre, il loro ordine di presentazione non risponde ad alcun criterio di priorità.
-
L’interesse generale come finalità. Le imprese sociali si caratterizzano per il perseguimento di
obiettivi che travalicano gli interessi specifici dei proprietari dell’organizzazione, generando
benefici a favore di soggettività più ampie come comunità locali e gruppi sociali differenziati. In
questo senso, alle imprese sociali può essere attribuita una finalità di tipo “pubblico”, perché
contribuiscono ad estendere il concetto di mutualità che è alla base delle esperienze storicizzate
dell’economia sociale come le cooperative e le mutue. In queste organizzazioni, infatti,
l’interesse principale corrisponde a quello dei soci proprietari dell’organizzazione e quindi i
benefici prodotti ricadono in via prioritaria su questi soggetti, anche se, soprattutto nel caso delle
cooperative, esiste comunque un’attenzione al coinvolgimento nella vita delle comunità ove
queste imprese operano.
-
La natura relazionale dei beni prodotti. Le imprese sociali producono beni e servizi dove le
dimensioni di prossimità e relazionalità rispetto ai destinatari assumono un carattere centrale nel
determinare i contenuti e la qualità del bene stesso. Spesso, infatti, i beneficiari di questi beni
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sono persone in situazioni di fragilità ed esclusione sociale che rendono difficile riproporre
modelli di scambio basati su una rappresentazione del “consumatore” dotato delle necessarie
risorse economiche e informative per soddisfare razionalmente i propri bisogni. Attività come i
servizi di cura, l’educazione, il sostegno all’inserimento nel mondo del lavoro, ecc. si
caratterizzano infatti come beni di natura immateriale la cui produzione richiede la presenza di un
sistema relazionale dove sono coinvolti vari soggetti: chi produce il bene, chi lo “consuma”
direttamente o ne beneficia indirettamente, chi ne finanzia la produzione, chi ne favorisce la
fruizione, ecc. Allo stesso modo la fruizione di questi stessi beni non è esclusivamente a favore
dei destinatari diretti, ma anche di persone, gruppi, comunità che ne beneficiano indirettamente
nelle forme di una migliore qualità della vita, più coesione sociale, sicurezza, benessere
psicologico, ecc. Per questa ragione sono quindi piuttosto diffuse nelle imprese sociali forme di
“commistione” tra produttori e consumatori (diretti e indiretti); questi ultimi infatti, in prima
persona o attraverso forme di rappresentanza, sono spesso coinvolti in veste di soci dell’impresa
sociale, piuttosto che come parte attiva nel processo di produzione (ad esempio in veste di
volontari o di care-giver).
-
L’ibridazione delle risorse come modalità di sostegno. Le imprese sociali realizzano la loro
dimensione imprenditoriale agendo non solamente attraverso forme di scambio monetario e
all’interno di determinate “arene mercantili”. Queste imprese, infatti, ottengono le risorse
necessarie per sopravvivere e svilupparsi attraverso forme di scambio multiple e complesse: alle
risorse derivanti da forme contrattuali tipiche del mercato si combinano con altre di diversa
natura, la cui origine è da ricercare nella peculiarità degli obiettivi perseguiti e nelle attività svolte
dalle imprese sociali. Si tratta, ad esempio, di contributi e donazioni economiche da parte di
soggetti pubblici o privati, ma anche di tempo lavoro a titolo di volontariato, strutture concesse
con forme di comodato gratuito, ecc. Grazie a queste risorse “aggiuntive” le imprese sociali sono
in grado di agire anche in ambiti di attività dove le transazioni mercantili non sarebbero
sostenibili per l’assenza (o la scarsità) di domanda pagante da parte dei beneficiari, piuttosto per
il non interesse di altri soggetti a finanziare gli interventi.
-
La dimensione locale come campo di azione. La natura relazionale dei beni prodotti e la capacità
di attrarre risorse di vario tipo per il loro sostegno, fa sì che le imprese sociali tendano ad
enfatizzare il carattere locale dei loro interventi. Anche nelle forme tradizionali dell’economia
sociale il livello locale dell’azione rappresenta spesso un elemento peculiare, ma, come nel caso
delle finalità, le imprese sociali tendono ad assegnare a questo aspetto una dimensione prioritaria
nel determinare il loro modo di agire. Il radicamento in un contesto territoriale ristretto, infatti,
consente a queste imprese di individuare con tempestività e precisione bisogni cui è necessario
rispondere, ma anche di riconoscere e valorizzare tutte quelle risorse che possono essere utili per
organizzare adeguate forme di intervento.
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-
La multiappartenenza come sistema di governo. Le imprese sociali sono organizzazioni dove il
carattere collettivo assume una posizione di centralità nel definire il loro progetto di sviluppo
sociale e imprenditoriale. Le loro finalità, i beni prodotti, il campo di azione e le risorse per il
funzionamento condividono al fondo una esigenza comune, ovvero di coinvolgere persone e
organizzazioni diverse, sia per numero, ma soprattutto per l’eterogeneità degli interessi e delle
visioni rappresentate. Per questa ragione le imprese sociali si caratterizzano spesso per la
presenza di sistemi di governo che prevedono forme multiple di adesione (lavoratori, volontari,
sovventori, beneficiari, ecc.). In questo caso esse si differenziano in modo piuttosto significativo
dalle espressioni più tradizionali dell’economia sociale, nelle quali invece prevalgono sistemi di
governance relativamente omogenei perché costituiti intorno a un portatore di interessi ben
definito che esercita una posizione dominante nel determinare le strategie e le modalità
gestionali. Le imprese sociali sono quindi organizzazioni che coinvolgono diversi stakeholders,
in quanto si prefiggono finalità di interesse generale il cui raggiungimento non è dato una volta
per tutte e non è posto in capo in via esclusiva ad un unico attore, ma è un processo che va cocostruito nella prassi quotidiana cercando di contemperare le diverse posizioni e interessi presenti
sul territorio.
Non è un caso quindi che le imprese sociali siano spesso organizzazioni di piccole dimensioni
(come numero di persone coinvolte). Il contenimento dimensionale, infatti, è funzionale, tra
l’altro, al mantenimento di un sistema relazionale significativo – cioè non burocratico e anonimo
– sia all’interno dell’organizzazione, sia nelle relazioni che queste imprese intrattengono con altri
soggetti (in primo luogo con i beneficiari delle proprie attività).
-
Il carattere emergente e la questione della legittimazione. Le imprese sociali sono soggetti
emergenti, in cerca di legittimazione, anche se in alcuni paesi europei hanno raggiunto una
diffusione e riconoscimento tali da poter ipotizzare un processo di istituzionalizzazione. In
generale però le imprese sociali si confrontano con soggetti generalmente più strutturati (gli enti
pubblici, le imprese di mercato, ma anche le altre organizzazioni dell’economia sociale) rispetto
ai quali si trovano a volte in una posizione di subalternità. Tale posizione si manifesta in
fenomeni di dipendenza economica (ad esempio dalle risorse pubbliche), di isomorfismo
organizzativo (nell’adozione di strumenti di gestione tipici delle imprese for-profit) e di scarsa
capacità a formulare e promuovere il proprio progetto politico-culturale (perché troppo ripiegate
sulla gestione quotidiana).
Questa constatazione è ulteriormente enfatizzata dal fatto che le imprese sociali operano in settori
caratterizzati da un elevato livello di dinamicità e incertezza rispetto all’evoluzione dei bisogni e
alla disponibilità di risorse per sostenere iniziative imprenditoriali (seppur a finalità sociale).
D’altro canto questi stessi settori - si pensi, a titolo di esempio, al settore della sicurezza sociale,
piuttosto che dell’educazione – sono soggetti a trasformazioni “epocali” anche per quanto
riguarda il ruolo delle agenzie che tradizionalmente vi operavano (ad esempio le amministrazioni
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pubbliche) lasciando quindi uno spazio importante per l’innovazione e l’allargamento in altri
ambiti.
Le esigenze di sviluppo imprenditoriale
L’analisi svolta nelle pagine precedenti ha contribuito a identificare una serie di elementi che
connotano in modo piuttosto netto le forme emergenti e innovative di imprenditorialità sociale che in
questi ultimi decenni si vanno affermando all’interno del settore dell’economia sociale in Italia e in
altri paesi europei.
Pur considerando le diversità – spesso notevoli – nel modo in cui questo fenomeno si manifesta,
appare chiaro che le imprese sociali così definite trovano nell’elemento della relazionalità un fattore
centrale intorno a cui si costituisce la loro l’identità specifica, anche rispetto alle altre espressioni
dell’economia sociale. Il carattere relazionale si traduce, in termini operativi, in una spiccata capacità
delle imprese sociali di costituire legami fra attori diversi – persone che organizzazioni - sia
all’interno dei propri “confini organizzativi” (ad esempio nella composizione della compagine
proprietaria), sia nell’ambito di relazioni con altre istituzioni.
In altri termini, si può sostenere che il modello organizzativo di questa “nuova dinamica”
dell’economia sociale trova nelle reti non solo la realizzazione – in modo più o meno consapevole –
di una opzione strategica scelta fra le varie possibilità di sviluppo, ma un importante elemento
costitutivo. Da questo punto di vista anche l’azione imprenditoriale risente di questa impostazione a
più livelli:
1. i beni prodotti, in quanto consistono in prestazioni dall’accentuato carattere relazionale;
2. i beneficiari delle attività, in quanto i loro bisogni si caratterizzano, in termini generali, per la
ricerca (o la ricostruzione) di sistemi relazionali (si pensi, ad esempio, ai percorsi di inserimento
lavorativo di persone svantaggiate);
3. i produttori, in quanto la complessità dei beni richiede l’intervento simultaneo e altamente
coordinato di attori diversi che operano sia all’interno che all’esterno dell’impresa sociale;
4. i sostenitori delle attività, in quanto si tratta non solo di attori diversi, ma anche che apportano
risorse di natura differenziata (economiche e non, attraverso transazioni di mercato o donative,
ecc.).
A partire da questi elementi di peculiarità – e di complessità – si possono enucleare alcune questioni
cruciali (anche con accenti critici) da cui dipende l’efficacia dell’azione imprenditoriale delle imprese
sociali.
− La prima questione riguarda la continuità dei processi produttivi. La complessità costitutiva e
gestionale di questi processi fa sì che per molte imprese sociali spesso risulti complesso
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garantirne la durata nel medio / lungo periodo. Non a caso molte iniziative si caratterizzano per
una certa frammentarietà e discontinuità della produzione che ne impedisce (o ne rallenta) lo
sviluppo (si pensi, ad esempio, al numero non residuale di cooperative e associazioni
formalmente costituite ma, di fatto, inattive).
− La seconda questione riguarda la costruzione e il posizionamento nei mercati. In questo caso la
questione di fondo riguarda il riconoscimento del valore specifico della produzione offerta dalle
imprese sociali. Molto spesso, infatti, le imprese sociali non vengono riconosciute come attori
che, attraverso la prestazione di servizi, producono un surplus di benessere a livello di sicurezza,
coesione, inclusione, ecc. Esse vengono invece considerate come mere agenzie di servizio il cui
unico elemento di vantaggio competitivo è dato dalla maggiore flessibilità ed economicità
dell’offerta. Si tratta di una visione riduttiva - spesso avallata dalle stesse imprese sociali – che le
espone al rischio di spiazzamento da mercati – anche rilevanti – a causa dell’ingresso di nuovi
soggetti maggiormente concorrenziali da questo punto di vista.
− La terza questione – strettamente legata alla precedente – consiste nel reperimento e
mantenimento del mix di risorse a sostegno della produzione. In alcuni casi, sembra che la
capacità tipica delle imprese sociali di attrarre e combinare risorse di natura diversa abbia lasciato
spazio a vere e proprie forme di dipendenza da un’unica tipologia di risorse (il caso emblematico
è quello dei mercati pubblici), limitando così lo sviluppo di un progetto imprenditoriale
realmente autonomo anche perché in grado di far proprie risorse – ad esempio il volontariato che altri attori (sia pubblici che privati) non considerano tali o le trattano come marginali.
− Quarta e ultima questione riguarda l’individuazione e la diffusione di elementi di innovazione. La
nascita di molte imprese sociali – soprattutto nella fase “pionieristica” – è legata al fatto di aver
innovato sia i prodotti (dando vita a nuovi settori di attività, ad esempio i servizi a domicilio o
territoriali), sia i processi produttivi (coinvolgimento di operatori retribuiti, di volontari e, per
quanto possibile, dei beneficiari). Da questo punto di vista sembra necessario proporre percorsi
per ridare slancio e sostenere la capacità innovativa delle imprese sociali a fronte di un contesto
socio economico in rapida trasformazione. Ma risulta altrettanto rilevante individuare modalità
efficaci attraverso cui l’innovazione può essere “ingegnerizzata”, per divenire patrimonio
comune di un numero consistente di soggetti a livello locale.
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La mappatura delle buone prassi
La redazione del Manuale ha previsto come prima tappa la ricognizione delle attività svolte dai
diversi progetti Equal al fine di effettuare una “mappatura” dei casi di buone pratiche relative allo
sviluppo imprenditoriale delle iniziative di economia sociale. L’obiettivo era di definire un quadro
conoscitivo coerente con le esigenze di comunicazione e divulgazione previste dall’azione 3, ovvero
non eccessivamente frammentato o, al contrario, troppo generico. Questa soluzione metodologica si è
fatta carico, da un lato, della numerosità ed eterogeneità delle iniziative progettuali coinvolte, senza
però sacrificare le loro specificità (a livello di contenuti, ambiti territoriali, soggetti coinvolti, ecc.).
Le fasi attraverso cui si è giunti alla redazione della mappa delle buone prassi presentata si seguito
sono state le seguenti:
− consultazione del materiale documentale relativo ai progetti Equal coinvolti, in modo da
individuare a livello generale obiettivi, strategie di intervento e modalità attuative;
− redazione di una prima griglia “a maglie larghe” che identificava alcune aree tematiche comuni
ai vari progetti; la griglia è stata utilizzata dai ricercatori sul campo al fine di individuare i casi di
buone prassi all’interno di iniziative molto articolate e complesse quali sono i progetti Equal;
− raccolta delle buone prassi attraverso una descrizione sintetica dei contenuti e degli elementi di
peculiarità;
− redazione finale della griglia, classificando all’interno delle diverse aree tematiche i casi
individuati all’interno dei progetti.
Nei paragrafi successivi verranno descritte le diverse aree tematiche, inserendo anche alcuni
riferimenti alle buone prassi che verranno analizzate dettagliatamente nel capitolo successivo. La
parte finale del manuale conterrà invece alcune chiavi di lettura generali, in modo da favorire la
diffusione di quanto realizzato dai progetti presso interlocutori diversi. La descrizione delle aree di
innovazione imprenditoriale consentirà inoltre di approfondire ulteriormente le tendenze evolutive
dell’economia sociale abbozzate nel primo capitolo.
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Le aree tematiche
1. Partnership pubblico / private
La prima area tematica dove possono essere inserite alcune delle buone pratiche realizzate dalle
iniziative Equal coinvolte nel progetto RE.P.E.S.O. riguarda tutte quelle attività volte a costituire e/o
consolidare i rapporti tra organizzazioni dell’economia sociale ed enti pubblici, soprattutto a livello
locale. In termini generali la costituzione di partnership pubblico / private intende agire ad almeno
due livelli.
1) La gestione di attività e servizi. In questo caso le partnership sono tipicamente volte
all’identificazione di strumenti – più o meno innovativi - per l’affidamento in gestione di attività
da parte dell’ente pubblico a favore di soggetti dell’economia sociale. Un’ulteriore modalità
riguarda la gestione in comune pubblico / privata di strutture o iniziative progettuali (ad esempio
attraverso società miste, accordi, ecc.).
2) La governance territoriale. In questo ambito le partnership pubblico / private sono chiamate a
gestire iniziative di policy making generalmente in ambito settoriale e in un ben definito contesto
territoriale. Si tratta, ad esempio, dei cosiddetti “tavoli” di programmazione per le politiche
sociali e del lavoro, dove sempre più spesso le imprese sociali (ed altri attori del terzo settore)
sono chiamati ad interagire con le amministrazioni pubbliche in sede di definizione degli obiettivi
delle politiche e delle strategie per implementarle.
In questo ambito, le buone pratiche rilevate affrontano le seguenti tematiche.
− Metodologie e strumenti per il coinvolgimento dell’economia sociale nei sistemi di governance
territoriale dei servizi sociali, in una fase cruciale di riforma a livello istituzionale (buona prassi
6).
− Iniziative di outsourcing pubblico volte a superare le forme tradizionali di esternalizzazione dei
servizi pubblici (attraverso gare d’appalto), favorendo l’adozione di strumenti innovativi di
regolazione dei rapporti (ad esempio società miste) che enfatizzino il ruolo sussidiario dell’ente
pubblico e sostengano una maggiore autonomia dei soggetti dell’economia sociale (buona prassi
12).
− Forme di regolazione dei rapporti tra soggetti pubblici e privati – anche a livello normativo - con
l’obiettivo di sostenere la crescita e il consolidamento di iniziative specializzate in determinati
settori di attività (ad esempio l’inserimento lavorativo), ma anche per il coinvolgimento di altri
attori che pur non avendo una mission specifica in tal senso possono comunque svolgere un ruolo
rilevante.
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− Sostegno all’avvio delle pratiche di concertazione per la programmazione delle politiche sociali a
livello locale, favorendo la creazione di rete, la conoscenza reciproca, l’efficienza del sistema dei
servizi, evitando sovrapposizioni, ridondanze, ecc. (buona prassi 1).
− La definizione di modelli di misurazione della qualità dei servizi che utilizzino criteri inerenti alla
soddisfazione dell’utente/fruitore e alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del
servizio (buona prassi 13).
2. Formazione manageriale
La seconda area dove si sono rilevati casi di buone pratiche riguarda le iniziative di carattere
formativo che hanno coinvolto il management delle organizzazioni dell’economia sociale, ma anche
alcuni interlocutori strategici di questi soggetti (ad esempio amministratori pubblici, esponenti del
mondo imprenditoriale, ecc.).
Le iniziative segnalate in questo ambito hanno operato a diversi livelli.
− La progettazione dei contenuti formativi rappresenta l’esito di attività diverse volte a rilevare i
principali elementi di fabbisogno formativo. Si tratta quindi di un processo articolato che prevede
un consistente investimento sulla fase pre-formativa, operando attraverso metodologie diverse:
da vere e proprie indagini sul fabbisogno di formazione alla raccolta di indicazioni provenienti da
“testimoni privilegiati” dell’economia sociale in ambito locale.
− L’identificazione dei profili professionali da coinvolgere come beneficiari dell’attività formativa.
Anche in questo caso si tratta di un’attività piuttosto complessa, in quanto, da un lato, la
formazione poteva essere rivolta a più profili e quindi si trattava di costruire un percorso adatto a
soggetti con curricula e fabbisogni diversi. D’altro canto, l’attività di formazione ha contribuito
anche a costruire alcuni profili professionali a partire dal riconoscimento di competenze
specifiche che nelle organizzazioni dell’economia sociale non hanno ancora trovato
riconoscimento formale negli organigrammi e nell’offerta formativa “standard” (scuole
professionali, università, ecc.).
− Infine è stata riservata anche una certa attenzione alla strutturazione del percorso formativo,
cercando di favorire il più possibile la partecipazione. Va ricordato infatti che i destinatari di
queste iniziative erano soprattutto persone già impiegate – spesso con orari molto intensi –
all’interno delle loro organizzazioni. Inoltre questi stessi partecipanti hanno mostrato di
privilegiare forme interattive di docenza, molto basate sullo scambio di esperienze (ad esempio
con la formula del workshop tematico).
Il caso di buona pratica classificato all’interno di quest’area consiste nella realizzazione di percorsi
formativi a favore di alcune figure - chiave del sistema di welfare locale (esponenti dell’economia
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sociale e dell’amministrazione pubblica), al fine di sostenere il consolidamento della rete locale dei
servizi e delle politiche sociali (buona prassi 4).
3. Strumenti per la gestione d’impresa
Una terza, importante area di contenuto all’interno della quale è possibile rilevare iniziative volte allo
sviluppo della dimensione imprenditoriale dell’economia sociale riguarda la definizione e la
successiva adozione di strumenti gestionali. In termini generali gli strumenti oggi più diffusi
nell’ambito dell’economia sociale agiscono sui seguenti ambiti:
− la qualità dei prodotti, attraverso l’adozione di forme di certificazione;
− il controllo di gestione, al fine di costituire un sistema informativo adeguato a monitorare “in
itinere” le performance economiche e sociali dell’impresa;
− la rendicontazione sociale delle attività da affiancare in modo continuativo e complementare ai
tradizionali strumenti di rendiconto economico.
I casi di buona pratica rilevati nell’ambito del progetto RE.P.E.S.O. riguarda l’adozione del bilancio
sociale come strumento di responsabilità sociale (buone prassi 8 e 9).
4. Accesso al credito
Le strategie e le modalità di approccio al credito e da parte delle organizzazioni dell’economia
sociale rappresentano un’ulteriore area tematica al fine di individuare iniziative volte allo sviluppo in
senso imprenditoriale. In questo ambito le attività potranno riguardare i seguenti aspetti.
− La rilevanza strategica del credito, cercando di stabilire quale consapevolezza hanno i soggetti
dell’economia sociale rispetto al valore di questo strumento per sostenere il loro sviluppo.
− L’ammontare delle risorse creditizie richieste commisurandole ai principali parametri economico
finanziari dell’impresa (giro d’affari, capitale sociale, patrimonio, investimenti, ecc.).
− La finalità degli investimenti per cui si richiede credito, distinguendo tra esigenze legate alla
gestione ordinaria (ad esempio per far fronte alla scarsa liquidità o ai tempi lunghi di pagamento
da parte dei clienti) e investimenti destinati a sostenere lo sviluppo e l’innovazione (ad esempio
acquisizione di immobili, di tecnologia, know-how, ecc.).
− La qualità della relazione con gli istituti di credito, a fronte di un settore che vede crescere il
numero e le tipologie di attori. Si va infatti da soggetti specializzati nel credito all’economia
sociale (ad esempio Banca Etica), fino a istituti bancari tradizionali che cercano di differenziare i
loro prodotti tenendo conto delle caratteristiche specifiche del settore.
15
Il caso di buona pratica individuato nel corso della rilevazione riguarda il sostegno all’accesso al
credito da parte degli attori dell’economia sociale (buona prassi 2).
5. Analisi territoriali e studi di fattibilità
Un ulteriore ambito di interesse riguarda la produzione di elementi di conoscenza che consentono di
progettare e sostenere iniziative di sviluppo imprenditoriale. Nell’ambito dell’economia sociale tali
attività possono riguardare i seguenti aspetti.
− Lo svolgimento di ricerca – intervento volte a rilevare bisogni e risorse su base territoriale per
l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali a finalità sociale e/o per la sensibilizzazione e
mobilitazione degli attori socio economici intorno a tematiche di tipo “sociale”.
− La costruzione di sistemi di monitoraggio periodico in grado di restituire l’andamento dei
principali fenomeni socio economici sui quali agiscono le iniziative di economia sociale.
− La valorizzazione delle competenze – delle persone e delle organizzazioni – che in ambito locale
sono in grado di “leggere” i bisogni del territorio ma anche individuare le risorse adeguate per
rispondervi.
− La realizzazione di attività diverse volte non solo a cogliere l’esistente, ma a prefigurare elementi
di innovazione sia nell’offerta di servizi che nelle modalità di gestione.
I casi di buone prassi rilevati nell’ambito della mappatura hanno realizzato le seguenti iniziative.
− Sviluppo di comunità (mappatura e progettazione partecipata) in quartieri disagiati per far
emergere idee di impresa sociale (nuove imprese o ristrutturazione di esistenti), poi messe in
connessione con reti formali di sostegno come la partnership di sviluppo del progetto, ma anche i
“tavoli” dei piani sociali di zona previsti dalla legge di riforma dei servizi sociali (buona prassi
7).
− Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello locale (buona prassi 11).
6. Creazione e sviluppo d’impresa
Una “classica” attività dei progetti finanziati riguarda lo sviluppo di iniziative imprenditoriali
nell’ambito dell’economia sociale. In questo ambito si segnalano attività volte a sostenere l’avvio di
nuove iniziative (start-up d’impresa), ma anche a rafforzare o riconvertire esperienze già attive a
fronte di elementi di crisi interna e/o di mutamenti a livello di mercati e contesto sociale.
Le buone pratiche rilevate forniscono un interessante contributo all’innovazione in questo ambito
perché riguardano.
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− Lo svolgimento di attività formative rivolte a gruppi promotori di nuove imprese nell’economia
sociale attraverso il confronto e lo scambio con esperienze “mature” a livello locale e in altri
contesti territoriali (buona prassi 5).
− La ricerca di forme innovative di sostenibilità delle esperienze dell’economia sociale, agendo
sulle loro strutture di supporto attraverso la promozione di servizi diversi: dall’amministrazione,
al networking, fino al general contracting e alla ricerca / sviluppo (buona prassi 3).
− Accompagnamento alla creazione d’impresa attraverso la mobilitazione di risorse apportate da
clienti e finanziatori inediti per l’economia sociale (buona prassi 5).
− Qualificazione di nuove figure professionali, personalizzando l’offerta di servizi sociali o di
utilità sociale attraverso anche l’individuazione di nuove metodologie e strumenti formativi
(buona prassi 14).
7. Inserimento lavorativo di fasce deboli
Infine, un’area tematica corrisponde ad un settore specifico – e molto rilevante – dell’economia
sociale, ovvero l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Si tratta di un ambito su cui si
concentrano azioni rivolte a: elaborare metodologie per la progettazione e la gestione dei percorsi di
inserimento al lavoro (selezione, permanenza, uscita); dotazione di strumenti con finalità di
monitoraggio e valutazione dei percorsi (analisi del potenziale, tracking analisys, ecc.); sostegno
all’affermazione di ruoli professionali specialistici, finalizzati alla progettazione e realizzazione di
iniziative per l’inclusione di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro (ad esempio operatori con
funzione di tutorship per la persona svantaggiata sul luogo di lavoro).
Il caso di buona prassi rilevato riguarda il coinvolgimento diretto dei beneficiari nei percorsi di
inserimento lavorativo attraverso la formazione “sul campo” e la costruzione di una rete strategica
orientata in modo esplicito sui beneficiari come portatori di bisogni ma anche di risorse (buona prassi
10).
Uno schema riepilogativo
Sulla base delle descrizioni proposte nel paragrafo precedente è possibile proporre uno schema che
riepiloga la distribuzione dei casi di buone pratiche.
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− Buona prassi 1: “Tavoli territoriali di
concertazione”
1) Partnership pubblico / private
− Buona prassi 6: “Costruzione di una rete di
sostegno per lo sviluppo e il consolidamento
dell’economia sociale”
− Buona prassi 12: “Innovazione nell’outsourcing
per il welfare mix”
− Buona prassi 13: “Modelli di misurazione della
qualità dei servizi”
2) Formazione manageriale
− Buona prassi 4: “Formazione per manager
dell’economia sociale e del non profit”
− Buona prassi 8: “Responsabilità e servizi sociali
per le imprese for profit”
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
− Buona prassi 9: “Accompagnamento alla
redazione del Bilancio di Responsabilità sociale
(B-Res)”
− Buona prassi 2: “Formazione congiunta degli
operatori della cooperazione sociale e del
credito”
− Buona prassi 7: “Mappatura, animazione e
promozione di microimprenditorialità sociale in
contesti abitativi problematici”
− Buona prassi 11: “Indagine conoscitiva sullo
stato dell’economia sociale a livello locale”
− Buona prassi 3: “Servizi integrati di start-up e
consulenza gestionale per le organizzazioni
dell’economia sociale”
6) Creazione e sviluppo d’impresa
− Buona prassi 5: “Una rete di sostegno per la
creazione di nuova imprenditorialità sociale”
− Buona prassi 14: “Sviluppo attività formative”
7) Inserimento lavorativo
− Buona prassi 10: “Il protagonismo dei
beneficiari nei percorsi di inserimento
lavorativo”
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Il repertorio delle buone prassi
I progetti coinvolti nel progetto RE.P.E.S.O. hanno individuato al loro interno quattordici casi di
buone pratiche per lo sviluppo in senso imprenditoriale di soggetti dell’economia sociale. Si tratta di
attività eterogenee – dalla formazione, alla consulenza, alla ricerca intervento – e che presentano una
diversa rilevanza rispetto al complesso delle attività progettuali; alcune buone prassi risultano
marginali rispetto agli obiettivi progettuali, altre invece rappresentano il “core business” del progetto.
L’impostazione manualistica della pubblicazione, volta a favorire la conoscenza e l’apprendimento,
ha indotto ad analizzare buone prassi così diverse seguendo un percorso comune, scandito da alcuni
snodi critici. In questo modo il lettore potrà leggere ciascun caso nella sua specificità, oltre a trarre
alcune “lezioni generali” da quanto sperimentato dai progetti nel loro complesso, affinché l’insieme
di queste iniziative possa essere replicato e “messo a sistema”. Gli snodi analitici sono descritti nei
punti seguenti.
1. Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione. Verrà descritto in forma
sintetica il contenuto delle attività svolte, cercando di mettere in luce gli elementi di innovazione
per cui l’iniziativa si può considerare un caso di buona pratica. Verranno indicati inoltre gli
obiettivi strategici si intendevano perseguire attraverso le attività.
2. Le fasi attuative. Verranno ricostruite le principali “tappe evolutive” attraverso cui è stata attuata
l’iniziativa, seguendo un approccio di tipo narrativo. Particolare attenzione verrà riservata a
eventuali scostamenti osservati tra quanto previsto in sede progettuale e quanto effettivamente
implementato (criticità, ma anche benefici “inaspettati”).
3. Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto. Verranno prese in analisi le
caratteristiche dei destinatari delle attività in termini di fabbisogni, apporto di risorse,
disponibilità a partecipare, ecc. Oltre ai beneficiari diretti, verranno fornite informazioni rispetto
alla mobilitazione di altri attori del territorio – coinvolti o meno nella partnership Equal – al fine
di realizzare le attività previste.
4. La gestione dell’iniziativa. In questa sezione si analizzerà il sistema di management
dell’iniziativa: quali soggetti sono stati coinvolti, con quali competenze e con quali forme di
coordinamento. Verrà evidenziato, in questo senso, il “valore aggiunto” dell’iniziativa Equal
rispetto a diverse modalità di gestione di iniziative simili.
5. Apprendimento e condizioni per la trasferibilità. Si tratta degli elementi di competenza appresi
attraverso la realizzazione dell’iniziativa; indicazioni per la trasferibilità della stessa in altri
contesti e/o in altre iniziative simili (cose da fare e da non fare).
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6. Indicatori d’impatto. Indicatori quali / quantitativi rispetto all’esito dell’iniziativa: tipologia e
valori realizzati (ad esempio numero di persone coinvolte, ore di formazione e consulenza,
numero di imprese avviate, ecc.).
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Buona prassi 1. Tavoli territoriali di concertazione
Partnership Equal
Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia
Sociale - IT-G2-CAL-083
Redazione della scheda
Pietro G. Andreotti; Carlo Barletta
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Alto Tirreno Cosentino
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
-
Numero di persone coinvolte per
l’attuazione dell’iniziativa
75 partecipanti ai tavoli
6 persone per l’organizzazione degli incontri
– Operatori ed attori del mondo del terzo settore
– Formatori
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
– Amministratori pubblici
– Volontari del mondo dell’associazionismo
– Partners transnazionali
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Operatori e manager imprese sociali
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Tutto il progetto: “Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia Sociale” è stato condotto
motivando la partecipazione di persone e istituzioni. In particolare sono stati periodicamente
realizzati “Tavoli di Concertazione” che hanno consentito di individuare e discutere le aspettative
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presenti sul territorio e di verificare la disponibilità degli enti locali a mettersi in rete. Sono state
affrontate inoltre le problematiche connesse alla creazione di impresa sociale e sono state definite
azioni formative per la progettazione e l’attuazione dei Piani di Zona (previsti dalla normativa
nazionale di riforma dei servizi sociali, L. n. 328/00). Nell’ambito dei Tavoli si è inoltre discusso il
piano di formazione per gli operatori dell’economia sociale e sono state definite le attività di
informazione e di comunicazione da realizzare sul territorio. Sono state, infine, poste le basi per una
progettazione integrata dei servizi sociali sul territorio.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
L’implementazione dei Tavoli di Concertazione è stata realizzata all’inizio del progetto durante i
lavori della prima macrofase informando i partner di rete degli obiettivi e dell’itinerario progettuale e
della funzione dei Tavoli stessi.
È stato stipulato un protocollo di rete sottoscritto dai protagonisti del progetto: IAL Cisl Calabria;
IAL Cisl Nazionale; CIES; Comune di Praia a Mare e le associazioni: Casa Famiglia e Casa Protetta
per Disabili Mentali - Comune di Bonifati; Associazione Italiana Assistenza Spastici – Sezione di
Cetraro; Comunità Socio Educativa “Lo Scoiattolo” - Comune di Sangineto; Cooperativa Service
Onlus– Comune di Maierà; Associazione ”Amici di Maierà”- Comune di Maierà; Croce Rossa
Italiana – Comune di Praia a Mare; Centro Sorgente di Vita Onlus – Comune di Cetraro; Croce
Verde - Comune di Praia a Mare.
Sono stati realizzati quattro Tavoli di concertazione e con il concorso di tutti è stato analizzato e
discusso il piano dell’indagine conoscitiva, verificati e concordati gli obiettivi e i contenuti dei corsi
formazione, promosse sul territorio le attività formative. Gli incontri hanno favorito la conoscenza
reciproca e lo sviluppo di sinergie per organizzare servizi sociali più efficaci sul territorio.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I beneficiari dell’attività sono sia coloro che svolgono attività nell’ambito del terzo settore: manager,
operatori e anche i volontari delle associazioni e delle cooperative sociali, sia coloro che
usufruiscono dei servizi sociali.
La gestione dell’iniziativa
I Tavoli sono stati implementati con il concorso di tutti i partner del progetto Equal che sono riusciti
a coinvolgere enti e associazioni con finalità istituzionali diverse. Lo Ial Cisl nazionale e lo Ial Cisl
Calabria hanno curato i rapporti con le forze sociali e favorito il dialogo per lo sviluppo delle attività
formative. Il C.I.E.S., che svolge le sue attività in stretto rapporto con l’università di Cosenza, ha
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promosso le relazioni con il mondo scientifico. Il Comune di Praia a Mare ha curato i rapporti con le
istituzioni presenti nel territorio interessate ai lavori progettuali.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
I Tavoli di Concertazione hanno avuto la finalità di favorire la realizzazione del progetto Equal e la
sua visibilità, oltre a promuovere la collaborazione, sul territorio, delle persone degli organismi e
delle istituzioni interessate allo sviluppo dell’economia sociale.
I Tavoli di Concertazione si possono trasferire in qualsiasi contesto con lo scopo promuovere la
cultura di rete territoriale per facilitare lo scambio di informazioni e lo sviluppo delle sinergie
necessarie per realizzare, soprattutto a livello territoriale, efficaci ed efficienti attività sociali.
Perché i Tavoli siano funzionali è necessario in prima istanza favorire la conoscenza reciproca sia
delle istituzioni che delle persone. Si è riscontrato, infatti, che molte persone, pur lavorando nello
stesso territorio e nello stesso settore, si conoscevano solo superficialmente e quando, per dar spazio
ai contenuti, non ci soffermati sull’aspetto sociale della conoscenza reciproca la partecipazione e il
dibattito sono risultati meno efficaci.
Un altro aspetto da vagliare attentamente sono gli argomenti da trattare nel corso degli incontri. E’
necessario infatti scegliere i temi in modo tale da interessare tutte le persone che si desiderano
coinvolgere. Inizialmente questo aspetto è stato poco curato, nel senso che si è presupposto un
interesse comune da parte di tutti, che poi non è stato confermato al momento dell’incontro,
soprattutto perché gli obiettivi erano stati descritti in modo generico creando aspettative diverse e
generando interventi poco proficui. È buona norma invece definire l’argomento direttamente con gli
interlocutori, mediante scambio di e mail, incontri preparatori e quanto altro. Quando questa modalità
è stata attuata il dibattito è risultato più soddisfacente e il confronto più costruttivo.
Indicatori d’impatto
Gli indicatori utilizzati riguardano il numero e soprattutto le caratteristiche dei soggetti coinvolti nella
realizzazione dei Tavoli di Concertazione. Era necessario infatti rivolgere l’attenzione ad un numero
variegato di attori: pubblici e privati, con e senza scopo di lucro.
I dati seguenti testimoniano lo sforzo per favorire una partecipazione allargata in questo duplice
senso. Infatti, sono state coinvolte: oltre 100 persone a titolo individuale; 16 imprese; 14
amministrazioni pubbliche; 15 associazioni di volontariato.
23
Buona prassi 2. Formazione congiunta degli operatori della cooperazione sociale e
del credito
IT-S2-MDL-844 District Valley: rete di conoscenza e
sviluppo imprenditoriale
Partnership Equal
IT-G2-LAZ-092 District Valley: rete di conoscenza e
sviluppo imprenditoriale
Redazione della scheda
Stefano Marturini
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Regione Lazio e territorio nazionale
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
IT-S2-MDL-844: € 240.000 pari al 22%
IT-G2-LAZ-092: € 203.000 pari al 22%
N° di persone coinvolte per l’attuazione
12
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
20 cooperatori sociali
80 operatori del credito
-
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Le attività consistono essenzialmente di una serie di seminari formativi (per 50 ore complessive) su
diversi elementi della cooperazione sociale: dai modelli organizzativi, alle caratteristiche
24
dell’imprenditore sociale. In particolare i contenuti formativi approfondiscono i bisogni di credito
della cooperazione sociale e le difficoltà dell’accesso al credito stesso.
L’innovazione consiste sia nello spessore dei contenuti formativi (derivati da ricerche condotte
nell’ambito dei due progetti geografico e settoriale che lavorano in sinergia), sia nelle caratteristiche
dei discenti dell’attività. Si tratta infatti di un gruppo misto di operatori della cooperazione sociale e
del sistema creditizio. In effetti la ricerca condotta ha evidenziato come la scarsa conoscenza dei
meccanismi del credito da parte dei cooperatori sociali (che si spinge sino alla mancata
consapevolezza del bisogno di credito nelle loro imprese), da un lato, e la pressoché totale mancanza
di conoscenza del mondo della cooperazione sociale da parte degli operatori del credito, dall’altro,
costituisca uno degli ostacoli più importanti per l’accesso al credito stesso e quindi al “successo”
imprenditoriale delle cooperative sociali.
La formazione congiunta mira a creare un ponte tra questi due mondi, ponte che passa innanzitutto
attraverso una approfondita reciproca conoscenza. Inoltre i contenuti formativi tendono a creare
consapevolezza dei modelli organizzativi che caratterizzano la cooperazione sociale, consapevolezza
anche in questo caso spesso assente nei quadri della cooperazione.
L’obiettivo strategico, considerato anche come obiettivo di mainstreaming, ha l’ambizione di creare
un rapporto strutturale tra imprenditoria sociale e sistema del credito, in particolare del credito etico.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
La prima tappa è stata la conduzione di una ricerca sia di carattere desk, che di carattere field,
finalizzata a evidenziare gli elementi fondanti, ma anche le criticità, del mondo della cooperazione
sociale, per definirne con una ragionevole “precisione” sia le caratteristiche strutturali (modelli
organizzativi, competenze/capacità dell’imprenditore sociale, etc…), sia le relazioni di rete
necessarie allo sviluppo. La ricerca aveva inoltre il fine di elaborare pacchetti formativi “mirati” per
il successivo intervento costituito dal distretto formativo.
Con l’ottica di radicare l’intervento progettuale nei rispettivi territori di sperimentazione si è ricercata
una forte sinergia con i piani di sostegno e sviluppo della cooperazione sociale, sia a livello
regionale, che a livello degli Enti locali. In particolare si è tentato di collegare il progetto ai
costituendi distretti dell’economia sociale nella Regione Lazio, con lo scopo di integrare le risorse
dei progetti nelle attività istituzionali per un forte e certo mainstreming dei prodotti / risultati.
Sfortunatamente i tempi di realizzazione regionali ed il timetable di progetto non corrispondono e
quindi non è stato possibile perseguire questa strada. Sempre nel Lazio si è aperta di conseguenza
una collaborazione con il consorzio di cooperative sociali Co.In., un consorzio secondo per numero
di cooperative associate a livello nazionale. Con Co.In. si è stretto un accordo per l’attuazione del
distretto formativo, per la formazione congiunta di cooperatori sociali e operatori del credito con
25
l’obiettivo di arrivare ad una collaborazione strutturata tra il consorzio stesso ed il credito in funzione
dello start up e dello sviluppo del sistema cooperativo. Sul versante nazionale è in atto il
perfezionamento di un accordo di collaborazione con il Comune di Foligno per sperimentare un
approccio innovativo ai tavoli di programmazione della legge 328/2000 di riforma dei servizi sociali.
L’intervento formativo in quel caso sarà esteso ad altre figure oltre ai cooperatori e operatori del
credito con l’obiettivo di costruire una forte sinergia tra servizi di aiuto, sostengo ed inserimento dei
soggetti deboli ed azioni di sviluppo locale.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Destinatari dell’intervento formativo sono 60 operatori del sistema del credito e 20 operatori della
cooperazione sociale.
La ricerca condotta ha evidenziato (confermato rispetto ad altre ricerche nel campo) che i cooperatori
sociali hanno generalmente una formazione ed una provenienza “sociale” (operatori dei servizi di
riabilitazione, volontariato, parentali con i soggetti deboli, ecc.) e si avvicinano al mondo
dell’imprenditoria, ancorché sociale, nella speranza di garantire sia reddito, sia empowerment e
dignità sociale ai propri assistiti. “Ricchi” di competenze/capacità sul piano dell’aiuto e del sostegno,
mostrano invece poca o nulla dimestichezza con i concetti anche solo basilari dell’economia e della
gestione di impresa, pure necessari quando si voglia creare e sviluppare una iniziativa
imprenditoriale, In particolare dimostrano di avere poca consapevolezza della necessità di “capitale”
e delle regole che ne governano l’erogazione.
D’altro canto gli operatori del sistema creditizio rappresentano un “pezzo di mondo” portatore dei
pregiudizi (qui usato in termini denotativi e non connotativi) e delle resistenze tipiche del mondo dei
“normali” nei confronti dei soggetti deboli e totalmente “ignoranti” (anche qui il termine è denotativo
e non connotativo) del mondo del terzo settore, della cooperazione sociale in particolare.
Considerando che molto nella decisione di concessione di un credito, quando le garanzie non siano
più che sufficienti, dipende dalla “fiducia”, oltreché un buon business plan, è chiaro come la
reciproca conoscenza di questi due mondi possa favorire condizioni di crescita rispettiva,
migliorando le opportunità imprenditoriali delle cooperative e estendendo la fetta di mercato del
credito ad un settore nuovo, emergente, in forte anche se controversa crescita, come la cooperazione
sociale.
La gestione dell’iniziativa
Il sistema di management della specifica attività innovativa è lo stesso adottato per i progetti, poiché
non si sono raffigurati motivi / esigenze per designarne uno ad hoc. Il management è rappresentato
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dal capofila con funzioni di coordinamento e da un gruppo, o comitato di coordinamento, che raduna
i referenti responsabili di ciascun aderente alla partnership.
Sia il capofila che i membri della partnership hanno partecipato al lavoro con proprie risorse umane e
con esperti in particolare nei settori della: riabilitazione; cooperazione sociale; ricerca; formazione;
credito tradizionale ed etico.
Anche in questi progetti si conferma il principale valore aggiunto del programma Equal che consiste
nella promozione della capacità di fare rete tra soggetti anche culturalmente molto diversi tra loro,
sviluppando la comprensione reciproca dei diversi linguaggi e la sinergia di competenze necessarie
ad articolare risposte complesse. Infatti il dato culturale più importante di Equal è rappresentato dal
riconoscimento della complessità della domanda posta da un soggetto debole ed il conseguente
abbandono di risposte semplificatorie legate molto più a lenire il sintomo piuttosto che a sostenere il
difficile percorso di integrazione si! sociale, ma soprattutto lavorativa.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Non si ritiene di poter elencare particolari “lezioni” che derivano dall’esperienza condotta, piuttosto
una conferma di “competenze” di fatto già ben conosciute e consolidate, in particolare in termini di
difficoltà e ostacoli materiali ed immateriali che si incontrano quando si fronteggia il problema
dell’emarginazione e del suo corollario: l’inclusione.
La sperimentazione condotta è trasferibile sotto il profilo delle normative vigenti. Infatti si è tenuta
una particolare attenzione a non proporre innovazioni che necessitassero di interventi legislativi per
essere messi a mainstreaming. Si è piuttosto lavorato re-interpretando in modalità innovativa il corpo
di norme e di interventi esistenti perché l’istituzionalizzazione dei prodotti / servizi, ovviamente nei
limiti del possibile, riducesse il suo carattere di esemplarità per assumere quello della realistica
“appetibilità” istituzionale.
Questo è particolarmente vero per l’attività che si svolgerà presso il Comune di Foligno, dove
l’ambizione è quella di coniugare, attraverso una partecipazione datoriale ai tavoli di
programmazione 328, interventi di sostegno e sviluppo locale, sviluppo locale in particolare
sostenuto dal sistema del credito etico e non.
Quanto precede ovviamente se i risultati corrisponderanno alle aspettative. In questo caso la
trasferibilità potrà essere frutto di una attenta e mirata azione di disseminazione, del resto prevista
nelle attività di progetto.
Indicatori d’impatto
Lo sviluppo dell’iniziativa ha consentito di individuare un set di indicatori quali / quantitativi.
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Gli indicatori quantitativi per l’accesso al credito sono i seguenti:
− numero di cooperative che effettuano una richiesta di finanziamento;
− numero di finanziamenti concessi alle cooperative sociali.
Il dato di confronto territoriale è reperibile presso le strutture di secondo e/o terzo livello della
cooperazione sociale. L’indicatore può misurare se vi è una variazione statistica significativa, sia sul
versante delle domande (maggiore consapevolezza/competenza del bisogno e dell’accesso al
credito), sia sul versante della concessione di credito nei territori scelti per la sperimentazione.
Per quanto riguarda lo spin-off, i principali indicatori quantitativi riguardano:
− numero di aziende che affidano servizi alle cooperative sociali attraverso meccanismi di spin-off
nei territori di sperimentazione;
− numero di addetti occupati da azioni di spin off;
− numero di soggetti deboli inseriti attraverso azioni di spin off delle imprese.
Sul versante degli indicatori qualitativi si possono riportare i seguenti.
− Analisi del differenziale semantico nei cooperatori e negli operatori del credito a valle
dell’intervento formativo.
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Buona prassi 3. Servizi integrati di start-up e consulenza gestionale per le
organizzazioni dell’economia sociale
formES – formazione per l’Economia Sociale
Partnership Equal
(Formaconsult Società Cooperativa, Confindustria
Catanzaro, Fondazione UALSI onlus e Associazione
D.I.S)
Redazione della scheda
Giovanni Silipo – Francesco Arnò – Antonio Mazza
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Regione Calabria
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
5%
N° di persone coinvolte per l’attuazione
6
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
N. 15 disoccupati inoccupati
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Nessuno
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
L’attività consulenziale, con espresso riferimento alla buona pratica in oggetto, ha riguardato: i) la
programmazione dei servizi di consulenza e start up e realizzazione degli strumenti operativi; ii)
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l’attivazione di servizi per lo start up di nuove imprese sociali, la sostenibilità e il miglioramento
delle imprese sociali esistenti.
Le aree di contenuto hanno fatto riferimento alle seguenti attività. Per lo start up di nuove imprese
sociali: legislazione del terzo Settore, normativa e regime fiscale delle organizzazioni nonprofit,
forme giuridiche del nonprofit, atto costitutivo e statuto di una impresa sociale, bilancio d’esercizio,
finanza agevolata, business plan, pianificazione e progettazione dell’iniziativa imprenditoriale. Per la
sostenibilità e il miglioramento delle imprese sociali esistenti: gestione delle risorse umane,
adempimenti fiscali, fund raising, aspetti giuridico-legali e societari, contratti e appalti pubblici.
L’innovazione ha riguardato la proposizione di un insieme organico di servizi integrati che ha
colmato lacune consistenti nel tessuto regionale (carenza e disorganicità di analoghi servizi sul
territorio). E’ stato previsto inoltre il coinvolgimento di Confindustria Catanzaro che ha consentito
l’interconnessioni tra settore profit e nonprofit, al fine di incidere sullo sviluppo complessivo del
settore sociale.
L’attività ha consentito il raggiungimento di obiettivi strategici quali l’erogazione di servizi di
consulenza per lo start up di nuove imprese sociali, aumentando il numero delle imprese sociali
presenti sul territorio di riferimento. Inoltre gli stessi servizi di consulenza hanno fornito un supporto
gestionale alle imprese sociali esistenti, contribuendo alla loro sostenibilità.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Le attività programmate dal soggetto responsabile dei servizi di start up (Confindustria di Catanzaro)
sono state puntualmente attuate secondo il programma e non si sono rilevate interruzioni del servizio
o altri problemi particolari. Alla data odierna solamente un’iniziativa imprenditoriale ha visto luce
(Associazione sociale “ANUKE’ onlus”), mentre a breve è prevista la costituzione di una
cooperativa sociale. Il servizio di start up è stato inteso più come servizio di consulenza volto a
aiutare i potenziali imprenditori nelle fasi critiche di avvio d’impresa, quanto piuttosto come stimolo
per far nascere nuove imprese nonprofit. I consulenti hanno cercato di far acquisire un approccio
critico ai beneficiari, cercando di incoraggiare quelli con le idee più chiare e con atteggiamenti più
determinati e di far acquisire maggiore consapevolezza verso quelli che, per contro, non avevano
idee chiare sull’iniziativa, sui servizi proposti e sulle relative domande locali.
Le consulenze per il supporto gestionale per le imprese già esistenti sono state nove. Le materie
oggetto di consulenza gestionale hanno riguardato: aspetti relativi dello statuto sociale; disciplina dei
contratti di lavoro subordinato; aspetti fiscali delle cooperative; fund raising; aspetti relativi alla
gestione societaria. Le imprese interessate sono state 5. Non sono emersi scostamenti tra quello
realizzato e quello progettato se non in riferimento al numero di consulenze programmate (in numero
maggiore rispetto a quelle realizzate).
30
I servizi di orientamento sono stati erogati secondo le modalità previste dalla progettazione esecutiva.
Gli obiettivi quantitativi in termini di utenze raggiunte sono stati raggiunti nella misura del 70% del
programmato.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari dei servizi di start up e consulenza sono stati disoccupati interessati a intraprendere
iniziative imprenditoriali nel settore nonprofit e imprese sociali esistenti.
I fabbisogni individuati da parte degli utenti dei servizi di start up sono correlati ai seguenti aspetti:
legislativi nazionali e regionali propri del terzo settore; tecnici, legislativi e fiscali delle varie forme
organizzative; legislativi legati allo statuto.
Per le imprese del terzo settore che hanno richiesto i servizi di supporto gestionale i fabbisogni si
sono concentrati principalmente sul fund raising, sul marketing, sugli aspetti fiscali dei contratti ai
dipendenti e su questioni giuridico societarie in generale.
L’apporto di risorse è consistito nella messa a disposizione da parte degli enti designati di
professionisti con comprovata esperienza nel terzo settore e di strutture dedicate (aule attrezzate,
accesso internet e banche dati) per erogare al meglio i servizi connessi con le attività di start up e di
risorse on line per agevolare il ricorso ai servizi in modalità a distanza e in presenza. Non sono stati
coinvolti altri attori al di là dei partners di progetto.
Per la valutazione di questi servizi non sono stati utilizzati questionari ma solamente interviste agli
utenti, ai consulenti e ai coordinatori delle fasi in quanto considerati più attendibili rispetto ai primi.
Emergono livelli alti di soddisfazione registrati nei reports di intervista. Le dimensioni valutate sono
state l’efficacia e l’efficienza del servizio erogato oltre a dimensioni prettamente “relazionali” ancora
meno tangibili ma ugualmente importanti quali la disponibilità dei consulenti in termini di tempo e
flessibilità, gli aspetti comunicativi, di comprensione e di immedesimazione. I reports registrano
piena soddisfazione per tutte le dimensioni rilevate in tutti e tre i servizi (start up , supporto
gestionale e orientamento) con maggiori indicazioni positive per i primi due.
La gestione dell’iniziativa
Il coordinamento dell’intervento si è avvalso di una struttura organizzativa composta dai seguenti
organi.
− Un Comitato di pilotaggio, composto da un rappresentante per ciascun soggetto partner, ha
svolto una serie di incontri periodici per il coordinamento delle attività progettuali,
l’individuazione degli indirizzi strategici generali e la supervisione, oltre al controllo in itinere
delle attività chiave dell’intervento.
31
− Un Comitato scientifico, costituito da un rappresentante di ciascun soggetto partner, un
rappresentante dei soggetti aderenti al progetto e rappresentanti dei beneficiari finali, ha svolto
attività di indirizzo scientifico con compiti di verifica della coerenza tra progetto e sua
realizzazione.
− Due coordinatori (uno per ciascun servizio erogato) e due equipe operative di esperti e
consulenti.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
La sperimentazione è trasferibile in altri contesti territoriali come modello complesso di intervento
(formativo – orientativo – consulenziale) nel settore, ma anche nelle specifiche modalità di intervento
relative alle attività di start up e consulenza gestionale per le imprese nonprofit. I risultati sono
sostenibili attraverso la modellizzazione delle attività principali e la loro riproducibilità (per mezzo di
nuovi finanziamenti regionali, nazionali e comunitari), nonché la crescita professionale del personale
che ha partecipato alla sua realizzazione e che ha potuto acquisire un bagaglio di esperienze maturate
sul campo.
I servizi hanno complessivamente raggiunto un numero limitato di imprese (sia nascenti che
esistenti), producendo un impatto non determinante dal punto di vista della mera quantità, ma - in
positivo - promuovendo la cultura dell’iterazione profit-nonprofit, attivando una rete di relazioni
stabile e collaudando specifiche procedure di intervento. Per i servizi di start up e consulenza
aziendale, Confindustria Catanzaro proseguirà infatti nell’azione, specificatamente indirizzata alle
imprese no profit, anche nell’ambito della sua abituale attività di erogazione di servizi alle imprese
profit.
Il progetto nella sua interezza e anche per singole fasi e azioni, costituisce di per sé un modello che
pertanto risulta trasferibile in quanto tale e applicabile, anche in forma modificata, in altri contesti
territoriali / formativi.
Indicatori d’impatto
Gli indicatori relativi alle attività indicati come buona prassi riguardano:
numero di utenze soddisfatte su numero di utenze che hanno richiesto i servizi;
numero di consulenze erogate su numero di consulenze programmate;
numero di impatti positivi sulle organizzazioni su numero di organizzazioni che hanno
beneficiato del servizio (per i servizi di supporto gestionale; valutabile dopo un tempo
appropriato);
32
numero di imprese avviate a seguito dei servizi di start up su numero di imprese “potenziali”
che hanno richiesto il servizio;
rapporto percentuale delle imprese in vita dopo due anni (nate dai servizi di start up) rispetto
alle imprese avviate.
33
Buona prassi 4. Formazione per manager dell’economia sociale e del nonprofit
formES – formazione per l’Economia Sociale
Partnership Equal
(Formaconsult Società Cooperativa, Confindustria
Catanzaro, Fondazione UALSI onlus e Associazione
D.I.S)
Redazione della scheda
Giovanni Silipo – Francesco Arnò – Antonio Mazza
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Regione Calabria
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
8%
N° di persone coinvolte per l’attuazione
32
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
15 Disoccupati / inoccupati
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Nessuno
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
L’attività formativa, realizzata dal soggetto referente Formaconsult Società Cooperativa, con
espresso riferimento alla buona pratica in oggetto, ha riguardato l’attivazione di un corso per
disoccupati con la qualifica di “Manager delle organizzazioni non profit” (ONP), della durata di 500
34
ore, rivolto a 15 utenti, con la realizzazione di stage e visite guidate, inseriti nelle attività di
formazione previste, presso realtà qualificate dell’economia sociale.
Le aree di contenuto hanno fatto riferimento ai seguenti moduli formativi: il ruolo del manager delle
ONP; economia sociale e ONP; gestione delle risorse umane, strumentali e tecnologiche; marketing
sociale e qualità dei servizi; fund raising, comunicazione e internet; bilancio e gestione fiscale;
gestione e il finanziamento dei progetti del Fondo Sociale Europeo (FSE).
L’innovazione ha riguardato la formazione di una nuova qualifica e di nuove competenze, per il
territorio di riferimento, con particolare attenzione agli aspetti della managerialità e di una più
efficace ed efficiente gestione organizzativa delle imprese non profit.
L’attività ha consentito il conseguimento dei seguenti obiettivi strategici: una precisa conoscenza
della figura professionale del manager delle ONP e delle competenze ad essa connesse, in linea con
le esigenze espresse dalle imprese sociali; la messa a disposizione, per il mercato del lavoro, di una
qualifica professionale e di competenze specifiche, certificate dalla Regione Calabria (attraverso la
partecipazione alla commissione di esami finali del corso).
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Dei 15 iscritti iniziali 8 persone si sono ritirate e immediatamente sostituite attingendo alla
graduatoria delle selezioni pre-corso. Tutte le 15 persone sono state qualificate dopo un percorso di
500 ore di cui 400 in aula, 70 di stage e 30 di visite guidate. Alcune osservazioni sono emerse nella
fase d’aula relativamente al programma didattico giudicato da alcuni troppo incentrato su alcuni
moduli didattici (Bilancio e gestione fiscale) e troppo poco su altri (Gestione e finanziamento dei
progetti) e poi relativamente alla sovrapposizione di contenuti di tre moduli didattici diversi
(marketing sociale e qualità dei servizi; gestione delle risorse umane, strumentali e tecnologiche). La
fase di stage ha visto gli allievi impegnati presso la Fondazione UALSI (partner di progetto) dove
sono stati coordinati e supervisionati dal direttore sanitario nella realizzazione della carta dei servizi e
di alcune procedure di gestione relativamente ai processi di qualificazione dei fornitori e di
programmazione dei servizi. Nella fase relativa alle visite guidate gli allievi sono stati presso cinque
strutture di rilevanza nazionale in Emilia Romagna (Assoform di Rimini, Associazione figli del
Mondo, Comunità di San Patrignano, Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas di Rimini) dove
hanno potuto confrontarsi con modelli organizzativi e realtà tra loro differenti. Concludendo nella
fase d’aula non ci sono stati che scostamenti minimi rispetto al progettato relativamente ad alcuni
moduli didattici. La fase di stage e di visite guidate hanno replicato fedelmente quanto definito nella
progettazione esecutiva.
35
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari della formazione per “Manager di ONP” sono stati 15 disoccupati interessati a
sviluppare skills necessarie per poter accedere nel settore non profit.
I fabbisogni dei destinatari sono stati la richiesta di aumentare il loro potenziale professionale in
termini di abilità tecnico manageriali, comunicative e relazionali e quindi di fare esperienze
significative direttamente con protagonisti del terzo settore. Le risorse messe a disposizione del
partner di progetto che ha erogato il servizio oltre a quelle di base (aula didattica attrezzata, banche
dati) anche la possibilità di effettuare visite guidate presso organizzazioni del terzo settore di
rilevanza nazionale e lo stage presso una Fondazione partner di progetto.
Attraverso la distribuzione di questionari di soddisfazione per modulo didattico e le interviste
individuali e di gruppo sono emerse valutazioni da parte dei discenti positive per l’intero percorso
formativo. In particolare il questionario ha valutato le seguenti dimensioni di qualità: l’attrattività del
modulo e la coerenza, la chiarezza del linguaggio e la disponibilità del docente. Tutti i moduli hanno
riportato valori medi alti (maggiori a 2 su una scala da 1 a 4 di cui l’80% maggiore di 3). Le
dimensioni che hanno riportato i valori più alti sono state la coerenza e la disponibilità del docente.
Nelle interviste di gruppo sono emerse alla fine della fase in aula una insoddisfazione relativa alla
distribuzione delle ore per modulo didattico. I discenti avrebbero voluto più ore per un modulo
didattico (gestione e finanziamento dei progetti) e meno per un altro (bilancio e gestione fiscale).
Nelle interviste non sono emerse insoddisfazioni particolari, se non quelle relative all’inizio della
fase di stage dove sono state mosse critiche sulla coerenza delle attività con l’impianto progettuale e
gli obiettivi da parte di alcuni discenti. Il responsabile del monitoraggio confrontandosi con il
coordinatore della fase di stage e con il direttore sanitario hanno potuto rimediare coordinando al
meglio le suddette attività tra i diversi gruppi di partecipanti. Piena soddisfazione per le visite guidate
come emerge dai colloqui individuali con discenti e tutor.
La gestione dell’iniziativa
Il coordinamento dell’intervento si è avvalso di una struttura organizzativa composta dai seguenti
organismi.
-
Un Comitato di pilotaggio, composto da un rappresentante di ciascun soggetto partner; il
Comitato ha svolto una serie di incontri periodici per il coordinamento delle attività progettuali,
oltre a stabilire gli indirizzi strategici generali e operare la supervisione e il controllo in itinere
delle attività chiave dell’intervento.
-
Un Comitato scientifico, costituito da un rappresentante di ciascun soggetto partner, un
rappresentante dei soggetti aderenti al progetto e rappresentanti dei beneficiari finali, ha svolto
36
attività di indirizzo scientifico con compiti di verifica della coerenza tra progetto e sua
realizzazione.
-
Un coordinatore didattico, un tutor d’aula, un’equipe di docenti, un tutor aziendale per lo stage e
un tutor accompagnatore per le visite guidate.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
La sperimentazione è trasferibile in altri contesti territoriali come modello complesso di intervento
(formativo – orientativo – consulenziale) nel settore non profit, ma anche nelle specifiche modalità di
intervento relative al corso di formazione per “Manager di ONP”.
Il corso, la cui necessità è emersa da un’indagine sul territorio, che ha interpellato direttamente un
consistente numero di imprese sociali, in realtà non ha confermato le aspettative in termini di risultati
occupazionali. All’esigenza di avere dei manager qualificati che migliorino la gestione organizzativa
delle imprese non profit calabresi non corrisponde automaticamente la possibilità o la volontà da
parte di queste di assumere le risorse umane disponibili.
La selezione degli allievi che hanno partecipato al corso si è dimostrata relativamente debole per
numero di domande rispetto ai posti disponibili e quindi non in grado di esprimere una qualità
uniformemente alta nelle professionalità in uscita.
L’approccio formativo si è dimostrato esaustivo per le tematiche trattate, ma con una eccessiva
presenza di contenuti teorici rispetto alla possibilità di esplicare attività pratiche (esercitazioni, studio
di casi, ricerche, project work, ecc.) anche in relazione al numero di ore complessivo, che si è rivelato
limitato per una parte dell’utenza che non aveva sufficienti competenze di base.
Molto interessante la parte del corso (100 ore) dedicata alle attività di stage e di visite guidate che ha
in sostanza permesso agli allievi di sperimentare direttamente quanto appreso a livello teorico nel
percorso formativo.
Il progetto nella sua interezza e anche per singole fasi e azioni di ciascuna fase, costituisce di per sé
un modello che pertanto risulta trasferibile in quanto tale e applicabile, anche in forma modificata, in
altri contesti territoriali/formativi.
Indicatori d’impatto
A fronte delle attività realizzate si possono proporre i seguenti indicatori.
-
Numero di allievi qualificati che hanno trovato occupazione attinente al titolo su numero totali
allievi qualificati.
-
Numero di imprese avviate.
37
-
Numero di organizzazioni non profit che hanno utilizzato i risultati dell’intervento (come
consulenze da parte dei discenti qualificati).
Questi indicatori dovrebbero essere monitorati a partire dalla fine dell’intervento ad un anno.
Buona prassi 5. Una rete di sostegno per la creazione di nuova imprenditorialità
sociale
INCIPIT SOCIALE IT-G2-BAS-036
Partnership Equal
Redazione della scheda
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
(Solidarietà Integra Soc. Coop. Soc. – Referente,
BA.SE.FOR. Soc. Coop., Camera di Commercio
I.A.A. di Potenza, Comunità Montana Camastra Alto
Sauro, Cooperativa EUROPOLIS, Ordine dei Dott.
Commercialisti della Provincia di Potenza)
Alessandra Gentile
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Provincia di Potenza
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
Risorse economiche investite: 238.039,65 (50,65% del
budget totale)
− 6 componenti Assemblea della PS;
N° di persone coinvolte per l’attuazione − 6 componenti Comitato di Pilotaggio della PS;
dell’iniziativa
− 1 Coordinatore
− 2 Tutor d’aula;
38
− 8 Tutor aziendali;
− 15 docenti;
− 1 orientatore;
− 2 esperti pari opportunità
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
25 destinatari
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
12.000 (circa) cittadini della comunità interessata
(Comuni di Abriola, Anzi, Calvello, Corleto Perticara,
Guardia Perticara, Laurenzana – Prov. di Potenza)
destinatari di servizi sociali
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Volto allo sviluppo dell’economia sociale locale attraverso la creazione di un incubatore d’imprese
sociali, il progetto prevedeva la mediazione di un’azione pilota d’accompagnamento alla creazione
d’imprese sociali, di cui la formazione ha rappresentato una parte fondamentale. Concepita come
strumento d’inclusione sociale rispondente a nuovi bisogni della comunità, essa aveva l’obiettivo di
stimolare:
- la creazione di servizi che soddisfino bisogni sociali nuovi o “dimenticati”;
- la promozione sociale, fornendo servizi qualificati alle persone deboli della comunità;
- la crescita economica locale, attraverso la creazione di una nuova classe d’imprenditori nonprofit.
Nello specifico, la formazione mirava da un lato a rendere i destinatari capaci di pianificare ed offrire
servizi sociali di qualità e coerenti con i bisogni espressi dalla comunità locale e, dall’altro, a
trasferire conoscenze sulla gestione e l’organizzazione d’impresa (sociale). Così sono stati realizzati
due percorsi formativi, Assistente domiciliare e dei servizi tutelari ed Animatore Sociale Polivalente,
della durata di 360 ore, (200 in aula e 160 di stage), nell’ambito di un percorso più ampio di
accompagnamento alla creazione d’impresa.
Cinque elementi hanno guidato progettazione e realizzazione dei percorsi:
1. sapere appreso: sezioni specialistiche strettamente correlate alle attività delle nuove imprese
sociali, definite da una fase di analisi che ha permesso di identificare i bisogni del territorio e
pianificare le attività da attivare (in funzione degli orientamenti forniti dalla rete);
2. sapere agito: intervento di formatori con esperienza professionale nelle materie di competenza;
39
3. formazione sul campo: ruolo cruciale degli stage “individualizzati” sulla base di un progetto
professionale personale, di attitudini, di capacità dimostrate e ruolo professionale da ricoprire
nella futura impresa sociale;
4. bilancio di competenze: ex ante e in itinere per consentire la definizione di un programma di stage
individualizzato;
5. consulenza per la creazione d’impresa: in rete (intervento attori interessati alle idee progettuali)
che è continuata al termine della formazione.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Una fase di comunicazione rivolta alla comunità ha preceduto la selezione. I requisiti per partecipare
erano: essere disoccupati; risiedere nel territorio della Comunità Montana Camastra Alto Sauro
(CMCAS); essere in possesso di diploma della scuola dell’obbligo. La selezione ha valutato nei
candidati: conoscenze rispetto alle professioni di riferimento, motivazione e progetti professionali.
Il progetto prevedeva 200 ore di formazione in aula e 160 di stage. Le prime 100 ore in aula
riguardavano la creazione d’impresa e le materie trasversali alle due figure professionali, le seconde
100 erano specialistiche. Sono state realizzate 40 ore di stage presso realtà sociali di Pavia
(osservazione di imprese che forniscono servizi diversificati agli anziani e scambio con professionisti
del settore), verificando le attitudini professionali e confermando o ridefinendo i progetti
professionali. Gli stage in Basilicata (120 ore) sono stati calibrati sulla base di tale verifica. Così,
sono stati pianificati dei percorsi individualizzati sulla base del possesso di un progetto professionale
personale, attitudini, capacità dimostrate e ruolo professionale da ricoprire.
In realtà, erano previste solo 40 ore specialistiche, ma il percorso è stato ridefinito dando priorità alla
specializzazione e alla creazione d’impresa. Ancora, al contrario di quanto previsto, lo stage a Pavia
ha preceduto quello in Basilicata. Ciò per riprendere il processo di accompagnamento alla
definizione del progetto professionale iniziato in aula, nell’ipotesi che una fase di testaggio sul
campo avrebbe rappresentato un importante momento di verifica. Così è stato possibile pianificare
stage rispondenti alle esigenze formative di ogni corsista, anche di chi durante il percorso aveva
maturato l’idea di non voler creare un’impresa (sopperendo ad una forte criticità).
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Il progetto era volto all’inserimento di giovani disoccupati in cerca di prima occupazione e
disoccupati di lunga durata, con particolare attenzione alle donne ed ai disabili.
L’analisi svolta in fase di progettazione tra i disoccupati della zona evidenziava le seguenti criticità:
specializzazione scolastica scollegata dalle potenzialità economiche del territorio; assenza d’offerta
40
privata di lavoro; gap temporale tra termine degli studi e lavoro, che porta ad una dequalificazione
del titolo acquisito; demotivazione di chi cerca lavoro, che produce emarginazione e/o emigrazione.
I percorsi di formazione erano rivolti a 28 disoccupati, con le seguenti “riserve” (da aggiungere ai
requisiti indicati precedentemente): 60% di sesso femminile; 10,6% di disabili; 50% di età inferiore
ai 25 anni; 50% d’età compresa tra i 25 e i 50 anni. In realtà nessun uomo o disabile ha partecipato
alla selezione; le 25 partecipanti erano tutte donne: 5 di meno di 25 anni, 1 di più di 50 ed il resto con
un’età tra i 25 ed i 50; 8 di loro in cerca di prima occupazione e le restanti 17 disoccupate di lunga
durata. Due laureande, 11 diplomate, 2 in possesso di qualifica triennale ed 8 con diploma di scuola
media inferiore.
La gestione dell’iniziativa
La formazione ha coinvolto tutta la partnership di sviluppo che ha gestito il progetto Equal: CMCAS
e Solidarietà Integra promozione dell’iniziativa; Basefor coordinamento formazione in aula; docenze
tutti i membri della PS; coordinamento ed organizzazione stage Solidarietà Integra; organizzazione
stage a Pavia: cooperativa Europolis; accompagnamento alla creazione d’impresa Solidarietà Integra,
Forim (Azienda Speciale della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di
Potenza), Europolis.
Coordinata dal Comitato di Pilotaggio (che ha un rappresentante per partner di progetto), la
partecipazione di ogni partner sulla base delle proprie competenze ha reso più efficaci gli interventi.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
L’esperienza evidenzia come la flessibilità dell’attività formativa, sia una condizione indispensabile
alla sua efficacia.
La durata dei percorsi, non permettendo il riconoscimento di qualifica professionale (la Regione
Basilicata richiede 600 ore contro le 360 realizzate), ha costituito un limite dell’azione, superato
inquadrando i percorsi sui singoli progetti professionali delle corsiste. Se si ripetesse l’esperienza,
sarebbe preferibile aumentare le ore di formazione riducendo i tempi di sensibilizzazione. Per non
compromettere i risultati di questa fase, si dovrebbe ricorrere a canali di comunicazione che
raggiungono direttamente il target di persone potenzialmente interessate dal progetto (associazioni,
volontariato), piuttosto che organizzare incontri destinati a tutta la comunità locale. Ancora, la
realizzazione di una fase di orientamento dei candidati eviterebbe la partecipazione di persone non
interessate o non coscienti dei reali obiettivi del progetto.
Volendo riprodurre la pratica e proporre un modello, quando un percorso formativo si inserisce nel
quadro di una problematica sociale emergente alla quale si vuole dare una risposta innovante
41
nell’ambito dell’economia sociale e solidale, non si dovrebbe proporre una formazione seguendo
schemi tradizionali. Tale modello, infatti, presuppone un’elevata flessibilità (adattamento e
riprogrammazione delle attività in funzione dei risultati del monitoraggio), non solo di contenuti e
metodologie, ma anche della struttura responsabile della formazione. La progettazione non è più
dissociata dalla sperimentazione (riprogrammazione continua). Inoltre, è necessario rafforzare le
articolazioni tra attività, ad esempio tra formazione e strutturazione / animazione della rete,
coinvolgendo i formatori in tale processo. Un secondo principio da seguire prevede che le attività
formative dovrebbero essere accompagnate da azioni di sensibilizzazione destinate a tutti gli attori
intermedi (associazioni e imprese nonprofit del territorio, enti pubblici, ecc.). la presenza di problemi
di sensibilizzazione ad uno dei livelli indicati genera infatti disfunzionalità che possono pregiudicare
l’efficacia del processo formativo. Infine, è evidente la necessità di associare all’aula lo stage pratico,
metodologia da sviluppare fin dove possibile.
Indicatori d’impatto
Le attività svolte possono essere sintetizzate attraverso i seguenti indicatori.
− Indicatori relativi ai percorsi formativi. Numero di percorsi realizzati: 2; numero di beneficiari
totali: 25, 13 in “Animatore Sociale polivalente” e 12 in “Assistente domiciliare e dei servizi
tutelari”; numero ore di formazione in aula per percorso formativo: 200; numero docenti: 15;
numero tutor d’aula: 2; numero ore di stage per percorso formativo: 160; numero di strutture
coinvolte nella fase di stage: 10 in tutto.
− Indicatori relativi alla rete di sostegno. Per lo stage a Pavia (40 ore) sono state contattate tre
cooperative che gestiscono servizi alla persona (assistenza domiciliare anziani, minori e disabili,
case di cura, comunità alloggio per minori…). Per lo stage in Basilicata (120 ore) sono state
coinvolte tre cooperative che forniscono servizi diversificati (assistenza scolastica, servizi agli
immigrati, inserimento lavorativo di ex-tossicodipendenti), un’associazione culturale (laboratori
scolastici), il reparto di geriatria dell’Ospedale San Carlo di Potenza, l’U.D. Servizi Sociali del
Comune di Potenza e l’U.D. Istruzione del Comune di Potenza.
− Indicatori relativi ai progetti imprenditoriali. Numero tutor aziendali: 3 durante lo stage a Pavia
e 8 durante lo stage in Basilicata; numero orientatori: 1; numero d’incontri sulle pari opportunità:
3; numero progetti d’impresa: 3. Cinque persone del Comune di Anzi vogliono creare una
cooperativa sociale per gestire un centro diurno per anziani e fornire assistenza a domicilio ad
anziani e disabili. Sei persone del Comune di Laurenzana vogliono creare una cooperativa
sociale che partirà fornendo assistenza a domicilio agli anziani, per poi gestire una casa di riposo
comunale la cui struttura non è ancora pronta. Due ragazze del comune di Abriola vogliono
creare un’associazione culturale che proporrà laboratori nelle scuole del territorio di riferimento.
42
Numero incontri di “accompagnamento alla creazione d’impresa”: 9. A questi incontri hanno
partecipato, avvicendandosi, le 13 corsiste che hanno un progetto di costituzione d’impresa
sociale o di associazione. Inoltre, hanno preso parte agli incontri due consulenti esterni per la
costituzione dell’incubatore sociale, un consulente di Forim ed uno per Solidarietà Integra. A due
di questi incontri ha partecipato anche un consulente venuto da Pavia per la Cooperativa
Europolis.
Buona prassi 6. Costruzione di una rete di sostegno per lo sviluppo e il
consolidamento dell’economia sociale
INCIPIT SOCIALE IT-G2-BAS-036
Partnership Equal
Redazione della scheda
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
(Solidarietà Integra Soc. Coop. Soc. – Referente,
BA.SE.FOR. Soc. Coop., Camera di Commercio
I.A.A. di Potenza, Comunità Montana Camastra Alto
Sauro, Cooperativa EUROPOLIS, Ordine dei Dott.
Commercialisti della Provincia di Potenza)
Rocco Laraia
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Provincia di Potenza
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
Risorse economiche investite: Euro 113.650,45
(24,18% del budget totale)
N° di persone coinvolte per l’attuazione − 6 componenti dell’Assemblea della PS;
dell’iniziativa
− 6 componenti del Comitato di Pilotaggio della PS;
43
− 6 Sindaci rappresentanti dei Comuni;
− 2 Rappresentanti del GAL (Gruppo d’Azione
Locale) Basento Camastra;
− 5 componenti dell’Incubatore
− 9 attori esterni della Rete (operatori di progetto,
operatori di imprese sociali già esistenti, consulenti
tecnici, rappresentanti del Terzo Settore,
rappresentanti di Enti Locali, che hanno
partecipato, a vario titolo, ciascuno in virtù del
contributo che poteva apportare per il proprio ruolo
e le proprie competenze, alle azioni necessarie alla
costituzione ed al funzionamento della Rete di
sostegno agli obiettivi progettuali)
− 6 Sindaci (rappresentanti della Amministrazioni
Comunali e della comunità rappresentate);
− 1 Presidente G.A.L. Basento Camastra e
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
− 1 Direttore G.A.L. Basento Camastra
(rappresentanti dell’intera struttura intercomunale);
− 13 neo-imprenditrici sociali (protagoniste di
progetti di impresa realizzati attraverso un lavoro
di rete)
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
12.000 (circa) cittadini della comunità interessata
(Comuni di Abriola, Anzi, Calvello, Corleto Perticara,
Guardia Perticara, Laurenzana – Provincia di Potenza)
destinatari di servizi sociali
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Per coinvolgere gli attori responsabili delle politiche sociali e del lavoro nell’area interessata in una
rete di sostegno al potenziamento dell’economia sociale, il Progetto ha previsto l’innovativa strategia
di far precedere le azioni propriamente collegate alla costituzione della rete da due Macrofasi
“preparatorie”, in modo da: 1) promuovere presso la comunità e gli attori locali il progetto, prima di
proporre un’adesione formale; 2) coinvolgere gli stessi interlocutori nella fase di analisi e ricerca
indirizzata ad evidenziare quelle problematiche sulle quali far intervenire la rete. Nella terza
44
Macrofase gli attori, resi sufficientemente preparati, in virtù della realizzazione delle precedenti
attività, sugli intenti della Partnership, sono stati sensibilizzati con incontri e seminari realizzati
nell’area coinvolta alla sottoscrizione di un protocollo di adesione al Progetto, ai suoi obiettivi ed al
mantenimento dei risultati. Un principio fondamentale per la costituzione di una rete funzionale ed
attiva è stato identificato nella “contestualizzazione” della risposta sociale da manifestare, ossia nel
coinvolgimento di attori locali, fortemente responsabilizzati in virtù dell’identificazione, come
obiettivi prioritari della rete, di interventi sociali di loro immediato interesse (ad esempio utilizzo di
strutture inattive; programmazione di servizi sociali assenti o parzialmente inefficaci). Hanno aderito
al protocollo, insieme ai partner dell’Equal Incipit Sociale, i sei comuni dell’area ed il GAL (Gruppo
di Azione Locale) Basento Camastra. Il Protocollo sottoscritto ha consentito alla rete di utilizzare
procedure “elastiche”, in grado di far funzionare la Partnership senza vincoli di maggioranza,
unanimità e/o di esclusività e con il coinvolgimento, negli interventi specifici, degli interlocutori più
direttamente interessati. Nella quinta Macrofase gli interlocutori della Partnership sono stati chiamati
a lavorare in rete per le attività di incubazione di nuove iniziative di economia sociale nel territorio
coinvolto. Elementi di innovazione proposti dal progetto sono quindi: una risposta sociale
contestualizzata; la responsabilizzazione degli attori; un approccio sistemico ed integrato; la
promozione preliminare dell’intento; la flessibilità di costituzione e funzionamento della rete.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Due incontri presso la Comunità Montana Camastra Alto Sauro ed a Laurenzana (PZ) con i Sindaci
dei Comuni dell’area hanno avviato il Progetto. Due successivi interventi – incontri / seminari in
ciascun Comune dell’area, convegno aperto a tutta la cittadinanza dei sei Comuni – avevano lo scopo
di promuovere l’azione. Il Progetto prevedeva la realizzazione di diversi convegni ma è risultato più
efficace il coinvolgimento di pochi interlocutori realmente interessati. Anche durante la terza
Macrofase si è proceduto con incontri e ristretti. L’identificazione degli interlocutori è stata affidata
agli stessi attori: ciascun Sindaco ha adottato un proprio metodo, convocando gruppi di disoccupati
interessati all’iniziativa o prima i rappresentanti del governo locale e poi, più indirettamente, la
comunità o essenzialmente gli operatori locali del terzo settore. Quindi, gli attori locali hanno
formalmente costituito la rete. Non hanno ritenuto di aderire al Protocollo l’ASL competente ed il
GAL Akiris. L’avvicendamento delle amministrazioni comunali per scadenza di mandato o
commissariamento, la diffidenza di alcuni amministratori dinanzi a proposte innovative, la scarsa
abitudine alla progettazione condivisa e, soprattutto, la ri-programmazione a livello regionale delle
politiche sociali hanno rappresentato le criticità più rilevanti. La complementarietà tra iniziative
progettuali e programmi amministrativi ha determinato notevoli benefici.
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Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari principali sono stati comuni e istituzioni coinvolte nelle politiche sociali, disoccupati
interessati ad interventi da sviluppare in rete. I beneficiari risiedono ed operano in un territorio in cui
i bisogni sociali sono rilevanti (spopolamento, invecchiamento, crescente fragilità sociale). I soggetti
del terzo settore sono stati presenti in maniera intermittente, poco “specialistica” e spesso da fuori
Regione. La formazione / informazione sulle professionalità, abilitazioni e qualifiche nel sociale non
appare particolarmente diffusa. I Comuni ed il GAL Basento Camastra hanno diffuso gli obiettivi
progettuali, ospitato gli incontri di sensibilizzazione e messo a disposizione referenti per le analisi e
ricerche. Il Comune di Laurenzana ha concesso, in comodato gratuito, la sede per la realizzazione
delle attività e collaborato, come il Comune di Anzi, alla definizione ed “incubazione” di idee di
impresa funzionali alle esigenze del territorio. Sono stati coinvolti operatori pubblici e privati. Il
Centro di Servizio al Volontariato regionale, non aderente alla PS, ha rappresentato, nei seminari, le
associazioni locali.
La gestione dell’iniziativa
Ciascun partner ha nominato un referente nel Comitato di Pilotaggio che ha coinvolto operatori di
progetto investiti di responsabilità ed implementato le procedure di funzionamento della rete,
convocando agli incontri tutti i componenti senza escludere terzi interlocutori (con potere consultivo
ma non decisionale) ed evitando paralisi in caso di assenze (le decisioni sono prese dai partecipanti
agli incontri). Nella fase di finale il Comitato ha attivato la struttura dell’incubatore che ha coordinato
i lavori in rete in maniera ancor più elastica e funzionale.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
L’esperienza evidenzia un ruolo strategico eccessivo della componente istituzionale per il
conseguimento degli obiettivi, inevitabile in aree interne in cui le amministrazioni comunali
assumono un ruolo determinante in ogni aspetto della vita sociale della comunità. Sarebbe
opportuno, per la reiterazione del progetto in contesti simili, costituire la rete in fase di progettazione
preliminare, richiedendo ai soggetti coinvolti, oltre alla condivisione di intenti, un impegno
finanziario. Ciò restringerebbe la rete ai soggetti realmente consapevoli delle potenzialità
dell’intervento e garantirebbe la partecipazione attiva alle iniziative, a prescindere da avvicendamenti
amministrativi e/o altri episodi suscettibili di determinare la passività dei singoli interlocutori.
Bisognerebbe, però, anticipare le attività di promozione ed analisi, preliminari alla strutturazione
della rete, al periodo precedente a quello di progettazione (disponendo delle risorse necessarie prima
dell’eventuale finanziamento al progetto). È difficile immaginare che gli attori locali siano
disponibili ad assumere, in sede di stipula del Protocollo un impegno finanziario per la realizzazione
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degli obiettivi della Partnership pubblico / privata, per quanto ciò rappresenterebbe, sotto molteplici
aspetti, una garanzia per il raggiungimento degli intenti. D’altronde, uno dei punti di forza principali
della buona pratica, facilmente trasferibile in iniziative similari, è proprio l’elasticità del Protocollo e
la conseguente possibilità di coinvolgere gli attori della rete in funzione dei loro specifici interessi e
competenze, senza dover attendere, per ogni decisione, l’adesione vincolante di ciascun interlocutore
(procedimento difficilmente prevedibile in caso di assunzione di impegni finanziari). Altro elemento
idoneo ad agevolare la miglior realizzazione dell’iniziativa in altri contesti è, laddove possibile, il
riequilibrio della Partnership attraverso il coinvolgimento diretto di componenti del terzo settore che
potrebbero contribuire allo svolgimento di funzioni attribuite, all’interno della rete.
Indicatori d’impatto
− Numero di persone coinvolte direttamente nelle attività di costituzione della rete: 6 componenti
del Comitato di Pilotaggio; 5 componenti dell’incubatore; 13 componenti formali della rete (6
componenti dell’Assemblea della PS, 6 Sindaci in rappresentanza dei Comuni, 1 Direttore del
GAL); 13 protagoniste di progetti realizzati in rete; 9 consulenti esterni della rete (operatori di
progetto, operatori di imprese sociali, consulenti tecnici, rappresentanti del terzo settore,
rappresentanti di Enti Locali). Totale 46 persone.
− Numero di Atti formali sottoscritti: 1 Protocollo di Intesa.
− Numero di soggetti aderenti al Protocollo: 6 componenti della PS (rappresentati dal Responsabile
Legale del Soggetto Referente), 6 Comuni (aderenti con delibera e rappresentati da ciascun
Sindaco), 1 GAL. Totale 13 soggetti.
− Numero di incontri formali realizzati (finalizzati alla costituzione e/o ai lavori della Rete): 1
incontro di avvio Progetto; 1 riunione con i Sindaci dell’area; n° 7 incontri promozionali presso i
Comuni dell’area; 5 incontri di sensibilizzazione degli attori locali presso i Comuni dell’area; 1
convegno; 3 seminari di formazione per il personale dell'incubatore; 1 incontro consulenti
incubatore.
− Giornate dedicate ad incontri finalizzati alla costituzione e/o ai lavori della Rete: 21.
− Sono stati realizzati 9 incontri di lavoro per le attività di “accompagnamento all’impresa”.
− Sono previsti, prima della fine del Progetto almeno altri tre seminari di formazione per il
personale dell'incubatore (dedicati alla progettazione “in rete” delle nuove iniziative
imprenditoriali) di due giornate ciascuno.
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Buona prassi 7. Mappatura, animazione e promozione microimprenditorialità
sociale in contesti abitativi problematici
Partnership Equal
IMPRESA DI COMUNITA’ – IT-G2-FRI-007
Redazione della scheda
Dario Grison
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Comune di Trieste
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
10%
N° di persone coinvolte per l’attuazione
32
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Persone in condizioni di svantaggio sociale abitanti
nelle aree bersaglio del progetto (ca. 30)
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Persone appartenenti ad organizzazioni
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Le attività svolte intendevano promuovere la partecipazione attiva dei beneficiari diretti ed indiretti
alla determinazione di dettaglio delle iniziative imprenditoriali del progetto Equal Impresa di
comunità.
A Trieste è attivo un progetto di prevenzione denominato Habitat Microaree, nato a fine 1998, da
un’intesa tra il Comune, dall’Azienda per i Servizi Sanitari (ASS n°1) e dall’Azienda Territoriale per
48
l’Edilizia Residenziale (ATER) con lo scopo di migliorare la qualità della vita degli abitanti di alcuni
rioni “a rischio”, caratterizzati dalla forte o esclusiva presenza di caseggiati ATER, nei quali si
concentrano alcune problematiche di disagio sociale. Il progetto è realizzato in piena collaborazione
dai tre enti promotori, con il coinvolgimento del settore nonprofit (associazionismo, volontariato,
cooperazione sociale).
Habitat Microaree è un progetto centrato principalmente sugli obiettivi della salute, della socialità e
della casa, al quale il progetto Equal ha inteso aggiungere i temi dello sviluppo dell’economia sociale
nei territori, attraverso la promozione di iniziative di microimprenditorialità dei residenti
caratterizzate da un forte valore aggiunto sociale. Impresa di comunità non ha dunque predeterminato
in partenza tutti i contenuti progettuali di dettaglio, affidando ad un processo di progettazione
partecipata con i beneficiari diretti e indiretti, il compito di individuare le iniziative più consone ai
bisogni e alle risorse di ciascuna delle aree di Trieste, coinvolte nel progetto.
L’obiettivo strategico di Impresa di comunità è l’innovazione orientata al processo, caratterizzata dal
tentativo di raccordare le reti primarie le reti secondarie all’interno delle aree bersaglio. Le reti
primarie sono costituite dagli ambienti di vita prossimi ai beneficiari del progetto, mentre le reti
secondarie sono costituite dagli organismi istituzionali responsabili per la realizzazione delle
politiche sociali e di territorio. La cooperazione sociale si pone in una collocazione intermedia fra le
due reti, gestendo servizi a favore dei beneficiari che hanno come committenti gli enti delle reti
secondarie. Il progetto ha inteso innovare questo processo attivando una partecipazione diretta dei
beneficiari alla definizione e alla produzione di iniziative di benessere nei propri contesti di vita. Ciò
significa rompere l’autoreferenzialità delle reti secondarie, attivando una loro ridefinizione, in base
alle indicazioni e ai bisogni forniti dai beneficiari. I processi partecipativi a partire dalle reti primarie
retroagiscono sui sistemi di rete secondaria, ridefinendone il sistema di connessione, l’articolazione e
il modo di produzione dell’offerta.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Innanzitutto si è provveduto alla costituzione di quattro Equipe di Coordinamento di Microarea
(ECM), una per ciascuna area territoriale coinvolta nel progetto. Le ECM sono composte da almeno
un rappresentante per ciascun partner di Impresa di comunità. Alle equipe sono stati affidati i compiti
di realizzare la mappatura delle microarea (profilo sociale, bisogni e risorse), promuovere il progetto,
animare la comunità territoriale in vista della creazione di progetti di micro imprenditorialità sociale.
Dopo la mappatura, le strategie adottate da ciascuna ECM per la promozione e l’animazione sono
state diverse, a seconda delle condizioni di sviluppo riscontrate in ciascun territorio. Laddove il
terreno risultava già “dissodato” si è proceduto attraverso metodologie di sviluppo di comunità già
collaudate (interviste a testimoni privilegiati, incontri con gruppi formali ed informali, focus group).
Talvolta poi esistevano delle progettualità “in nuce”, sorte da rapporti coltivati nel tempo e in
49
precedenti azioni di sviluppo territoriale, che hanno potuto trovare, con opportuni adattamenti,
collocazione e sviluppo in Equal. Invece altrove la passività dei territori è sembrata tale da non
consentire un processo partecipativo così evoluto. In questi casi la progettualità “istituzionale” dei
partner ha dovuto integrare o surrogare completamente le carenze del territorio. L’azione di sviluppo
territoriale avrebbe altrimenti richiesto troppo tempo rispetto alle scadenze di Equal.
In generale la difficoltà del processo partecipativo si è riscontrata in una fase successiva, quando la
progettazione dal basso si è confrontata, incontrata e scontrata con la programmazione istituzionale
degli Enti territoriali. La sfasatura tra istituzioni e microrealtà locale ha evidenziato tutte le difficoltà
proprie dei processi allargati di governance, nonché la distanza e l’estraneità nei rapporti.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari che sono stati incontrati e contattati attraverso le attività di animazione proposte nelle
microaree (in genere cittadini dei territori interessati) hanno in genere incontrato difficoltà rispetto ad
un progetto che non erogava contributi, formazione, pacchetti preconfezionati, ma richiedeva loro di
mettere in campo la loro disponibilità sin dalla fase di ideazione. In genere si è riscontrata l’attitudine
alla passività o ad entrare solo in percorsi già predefiniti. Spesso l’incertezza di questo processo ha
generato un’ansia non tollerabile da alcuni, e non prevista dal progetto.
L’altra grossa difficoltà era rappresentata dai vincoli gestionali, amministrativi e operativi di Equal,
che rispetto all’obiettivo dell’imprenditorialità può mettere in gioco risorse destinate alla formazione,
alla consulenza, alla simulazione di start-up, ma ha bisogno di essere coordinato con altre forme di
finanziamento per gli investimenti necessari all’avvio reale dell’attività. Molte idee progettuali si
sono dovute scartare perché eccessivamente avanzate (il progetto di impresa e le competenze
esistevano già, ma si necessitava di un sistema di accesso al credito per gli investimenti iniziali)
oppure perché troppo legate ad un economia basata sullo scambio informale.
Nelle attività di animazione sono stati contattati anche molti attori del territorio che non erano partner
diretti di Equal, ricavandone esiti contraddittori: dall’adesione entusiasta, all’opposizione, in quanto
le microprogettualità di Impresa di comunità sono state avvertite come fumose o contrastanti con i
propri interessi.
La gestione dell’iniziativa
Le attività di progettazione territoriale sono state affidate, come già descritto, alle ECM, coordinate
da un rappresentante della cooperazione sociale (in quanto tra i partner sembrava quello
maggiormente dotato di competenze rispetto al tema “impresa”). Impresa di comunità prevedeva poi
un Comitato di Pilotaggio di tutto il progetto, con il quale le ECM si sono confrontate per verificare
la rispondenza di quanto andavano progettando nei territori, con le finalità e le attività previste da
50
Equal. Questo sistema di management partecipato delle iniziative ha rappresentato un valore
aggiunto soprattutto anche per le criticità che ha evidenziato e che si possono così riassumere:
− difficoltà valutativa in merito all’oggetto specifico di Impresa di comunità (progetti innovativi
che univano “sociale” e impresa);
− conseguentemente difficoltà decisionale in merito ai progetti presentati;
− infine difficoltà legate alla sovrapposizione tra livello gestionale politico e tecnico; non sempre i
partecipanti agli organismi di progetto erano in grado di “reggere” il peso politico di scelte
tecniche, o viceversa di prevedere le conseguenze tecniche di decisioni troppo “politiche”.
In definitiva il progetto ha evidenziato che nel territorio interessato i processi di gestione di
partnership territoriale, sono ancora più processi di negoziazione che di coalizione.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Sono diversi gli elementi di apprendimento derivati dall’esecuzione del progetto.
1. Sembra necessario verificare la tenuta e lo stato di manutenzione delle reti territoriali “prima di
procedere”. L’animazione socio economica dei territori è un’attività altamente complessa che
richiede forme di collaborazione già avviate e consolidate fra quanti vi partecipano.
Preferibilmente vi deve essere già una progettualità da parte di partnership consolidate, che
condividono alcuni principi e competenze metodologiche.
2. Occorre costruire professionalità specifiche in merito all’animazione di territorio. Non si può
dare per scontata la capacità di produrre processi partecipativi, né il criterio della rappresentanza
allargata è sufficiente a garantire la partecipazione. L’animazione di comunità richiede la
padronanza di metodologie, tecniche e strumenti, oltre che di una visione di fondo dei modelli di
sviluppo.
3. E’ utile assicurarsi la leadership istituzionale. I processi di innovazione del territorio richiedono
che le istituzioni se ne facciano promotrici e garanti convinte. Un partner istituzionale tiepido,
indifferente o inconsapevole finisce per costituire un ostacolo più che un aiuto. In genere meglio
avere una partnership costituita da un numero minore di soggetti ma più coesa, rispetto a una
partnership allargata, ma con la presenza di remore o resistenze (anche inconfessate).
4. Occorre verificare, fin dall’inizio, la comprensione e la condivisione dei ruoli, degli obiettivi e
delle attività. Può sembrare un’attività scontata, ma molto spesso le differenze di linguaggio e di
esperienza gravano pesantemente sulla comprensione dei progetti e sui processi successivi. Si
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danno per scontati assunti le cui conseguenze operative non vengono adeguatamente previste o
calcolate, generando fenomeni di “uscita dal gioco” da parte degli attori coinvolti.
5. La partecipazione attiva dei beneficiari appartenenti a contesti connotati da passività e
dipendenza assistita, richiede di delineare percorsi chiari e processi certi, o, in alternativa, forme
di leadership territoriali riconosciute e autorevoli, altrimenti si rischia di disperdere risorse e
disponibilità al coinvolgimento, a causa dell’incertezza del contesto di azione (perché non si
comprende cosa si deve fare, dove si va a finire, ecc.).
Indicatori d’impatto
L’attività di progettazione ha dato l’avvio a 7 progetti, così suddivisi.
Area di Valmaura, Borgo San Sergio, Giarizzole
1. Progetto di riqualificazione e animazione di spazi comuni e aree verdi, con la collaborazione di
un associazione locale di cittadini.
2. Progetto di avvio di un’officina per moto, per il riciclo dell’usato e del rottamabile.
Area di Roiano
1. Un progetto di negozio “solidale” di prodotti per l’infanzia.
2. Un progetto di casa (abitare assistito) per anziani e soggetti fragili (progetto che interessa anche
l’area bersaglio di Valmaura, Borgo S. Sergio e Giarizzole).
Area di San Giovanni
1. Un progetto di avvio di un sistema di raccolta differenziata porta a porta da estendere anche ad
altre aree della città.
2. Un progetto di centro di servizi alle famiglie e al rione, per lo sviluppo di iniziative educative per
la prima infanzia, assistenziali per anziani, di solidarietà (banca del tempo), e la riqualificazione
delle risorse dell’habitat (progetto che prevede degli sviluppi anche sull’area di San Giacomo).
Area di San Giacomo
1. Un progetto per l’avvio di un’impresa sociale di giovani nell’ambito delle nuove tecnologie e
delle forme espressive delle culture giovanili, in collaborazione con l’associazione Xpression
Le iniziative hanno caratteristiche imprenditoriali (nel senso che cercano di avviare realtà suscettibili
di uno sviluppo economico), sociali (nel senso che mirano a produrre effetti di miglioramento sul
benessere e sui livelli di qualità della vita delle aree interessate) e della promozione dell’inclusione
sociale e lavorativa (nel senso che cercano di valorizzare le potenzialità, la creatività e il lavoro di
persone del territorio, che vivono situazioni di difficoltà e di precarietà). All’interno di ciascun
52
progetto è prevista la realizzazione di alcuni project work (in tutto una ventina) con i beneficiari finali
(cittadini disoccupati, inoccupati, giovani in cerca di prima occupazione). I project work hanno avuto
luogo nelle cooperative sociali che si sono fatte garanti della tenuta imprenditoriale delle iniziative.
53
Buona prassi 8. Responsabilità e servizi sociali per le imprese for profit
Partnership Equal
ESI – ECONOMIA SOCIALE E
IMPRENDITORIALITA’
Redazione della scheda
Nicola Paneghel
e-mail di chi ha redatto la scheda
n. [email protected]
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Province di Bari, Brindisi, Taranto
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
>50% risorse
N° di persone coinvolte per l’attuazione
200 circa
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Imprese e operatori del privato sociale e di enti
pubblici e privati
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Imprese e operatori del privato sociale e di enti
pubblici e privati
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Le tre linee programmatiche previste dal progetto Equal ESI – e che rappresentano anche i tre
obiettivi da raggiungere nell’ambito territoriale previsto – erano i seguenti:
1. accompagnare enti pubblici e privati alla creazione di asili nido aziendali, sostenendo eventuali
oneri di ideazione, individuazione, progettazione, project financing e project management.
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2. accompagnare enti pubblici e privati a sostenere tutte le problematiche della CSR (Corporate
Social Responsability), implementando attività, azioni ed investimenti verso la dimensione
sociale (bilancio sociale, responsabilità ambientale, responsabilità sociale verso i dipendenti); in
tal modo si è evidenziata l’importanza del ruolo di questi soggetti nel raggiungimento di uno
sviluppo sostenibile, promuovendo iniziative in grado comunque di generare vantaggi
competitivi per le aziende;
3. accompagnare giovani in cerca di prima occupazione e donne adulte disoccupate verso la
creazione di piccole realtà di cooperative sociali che gestiscano gli asili nido aziendali.
Per quanto concerne le criticità affrontate, il progetto Equal ESI ha operato su tre fronti di
discriminazione che si ripercuotono sull’occupazione nell’ambito del territorio individuato:
1. la popolazione giovanile è priva di precedenti e/o significative esperienze lavorative, e quindi
risulta difficilmente collocabile sul mercato del lavoro;
2. le Piccole Medie Imprese (PMI) sono poco propense verso l’applicazione della “Qualità Sociale”
in azienda ed investono molto poco nella realizzazione di servizi ausiliari di tipo sociale per i
propri dipendenti;
3. la popolazione femminile necessita di conciliare i tempi di casa-lavoro, in quanto nei territori di
intervento non ci si limita alla cura dei bambini, ma riguarda anche anziani e/o disabili non
completamente autosufficienti.
Strumento gestionale fondamentale per offrire un apporto realmente innovativo è il partenariato di
sviluppo. Altri strumenti operativi utilizzati sono stati i seguenti: indagini conoscitive, banca dati e
questionari, indagini di mercato, studi di fattibilità, materiali promozionali, Business plan.
L’innovatività del progetto ESI è visibile nei seguenti ambiti:
− nell’attuazione di strategie che incrementano le possibilità di autoimprenditorialità di persone
svantaggiate (giovani disoccupati/inoccupati e donne adulte);
− nello sviluppo di un network di piccole realtà di imprenditoria sociale che renda più facile e
competitiva la risposta alle esigenze degli utenti;
− nello sviluppo di un network geografico di aziende for profit che esternalizzino (rendendo più
conveniente) alcuni servizi di carattere sociale;
− nell’utilizzo della partnership dio sviluppo (PS) in modo da sviluppare un'interazione di
competenze, di esperienze e di ambiti di intervento diversificati, ma tali da determinare una
efficace ricaduta economica e occupazionale.
In ogni caso, il principale elemento di innovatività introdotto dal progetto è da ricercare nel concetto
di rete, di network di piccole e medie imprese a cui è stata proposto di riunirsi per realizzare più
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efficacemente e a un minor costo dei servizi in favore dei propri dipendenti. Si può inoltre sostenere
che il concetto di rete è oggi cruciale anche per finalità programmatorie e di policy making, visto che
in Puglia si stanno realizzando i Piani di Zona (previsti dalla legge nazionale di riforma dei servizi
sociali n. 328/00). Questi Piani, infatti, richiedono la formazione di reti su base geografica che
condividono le proprie risorse per offrire di servizi ai cittadini.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Tutti i partner del progetto ESI hanno collaborato alla fase di progettazione, ognuno in base alle
proprie peculiarità. Il progetto sin dalle prime fasi di sviluppo ha cercato di rispondere alle criticità
riscontrate quali ad esempio un contesto culturale che ha posto non poche resistenze alla diffusione
delle politiche della CSR e alla creazione di servizi in favore del personale. Se da un lato, infatti, sin
dai primi mesi è stata avviata un attività di promozione serrata, contattando sistematicamente
aziende, gli enti (pubblici e privati) e imprese delle tre province di riferimento, al fine di diffondere
l’idea progettuale di ESI e di raccogliere adesioni, dall’altro lato invece, i risultati raccolti sul campo,
hanno riscontrato un’adesione piuttosto “fredda” nei confronti di tematiche come la CSR e le sue
applicazioni.
Le criticità affrontate dal progetto hanno una notevole rilevanza innanzitutto perché si possono
ripercuotere sull’occupazione nell’ambito del territorio e in secondo luogo perché possono accrescere
l’offerta di servizi in settori particolarmente carenti in regione.
Nella fase di ricerca, dopo aver individuato i reali bisogni avvertiti dai diversi stakeholders riscontrati con rilevazione diretta sul territorio - e dopo aver rilevato i diversi servizi presenti nel
territorio, si è riscontrata l’esigenza di:
− implementare servizi per favorire una maggiore sensibilizzazione delle imprese for profit e
nonprofit verso un'economia orientata sempre più alla qualità sociale e all’utilizzo di strategie e
accorgimenti sociali positivi;
− produrre servizi sociali rivolti ai dipendenti delle aziende, al fine di conciliare maggiormente il
tempo di lavoro con quello familiare, come asili nido aziendali, babysitteraggio domiciliare e
centri diurni intergenerazionali;
− sviluppare un network di PMI che favorisca la nascita di servizi alla persona anche in realtà
aziendali molto piccole.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Il progetto ESI ha agito su due tipi di beneficiari.
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− Le aziende, attraverso attività di consulenza ed accompagnamento per l’avvio di strumenti di
CSR e per l’attivazione e il finanziamento di servizi sociali per le famiglie di dipendenti rivolti a
bambini, disabili ed anziani; si è cercato inoltre di “mettere in rete” le PMI che pur avendo la
necessità di servizi alla persona rivolte ai propri dipendenti non avevano la capacità per
crearli/gestirli singolarmente.
− Le donne adulte e giovani disoccupati/inoccupati, attraverso attività mirate allo sviluppo di
nuove professionalità coerenti con le necessità delle imprese sociali; sono state previste inoltre
attività di consulenza ed accompagnamento per la creazione di micro-impresa sociale e di
connessione in rete delle imprese sociali che svolgono attività di servizi alla persona.
La gestione dell’iniziativa
Organo di indirizzo e controllo del progetto era il Comitato di pilotaggio che si occupava della
gestione complessiva. Sono poi state individuate le responsabilità di ciascun partner. Ciò ha facilitato
la divisione del lavoro, facendo sì che ciascun attore si concentrasse sul proprio specifico know-how.
I partner hanno poi previsto gruppi informali di lavoro e incontri bilaterali finalizzati a specifici
obiettivi progettuali.
La fase di gestione riflette i ruoli dei diversi partner di progetto e le loro specificità. Il coordinamento
dell’attività nazionale era in capo alla cooperativa Auxilium, mentre Dieffe interveniva nelle attività
di gestione, rendicontazione, project management e coordinamento delle attività transnazionali.
Promez, così come Chronos, hanno contribuito in sede di definizione dei contenuti ed erogazione
della consulenza in materia di CSR.
L’approccio multiattore consente di affrontare in modo più efficace le problematiche che si possono
evidenziare in corso d’opera, perché consente di affrontare gli elementi di complessità del territorio
riconducendoli nei gruppi di discussione e cercando al loro interno una sintesi operativa.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
In termini generali è possibile il trasferimento dell’idea progettuale di ESI in altri contesti, sia
geografici che settoriali. Tale possibilità di trasferimento è favorita anche dal fatto che il partner
Chronos in qualità di capofila è titolare di un altro progetto Equal geografico in Regione Veneto con
finalità legate a district learning, innovazione e CSR.
Gli strumenti adottati possono essere valorizzati in situazioni simili, ad esempio in un progetto che si
prefigga come obiettivo lo sviluppo dell’occupazione femminile o delle pari opportunità tra uomo e
donna. Uno sportello informativo sulla CSR, rivolto alle imprese, ma aperto anche ad altre tipologie
di operatori e beneficiari è stato attivato in un altro progetto sperimentale in Veneto.
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Lo strumento / prodotto del network e lo strumento sportello informativo, il modello elaborato per la
redazione del bilancio sociale ed il conseguimento della certificazione SA 8000 potrebbe durare nel
tempo se supportato da risposte positive da parte della popolazione target del progetto. Lo sportello
informativo, in particolare, potrà favorire l’interscambio di informazioni in quanto rappresenta la
modalità per incontrare l’altra tipologia di utenza (giovani lavoratori disoccupati) individuata dal
progetto ESI, ricevendo contemporaneamente feedback sulla tematica dell’autoimprenditorialità. Lo
sportello può divenire autosostenibile nel caso in cui si evidenzi una attività matching domanda
offerta la quale vede da un lato l’offerta di servizi di consulenza e project financing per l’avvio e la
gestione di iniziativa imprenditoriali autonome, know-how patrimonio dei partner della PS, e
dall’altro a seguito dell’’avviata azione di promozione della PS, la richiesta da parte del territorio di
tale tipo di interventi.
Indicatori d’impatto
Gli indicatori d’impatto utilizzati sono i seguenti: numero di imprese for profit contattate, definizione
di un modello di studio di fattibilità e start-up impresa, numero di attori coinvolti, numero di incontri
e giornate di consulenza, numero richiedenti informazioni, numero di persone
disoccupate/inoccupate e/o lavoratori atipici e/ donne adulte, ecc
.
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Buona prassi 9. Accompagnamento alla redazione del Bilancio di Responsabilità
sociale (B-Res)
Partnership Equal
PS ISOLE – Imprese Sociali per Lanciare l’Economia
cod. IT-G2-PUG-070
Redazione della scheda
Bartolomeo Marraffa
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Regione Puglia: provincia di Bari, Brindisi e Taranto
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
circa €. 120.000,000 pari al 20% delle risorse
N° di persone coinvolte per l’attuazione
10
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
5 Cooperative sociali e 1 consorzio di cooperative
sociali
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
L’intero sistema della cooperazione sociale: imprese e
relativi altri stakeholders
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
L’azione, centrata sulla promozione della qualità delle cooperative sociali - attraverso l’attivazione di
processi di miglioramento continuo e attraverso azioni di coinvolgimento e partecipazione dei
principali portatori di interesse che interagiscono con le cooperative sociali – ha permesso il
raggiungimento dei seguenti obiettivi progettuali:
59
− Diffusione della cultura della responsabilità sociale tra gli operatori del settore, anche grazie
l’attività degli sportelli del nonprofit attivati nell’ambito del progetto.
− Promozione della pratica della rendicontazione sociale, come strumento principe per esprimere la
propria finalità sociale.
− Sperimentazione di un modello di bilancio sociale adatto alle realtà pugliesi. Dalla conoscenza
delle necessità delle cooperative sociali pugliesi (focus con i partner, progetti precedenti,
presenza sul territorio) all’individuazione di uno strumento di bilancio sociale capace di
evidenziare le specificità delle stesse e in grado di accompagnarle nel processo rendicontativo.
− Attivazione di processi di qualità avanzati e integrazione con altri strumenti, accompagnando le
cooperative sociali in processi di miglioramento continuo per portarle ad un sistema di qualità
evoluto e complesso. Attivazione, a fianco di processi di qualità già sperimentati (certificazione
di qualità, carta dei servizi), di percorsi per la redazione del bilancio sociale capaci di portare a
sistema quanto gia avviato e applicato (integrazione strumenti di qualità).
− Rafforzamento di competenze presenti nelle cooperative e negli organismi di servizio (consorzi,
enti di accompagnamento e sviluppo). Attenzione allo sviluppo delle competenze presenti a
livello locale e attivazione di processi di apprendimento learning by doing, al fine promuovere la
capitalizzazione delle conoscenze e la replicabilità dei percorsi.
Per quanto riguarda gli elementi di innovazione si può ricordare che l’azione progettuale è stata
condotta tenendo conto di una elaborazione e sperimentazione innovativa basata su un approccio
all’integrazione degli strumenti di qualità e al modello B-res (Bilancio di responsabilità etico e
sociale) elaborato dal consorzio nazionale Cgm. Tale modello è incentrato su principi che
considerano il bilancio sociale come un processo di miglioramento continuo, reso possibile da una
puntuale pianificazione imprenditoriale (missione, strategie, obiettivi, azioni) e dall’adozione di
strumenti informativi adeguati. Tutto ciò è reso possibile grazie alla partecipazione e al
coinvolgimento dei principali stakeholder interni ed esterni, confluendo infine in un’azione di
comunicazione (documento, evento) in grado di dare evidenza a quanto svolto.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Di seguito si indicano le attività realizzate quali tappe evolutive dell’intero percorso:
− Individuazione del modello di bilancio sociale e adattamento alla realtà locale e agli interlocutori
di riferimento.
− Addestramento degli agenti di sviluppo sul bilancio sociale per condividere con essi il modello,
gli approcci e le modalità di promozione tra le cooperative sociali.
60
− Animazione e promozione tra le cooperative pugliesi da parte degli agenti. E’ stata svolta
un’attività’ formativa di gruppo sui contenuti del bilancio sociale al fine di diffondere il tema
presso il maggior numero di cooperative.
− Individuazione di realtà pronte e adatte ad un’azione strutturata di accompagnamento per la
realizzazione del bilancio sociale. Per la scelta dei casi pilota (2 per provincia) sono state prese in
considerazione le realtà che, avendo seguito la fase preliminare di introduzione al bilancio
sociale, sono state ritenute le più adatte per una sperimentazione immediata.
− Accompagnamento individualizzato. Impostazione di specifici percorsi per ciascuna delle realtà
individuate, tenendo conto delle risorse interne (nelle cooperative) e di quelle esterne (agenti di
sviluppo, consorzi).
− Preparazione alla comunicazione del bilancio sociale (in corso di sviluppo). L’attività’ di
accompagnamento terrà conto degli aspetti comunicativi e di esplicitazione del percorso,
arrivando a una stesura del documento di bilancio sociale e alla pianificazione delle modalità
comunicative.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari della sperimentazione sono state 6 tra cooperative sociali e consorzi di cooperative
sociali presenti nei vari territori di riferimento del progetto:
Provincia di Bari
1. Cooperativa Tasha: cooperativa già certificata e dotata di carta dei servizi e di referente qualità.
Motivazioni al bilancio sociale: a) strumento per la misurazione del valore dell'impresa verso i
portatori di interesse b) rafforzamento in termini d’immagine.
2. Cooperativa Ulixes: cooperativa già certificata e dotata di carta dei servizi e di referente qualità.
Motivazioni al bilancio sociale: a) maggiore interazione e sinergia con gli stakeholder; b)
misurazione delle ricadute del proprio operato sul territorio di appartenenza e progettazione
partecipata di azioni mirate alla salvaguardia dell'ambiente e alla valorizzazione delle risorse del
territorio; c) possibilità di accedere a bandi regionali e/o comunitari.
Provincia di Brindisi
1. Cooperativa Solidarietà: cooperativa certificata ma di piccole dimensioni con processi interni di
sviluppo molto dinamici. Motivazioni al bilancio sociale: a) necessità di maggiore controllo e
programmazione delle attività; b) necessità di comunicare il proprio operato e valorizzare le
relazioni con gli stakeholder.
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2. Cooperativa Solidarietà e rinnovamento: cooperativa certificata e dotata di carta dei servizi.
Motivazioni al bilancio sociale: a) maggiore visibilità al ruolo della cooperativa quale agente di
cambiamento sociale; b) strumento per meglio orientare l’organizzazione al suo interno e nei
riguardi dei committenti e beneficiari verso obiettivi e valori di ordine etico e di corretto agire
sociale; c) strumento di verifica e raggiungimento di una mission societaria condivisa.
Provincia di Taranto
1. Consorzio Solidale: consorzio già certificato. Motivazioni al bilancio sociale: a) dotarsi di uno
strumento di comunicazione interna ed esterna; b) poter rendicontare su base qualitativa e non
solo contabile i risultati economici; c) strumento di verifica la distribuzione del valore aggiunto
prodotto.
2. Cooperativa La Mimosa: cooperativa già certificata e ben strutturata con risorse interne presenti e
forte coinvolgimento del proprio consorzio di riferimento nelle azioni di sviluppo. Motivazioni al
bilancio sociale: a) possedere uno strumento di diffusione e comunicazione delle attività svolte;
b) necessità di leggere i risultati economici e sociali anche su base qualitativa.
La gestione dell’iniziativa
Gli agenti di sviluppo hanno costituito il perno delle azioni progettuali descritte. Si è ritenuto, infatti,
che fossero le figure chiave su cui convogliare alcune azioni dell’intero processo. Ciò ha consentito
di rafforzare le azioni di sensibilizzazione e diffusione della cultura in modo capillare (animazione
sul territorio) anche presso le cooperative sociali. Gli agenti di sviluppo scelti (uno per ogni
provincia) hanno svolto inoltre funzione di tutor dei percorsi, assistendo le cooperative individuate
nell’applicazione di quanto indicato dai consulenti. Su di loro si è quindi concentrata l’azione di
sviluppo di competenze di accompagnamento in processi di miglioramento qualitativo. Sono gli
agenti di sviluppo i primi depositari delle conoscenze trasferite e quindi sono coloro che potranno
garantire la replicabilità in futuro dell’iniziativa.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Tutta l’azione progettuale è stata condotta tenendo conto di una elaborazione e sperimentazione
importante già realizzata all’interno della rete Cgm rispetto al modello B-res. Tale modello è stato
approfondito e adattato alle realtà pugliesi grazie a un attento lavoro degli esperti della rete Cgm,
considerando spunti e orientamenti dei partner di progetto. Ciò ha comportato, da una parte,
l’adozione di semplificazioni di alcuni aspetti (cooperative di piccole dimensioni, specializzazioni in
alcuni settori, forte radicamento con il territorio), ma anche una maggiore articolazione per ciò che
concerne la esplicitazione del senso e delle premesse, nonché delle motivazioni alla rendicontazione
sociale. Per ogni cooperativa è stata focalizzata la situazione di partenza (stato di evoluzione del
sistema qualità, pianificazione impostata, sistemi di misurazione, modalità di coinvolgimento degli
62
stakeholder interni ed esterni) e sulla base di questa fotografia impostato un processo di costruzione
del bilancio sociale. L’approccio adottato mirava alla piena valorizzazione di quanto nella
cooperativa era già stato elaborato in termini di strumentazione di qualità, accompagnando un
processo di integrazione degli strumenti, sostenendo le competenze interne presenti, focalizzando gli
sforzi della cooperativa su obiettivi di bilancio di responsabilità etico e sociale prioritari e realizzabili.
Gli agenti di sviluppo hanno svolto inoltre funzione di tutor dei percorsi assistendo le cooperative
individuate per le sperimentazioni nell’applicazione di quanto indicato dai consulenti: essi risultano
essere i primi depositari delle conoscenze trasferite e quindi sono coloro che potranno garantire la
replicabilità in futuro dell’iniziativa.
Indicatori d’impatto
1. Numero di imprese partecipanti al percorso teorico preliminare di accompagnamento al bilancio
sociale.
2. Numero di imprese che si sono approcciate al bilancio sociale.
3. Numero di imprese giunte alla redazione del bilancio di responsabilità sociale.
63
Buona prassi 10. Il protagonismo dei beneficiari nei percorsi di inserimento al
lavoro
Partnership Equal
FOOD’S VALUE ITG2PIE067
Redazione della scheda
Cristiana Taricco
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Regione Piemonte
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
523.025,49€ (totale Macrofasi 2 e 3), pari al 46% del
budget complessivo
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
Macrofase 2: 31 persone
Macrofase 3: 15 persone
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
30 ex-tossicodipendenti
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
2 Comuni, 4 mense per indigenti, 1 azienda della
grande distribuzione (no profit), 1 agenzia per la
formazione e per assistenza e sviluppo alle imprese
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Il progetto perseguiva la finalità del reinserimento socio-occupazionale di giovani extossicodipendenti, attraverso la creazione di un servizio che svolgesse una funzione di recupero e rivalorizzazione dei prodotti alimentari inutilizzati o invenduti. Le attività direttamente finalizzate ad
aumentare le possibilità di inserimento lavorativo (quindi più direttamente coinvolte dalla buona
64
pratica) erano la macrofase 2 (formazione destinatari finali) e la macrofase 3 (sperimentazione
imprenditorialità tramite modello di inserimento socio lavorativo). Al momento della compilazione
della scheda le attività progettuali erano concentrate nella macrofase 3.
L’elemento fondamentale di innovazione dell’iniziativa è consistito nel coinvolgimento forte e
diretto dei beneficiari finali, protagonisti attivi dei processi professionali e di inclusione sociale, allo
scopo di favorire nel target group la consapevolezza delle proprie capacità e attitudini. Al
conseguimento di tale risultato ha contribuito in modo significativo anche l’applicazione del Project
Cycle Management (PCM) che considerava i beneficiari finali come punto centrale. Chi elaborava il
progetto aveva l’obbligo di focalizzare i bisogni reali dei destinatari dell’intervento, ed in questo
modo i progetti potevano definirsi fattibili e sostenibili.
Gli obiettivi strategici relativamente ai beneficiari finali erano orientati intorno ai seguenti elementi:
i) il loro protagonismo (aumentare la fiducia in se stessi); ii) l’inserimento nel mondo del lavoro,
attraverso l’incremento delle loro competenze professionali sulla base delle effettive esigenze del
mondo del lavoro e della gestione di impresa. Dal lato delle imprese si perseguiva invece una
maggiore fiducia delle stesse negli ex-tossicodipendenti attraverso una loro migliore qualificazione
professionale.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Una volta sviluppata l’analisi di mercato e verificato un primo livello di fattibilità dell’intervento,
sono stati identificati i beneficiari ex-tossicodipendenti da coinvolgere nelle attività di formazione ed
empowerment, tra le persone in trattamento terapeutico nelle comunità CTS. La fase di
empowerment è stata sviluppata con la collaborazione dei tutor che già seguivano i ragazzi in
comunità.
La formazione ha consentito ai beneficiari di acquisire conoscenze su: normative e procedure
igienico-sanitarie, trattamento degli alimenti, logistica, competenze aziendali. La durata e il
programma sono risultati coerenti con quanto previsto. Il numero di partecipanti leggermente
superiore al previsto.
La successiva fase di sperimentazione ha visto il coinvolgimento di 8 persone. Ad oggi in fase di
chiusura 5 sono ancora attivamente coinvolte. La sperimentazione è stata avviata con 2 mesi di
anticipo per evitare una sosta nelle attività di progetto che coinvolgevano i beneficiari. La fase è stata
quindi prolungata di 2 mesi (fino ad agosto 2007 compreso) per una ulteriore valutazione di
compatibilità del mercato del lavoro.
Dalle interviste è emersa come proposta per la trasferibilità dell’iniziativa l’opportunità di realizzare
le attività di sperimentazione contemporaneamente alla formazione, almeno nella seconda parte di
quest’ultima, per mettere direttamente in pratica le conoscenze acquisite. L’esperienza è stata vissuta
65
in modo molto intenso dai partecipanti alla sperimentazione. Essi affermano: “abbiamo imparato
molto perché abbiamo discusso e creato tutto insieme fin dall’inizio”.
La fase di creazione d’impresa sarà avviata a conclusione della sperimentazione, sulla base dell’esito
della valutazione conclusiva in merito alla sostenibilità. A seguito di un accordo sottoscritto con la
Regione Piemonte, in considerazione della maggiore durata della sperimentazione (e quindi a fronte
di un maggiore impegno di risorse per quest’ultima), la fase di disseminazione, concentrata a
conclusione del progetto, comprenderà un solo seminario di chiusura, diversamente rispetto a quanto
inizialmente previsto.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Il problema dell’esclusione all’origine dell’intervento riguarda le scarse possibilità di inserimento
lavorativo da parte degli ex-tossicodipendenti. Diversi sono i fattori alla base del disagio: basso tasso
di scolarizzazione, difficoltà ad accedere ad informazioni di orientamento al lavoro, alto tasso di
lavoro irregolare o occasionale. Tutti questi fattori generano scarsa autostima e responsabilità
individuale, oltre a un’inadeguata consapevolezza delle proprie risorse. D’altro lato la scarsità di
iniziative di formazione accessibili e l’irregolarità del lavoro generano un profilo professionale
insufficiente per l’inserimento.
Il progetto era mirato a fornire tali risorse e colmare tali fabbisogni. Vi hanno collaborato anche
tecnici HACCP e una società di logistica e trasporti. Nel complesso l’apporto di risorse si quantifica
in 224 ore complessive di formazione ed empowerment, 100 ore di stage, 1300 ore di
sperimentazione.
La gestione dell’iniziativa
Il coordinamento strategico e operativo sono stati affidati ad organismi costituiti ad hoc. La
definizione dei ruoli dei partner era chiara e coerente con le competenze sin dall’avvio. La
formalizzazione dell’organizzazione e soprattutto la riprogettazione secondo il metodo del PCM
hanno creato condizioni favorevoli, in particolare per l’orientamento delle attività agli obiettivi, la
trasparenza e lo scambio di esperienze tra partners, nonché il monitoraggio. La gestione non è
risultata eccessivamente appesantita.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Per quanto riguarda gli elementi di competenza appresi si può sostenere che i partner hanno
incrementato le proprie competenze nella gestione di progetti complessi, le conoscenze rispetto alle
66
capacità imprenditoriali, la consapevolezza delle difficoltà di integrazione profit – nonprofit a livello
di mentalità e modalità di gestione.
I beneficiari hanno acquisito competenze professionali, oltre che maggiore consapevolezza sulle
proprie capacità e potenzialità. Nel corso delle interviste hanno infatti dimostrato di avere appreso
molto dalla formazione e di averne compresa e rivalutata l’utilità nel momento in cui si sono trovati a
dover gestire il lavoro in fase di sperimentazione.
La sperimentazione è stata fondamentale nel percorso formativo ed ha dato loro un forte contributo
alla consapevolezza delle proprie capacità. I beneficiari hanno inoltre dimostrato una volontà di
miglioramento continuo nella gestione, proponendo e discutendo tra loro soluzioni organizzative e
metodi di lavoro che poi testavano, ed anche se ad oggi affermano di considerarsi sostanzialmente “a
regime”, non negano che per essere replicato il modello non sia suscettibile di ulteriori
miglioramenti.
Tutte le figure coinvolte nel partenariato sono risultate essenziali per il buon esito dell’iniziativa:
-
rilevante il ruolo dei partner territoriali (Comune e/o Provincia) per la sostenibilità e le ricadute
dei risultati progettuali;
-
indispensabile la presenza di almeno un partner esperto nella gestione della tipologia di
beneficiari, al fine di garantire il permanere del loro coinvolgimento lungo l’intero arco del
progetto;
-
fondamentale il ruolo dei tutor nell’accompagnamento durante tutto il percorso.
Per quanto riguarda la successione delle attività:
-
per far meglio percepire la valenza della formazione è emersa l’opportunità di alternarla o
gestirla in contemporanea (almeno nelle ultime fasi) con la sperimentazione;
-
il modulo formativo più problematico da realizzare è risultato quello relativo alla gestione del
magazzino, che però nella pratica si è rivelato essenziale alla buona gestione dell’attività; i
beneficiari nell’arco di un paio di mesi hanno progressivamente risolto i vari problemi
organizzativi emersi nella gestione, identificando le soluzioni che ad oggi consentono un
controllo completo delle scorte.
Vista la tematica sono risultati fondamentali gli apporti esterni alla partnership dei tecnici
specializzati in HACCP e della società di logistica. Per la buona riuscita è risultato fondamentale
definire e quantificare gli impegni concreti di ciascun partner coinvolto nella rete. Questo tipo di
partenariato ha comunque manifestato chiare potenzialità per configurarsi come una vera e propria
agenzia di sviluppo locale.
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Indicatori d’impatto
Descrizione
Unità di misura
Val.
atteso
Val.
conseguito
Beneficiari finali raggiunti dalle informazioni
sulle modalità di partecipazione al progetto
numero
60
60
Percorso empowerment:
29 concluso
- beneficiari finali che lo portano a termine
numero
30
(30 inseriti)
numero ore
n.d.
44
n. beneficiari
15
13
numero ore
n.d.
180
Modulo igienico-sanitario
n. beneficiari
n.d.
23 inseriti
Trattamento alimenti
n. beneficiari
n.d.
19 inseriti
Logistica
n. beneficiari
n.d.
15 inseriti
Competenze aziendali
n. beneficiari
n.d.
13 inseriti
Numero ore
n.d.
100
10 in
chiusura
13 inseriti
n. beneficiari
- durata complessiva
Incremento competenze professionali:
- formazione (nel complesso)
- stage
- beneficiari attività formazione e stage
% sul totale
ore/uomo erogate
8 in chiusura
89.6% M
n.d.
10.4% F
8 inseriti
Sperimentazione
n. beneficiari
10 inseriti
5 in chiusura
(100% M)
Durata (mesi)
n.d.
n. beneficiari
5 inseriti
10
n.d.
Creazione ramo di impresa
(non avviato)
68
Gli indicatori dimostrano che le previsioni sono state rispettate, in alcune fasi più che in altre, ma in
ogni caso il numero di persone che sono giunte alla fine del programma è coerente con i risultati
attesi. La situazione di progressivo abbandono da parte dei beneficiari finali è conseguente alle
peculiarità della tipologia di persone a cui il programma è rivolto. Le cause di abbandono vanno
infatti dall’interruzione del programma di terapia, volontaria o conseguente al mancato rispetto delle
regole per la permanenza in comunità, alla conclusione del periodo di terapia, alla collocazione in un
nuovo impiego trovato dal beneficiario. Da non trascurare anche il fatto che i programmi terapeutici
hanno durata piuttosto lunga, ed all’avvio del programma sono state coinvolte persone a diversi
livelli.
69
Buona prassi 11. Indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale a livello
locale
Partnership Equal
Concertazione Territoriale e Sviluppo dell’Economia
Sociale - IT-G2-CAL-083
Pietro G. Andreotti
Redazione della scheda
Carlo Barletta
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Alto Tirreno Cosentino
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
-
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
Intervistatori, personale di segreteria, persone intervistate
(131)
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Operatori e manager delle imprese sociali, operatori e
manager delle istituzioni interessate all’economia sociale
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Operatori e manager delle imprese sociali
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
L’indagine conoscitiva sullo stato dell’economia sociale e sui fabbisogni formativi del settore è stata
realizzata nel territorio dell’Alto Tirreno Cosentino. Sono stati utilizzati tre strumenti di analisi: il
“Questionario Imprese del settore dell’Economia Sociale” indirizzato agli imprenditori del territorio.
La “Scheda competenze e fabbisogni” che ha proposto domande ai lavoratori delle imprese sociali
per conoscere le competenze che possiedono e per individuare i fabbisogni formativi necessari allo
70
sviluppo professionale. Infine è stato utilizzato quale traccia per i colloqui sulle dinamiche
dell’economia sociali uno “Schema per le interviste a testimoni privilegiati”.
Lo scopo dell’indagine era quella di conoscere alcune realtà imprenditoriali significative presenti nel
territorio; individuare le relazioni esistenti sul territorio che sostengono l’economia sociale;
analizzare le caratteristiche professionali degli operatori dell’economia sociale; riconoscere i
fabbisogni formativi presenti sul territorio e le competenze richieste dal mercato.
L’indagine è stata realizzata in accordo con le organismi e le istituzioni presenti sul territorio e
discussa nell’ambito dei “Tavoli di Concertazione” avviati dal progetto. Non è stata pertanto calata
dall’alto, ma concordata con i soggetti stessi dell’indagine. E’ una buona prassi perché sia per gli
obiettivi scelti, sia per le modalità organizzative e di realizzazione ha promosso la partecipazione di
persone e istituzioni e ha favorito lo sviluppo delle attività formative che sono state realizzate nelle
successive macrofasi progettuali.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
La ricerca è stata condotta nell’ambito del seconda macrofase del progetto. Sono stati prima
progettati e redatti tre strumenti di analisi, che sono stati discussi e validati nell’ambito dei Tavoli di
Concertazione. Il questionario “Imprese settore dell’economia Sociale” è stato somministrato ai
responsabili delle associazioni, delle cooperative e dei centri sociali; gli intervistati sono stati
contattati telefonicamente, poi è stato inviato, tramite fax o e-mail, il questionario e il materiale
informativo, infine, previo appuntamento, sono stati somministrati i questionari. Parallelamente ai
questionari è stato compilato dagli operatori e volontari delle imprese la “Scheda competenze e
fabbisogni”.
L’indagine sul campo è iniziata il 9 dicembre 2005 e si è conclusa il 9 gennaio 2006. I questionari
sono stati somministrati in gran parte in presenza del ricercatore (93%), i rimanenti (7%) sono stati
compilati on line; hanno compilato il questionario un totale di 43 persone. Anche la maggioranza
delle schede è stata redatta in presenza del ricercatore (97,7%), i rimanenti (2,3%) sono stati
compilati on line.
Le interviste indirizzate a testimoni privilegiati sono state rivolte a 20 persone (12 sindaci; 2
assistenti sociali; 6 presidenti e amministratori di associazioni e cooperative), con esperienze e
professionalità diverse, ma tutte con una conoscenza approfondita ed una esperienza pluriennale sulle
imprese sociali, sulle caratteristiche dei servizi, sulle modalità di realizzazione di tali servizi.
71
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I destinatari della ricerca sono i manager, gli operatori e anche i volontari impegnati nelle attività
svolte dalle associazioni e dalle cooperative sociali presenti nell’Alto Tirreno Cosentino. Erano
persone che avevano bisogno di riconsiderare la propria professionalità, di riconoscere le esigenze
del territorio, di apprendere il lavoro in rete. La partecipazione alla ricerca è stata promossa grazie
una scrupolosa informazione. In particolare i partner del progetto Equal, già conosciuti nel territorio
per le attività di formazione (IAL), di ricerca CIES), e sociali (comune di Praia a Mare), hanno
realizzato Tavoli di Concertazione al fine di discutere e ridefinire gli obiettivi della ricerca.
La gestione dell’iniziativa
L’impianto di ricerca è stato redatto da uno psicologo, e successivamente è stato discusso nell’ambito
dei Tavoli di Concertazione pubblicizzato sul territorio. Definiti gli ambiti della ricerca lo psicologo
ha elaborato i tre strumenti d’indagine, ridiscussi nei Tavoli di Concertazione. L’indagine è stata
realizzata sul territorio da un gruppo di ricercatori junior che hanno condotto le interviste,
somministrato questionari e schede; infine sono stati elaborati i dati quantitativi e qualitativi della
ricerca. Si è cercato di coinvolgere e far partecipare i soggetti stessi dell’indagine all’impianto di
ricerca.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Il 20 settembre 2005, già al termine della prima macrofase, sono stati redatte alcune note preliminari
per la stesura del piano di ricerca e per poter pubblicizzare l’iniziativa e discuterla nell’ambito dei
Tavoli di Concertazione; ma nonostante questa anticipazione, l’indagine, che doveva essere
realizzata nella seconda macrofase, è stata conclusa con circa due mesi di ritardo. Anche se più fattori
hanno contribuito a rallentare i lavori, certamente, quello che ha inciso maggiormente è stato
l’impegno progettuale di discutere, nell’ambito dei Tavoli di Concertazione, le diverse tappe
dell’indagine.
L’esperienza comunque non è stata negativa il maggior tempo impiegato è stato compensato dagli
obiettivi raggiunti, questo itinerario di ricerca può essere trasferito ad altri contesti, ma si deve
considerare che un’indagine conoscitiva “partecipata” come quella descritta ha bisogno di tempi più
lunghi rispetto a quella classica.
72
Indicatori d’impatto
Gli indicatori d’impatto coincidono con i risultati dell’indagine ovvero: 43 questionari “Imprese del
settore dell’Economia Sociale”, 68 schede “Scheda competenze e fabbisogni”compilati, 20 interviste
a testimoni privilegiati, 23 persone coinvolte nei Tavoli di Concertazione.
Buona prassi 12. Innovazione nell’outsourcing per il welfare mix
Partnership Equal
Joint Venture Sociale
Redazione della scheda
Annita Leuratti
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Comune di Vittorio Veneto
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
€ 139.800, 18% sul totale del progetto
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
13
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
1 azienda del privato sociale; 1 azienda privata;1
Pubblica amministrazione (Comune di Vittorio
Veneto);1 istituto di ordinamento pubblico (ex IPAB)
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
30.000 abitanti del Comune di attivazione della
sperimentazione
73
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Le azioni prevedevano lo studio di fattibilità e l’implementazione di un’attività sperimentale per
l’avvio di forme di outsourcing di servizi del settore pubblico inclusive di compartecipazione
finanziaria del privato per l’aggiudicazione del servizio, congiuntamente alla costituzione di società
miste pubblico-privato a sostegno del welfare mix. Obiettivo principale era il superamento del limite
esistente nelle forme di esternalizzazione di servizi da parte della Pubblica Amministrazione a
soggetti del privato sociale che prevede in forma quasi esclusiva lo strumento dell’appalto, attraverso
lo studio ed il rispetto delle esistenti normative europee, nazionali e regionali in materia. La strategia
adottata è consistita in:
− analisi della normativa attuale in materia;
− proposta di nuove forme di welfare mix compatibili;
− realizzazione di strumenti di utilizzo nella prassi quotidiana per le Pubbliche Amministrazioni
(es. capitolati).
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Il progetto si è concretizzato nelle seguenti fasi.
Si è fatto tesoro di quanto appreso e prodotto nell’azione 2.1. dal partner Fondazione Ispirazione, che
aveva affidato l’incarico all’Università LUMSA di Roma per la realizzazione di una ricerca sulle
“Forme giuridiche e nuovi strumenti di regolazione del rapporto pubblico-privato nei servizi di
welfare mix”, comprendente uno specifico rapporto in merito agli “Strumenti imprenditoriali di
welfare mix - Profili di diritto commerciale”, nonché degli elementi più rilevanti emersi dalla
ricerche coordinate dai partner C.G.I.L. - Treviso sulla “ Qualità e Trasparenza nei Servizi”, a
cura del gruppo di ricerca IRES Veneto e Altraimpresa sullo “Sviluppo dei sistemi di Bilancio
Sociale”, a cura del gruppo di ricerca dell'Università di Venezia.
Sono stati poi coinvolti ai tavoli di confronto gli esperti di settore della comunità territoriale di
riferimento. Gli esperti individuati sono stati: consulenti aziendali e commercialisti (2), dirigenti
pubblici di settori complessi (dirigente della Direzione Affari Generali e servizi alla persona del
Comune di Vittorio Veneto), ULSS ed ex Ipab (2), avvocati (2), consulenti di diritto
amministrativo (2), rappresentanti di realtà del privato sociale e di aziende private (4).
Dai tavoli di discussione sono emersi sia elementi di criticità, così come spunti ed esperienze dirette a
fornire possibili soluzioni alla problematica dell’outsourcing di servizi ed attività solitamente affidate
dalla Pubblica Amministrazione al privato sociale.
74
Le principali criticità sorte all’analisi approfondita degli esperti sono sintetizzabili in due tipologie.
La prima considera la rigidità, o quanto meno la scarsa flessibilità, delle direzioni pubbliche
competenti nell’interpretazione e conseguente applicazione della vigente normativa degli appalti. La
seconda è direttamente riconducibile ai limiti di economicità delle forme di affidamento impiegate
nella prassi.
Le maggiori opportunità per superare le problematiche osservate si sono concretizzate nel
suggerimento di impiegare forme di affidamento diretto di servizi a cooperative di tipo B come
previsto dalla legge 381/91 e forme di convenzione per quanto concerne le cooperative di tipo A
come nel novellamento dell’art. 5 L. 381/91 da parte dell’art. 20 della L. 52/95.
Il prodotto infine elaborato nel corso dei tavoli ed affidato alla revisione finale di uno dei consulenti
aziendali partecipanti è stato un capitolato tipo. L’azione sopra descritta ha posto le basi di
fondamento legislativo necessarie alla creazione di una forma di welfare mix quale un’impresa mista
pubblica privata per l’erogazione di un servizio di ristorazione, non direttamente finanziata
dall'Iniziativa Comunitaria.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
I beneficiari diretti dell’attività sono una cooperativa sociale di tipo A, un’azienda privata ed un’ex
Ipab, con la supervisione ed il coordinamento del Comune di riferimento, che hanno potuto così
attingere a qualificate competenze, attive nel territorio, a saperi utili all’obiettivo finale ovvero
l’avviamento di una forma di welfare mix nella veste giuridica della società mista pubblico-privata.
La gestione dell’iniziativa
Le linee generali dell’azione sono state stabilite e l’andamento è stato monitorato dal Comitato di
Pilotaggio della partnership di progetto. Al partner Fondazione Ispirazione è stato affidato lo
sviluppo e l’analisi della ricerca come base fondamentale da cui prendere le mosse per la
concretizzazione degli strumenti di welfare mix. Al capofila cooperativa Insieme Si Può è stato
affidato il compito di mobilitare gli attori istituzioni e del territorio per la creazione e la gestione dei
tavoli di lavoro degli esperti, nonché delle relazioni con i beneficiari ultimi dell’azione. Parte
dell’attività di sensibilizzazione e attivazione di reti finalizzate all’individuazione dei beneficiari
finali è stata affidata alle tre ULSS presenti nella partnership di sviluppo. La cooperativa Insieme Si
Può ha avuto inoltre il compito di creare la società mista prevista come output dell’azione.
La gestione della società mista è stata affidata, in valore percentuale, per l’80% ad un soggetto
istituzionale pubblico non appartenente alla partnership, per il restante 20% ad un rappresentante del
privato sociale del partenariato ed a un‘azienda privata esterna.
75
Il valore aggiunto dell’Iniziativa Equal è consistito nell’opportunità per tutti i soggetti di studiare,
ideare,progettare forme effettivamente ed efficacemente attuabili e spendibili a favore di altri attori
del settore privato e del privato sociale. Inoltre essi hanno potuto riunirsi e cooperare ad un tavolo di
lavoro con obiettivi concreti, ma non influenzato da interessi contingenti e parziali.
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Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Il maggior elemento di trasferibilità è riscontrabile nella procedura stessa di attuazione dell’azione e
nei prodotti finali (capitolato tipo e società mista pubblico privata) che pongono in atto in maniera
innovativa le possibilità inespresse ma già contenute nella vigente normativa di riferimento. La
trasferibilità è infatti di livello nazionale ed comunitario.
Indicatori d’impatto
− Numero di enti coinvoltI nel territorio di riferimento (Comune di Vittorio Veneto): 4.
− Costo sostenuto / n. beneficiari diretti: € 34950,00.
− Costo sostenuto/n. beneficiari indiretti: € 4,66.
− Numero di incontri: 12 (indirettamente finanziati da I.C. EQUAL)
− Grado di differenziazione dei soggetti coinvolti (minimo 2 tipologie soggetti - massimo 3
tipologie soggetti pubblico – privato – privato sociale): massimo.
− Trasferibilità prodotto (livello locale minimo – regionale – nazionale – comunitario massimo):
massimo.
− Società pubblico private progettate: 1 (senza diretto finanziamento EQUAL)
− Società pubblico private attivate: 1 (senza diretto finanziamento EQUAL).
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Buona prassi 13. Modelli di misurazione della qualità dei servizi
Partnership Equal
Squinzano Sociale
Redazione della scheda
Emanuele Troso
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Comune di Squinzano (LE)
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
Circa 59.000 Euro (6% del Progetto)
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
1 Coordinatore + 12 Ricercatori + 1 Tecnico
Elaborazione Dati
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
Cittadini residenti nel Comune di Squinzano (LE)
Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
La Ricerca sociale sul territorio di Squinzano si è posta l’obiettivo di definire modelli di misurazione
della qualità dei servizi erogati che utilizzino criteri inerenti alla soddisfazione dell’utente/fruitore e
alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del servizio stesso.
L’attività è stata realizzata attraverso uno studio sullo stato dell’economia sociale del territorio e sul
grado di soddisfazione degli utenti dei servizi di welfare. L’obiettivo era quello definire modelli di
misurazione della qualità dei servizi erogati che utilizzino criteri inerenti alla soddisfazione
dell’utente/fruitore e alla sua compartecipazione alla definizione e gestione del servizio stesso,
tenendo conto della necessità di soddisfare bisogni legati al vivere civile di una comunità.
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Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Il progetto si prefiggeva lo scopo, da un lato di costituire una sistema informativo, cioè un sistema
strutturato e stabile di raccolta, elaborazione e diffusione di dati; dall’altro di divenire uno strumento
utile per creare collegamenti tra soggetti, funzioni e contesti disciplinari, tradizionalmente separati,
ma interessati ad orientare le scelte di politica sociale.
Il sistema così strutturato, svolgeva le proprie funzioni di raccolta informativa, coordinamento e
scambio tra i differenti attori a livello locale, sia rispetto alla domanda, sia rispetto all’offerta di
servizi. Sul versante della domanda ciò è avvenuto attraverso la realizzazione di indagini ad hoc e la
raccolta di dati statistici e socio-demografici che hanno permesso di monitorare l’evoluzione nel
tempo dell’utenza potenziale dei servizi sociali, i percorsi di esclusione sociale, le situazioni di
difficoltà, l’evoluzione del livello della qualità della vita. Rispetto all’offerta, il progetto ha agito
attraverso lo sviluppo di processi valutativi relativi alla qualità dei servizi e delle prestazioni offerte,
alla spesa, all’efficacia ed all’impatto della politiche. In questo modo si è cercato di porre porre
attenzione ai risultati delle politiche del welfare, per favorire una maggiore razionalità nell’uso delle
risorse.
In questa direzione, il progetto è diretto a chi si occupa di particolari fasce di popolazione, svolgendo
anche una funzione di “promozione culturale”, sottoforma di laboratorio di idee. Le informazioni
raccolte e le relazioni attivate possono infine divenire uno stimolo per la programmazione locale.
Il presupposto della presente esperienza progettuale è quello di promuovere, favorire e accompagnare
la formazione di un gruppo di lavoro che si qualifichi per cogliere ed elaborare le dimensioni locali
dei problemi e trasformarle in proposte di miglioramento delle politiche sociali locali. In questa ottica
il progetto ha la assunto un carattere di duttilità, in quanto si è operato in situazioni estremamente
mutevoli e differenziate.
Le finalità operative del progetto erano le seguenti.
− Ricostruire le condizioni di vita dei soggetti beneficiari, realizzando un monitoraggio dei loro
bisogni, della qualità della vita e delle loro aspettative.
− Fornire alla Pubblica Amministrazione un supporto informativo e valutativo di alto valore,
finalizzato ad orientare le politiche e ad identificare priorità d’azione.
− Divenire la “cabina di regia” quale punto di coordinamento di tutte le azioni di politica sociale
operanti sul territorio rispetto alle tipologie di utenti segnalate dagli enti pubblici, dalle strutture
private, dalle associazioni e dal volontariato.
79
− Garantire ai potenziali ed effettivi fruitori delle azioni di politica sociale, ed alla comunità locale
nel complesso, una più ampia ed aggiornata conoscenza circa le iniziative in atto ed offrire
l’occasione per discuterne obiettivi e priorità.
Dall’analisi dei servizi sociali erogati nel territorio del Comune di Squinzano e della legislazione
vigente si è evidenziata una discreta presenza di progetti di servizi, ma con un bassissimo tasso di
realizzazione. In altri termini nel territorio si è progettato molto e realizzato poco. Alcuni di questi
progetti sono stati realizzati seppur con notevoli difficoltà, altri sono stati solo abbozzati. E’ stato
infine verificato che non sono state affrontate le problematiche relative ai giovani residenti nel
territorio (tempo libero, occupazione, ecc.).
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Il campione di popolazione complessivamente individuato per la realizzazione dell’indagine
conoscitiva era costituito da circa 1.100 cittadini su di una popolazione di 15.013 residenti (con
esclusione i residenti all’estero). Sono state individuate 6 fasce d’età composta ognuna da 183
cittadini, 87 maschi e 86 femmine, come da elenco ufficiale fornito dall’Ufficio Anagrafe del
Comune di Squinzano. La somministrazione del questionario ha avuto inizio nella prima decade di
novembre 2006 ed è terminata alla fine di marzo 2007. La prima elaborazione dei dati è stata
realizzata alla fine di maggio 2007.
La gestione dell’iniziativa
Il gruppo di ricerca ha dedicato una prima fase propedeutica all’avvio dei lavori sul campo,
reperendo le fonti bibliografiche. Lo studio della letteratura ha portato il gruppo di lavoro a decidere
di verificare sul campo lo “stato dell’arte”, incontrando l’Assessore alle Politiche Sociali e
l’Assessore al Bilancio del Comune di Squinzano. Dall’esame delle interviste è emerso che molti
progetti sono stati realizzati (anziani, bambini, diversamente abili), altri invece sono stati abbandonati
a causa delle difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
L’elaborazione dei questionari è ancora in corso. Allo stato attuale si può affermare che gli elementi
di competenza appresi fanno riferimento alla disponibilità partecipativa delle persone appartenenti
alle fasce d’età del campione statistico elaborato per la realizzazione della ricerca. La disponibilità
delle persone a partecipare alla ricerca dimostra il crescente desiderio dei cittadini di essere vicini alla
“cosa pubblica”; molti intervistati, specialmente giovani, hanno dato suggerimenti e proposto
miglioramenti; in pochissimi casi si è notato scarso interesse.
80
Sicuramente è possibile la trasferibilità di questa iniziativa che non rappresenta in assoluto elementi
di novità con altre simili. Il tentativo che si vuole realizzare nel territorio di Squinzano è di innescare
un circolo virtuoso che porti gli amministratori pubblici a realizzare servizi più adatti alle esigenze
della cittadinanza e/o da questa richiesti attraverso un sistema di feedback che verrà elaborato
nell’ultima fase del Progetto.
Indicatori d’impatto
La ricerca socio economica ha interessato circa 1.100 cittadini di Squinzano (8% della popolazione).
E’ stata condotta da 12 Ricercatori coordinati da 1 Esperto. L’Elaborazione dei dati della ricerca è
stata condotta da 1 tecnico
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Buona prassi 14. Formazione e creazione d’impresa
Partnership Equal
Squinzano Sociale
Redazione della scheda
Emanuele Troso
Collocazione nelle macro aree della
mappatura
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità
6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Ambito territoriale di attuazione
Comune di Squinzano (LE)
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
€ 494.571 (50% del budget complessivo)
1 Coordinatore
4 Tutors
4 Segretari
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
4 Esperti di orientamento
5 Esperti di monitoraggio
60 Docenti
4 Imprese, di cui 1 Associazione, per gli stages
1 Psicologa per la Formazione dei formatori
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
80 disoccupati (40 diplomati + 40 lic. Media)
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
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Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Il Progetto intendeva realizzare azioni volte a contrastare il mancato incontro tra la domanda e
l’offerta di servizi attraverso l’istituzione di Sportelli Informativi Multimediali collegati con reti
similari nazionali ed europee, attraverso i quali misurare la qualità dei servizi erogati ed il grado di
soddisfazione degli utenti/fruitori.
L’intento era di sperimentare progetti pilota sul tema della personalizzazione dei servizi nel campo
sociale, qualificando nuove figure professionali attraverso l’individuazione di nuove metodologie e
strumenti formativi. A tal fine era previsto il sostegno alla creazione di nuove imprese cooperative
nel settore sociale, anche per trattenere in loco i giovani ed evitare l’impoverimento delle risorse
umane. Infine il progetto intendeva sviluppare un sistema integrato scuola/formazione/lavoro al fine
di creare percorsi personalizzati di occupabilità per le persone svantaggiate ed attivare misure di
accompagnamento per l’inserimento delle fasce deboli nel mercato del lavoro.
Il Progetto ha cercato di attivare nei beneficiari percorsi di auto-attivazione ed empowement:
sul piano sociale mediante un impegno formativo volto a sollecitare e stimolare la forza
lavoro verso una imprenditorialità locale, al fine di superare ogni forma di assistenzialismo,
cercando di creare un rapporto nuovo tra il gruppo sociale target e le istituzioni presenti sul
territorio;
sul piano economico produttivo attraverso un impegno formativo mirato in direzione di
nuove attività e di un sano sviluppo della cooperazione, scommettendo sul fattore umano e
sui servizi di sostegno ad un sistema produttivo sempre più proiettato verso la
terziarizzazione.
Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Le attività di formazione previste nel Progetto intendevano qualificare nuove figure professionali,
personalizzando l’offerta di servizi sociali o di utilità sociale attraverso anche l’individuazione di
nuove metodologie e strumenti formativi. Sono stati realizzati 4 corsi di formazione professionale
rivolti complessivamente a 80 persone disoccupate:
-
1 corso per 20 tecnici informatici addetti alla gestione degli Sportelli Informativi Multimediali;
-
1 corso per 20 operatori dei servizi sociali;
-
1 corso per 20 addetti ai servizi generali di manutenzione;
-
1 corso per 20 maestri artigiani.
I beneficiari finali del processo formativo riavranno modo di confrontarsi con gli operatori del settore
per verificare lo stato dell’economia relativo al settore di competenza e per affrontare insieme
83
percorsi di inserimento lavorativo. Presupposto importante del progetto era la ricerca di tutte le
condizioni “ambientali” e di mercato che potessero accogliere le nuove risorse formate. I beneficiari
saranno accompagnati fino alla fine del percorso progettuale attraverso azioni di facilitazione e di
incentivazione dell’inserimento lavorativo con particolare riferimento alla costituzione di cooperative
di lavoro.
Il progetto si è concluso con la costituzione di cooperative di lavoro nelle quali troverannooccasione
di impiego i beneficiari finali formati professionalmente .L’obiettivo progettuale è quello di avviare
nuove attività nel campo della cooperazione per: fornitura di servizi sociali, manutenzione
dell’arredo urbano, recupero di attività artigianali.
Inoltre, sono stati realizzati gli “Sportelli Informativi Multimediali (SIM)” quali servizi locali
specializzati, basati principalmente su multimedialità e telelavoro. Gli sportelli rappresentano uno
spazio per l’offerta integrata di servizi finalizzati allo sviluppo locale di nuova occupazione e di
nuove imprese. Una volta a regime, saranno in grado di offrire servizi di:
− orientamento su nuove professioni e su nuove modalità di lavoro quali il lavoro autonomo, il
telelavoro e lo sviluppo di nuove imprese e servizi;
− valutazione individuale e di gruppo;
− opportunità di lavoro, lavoro autonomo, telelavoro, nuova impresa;
− opportunità di formazione integrativa, complementare, innovativa.
Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
La formazione mirava all’individuazione di competenze esistenti, intese come competenze di base,
trasversali e tecnico-professionali, al fine di procedere, durante l’attività formativa vera e propria, con
processi adeguati alle conoscenze esistenti ed al loro completamento. Al fine di garantire
l’acquisizione delle competenze previste nel piano formativo era essenziale gestire il rapporto con i
contesti socio economici locali nei quali si costruivano e si investivano le competenze stesse. Questo
rapporto è stato curato dal partenariato esistente tra la struttura di gestione del progetto e le
istituzioni, presupposto tra l’altro indispensabile perché i soggetti interessati potessero apprendere da
altri e potessero così riflettere sulle proprie esigenze di sviluppo.
I beneficiari finali della formazione professionale e del successivo programma di creazione
d’impresa sono stati 80 giovani disoccupati (40 diplomati e 40 licenza media) 50% uomini e 50%
donne reclutati e selezionati attraverso un bando pubblico di selezione.
84
La gestione dell’iniziativa
La fase formativa e di creazione d’impresa è gestita da una struttura appositamente costituita
nell’ambito del Progetto SQUINZANOSOCIALE, ovvero:
− 1 Coordinatore delle attività formative responsabile della gestione del personale e dei rapporti
istituzionali con gli uffici di vigilanza e controllo della Regione.
− 4 Tutors (1 per corso di formazione) per la gestione dell’aula, allievi e docenti.
− 4 Segretari (1 per corso di formazione) per la preparazione degli statini presenza allievi, gestione
magazzino e predisposizione della documentazione delle attività oltre alle normali attività di
segreteria.
− 4 Esperti di orientamento per la verifica delle competenze trasversali degli allievi, con particolare
riferimento alla gestione delle relazioni interpersonali all'interno del gruppo, alla capacità di
argomentazione e discussione e alla negoziazione tra i partecipanti in funzione di un obiettivo
comune.
− 5 Esperti per le attività di monitoraggio da realizzare in itinere e a conclusione dell’attività
didattica, al fine di verificare l’andamento del percorso formativo e di programmare immediati
interventi di correzione.
− 60 Docenti esperti nelle materie d’insegnamento dei corsi di formazione professionale.
− 4 Imprese, di cui 1 Associazione, per la realizzazione degli stages.
− 1 Psicologa per la Formazione dei formatori.
Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Il piano della formazione ha utilizzato metodologie e tecnologie didattiche avanzate ed inoltre ha
posto un’attenzione costante nei confronti dell’apprendimento degli allievi, allo scopo di garantire le
competenze richieste. Il Progetto pone infatti, al centro dei processi formativi un’appropriata enfasi
sulle competenze allo scopo di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro a livello locale,
soprattutto in relazione alle competenze tecnico-professionali, ma anche a livello globale, in cui
assumono un ruolo importante le competenze trasversali. A tal fine, un apporto decisivo è stato
assegnato all’analisi dei fabbisogni formativi e alle esperienze che si sono concretizzate durante gli
stages collegati all’esperienza formativa attraverso la scelta appropriata di enti, associazioni ed
aziende presenti nel territorio.
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Indicatori d’impatto
Sono stati coinvolti 80 beneficiari (utenti disoccupati) e circa 100 altre persone tra Docenti, Esperti,
Psicologi e Addetti. Per ogni corso sono realizzate 952 ore di formazione, di cui 327 di stage;
complessivamente 3.808 ore di formazione, di cui 1308 ore di stage. Alla data attuale le attività sono
in fase di conclusione.
L’obiettivo che il Progetto intende perseguire è l’avviamento di:
-
Sportelli Informativi Multimediali (SIM);
-
cooperativa per la fornitura di servizi sociali;
-
cooperativa per la manutenzione dell’arredo urbano;
-
cooperativa Artigianale per la lavorazione della cartapesta leccese.
86
Una lettura trasversale delle buone prassi
Una volta descritte le buone pratiche in questo capitolo viene proposta un’analisi complessiva di
quanto realizzato dai vari progetti, in modo da definire alcune linee guida per promuove
l’innovazione a livello imprenditoriale nel settore dell’economia sociale. Le linee guida individuate
sono destinate non solo ai soggetti del settore – associazioni, cooperative, fondazioni, ecc. – ma
anche loro importanti stakeholder: la Pubblica Amministrazione (nelle sue varie articolazioni) ma
anche le imprese for profit.
La lettura in senso trasversale dei casi di eccellenza verrà effettuata riprendendo le sette aree di
analisi utilizzate in precedenza. A seguire verranno proposte le linee guida, in forma di
“raccomandazioni” per i diversi destinatari.
Indicazioni dalle aree tematiche
1. Partnership pubblico / private
Le indicazioni che emergono dalle buone prassi e che hanno agito principalmente su questo fronte,
riguardano, in termini generali, il tentativo di “accreditare” i soggetti dell’economia sociale
nell’ambito dei sistemi di “dialogo sociale” tra i diversi soggetti istituzionali (pubblici e privati),
agendo soprattutto a livello locale.
Le iniziative oggetto di studio non riguardano attività che hanno come obiettivo principale ed
esclusivo lo sviluppo in senso imprenditoriale del settore, ma segnalano piuttosto effetti indiretti di
notevole rilevanza. In altri termini, se le organizzazioni dell’economia sociale sono messe in grado di
agire efficacemente in veste di “policy maker” ai diversi “tavoli” di concertazione delle politiche,
uno degli effetti attesi è anche la crescita delle loro opportunità di sviluppo in senso imprenditoriale.
Agire a questo livello richiede infatti di:
− accrescere le competenze rispetto alla “lettura” dei fenomeni sociali a cui cercare di dare risposta
attraverso la produzione di beni e servizi (anche di carattere innovativo);
− allargare lo spettro delle relazioni con altri attori economici e sociali del territorio (singoli e
associati, pubblici e privati);
− accedere a diverse tipologie di risorse per sostenere lo svolgimento della propria attività
(economiche e non, di mercato e non);
− elaborare un pensiero strategico che si concretizza in “visioni” di medio / lungo periodo che
riguardano non solo la singola organizzazione ma anche il contesto in cui essa agisce.
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2. Formazione manageriale
La formazione dei dirigenti rappresenta una tradizionale “leva” per lo sviluppo in senso
imprenditoriale dell’economia sociale. Le indicazioni dai casi di buone prassi richiamano la necessità
di procedere alla definizione di veri e propri piani di formazione continua a favore delle figure con
compiti dirigenziali. Su questo fronte, al di là dei contenuti specifici, è possibile enucleare alcuni
elementi di attenzione che assumono una posizione di centralità nella progettazione di interventi
formativi per il management dell’economia sociale. Nel loro insieme tali elementi possono
contribuire a definire un’offerta formativa più coerente ed “equilibrata” rispetto agli elementi di
fabbisogno rilevati.
− Il primo elemento riguarda la ricerca di un equilibrio tra contenuti di carattere tecnico /
professionale e contenuti che invece investono la definizione del ruolo professionale dei dirigenti.
Privilegiare uno di questi aspetti a discapito degli altri potrebbe portare, da un lato, alla
trasmissione di competenze – spesso mutuate da altri settori e contesti organizzativi - a
prescindere dal riconoscimento delle peculiarità di un ruolo professionale ancora non ben
definito. D’altro canto, se il ruolo non viene adeguatamente “strumentato” è concreto il rischio
che non possa essere concretamente agito, rimanendo così solo un profilo disegnato “a tavolino”.
− Il secondo elemento di attenzione riguarda la combinazione di competenze di taglio manageriale
e di tipo politico-strategico. Nel corso degli anni si è sostenuta la necessità, anche nella letteratura
non specialistica, di separare queste funzioni attribuendole a figure dirigenziali specializzate
sull’uno o sull’altro ambito. In realtà nelle organizzazioni dell’economia sociale tali funzioni
risultano fortemente intrecciate e difficilmente separabili.
− Il terzo elemento consiste nella possibilità di prevedere diversi percorsi di sviluppo e carriera per
i dirigenti dell’economia sociale. In questi ultimi anni, infatti, sono accresciute in Italia le
opportunità di attrarre risorse dirigenziali dal mercato del lavoro ordinario (si pensi, ad esempio,
attraverso il canale rappresentato dai numerosi master post laurea). D’altro canto si segnala anche
il permanere di una consistente domanda formativa interna, considerando il fatto che, ancora
oggi, prevalgono percorsi di carriera che si sviluppano proprio all’interno delle organizzazioni
dell’economia sociale.
3. Strumenti per la gestione d’impresa
Nel corso degli ultimi anni molte organizzazioni dell’economia sociale hanno investito consistenti
risorse per dotarsi di adeguati strumenti di gestione. L’adozione di tali strumenti sembra aver
generato effetti – attesi e, in parte, inattesi – a diversi livelli.
− In primo luogo gli strumenti di gestione, prima ancora che su aspetti tipicamente gestionali hanno
inciso sull’identità dell’organizzazione. Molti di essi, infatti, (ad esempio le certificazioni di
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qualità, i bilanci sociali, le carte dei servizi, ecc.) hanno richiesto in via preliminare
l’esplicitazione (o la ri-esplicatazione) degli elementi identitari fondanti l’organizzazione
(mission e vision), spesso dati per scontato o non sufficientemente codificati.
− In secondo luogo, gli stessi strumenti hanno contribuito – seppur con risultati alterni – a mettere
in luce gli elementi di qualità intrinseca che caratterizzano la produzione dell’economia sociale
rispetto a quella di altri soggetti (con cui collaborano o sono in competizione). Ciò ha richiesto un
consistente lavoro di adeguamento degli stessi strumenti, la cui origine e prima applicazione è
spesso avvenuta in contesti completamente estranei all’economia sociale.
− In terzo luogo, l’adozione di strumenti di gestione – più o meno sofisticati – ha innescato percorsi
di ri-organizzazione interna, non limitandosi a formalizzare l’assetto esistente, ma spesso
innescando veri e propri percorsi evolutivi che hanno agito su due versanti opposti. Il primo
corrisponde alla diversificazione delle unità organizzative (ad esempio per tipologia di prodotto
e/o di destinatario); il secondo versante riguarda la ricerca di una maggiore coesione interna
grazie alla costruzione di sistemi di condivisione e gestione della conoscenza che si genera
all’interno delle diverse unità produttive, di controllo e di governo.
− Infine, gli stessi strumenti hanno rappresentato una buona occasione per differenziare e
accrescere le competenze in sede manageriale, grazie all’emergere di nuove figure (di middlemanagement soprattutto) con competenze di carattere tecnico-specialistico (ad esempio i
responsabili della certificazione di qualità).
4. Accesso al credito
Questa particolare leva di sviluppo imprenditoriale rappresenta un efficace indicatore rispetto alla
capacità dell’economia sociale di sapersi infrastrutturare in modo adeguato all’interno del sistema
socio economico di appartenenza. Sono numerosi, in tal senso, i riscontri che derivano da una lettura
critica delle buone pratiche contenute nel manuale.
− In primo luogo si può osservare come l’accesso al credito rappresenti una variabile critica, in
quanto da una parte rappresenta una fondamentale risorsa per lo sviluppo ma che però molto
spesso risulta sottovalutata (se non addirittura non considerata tale) da molti soggetti
dell’economia sociale.
− In secondo luogo, accedere al credito rappresenta anche una efficace “cartina tornasole” rispetto
alla capacità di rappresentanza del settore, in particolare per quanto riguarda di proporsi come un
ambito coeso al proprio interno perché forte di un’identità condivisa.
− In terzo luogo, accedere al credito richiede non solo di definire procedure tecniche adeguate ma
anche la condivisione di codici culturali e linguaggi specialistici comuni ai diversi attori coinvolti
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in grado di valorizzare le peculiarità dell’economia sociale pur nel rispetto dei vincoli
caratteristici del mondo creditizio.
5. Analisi territoriali e studi di fattibilità
Gli studi compiuti a livello territoriale rispetto ai bisogni non soddisfatti e al contributo – effettivo e
potenziale – dell’economia sociale per cercare di proporre risposte adeguate attraverso la produzione
di beni e servizi, rappresenta con tutta probabilità il più consistente investimento in “ricerca e
sviluppo” da parte di queste organizzazioni. Le osservazioni compiute a livello di buone pratiche
mettono in luce alcuni aspetti da cui dipende il potenziamento complessivo di questa funzione
cruciale per lo sviluppo.
− Il primo aspetto riguarda il carattere non estemporaneo ma continuativo di queste attività di
rilevazione. Pur riconoscendo la necessità di provvedere periodicamente a rilevazioni “ad hoc”
condotte con investimenti e metodologie adeguate, è altrettanto rilevante che l’analisi di bisogni e
risorse possa configurarsi come attività “ordinaria” gestita dall’organizzazione nel suo
complesso.
− Il secondo aspetto riguarda la ricerca di una connessione maggiormente strutturata tra attività di
ricerca e sviluppo di progetti imprenditoriali. In questo senso si nota nelle attività svolte dai
progetti presi in esame il tentativo di costruire una vera e propria “filiera” di attività che
congiunge le azioni di ricerca a quelle di formazione e consulenza finalizzate alla costituzione di
nuove imprese o alla ristrutturazione di quelle già esistenti.
− Il terzo e ultimo aspetto concerne le metodologie da utilizzare per la realizzazione di studi
territoriali e di settore in ambito locale. Da un lato, si evidenzia la necessità di dotarsi di sistemi
informativi territoriali attraverso un “collage” di fonti dati diverse, in quanto spesso mancano
database esaustivi rispetto alla complessità dei fenomeni sociali da monitorare. D’altro canto,
emerge l’esigenza di costruire anche dei “panel” di soggetti esperti da interrogare periodicamente
al fine di raccogliere informazioni di carattere qualitativo che ampliano la conoscenza con dati di
“sensibilità” che non emergono dalle statistiche ufficiali.
90
6. Creazione e sviluppo d’impresa
La costituzione di nuove unità imprenditoriali nell’ambito dell’economia sociale costituisce, da un
lato, l’oggetto di maggiore interesse del manuale e, d’altro canto, uno degli obiettivi sostanziali dei
progetti Equal all’interno dei quali sono state rilevate le buone prassi.
Anche in questo caso si segnalano diversi elementi di riscontro.
− In primo luogo, sempre più progetti integrano i tradizionali obiettivi di start-up di nuove imprese
con interventi di ristrutturazione di unità già operative, ad esempio promuovendo percorsi di
ristrutturazione interna e di innovazione di prodotto. Si tratta di un dato di notevole interesse che
nel suo insieme denota il passaggio da una fase pionieristica del settore, dove prevaleva la
creazione di nuove imprese, ad una di “maturità” che richiede invece maggiori investimenti per il
consolidamento e l’ulteriore sviluppo di esperienze già attive.
− In secondo luogo, si moltiplicano interventi che accanto ai “classici” servizi per lo sviluppo
d’impresa – formazione, consulenza, ricerca, ecc. – promuovo partnership e scambi strutturati fra
imprese diverse che operano nello stesso settore di attività e/o ambito territoriale. In alcuni casi,
gli scambi tra imprese lavorano non solo sulle similitudini, ma anche sulle complementarietà,
valorizzando le peculiarità di ciascuna (ad esempio collaborazioni tra imprese nonprofit e for
profit).
− In terzo luogo, le operazioni di re-engineering ed enterprise creation si accompagnano anche a
processi di networking, ovvero alla costituzione di reti con funzioni di coordinamento,
rafforzamento degli interscambi, sviluppo di business complessi, incubazione di nuove imprese,
ecc.
7. Inserimento lavorativo
L’inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati rappresenta uno dei settori “classici” di intervento dei
soggetti dell’economia sociale. In questo caso lo sviluppo in senso imprenditoriale delle iniziative
rilevate come buone prassi richiede di agire a diversi livelli con l’obiettivo di valorizzare risorse di
natura diversa, reperite all’interno e all’esterno dell’organizzazione promotrice. Da questo punto di
vista gli ambiti di attrazione di tali risorse riguardano:
− l’empowerment dei beneficiari dei percorsi di inserimento, cercando di valorizzarne al massimo
le loro risorse – anche residue – di cui sono portatori;
− il potenziamento delle figure interne con funzioni di gestione non solo dei processi produttivi in
senso stretto, ma dei percorsi di inclusione lavorativa (tutor che affiancano i soggetti in
inserimento, responsabili sociali, ecc.);
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− l’allargamento della rete di relazioni al fine di potenziare i mercati di sbocco dei beni e servizi
prodotti, ma anche per finalizzare i percorsi di inserimento, aumentando così l’efficacia
complessiva dell’intervento (più beneficiari coinvolti e maggiori opportunità di inserimento).
Raccomandazioni per gli attori dell’economia sociale e per i loro stakeholders
Le indicazioni per l’adozione di politiche adeguate a sostenere lo sviluppo in senso imprenditoriale
dei soggetti dell’economia sociale vengono proposte riprendendo gli elementi di peculiarità indicati
nel primo capitolo. Si tratta degli attributi di: continuità dei processi produttivi, costruzione e
posizionamento nei mercati, reperimento di un mix di risorse, individuazione e diffusione di elementi
di innovazione.
Continuità dei processi produttivi
− Sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo al fine di stabilire con maggior precisione
possibile le condizioni effettive per lo sviluppo di iniziative di impresa nell’ambito dell’economia
sociale.
− Favorire progettualità che hanno l’obiettivo di “mettere a sistema” iniziative di carattere
sperimentale e ad alto contenuto di innovazione, originando così significativi “effetti leva” nei
contesti socio economici.
Mercati
− Definire politiche mirate sia sul versante dell’offerta e della domanda nei principali mercati in cui
operano gli attori dell’economia sociale.
Per quanto riguarda l’offerta si tratta di completare percorsi di accreditamento che
riconoscano le specificità dei soggetti dell’economia sociale.
Sul versante della domanda il completamento dei mercati richiede l’adozione di politiche in
grado di liberare una domanda di servizi da parte dei cittadini oggi ancora latente o di natura
informale (ad esempio attraverso la defiscalizzazione delle spese sostenute per l’acquisto di
beni e servizi prodotti da organizzazioni dell’economia sociale).
− Incentivare i soggetti dell’economia sociale ad assumere strategie promozionali e di marketing
volte a fare emergere domanda pagante privata in alcuni dei settori di attività più importanti.
− Sostenere, parallelamente ai mercati, anche i processi di programmazione delle politiche così da
favorire una più efficace allocazione delle risorse anche attraverso la valorizzazione dell’apporto
dei soggetti dell’economia sociale.
92
Risorse
− Incentivare l’esecuzione di progetti che prevedono una consistente componente di cofinanziamento attraverso l’attrazione e la combinazione di risorse di natura economica e non
economica provenienti da soggetti diversi.
− Valorizzazione di iniziative volte a qualificare il capitale umano coinvolto a diverso titolo nelle
organizzazioni dell’economia sociale, in quanto si tratta della principale risorse su cui questi
soggetti possono contare per lo svolgimento delle proprie attività.
− Promuovere la programmazione di medio / lungo periodo per sostenere la propensione
all’investimento di risorse per lo sviluppo e l’innovazione.
Innovazione
− Costruzione di reti tra attori diversi al fine con funzione di promozione e divulgazione degli
elementi di innovazione sperimentati “sul campo”.
− Prevedere iniziative volte a individuare e premiare le iniziative di carattere innovativo.
93
Bibliografia
Borzaga C., Defourny J. (a cura di) (2001), L’impresa sociale in prospettiva europea, Edizioni31,
Trento.
Centro studi Cgm (a cura di) (2005), Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in
Italia, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino.
Daniele D., Zandonai F. (2005), Le strutture di supporto dell’economia sociale. Un’analisi di alcune
esperienze europee, Rapporto di ricerca, Bruxelles.
Taraschi S., Zandonai F. (a cura di) (2006), Impresa sociale. Dalla gestione strategica agli strumenti
operativi, Carocci Faber, Roma.
94
Appendice
Scheda per la mappatura delle buone prassi
Progetto RE.P.E.SO.
Mappa delle aree tematiche per l’individuazione e la descrizione delle buone pratiche
Nei punti seguenti vengono individuate e descritte alcune aree tematiche che, in termini generali,
hanno l’obiettivo di rafforzare dal punto di vista imprenditoriale i soggetti dell’economia sociale. La
lista deriva da una lettura delle attività svolte dagli Equal coinvolti nel progetto R.E.PE.S.O., così
come emerge dal verbale della prima riunione di coordinamento tenutasi nell’aprile scorso.
L’obiettivo della mappatura è di facilitare l’individuazione, l’analisi e la valorizzazione di buone
prassi all’interno di un quadro conoscitivo che risulti coerente con le esigenze di comunicazione e
divulgazione previste dall’azione 3, ovvero non eccessivamente frammentato o, al contrario, troppo
generico.
La collocazione dei progetti Equal all’interno di una o più aree tematiche richiede di specificare nel
dettaglio quali sono le motivazioni che hanno indotto a tale scelta, così da facilitare la successiva fase
di rilevazione.
1) Partnership pubblico / private: attività volte a creare e/o consolidare i rapporti tra organizzazioni
dell’economia sociale e gli enti pubblici locali, per quanto riguarda la gestione di attività e servizi
(strumenti per l’affidamento in gestione) e la governance territoriale (ad es. “tavoli” di
programmazione).
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
2) Formazione manageriale: iniziative di carattere formativo che hanno riguardato il management
delle organizzazioni dell’economia sociale, ma anche interlocutori strategici di questi soggetti (ad es.
amministratori pubblici, esponenti del mondo imprenditoriale, ecc.); identificazione del fabbisogno,
ruoli professionali, struttura del percorso formativo.
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
3) Strumenti per la gestione d’impresa: definizione e implementazione di strumenti per sostenere una
più efficace gestione imprenditoriale dei soggetti di economia sociale, quali certificazioni e marchi di
qualità, bilancio sociale, carte dei servizi, ecc.
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
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4) Accesso al credito: strategie e modalità di approccio al credito e da parte delle organizzazione
dell’economia sociale; ammontare delle risorse creditizie richieste, finalità degli investimenti, qualità
delle relazioni con gli istituti di credito (nelle varie tipologie), ecc..
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
5) Analisi territoriali e studi di fattibilità: iniziative di ricerca – intervento volte a rilevare bisogni e
risorse su base territoriale per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali a finalità sociale e/o per la
sensibilizzazione e mobilitazione degli attori socio economici intorno a tematiche di tipo “sociale”.
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
6) Sviluppo d’impresa: attività formative e consulenziali finalizzate alla creazione di nuove iniziative
imprenditoriali nell’ambito dell’economia sociale o al rafforzamento / riconversione di quelle già
esistenti.
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
7) Inserimento lavorativo di fasce deboli: metodologie, strumenti, ruoli professionali finalizzati alla
progettazione e realizzazione di iniziative per l’inclusione di soggetti svantaggiati nel mondo del
lavoro.
In caso di collocazione in quest’area descrivere strategie e attività ritenute esempi di buone prassi
(max 100 parole)
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Scheda per l’analisi delle buone prassi
Progetto Re.P.E.SO.
Scheda per la rilevazione di buone pratiche relative allo sviluppo e rafforzamento della
dimensione imprenditoriale dei soggetti dell’economia sociale
La scheda di rilevazione ha l’obiettivo di analizzare le caratteristiche distintive, l’evoluzione e gli
esiti di attività diverse (formazione, consulenza, start-up, ecc.), realizzate nell’ambito delle
partnership Equal coinvolte nel progetto Re.P.E.S.O., che avevano l’obiettivo di consolidare la
dimensione imprenditoriale degli attori dell’economia sociale.
La scheda va compilata dal ricercatore locale attingendo alla documentazione prodotta nell’ambito
del progetto (formulario, rapporti di ricerca, documenti di monitoraggio e valutazione, ecc.) e
attraverso la realizzazione di interviste con i soggetti attuatori dell’iniziativa (responsabili e
coordinatori, beneficiari, ecc.).
La struttura della scheda richiede la compilazione di tutti i campi indicati utilizzando il numero di
parole indicato (senza superarlo, ma neanche con eccessiva sintesi).
Nel caso vengano indagate diverse buone pratiche la scheda va compilata per ciascuna di esse.
Scheda informativa generale sulla buona pratica
Partnership Equal
Nome di chi ha redatto la scheda
e-mail di chi ha redatto la scheda
Modalità di compilazione della scheda
(materiali consultati e persone
intervistate – ruolo, funzioni, ecc.)
Denominazione della buona pratica
Collocazione nelle macro aree della
mappatura (scegliere una sola voce fra
quelle elencate))
1) Partnership pubblico / private
2) Formazione manageriale
3) Strumenti per la gestione
d’impresa
4) Accesso al credito
5) Analisi territoriali e studi di
fattibilità
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6) Creazione e sviluppo d’impresa
7) Inserimento lavorativo
Collocazione della buona pratica
nell’ambito del progetto (macro fase)
Tempi di attuazione (n. settimane)
Ammontare delle risorse economiche
investite e % rispetto al budget
complessivo del progetto
N° di persone coinvolte per l’attuazione
dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
diretti dell’iniziativa
Caratteristiche e numero di beneficiari
indiretti dell’iniziativa
1) Contenuto delle attività, obiettivi strategici ed elementi di innovazione
Descrivere in forma sintetica il contenuto delle attività svolte, cercando di mettere in luce gli
elementi di innovazione per cui l’iniziativa si può considerare un caso di buona pratica. Indicare
inoltre quali obiettivi strategici si intendevano perseguire attraverso le attività.
Max 300 parole
2) Le fasi attuative: dal progettato all’agito
Indicare le principali “tappe evolutive” attraverso cui è stata attuata l’iniziativa, seguendo un
approccio di tipo narrativo. Specificare eventuali scostamenti osservati tra quanto previsto in sede
progettuale e quanto effettivamente implementato (criticità, ma anche benefici “inaspettati”)
Max 1.500 caratteri
3) Le caratteristiche dei beneficiari e le variabili di contesto
Descrivere le caratteristiche dei destinatari delle attività in termini di fabbisogni, apporto di risorse,
disponibilità a partecipare, ecc. Indicare inoltre se, ed eventualmente come, sono stati mobilitati altri
attori del territorio – coinvolti o meno nella partnership Equal – al fine di realizzare le attività
previste.
Max 1.000 caratteri
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4) La gestione dell’iniziativa
Descrivere il sistema di management dell’iniziativa: quali soggetti sono stati coinvolti, con quali
competenze e con quali forme di coordinamento. Evidenziare, in questo senso, il “valore aggiunto”
dell’iniziativa Equal rispetto a diverse modalità di gestione di iniziative simili
Max 500 caratteri
5) Apprendimento e condizioni per la trasferibilità
Elementi di competenza appresi attraverso la realizzazione dell’iniziativa (le “lezioni” che derivano
dall’esperienza); indicazioni per la trasferibilità della stessa in altri contesti e/o in altre iniziative
simili (cose da fare e da non fare)
Max 300 parole
6) Indicatori d’impatto
Proporre indicatori quali / quantitativi rispetto all’esito dell’iniziativa (numero di persone coinvolte,
ore di formazione e consulenza, numero di imprese avviate, ecc.)
Note dei rilevatori
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Manuale delle Buone Prassi per lo sviluppo dell`imprenditorialità