PROCESSO D'APPELLO
Iblis, colpo di scena nel processo d'appello
L'accusa chiede numerose assoluzioni
Giovedì 28 Novembre 2013 - 06:00 di Dario De Luca e Laura Distefano
Entra nel vivo la requisitoria dell’accusa nel processo “Iblis”.
Sotto la lente d’ingrandimento la presunta egemonia del duo
Costanzo, Fiammetta nel territorio calatino. “A Palagonia si
caricava sui camion solo se lo volevano loro o gli Ercolano”.
CATANIA – “In questo processo ci sono un sacco di valutazioni divergenti”. E’ entrata nel vivo con
queste dure parole la requisitoria del Pg Gaetano Siscaro nel processo d’appello Iblis, che si celebra con le
modalità del rito abbreviato, sui rapporti tra mafia, imprenditoria e politici legati a doppio filo alla famiglia
mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Dopo le pesanti condanne arrivate in primo grado per oltre 200 anni di
carcere, il Procuratore generale sta analizzando, davanti alla Corte presieduta da Elvira Tafuri con a latere i
giudici Fichera e Dagnino, le posizioni dei singoli imputati, attivi, prima del blitz del novembre 2010 del Ros
dei Carabinieri, nei territori calatini di Palagonia, Ramacca e Castel di Iudica.
Alfonso Fiammetta e Franco Costanzo, detto "Pagnotta", rispettivamente condannati a 11 anni e 4 mesi e
20 anni avrebbero avuto, secondo l’accusa, un ruolo determinante per la gestione mafiosa del territorio a sud
della provincia di Catania. Tra gli affari del duo ci sarebbe stata la gestione delle tratte su gomma e gli affari
legati in particolare al mercato ortofrutticolo della cittadina calatina: “Obbligavano gli operatori– spiega
Siscaro – a rivolgersi alle ditte di trasporto riconducibili a loro ed intestate fittiziamente. In sostanza a
Palagonia si caricava o perché autorizzavano gli Ercolano o perché c’erano Fiammetta e Costanzo”.
La posizione dei due imputati, attualmente detenuti, è stata analizzata singolarmente per ogni capo
d'imputazione anche per quanto riguarda diverse presunte estorsioni eseguite tra il 2007 e il 2008.
Nell’elenco stilato in aula ci sono i subappalti e i lavori della metanizzazioni a Palagonia, la realizzazione di
una via di fuga, le richieste di denaro a Luca Ferraro, titolare di un salone di auto e moto nel comune calatino
oltre al tentativo di "messa a posto" nei confronti di due ditte della provincia di Messina, rispettivamente la
Giano Ambiente e la Demoter, vincitrici dell’appalto per la realizzazione di una discarica.
Un susseguirsi di presunti reati che, secondo il Pg Siscaro, farebbero emergere un quadro probatorio
insufficiente dato dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, ruoli passivi, come quello di Fiammetta
in relazione alle estorsioni a Ferraro, ma anche la mancanza in alcuni casi del dato identificativo per
affiancare quelle che sarebbero state le intenzioni degli imputati con i fatti veri e propri. Circostanze in
relazione alle singole contestazioni che hanno portato il Pg, durante la requisitoria, a chiedere più volte
l’assoluzione per "non aver commesso il fatto".
Attenzionato durante l’udienza anche il reato contestato a Fiammetta di favoreggiamento aggravato
nell’omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici. L’imputato, secondo gli inquirenti, avrebbe fornito il
supporto logistico durante la giornata in cui la lupara bianca inghiottì il reggente della famiglia mafiosa di
Catania e il suo fidato gregario. Il 30 settembre 2007, il Ros, intercettò più volte alcuni dei protagonisti
dell’inchiesta. Dall’ex cassiere e responsabile provinciale Vincenzo Aiello, sotto processo nel rito ordinario e
in corte d’Assise, fino allo stesso Fiammetta. Voci e conversazioni il più delle volte effettuate con linguaggio
criptico. “La mera coincidenza temporale e spaziale – spiega però in udienza Siscaro – non è sufficiente, c’è
si una condotta sospetta – prosegue - che però non è supportata da delle prove, chiedo quindi per l’imputato
l’assoluzione per non aver commesso il fatto”.
A dover essere riqualificato secondo i titolari dell’accusa, Cantone e Siscaro, dovrebbe invece essere il
reato di turbativa d’asta contestato a Franco Costanzo. L’imprenditore operante nel settore dell’edilizia e
del movimento terra, considerato il referente di Cosa Nostra a Palagonia, sarebbe stato responsabile secondo
l’accusa unicamente di violenza privata nei confronti di alcuni imprenditori. I fatti riguarderebbero la
presentazione di un bando al comune di Palagonia in cui i concorrenti di Costanzo sarebbero stati indotti
dallo stesso a non presentare offerte.
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