La politica degli impieghi
Giuseppe Squeo
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Il ruolo delle banche nell’economia
Questo tema è stato trattato ampiamente nelle prime due
lezioni. Vale ribadire che la funzione principale riconosciuta
alla “banca tradizionale” è quello dell’intermediazione
creditizia. In termini macroeconomici significa che, in un
sistema bancocentrico, il finanziamento dell’attivo delle unità
economiche è effettuato con i mezzi propri e con il ricorso al
sistema bancario. In tale sistema il rapporto banca-impresa
può essere improntato in una visione:
• di lunga durata, per cui l’obiettivo della banca è di garantire
l’accompagnamento dell’impresa in tutto il suo ciclo di vita.
La banca offre un’assistenza completa, anche partecipando il
capitale dell’impresa. In contropartitata si riduce o annulla
l’asimmetria informativa ed è assente il multifido. In un
rapporto banca-impresa di questo tipo la banca è partner
dell’impresa, la aiuta nei momenti difficili ed importanti,
2
Il ruolo delle banche nell’economia (2)
l’ottica di assistenza è anticiclica (la crescita del rischio
congiunturale non comporta aumenti dei tassi);
• di breve, per cui la banca non investe nell’impresa in un
rapporto uno ad uno, ma l’impresa è un tassello di un quadro
più generale di investimenti. Infatti, l’obiettivo della banca è
di conseguire in una visione di breve il massimo di redditività
possibile dai propri impieghi e tra questi i prestiti. L’ottimale è
avere un forte rapporto con l’impresa nei momenti di basso
rischio ed uscirne un attimo prima che vada in insolvenza. Il
livello del tasso è sempre agganciato al livello del rischio, per
cui l’assistenza creditizia è realizzata in un’ottica pro-ciclica (i
tassi crescono relativamente rispetto al peggioramento
congiunturale) ed è presente il multifido.
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Il ruolo delle banche nell’economia (3)
E’ un modulo essenzialmente presente nei sistemi orientati al
mercato.
Questa premessa si è resa necessaria per comprendere le scelte
di impiego delle risorse finanziarie da parte delle banche, il
tipo di gestione dei rischi di mercato e controparte, il tipo di
funzioni e servizi svolti al proprio interno.
Comunque, finora si è analizzato come le banche si procurano
i fondi per realizzare le loro politiche di impiego, ora si
analizzeranno queste il ultime, prima in una visione unitaria,
poi nelle singole componenti.
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Gli investimenti delle banche
Come tutte le aziende, le banche, investono le risorse
disponibili nelle attività proprie dell’oggetto aziendale e in
quelle strumentali; per cui gli investimenti delle banche
possono classificarsi in :
 attività strumentali, costituite per lo più dalle
immobilizzazioni materiali e dalle partecipazioni strutturali;
 attività di impiego costituite dalle attività:
core business, come i prestiti a clientela, i prestiti
sull’interbancario, gli investimenti in titoli per la redditività
e le partecipazioni in società non finanziarie;
per la liquidità come il contante detenuto, i titoli per la
liquidità e i depositi presso la Banca d’Italia;
per la negoziazione, costituito dalle giacenze medie di
magazzino di titoli ed azioni normalmente negoziate con la
clientela.
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Fonti finanziarie e impieghi
Investimenti
strumentali
Provvista
diretta
Immob.zioni
Depositi
Partecipazioni
Titoli
Investimenti
caratteristici
vincoli
Prestiti
Partecipazioni
Depositi
Bankit
Titoli
Cassa
Provvista
derivata
Patrimonio
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Adeguatezza delle fonti
•
•
•
Il primo problema che si pone nell’ottica della politica degli
impieghi è quello dell’adeguatezza delle risorse in termini di
scadenza e di costo delle stesse rispetto agli impieghi.
Si tratta di correlare attivo immobilizzato con passivo
immobilizzato e attivo circolante con passività a breve.
Nel precedente ordinamento il divieto di raccogliere a
medio-lungo impediva la possibilità di finanziare gli
investimenti a medio-lungo della clientela.
Normalmente per la banca questo implica:
eventuale trasformazione delle scadenze;
correlazione degli investimenti con fonti similari;
individuazione di indicatori di struttura per monitorare gli
equilibri patrimoniali.
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Gli impieghi
Gli impieghi, quindi possono essere visti in senso lato, come
l’insieme degli investimenti della banca, finendo per
coincidere con l’attivo netto; oppure, in senso stretto come
l’attività caratteristica finalizzata a svolgere la “funzione
credititizia.”
In questo senso restrittivo, la politica degli impieghi è svolta
essenzialmente e classicamente prestando in modo diretto
(prestiti e partecipazioni azionarie) o indiretto (obbligazioni) i
flussi finanziari intercettati (raccolta diretta) o ricevuti da altre
banche (raccolta derivata).
La politica degli impieghi è quindi l’insieme delle scelte
effettuate per impiegare, al livello di rischio desiderato, i fondi
risparmiati ed intercettati dalla banca.
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Gli impieghi (2)
La banca, nell’effettuare le scelte di impiego più opportune,
agisce in presenza di una serie di vincoli normativi e tecnici.
Tali vincoli operano in tre direzioni:
• sottrattivi delle risorse finanziarie intercettate (comprensive
della raccolta derivata) come la riserva obbligatoria e i
depositi presso Banca d’Italia per emettere assegni circolari;
• limitanti l’espansione (grandi fidi, partecipazioni detenibili
in imprese non finanziarie, etc.);
• condizionanti la struttura dell’attivo (vincoli per rischi di
mercato e controparte, trasformazione scadenze).
I vincoli amministrativi (limitativi e condizionanti) sono stati
già trattati in tema di vigilanza.
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Gli impieghi: i vincoli sottrattivi di risorse
La banca, nell’espletare la propria funzione creditizia, non può
liberamente impiegare tutti i fondi raccolti (diretti e derivati),
ed, eventualmente se presente, il patrimonio libero. Essa,
infatti, è sottoposta a vincoli tecnici o amministrativi, tra cui:
• i depositi presso la Banca d’Italia per assolvere ad obblighi
amministrativi:
– riserva obbligatoria, oggi fissata nel limite del 2% della raccolta;
– deposito cauzionale per emissione assegni circolari;
• il contante, da detenere presso le casse e presso gli ATM,
per soddisfare la domanda di rimborso proveniente dai
detentori dei depositi e dei mezzi di pagamento;
• le riserve di liquidità, sotto forma di detenzione di titoli
stanziabili.
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Gli impieghi diretti all’economia
E’ quindi questo l’aggregato destinato dalle banche a
finanziare direttamente l’economia.
Il finanziamento diretto all’economia può assumere tre forme:
 prestito
a breve;
a medio-lungo termine;
 acquisto titoli. In questo caso si fa specifico riferimento ai
titoli acquistati in base ad accordo con l’azienda da finanziare
o per la redditività, escludendo quelli detenuti a scopo di
negoziazione o di riserva di liquidità;
 acquisto partecipazioni in imprese non finanziarie.
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I prestiti a breve termine
• L’assistenza a breve delle banche commerciali, in Italia, è
stata molto sviluppata a causa della specializzazione del
credito. In molte fasi storiche con questa forma si sono
finanziati anche gli investimenti delle imprese.
• La logica dell’affidamento a breve è quella di favorire lo
smobilizzo di poste dell’attivo oppure di finanziare
direttamente con anticipazioni o con l’apercredito in c/c gli
eventuali fabbisogni di cassa legati alle asimmetrie temporali
tra entrate ed uscite oppure finanziarie aumenti provvisori
delle scorte, crescita del fatturato, allungamento dei termini di
regolamento sul mercato, etc.
• Rientrano nel breve termine le operazioni con scadenza vista o
fino a 18 mesi.
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I prestiti a medio-lungo termine
• Generalmente le attività con scadenza compresa tra i 18 mesi
ed i cinque anni vengono catalogate a medio termine e quelle
con scadenza superiore a lungo termine.
• Questa temporizzazione (breve fino a 18 mesi, medio da 18 a
60 mesi e lungo oltre) è stata adottata soprattutto nelle norme
del credito agevolato e della tassazione delle attività
finanziarie.
• E’ un credito concesso per consentire gli investimenti delle
aziende, caratterizzanti i momenti di start up, di espansione, di
ristrutturazione o riconversione degli impianti.
• Sono anche forme adottate per consolidare a medio-lungo il
credito a breve, nei momenti di particolare illiquidità delle
imprese.
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Gli impieghi diretti e indiretti all’economia
Redditività
Titoli
Prestiti
Liquidità
Merchant
banking
Partecipazioni
Impieghi
diretti e
mirati
Strutturali
Altre
Negoziazione
Impieghi
indiretti
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La politica degli impieghi
La politica degli impieghi consta quindi essenzialmente di due
aree molto interrelate tra di loro:
• quella della gestione della liquidità aziendale;
• quella del finanziamento diretto dell’economia.
L’interrelazione può essere notevole, poiché, tra i titoli
detenuti per la liquidità vi possono essere anche quelli
acquistati in base a linee di finanziamento della propria
clientela o in accordo con servizi di tesoreria per enti pubblici.
L’interrelazione è presente anche con l’area della
negoziazione, ove, nello stock di magazzino, vi possono
essere titoli destinati anche alla riserva di liquidità o titoli
appartenenti alla propria clientela.
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La politica degli impieghi: obiettivi
Gli obiettivi della politica degli impieghi sono:
 conseguire i massimi ricavi nell’ambito della funzione di
rischio prescelta. Si tratta di spingere i ricavi al massimo
senza danneggiare la propria clientela, soprattutto se sono
rapporti improntati alla lunga durata. Si tratta anche di agire
nell’ambito di rischi di mercato e di controparte incorsi in
modo determinato e consapevole;
 detenere un grado di liquidità che consenta un’alta
flessibilità nella gestione degli strumenti di liquidità associata
al minore costo implicito possibile. Il costo implicito è dato
sia dal costo dello smobilizzo delle attività finanziarie sia dal
loro basso o assente rendimento ( il denaro contante non
produce ricavi).
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I parametri valutativi
L’analisi delle attività di impiego deve essere incentrata sui
seguenti tre parametri:
 liquidità e liquidabilità;
 rendimento;
 rischio
di mercato
controparte
organizzativo
di immagine.
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Liquidità e liquidabilità
La capacità di uno strumento finanziario di trasformarsi in
denaro, a basso costo, indica il suo grado di liquidabilità. Tale
capacità di trasformazione è legata a due parametri:
• la velocità (il tempo occorrente)
• il costo dell’operazione.
La velocità è parametrata alla scadenza (grado di liquidità
intrinseco) e alla possibilità tecnica di smobilizzare lo
strumento finanziario prima della sua scadenza naturale
(liquidità esterna o liquidabilità).
Il costo dell’operazione è collegato a sua volta sia alla
scadenza dello strumento sia alla presenza di un mercato
ampio ed efficiente.
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Il rendimento
E’ evidente che uno degli elementi principali di valutazione
delle varie attività finanziarie delle banche è dato dal loro
rendimento, normalmente associato con il livello del rischio e
con il grado di liquidità e liquidabilità dello strumento.
Il rendimento minimo è sicuramente quello fornito dal
contante, ove è zero con con costo implicito elevato.
Le obbligazioni hanno un rendimento mediamente elevato e
composto normalmente dal tasso di interesse (cedola) e dallo
scarto di emissione. Sono assoggettate a rischio controparte, di
tasso e di prezzo; se di lungo termine, diventa rilevante anche
il rischio di inflazione.
Le azioni hanno un rendimento costituito dai dividendi
distribuito e dall’eventuale plus/minusvalenza generata dalle
sue quotazioni nel tempo, con rischi controparte e di mercato.
I prestiti sono le attività a maggiore rendimento e rischio.19
Il rischio controparte
Il rischio controparte riguarda:
 il rischio di credito, collegato alla eventualità che il debitore,
alla scadenza prevista, si riveli insolvente in tutto o in parte
sia per la restituzione del capitale sia per il pagamento degli
interessi. La determinazione della perdita è collegata, oltre che
allo stato di liquidità/solvibilità del debitore alla scadenza,
all’efficacia delle azioni di recupero. Il mancato rimborso del
prestito, implica a sua volta: tre tipi di danni potenziali:
problemi di liquidità per il mancato incasso collegato alla
restituzione del prestito;
perdita parziale o totale sul capitale prestato, determinabile
solo alla chiusura delle azioni di recupero;
eventuale perdita in conto interessi;
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Il rischio controparte (2)
 il rischio liquidità, è associato alla possibilità che ad una
certa scadenza non si realizzi l’entrata o l’uscita che la banca
aveva previsto. Ad esempio, se scade un mutuo con un’ultima
rata di dimensione rilevante, tale partita nella gestione di
tesoreria sarà stata giù impegnata, il suo mancato incasso
costringe la banca a ricorrere sull’interbancario per procurarsi
la valuta necessaria a far fronte agli impegni presi.
L’intervento sull’interbancario è oneroso.
• Al contrario, se un cliente improvvisamente chiude un
rapporto di apercredito di importo rilevante, la banca si trova
improvvise disponibiltà che potrebbe non essere in grado di
far fruttare immediatamente allo stesso rendimento
precedente;
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Il rischio controparte (3)
 il rischio paese, quando l’insolvenza della controparte estera
non avviene per colpa diretta di quest’ultima (si incorrerebbe
in questo caso in un rischio di credito), ma a causa di un
avvenimento legato al paese di appartenenza del debitore che
di fatto impedisce l’assolvimento della restituzione del
prestito.
Ad esempio, la grave crisi economica dell’Argentina ha
coinvolto molte imprese locali impedendo loro di rispettare gli
impegni presi. In tal senso si pensi all’immobilizzo degli attivi
investiti in titoli dello Stato Argentino. Oppure, a seguito di
una rivoluzione il nuovo governo non riconosce la proprietà
dell’impresa agli imprenditori. Oppure, più semplicemente
vengono prese misure restrittive che riducono il grado di
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liquidità delle imprese. Un embargo esterno, etc;
Il rischio controparte (4)
 il rischio di regolamento, collegato alla possibilità che la
controparte, in un contratto di compravendita di strumenti
finanziari, non dia esecuzione al contratto consegnando i titoli
o la somma pattuita. Le potenziali conseguenze sono di due
tipi:
se a prestazioni contemporanee la banca si trova a dover
trovare un’altra contropartita per quella operazione,
soprattutto se è bilanciata da operazione analoga e contraria
con altra controparte, con il rischio di mercato collegato
alla rinegoziazione delle condizioni;
se a prestazioni differite, può sorgere oltre alla necessità di
trovare un’altra controparte ed al relativo rischio di
mercato, quella di generare un credito verso una
controparte che nasce insolvente.
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I rischi di mercato
Categoria di rischi che contempla la possibilità, che nel
tempo, varino le condizioni di mercato dell’operazione posta
in essere. Normalmente tale variazione può riguardare i prezzi
(quotazioni), i tassi o i cambi dei valori mobiliari,
individuando tre diverse figure di rischio:
 rischio di prezzo,
 rischio di interesse;
 rischio di cambio.
I rischi di mercato sussistono quando la banca (più in generale
l’intermediario) assume una posizione in proprio.
Ad esempio, in un acquisto a termine su titoli in valuta vengono
determinate all’atto della negoziazione il prezzo a termine ed il
livello del cambio a termine. Alla data di esecuzione della
operazione, ove il cambio e/o la quotazione fossero diversi da
quelli stabiliti, si sarebbe generata una perdita o un guadagno
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per la banca.
Il rischio di prezzo
Il rischio di prezzo, è collegato alla possibilità che le
quotazioni dello strumento finanziario alla scadenza siano
diverse da quelle di acquisto o da quelle pattuite. Ne
deriverebbe un guadagno o una perdita per la banca.
Se viene comprato un titolo per il magazzino a 100 euro è
questi al momento della sua vendita è quotato 90 euro (110) la
banca avrebbe generato una perdita (guadagno) di 10 euro.
Oppure in un acquisto/vendita a termine il prezzo fissato si
riveli diverso da quello effettivo del giorno di esecuzione
dell’operazione.
Tale rischio è, ovviamente, presente nelle operazioni di
negoziazione o investimento in titoli (azioni, obbligazioni,
fondi) o in quelle di, ove questi ultimi fossero smobilizzati (le
obbligazioni) prima della scadenza.
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Il rischio di interesse
Se si ipotizza che un cliente contrai con la banca un mutuo
decennale a tasso fisso e la banca per coprire i fondi necessari
fa provvista, con una pari operazione sull’interbancario con
tasso rivedibile semestralmente. Alla partenza del mutuo il
tasso previsto è il 5%, quello sull’interbancario a sei mesi è
del 4%, la banca ha un guadagno dell’1%. Ove nei semestri
successivi il tasso di mercato sale si contrae o diventa
negativo l’utile della banca, nel caso opposto aumenta.
L’asimmetria di definizione temporale dei tassi attivi e passivi
può generare il rischio di interesse, o ancora la diversa
scadenza tra due operazioni di segno opposto.
In generale il rischio di tasso è valutato nell’insieme della
gestione bancaria e sarà trattato nell’Asset Liability
Management.
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Il rischio di cambio
Questo rischio contempla la possibilità che nella conversione
di una partita da valuta estera in valuta nazionale (o al
contrario), il livello dei cambi corrente in quel giorno sia
differente da quello di negoziazione per cui il controvalore in
euro (o in valuta estera) può essere inferiore o superiore a
quello prefissato.
Come per il rischio di interesse, questo rischio in una banca
deve essere valutato nel suo insieme e non partita per partita.
Infatti, se l’attivo in valuta fosse pareggiato per tempo e valuta
con il passivo il rischio di cambio sarebbe zero. Poiché le
perdite maturate in una sezione del bilancio sarebbero
compensate dai guadagni nell’altra. E’ importante definire la
posizione complessiva che definisce l’area a rischio.
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Il rischio inflazionistico
L’altro tipo di rischio è quello che le variazioni (generalmente
in aumento) del costo della vita influenzino il valore degli
strumenti finanziari.
La rata finale di un mutuo decennale avrebbe un potere di
acquisto sicuramente inferiore a quella iniziale, nel caso di
inflazione e maggiore in caso di deflazione.
L’inflazione colpisce i valori finanziari, mentre normalmente i
beni materiali dovrebbero essere immuni in quanto il loro
sostanzialmente valore varia con l’inflazione.
Per le banche l’effetto patrimoniale dovrebbe essere nullo o
positivo, considerando che il minore valore reale dell’attivo
finanziario è compensato dal minore valore reale dei debiti.
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Il rischio organizzativo
La banca, che come visto è assoggettata a notevoli rischio
controparte e di mercato, ove non è adeguatamente
organizzata e dotata di personale competente incorre nella
possibilità di amplificare la portata dei rischi suddetti.
Ad esempio, una filiera del fido non bene organizzata, con
informazioni sulla clientela, pur disponibili nell’azienda
difficili da ottenere in modo condiviso da tutta la filiera, al di
là della bravura degli addetti, può fare concedere fido alle
persone sbagliate o nel modo sbagliato.
L’assenza o la cattiva organizzazione di una procedura di
controllo degli affidamenti effettuati, può non fare emergere
situazioni di illiquidità della clientela.
E’ un rischio che può contemplare effetti economici o di
liquidità per la banca.
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Il rischio di immagine
E’ un rischio generale presente per tutti gli operatori di
mercato e consiste nella possibilità che uno o più eventi
negativi per la banca determinino una convinzione di
inefficienza o di scarsa affidabilità della banca.
Ad esempio, operazioni in valuta o su titoli consigliate alla
clientela ed andate male se ripetute, in un clima favorevole di
mercato, creano la convinzione di incapacità di quella banca.
Aperture di c/c senza controllo può ingenerare sfiducia verso i
correntisti di quella banca.
Il lancio di un prodotto bancario che ingenera grandi
aspettative se deluse, brucia quella banca sicuramente per quel
prodotto, ma anche con forti ripercussioni sul marchio.
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La qualità del credito in funzione del rischio
controparte
I prestiti in funzione della situazione di liquidità dell’impresa
affidata sono classificabili in:
 crediti non problematici, relativi a imprese che non
manifestano particolari problemi di liquidità. E’ questa la
condizione normale del credito, che può a sua volta essere
classificata in base alla totale o bassissima presenza di
anomalie comportamentali, ad esempio in:
posizioni ottime (gold),
posizioni buone (silver),
posizioni normali (white),
gray list,
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black list.
La qualità del credito in funzione del rischio
controparte (2)
 crediti in ristrutturazione o ristrutturati, rappresentati dai
prestiti ad aziende che manifestano problemi di liquidità che si
stanno risolvendo con il consolidamento dei crediti a breve in
crediti a medio lungo o con l’ingresso nel capitale
dell’azienda o con interventi di riduzione provvisoria dei tassi;
 incagli, rappresentati dai crediti ad aziende con problemi
provvisori di liquidità;
 sofferenze, crediti non più vivi di aziende con problemi di
liquidità legati a problemi strutturali propri o di mercato.
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Le sofferenze (definizione Bankit)
L’intera esposizione per cassa (crediti, titoli, cedole, buoni
fruttiferi e certificati di deposito, altri investimenti
finanziari) nei confronti di soggetti in stato di insolvenza
(anche non accertato giudizialmente) o in situazioni
sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle
eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda. Si
prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie
(reali o personali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse
le esposizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile
a profili attinenti al rischio–paese.
Si ricomprendono anche le esposizioni nei confronti di enti
locali (comuni e province) in stato di dissesto finanziario
per la quota parte assoggettata alla pertinente procedura di
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liquidazione.
Gli incagli (definizione Bankit)
L’intera esposizione (crediti per cassa, buoni fruttiferi,
certificati di deposito e crediti di firma) nei confronti di
soggetti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che
sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di
tempo. Si prescinde dall’esistenza di eventuali garanzie
(personali o reali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse
le esposizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile
a profili attinenti al rischio paese.
Gli incagli oggettivi
Ove i crediti si trovano in alcune particolari situazioni
oggettivi vanno automaticamente ricompresi nella categoria
degli incagli:
 crediti verso persone fisiche integralmente assistiti da
garanzia ipotecaria concessi per l’acquisto di immobili di
tipo residenziale abitati, destinati ad essere abitati o 34
Gli incagli (definizione Bankit) (2)
dati in locazione dal debitore, quando sia stata effettuata la
notifica del pignoramento al debitore; per l’individuazione
di tale tipologia di crediti si fa riferimento alla medesima
categoria presa in considerazione nel coefficiente di
solvibilità per l’applicazione della ponderazione
preferenziale del 50%;
 crediti diversi da quelli di cui al punto precedente per i quali
risultino soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:
a) siano scadute e non pagate (anche solo parzialmente)
almeno 3 rate semestrali per i crediti di durata originaria
superiore a 36 mesi, ovvero almeno 2 rate semestrali, per
quelli di durata pari o inferiore a 36 mesi; se il piano di
ammortamento del prestito prevede rate trimestrali, il
numero delle rate scadute e impagate deve essere pari 35
Gli incagli (definizione Bankit) (3)
a 5 per i crediti di durata superiore a 36 mesi, ovvero a 3 per
quelli di durata pari o inferiore a 36 mesi; se il piano di
ammortamento del prestito prevede rate mensili, il numero
delle rate scadute e impagate deve essere pari a 7 per i crediti
di durata superiore a 36 mesi, ovvero a 5 per quelli di durata
pari o inferiore a 36 mesi; quando infine le rate siano annuali,
occorre che siano trascorsi almeno 6 mesi dal termine di
scadenza delle stesse;
b) i crediti insoluti, esclusi i crediti per interessi di mora ma
compresi gli insoluti eventualmente registrati su rapporti
diversi da quelli indicati al punto a) appartenenti
all’esposizione verso il medesimo debitore, siano almeno pari
al 20 per cento della esposizione stessa (esclusi i crediti per
interessi di mora).
36
La composizione ottimale
La composizione ottimale è ovviamente quel mix di
investimenti in impieghi bancari in grado di realizzare la
combinazione desiderata in termini di:
 bisogno di liquidità e grado di liquidabilità delle poste
dell’attivo determinato in funzione degli impegni presenti e
futuri;
 margine di interesse programmato per conseguire, poi, il roe
desiderato;
 grado di rischio globale in funzione della propensione al
rischio;
 grado di simmetria tra struttura del conto economico della
banca e quello del sistema in generale e dell’economia più in
generale.
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Le aree di gestione dell’attivo
La politica degli impieghi, individua quindi, tre grandi
macroaree:
 la gestione della liquidità. Si tratta di garantire il grado di
liquidità desiderato al minore costo possibile. In tal senso
l’obiettivo è quello di minimizzare la presenza di poste a
rendimento nullo o basso, assicurando, contemporaneamente,
investimenti finanziari ad alto contenuto di liquidabilità.
Considerato che vi è un diverso rendimento associato alla
liquidabilità è evidente che si tratta di minimizzare la
detenzione del contante, che come detto rappresenta un costo
implicito in quanto non fruttifero di interessi. D’altro canto i
titoli posseduti devono essere facilmente ed economicamente
smobilizzabili. Un importante strumento di liquidità è dato
dalla detenzione di linee di credito presso altre banche;
38
Le aree di gestione dell’attivo (2)
 la gestione del magazzino titoli per la negoziazione con
clientela. Poiché la banca si pone normalmente come
contropartita con la clientela nella negoziazione titoli, il solo
svolgere questa funzione crea un magazzino per la giacenza
legata alla non contemporaneità tra data d’acquisto e quella di
vendita. E’ una funzione importante perché è volta,
aumentando o riducendo lo stock di magazzino, si punta ad
aumentare l’aggregato esposto al rischio di prezzo in
previsione di aumenti dei corsi e a ridurlo in previsione di
riduzione dei corsi. E’ ancora importante poiché deve essere
minimizzata o annullata l’area dei titoli senza mercato ;
 la gestione degli investimenti per la redditività. Area che
contempla sia gli investimenti in prestiti alla clientela sia
l’acquisto di titoli per la redditività. Le prime sono le
operazioni più redditizie della banca, ma anche quelle dotate
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di maggiori rischi, soprattutto tra quelli controparte.
Il ruolo dell’interbancario
Nella politica degli impieghi un ruolo molto importante viene
svolto dal mercato interbancario.
Questo mercato, come detto, è stato creato su base europea ed
è un mercato all’ingrosso al quale si rivolgono le banche per
vendere o comprare denaro.
E’ un mercato che assolve compiti di:
• tesoreria, consentendo alle banche di risolvere problemi
quotidiani di eccedenza o di carenza di fondi;
• provvista di fondi per operazioni di prestiti alla clientela, a cui
possono fare ricorso banche che hanno un grado insufficiente
di raccolta diretta per far fronte ai prestiti a clientela.
40
Il ruolo dell’interbancario (2)
Le banche hanno normalmente rapporti di corrispondenza tra
di loro. I rispettivi conti possono e non possono prevedere
un’apertura di credito che rappresenta una importante forma di
riserva di liquidità. Con la modifica della politica comunitaria
tale ruolo è venuto un po’ meno nella gestione della liquidità
per la tesoreria, in quanto oggi le banche possono rivolgersi
alla Banca Centrale per ottenere liquidità overnight.
Molto importante per le banche più grandi è la possibilità di
attingere sui mercati interbancari esteri, per fare funding con
questa componente della raccolta o degli impieghi.
E’ evidente, la problematica connessa alla gestione dei rischi
essendo presenti soprattutto quello di cambio e ponendosi il
problema del rischio paese.
41
Il ruolo dei titoli
Da quanto detto finora già emerge il ruolo molto importante
che hanno i titoli nel definire la struttura dell’attivo di una
banca. Come visto essi assolvono più ruoli:
• riserva di liquidità, soprattutto con riferimento ai titoli
stanziabili;
• oggetto di compravendita e di mantenimento del rapporto di
clientela;
• redditività aggiuntiva ed integrativa a quella garantita dai
prestiti, soprattutto per le banche con mercati poco
industrializzati.
La normativa prevede che la banca deve definire e identificare
i titoli immobilizzati (destinati alla negoziazione e a strumento
di liquidità) da quelli non immobilizzati (redditività). 42
Il ruolo dei titoli
Da quanto detto finora già emerge il ruolo molto importante
che hanno i titoli nel definire la struttura dell’attivo di una
banca. Come visto essi assolvono più ruoli:
• riserva di liquidità, soprattutto con riferimento ai titoli
stanziabili;
• oggetto di compravendita e di mantenimento del rapporto di
clientela;
• redditività aggiuntiva ed integrativa a quella garantita dai
prestiti, soprattutto per le banche con mercati poco
industrializzati.
La normativa prevede che la banca deve definire e identificare
i titoli immobilizzati (destinati alla negoziazione e a strumento
di liquidità) da quelli non immobilizzati (redditività). 43
Gli indicatori di correlazione strutturale
E’ possibile individuare una serie di indicatori che consentano
un’analisi della grado di copertura consentito alle poste
dell’attivo da parte della raccolta.

raccolta da clientela * 100
impieghi a clientela

titoli
* 100
impieghi a clientela

interbancario netto * 100
impieghi a cl. + titoli

impieghi a breve * 100
raccolta a breve

impieghi a medio-lungo * 100
raccolta a medio-lungo
44
Indicatore raccolta / impieghi a clientela
Tale indicatore mostra il grado di autonomia della gestione
clientela ordinaria, evidenziando la percentuale di copertura
degli impieghi a clientela con la corrispondente raccolta.
L’indicatore può segnalare una situazione:
 di equilibrio, se prossimo a 100;
 di squilibrio degli impieghi se superiore a questo livello;
 di basso impiego a clientela se molto inferiore a 100.
Tale indicatore risente del grado di radicamento territoriale, in
quanto le banche poco radicate presentano tradizionalmente
un alto valore. Risente della struttura produttiva del territorio
di riferimento, soprattutto se carente di impieghi, in questo
caso il valore sarà basso. Risente anche della propensione al
rischio delle singole banche, data la relativa alta rischiosità
degli impieghi a clientela.
45
Indicatore titoli/impieghi a clientela
Tale indicatore mostra il peso del settore titoli rispetto al
volume degli impieghi a clientela, individuando il grado di
dimensionamento dei titoli nella politica degli impieghi.
L’indicatore può segnalare valori sopra o sotto cento in
relazione al peso dei titoli.
Questa relazione è da valutare rispetto ai periodi di
riferimento. Infatti, soprattutto nella fase della
iperintermediazione ed in presenza di massimali sugli
impieghi, tale valore era molto elevato.
Oggi, invece, con una disintermediazione che ha fortemente
ridotto il grado di centralità della raccolta bancaria negli
investimenti delle famiglie, ed in assenza di politiche di
contingentamento del credito, tale rapporto si è abbassato di
molto.
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Indicatore interbancario netto/ (imp. a cl. + titoli)
Tale indicatore mostra il grado di dipendenza degli impieghi
totali dalla raccolta interbancaria. Infatti, con la crescita del
mercato interbancario e con l’abbassamento dei tassi, si sono
ridotti gli spread esistenti tra operazioni di provvista e
impieghi in titoli, per cui tale raccolta netta viene effettuata
solo in presenza di problemi di copertura degli impieghi a
clientela ed in titoli.
Per questi motivi esso è abbastanza speculare con l’indicatore
impieghi / raccolta a clientela, infatti se quest’ultimo è
elevato, ci si potrebbe aspettare un’elevata presenza di
raccolta interbancaria.
In questo mercato è molto forte la componente estera e quindi
la presenza di rischi valutari o paese.
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Indicatori di equilibrio delle scadenze
Gli indicatori a) impieghi a breve su raccolta a breve e b)
impieghi a medio-lungo su raccolta a medio-lungo hanno
rilievo soprattutto dopo la despecializzazione temporale e
stanno ad indicare il grado di correlazione temporale tra le
operazioni di impiego e di raccolta.
Squilibri in questo senso stanno ad indicare operazioni di
trasformazione delle scadenze, implicanti problemi di:
 liquidità e gestione oculata della tesoreria;
 rischio di tasso, ove vi è assenza di correlazione tra le forme
di definizione dei tassi.
Normalmente la raccolta a breve e quella effettuata con il
ricorso ai depositi a risparmio ed ai cd a breve.
Quella a medio lungo è fatta con l’emissione di titoli
obbligazionari e i cd a medio lungo (in sostanziale
48
azzeramento).
Le aree di gestione economica
Azioni
Prestiti
Depositi
Partecipazioni
Titoli
Interessi
attivi
Interessi
Passivi
Servizi
ricevuti
Servizi
prestati
Ricavi
netti
da servizi
dividendi
Margine
interesse
Plus/minusvalenze
Margine
intermediazione
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Le aree di gestione
•
•
•
•
•
Ove si guardi alla formazione del margine di intermediazione
quest’ultimo è dato:
dagli interessi attivi collegati alle operazioni di prestito
personale e impersonale (titoli) e ai depositi presso Bankit;
dagli utili distribuiti dalle società partecipanti al gruppo
(partecipazioni), da quelle non commerciali finanziate in
questo modo (merchant banking) e dalle azioni detenute per
negoziazione;
titoli e partecipazioni potrebbero fornire eventuali plus o
minusvalenze;
come costi figurano gli interessi pagati ai depositanti e agli
acquirenti titoli;
dai ricavi dei servizi prestati (al netto di quelli ricevuti). 50
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Lezione 11 e 12 - Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali