CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE
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Inaugurazione dell’anno giudiziario 2014
Relazione del Presidente
Giovanni Coppola
(Parlamento Subalpino - Palazzo Carignano - Torino)
Torino, 14 marzo 2014
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2014
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
GIOVANNI COPPOLA
TORINO 14/03/2013
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Redde rationem.
E’ una frase latina che letteralmente vuol dire “rendi il conto”.
E’ tratta dal vangelo di San Luca, ove si parla di un uomo ricco che
aveva affidato la gestione dei suoi beni ad un amministratore - di cui gli
erano pervenute voci di un’allegra gestione del patrimonio che gli era stato
affidato - che chiama alla sua presenza chiedendogli conto del suo operato.
Normalmente è la Corte dei conti che chiede ad altri il conto o il
rendiconto, al fine del formale discarico, che è garanzia di regolarità della
gestione del pubblico denaro.
Oggi, invece, è la Corte dei conti che in questa solenne cerimonia
presenta alle massime Autorità della Regione ed alla pubblica opinione il
rendiconto di ciò che ha fatto l’anno precedente, e ciò viene reso per ragioni
di coerenza e di trasparenza.
Coerenza e trasparenza che dovrebbero contraddistinguere l’operato dei
pubblici funzionari, indipendentemente dal grado rivestito e dalle funzioni
esercitate.
La cronaca, invece, è giornalmente piena di episodi di corruzione, di
peculato, di malversazione.
Ci
vengono
segnalati
episodi
sempre
più
frequenti
di
mala
amministrazione a tutti i livelli ed in quasi tutti i settori.
Quando frequentavo l’Università, in diritto penale, si studiava un
particolare tipo di reato contro la Pubblica Amministrazione, si chiamava
“peculato per distrazione”.
Era il reato delle persone intelligenti, non dei comuni ladruncoli.
2
Intendo
dire
che
chi
si
mette
in
tasca
soldi
della
Pubblica
Amministrazione, oltre a essere un ladro, è uno stupido perché quasi
sicuramente viene scoperto. Il reato di peculato “appropriativo”, è il reato
tipico dei cosiddetti “rubbapagliai”, in quanto indice di scarsa intelligenza.
C’è, infatti, un modo più raffinato, più sottile, più subdolo per far sparire
i soldi della P.A.: anziché mettersi i soldi in tasca propria, si mettono in
tasca di altri, amici o parenti, di terzi insomma, per scopi che non rientrano
tra le finalità pubbliche.
Questo è il peculato per distrazione.
Solo che il peculato per distrazione non costituisce più reato, essendo
stato abrogato da oltre venti anni.
Mi si dirà che c’è oggi l’abuso d’ufficio; è vero, ma non è la stessa cosa e
non comporta la stessa pena e, soprattutto, è contenuto in un perimetro di
previsione comportamentale molto più limitato e ristretto.
Se fosse ancora previsto il peculato per distrazione probabilmente molti
sperperi di pubbliche risorse non si realizzerebbero; verosimilmente
amministratori
e
funzionari
ci
penserebbero
più
volte
e
con
più
ponderazione prima di impegnare risorse od effettuare pagamenti che non
rientrano
strictu
sensu
tra
le
specifiche
finalità
dell’Ente
pubblico;
probabilmente ci sarebbero meno spese inutili, meno sprechi, forse meno
consulenze e meno incarichi vari (di studio o altro) a soggetti esterni.
La situazione attuale ci porta, purtroppo, sconsolatamente a dire che “I
ladri di beni privati passano la vita in carcere, quelli di beni pubblici nelle
ricchezze e negli onori”.
Questa frase, di grande attualità, non è mia, ma, anche se può
sembrare sorprendente, risale a oltre duemila anni fa.
3
Secondo Aulo Gellio, è una frase pronunziata da Catone il censore
davanti al Senato romano.
E’ la dimostrazione che passano gli anni, ma i vizi e le cattive abitudini
non passano, ma restano tali e quali.
In questo scenario di allarmante degrado morale la Corte dei conti cerca
di fare il suo dovere in una situazione di drammatica impotenza.
Nuove Leggi le affidano spesso nuovi compiti, che si aggiungono a quelli
già onerosi che disimpegna in silenzio e con senso del dovere e dello Stato.
Le nuove Leggi, indipendentemente dalla natura dei nuovi compiti che
vengono affidati alla competenza della Corte dei conti -nella sua triplice
funzione giurisdizionale, di controllo e consultiva - sono accomunati dallo
stesso filo logico, sono uniti dalla stessa formula di rito “senza maggiori ed
ulteriori oneri per lo Stato”.
Ciò, per la verità, non vale solo per la Corte dei conti, ma anche per le
altre Magistrature e per quasi tutte le Pubbliche Amministrazioni.
In pratica, si tratta di nuovi compiti affidati ad invarianza di spesa.
Il Legislatore, però, dimentica di darci una cosa: la bacchetta magica.
Perché solo con la bacchetta magica si riesce a dare, ad invarianza di
spesa, concreta attuazione ai nuovi molteplici compiti di volta in volta
conferiti.
Per fare un esempio pratico, la Corte dei conti del Piemonte soffre di una
cronica carenza di Magistrati e di personale amministrativo.
La Sezione che mi onoro di dirigere ha in organico un Presidente e sei
Magistrati.
4
Questo è quello che si definisce l’organico di diritto; altra cosa è
l’organico di fatto, cioè le persone che effettivamente sono in servizio,
indipendentemente da quelli che risultano sulla “carta”.
Oggi in Piemonte sono in servizio alla Sezione Giurisdizionale un
Presidente e quattro Magistrati.
Presidente a parte, vi è una scopertura di organico del 33%.
Non migliore è la situazione del personale di supporto.
Di quel personale, definito “amministrativo”, che è indispensabile per
fare girare la ruota della giustizia; esso dovrebbe essere parametrato sulla
consistenza dei Magistrati, perché di essi sono l’ausilio e che, secondo i
canoni della più avvertita Scienza
dell’Amministrazione, dovrebbe essere
pari a 5 su 1, cioè cinque dipendenti amministrativi per ogni Magistrato.
I dipendenti di questa Sezione Giurisdizionale dovrebbero, quindi,
essere trenta; non arrivano nemmeno a venti.
Nonostante tutto ciò, magistrati e dipendenti amministrativi hanno
operato ed operano con spirito di sacrificio ed alto senso del dovere per
assicurare un’efficace ed efficiente presenza della Corte dei conti in questa
meravigliosa ed impegnativa Regione.
Non a caso ho parlato di efficacia ed efficienza e non anche di
economicità, perché quest’ultima non è frutto di nostre scelte, ma per
mancanza di risorse finanziarie ci viene imposta dall’alto, anche contro la
nostra volontà.
Non bastasse la carenza di organico, ci si deve continuamente scontrare
con coloro che non vedono con favore, per usare un eufemismo, l’attività
della Corte dei conti; con coloro, per la verità sono una minoranza, che
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dimenticano che in un Paese democratico gli amministratori e i funzionari
pubblici devono rispondere ai cittadini, quali contribuenti, dell’impiego delle
risorse pubbliche da loro gestite, e non si possono invocare astrusi cavilli
giuridici al solo fine di sottrarsi a controlli e responsabilità che sono la
riprova e la garanzia della loro corretta amministrazione.
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LEGISLAZIONE DELL’ANNO 2013
CONCERNENTE LA CORTE DEI CONTI
Come accennato precedentemente, le competenze della Corte dei
Conti godono del privilegio della flessibilità o, per meglio dire, della
mutabilità, stante i numerosi interventi legislativi che annualmente
assegnano nuovi compiti e funzioni, sia in campo giurisdizionale che in
quello del controllo.
Espongo di seguito le norme contenute in provvedimenti
legislativi adottati nel corso del 2013, che hanno inciso sulle
attribuzioni giurisdizionali e di controllo intestate alla Corte dei
Conti.
Per quanto riguarda le funzioni giurisdizionali, il comma 4
dell’art.45 del D.Lgs n.33 del 14 marzo 2013 (obblighi di
pubblicità e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni), nel
rafforzare la collaborazione tra la Corte dei Conti e la CIVIT (ora
A.N.AC.), prevede che la CIVIT segnali anche alla Corte dei Conti,
per l’eventuale attivazione del giudizio di responsabilità, ogni
ipotesi di inadempimento o parziale adempimento degli obblighi di
pubblicazione stabiliti dalla normativa vigente.
Il comma 2 dell’art.16 del D.Lgs n.39 dell’08 aprile
2013 prevede la segnalazione alla Corte dei Conti in caso di
sospensione della procedura di conferimento di incarico da parte
dell’Autorità
introdotta
Nazionale
dal
comma
Anticorruzione.
2
dell’art.15
Altra
del
segnalazione
suddetto
è
D.Lgs
7
n.39/2013 da parte del responsabile del piano anticorruzione in
caso di violazione delle disposizioni in materia di incompatibilità e
inconferibilità di incarichi.
Alcune disposizioni rilevanti sono contenute nel D.L. n.35
dell’ 08 aprile 2013 (disposizioni urgenti per il pagamento dei
debiti scaduti della Pubblica Amministrazione), convertito dalla
legge n.64 del 6 giugno 2013:
il comma 3 dell’art.5 prevede la trasmissione alla Corte dei
Conti, da parte dell’Ufficio Centrale di bilancio, di una relazione
relativa alle somme impegnate e pagate;
il comma 8 dell’art.6 stabilisce che l’Ufficio di controllo della
Corte dei Conti, in caso di irregolarità, deve segnalare alla
competente Procura Regionale della Corte dei Conti gli atti di
pagamento derivanti dalle transazioni commerciali oggetto del
D.Lgs n.231/2002, che ha attuato la direttiva 2000/35/CE, relativa
alla
lotta
contro
i
ritardi
di
pagamento
nelle
transazioni
commerciali;
il comma 4 dell’art.1 prevede che la Procura Regionale della
Corte dei Conti, su segnalazione del Collegio dei revisori degli enti
locali, eserciti l’azione nei confronti dei responsabili che, senza
giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari o non
hanno effettuato, entro l’esercizio finanziario 2013, pagamenti per
almeno il 90%. Nei confronti degli stessi soggetti, le Sezioni
Giurisdizionali regionali della Corte dei Conti, applicano una
8
sanzione
pecuniaria
pari
a
due
mensilità
del
trattamento
retributivo.
Il comma 549 dell’art.1 della legge n. 147 del 27
dicembre 2013 (legge di stabilità 2014) ha esteso le misure
previste dal suddetto comma 4 dell’art.1 del D.L. n.35/2013 anche
con riferimento all’esercizio finanziario 2014. Inoltre, ha stabilito
che in caso di ritardata o mancata segnalazione da parte del
collegio
dei
Giurisdizionali
revisori
o
Regionali
del
della
revisore
Corte
degli
dei
enti,
Conti
le
Sezioni
irrogano
ai
componenti del collegio o al revisore, ove ne sia accertata la
responsabilità, una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del
trattamento retributivo.
Il comma 555 dell’art.1 della citata legge di stabilità
2014 introduce una specifica ipotesi di responsabilità erariale nei
confronti dei soci di società partecipate.
In tema di indennizzo da ritardo nella conclusione del
procedimento, il comma 7 dell’art.28 del D.L. n.69 del 21
giugno 2013, convertito dalla legge n.98 del 9 agosto 2013,
stabilisce che le sentenze di condanna del Giudice Amministrativo
siano comunicate al Procuratore Regionale della Corte dei Conti.
Al fine di assicurare il contenimento delle spese per auto di
servizio e consulenze nella pubblica amministrazione, il comma 8
dell’art.1 del D.L. n.101 del 31 agosto 2013, convertito dalla
legge n.125 del 30 ottobre 2013, prevede che almeno una volta
9
all’anno siano effettuate visite ispettive da parte dell’Ispettorato per
la Funzione pubblica con obbligo di denuncia alla Corte dei Conti
delle irregolarità riscontrate.
L’art.14 del D.L. n. 102 del 31 agosto 2013, convertito
dalla legge n.124 del 28 ottobre 2013, come modificato dal comma
8 dell’art.1 del D.L. n.120 del 15 ottobre 2013, convertito dalla
legge
n.137
del
13
dicembre
2013,
ha
esteso
l’ambito
di
applicazione del procedimento di definizione agevolata, introdotto
dall’art.1, commi da 231 a 233, della legge n.266/2005, anche ai
fatti avvenuti, anche soltanto in parte, anteriormente alla data di
entrata in vigore delle suddetta legge n.266/2005 e a quelli inerenti
danni erariali verificatesi entro la data di entrata in vigore del
medesimo D.L. n.102/2013 e fissa il termine del 4 novembre 2013
per la presentazione della relativa istanza.
Si segnala, inoltre, il comma 19 dell’art.11 del D.L.n.91
dell’08 agosto 2013, convertito dalla legge n.112 del 7 ottobre
2013, che riguarda sia il controllo, sia la giurisdizione: tale
disposizione, infatti, demanda alla Sezione Regionale di controllo la
certificazione
sull’attendibilità
dei
costi
quantificati
e
la
loro
compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio in
ordine ai contratti aziendali di lavoro delle fondazioni liricosinfoniche e avverso le relative delibere le parti interessate possono
ricorrere alle Sezioni Riunite in speciale composizione ai sensi
dell’art.103 secondo comma della Costituzione, come già previsto
10
per gli atti di ricognizione delle Amministrazioni Pubbliche operata
annualmente dall'ISTAT.
Il comma 619 dell’art. 1 della citata legge di stabilità
per l’anno 2014 (legge n.147/2013) - in ordine al pagamento
agevolato previsto dal precedente comma 618 per i carichi inclusi in
ruoli emessi da Uffici statali, Agenzie fiscali, Regioni, Province e
Comuni affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013 - precisa che
le somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della
Corte dei Conti sono dovute per l’intero.
Altre specifiche disposizioni hanno riguardato le attribuzioni di
controllo.
L’art. 31 del D.Lgs n.33 del 14 marzo 2013, nel riordinare
la disciplina in ordine agli obblighi di pubblicità e trasparenza,
stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni pubblicano gli atti e i
relativi rilievi della Corte dei Conti, anche se recepiti.
Al fine di assicurare la massima tempestività nelle procedure
di pagamento, il comma 11 dell’art.6 del suddetto D.L. n.35
dell’08 aprile 2013 (disposizioni urgenti per il pagamento dei
debiti scaduti della pubblica amministrazione), convertito dalla
legge n.64 del 6 giugno 2013, prevede che i decreti di riparto delle
anticipazioni di liquidità tra gli enti interessati non sono soggetti al
controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti.
Inoltre, il comma 4 bis dell’art.10 del D.L. n.93 del 14
agosto 2013, convertito dalla legge n.119 del 15 ottobre 2013, ha
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abrogato la lettera c-bis) del comma 1 dell’art.3 della legge
n.20/94, che, tra gli atti soggetti a controllo preventivo di
legittimità, prevedeva i provvedimenti commissariali adottati in
attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri
ai sensi dell’art.5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992 n.225
(stato di emergenza e potere di ordinanza).
In ordine alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale
introdotta dal D.L. n.174/2012, l’art.10 ter del D.L. n.35 dell’08
aprile 2013, convertito dalla legge n.64 del 6 giugno 2013,
modifica alcuni termini, mentre l’art.49 quinquies del D.L. n.69
del 21 giugno 2013, convertito dalla legge n.98 del 9 agosto
2013, introduce la facoltà per l’Amministrazione in carica di
rimodulare il piano di riequilibrio, ove la relativa delibera risulti già
presentata dalla precedente Amministrazione.
Sulla stessa procedura è inoltre intervenuta la più volte citata
legge di stabilità per l’anno 2014 (n.147/2013): il comma
573 dell’art.1, infatti, stabilisce che per l’esercizio 2014 gli Enti
locali
che
hanno
avuto
il diniego d'approvazione da parte del
Consiglio comunale del piano di riequilibrio finanziario e che non
abbiano dichiarato il dissesto finanziario possono riproporre, entro
il termine perentorio di trenta giorni, la procedura di riequilibrio
finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del Testo Unico,
qualora dimostrino dinanzi alla competente Sezione Regionale di
12
Controllo della Corte dei Conti un miglioramento della condizione
di Ente strutturalmente deficitario.
Infine, si segnala, il comma 4 dell’art.4 del D.L. n.78 del
01 luglio 2013, convertito dalla legge n.94 del 9 agosto 2013, che
prevede l’invio di una relazione annuale alla competente Sezione di
controllo
della
Corte
dei
conti
da
parte
del
Commissario
straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
13
L’ATTIVITA’ NELL’ANNO 2013 DELLA
SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI
PER LA REGIONE PIEMONTE
In base alle proprie attribuzioni, l’attività della Corte dei Conti regionale
abbraccia tre settori che saranno distintamente trattati:
- i giudizi in materia di responsabilità amministrativo-contabile;
- i giudizi pensionistici;
- i conti giudiziali.
I GIUDIZI IN MATERIA DI RESPONSABILITA’
AMMINISTRATIVO-CONTABILE
In
tema
di
responsabilità
amministrativo-contabile,
nel
decorso anno la Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte ha
definito 50 giudizi nel pieno rispetto dei termini previsti dalla L.
89/2001 (cosiddetta Legge Pinto).
Anzi, i giudizi sono stati definiti in notevole anticipo rispetto a
detti termini ove si tenga conto che, mediamente, un processo di
primo grado davanti questa Sezione ha una durata globale di circa
sette mesi.
Le sentenze di condanna sono state 27 per un importo
complessivo di euro 221.369.701,44 ed hanno interessato 124
convenuti, mentre 29 convenuti sono stati ritenuti non responsabili.
14
Tra le sentenze più significative si segnala la sentenza n.
14/2013, con la quale la Sezione, nell’ambito della nota vicenda
relativa alle quote-latte, ha condannato gli amministratori delle
Cooperative SAVOIA a r.l. a risarcire l’AGEA - Agenzia per le
Erogazioni in Agricoltura.
In detta sentenza è stato affermato che la Corte dei conti ha
giurisdizione nei confronti del soggetto “acquirente”, come definito,
dal punto di vista soggettivo, dalla normativa comunitaria, (v., art.
9, lett. e, del regolamento n. 3950/92). Infatti, tra il primo
acquirente e la P.A. sussiste un rapporto di servizio, ricorrendo tutti
i presupposti richiesti dalla giurisprudenza contabile e della Corte
di Cassazione quali: l'inserimento nell'organizzazione strutturale,
operativa e procedimentale dell'ente pubblico per il conseguimento
di un fine di questo; lo svolgimento in modo continuativo della
relativa attività di interesse pubblico; l'assoggettamento ad ordini,
istruzioni,
direttive
o
vigilanza
da
parte
dell'ente
pubblico
proponente.
La figura del primo acquirente non può essere assimilata a
quella del sostituto d’imposta, ricorrendo, se mai, elementi di
affinità con quella dell’ esattore, il quale, pacificamente soggetto
alla giurisdizione della Corte dei conti, come il primo acquirente,
viene
investito
della
dell’ amministrazione.
funzione
con
un
provvedimento
15
Né può dedursi il difetto di giurisdizione del giudice contabile
dalla previsione, in materia, della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ai sensi dell'art. 2 sexies della legge 109/2005,
competente anche per il risarcimento del danno.
Infatti, il petitum non è il prelievo supplementare non versato,
che rappresenta unicamente la misura del danno bensì il danno
conseguente all’omessa riscossione ed all’ omesso versamento del
prelievo.
E’
stato,
dell’interessato,
automaticamente
altresì,
nella
affermato
fase
che
l’omessa
pre-processuale,
l’inammissibilità
dell’atto
di
non
audizione
determina
citazione,
per
violazione dell’art. 5, comma 1, della legge 14.1.1994 n.19,
allorché la relativa richiesta di audizione personale sia stata
avanzata in sede di deposito delle deduzioni difensive con memoria
sottoscritta
esclusivamente
dal
patrocinatore
dell’invitato
ed,
inoltre, che quando la fattispecie di danno erariale, oggetto della
pretesa di parte pubblica, risulta connessa all’esercizio di una
funzione
di
carattere
giurisdizionale
nel
contesto
di
illeciti
penalmente rilevanti, l’esordio della prescrizione non può collocarsi
in un momento antecedente alla conclusione delle indagini penali,
quantunque si assuma che i fatti, nella loro storicità, fossero noti
all’amministrazione.
16
Con la sentenza n. 102/2013 la Sezione ha statuito che il
curatore fallimentare sia qualificabile quale pubblico ufficiale con
la conseguenza che in capo al medesimo può configurarsi una
responsabilità per danno erariale.
La questione si inserisce nel più ampio contesto della
soggezione a responsabilità di persone estranee alla P.A., che
esercitano funzioni pubbliche in assenza di un rapporto di lavoro
subordinato con l'ente pubblico, ed è stata positivamente risolta
dalla giurisprudenza contabile, con riferimento a diverse categorie
di soggetti (tra le quali, in relazione al curatore fallimentare,
Sezione giurisdizionale Regione Siciliana, 11 ottobre 2011, n.
3662).
In particolare, è stato evidenziato che la figura del Curatore
fallimentare, soggetto al quale l’Ordinamento attribuisce la qualifica
di pubblico ufficiale, si colloca nell’ambito del rapporto di servizio
inteso quale relazione funzionale tra soggetto privato, responsabile
per
conto
della
P.A.
dell’amministrazione
del
patrimonio
fallimentare, ed ente pubblico.
L'ampiezza dei poteri attribuiti al curatore fallimentare – non
certamente
riducibile
a
soggetto
investito
della
mera
rappresentanza dei creditori - lo rende il cardine della gestione
nell’ambito delle procedure concorsuali devolute alla curatela, sì da
poterne ammettere la definizione di cooperatore di Giustizia, quale
organo ausiliare del Giudice.
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La carenza dello status di appartenenza organica alla struttura
della Pubblica Istituzione risulta compensata dall’investitura della
qualità di compartecipe fattivo dell'attività pubblica e, quindi, da un
vero e proprio inserimento funzionale, ancorché temporaneo,
nell'apparato gestionale dell'Istituzione, quale organo tecnico e
straordinario della stessa.
Ciò
comporta
sia
l’assoggettamento
alla
responsabilità
patrimoniale sia la soggezione alla giurisdizione della Corte dei
conti.
Con la sentenza nr. 52/2013 sono stati condannati alcuni
amministratori di un Comune per il danno patrimoniale cagionato
con la propria condotta illecita e derivante dall’esborso effettuato
dall’Ente civico a titolo di spese legali, sostenute a fronte di
iniziative giudiziarie civili avviate, in funzione di una scelta
discrezionale assunta dalla Giunta, nei confronti di un privato e
rivelatesi completamente infondate, tenendo conto dell’esistenza di
elementi oggettivi che denotavano in modo palese, con giudizio “ex
ante”, l’inconsistenza della tesi propugnata dall’Amministrazione. In
tale contesto, il Collegio ha richiamato i canoni che si sono
affermati in giurisprudenza relativamente alla possibilità, da parte
del Giudice contabile, di sindacare le valutazioni e le decisioni
connotate
dalla
presenza
di
discrezionalità
amministrativa,
considerando che la norma contenuta nell’articolo 1, comma 1,
primo periodo, della Legge nr. 20 del 1994, stabilisce che “la
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responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte
dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai
fatti ed alle omissioni commessi con dolo e colpa grave, ferma
restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”. Nella
Sentenza la Sezione ha evidenziato che la citata disposizione, per
quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, non priva la Corte dei
Conti della possibilità di controllare la conformità dell’attività
amministrativa alla Legge; in altri termini, e con maggiore
ampiezza
esplicativa,
l’attività
discrezionale
della
Pubblica
Amministrazione, anche quella che presenta caratteri di maggiore
estensione, è sempre soggetta al rigoroso rispetto dei limiti interni
dell’azione amministrativa, intimamente connessi alla natura della
funzione esercitata e rappresentati dall’interesse pubblico, dalla
causa del potere invocato e dai precetti di logica ed imparzialità, e
dei limiti esterni correlati al canone del buon andamento fissato
dall’articolo 97 della Costituzione, il quale costituisce un presidio
immanente
a
tutela
e
garanzia
del
principio
della
legalità
sostanziale e risulta ulteriormente specificato, dopo l’entrata in
vigore della Legge nr. 241 del 1990, dai criteri di efficacia ed
economicità dell’azione amministrativa, con particolare riferimento
a quest’ultimo requisito che postula, come propugnato dalla Corte
di legittimità, la sussistenza di un ragionevole rapporto tra costi e
benefici. In definitiva, la Cassazione ha stabilito che le scelte
discrezionali risultano subordinate non soltanto alla necessaria
19
verifica del collegamento teleologico con le finalità istituzionali
dell’Ente pubblico, ma anche al riscontro circa la proporzione tra i
mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti, sul rilievo che, essendo
ormai assunti tra i requisiti normativi che regolano l’attività
amministrativa anche i prefati criteri di efficacia ed economicità,
deve ritenersi che rientri tra i poteri della Corte dei Conti,
nell’ambito del giudizio di responsabilità, anche quello di appurare
la sussistenza di un ragionevole rapporto tra costi e benefici, dal
momento che anche tale verifica è fondata su valutazioni di
legittimità e non di mera opportunità. Del resto, la posizione della
Suprema
Corte
avalla
quell’orientamento
emerso
nella
giurisprudenza della Corte dei Conti, secondo il quale il limite della
insindacabilità non sussiste, e dunque non può essere invocato dal
presunto responsabile del danno, allorché le scelte discrezionali, da
cui sia derivato il nocumento patrimoniale, siano contrarie alla
Legge o si rivelino gravemente illogiche, arbitrarie, irrazionali,
contraddittorie, pretestuose ovvero antieconomiche, atteso che la
predetta insindacabilità concerne la valutazione delle scelte tra più
comportamenti legittimi attuati per il soddisfacimento dell’interesse
pubblico perseguito e non ricomprende, al contrario, le scelte
funzionalmente deviate rispetto al superiore e basilare postulato del
buon andamento dell’azione amministrativa.
20
Con la sentenza nr. 123/2013 è stato condannato, in via
principale, un farmacista e, in via sussidiaria, un medico di base,
per il danno patrimoniale derivante dalla indebita prescrizione e
consegna di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale,
mentre altro medico specialista, coinvolto nella medesima vicenda
ed in servizio presso una struttura pubblica diversa da quella che
aveva sopportato il pregiudizio, è stato assolto per intervenuta
prescrizione.
Si segnala, anche, la sentenza n. 135/2013 con la quale la
Sezione ha condannato il Dirigente di un Istituto Tecnico Statale
per fatti di c.d. mobbing compiuti in danno del Direttore
Amministrativo in servizio presso il medesimo istituto.
In detta sentenza la Sezione ha statuito che nei fatti di c.d.
mobbing accertati dal competente giudice civile è ravvisabile la
ricorrenza di comportamenti oggettivamente idonei a determinare
una lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore.
Laddove l’Amministrazione datrice di lavoro abbia dovuto
rispondere del danno conseguente a tali comportamenti imputabili
ad un proprio Dirigente, l’azione di responsabilità amministrativa
contro
quest’ultimo
è
diretta
a
ristorare
l’Amministrazione
medesima, in via di rivalsa, del pregiudizio erariale sofferto.
La condotta del convenuto risulta caratterizzata dal dolo,
laddove si traduca, in base alle risultanze processuali, in un vero e
proprio atteggiamento persecutorio messo in campo nei confronti
21
del sottoposto, diretto a umiliare e a svalutare l’immagine e
l’attività di quest’ultimo e, in definitiva, a determinarne l’isolamento
e l’allontanamento.
La Sezione, a fronte del versamento spontaneo da parte del
convenuto di una parte del danno e di una richiesta di cessazione
della materia del contendere avanzata dalle parti in udienza, ha
ritenuto di non potere accogliere tale richiesta, evidenziando come
l’unico fatto capace di fare cessare la materia del contendere sia
l’avvenuta, integrale, realizzazione del credito dell’Amministrazione.
Il Collegio neppure ha potuto ravvisare una rinuncia del PM
all’azione di responsabilità per parte del danno patrimoniale, stante
la nota irretrattabilità della stessa, che, una volta esercitata,
fuoriesce dalla disponibilità dell’organo requirente con l’effetto
consequenziale della doverosità, per il Giudice, di pronunciarsi nel
merito (principio recentemente ribadito da Corte dei conti, Sez. III,
10 gennaio 2013 n. 9).
Si segnala, anche, la sentenza n. 158/2013, con la quale la
Sezione ha condannato un insegnante di scuola materna per fatti
di abuso di mezzi di correzione e disciplina (consistiti, nella
specie, in una serie di atti ritenuti vessatori, tra cui punizioni
umilianti, atteggiamenti eccessivamente severi e oppressivi, urla,
ecc. nei confronti dei piccoli alunni della scuola materna, che
avrebbe cagionato loro uno stato di permanente timore, con
conseguenti reazioni di ansia, panico e shock emotivo e vari
22
disturbi psico-fisici), integranti il reato di cui all’art. 571 del codice
penale. Nel processo svoltosi avanti il giudice penale il competente
Ministero
era
stato
condannato
quale
responsabile
civile
al
risarcimento del danno in favore dei genitori dei bambini coinvolti.
La Sezione, ravvisando tutti i presupposti della responsabilità
amministrativa, e, quanto all’elemento soggettivo, il dolo, ha
accolto
integralmente
la
domanda
della
Procura
Regionale
pervenendo alla condanna dell’insegnante.
La Sezione non ha invece ravvisato
Scolastico,
altresì
corresponsabile
per
evocato
omessa
in
in capo al Dirigente
giudizio
vigilanza,
dalla
una
Procura
condotta
quale
illecita
concausa del danno.
La Sezione evidenziava in proposito che l’eventuale mancata
effettuazione di visite didattiche presso la scuola non assumeva
rilievo con riferimento ai fatti di causa, dal momento che gli abusi
perpetrati a danno degli alunni non sarebbero stati rilevabili nel
corso di tali visite, mentre emergeva piuttosto una omessa o
tardiva informazione, sugli specifici fatti in questione, da parte di
coloro, che, anche per la loro posizione, come i colleghi, li
conoscevano ovvero ne avevano il fondato sospetto.
Con la sentenza n. 6/2013 la Sezione ha statuito che
costituisce
danno
patrimoniale
risarcibile
la
maggior
spesa
sostenuta dall’ente locale in un esercizio finanziario rispetto ai limiti
23
legali conseguenti al mancato rispetto delle regole del Patto di
stabilità per l’anno precedente.
Il riferimento temporale di cui all’art. 31, co. 28, L. 183/2011
si rivolge soltanto alle cd. “sanzioni” (rectius, limitazioni) finanziarie
per l’Ente locale e non al danno erariale cagionato dalla condotta di
amministratori o dipendenti pubblici che, falsamente attestando il
rispetto del Patto di Stabilità, nell’anno immediatamente successivo
all’inosservanza del medesimo abbiano agito sulla spesa come se i
vincoli di finanza pubblica fossero stati rispettati.
L’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 31, co. 31, della
L. 12.11.2011, n. 183 non esclude la configurabilità di una
concorrente
responsabilità
amministrativo-contabile
dei
suoi
destinatari (amministratori e responsabile del servizio economicofinanziario) secondo le regole comuni dell’art. 52 R.D. 1214/34.
Infatti, l’artificioso conseguimento degli obiettivi del Patto di
stabilità, previsto come illecito amministrativo secondo lo schema
sanzionatorio, è una condotta che può essere anche produttiva di
un danno erariale.
La natura e la funzione delle limitazioni derivanti dal mancato
rispetto del Patto di stabilità non consentono di ritenere le spese
effettuate in violazioni di tali limiti legali - siano esse riferite alla
parte corrente o all’assunzione di personale - in alcun modo ed in
alcuna
ipotesi
giustificate
per
il
sol
fatto
di
essere
rivolte
24
all’assolvimento di funzioni o allo svolgimento di servizi rivolti alla
comunità amministrata.
La sentenza ha anche affermato che l’analisi degli eventuali
vantaggi comunque conseguiti, richiesta dall’art. 1, co. 1 bis, L.
20/94, non può essere ridotta ad un’automatica compensatio lucri
cum damno, ma deve tener conto delle finalità della norma
imperativa violata e dell’interesse pubblico primario da essa
perseguito. La violazione delle limitazioni della spesa che incidono
sulla finanza dell’ente locale, derivante dall’approvazione di un
rendiconto inveritiero, procura l’interruzione del circuito virtuoso in
cui sono coinvolti tutti i soggetti istituzionali tenuti a conseguire
l’obiettivo dettato da regole derivanti dall’appartenenza all’Unione
Europea.
Ne
discende
l’insussistenza
di
un
mero
vantaggio
compensativo, algebrico, per l'amministrazione di appartenenza, o
per altra amministrazione, o per la comunità amministrata in
relazione al comportamento dei convenuti, essendo lo stesso
Legislatore ad accordare la preminenza all’interesse pubblico alla
salvaguardia degli equilibri di bilancio e di rispetto dei vincoli di
finanza pubblica, imposti all’intera collettività nazionale (e quindi
anche
agli
Enti
territoriali)
dall’adesione
dell’Italia
all’Unione
Europea.
Ne consegue che rispondono a titolo di colpa grave i
componenti della Giunta comunale che abbiano approvato una
proposta di rendiconto recante una serie di gravi anomalie in
25
quanto collaborando con il Sindaco nel governo del Comune, a
ciascun Assessore è intestato un dovere particolarmente pregnante
e puntuale di diligenza nell’adempimento del proprio mandato,
specie per i connessi rilevanti riflessi sulle finanze del Comune che
derivano
dall’approvazione di
un
atto fondamentale quale il
rendiconto dell’esercizio finanziario precedente.
Rispondono a titolo di colpa grave anche i Consiglieri comunali
che abbiano omesso di esercitare con la necessaria diligenza il
potere-dovere di analisi della proposta di Rendiconto recante una
serie di gravi anomalie e che abbiano negligentemente omesso di
“tenere motivatamente conto” di quanto espresso nella relazione
dell’Organo di revisione.
Con la sentenza n. 27/2013 la Sezione ha assolto il
convenuto in quanto la circostanza che i gadgets distribuiti ai
partecipanti ad un convegno internazionale finanziato da enti
pubblici e privati rechino, oltre al logo del convegno stesso, la firma
dell’organizzatore,
dipendente
dell’amministrazione,
non
porta
automaticamente a ricondurre la distribuzione degli articoli stessi al
mero interesse personale di veicolare all’esterno la sola immagine
del convenuto stesso, e non quella dell’Amministrazione pubblica.
Nella fattispecie, l’apposizione della firma dell’organizzatore
sui gadgets (cravatte e foulards) unitamente ai
loghi della
Conferenza, non ha distratto la consegna agli ospiti di tali oggetti
dalla
finalità
di
rappresentanza
dell’amministrazione
di
26
appartenenza del convenuto, che risulta comunque soddisfatta
dall’apposizione del logo distintivo del convegno.
Con la sentenza n. 61/2013 è stato condannato, in via
principale, a titolo di responsabilità contabile amministrativa dolosa,
un
cassiere
dell’U.T.T.
del
Ministero
della
Difesa;
in
via
sussidiaria, per omesso controllo sull’operato del predetto, sono
stati condannati il Capo Gestione Denaro ed il Capo Servizio
Amministrativo.
La sentenza ha statuito che, nell’ambito del giudizio di
responsabilità è precluso, in sede di conclusioni rassegnate nel
corso della seconda udienza di discussione, successiva alla fase
istruttoria,
introdurre
una
modificazione
della
domanda
in
precedenza formulata e richiedere che, rispetto ad uno dei
convenuti, venga accertata la responsabilità a titolo doloso, in luogo
della responsabilità in via sussidiaria a titolo di colpa grave, dedotta
in atto di citazione e nell’invito a dedurre, integrando tale nuova
domanda una “mutatio libelli” inammissibile.
Alla chiamata in giudizio di due o più soggetti a titolo diverso,
in via principale e in via sussidiaria, sottendono due obbligazioni
distinte, con titolarità individuale, che afferiscono, però, alla stessa
fattispecie dannosa: la prima ha carattere restitutorio e fa capo a
chi si sia appropriato direttamente e con dolo di denaro o valori
pubblici,
la
seconda
ha
carattere
risarcitorio
e
fa
capo
al
27
responsabile avente obblighi di controllo e vigilanza, il quale ultimo
è tenuto a rispondere a titolo gravemente colposo in via sussidiaria.
Il Capo servizio amministrativo e il Capo gestione denaro, che
si sono alternati nella sottoscrizione in via congiunta – con il
cassiere - degli assegni emessi al fine di alimentare la cassa
corrente, sottoscrivendo altresì con superficialità vari documenti
contabili attinenti la gestione di cassa, e che hanno omesso con
colpa grave di svolgere i compiti di verifica e vigilanza sull’attività di
gestione del cassiere rispondono in via sussidiaria del danno
derivante dall’ammanco di cassa.
Con sentenza n. 85 del 16.5.2013 è stato affermato che
ricorrono i presupposti della responsabilità amministrativo-contabile
per danno da disservizio nei confronti del responsabile dell’Ufficio
tecnico – edilizia privata di un Comune che indebitamente omette di
istruire
e
portare
a
conclusione,
nel
territorio
comunale,
i
provvedimenti di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia.
Il danno erariale c.d. da disservizio presuppone un pubblico
servizio al quale correlarsi e consiste nell'effetto dannoso causato
all'organizzazione e allo svolgimento dell'attività amministrativa,
dal comportamento illecito di un dipendente o amministratore, il
quale abbia impedito il conseguimento della attesa regolarità e
legalità dell'azione pubblica o, comunque, abbia causato inefficacia
o inefficienza di tale azione. Può quindi sussistere il danno da
disservizio
allorché
l'azione
non
raggiunge,
sotto
il
profilo
28
qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall'impiego di
determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse.
Con sentenza n. 86 del 16.5.2013 è stato ritenuto colpevole
di danno all’immagine nei confronti dell’Amministrazione di
appartenenza
il
funzionario
dell’Agenzia
delle
Entrate
che,
abusando della propria qualità e dei propri poteri, induce una serie
di commercianti destinatari di controlli fiscali a consegnargli
indebitamente prodotti o a prestare servizi ingenerando in essi il
timore che, in assenza di tali elargizioni, possano essere fatti
oggetto di ulteriori controlli e di attivazione di procedimenti e
provvedimenti sanzionatori, con evidenti ripercussioni a loro danno.
Del tutto ininfluente, ai fini dell’illiceità della condotta, la
circostanza
potesse,
in
che
il
funzionario
concreto,
disporre
dell’Agenzia
delle
autonomamente
Entrate
non
verifiche
sui
contribuenti dovendo necessariamente ricevere, per ogni singolo
incarico, specifica autorizzazione del proprio capo servizio, in
quanto la sola circostanza della qualifica interna ricoperta - che ne
avrebbe imposto la previa autorizzazione per lo svolgimento di
attività ispettiva- non esclude il "metus pubblicae potestatis",
elemento proprio della fattispecie concussiva, tenuto conto che tale
elemento non poteva essere noto ai destinatari dei controlli i quali –
ricevuto l’accertamento - venivano indotti a credere e temere
l’esercizio dei predetti poteri.
29
Ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 co. 30 ter del decreto
legge 1° luglio 2009, n.78, come convertito nella legge 3 agosto
2009, n.102, e successivamente modificato dall’art.1 del decreto
legge 3 agosto 2009, n.103, convertito nella legge 3 ottobre 2009,
n.141, per la contestazione del danno all’immagine in presenza di
una sentenza penale irrevocabile di applicazione della pena su
richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. in relazione ad un reato
ricompreso tra quelli di cui al capo I del titolo II del libro II del
Codice Penale. Secondo una lettura costituzionalmente orientata
dell’art. 17, comma 30 ter d.l. n. 78/2009 e s.m.i., infatti, la
locuzione “sentenza irrevocabile di condanna” ricomprende anche la
pronuncia emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p, esponendosi ogni
diversa
soluzione
ermeneutica
ad
un
vizio
di
illegittimità
costituzionale, in primo luogo per violazione del principio di
uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost..
Nel merito, il danno all’immagine non si identifica o si verifica
soltanto
quando,
per
ripristinarlo,
l’Amministrazione
pubblica
sostiene delle spese in quanto siffatto tipo di pregiudizio si
configura e si concreta anche nel caso in cui la rottura di quella
aspettativa di legalità, imparzialità e correttezza che il cittadino e
gli appartenenti all’Ente pubblico si attendono dall’apparato, viene
spezzata da illecito comportamento dei suoi agenti.
La
risarcibilità
del
pregiudizio
all’immagine
non
può
rapportarsi, quindi, per la sua intrinseca lesione, al solo ristoro della
30
spesa che abbia inciso sul bilancio dell’Ente, ma deve essere vista
come lesione ideale, con quantificazione da determinarsi secondo
l’apprezzamento del Giudice, anche ricorrendo alla valutazione
equitativa, ex art. 1226 c.c., la quale si può fondare su prove,
anche
presuntive
(art.
2727
c.c.)
od
indiziarie,
tra
cui
le
conseguenze negative che, per dato di comune esperienza e
conoscenza- anche con il concorso dei fatti notori, di cui all'art.
115, comma 2, c.p.c.- siano riferibili al comportamento lesivo
dell'immagine.
Sul
versante
dei
parametri
sociali
è
particolarmente
significativo l’impatto negativo che la notizia della condotta illecita
ha prodotto sull’opinione pubblica, in conseguenza dell’eco della
vicenda sugli organi di informazione e, in particolare, il discredito
gettato sull’Amministrazione di appartenenza. Rileva altresì lo
sconcerto ed il naturale senso di mortificazione che, a seguito della
rivelazione dei fatti, la vicenda origina nei colleghi del responsabile,
impegnati quotidianamente nello svolgimento di servizi resi a
favore della collettività.
31
I GIUDIZI PENSIONISTICI
In
tema
di
pensioni,
nel
decorso
anno
la
Giurisdizionale per la Regione Piemonte ha definito 105
Sezione
giudizi,
anche in questo caso in notevole anticipo rispetto ai termini previsti
dalla L. 89/2001 (cosiddetta Legge Pinto).
La definizione dei giudizi pensionistici è così rapida che molto
spesso
gli
stessi
ricorrenti
nemmeno
formulano
richiesta
di
sospensione.
Si indicano, di seguito, le questioni più interessanti che sono
state trattate.
A proposito dell’indennità integrati a speciale, è stato
affrontato il problema del:
a) cumulo di pi
indennità su pi
pensioni.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 99, secondo
comma, del Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con D.P.R. 29
dicembre 1973, n. 1092, per contrasto con gli artt. 2, 3, 36 e 38
della Costituzione, è stata dichiarata in parte inammissibile e in
parte infondata, nel merito, con sentenza della Corte Costituzionale
n. 197 del 26 maggio – 4 giugno 2010.
Di conseguenza, tutte le pronunce rese sono state adeguate
all’orientamento negativo in materia di cumulo di plurime i.i.s. su
plurime pensioni, ormai inequivocamente affermato non solo da tre
32
conformi successive pronunce delle Sezioni Riunite (n. 14/QM/
2003; n. 2/QM/2006; n. 1/QM/2009) ma anche dall’attuale univoco
orientamento delle tre Sezioni Centrali d’Appello della Corte dei
conti (ex multis cfr. da ultimo Sez. Prima, sent. 589 del
25.10.2010; Sez. Seconda, sent. 427 del 25.10.2010; Sez. Terza,
sent. 770 dell’11.11.2010), orientamento al quale ha pure aderito,
infine, la stessa Sezione d'Appello Sicilia (v. sent. 253 del
15.12.2010), superando anch’essa il proprio precedente opposto
orientamento (di cui era espressione, ex multis, sent. 100 del 6
marzo 2009).
b) cumulo di pi
indennità su pensione e retribu ione.
Si è confermata (cfr. sentenze nn. 15-25-101 del 2013) la
pacifica spettanza della doppia indennità in caso di contemporanea
percezione
di
pensione
e
retribuzione,
conformemente
alla
giurisprudenza contabile ormai definitivamente consolidatasi in
materia,
con
condanna
alle
spese
dell’Amministrazione
soccombente ex art. 91 c.p.c..
Sentenza nr. 36 del 2013. La prefata pronuncia, in materia
pensionistica,
si
è
soffermata
sulla
questione
relativa
alla
liquidazione di benefici economici a favore degli eredi di un
Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri rimasto gra emente
ferito
durante
un’a ione
terroristica
e
successivamente
deceduto per causa non direttamente riconducibile alle lesioni
riportate. In dettaglio, il Giudice ha richiamato, in primo luogo, il
33
referente
normativo
inerente
alla
controversia,
identificato
dall’articolo 2, comma 3, della Legge nr. 407 del 1998 e successive
modificazioni, il quale prevede che “in caso di decesso dei soggetti
di cui al comma 1, ai superstiti aventi diritto alla pensione di
reversibilità secondo le disposizioni del Testo Unico delle norme sul
trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato,
approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre
1973, n. 1092 e successive modificazioni, sono attribuite due
annualità del suddetto trattamento pensionistico limitatamente al
coniuge superstite, ai figli minori, ai figli maggiorenni inabili, ai
genitori, e ai fratelli e sorelle, se conviventi ed a carico”. In secondo
luogo, il Giudicante ha evidenziato che il presupposto per la
concessione del descritto beneficio risiede, in funzione di una
interpretazione piana e lineare della norma, nel decesso di uno dei
soggetti di cui al comma 1: la posizione del defunto Sottufficiale
rientrava in modo evidente nella prima parte del comma 1
dell’articolo
2
della
fonte
primaria
in
rassegna,
laddove
la
disposizione evoca espressamente i soggetti che, per effetto di
ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi
1, 2, 3, e 4 dell’articolo 1 della Legge 20 ottobre 1990, n. 302,
come modificati dall’articolo 1, comma 1, della Legge in parola,
subiscano una invalidità permanente non inferiore ad un quarto
della capacità lavorativa e che siano successivamente deceduti.
Siffatta specifica condizione ricorreva nel caso esaminato, atteso
34
che il militare in via di rivalutazione aveva ottenuto “ex post”
l’attribuzione
di
una
complessiva
invalidità,
correlata
all’atto
terroristico subito, che al momento della morte era pari al 40%,
secondo quanto certificato dal competente Organo medico-legale
pubblico.
Sentenza nr. 56 del 2013. La menzionata pronuncia, in
materia pensionistica, ha esaminato la questione connessa al
computo dell’indennità aggiuntiva di ricerca, percepita dal
dipendente ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. nr. 382 del 1980,
nella quota “A” del trattamento pensionistico ovvero nella quota “B”
dello stesso. In particolare, è stato affermato che la suddetta
indennità non può essere qualificata come una parte indistinta della
retribuzione stipendiale o di posizione, priva di una sua autonoma
rilevanza funzionale, partecipandone automaticamente degli stessi
caratteri,
costituendo,
al
contrario,
emolumento
di
carattere
pacificamente accessorio dotato di una propria peculiare identità e
di per sé carente, dal punto di vista genetico, dei requisiti di fissità
e di stabilità nel tempo, che viene corrisposto dall’Ente datore di
lavoro,
in
presenza
di
determinate
condizioni
da
vagliare
preventivamente in concreto, soltanto a fronte di specifiche e ben
determinate mansioni ricoperte dal personale; del resto, in disparte
i termini letterali “in aggiunta” e “assegno aggiuntivo” utilizzati dal
legislatore in relazione all’erogazione della citata indennità, la
circostanza che lo stesso articolo 39 del D.P.R. nr. 382 del 1980
35
abbia previsto il carattere riassorbile dell’emolumento in parola con
i miglioramenti economici di carriera, testimonia in modo chiaro e
tangibile che lo stesso non può essere equiparato alla retribuzione
stipendiale o di posizione e difetta dei caratteri di fissità nel tempo.
In conclusione, la predetta indennità deve essere inserita nella
quota “B” dell’assegno di quiescenza.
. Con le sentenze nn. 142, 143, 152 e 153/2013 è stata
fatta applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Riunite della
Corte dei conti in materia di ripetizione di indebito pensionistico
emerso in sede di conguaglio tra pensione provvisoria e
pensione definitiva.
Sulla base dell’indirizzo delle SS.RR. (da ultimo, sent. n.
2/QM/2012), secondo cui “lo spirare di termini regolamentari di
settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo
non priva ex se l’amministrazione del diritto-dovere di procedere al
recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio” e
“sussiste un principio di affidamento del percettore in buona fede
dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile
dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria”, deve essere
valorizzato l’affidamento, inteso come stato di fiducia di un
soggetto
sull’apparenza
delle
situazioni
giuridiche
e
della
corrispondenza di queste ai fatti nella loro effettiva sostanza.
Sempre secondo le SS.RR., detto affidamento – che impedisce
la ripetibilità dell’indebito da parte della P.A. - non può identificarsi
36
solo con la scadenza del termine procedimentale previsto dalla L. n.
241/1990
e
dai
regolamenti
di
settore
per
l’adozione
del
provvedimento pensionistico definitivo, ma si configura con il
concorrere di una serie di elementi oggettivi e soggettivi, quali: a) il
decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi
termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile
da
norme
riguardanti
altre
fattispecie
pensionistiche,
b)
la
rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore
riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, c) le
ragioni
che
provvisorio,
hanno
d)
amministrazione,
il
giustificato
momento
di
ogni
di
altro
la
modifica
conoscenza,
elemento
del
da
trattamento
parte
necessario
dell’
per
la
liquidazione del trattamento definitivo.
L’atto con cui il pensionato, all’atto del collocamento a riposo,
ha preso atto della provvisorietà del trattamento di quiescenza e
rinunciato ad eccepire la buona fede, se in sede di determinazione
definitiva fosse risultato un conguaglio a suo debito, va qualificato
come rinuncia ad un diritto futuro, ovvero non ancora esistente nel
patrimonio
del
soggetto
al
momento
della
rinuncia,
e,
in
particolare, al diritto di trattenere quanto eventualmente percepito
indebitamente, ma in buona fede, e di agire per la conseguente
declaratoria giudiziale.
Anche considerato che si verte in materia previdenziale, va
ritenuto che tale rinuncia non sia idonea a produrre alcun effetto
37
abdicativo in quanto il relativo oggetto ancora non esisteva, al
momento
della
rinuncia
in
questione,
nel
patrimonio
rinunciante, apparendo come una mera eventualità.
del
Difettavano,
quindi, o non erano attuali al momento dell’atto i presupposti
indispensabili per il prodursi dei relativi effetti: disponibilità del
diritto, capacità e legittimazione a rinunciare.
In ogni caso, i suddetti effetti abdicativi vanno esclusi laddove
non traspare dalla dichiarazione alcuna espressa o presunta volontà
di prestare, comunque, acquiescenza al recupero di ogni indebito
qualora sia decorso il termine per l’emanazione del provvedimento
definitivo sul trattamento di quiescenza.
Detta eventuale acquiescenza sarebbe, sotto ulteriore profilo
inammissibile in sede giurisdizionale, traducendosi, nella sostanza,
in una preventiva abdicazione al diritto di difesa costituzionalmente
tutelato.
Con la sentenza n. 151/2013, invece, è stata respinta la
domanda di declaratoria di irripetibilità di un indebito
pensionistico, in considerazione della peculiarità della fattispecie.
L’indebito, invero, non si era formato in sede di conguaglio tra
pensione definitiva e provvisoria, come nei casi più ricorrenti nella
pratica, bensì in revisione del decreto definitivo di pensione,
avvenuta nel termine di un anno dalla relativa lavorazione
mediante procedura automatizzata, ai sensi dell’art. 9 della L. n.
38
428/1985 e dell’art. 5 del D.P.R. n. 429/1986. Nello stesso termine,
poi, era stata avviata la procedura di recupero dell’indebito.
Il
fatto
che
procedimentali
non
fossero
rispettati
consente
di
tutti
attribuire
i
previsti
alcuna
termini
rilevanza
all’eventuale affidamento incolpevole del percettore.
Con Sentenza n. 45/2013 è stato rigettato il ricorso
promosso da pensionato avverso atto di recupero di indebito
pensionistico, ammontante ad euro 134.303,23, avviato dall’INPS
sulla pensione ordinaria di anzianità: recupero avente ad oggetto
somme
pagate
in
esecuzione
di
sentenza
di
primo
grado,
provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello.
Nella controversia avente ad oggetto le restituzioni derivanti
da fisiologica difformità tra le statuizioni della sentenza di primo
grado e quelle della pronuncia di secondo grado non può darsi
accesso alla riconsiderazione delle questioni di merito già fatte
oggetto della decisione di appello opponendosi alla rivisitazione – in
qualsiasi forma - il giudicato formatosi ai sensi dell’art. 2909 c.c..
La sentenza passata in giudicato costituisce provvedimento
giurisdizionale al quale la legge conferisce peculiare valore giuridico
e la doverosità del recupero delle somme pagate in esecuzione di
sentenza di primo grado si riconnette alla valenza dell’ordine
contenuto in detta statuizione. In tale contesto il decorso del tempo
necessario alla definizione del giudizio, tra la sentenza di primo
grado e quella di appello, non può pertanto scalfire, neppure
39
parzialmente, i contenuti del decisum della sentenza passata in
giudicato, rilevando in tal caso il principio di intangibilità del
giudicato.
L'azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga
proposta dalla parte vittoriosa, in relazione alle prestazioni eseguite
in base a sentenza poi annullata si connette ad un'esigenza di
restaurazione
sentenza
della
situazione
patrimoniale
anteriore
a
detta
e non si presta a valutazioni sulla buona o mala fede
dell'accipiens, non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto
a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della
rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti.
Con sentenza 34/2013 è stato respinto un ricorso in quanto
al fine della sussistenza del requisito sanitario richiesto per
accedere alla pensione di inabilità è necessario che a causa delle
infermità sia venuta meno in modo definitivo qualsiasi capacità
lavorativa, sicché nel caso in cui residui la potenzialità di attendere
ad
attività
lavorative
confacenti
alle
proprie
attitudini,
indipendentemente dal ritorno reddituale che dalle stesse possa
derivare e dal tipo di lavoro, sia esso subordinato, autonomo o
professionale, il suddetto requisito deve ritenersi escluso.
Con sentenza n. 120/2013 è stato accolto il ricorso
proposto dall’ASL CN2 e, per l’effetto, dichiarata l’infondatezza della
pretesa avanzata dall’INPS, Ufficio di Cuneo, volta al recupero di
Euro 127.977,49 erogati indebitamente ad ex dipendente per
40
asserito
errore
compiuto
dall’Azienda
sanitaria
nella
determinazione in eccesso di trattamento provvisorio di
quiescenza.
Deve essere esclusa la legittimazione passiva dell’ASL rispetto
alle pretese restitutorie avanzate dall’INPDAP (ora INPS) ai sensi
dell’art. 8, c. 2 D.P.R. n. 538/1986, in relazione ad erronee
comunicazioni
di
dati
volti
alla
liquidazione
del
trattamento
provvisorio di quiescenza riconducibili alle pregresse USSL.
Infatti, in seguito alla soppressione delle U.S.S.L. per effetto
del D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le AA.SS.LL., e per
effetto degli artt. 6, comma 1, della l. n. 724/1994 e 2, comma 14,
della l. n. 549 del 1995, che hanno individuato nelle Regioni i
soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti
degli organismi soppressi mediante apposite gestioni stralcio, poi
trasformate in gestioni liquidatorie, si è verificata una successione
ex lege delle Regioni nei rapporti di debito e credito già facenti capo
alle vecchie UU.SS.LL., sicché deve escludersi, in relazione a debiti
maturati prima del 31 dicembre 1994, la legittimazione passiva
delle AA.SS.LL.
L’obbligazione restitutoria di cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R.
n. 538/1986 non può farsi risalire al momento della liquidazione
della pensione definitiva dell’ex dipendente della disciolta U.S.L., al
tempo in cui l’obbligazione sarebbe stata accertata, ma al momento
in cui è giuridicamente sorta ovvero allorché si è realizzato il fatto
41
causativo
dell’erogazione
e,
quindi
allorquando,
sulla
base
dell’erronea comunicazione, operata dalla disciolta U.S.L, è stato
adottato il provvedimento provvisorio di quiescenza, sulla cui base
sono stati avviati i pagamenti indebiti.
Con
riferimento
al
credito
sorgente
in
capo
all’Istituto
previdenziale, derivante dalla previsione di cui al citato art. 8, co.
2, opera la prescrizione ordinaria decennale che inizia a decorrere
dal momento della liquidazione della pensione provvisoria.
Ai fini del decorso del termine decennale di prescrizione risulta
irrilevante il momento di conclusione del contenzioso riguardante la
legittimità del provvedimento di determinazione del trattamento
definitivo di pensione, tenuto conto che non può attribuirsi
all’azione intentata dal pensionato nei confronti dell’INPS un effetto
interruttivo o sospensivo della prescrizione nel diverso rapporto
creditorio tra INPS ed ex datore di lavoro (USL).
Con sentenza n. 136/2013 è stato rigettato il ricorso
promosso da ex dipendente delle Ferrovie dello Stato mirante al
riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8
della legge 27 marzo 1992, n. 257 e s.m.i., norma che attribuisce
ai la oratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo
superiore a dieci anni il diritto a che l’intero periodo lavorativo di
esposizione sia moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche,
per il coefficiente di 1,5.
42
L'attribuzione del beneficio previdenziale di cui all'art. 13,
comma 8, legge n. 257 del 1992 e s.m.i. consegue al duplice
accertamento in ordine all’adibizione ultradecennale del lavoratore
a mansioni comportanti una effettiva esposizione all’amianto e alla
sussistenza del rischio morbigeno a causa della presenza, nei luoghi
di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto che, per essere
superiore ai valori limite indicati nella legislazione prevenzionale di
cui al D.Lgs. n. 277 del 1991 e successive modifiche renda concreta
e non solo presunta la possibilità del manifestarsi delle patologie
che la sostanza è idonea a generare.
L’accertamento in ordine al superamento della soglia di
esposizione deve essere effettuata non solo ai fini dell’applicazione
dell’art. 47 del D.L. n. 269/03, convertito dalla Legge n. 326/03,
ma anche in ipotesi di applicazione della disciplina originaria di cui
all’art. 13 L. n. 257/1992 non potendosi ipotizzare un trattamento
differenziato
in
base
al
momento
della
presentazione
della
domanda.
La certificazione
I.N.A.I.L.
inerisce
ad
atto
presupposto
rispetto al riconoscimento dei benefici di cui all’art. 13 comma 8
della L. n. 257/1992 da parte dell’Istituto previdenziale senza che
esso assuma per ciò stesso valenza di autonomo provvedimento
lesivo
di
posizioni
sostanziali
del
richiedente.
In
caso
di
impugnazione del provvedimento di diniego da parte dell’Istituto
previdenziale rispetto alla concessione dei benefici previdenziali di
43
cui all’art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992 e s.m.i., la Corte
dei conti, per l'accertamento e la valutazione dei fatti, dispone degli
stessi poteri, anche istruttori, del giudice ordinario e, quindi, può e
deve
accertare
l'esposizione
all'amianto
e
conoscere
della
certificazione INAIL relativa con la stessa pienezza di poteri.
Mentre appare sufficiente l'esistenza della certificazione INAIL
per
fondare
certificazione
il
diritto
INAIL
alla
non
maggiorazione
costituisce
prova
contributiva,
esclusiva
la
della
esposizione qualificata, persistendo ovviamente la possibilità che
questa venga dimostrata in giudizio attraverso gli ordinari mezzi di
prova.
I CONTI GIUDIZIALI
L’esame dei conti giudiziali è stato negli ultimi anni il “cavallo
di battaglia” della Sezione Giurisdizionale della Regione Piemonte.
Grazie all’intuizione del Presidente che mi ha preceduto,
congiunto
personale
all’infaticabile
lavoro
amministrativo
di
dei
colleghi
supporto
è
Magistrati
stata
e
del
ricostruita
“l’anagrafe degli agenti contabili”, necessario presupposto per
una compiuta verifica delle gestioni che attraverso i conti sono
rappresentate.
44
Ovviamente, l’anagrafe non è completa in quanto si concentra
sulle figure di agenti contabili che potremmo definire “tradizionali”
con esclusione, al momento, di tutti quei soggetti privati, e sono
numerosissimi, che sono pur sempre agenti contabili anche se non
sono ricompresi nel settore strettamente pubblico quali, solo per
fare un esempio nell’ambito del sistema giudiziario, gli esattori del
contributo unificato.
Non si nasconde, però, che il settore dei conti giudiziali, per le
numerosissime gestioni da esaminare, è quello che più soffre
dell’attuale carenza di organico, sia magistratuale che di personale
amministrativo della Sezione.
Infatti, nel 2013 sono pervenuti ben 11.801 conti giudiziali
(1.127 in più dell’anno precedente); tale dato fa della Sezione
piemontese la prima Sezione Giurisdizionale d’Italia come conti
giudiziali ricevuti, primato che si estende al numero di conti
giudiziali esaminati e definiti (9.823), dei quali 68 con sentenza.
Ciononostante, la giacenza finale continua inesorabilmente ad
aumentare: infatti, a fine 2013 i conti giudiziali in attesa di
definizione erano 42.754, con un incremento di 1.978 conti rispetto
alla giacenza dell’anno precedente quando erano 40.776.
Non si intende mettere le mani avanti, ma è una semplice
constatazione che porta a dire che senza adeguata copertura
dell’organico esistente –per la verità sarebbe necessario un suo
incremento- la situazione è inevitabilmente destinata a collassare.
45
Passando all’esame delle pronunce rese in materia, si segnala
la sentenza n. 98/2013 con la quale la Sezione si è pronunciata
in relazione a giudizi sui conti giudiziali relativi alla riscossione dei
diritti di edilizia, per gli anni 2007-2008-2009-2010-2011, resi
dall’Agente contabile di un Comune.
Nel corso dell’istruttoria era emerso che l’importo dei diritti
era stato interamente versato al Tesoriere solo nel corso del 2012,
ed a seguito dell'intervento del magistrato relatore. Stante il palese
ritardo con cui sono stati effettuati i versamenti, si è provveduto al
deferimento in udienza, al fine di valutare collegialmente la
riscontrata situazione di irregolarità del Comune in merito alla
gestione delle riscossioni dei diritti per il periodo 2007/2011.
La Sezione, all’esito dell’esame dei conti, ha ravvisato una
palese
inosservanza
delle
norme
gestionali
richieste
dalla
contabilità pubblica in quanto le somme, da introitarsi nella casse
comunali, dovevano essere versate, ad opera dell’agente contabile,
al Tesoriere nelle debite forme e tempistiche.
La conseguente declaratoria di responsabilità contabile a
carico dell’agente, il quale non ha provveduto agli adempimenti
necessari, si è tradotta nell’obbligo di risarcimento a favore
dell’Ente degli interessi legali maturati ex art. 1282 c.c., interessi
da calcolare con capitalizzazione annuale, potendosi equiparare alla
“domanda giudiziale” di cui all’art. 1283 c.c. l’obbligo, per l’agente
46
contabile, di rendere in sede giurisdizionale il conto della propria
gestione.
Con sentenza n. 99/2013 la Sezione ha esaminato i conti
giudiziali relativi alla gestione dell’anticipazione delle piccole spese
compilati in ordine alla gestione economale, per gli anni 20072008-2009-2010-2011, dall’Agente contabile di un Comune.
Unitamente alla documentazione relativa ai conti giudiziali è
stata trasmessa, a firma del Segretario Comunale, una relazione
accompagnatoria nella quale, oltre a rappresentare che trattasi di
micro
realtà
locale
con
pochi
abitanti,
con
organizzazione
burocratica ridotta ai “minimi termini” e con un’unica dipendente
comunale part-time soggetta negli anni a gravi problemi di salute,
si
è
fatto
presente
che,
pur
avendo
l’Ente,
con
debito
provvedimento sindacale, nominato la dipendente part-time di
ruolo, quale economo Comunale (nonché unico agente contabile), il
servizio per le spese minute “non è stato svolto” – rectius, non è
stato possibile organizzare un servizio economale appropriato a
causa dei problemi sovraelencati ed i relativi rendiconti non
presentano movimentazioni, pur risultando riportati a residui attivi
e passivi gli impegni previsionali di bilancio.
Di tal che si sarebbe assistito ad una gestione “volontaristica”
non
gravante
sull’Ente
per
“piccoli
interventi
di
pulizia”,
“manutenzione” e, soprattutto, in relazione a limitate spese
cosiddette di “rappresentanza”, quali “mazzi di fiori per matrimoni”,
“piccoli omaggi per visitatori illustri”, “iniziative a favore della
popolazione anziana” ecc….
L’aver sostenuto spese di carattere economale senza gravare
sull’Ente, se può apparire, per un aspetto, encomiabile, per l’altro,
sta
invece
a
dimostrare
un’irregolarità
gestionale
dovuta
al
47
mancato utilizzo di adeguati e pure previsti strumenti di contabilità,
nonché la totale inosservanza della norme di contabilità pubblica.
Tuttavia, posto che detta irregolarità formale - indubbiamente
sussistente - non ha comportato alcuna apprezzabile responsabilità
contabile, attesa l'insussistenza di ammanchi o danni patrimoniali
apprezzabili subiti dalla finanza comunale, è divenuto giocoforza il
discarico dell'agente contabile relativamente agli esercizi finanziari
considerati.
Con sentenza 72/2013 è stato affermato che la gestione
economale è una gestione annuale che deve chiudere in pareggio,
e, per la stessa, è necessaria l’osservanza delle disposizioni del
Regolamento di contabilità dell’Ente locale. Stante l’insieme di
anomalie ed incongruenze riscontrate nella fattispecie, la gestione
contabile non è stata dichiarata regolare e si è proceduto alla
liquidazione del relativo debito a carico dell’agente contabile.
Sentenza nr. 116 del 2013. La suddetta pronuncia, in
materia di giudizio di conto, ha esaminato la questione connessa
alla sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti nei
confronti di un Concessionario della riscossione che si trovi in
regime di amministrazione straordinaria. In particolare, la
Sezione ha chiarito che non è di ostacolo allo svolgimento del
predetto
giudizio
circostanza
che
demandato
l’agente
alla
contabile
Magistratura
sia
in
contabile
la
amministrazione
straordinaria, ai sensi del Decreto Legislativo nr. 270 del 1999,
atteso che la pendenza della procedura concorsuale, se impedisce
l’esercizio di azioni esecutive individuali sui beni del debitore, pur
con le eccezioni previste dalle norme di riferimento, non influisce, al
48
contrario,
sull’accertamento
attribuito
alla
Corte
dei
Conti
dall’articolo 44 del R.D. nr. 1214 del 1934, che rimane del tutto
integro ed intangibile; il giudizio di conto, infatti, come propugnato
anche dalla Corte Costituzionale, rappresenta una procedura
giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se l’agente
contabile che ha avuto in carico risorse pubbliche sia in grado di
rendere conto della propria gestione e, quindi, risulti gravato da
obbligazioni di restituzione. Analogamente, del resto, è stata
esclusa la forza attrattiva al Tribunale fallimentare, in funzione degli
articoli
24
e
52
della
Legge
fallimentare,
delle
azioni
di
responsabilità amministrativa e contabile promosse contro un
soggetto dichiarato fallito, ed è stato stabilito che, per concorrere
alla distribuzione nella procedura concorsuale, l’Ente titolare del
credito deve chiedere l’ammissione al passivo con riserva di
accertamento del credito stesso da parte della Corte dei Conti.
Con Ordinanza nr. 17 del 2013 la Sezione ha respinto
l’istanza per resa di conto presentata dalla Procura Regionale, volta
ad ottenere la fissazione del termine per il deposito dei conti
giudiziali inerenti ai contributi percepiti dai Gruppi politici
del Consiglio Regionale della Regione Piemonte nel periodo
dal 2003 al 2008. In tale ottica, il Collegio, in via pregiudiziale, ha
evidenziato il difetto di attribuzione della Corte dei Conti, per
quanto concerne il giudizio di conto, nei confronti dei Consiglieri del
Consiglio Regionale, assistiti da specifica immunità. Al riguardo, è
49
stato messo in risalto che l’immunità disciplinata dall’articolo 122,
comma 4, della Costituzione, secondo cui i Consiglieri regionali non
possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei
voti dati nell’esercizio delle loro funzioni, attiene, secondo i
consolidati principi affermati dalla Consulta (ex multis Sentenze
nnrr. 81 del 1975, 70 del 1985, 289 del 1997, 392 del 1999 e 337
del 2009), alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio
Regionale
che
costituzionalmente
costituiscono
garantita”,
“esplicazione
mediante
lo
di
autonomia
svolgimento
delle
funzioni consiliari, il cui nucleo caratterizzante è definito dall’articolo
121, comma 2, della Costituzione. I Gruppi consiliari rappresentano
diretta ed imprescindibile emanazione del Consiglio Regionale e si
configurano, come precisato più volte dal Giudice delle Leggi, quali
articolazioni necessarie dell’Assemblea consiliare, svolgendo in tale
veste attività direttamente ed esclusivamente strumentali rispetto
all’esercizio di funzioni legislative intestate al Consiglio Regionale.
Ciò chiarito, le attribuzioni dei singoli Consiglieri costituzionalmente
previste, coperte da immunità, non si esauriscono evidentemente in
quelle legislative, ma comprendono anche quelle di indirizzo
politico, di controllo e di autorganizzazione. In particolare, la Corte
Costituzionale ha precisato che tra le funzioni presidiate dalla citata
immunità
sono
all’amministrazione
sicuramente
ed
alla
comprese
gestione
di
fondi
quelle
relative
assegnati
alla
Presidenza del Consiglio Regionale, in relazione ad attività legate
50
strettamente
all’esplicazione
del
mandato
rappresentativo.
Il
Collegio, inoltre, prescindendo dalla questione afferente al predetto
istituto dell’immunità, ha sottolineato che nel caso dei Consiglieri
regionali difetta comunque in modo palese la stessa figura
dell’agente contabile tenuto alla resa del conto giudiziale, teorizzata
invece dall’Ufficio Requirente, non soltanto per la carenza di una
specifica disposizione normativa che attribuisca in modo espresso
siffatta qualificazione nell’ambito dell’Ente territoriale, ma anche
perché appaiono del tutto assenti i due imprescindibili presupposti
che connotano in concreto l’agente contabile, ossia, da un lato, il
maneggio
diretto
di
denaro
svolto
in
modo
personale
e
continuativo, dall’altro, la gestione dei fondi effettuata attraverso
uno specifico e predeterminato schema procedimentale di tipo
contabile.
Per doverosa completezza va segnalato che detta Ordinanza è
stata riformata in appello dalla III Sezione Centrale che con
Decreto n.14/2013 ha ritenuto sussistente l’obbligo della resa dei
predetti conti giudiziali.
Sempre per completezza, va anche evidenziato, che la
Regione
Piemonte
ha
sollevato,
con
ricorso
alla
Corte
Costituzionale, conflitto di attribuzione, contestando la sussistenza
del potere della Corte dei conti di ordinare il deposito del conto
giudiziale da parte dei Capigruppo del Consiglio Regionale e di
celebrare il conseguenziale giudizio di conto, con richiesta di
51
annullamento del decreto n.14/2013 della Terza Sezione Centrale
d’Appello. In precedenza, anche la Regione Toscana aveva sollevato
conflitto di attribuzione davanti la Corte Costituzionale avverso la
decisione della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la
Regione Toscana che aveva disposto il deposito dei conti giudiziali
dei gruppi consiliari della Regione medesima riferibili alle annualità
2010-2011-2012, mentre i Presidenti dei Gruppi Consiliari della
medesima Regione hanno proposto distinto regolamento preventivo
di
giurisdizione.
Infine,
non va
sottaciuto
che,
sulla
stessa
problematica, si è in attesa di pronuncia da parte delle Sezioni
Riunite della Corte dei conti su questione di massima sollevata dal
Presidente della Corte dei conti.
Si
segnala
l’Ordinanza
n.
100/2013
che,
in
via
interlocutoria, pronuncia sui conti giudiziali resi dall’agente della
riscossione delle entrate di un Comune in relazione agli anni 20072008-2009-2010.
Vi si afferma che il giudizio di conto, concernente la
riscossione delle entrate ICI, TOSAP, TARSU e diritti pubbliche
affissioni, operata dall’agente delle riscossioni di un Comune ha ad
oggetto l’accertamento della regolarità delle stesse nell’interesse
dell’Ente pubblico cui può ricollegarsi un’eventuale chiusura a
debito del giudizio medesimo, quanto alle somme ancora dovute
dall’agente.
52
Il giudizio di conto non ha come suo fine proprio il recupero
del danno prodotto all’Amministrazione, ma l’accertamento della
regolarità del conto cui può conseguire, in ipotesi di accertamento
di ammanchi, la condanna dell’agente contabile al pagamento delle
somme risultanti a debito. Trattasi di un giudizio assolutamente
necessario, volto a garantire che il pubblico danaro, proveniente
dalla generalità dei contribuenti, venga effettivamente destinato
alla soddisfazione dei pubblici bisogni.
L’ATTIVITA’ DELLA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
Si espongono, a seguire, i dati più salienti relativi alla copiosa
attività svolta dalla Sezione Regionale di Controllo di questa
Regione.
1) Controllo sui bilanci consuntivi 2011 degli enti locali della
Regione Piemonte (art. 1, COMMI 166 e seguenti, Legge 266/2005
e art. 148 bis del TUEL, come introdotto dal D.L. n. 174/2012,
convertito nella L. n. 213/2012).
Il controllo ha riguardato 1.214 enti, di cui 133 Comuni con più di
5.000 abitanti, 1.073 Comuni con meno di 5.000 abitanti e 8
Province.
La Sezione ha deliberato n. 232 pronunce.
Le irregolarità emerse hanno riguardato principalmente:
risultato negativo di amministrazione;
mancato rispetto patto di stabilità;
criticità nelle procedure di pagamento dei debiti, con i conseguenti
effetti elusivi degli obblighi imposti dal Patto di Stabilità;
53
eccessivo ricorso ad anticipazioni di tesoreria;
risultati di gestione ripetutamente negativi e squilibrio di parte
corrente del bilancio;
accertamento di entrate aventi carattere non ripetitivo destinate a
spese ripetitive e in parte non riscosse;
spese di rappresentanza non rispondenti alle finalità ed all'interesse
istituzionale dell'Ente;
non corretta contabilizzazione dei "servizi conto terzi";
riconoscimento di debiti fuori bilancio;
criticità relativa agli organismi partecipati anche in relazione al
mancato
controllo
sulle
società,
in
particolare
sugli
organismi
partecipati che operano in house;
mancato aggiornamento dell'inventario;
mancato rispetto dei limiti imposti dall'art. 6 comma 7, 8, 12 e 14 del
D.L. n. 78/2010, conv. nella L. n. 122/2010;
non corretta applicazione dell'art. 9 del D.L. n. 78/2009, conv. nella
L. n. 102/2009;
non corretta applicazione delle previsioni legislative in ordine al
riaccertamento e/o eliminazione dei residui ed utilizzo dell'avanzo di
amministrazione calcolato non rispettando il principio della prudenza
e non provvedendo a stralciare i crediti di dubbia esigibilità dal conto
del bilancio;
mantenimento di un elevato importo di residui attivi in bilancio;
54
residui passivi finanziati da indebitamento non movimentati da oltre
due anni;
disallineamento tra i residui passivi del titolo IV della spesa ed i
residui attivi del titolo VI dell'entrata;
bassa
capacità
di
riscossione
del
recupero
delle
sanzioni
amministrative per violazione al codice della strada e dell'evasione
tributaria;
uso di fondi vincolati per il finanziamento di spese in conto capitale
che incidono sulla situazione di equilibrio finanziario;
mancato rispetto dei limiti di spesa per il personale;
mancato invio del questionario.
Per quanto riguarda gli Enti destinatari delle pronunce emanate ai
sensi dell'art. 148 bis, co. 3, del TUEL, nel termine dei 60 giorni
normativamente previsto, alcuni Enti hanno indicato le misure
adottate e adottande ritenute in generale idonee al superamento delle
criticità a alla correzione degli squilibri finanziari; per alcuni Enti, in
mancanza di misure idonee, la Sezione regionale di controllo ha
richiesto il blocco delle procedure di spesa.
Si
riportano
a
titolo
esemplificativo
alcune
delle
principali
deliberazioni ai sensi dell'alt. 148 bis del TUEL:
- delibera n. 159/2013, in ordine al risultato di amministrazione ed
all'uso di fondi vincolati per il finanziamento di spese in conto capitale
che incidono sulla situazione di equilibrio finanziario, al ricorso ad
55
anticipazioni di cassa in via continuativa e per importi elevati ed al
superamento del limite di indebitamento.
- delibera n. 266/2013, in ordine al risultato di amministrazione
negativo, alla presenza in bilancio di elevati residui passivi di titolo II
risalenti nel tempo non coperti da adeguati residui attivi e in assenza
di disponibilità di cassa, al ricorso ad anticipazioni di tesoreria in via
continuativa e per importi elevati.
- delibera n. 267/2013, in ordine al mancato conseguimento degli
equilibri di bilancio di parte corrente, al mantenimento di elevati
residui attivi in bilancio, risalenti nel tempo, in relazione ai quali
sussistono dubbi sull'effettiva esigibilità, al ricorso ad anticipazioni di
cassa in via continuativa e per importi elevati.
- delibera n. 291/2013, in materia di: a) risultato di amministrazione
negativo, mancato conseguimento degli equilibri di parte corrente,
mantenimento nel bilancio di elevati residui attivi in relazione ai quali
sussistono dubbi sull'effettiva esigibilità e residui passivi di titolo II
risalenti nel tempo; b) mancato rispetto del patto di stabilità; c)
ricorso ad anticipazioni di tesoreria in via continuativa e per importi
elevati ed all'utilizzo di fondi vincolati; d) elevato scostamento tra
accertamento e riscossione relativo alle entrate per recupero evasione
tributaria; e) mancato aggiornamento dell'inventario; f) mancata
attivazione del sistema di controllo sulle Società partecipate, in
particolare sugli Organismi partecipati che operano in house.
56
Per due Comuni è stata attivata la procedura di cui all'art. 148 bis co.
3 del TUEL, come introdotto dal D.L. n. 174/2012, per le seguenti
criticità:
residui passivi finanziati da indebitamento non movimentati da oltre
due anni;
risultato di gestione negativo per più esercizi e disequilibri di parte
corrente e di parte capitale;
differenza di parte corrente negativa coperta con entrate di carattere
straordinario e plusvalenze da alienazioni di beni patrimoniali;
bassa capacità di riscossione delle sanzioni amministrative per
violazioni del codice della strada e dell'evasione tributaria;
non corretta applicazione ed osservanza delle previsioni legislative in
ordine al riaccertamento ed al mantenimento nel bilancio dei residui;
criticità delle procedure di pagamento dei debiti, con conseguenti
possibili effetti elusivi sul rispetto del Patto di Stabilità.
Più in particolare la Sezione ha rilevato che la permanenza di un
disavanzo di gestione, derivante da ripetuti disequilibri di parte
corrente,
coperti
amministrazione,
da
entrate
esige la
straordinarie
e
avanzo
di
massima attenzione affinché non si
protragga una situazione finanziaria fortemente critica, che potrebbe
generare,
in
prospettiva,
un
disequilibrio
strutturale.
E'
stato
richiamato l'art. 148, comma 2, TUEL (nel testo introdotto dal D.L. n.
174/2012 conv. in L. n. 213/2012), che prevede che il "disequilibrio
consolidato della parte corrente del bilancio" possa attivare verifiche
57
sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile da parte del
MEF — Ragioneria dello Stato, procedure che possono essere attivate
anche dalle Sezioni di controllo della Corte dei conti. Ciò a maggior
ragione laddove, in base alla relazione dell'organo di revisione sul
rendiconto 2012, pubblicata nel sito internet dell'Ente, emerga che la
differenza di parte corrente 2012 è fortemente negativa e in
peggioramento rispetto all'esercizio 2011 e viene coperta, oltre che
con le predette entrate, anche con applicazione dell'avanzo di
amministrazione. L'Ente, anche al fine di dare piena ottemperanza
alle precedenti deliberazioni della Sezione, deve quindi proseguire ed
implementare l'opera di monitoraggio della copertura degli squilibri di
parte corrente con entrate non ripetitive, quali i contributi per
permesso di costruire, che, per il loro carattere di variabilità, non
presentano alcuna garanzia che si ripetano nella stessa misura negli
esercizi successivi, vigilando affinché le spese da finanziare con tali
entrate
siano
essenzialmente,
in
un'ottica
di
sana
gestione
finanziaria, quelle d'investimento ovvero quelle correnti di carattere
straordinario. Quanto, poi all'effettiva consistenza dell'avanzo di
amministrazione (utilizzato sia nel 2011 che nel 2012 a copertura
della spesa corrente), occorre sottolineare che su questa incidono in
modo significativo gli ingenti residui attivi per il credito che l'Ente
vanta nei confronti di una partecipata, sulla cui effettiva esigibilità la
Sezione ha avanzato forti dubbi, stante la criticità della situazione
economico-finanziaria della stessa. La Sezione ha poi osservato come,
58
in caso di mancato stralcio dal conto del bilancio di crediti di dubbia o
difficile esazione, ai sensi dell'art. 230 comma 5 TUEL, debba essere
costituito un vincolo di pari importo sull'avanzo di amministrazione.
Invero, dal momento che possono essere mantenute fra i residui
dell'esercizio solo le entrate accertate per le quali esista un effettivo
titolo giuridico che costituisca l'Ente creditore (cfr. art. 189, comma 2
TUEL) e che i residui riportati nel bilancio concorrono a formare il
risultato di amministrazione che l'Ente può applicare ed utilizzare
negli esercizi successivi, è necessario che vengano mantenuti nel
bilancio solo i crediti che l'Ente ha la ragionevole certezza di
incassare. Dunque, è necessario che l'Ente proceda, in maniera
adeguata, al loro riaccertamento, con particolare riguardo alle poste
indicate, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento,
in tutto o in parte, dei medesimi nel bilancio, ai sensi dell'art. 228,
comma 3, TUEL. Tale accertamento dovrà essere non solo formale,
ovvero limitato alla mera verifica della sussistenza del titolo giuridico
del credito e del debitore, ma sostanziale, ovvero diretto ad accertare
l'effettiva riscuotibilità del credito e le ragioni per le quali non è stato
riscosso in precedenza, cosicché, ove risulti che esso, di fatto, non è
più esistente, esigibile o, comunque, riscuotibile, giova ripetere, deve
essere stralciato dal conto del bilancio e inserito nel conto del
patrimonio
in
apposita
voce
fino
al
compimento
del
termine
prescrizionale (cfr. art. 230, comma 5 TUEL), dopodiché deve essere
eliminato anche dal conto del patrimonio, con contestuale riduzione di
59
questo. Il vincolo su una quota parte dell'avanzo di amministrazione è
invece ammissibile se l'Ente ritiene che sussista qualche possibilità di
incasso. Il mantenimento di tali residui attivi nel conto del bilancio è
in grado di incidere sull'attendibilità
del risultato contabile di
amministrazione e sulla formazione dell'avanzo di amministrazione di
cui all'art. 187 TUEL, che potrebbe pertanto risultare non sussistente,
se non sotto il profilo contabile. Nella specie l'Ente ha mantenuto a
bilancio crediti risalenti al 2004 e al 2007 di rilevante ammontare (in
particolare verso società partecipate), di cui, alla luce di quanto sopra
e anche in considerazione della situazione di tali società, occorre
verificare attentamente l'effettiva e integrale esigibilità.
2) Controllo sugli atti di spesa relativi a incarichi di rappresentanza,
pubblicità, mostre e convegni, nonché a collaborazioni, consulenze
studi e ricerche ai sensi dell'art. 1, comma 173 L. n. 266/2005 —
esercizi finanziari 2011 e 2012. (delibera n. 370/2013).
Il numero complessivo di atti trasmessi al controllo nel 2011 è stato pari a
1282, mentre nel 2012 sono stati n. 857. Distinguendo per tipologia di
atti, nel 2011 gli atti di spesa per gli incarichi esterni sono stati n. 1018,
mentre quelli per rappresentanza, relazioni, mostre, pubblicità e convegni
sono stati n. 264. Nel 2012, rispettivamente, n. 755 e n. 102.
Nel valutare tali dati si è tenuto conto che l'obbligo d'invio al controllo
(stabilito a livello normativo dall'art. 1 comma 173 L. n. 266/2005)
interessa solo gli incarichi conferiti a soggetti estranei all'amministrazione,
nonché gli atti di spesa per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità
e di rappresentanza d'importo non inferiore a curo 5.000,00, nonché del
ritardo, rispetto alla chiusura dell'esercizio finanziario, con cui molti enti
trasmettono
tali
atti
alla
Sezione.
Va
inoltre
considerato
l'inadempimento al predetto obbligo non è assistito da sanzione.
che
60
Gli atti, rispettivamente di incarico esterno e di rappresentanza, inviati
alla Sezione, sono stati suddivisi per tipologia di ente conferente e per
incidenza sul totale della spesa.
Gli Enti del SSN sono quelli che, nel 2011 e nel 2012, hanno conferito
il maggior numero di incarichi esterni, incidendo rispettivamente per il
46% e il 55% sulla spesa complessiva (con un ammontare di poco più
di 11 milioni di euro nel 2011 e di oltre 10,5 milioni nel 2012). Si deve
peraltro rilevare, che trattasi, per la maggior parte dei casi, di
collaborazioni esterne di personale medico per l'erogazione di servizi
sanitari.
Quanto alle spese di rappresentanza, il maggior numero di atti proviene
dalla Regione, n. 173 nel 2011 e n. 67 nel 2012, cui corrisponde la maggior
spesa, rispettivamente di circa 10 milioni di euro (1'85% del totale 2011) e
di circa 4 milioni (1'83% del totale 2012).
Del totale degli atti trasmessi (n. 1282 nel 2011 e n. 857 nel 2012), sono
stati oggetto di istruttoria da parte della Sezione n. 103 atti del 2011 e n.
94 atti del 2012.
Le osservazioni sugli atti, per gli esercizi considerati, sono relative a
riscontrate anomalie, riferibili ai punti di seguito indicati:
attuazione di procedura pubblica comparativa ai sensi dell'art. 7,
comma 6-bis D.Lgs. n.65/2001 e s.m.i.; esistenza del requisito di
particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, ai sensi
dell'art. 7, comma 6 bis D.Lgs. n. 165 e s.m.i.; avvenuto riscontro di una
reale
e
circostanziata
ricognizione
della
esistenza
di
strutture
organizzative o professionalità interne all'Ente in grado di assicurare i
medesimi servizi; eccezionalità, straordinarietà e durata temporanea
dell'incarico; congruità/proporzione tra compenso, tipologia di prestazione
e utilità conseguita dall'Ente; contenuto dettagliato, specifico dell'attività
oggetto dell'incarico; puntuale e circostanziata motivazione, rapporto tra
61
la spesa sostenuta ed i fini istituzionali dell'Ente, nonché utilità della
medesima
in
rapporto
all'interesse
pubblico
locale
perseguito.
Statisticamente il rilievo più frequente riguarda la mancanza di una
procedura pubblica comparativa e la reiterazione dell'incarico in violazione
dei
criteri
di
eccezionalità
e
durata
temporanea;
a
tale
tipo
di
inadempienza segue, per frequenza, la presenza di ricognizioni generiche
o, addirittura, la loro assenza totale in riferimento alla presenza o meno
di strutture organizzative o professionali all'interno dell'Ente in grado di
assolvere alle funzioni oggetto di incarico esterno; violazione, quindi, del
principio
indefettibile
di
"autosufficienza
organizzativa"
dell'Ente.
A
conclusione dell'attività è stata adottata la deliberazione n. 370/2013.
3) Controllo successivo sulla gestione, per l'e.f. 2013 sugli atti di
spesa relativi a incarichi di rappresentanza, pubblicità, mostre e
convegni, nonché a collaborazioni, consulenze studi e ricerche ai
sensi dell'art. 1, comma 173 L. n. 266/2005.
La Sezione ha approvato n. 9 delibere in materia; in particolare con la
deliberazione n. 362/2013, è stato definito l'ambito di tale controllo,
fornendo agli Enti interessati i chiarimenti necessari per il corretto
conferimento degli incarichi in oggetto.
4) Attività consultiva svolta ai sensi ex art.7 c. 8 Legge n.
131/2003.
Nel corso del 2013 la Sezione ha reso 128 pareri.
Si evidenziano alcuni deferimenti alle Sezione Autonomie delle questioni in
materia di:
"Verifica
dei
limiti
di
spesa
per
il
personale
che
partecipa
alla
sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili prevista
dall'art. 36 del D.Lgs. n. 118/2011." (Delibera n. 124/2013);
"Contabilizzazione delle somme previste per un'assunzione programmata ma
non potuta effettuare." (Delibera n. 347/2013)
Si segnalano qui di seguito alcune delle questioni più significative, le
problematiche affrontate ed i principi affermati nei pareri resi.
62
"Un Ente che voglia procedere alla trasformazione del Consorzio di bacino di
cui fa parte in società di capitali e/o alla costituzione di una nuova
società di capitali, anche mediante scissione ex art. 115 TUEL, a cui
trasferire l'affidamento in house della gestione delle discariche, della
gestione e riscossione della RIES corrispettivo e della gestione del
patrimonio dell'ex Consorzio, deve rispettare i limiti posti dai principi e
dalla normativa vigente in materia di scioglimento dei Consorzi di bacino,
servizi pubblici locali, società strumentali, anche con riferimento alle
seguenti disposizioni legislative: l'art. 4, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012,
n. 95, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 135; l'art. 14, comma 32, del
Di. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122. La
società holding costituisce uno strumento critico per i possibili intenti
elusivi che con essa possono essere posti in essere, in relazione agli
obblighi
e
vincoli
posti
all'Ente
locale,
con
riferimento,
a
titolo
esemplificativo, al patto di stabilità, all'indebitamento, alle società
strumentali, ai limiti di cui all'art. 3, comma 27, della L. 24 dicembre 2007,
n. 244." (Delibera n. 44/2013).
"La regolarizzazione delle spese "di somma urgenza" senza attivare
la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio può essere
disposta in tutti i casi in cui esistono stanziamenti in bilancio (anche
ordinari) sufficientemente capienti all'effettuazione della spesa di somma
urgenza. Nel caso in cui non vi siano idonei stanziamenti in bilancio, la
Giunta, su proposta del responsabile del
procedimento, attiva la
procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio di competenza
consiliare. Il rinvio all'art. 194 TUEL è da intendersi unicamente riferito alla
forma dell'atto e alla competenza dell'Organo (Consiglio) e quindi si ritiene
che in nessun caso debba operare, per il riconoscimento della spesa, il
limite "degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'Ente"."
(Delibera n. 360/2013).
63
"Dalle disposizioni di leggi statali intervenute in materia di fondi
immobiliari pubblici, cronologicamente successive alle norme del c.c. e
di evidente natura speciale, emerge che lo scopo perseguito dal legislatore
statale è quello di valorizzare, gestire, ed alienare il patrimonio pubblico nel
rispetto dei requisiti, dei vincoli e delle finalità proprie dei beni pubblici e
dell'intero sistema di tutele vigente in materia. Pertanto, nel caso di
specie è da escludere, per la Regione, la possibilità di apportare ad un
fondo immobiliare la proprietà di beni indisponibili mantenendo nel
contempo il vincolo d'indisponibilità.." (Delibera n. 254/2013).
"Assunzione
di
personale:
a)
Il
significato
da
attribuire
all'espressione "nel precedente anno" contenuta nell'art. 1, comma 562,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) e s.m.i., si
riferisce a cessazioni intervenute successivamente all'entrata in vigore della
norma, anche in precedenti esercizi, rifluenti nell'anno precedente a
quello nel quale si intende effettuare l'assunzione; b) il reclutamento
dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso
nell'ambito del quale la procedura concorsuale è subordinata alla previa
obbligatoria
attivazione
della
procedura
di
mobilità:
quest'ultima
sconsiglia l'emanazione di un bando di concorso con clausola di
subordinazione all'esito della contestuale procedura di mobilità stessa; c)
l'art. 18 della L.R. Piemonte n. 11/2012 ha inteso fare salvi i rapporti
di lavoro a tempo indeterminato in essere con le comunità montane
soppresse, prevedendo incentivi finanziari per il trasferimento di tali
rapporti di lavoro ad altri enti e non è di ostacolo all'assunzione di
personale in un Comune qualora ricorrano tutti i presupposti di legge e sia
sostenibile finanziariamente." (Delibera n. 280/2013).
"Ai fini del calcolo della capacità d'indebitamento di cui all'art. 204,
comma 1, TUEL l'Ente locale non deve tener conto degli interessi passivi
relativi alle rate di ammortamento dei mutui garantiti con contributi in
64
annualità concessi dallo Stato o dalla Regione al fine di agevolare la
realizzazione degli investimenti. Configurandosi le quote contributive annue
alla stregua dei contributi di parte corrente (ovvero in conto esercizio, in
quanto finalizzati alla riduzione dei costi di natura finanziaria dell'Ente),
sarà possibile iscriverne l'importo al Titolo II, catg. 2 (contributi e
trasferimenti correnti dalla Regione), avendo cura di riportarne l'importo
anche dal lato della spesa." (Delibera n. 311/2013).
"Spese di personale. L'inquadramento con contratto dirigenziale, ex art.
110 TUEL, del personale di staff contrasta con la configurazione degli uffici
istituiti ai sensi dell'art. 90 TUEL. L'unità assunta ai sensi dell'art. 90 TUEL
deve essere prevista nella pianta organica dell'ente locale. Qualora
l'Amministrazione
ricorra
all'assunzione
di
personale
esterno
con
contratto a tempo determinato, deve in ogni caso computare tale onere
nell'ambito delle spese di personale che sono soggette a vincoli normativi
generali di contenimento, senza possibilità di introdurre alcuna esclusione,
dal predetto computo, che non sia espressamente prevista dalle leggi di
finanza pubblica." (Delibera n. 312/2013).
“Le associazioni che svolgono attività in favore della cittadinanza
non rientrano nel divieto di erogazione di contributi di cui all'art. 4 comma
6 del D.L. n. 95/2012: quest'ultimo è riferito agli enti di diritto privato di
cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile che forniscono servizi a favore
dell'amministrazione stessa anche a titolo gratuito. Il tenore letterale della
norma e la presenza di eccezioni al divieto di ricevere contributi a carico
delle finanze pubbliche, tassativamente elencate, non può condurre
all'introduzione
di
deroghe
alla
medesima
in
via
interpretativa.
L'applicabilità del precetto contenuto nell'art. 4 comma 6 del D.L. n.
95/2012 alla specifica casistica elencata nel quesito richiede la valutazione
delle singole fattispecie e dei relativi puntuali contorni, anche con
riferimento al contenuto delle convenzioni tra l'ente locale e gli enti di
65
diritto privato interessati, non scrutinabile in termini generali in sede
consultiva, ma rimessa all'ente richiedente." (Delibera n. 379/2013).
"Parere in merito alla natura del parere reso dall'Organo di
revisione. I pareri dell'Organo di
svolgimento
dei
compiti
del
revisione sono funzionali allo
Consiglio
e
devono
essere
resi
a
quest'ultimo nelle materie indicate nell'art. 239, co. 1, lett. b) del TUEL,
fra le quali è compresa quella riferita alle "proposte di riconoscimento di
debiti fuori bilancio e transazioni" (n. 6). Al fine di individuare, in concreto,
se l'atto debba essere preceduto dal parere dell'Organo di revisione non è
rilevante la natura della transazione (giudiziale o stragiudiziale) ma
se si tratti di atto di procedimento che deve concludersi con delibera del
Consiglio, rientrando fra le sue attribuzioni funzionali." (Delibera n.
345/2013).
"L'onere a carico del datore di lavoro di versamento di una maggiorazione
della contribuzione previdenziale conseguente all'adesione dei dipendenti
al Fondo di previdenza complementare Perseo (pari all'1% della
retribuzione utile ai fini del TFR ed al 10% di quest'ultima ai fini del
contributo di solidarietà) non è dipendente da scelte organizzative del
singolo Ente ma deriva dall'applicazione del contratto collettivo di comparto
e può essere considerato quale onere relativo ai rinnovi contrattuali e,
come tale, escluso dal computo previsto dai co. 557 e 562 della legge n.
296 del 2006." (Delibera n. 380/2013).
"Parere
sulle
società
-
gestione
servizio
idrico.
Un
Comune
con
popolazione inferiore ai 30.000 abitanti può acquisire una partecipazione
nella società alla quale l'Autorità d'Ambito ha affidato la gestione del ciclo
integrato delle acque, sempre ché, in base alle regole di funzionamento
della società ed all'organizzazione comunale, il Comune sia in grado di
esplicare il controllo analogo sulla società in questione." (Delibera n.
335/2013).
66
"In materia di mercato dell'energia la Sezione ha espresso il parere che
l'adesione di un comune richiedente ad un consorzio (nella specie il CEV:
Consorzio
Energia
Veneto)
costituito
per
l'acquisto
in
comune,
l'approvvigionamento, la distribuzione, la ripartizione di fonti energetiche
e attività connesse, sempre che realizzi le finalità previste dal quadro
normativo in materia di mercato dell'energia, tra cui la convenienza
economica (cfr. la Direttiva P.C.M. del 18 settembre 2000), e dalle
disposizioni vincolistiche di cui all'art. 1 comma 7 e all'art. 4 comma 7 del
D.L. n. 35/2012, con particolare riguardo alla necessità del rispetto delle
norme sui contratti pubblici, deve rispettare anche l'art. 9 commi 1 e 6 del
D.L. n. 35/2012, così come interpretato da Corte cost. 24 luglio 2013 n.
236 (secondo cui il divieto di istituire nuovi enti strumentali opera solo nei
limiti della necessaria riduzione del 20 per cento dei costi relativi al loro
funzionamento). Tuttavia, la Sezione, con riferimento alla possibilità,
compresa nell'oggetto sociale, che il consorzio costituisca o partecipi ad
organismi (associativi, consortili, societari) con soggetti aventi le stesse
finalità, ha ritenuto che l'adesione da parte del comune ad un consorzio che
mantenga tale possibilità nell'oggetto sociale si presterebbe ad una elusione
della normativa (cfr. l'art. 14 comma 32 D.L. n. 78/2010) che vieta agli
enti locali di ridotte dimensioni di costituire società e li obbliga a
dismettere le partecipazioni." (Delibera n. 306/2013).
"In materia di conferimento di diritti reali immobiliari ad una
fondazione culturale, la Sezione ha affermato quanto segue. L'art. 6,
comma 19 del D.L. n. 78/2010 conv. in L. n. 122/2010, che ha limitato la
possibilità degli enti locali di effettuare operazioni di aumento di capitale,
trasferimenti straordinari, aperture di credito, rilascio di garanzie in favore
degli organismi partecipati, indica un principio di carattere generale diretto
ad impedire che gli enti locali procedano al ripiano di perdite di organismi
partecipati, a vario titolo, disperdendo risorse finanziarie, senza valutare
67
la convenienza della gestione e, pertanto, in linea di principio può ritenersi
che, nel quadro di una sana e prudente gestione, sia possibile procedere
ad operazioni sulla dotazione finanziaria di organismi diversi da quelli
societari, come una fondazione di diritto privato, se ricorrono le condizioni
indicate nel citato art. 6 comma 19 D.L. n. 78 (ovvero che non abbiano
registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che non
abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche
infrannuali, salvi i trasferimenti a fronte di convenzioni, contratti di servizio
o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse
ovvero
alla
realizzazione
di
investimenti).
La
dizione
"enti
e
associazioni", contenuta nell'art. 4, comma 6 del D.L. n. 95/2012 conv. in
L. n. 135/2012, è sufficientemente ampia da ricomprendere anche gli
enti morali costituiti nella forma della fondazione, che, in quanto operanti
nel campo delle attività culturali, oltre a quello dei servizi socioassistenziali, sono state esentati dal divieto di ricevere contribuzioni
pubbliche stabilito dalla prima parte della norma." (Delibera n. 290/2013).
"In merito al Patto di Stabilità interno, la Sezione ha osservato quanto
segue. Non possono ritenersi consentite esclusioni dal patto di stabilità
interno di entrate o di spese diverse da quelle previste dagli artt. 30, 31 e
32 della L. 12 novembre 2011 n. 183 - legge di stabilità per il 2012 - come
modificati dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228 — legge di stabilità per il 2013
- disciplinanti il patto di stabilità interno per gli anni 2012, 2013 e
successivi, atteso che ogni esclusione richiede una specifica previsione
che si fondi sul reperimento delle adeguate risorse compensative a tutela
degli equilibri di finanza pubblica (fattispecie relativa alle opere dirette ad
attuare la riduzione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico
ministero, mediante soppressione e accorpamento ai sensi del D.lgs. 7
settembre 2012 n. 155)." (Delibera n. 231/2013).
68
"In merito ai consorzi socio-assistenziali, la Sezione si è pronunciata
come segue. A mente dell'art. 9 comma 1 D.L. n. 95/2012 (recante
"Razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di
enti, agenzie e organismi") le regioni, le province e i comuni sono
tenuti a sopprimere, ad accorpare o, in ogni caso, ad assicurare la
riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per
cento, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi
natura giuridica, che esercitino, anche in via strumentale, funzioni
fondamentali ex art. 117 e 118 Cost.. Tali disposizioni, in base al seguente
comma 1 bis, non sono applicabili alle aziende speciali, agli enti ed alle
istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali.
Detta deroga rende esplicito il favore del legislatore verso enti, istituzioni
e simili (tra cui possono annoverarsi i consorzi, che, anche in base alla
legislazione regionale, sono particolarmente presenti in campo socioassistenziale) operanti in tali ambiti di particolare impatto sociale. Alla luce
della normativa sopravvenuta, pertanto, può sostenersi che l'obbligo di
soppressione dei consorzi di funzione, sancito dall'art. 2 comma 186 L. n.
191/2009, non sia più operante con riferimento ai consorzi socioassistenziali, senza più distinzione tra l'esercizio di funzioni ovvero di
servizi." (Delibera n. 10/2013).
5) Relazione sull'attività di controllo sui bilanci dell'esercizio 2010 delle
aziende sanitarie del Piemonte, ai sensi dell'articolo 1, comma 170,
della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, approvata con Delibera
90/2013 e singole pronunce su ciascuna azienda (delibere da 91/2013
a 111/2013).
1. Si è rilevato il cronicizzarsi dei ritardi delle Aziende nell'adozione dei
bilanci rispetto ai termini previsti dalle normative regionali e nazionali,
situazione rilevata dalla Sezione già per i bilanci relativi al 2008 e al 2009
e che — dai dati ad oggi disponibili- risulta reiterarsi anche per i bilanci
degli esercizi successivi.
69
Le Aziende sono condizionate dal ritardo con il quale la Regione emana
la circolare recante indicazioni per l'adozione del bilancio. Anche per
l'esercizio 2010, detta circolare è stata emessa con notevole ritardo. E'
infatti datata 5 giugno 2012, e prevede come termine per l'adozione dei
bilanci il 29 giugno successivo. Al ritardo della Regione si è aggiunto, in
molti casi, un ulteriore ritardo delle aziende.
Come già più volte evidenziato dalla Sezione, i ritardi nell'adozione ed
approvazione dei bilanci delle aziende sanitarie vanno stigmatizzati per le
importanti conseguenze sulla programmazione del servizio sanitario, sia a
livello regionale che aziendale, oltre che sui relativi controlli, non ultimo
quello di questa Sezione, che si attiva solo a seguito dell'adozione dei
bilanci da parte delle Aziende. Ma proprio avendo riguardo ai controlli
delle Sezioni regionali di controllo sulle regioni, il legislatore ha di
recente precisato che deve svolgersi tenendo conto dei risultati "definitivi"
della gestione degli enti del Servizio Sanitario nazionale (art. 1, comma 4
del DI. 174/2012, convertito in legge 7 dicembre 2012 n. 213).
Peraltro, va sottolineato come i rilevanti ritardi riscontrati nell'adozione
dei bilanci delle aziende sanitarie costituiscano oltre che una grave
irregolarità, ai sensi dell'art. 1, comma 170 della legge n. 266/2005 (non
solo in quanto in contrasto con previsioni di legge, ma perché suscettibili di
arrecare pregiudizi alla gestione delle stesse), anche una violazione di
norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, cui fa
riferimento l'art. 1, comma 7, del D.L. n. 174/2012 sopra richiamato,
2. Viene confermato il trend negativo dei risultati d'esercizio già rilevato
nella relazione al bilancio 2009. La somma delle perdite registrate da
tutte le aziende nel 2010 (-142.338 migliaia di euro) risulta superiore a
quella degli esercizi precedenti (-71.899 migliaia di euro nel 2008 e 122.014 migliaia nel 2009).
70
Al riguardo, appare rilevante sottolineare, stando a quanto rilevato
dall'analisi conclusa sui bilanci 2010, che:
le perdite dell'esercizio non sono state precedute da una vera e propria
autorizzazione preventiva da parte della Regione;
nelle relazioni sulla gestione dei direttori generali è raro trovare riferimenti
alle cause delle perdite, emergendo una sottovalutazione della rilevanza
delle perdite conseguite dalle Aziende;
per le stesse ragioni sono pochi i collegi sindacali che si sono espressi in
merito alle modalità di copertura delle perdite ed alla loro attendibilità.
Si conferma la tendenza, più volte rilevata, a tenere una gestione della spesa
che non responsabilizza pienamente le aziende sanitarie, ovvero una
gestione delle spese, da parte delle Aziende sanitarie regionali, non
correlata strettamente alle risorse esistenti, affidandosi il ripiano delle
perdite a successivi maggiori finanziamenti regionali e statali.
Tanto risulta confermato dal sostanziale svuotamento di significato del
bilancio
previsionale.
Si
sottolinea,
invece,
la
necessità
di
una
valorizzazione del bilancio preventivo, nell'ambito di una programmazione
tesa a garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche
in attuazione della nuova normativa introdotta con il D.Lgs. 118/ 2011.
3. Si è rilevata nuovamente, per il 2010, la prassi seguita dalla Regione
Piemonte, ma da sempre stigmatizzata da questa Sezione, di destinare i
contributi regionali a coprire non complessivamente le perdite economiche,
ma solo le poste monetarie. Se ci si limita a considerare e, dunque, a
coprire le componenti monetarie del risultato d'esercizio, il disavanzo del
sistema
sanitario
regionale
risulta
meno
della
metà
della
perdita
economica (-60.074 migliaia di euro, a fronte di — 142.338 migliaia di
euro). Va in ogni caso ribadito che limitare il ripiano alle sole componenti
monetarie della perdita vuol dire provvedere ad un ripiano solo parziale che
rischia di appesantire le gestioni successive.
71
4. L'analisi sulle componenti positive di reddito ha rivelato come le
maggiori assegnazioni di contributi in conto esercizio a consuntivo, e il
generalizzato aumento del valore della produzione, non abbiano impedito
il peggioramento dei risultati d'esercizio sopra rilevato.
Ciò per l'andamento crescente dei costi di produzione (pari a 10.776.599
migliaia di curo nel 2010) che, nel triennio 2008-2010, crescono del
5,75%.
Le voci di costo che incidono maggiormente sono quelle sugli acquisti di
beni e servizi e quelle relative al personale, su cui l'analisi ha prestato
particolare attenzione.
Tra gli acquisti di beni e servizi assume rilievo la spesa farmaceutica
(complessivamente pari a 1.433.244 migliaia di euro nel 2010) che ha
registrato nel suo complesso un aumento, dal 2008 al 2010, del 6,23%,
imputabile in particolare alla spesa per acquisto di beni.
Quanto rilevato spiega anche lo sforamento del tetto programmato per
l'ospedaliera (pari al 2,4% del finanziamento al SSN), rilevandosi per il
Piemonte in base ai monitoraggi dell'AIFA, una percentuale pari al 5,2%
nel 2010, in aumento rispetto al 2009. Questo risultato ha determinato
anche lo sforamento del tetto della spesa farmaceutica complessiva
(comprensiva della spesa farmaceutica territoriale), pari al 16,4% del
finanziamento al SSN. Nel 2010, infatti, per il Piemonte tale valore è stato
pari al 17,3%. Occorrerebbe una maggiore attenzione alle misure di
controllo dell'appropriatezza prescrittiva, particolarmente rilevanti nella
gestione della spesa farmaceutica.
Passando alle spese per le prestazioni lavorative, si rileva come il macro
aggregato comprensivo tanto del costo del personale, quanto del costo per
le consulenze e per le altre forme di contratti atipici (inserito quest'ultimo
nella voce "acquisti di servizi" del conto economico), passa da un valore
di 2.925 milioni di curo del 2008 ad un valore di 3.023 milioni di euro del
72
2009, fino a raggiungere un valore di 3.069 milioni di euro nel 2010. Nel
triennio è in particolare il costo del personale che aumenta, mentre il
costo per consulenze e le altre forme di contratto atipiche nel
complesso diminuisce. I rinnovi contrattuali giustificano in minima parte
l'incremento, rappresentando, per la maggior parte delle aziende, meno
del 35% della variazione rilevata.
Infine solo alcune aziende hanno dimostrato di aver rispettato il limite
alla spesa del personale previsto dall'art. 2, comma 71, della legge 191
del 2009 (ovvero il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito
dell'1,4 per cento). Peraltro la Regione risulta aver rinviato al 2011 la
determinazione degli indirizzi per l'attuazione di tale vincolo, per quanto
operativo anche per il 2010.
5. Il saldo della mobilità intraregionale, che dovrebbe esser pari a zero, in
realtà in tutti gli anni presenta un valore positivo, peraltro in continuo
aumento (pari a 22.069 migliaia di euro nel 2008 e a 31.391 migliaia di
euro nel 2009 e a 59.949 migliaia di euro nel 2010). Quanto alla mobilità
extra regionale, si rileva nel triennio un saldo negativo che peggiora,
passando da -93.027 migliaia di curo nel 2008 a -101.579 migliaia di euro
nel 2009, a -117.475 migliaia di curo nel 2010. Questo peggioramento
del saldo (del 16% circa rispetto al 2009 e del 26% circa rispetto al 2008)
deriva soprattutto da una diminuzione del valore della mobilità attiva
(ovvero delle entrate derivanti da prestazioni sanitarie rese dai presidi
della regione Piemonte ad utenti di altre regioni), che passa da un valore
di 219.294 migliaia di euro del 2008 ad un valore di 189.505 migliaia del
2010 (-14% rispetto al 2008).
7. Si rileva inoltre la tendenza a rimborsare i crediti più recenti: in quasi
tutte le Aziende le variazioni più elevate riguardano crediti risalenti
all'ultimo triennio. Sorgono dunque dubbi sull'esigibilità dei crediti non
rimborsati.
73
La situazione appena descritta non può non influire negativamente sulle
disponibilità liquide e dunque sulla situazione debitoria delle singole
aziende.
8. Il debito verso fornitori, infatti, aumenta dal 2009 (1.949.804 migliaia di
euro nel 2009, 2.231.451 migliaia di euro nel 2010). Anche i giorni di
ritardo nei pagamenti verso fornitori sono tendenzialmente aumentati
in quasi tutte le aziende. In media, nel 2010, le Aziende hanno pagato i
fornitori dopo 228 giorni dalla fornitura: infatti ai 117 giorni di dilazioni
concessi per contratto (già superiori ai 90 giorni che normalmente
vengono concessi), si aggiungono 111 giorni di ritardo (entrambi questi
valori sono in aumento rispetto ai precedenti due anni). Quanto sopra
denota l'incapacità delle aziende di adempiere alle scadenze previste le
proprie obbligazioni, e la tendenza ad utilizzare l'indebitamento verso i
fornitori come una forma impropria di finanziamento. Peraltro la recente
normativa
contrasta
questa
tendenza
delle
Aziende
a
ritardare
i
pagamenti con i fornitori. A fronte del persistere, anche nel 2010, di una
rilevante situazione debitoria e di interessi moratori per numerose
aziende, nonché di una generalizzata crisi di liquidità, non sempre può
trovare giustificazione la mancata costituzione di un fondo per interessi
moratori, aspetto sul quale deve richiamarsi l'attenzione delle aziende
sanitarie.
Conferma, infine, la difficoltà di liquidità delle aziende sanitarie, il ricorso
alle anticipazioni di tesoreria.
9. Con riguardo al piano di rientro sottoscritto dalla Regione Piemonte in data
29 luglio 2010 con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia
e delle finanze, è emerso il ridotto coinvolgimento, sin dal 2010, delle
realtà aziendali, nell'attuazione delle misure da attuare in coerenza con
il piano di rientro, circostanza che ha trovato corrispondenza in quanto
emerso nei primi verbali redatti dal Tavolo di verifica degli adempimenti
74
regionali e dal Comitato permanente per la verifica dell'attuazione dei
Piani di rientro per il 2010.
6) Pronunce sui bilanci dell'esercizio 2011 delle aziende sanitarie
del Piemonte, ai sensi dell'articolo 1, comma 170, della Legge 23
dicembre 2005, n. 266 (delibere da 439/2013 a 459/2013).
I bilanci di previsione di tutte le ASR, che chiudono in perdita, non risultano
adottati con un atto formale del direttore generale, denotando scarsa
attenzione alla programmazione aziendale, in contrasto con la normativa
nazionale e regionale (D.Lgs. n. 118/2011, L.R. n. 8/95).
Si evidenzia la necessità di una valorizzazione del bilancio preventivo,
nell'ambito
di
una
programmazione
economico
finanziario
della
gestione.
tesa
a
Questo
garantire
l'equilibrio
documento,
infatti,
configurandosi alla stregua di un budget previsionale, acquista particolare
significatività al fine di un più corretto apprestamento delle risorse
necessarie per la gestione, da un lato, e di un più efficace controllo dei
costi, dall'altro.
Anche i bilanci d'esercizio di tutte le Aziende sono stati adottati in ritardo,
disattendendo le tempistiche previste a livello nazionale e regionale.
Al riguardo va sottolineato come le stesse indicazioni della Regione per
l'adozione dei bilanci d'esercizio vengano fornite con notevole ritardo,
fissando, di fatto, una nuova scadenza per l'adozione dei bilanci, diversa
da quella prevista dalla legge. Per l'esercizio 2011, la circolare regionale
è datata 30 novembre 2012 e fissa un termine, per l'adozione del bilancio
delle ASR, di 30 giorni dall'approvazione da parte della Giunta regionale
del bilancio 2010.
Si rileva, in alcune aziende, il superamento del limite della spesa del
personale previsto dall'art. 2, comma 71, della legge 191/2009. La spesa
del personale 2011 è infatti risultata superiore a quella registrata nel 2004.
La Regione Piemonte, con determinazione dirigenziale 516 dell’8 luglio
2011, derogando a quanto previsto dalla legge 191/2009, ha stabilito di
75
incrementare il tetto di spesa massimo per il 2008 (calcolato sulla base di
quanto iscritto da ciascuna azienda nel bilancio preventivo dello stesso
esercizio 2008, secondo le indicazioni della DGR 1-8611 del 16/04/2008), in
misura non superiore a quanto preventivato, sempre dalle stesse aziende
per il 2011, nonché di incrementarlo (per importi individuati dalla Regione
per ciascuna azienda) per le prestazioni aggiuntive.
Non può non sottolinearsi, da un lato, una modalità di determinazione
del limite da parte della Regione che, per lo più, utilizza quale
parametro, previsioni fatte dalle stesse aziende. Dall'altro, in ogni caso, si
rileva, un importo delle spese in parola che supera il limite di legge e che
dunque va monitorato, atteso anche che per l'esercizio successivo
rispetto a quello in esame, il Tavolo di Monitoraggio ha accertato il
mancato raggiungimento dell'equilibrio economico, come anche appurato
da questa Sezione in sede di parifica.
Si sono rilevate criticità negli accantonamenti al fondo rischi ed oneri. Alcune
Aziende non hanno costituito il fondo per interessi moratori, pur in
presenza di un debito scaduto e di interessi moratori.
Si rileva la presenza, in alcune Aziende, di una gestione liquidatoria delle
vecchie UUSSLL, i cui componenti non trovano collocazione nel bilancio
d'esercizio, ma sono contabilizzati separatamente in un bilancio finanziario,
in contrasto con l'art. 15 della L.R. 14 del 5 ottobre 2005 che prevedeva la
chiusura, alla data del 31/12/2004, della contabilità separata delle gestioni
liquidatorie.
Da evidenziare in questa sede che le Aziende hanno giustificato il
mancato rispetto della disposizione di legge regionale con l'assenza di
precise istruzioni regionali in materia.
In alcune aziende si sono anche rilevate criticità sui contratti con le
strutture private per analisi e ricoveri:
76
-la mancata tempestiva stipulazione dei contratti, sia pure per gli esercizi
successivi (2013), sottoscritti con le strutture private: le indicazioni per la
sottoscrizione dei contratti per la produzione del 2013 sono pervenute
tardivamente (a fine anno), e come addirittura il contratto per la
produzione 2012 sia stato sottoscritto nell'anno successivo;
-i tetti di spesa per l'esercizio in corso sono stati definiti dalla Regione - con
una riduzione del budget del 3% rispetto a quello del 2011 - con DGR 226346 del 9/9/2013.
7) Esame del bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 2013 ai
sensi dell'art. 1 co. 3, 4 e 7 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n.
213/2012. (delibera n. 407/2013)
Con la delibera n. 407/2013, a seguito dell'esame della Relazione redatta,
ai sensi dell'art. 1, co. 3 del D.L., 10 ottobre 2012, n. 174, dal Direttore
del Settore finanziario della Regione Piemonte relativa al bilancio di
previsione dell'esercizio 2013, sono state rilevate alcune irregolarità ed è
stata invitata la Regione Piemonte a recepire le osservazioni formulate
dalla Sezione e ad applicare ed osservare rigorosamente le previsioni
delle leggi di contabilità, comunicando alla Sezione le iniziative ed i
provvedimenti adottati.
Per quanto riguarda il Servizio Sanitario Regionale si segnalano le
seguenti criticità:
Programmazione finanziaria.
Si riscontra il permanere delle medesime carenze nella programmazione
finanziaria del settore sanitario, già rilevate nella relazione sulla gestione
finanziaria del settore sanitario annessa alla decisione di parifica sul
rendiconto generale della Regione Piemonte, esercizio 2012 (approvata da
questa Sezione con delibera n. 276/2013).
Dalla relazione sul bilancio regionale 2013 è emerso che anche il bilancio
preventivo 2013 non tiene conto del bilancio preventivo economico
annuale consolidato del SSR, circostanza che, nel quadro normativo
77
delineato con il D.Lgs. 118 (che per l'appunto prevede un bilancio
preventivo della Regione costruito previa deliberazione da parte della
Giunta dei bilanci preventivi economici annuali degli enti del SSR e del
bilancio preventivo economico annuale consolidato), è funzionale ad una
maggiore valorizzazione del momento prograrnmatorio finanziario che
implica un rafforzamento contestuale della programmazione della gestione
del SSR, e dunque un maggiore controllo sugli obiettivi e risultati da
raggiungere sotto entrambi i profili (finanziario e gestionale).
La Giunta Regionale non ha provveduto ad approvare e pubblicare sul sito
internet
della
Regione
il
bilancio
preventivo
economico
annuale
consolidato del SSR, dichiarando di provvedere a tale adempimento solo
a
seguito
del
riparto
definitivo
del
FSN
e
dell'approvazione
del
programma operativo 2013-2015. In sede di contraddittorio, la Regione ha
precisato che il ritardo nell'adozione delle delibere di riparto e di
assegnazione alle Aziende sanitarie regionali è attribuibile alla mancata
approvazione del riparto del FSN 2013 e delle relative quote vincolate.
Infine, non si è attestata la coerenza dei bilanci preventivi economici
annuali dei singoli enti del SSR con la programmazione economica
finanziaria della Regione. Si è invece dichiarato che "il completamento
dell'attività di verifica in particolare della programmazione sanitaria sarà
effettuata dopo l'approvazione governativa del programma operativo
2013-2014".
Si confermano, dunque, ancora una volta, le carenze della Regione nella
programmazione finanziaria del settore, aspetto segnalato più volte da
questa Sezione e reso di particolare evidenza proprio dallo svuotamento di
significato del bilancio preventivo economico annuale dei singoli enti del SSR
e, di conseguenza, del bilancio preventivo economico annuale consolidato.
78
Trasparenza dei conti sanitari.
Dalla relazione sul bilancio regionale 2013 è emerso che anche il bilancio
di previsione 2013, come già emerso in occasione dell'esame svolto ai fini
del giudizio di parifica sul rendiconto 2012, non è stato articolato in capitoli
tali da garantire, rispettivamente, nella sezione delle entrate e delle spese,
separata evidenza delle voci relative al settore sanitario, secondo quanto
previsto
dall'art.
perimetrazione
20
comma
delle
entrate
1
e
del
d.lgs
delle
118/2011,
uscite
ad
un
rinviando
la
successivo
provvedimento di Giunta regionale ancora in corso di predisposizione. In
assenza della sopra citata perimetrazione, non risulta verificabile la
corrispondenza al finanziamento sanitario corrente del bilancio preventivo
della Regione, come dichiarato da quest'ultima.
Si segnala ancora la presenza di capitoli ripetuti o non valorizzati, aspetto
anche questo già segnalato in sede di giudizio di parifica sul rendiconto
2012.
Il finanziamento del fabbisogno sanitario.
Nella relazione sul preventivo 2013, la Regione ha indicato quale ammontare
del disavanzo sanitario pregresso da coprire, l'importo quantificato nella
riunione del Tavolo di Monitoraggio nella riunione del 4 aprile 2013,
comprensivo di quanto emerso a seguito della riduzione degli impegni e
delle perenzioni (pari a 864,045 mln di euro).
Nella relazione sul preventivo 2013 viene dichiarata una copertura di 350
milioni di euro, rinviando al bilancio 2014 l'ulteriore copertura. Peraltro in
assenza della sopra citata perimetrazione non si comprende in quali
capitoli abbiano trovato iscrizione le risorse destinate a copertura del
disavanzo pregresso. La Regione, in sede di contraddittorio, ha segnalato
che le modalità di copertura del disavanzo pregresso sono state definite,
successivamente alla legge di bilancio, con i Decreti del Presidente della
Giunta Regionale, in qualità di Commissario ad acta, n. 48 e n. 49 del 5
79
luglio 2013 e derivano: per 803.724 migliaia di euro dalle misure previste
dal D.L. n. 35/2013 per il pagamento dei debiti verso i fornitori del sistema
sanitario regionale; per 60.322 migliaia di euro, quali fondi di esercizi
pregressi non conferiti al servizio sanitario regionale. Con riguardo a
questi ultimi fondi (fondi di esercizi pregressi non conferiti al servizio
sanitario regionale) si rileva che, anche se non erogati alle Aziende, come
precisato dalla Regione stessa, non sono stati iscritti nei bilanci e nei
rendiconti regionali degli esercizi di competenza (per poi essere riportati
negli anni successivi quali residui). Non risulta, infatti, alcuna evidenza di
tale iscrizione, risultando gli stessi fondi invece iscritti nella gestione di
competenza 2013. In merito, invece, agli 803 milioni di euro previsti ai
sensi del D.L. 35/2013, non si può non rilevare come tale modalità di
copertura sia onerosa, impegnando per 30 anni la Regione a restituire
capitale e interessi. Peraltro la Regione, sempre in sede istruttoria, precisa
che sono in corso le procedure per l'accesso ad una seconda tranche di
anticipazioni dal MEF, ai sensi dello stesso D.L.35/2013, a copertura degli
ammortamenti non sterilizzati per gli anni 2001-2011, per un importo di
complessivi euro 642.979.202,92 (ai quali si aggiungono 341.659 migliaia
di curo di interessi). Tuttavia, le criticità evidenziate in merito alla
trasparenza dei conti sanitari, impediscono verifiche in ordine ai rapporti fra
le coperture appena indicate e quella dichiarata nella relazione sul
preventivo 2013 per 350 milioni di euro. Si ribadiscono in ogni caso le
valutazioni formulate in sede di giudizio di parifica in ordine alla
sottovalutazione del disavanzo computato per il 2012. Si segnala, infine,
che il bilancio di previsione 2013 non tiene conto del provvedimento che
definisce il fabbisogno assistenziale del SSR, non ancora formalizzato alle
Aziende. Secondo quanto precisato nella relazione dalla Regione, la
formalizzazione avverrà solo a seguito dell'approvazione dello stipulando
programma operativo 2013-2015.
80
Accantonamento al fondo rischi ed oneri.
La Regione dichiara la presenza, presso i singoli bilanci delle Aziende, di
un accantonamento al fondo rischi per i contenziosi in atto. Al riguardo,
ferme restando le verifiche sui bilanci delle singole aziende nell'ambito dei
controlli ex art. 1 comma 170 legge 244/2005, si rileva che la Regione
non ha dato atto della presenza di un eventuale accantonamento relativo
alla
gestione
sanitaria
accentrata.
Peraltro
sulla
gestione
sanitaria
accentrata, già in sede di giudizio di parifica, erano emerse criticità, sul cui
superamento la Sezione si riserva ulteriori verifiche in sede di analisi della
relazione sul rendiconto 2013.
Procedure di accreditamento.
Si
rilevano
criticità
nelle
procedure
di
accreditamento
istituzionale
definitivo.
Le procedure per 1'accreditamento non sono state concluse entro i termini
previsti dalla normativa vigente.
Inoltre, per quanto la Regione dichiari di verificare la sottoscrizione da
parte di tutti gli operatori privati accreditati dei contratti che definiscono i
volumi e i rispettivi budget, si rileva la presenza di contratti non sottoscritti
per un valore di 8.548 migliaia di euro.
A tal riguardo, la Regione non ha dato atto delle iniziative adottate nei
confronti di coloro che non hanno sottoscritto tali contratti.
La Regione peraltro non dà neppure atto di adottare controlli sistematici a
consuntivo dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte a
fronte di quanto previsto dagli accordi sottoscritti.
Debiti verso fornitori e interessi moratori.
Si rilevano infine criticità nel rapporto con i fornitori.
La Regione ha adottato le procedure per l'accesso all'anticipazione di
liquidità prevista dall'art. 3 del D.L. n. 35/2013, ottenendo una somma pari
81
a 803,724 milioni che costituisce anche una modalità di copertura di parte
del disavanzo sanitario pregresso.
Preme sottolineare come tale strumento rappresenti una mera soluzione
temporanea al problema dei ritardi nei pagamenti dei debiti verso fornitori.
Si segnala, inoltre, che dalla relazione è emerso che il bilancio di previsione
2013 non tiene conto di tutti gli interessi moratori che gli enti del servizio
sanitario
devono
corrispondere
ai
fornitori,
prevedendo,
come
trasferimenti a detti enti a copertura degli interessi stessi, solo le somme
rese
disponibili
dal
Ministero
dell'Economia.
Infine
la
Regione
ha
affermato, nella relazione, di verificare che gli enti del servizio sanitario
regionale effettuino accantonamenti per interessi moratori. Dall'analisi dei
questionari sui bilanci delle Aziende sanitarie ai sensi dell'art. 1 comma 170
della 1. 266/2005, tuttavia, è emerso che molte aziende non effettuano
accantonamenti al fondo rischi ed oneri, adducendo come motivazione la
capacità di stipulare accordi transattivi con i fornitori. Tale prassi
contabile è sempre stata stigmatizzata da questa Sezione, data la
presenza nei bilanci delle Aziende di elevati debiti verso fornitori scaduti e
di interessi di mora.
8) Relazioni semestrali sulle tipologie di coperture finanziarie adottate
nelle leggi regionali approvate nell'esercizio 2013 ai sensi dell'art. 1 co.
2 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n. 213/2012. (delibera n.
382/2013).
L'analisi della tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle Leggi della
Regione Piemonte nel primo semestre dell'anno 2013, ha interessato 11
provvedimenti legislativi.
La relazione è stata approvata dalla Sezione con deliberazione n.
382/2013 e ha evidenziato che:
-sia lo Statuto della Regione Piemonte che la legge di contabilità
delineano le regole da seguire per l'osservanza dell'articolo 81 della
Costituzione e le leggi regionali che sono state approvate nel primo
82
semestre dell'esercizio 2013 contengono specifiche clausole finanziarie
che rimandano al bilancio annuale e pluriennale per la copertura dei
nuovi interventi. Peraltro, nessuna specifica disposizione prevede le
modalità di quantificazione degli oneri e, infatti, si tratta di un aspetto
che non sempre è trattato nelle schede di accompagnamento dei progetti
di legge. A tal proposito sarebbe auspicabile che il Consiglio regionale, nella
sua autonomia, valuti l'opportunità di introdurre una specifica disciplina
della materia;
-la procedura che precede l'approvazione dei disegni di legge, dal momento
della presentazione a quello della discussione finale, prevede un intervento
necessario della Prima Commissione consiliare, quella deputata alla
valutazione delle questioni finanziarie, allo scopo di verificare che le
nuove disposizioni non si pongano in violazione dell'art. 81 della
Costituzione;
-si tratta di un elemento di garanzia, considerato che il parere della
Commissione è reso per iscritto (art. 34, co. 1 del Regolamento
consiliare),
anche
se
non
è
vincolante
poiché
la
Commissione
competente ad esaminare nel merito la questione può procedere
comunque, avendo, però, l'onere di motivare nella relazione finale "le
conclusioni eventualmente difformi dal parere stesso" (co. 2, del citato
art. 34);
-occorre sottolineare che, in questo modo, la valutazione politica del
Consiglio potrebbe condurre all'approvazione di una legge che presenti
profili di contrasto con l'art. 81 della Costituzione. Anche considerata la
recente modifica dell'art. 81 della Costituzione e la crescente centralità
dell'equilibrio dei bilanci pubblici, sarebbe auspicabile che il Consiglio
regionale, nella sua autonomia, valutasse se l'attuale formulazione
dell'art. 34, co. 1 e 2 del Regolamento del Consiglio regionale sia
coerente con il complessivo disegno costituzionale;
83
-da ultimo, in considerazione delle previsioni contenute negli artt. 9 — 12
della legge rinforzata 24 dicembre 2012, n. 243, il Consiglio regionale
potrebbe valutare l'opportunità di procedere alla costituzione di un ufficio
tecnico
specificamente
dedicato
alla
valutazione
delle
coperture
finanziarie dei progetti di legge ed alla quantificazione degli oneri.
9) Giudizio di parifica sul rendiconto regionale e relazione sulla
legittimità e regolarità della gestione, introdotto con il D.L. n. 174 del
2012 convertito in Legge n. 213/2012, art. 1, co. 5 e verifica annuale
sulla
regolarità
della
gestione,
nonché
dell'efficacia
e
sull'adeguatezza dei controlli interni della Regione Piemonte ai sensi
dell'art. 1 co. 6 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n. 213/2012.
(delibera n. 276/2013).
Il
rendiconto
generale
della
Regione
Piemonte
relativo
all'esercizio
finanziario 2012, nella duplice componente del conto del bilancio e del
conto del patrimonio, è stato approvato dalla Giunta regionale e
successivamente è stato trasmesso dall'Amministrazione regionale alla
Sezione, unitamente al disegno di legge contenente l'indicazione dei
saldi e del risultato finanziario dell'esercizio ed agli allegati che concorrono
a comporre il rendiconto, per l'esame propedeutico allo svolgimento del
giudizio di parificazione.
Peraltro, l'attività di verifica ed analisi della Sezione era iniziata ancor
prima dell'approvazione da parte della Giunta regionale del progetto di
rendiconto, avendo l'Amministrazione regionale trasmesso le risultanze
contabili di preconsuntivo.
In data 22 maggio 2013 il Presidente della Giunta regionale ha
trasmesso la Relazione sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e
sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni, disciplinata dall'art. 1,
co. 6 del D.L. n. 174 del 2012.
Con la delibera n. 276, in data 19 luglio 2013, è stato parificato il
rendiconto dell'esercizio 2012
della Regione Piemonte ed è stata
approvata l'annessa relazione, elaborata ai sensi dell'art. 41 del T.U. delle
84
leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, di cui al regio decreto 12
luglio 1934, n. 1214 e dell'art. 1, comma 5, del decreto legge 10 ottobre
2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012,
n. 213.
Il rendiconto, adottato dalla Giunta regionale con delibera n. 338 in data
28 maggio 2013, è stato parificato, nelle sue componenti del conto del
bilancio e del conto del patrimonio, con l'eccezione del quadro riassuntivo
del disavanzo finanziario, come risultante dal prospetto riportato all'art. 4
del D.D.L. di approvazione del rendiconto stesso, che, riprendendo i dati
del conto del bilancio, accerta un disavanzo finanziario pari ad euro 1.150.257.926,03, senza tenere conto delle seguenti passività riportate nel
Conto del patrimonio:
- euro 397.145.000,00 derivante da anticipazione straordinaria di cui alla
D.G.R. 39-11230 del 14 aprile 2009;
- euro 57.971.163,00 quale fondo rischi relativo alla sentenza della
Corte d'appello di Torino n.465/10 del 12 dicembre 2012;
- euro 370.000.000,00 quali passività pregresse inerenti al Trasporto
pubblico locale;
- euro 866.000.000,00 per passività definita "Allineamento con la
situazione patrimoniale delle aziende sanitarie";
passività per effetto delle quali il disavanzo finanziario non può essere
inferiore ad euro - 2.841.374.089,03.
A seguito del giudizio di parifica la Giunta regionale ha presentato un
emendamento al disegno di legge di approvazione del rendiconto ed il
Consiglio regionale ha approvato il rendiconto dell'esercizio 2013
tenendo conto delle risultanze del giudizio di parifica (legge regionale n.
15, in data 6 agosto 2013).
10) Controllo preventivo e successivo di legittimità su atti, in materia
di contabilità. Sono stati esaminati n. 346 provvedimenti soggetti al
controllo preventivo di legittimità e n. 49 D.A.R..
85
Dei 346 sopra citati provvedimenti, 315 sono stati registrati e 31 sottoposti
a rilievo. I rilievi fatti si sono incentrati principalmente sulla completezza
della motivazione, sulla tempestività dell'invio dei provvedimenti e sulla
legittimità del ricorso all'istituto della reggenza.
Per quanto riguarda le deliberazioni di controllo preventivo di legittimità,
si segnalano qui di seguito le questioni più significative affrontate:
"I provvedimenti d'incarico dirigenziale nominale sono previsti a livello di
contrattazione collettiva nazionale di lavoro e, trattandosi di tipologie
d'incarichi diversi da quelli di cui al D.Lgs. n. 165/2001, non rientrano nel
novero degli atti da sottoporre al controllo preventivo di legittimità di
questa Corte ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), della L. n.
20/1994." (Delibera MIUR n. SRCPIE/4/2013/PREV.)
"E' illegittimo il provvedimento di conferimento di incarico dirigenziale ad
interim per violazione dell'art. 3 della Legge n. 241/1990 laddove l'atto
evoca generiche esigenze di copertura dell'ufficio che sono comuni a
qualsivoglia ente pubblico e che come tali non possono ritenersi
oggettivamente qualificabili come urgenti, nonché laddove l'atto motiva
con clausola generica la scelta del soggetto assegnatario." (Delibera
MIBAC SRCPIE/230/2013/PREV.)
"L'istituto della reggenza (orizzontale o verticale che sia) nell'ambito del
sistema prefettizio non deve essere utilizzato sine die come mezzo di
copertura ordinaria delle vacanze in organico.
Pertanto, deve ritenersi indefettibile l'apposizione di un limite temporale
alla reggenza, che, seppur non necessariamente coincidente con quello
indicato nell'art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001, sia tale da contemperare
l'esigenza di continuità dell'azione amministrativa con l'imparzialità e il buon
andamento della P.A. consacrati nell'art. 97 Cost., di cui il principio di
accesso
concorsuale
SRCPIE/5/2013/PREV.)
è
necessario
corollario."
(Delibera
86
11) Verifiche semestrali per le Province ed i Comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti, in riferimento all'esercizio finanziario
2013, sulla base dei referti a tal fine trasmessi dai Presidenti delle
Province e dai Sindaci, ai sensi dell'art. 148 del TUEL modificato
dall'art. 3 co. 1 lett. e) D.L. n. 174/2012, conv. nella Legge n. 213/2012.
Sulla base dei referti trasmessi dai Presidenti delle Province e dai Sindaci è
stata svolta l'attività istruttoria al fine di adottare specifiche delibere. Gli
Enti della Regione Piemonte con popolazione superiore a 15,000 abitanti
sono pari a 8 Province e 47 Comuni.
Nel corso del 2013 sono state adottate 23 deliberazioni. In relazione alle
criticità rilevate, è stata evidenziata la necessità di adottare specifici
provvedimenti.
12) Attività di verifica della regolarità dei rendiconti dei Gruppi Consiliari
della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 1 commi 10 e 11 del D.L. n.
174/2012, convertito dalla Legge n. 213/2012.
L'attività
sui
Gruppi
ha
riguardato
l'analisi
dei
rendiconti
e
della
documentazione allegata, sulla base di quanto indicato nelle linee guida
approvate da questa Sezione regionale di controllo con deliberazione n. 229
del 04/06/2013.
In data 05/07/2013, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha
reso la delibera n. 15, con la quale ha fornito indicazioni in merito ai criteri
ed alle modalità di effettuazione dell'esame dei rendiconti dei Gruppi
Consiliari relativi all'esercizio 2012 stabiliti con la propria precedente
pronunzia n. 12 del 03/04/2013.
In seguito è stata svolta attività istruttoria sui Gruppi Consiliari (con
delibere n. 244, 245, 246, 247/2013) e con delibera n. 263 del
17/07/2013 la Sezione ha preso atto dei criteri e delle linee guida adottate
dalla Sezione delle Autonomie ed ha invitato i Gruppi Consiliari ad integrare
la produzione documentale entro il 20 settembre 2013. La Sezione ha
svolto ulteriore attività istruttoria con delibere n. 264/2013 e 296/2013.
A seguito di due ricorsi da parte della Regione Piemonte alla Corte
Costituzionale per conflitto di attribuzione ed alla Corte dei conti Sezioni
87
Riunite avverso la sopra citata delibera di questa Sezione n. 263/2013,
con ordinanza n. 74 del 30/10/2013 questa Sezione ha disposto la
sospensione del procedimento di controllo sui rendiconti dei Gruppi Consiliari
della Regione Piemonte relativi all'esercizio 2012, fino alla definizione dei
ricorsi proposti.
13) Controllo delle spese elettorali nei comuni con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti ai sensi dell'art. 13 della Legge n. 9612012.
Con provvedimento del Presidente è stata costituita la Commissione di
Controllo sulle spese elettorali. I Comuni soggetti al controllo sono due:
Ivrea (TO) e Orbassano (TO). Nel corso del 2013 la Commissione ha
effettuato dodici richieste istruttorie (due ordinanze e dieci deliberazioni),
al fine di verificare la conformità e la regolarità della documentazione delle
spese sostenute, delle relative fonti di finanziamento dei rendiconti inviati dai
rappresentanti dei partiti, liste e movimenti partecipanti alle elezioni.
88
CONCLUSIONI
Al termine di questa relazione che ha voluto illustrare i tratti
più salienti dell’attività istituzionale della Sezione Giurisdizionale
della Corte dei conti per la Regione Piemonte nonché della Sezione
di Controllo territoriale, manifesto l’impegno mio personale e dei
colleghi Magistrati che mi affiancano a continuare a profondere ogni
energia
per
garantire,
anche
per
l’anno
2014,
l’ottimale
svolgimento del nostro lavoro in piena terzietà ed indipendenza con
l’unico fine di assicurare una tempestiva e saggia amministrazione
della giustizia nel settore di nostra competenza.
Un
doveroso
ringraziamento
desidero
rivolgere
ai
rappresentanti del libero Foro e dell’Avvocatura erariale, nonché ai
rappresentanti della Procura Regionale presso questa Sezione per il
confronto dialettico di cui si sono resi protagonisti, improntato
sempre a lealtà e professionalità.
Profonda stima e massima gratitudine va ai militari della
Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato
per il contributo che hanno sempre fornito a questa Corte con
professionalità, precisione e celerità.
Apprezzamento va manifestato ai colleghi della Sezione
Regionale di controllo le cui pregevoli deliberazioni
ed illuminanti
pareri sono un sicuro punto di riferimento non solo per gli Enti di
89
questa Regione, ma anche per l’esercizio della funzione di questa
Sezione Giurisdizionale.
Infine,
manifesto
profonda
riconoscenza
al
personale
amministrativo, sia delle due Sezioni che della Procura ma anche
del Servizio Amministrativo Unico Regionale, per la preziosa,
altamente professionale ed indispensabile attività quotidianamente
profusa senza la quale questa Magistratura non potrebbe operare.
Concludo rivolgendo un sentito ringraziamento a tutti gli
intervenuti che con la loro presenza danno concreta testimonianza
dell’affetto e della considerazione riservata alla Corte dei conti.
90
91
QUADRI SINOTTICI
92
93
TABELLA A
GIUDIZI DI RESPONSABILITA'
SENTENZE DI RESPONSABILITA'
2011
2012
2013
DI CONDANNA
21
28
27
DI ASSOLUZIONE
1
2
4
CESSATA MATERIA CONTENDERE - INAMMISSIBILITA' NULLITA'
8
14
7
SENTENZA PARZIALE NON DEFINITIVA
0
1
0
TOTALE
30
45
38
GIUDIZI PENDENTI ALL'INIZIO DELL'ANNO
19
31
18
ATTI DI CITAZIONE DEPOSITATI
41
31
36
ATTI DI SEQUESTRO CONSERVATIVO
3
0
2
ISTANZE DI PARTE
1
1
0
ISTANZE DI PROROGA PER L'EMISSIONE ATTO CITAZIONE
8
4
10
NUMERO GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO GENERALE
53
36
48
NUMERO GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO A FINE ANNO
72
67
66
NUMERO COMPLESSIVO SENTENZE PUBBLICATE
30
45
38
NUMERO COMPLESSIVO ORDINANZE PUBBLICATE
8
7
5
SENTENZE PUBBLICATE RELATIVE A GIUDIZI DI
RESPONSABILITA'
30
45
38
GIUDIZI DI RESPONSABILITA' DEFINITI CON SENTENZA
30
45
38
ORDINANZE RELATIVE A ISTANZE DI PROROGA
8
4
10
GIUDIZI CAUTELARI DEFINITI
3
0
2
NUMERO COMPLESSIVO GIUDIZI DEFINITI
41
49
50
GIUDIZI PENDENTI ALLA FINE DELL'ANNO
31
18
16
94
95
TABELLA B
GIUDIZI DI PENSIONE
GIACENZE INIZIALI
2011
2012
2013
TOTALE
55
79
41
CIVILI
40
54
19
MILITARI GUERRA
13
2
24
1
21
1
RICORSI PERVENUTI
2011
2012
2013
TOTALE
211
137
124
CIVILI
130
73
83
MILITARI GUERRA
80
1
61
3
38
3
RICORSI DEFINITI
2011
2012
2013
TOTALE
187
175
105
CIVILI
116
108
56
MILITARI GUERRA
69
2
64
3
48
1
SENTENZE PUBBLICATE
2011
2012
2013
TOTALE
152
160
96
CIVILI
99
101
52
MILITARI GUERRA
51
2
56
3
43
1
ORDINANZE PUBBLICATE
2011
2012
2013
TOTALE
50
29
21
CIVILI
24
15
9
MILITARI GUERRA
24
2
12
2
11
1
GIACENZE FINALI
2011
2012
2013
TOTALE
79
41
60
CIVILI
54
19
46
MILITARI GUERRA
24
1
21
1
11
3
GIUDIZI CAUTELARI PERVENUTI
2011
2012
2013
TOTALE
38
31
15
CIVILI
18
18
6
MILITARI GUERRA
20
0
13
0
9
0
GIUDIZI DI OTTEMPERANZA PERVENUTI
2011
2012
2013
TOTALE
4
3
2
CIVILI
1
1
1
MILITARI GUERRA
3
0
2
0
1
0
GIUDIZI DI OTTEMPERANZA DEFINITI
2011
2012
2013
TOTALE
4
3
2
CIVILI
1
1
1
MILITARI GUERRA
3
0
2
0
1
0
96
97
TABELLA C
CONTI GIUDIZIALI
ANNI
2011
2012
2013
CONTI GIACENTI ALL'INIZIO DELL'ANNO
35.966
40.661
40.776
CONTI PERVENUTI NELL'ANNO
12.058
10.674
11.801
36
11
65
2
1
3
17
3
68
ORDINANZE EMESSE
3
1
2
DECRETI DI RESA DI CONTO
1
0
1
6.550
3.894
1.528
6.550
9.647
8.792
DECRETI DI DISCARICO
796
909
963
CONTI DISCARICATI CON DECRETO
796
909
963
7.363
10.559
9.823
40.661
40.776
42.754
CONTI ISCRITTI A RUOLO D'UDIENZA
ISTANZE PER RESA DI CONTO ISCRITTE A RUOLO
CONTI DEFINITI CON SENTENZA
DECRETI DI ESTINZIONE
CONTI DICHIARATI ESTINTI
CONTI DEFINITI NELL'ANNO
CONTI GIACENTI ALLA FINE DELL'ANNO
98
99
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
………..
ORGANICO MAGISTRATI
PRESIDENTE
GIOVANNI COPPOLA
CONSIGLIERE
LUIGI GILI
CONSIGLIERE
TOMMASO PARISI
PRIMO REFERENDARIO
WALTER BERRUTI
REFERENDARIO
ILARIA A. CHESTA
CONSIGLIERE/REFERENDARIO VACANTE
CONSIGLIERE/REFERENDARIO VACANTE
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Cerimonia di inaugurazione dell`Anno giudiziario