CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE °°° Inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 Relazione del Presidente Giovanni Coppola (Parlamento Subalpino - Palazzo Carignano - Torino) Torino, 14 marzo 2014 SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2014 RELAZIONE DEL PRESIDENTE GIOVANNI COPPOLA TORINO 14/03/2013 1 Redde rationem. E’ una frase latina che letteralmente vuol dire “rendi il conto”. E’ tratta dal vangelo di San Luca, ove si parla di un uomo ricco che aveva affidato la gestione dei suoi beni ad un amministratore - di cui gli erano pervenute voci di un’allegra gestione del patrimonio che gli era stato affidato - che chiama alla sua presenza chiedendogli conto del suo operato. Normalmente è la Corte dei conti che chiede ad altri il conto o il rendiconto, al fine del formale discarico, che è garanzia di regolarità della gestione del pubblico denaro. Oggi, invece, è la Corte dei conti che in questa solenne cerimonia presenta alle massime Autorità della Regione ed alla pubblica opinione il rendiconto di ciò che ha fatto l’anno precedente, e ciò viene reso per ragioni di coerenza e di trasparenza. Coerenza e trasparenza che dovrebbero contraddistinguere l’operato dei pubblici funzionari, indipendentemente dal grado rivestito e dalle funzioni esercitate. La cronaca, invece, è giornalmente piena di episodi di corruzione, di peculato, di malversazione. Ci vengono segnalati episodi sempre più frequenti di mala amministrazione a tutti i livelli ed in quasi tutti i settori. Quando frequentavo l’Università, in diritto penale, si studiava un particolare tipo di reato contro la Pubblica Amministrazione, si chiamava “peculato per distrazione”. Era il reato delle persone intelligenti, non dei comuni ladruncoli. 2 Intendo dire che chi si mette in tasca soldi della Pubblica Amministrazione, oltre a essere un ladro, è uno stupido perché quasi sicuramente viene scoperto. Il reato di peculato “appropriativo”, è il reato tipico dei cosiddetti “rubbapagliai”, in quanto indice di scarsa intelligenza. C’è, infatti, un modo più raffinato, più sottile, più subdolo per far sparire i soldi della P.A.: anziché mettersi i soldi in tasca propria, si mettono in tasca di altri, amici o parenti, di terzi insomma, per scopi che non rientrano tra le finalità pubbliche. Questo è il peculato per distrazione. Solo che il peculato per distrazione non costituisce più reato, essendo stato abrogato da oltre venti anni. Mi si dirà che c’è oggi l’abuso d’ufficio; è vero, ma non è la stessa cosa e non comporta la stessa pena e, soprattutto, è contenuto in un perimetro di previsione comportamentale molto più limitato e ristretto. Se fosse ancora previsto il peculato per distrazione probabilmente molti sperperi di pubbliche risorse non si realizzerebbero; verosimilmente amministratori e funzionari ci penserebbero più volte e con più ponderazione prima di impegnare risorse od effettuare pagamenti che non rientrano strictu sensu tra le specifiche finalità dell’Ente pubblico; probabilmente ci sarebbero meno spese inutili, meno sprechi, forse meno consulenze e meno incarichi vari (di studio o altro) a soggetti esterni. La situazione attuale ci porta, purtroppo, sconsolatamente a dire che “I ladri di beni privati passano la vita in carcere, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori”. Questa frase, di grande attualità, non è mia, ma, anche se può sembrare sorprendente, risale a oltre duemila anni fa. 3 Secondo Aulo Gellio, è una frase pronunziata da Catone il censore davanti al Senato romano. E’ la dimostrazione che passano gli anni, ma i vizi e le cattive abitudini non passano, ma restano tali e quali. In questo scenario di allarmante degrado morale la Corte dei conti cerca di fare il suo dovere in una situazione di drammatica impotenza. Nuove Leggi le affidano spesso nuovi compiti, che si aggiungono a quelli già onerosi che disimpegna in silenzio e con senso del dovere e dello Stato. Le nuove Leggi, indipendentemente dalla natura dei nuovi compiti che vengono affidati alla competenza della Corte dei conti -nella sua triplice funzione giurisdizionale, di controllo e consultiva - sono accomunati dallo stesso filo logico, sono uniti dalla stessa formula di rito “senza maggiori ed ulteriori oneri per lo Stato”. Ciò, per la verità, non vale solo per la Corte dei conti, ma anche per le altre Magistrature e per quasi tutte le Pubbliche Amministrazioni. In pratica, si tratta di nuovi compiti affidati ad invarianza di spesa. Il Legislatore, però, dimentica di darci una cosa: la bacchetta magica. Perché solo con la bacchetta magica si riesce a dare, ad invarianza di spesa, concreta attuazione ai nuovi molteplici compiti di volta in volta conferiti. Per fare un esempio pratico, la Corte dei conti del Piemonte soffre di una cronica carenza di Magistrati e di personale amministrativo. La Sezione che mi onoro di dirigere ha in organico un Presidente e sei Magistrati. 4 Questo è quello che si definisce l’organico di diritto; altra cosa è l’organico di fatto, cioè le persone che effettivamente sono in servizio, indipendentemente da quelli che risultano sulla “carta”. Oggi in Piemonte sono in servizio alla Sezione Giurisdizionale un Presidente e quattro Magistrati. Presidente a parte, vi è una scopertura di organico del 33%. Non migliore è la situazione del personale di supporto. Di quel personale, definito “amministrativo”, che è indispensabile per fare girare la ruota della giustizia; esso dovrebbe essere parametrato sulla consistenza dei Magistrati, perché di essi sono l’ausilio e che, secondo i canoni della più avvertita Scienza dell’Amministrazione, dovrebbe essere pari a 5 su 1, cioè cinque dipendenti amministrativi per ogni Magistrato. I dipendenti di questa Sezione Giurisdizionale dovrebbero, quindi, essere trenta; non arrivano nemmeno a venti. Nonostante tutto ciò, magistrati e dipendenti amministrativi hanno operato ed operano con spirito di sacrificio ed alto senso del dovere per assicurare un’efficace ed efficiente presenza della Corte dei conti in questa meravigliosa ed impegnativa Regione. Non a caso ho parlato di efficacia ed efficienza e non anche di economicità, perché quest’ultima non è frutto di nostre scelte, ma per mancanza di risorse finanziarie ci viene imposta dall’alto, anche contro la nostra volontà. Non bastasse la carenza di organico, ci si deve continuamente scontrare con coloro che non vedono con favore, per usare un eufemismo, l’attività della Corte dei conti; con coloro, per la verità sono una minoranza, che 5 dimenticano che in un Paese democratico gli amministratori e i funzionari pubblici devono rispondere ai cittadini, quali contribuenti, dell’impiego delle risorse pubbliche da loro gestite, e non si possono invocare astrusi cavilli giuridici al solo fine di sottrarsi a controlli e responsabilità che sono la riprova e la garanzia della loro corretta amministrazione. 6 LEGISLAZIONE DELL’ANNO 2013 CONCERNENTE LA CORTE DEI CONTI Come accennato precedentemente, le competenze della Corte dei Conti godono del privilegio della flessibilità o, per meglio dire, della mutabilità, stante i numerosi interventi legislativi che annualmente assegnano nuovi compiti e funzioni, sia in campo giurisdizionale che in quello del controllo. Espongo di seguito le norme contenute in provvedimenti legislativi adottati nel corso del 2013, che hanno inciso sulle attribuzioni giurisdizionali e di controllo intestate alla Corte dei Conti. Per quanto riguarda le funzioni giurisdizionali, il comma 4 dell’art.45 del D.Lgs n.33 del 14 marzo 2013 (obblighi di pubblicità e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni), nel rafforzare la collaborazione tra la Corte dei Conti e la CIVIT (ora A.N.AC.), prevede che la CIVIT segnali anche alla Corte dei Conti, per l’eventuale attivazione del giudizio di responsabilità, ogni ipotesi di inadempimento o parziale adempimento degli obblighi di pubblicazione stabiliti dalla normativa vigente. Il comma 2 dell’art.16 del D.Lgs n.39 dell’08 aprile 2013 prevede la segnalazione alla Corte dei Conti in caso di sospensione della procedura di conferimento di incarico da parte dell’Autorità introdotta Nazionale dal comma Anticorruzione. 2 dell’art.15 Altra del segnalazione suddetto è D.Lgs 7 n.39/2013 da parte del responsabile del piano anticorruzione in caso di violazione delle disposizioni in materia di incompatibilità e inconferibilità di incarichi. Alcune disposizioni rilevanti sono contenute nel D.L. n.35 dell’ 08 aprile 2013 (disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della Pubblica Amministrazione), convertito dalla legge n.64 del 6 giugno 2013: il comma 3 dell’art.5 prevede la trasmissione alla Corte dei Conti, da parte dell’Ufficio Centrale di bilancio, di una relazione relativa alle somme impegnate e pagate; il comma 8 dell’art.6 stabilisce che l’Ufficio di controllo della Corte dei Conti, in caso di irregolarità, deve segnalare alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti gli atti di pagamento derivanti dalle transazioni commerciali oggetto del D.Lgs n.231/2002, che ha attuato la direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali; il comma 4 dell’art.1 prevede che la Procura Regionale della Corte dei Conti, su segnalazione del Collegio dei revisori degli enti locali, eserciti l’azione nei confronti dei responsabili che, senza giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari o non hanno effettuato, entro l’esercizio finanziario 2013, pagamenti per almeno il 90%. Nei confronti degli stessi soggetti, le Sezioni Giurisdizionali regionali della Corte dei Conti, applicano una 8 sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo. Il comma 549 dell’art.1 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (legge di stabilità 2014) ha esteso le misure previste dal suddetto comma 4 dell’art.1 del D.L. n.35/2013 anche con riferimento all’esercizio finanziario 2014. Inoltre, ha stabilito che in caso di ritardata o mancata segnalazione da parte del collegio dei Giurisdizionali revisori o Regionali del della revisore Corte degli dei enti, Conti le Sezioni irrogano ai componenti del collegio o al revisore, ove ne sia accertata la responsabilità, una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo. Il comma 555 dell’art.1 della citata legge di stabilità 2014 introduce una specifica ipotesi di responsabilità erariale nei confronti dei soci di società partecipate. In tema di indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento, il comma 7 dell’art.28 del D.L. n.69 del 21 giugno 2013, convertito dalla legge n.98 del 9 agosto 2013, stabilisce che le sentenze di condanna del Giudice Amministrativo siano comunicate al Procuratore Regionale della Corte dei Conti. Al fine di assicurare il contenimento delle spese per auto di servizio e consulenze nella pubblica amministrazione, il comma 8 dell’art.1 del D.L. n.101 del 31 agosto 2013, convertito dalla legge n.125 del 30 ottobre 2013, prevede che almeno una volta 9 all’anno siano effettuate visite ispettive da parte dell’Ispettorato per la Funzione pubblica con obbligo di denuncia alla Corte dei Conti delle irregolarità riscontrate. L’art.14 del D.L. n. 102 del 31 agosto 2013, convertito dalla legge n.124 del 28 ottobre 2013, come modificato dal comma 8 dell’art.1 del D.L. n.120 del 15 ottobre 2013, convertito dalla legge n.137 del 13 dicembre 2013, ha esteso l’ambito di applicazione del procedimento di definizione agevolata, introdotto dall’art.1, commi da 231 a 233, della legge n.266/2005, anche ai fatti avvenuti, anche soltanto in parte, anteriormente alla data di entrata in vigore delle suddetta legge n.266/2005 e a quelli inerenti danni erariali verificatesi entro la data di entrata in vigore del medesimo D.L. n.102/2013 e fissa il termine del 4 novembre 2013 per la presentazione della relativa istanza. Si segnala, inoltre, il comma 19 dell’art.11 del D.L.n.91 dell’08 agosto 2013, convertito dalla legge n.112 del 7 ottobre 2013, che riguarda sia il controllo, sia la giurisdizione: tale disposizione, infatti, demanda alla Sezione Regionale di controllo la certificazione sull’attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio in ordine ai contratti aziendali di lavoro delle fondazioni liricosinfoniche e avverso le relative delibere le parti interessate possono ricorrere alle Sezioni Riunite in speciale composizione ai sensi dell’art.103 secondo comma della Costituzione, come già previsto 10 per gli atti di ricognizione delle Amministrazioni Pubbliche operata annualmente dall'ISTAT. Il comma 619 dell’art. 1 della citata legge di stabilità per l’anno 2014 (legge n.147/2013) - in ordine al pagamento agevolato previsto dal precedente comma 618 per i carichi inclusi in ruoli emessi da Uffici statali, Agenzie fiscali, Regioni, Province e Comuni affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013 - precisa che le somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei Conti sono dovute per l’intero. Altre specifiche disposizioni hanno riguardato le attribuzioni di controllo. L’art. 31 del D.Lgs n.33 del 14 marzo 2013, nel riordinare la disciplina in ordine agli obblighi di pubblicità e trasparenza, stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni pubblicano gli atti e i relativi rilievi della Corte dei Conti, anche se recepiti. Al fine di assicurare la massima tempestività nelle procedure di pagamento, il comma 11 dell’art.6 del suddetto D.L. n.35 dell’08 aprile 2013 (disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione), convertito dalla legge n.64 del 6 giugno 2013, prevede che i decreti di riparto delle anticipazioni di liquidità tra gli enti interessati non sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti. Inoltre, il comma 4 bis dell’art.10 del D.L. n.93 del 14 agosto 2013, convertito dalla legge n.119 del 15 ottobre 2013, ha 11 abrogato la lettera c-bis) del comma 1 dell’art.3 della legge n.20/94, che, tra gli atti soggetti a controllo preventivo di legittimità, prevedeva i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art.5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992 n.225 (stato di emergenza e potere di ordinanza). In ordine alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale introdotta dal D.L. n.174/2012, l’art.10 ter del D.L. n.35 dell’08 aprile 2013, convertito dalla legge n.64 del 6 giugno 2013, modifica alcuni termini, mentre l’art.49 quinquies del D.L. n.69 del 21 giugno 2013, convertito dalla legge n.98 del 9 agosto 2013, introduce la facoltà per l’Amministrazione in carica di rimodulare il piano di riequilibrio, ove la relativa delibera risulti già presentata dalla precedente Amministrazione. Sulla stessa procedura è inoltre intervenuta la più volte citata legge di stabilità per l’anno 2014 (n.147/2013): il comma 573 dell’art.1, infatti, stabilisce che per l’esercizio 2014 gli Enti locali che hanno avuto il diniego d'approvazione da parte del Consiglio comunale del piano di riequilibrio finanziario e che non abbiano dichiarato il dissesto finanziario possono riproporre, entro il termine perentorio di trenta giorni, la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del Testo Unico, qualora dimostrino dinanzi alla competente Sezione Regionale di 12 Controllo della Corte dei Conti un miglioramento della condizione di Ente strutturalmente deficitario. Infine, si segnala, il comma 4 dell’art.4 del D.L. n.78 del 01 luglio 2013, convertito dalla legge n.94 del 9 agosto 2013, che prevede l’invio di una relazione annuale alla competente Sezione di controllo della Corte dei conti da parte del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. 13 L’ATTIVITA’ NELL’ANNO 2013 DELLA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE PIEMONTE In base alle proprie attribuzioni, l’attività della Corte dei Conti regionale abbraccia tre settori che saranno distintamente trattati: - i giudizi in materia di responsabilità amministrativo-contabile; - i giudizi pensionistici; - i conti giudiziali. I GIUDIZI IN MATERIA DI RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVO-CONTABILE In tema di responsabilità amministrativo-contabile, nel decorso anno la Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte ha definito 50 giudizi nel pieno rispetto dei termini previsti dalla L. 89/2001 (cosiddetta Legge Pinto). Anzi, i giudizi sono stati definiti in notevole anticipo rispetto a detti termini ove si tenga conto che, mediamente, un processo di primo grado davanti questa Sezione ha una durata globale di circa sette mesi. Le sentenze di condanna sono state 27 per un importo complessivo di euro 221.369.701,44 ed hanno interessato 124 convenuti, mentre 29 convenuti sono stati ritenuti non responsabili. 14 Tra le sentenze più significative si segnala la sentenza n. 14/2013, con la quale la Sezione, nell’ambito della nota vicenda relativa alle quote-latte, ha condannato gli amministratori delle Cooperative SAVOIA a r.l. a risarcire l’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura. In detta sentenza è stato affermato che la Corte dei conti ha giurisdizione nei confronti del soggetto “acquirente”, come definito, dal punto di vista soggettivo, dalla normativa comunitaria, (v., art. 9, lett. e, del regolamento n. 3950/92). Infatti, tra il primo acquirente e la P.A. sussiste un rapporto di servizio, ricorrendo tutti i presupposti richiesti dalla giurisprudenza contabile e della Corte di Cassazione quali: l'inserimento nell'organizzazione strutturale, operativa e procedimentale dell'ente pubblico per il conseguimento di un fine di questo; lo svolgimento in modo continuativo della relativa attività di interesse pubblico; l'assoggettamento ad ordini, istruzioni, direttive o vigilanza da parte dell'ente pubblico proponente. La figura del primo acquirente non può essere assimilata a quella del sostituto d’imposta, ricorrendo, se mai, elementi di affinità con quella dell’ esattore, il quale, pacificamente soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti, come il primo acquirente, viene investito della dell’ amministrazione. funzione con un provvedimento 15 Né può dedursi il difetto di giurisdizione del giudice contabile dalla previsione, in materia, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 2 sexies della legge 109/2005, competente anche per il risarcimento del danno. Infatti, il petitum non è il prelievo supplementare non versato, che rappresenta unicamente la misura del danno bensì il danno conseguente all’omessa riscossione ed all’ omesso versamento del prelievo. E’ stato, dell’interessato, automaticamente altresì, nella affermato fase che l’omessa pre-processuale, l’inammissibilità dell’atto di non audizione determina citazione, per violazione dell’art. 5, comma 1, della legge 14.1.1994 n.19, allorché la relativa richiesta di audizione personale sia stata avanzata in sede di deposito delle deduzioni difensive con memoria sottoscritta esclusivamente dal patrocinatore dell’invitato ed, inoltre, che quando la fattispecie di danno erariale, oggetto della pretesa di parte pubblica, risulta connessa all’esercizio di una funzione di carattere giurisdizionale nel contesto di illeciti penalmente rilevanti, l’esordio della prescrizione non può collocarsi in un momento antecedente alla conclusione delle indagini penali, quantunque si assuma che i fatti, nella loro storicità, fossero noti all’amministrazione. 16 Con la sentenza n. 102/2013 la Sezione ha statuito che il curatore fallimentare sia qualificabile quale pubblico ufficiale con la conseguenza che in capo al medesimo può configurarsi una responsabilità per danno erariale. La questione si inserisce nel più ampio contesto della soggezione a responsabilità di persone estranee alla P.A., che esercitano funzioni pubbliche in assenza di un rapporto di lavoro subordinato con l'ente pubblico, ed è stata positivamente risolta dalla giurisprudenza contabile, con riferimento a diverse categorie di soggetti (tra le quali, in relazione al curatore fallimentare, Sezione giurisdizionale Regione Siciliana, 11 ottobre 2011, n. 3662). In particolare, è stato evidenziato che la figura del Curatore fallimentare, soggetto al quale l’Ordinamento attribuisce la qualifica di pubblico ufficiale, si colloca nell’ambito del rapporto di servizio inteso quale relazione funzionale tra soggetto privato, responsabile per conto della P.A. dell’amministrazione del patrimonio fallimentare, ed ente pubblico. L'ampiezza dei poteri attribuiti al curatore fallimentare – non certamente riducibile a soggetto investito della mera rappresentanza dei creditori - lo rende il cardine della gestione nell’ambito delle procedure concorsuali devolute alla curatela, sì da poterne ammettere la definizione di cooperatore di Giustizia, quale organo ausiliare del Giudice. 17 La carenza dello status di appartenenza organica alla struttura della Pubblica Istituzione risulta compensata dall’investitura della qualità di compartecipe fattivo dell'attività pubblica e, quindi, da un vero e proprio inserimento funzionale, ancorché temporaneo, nell'apparato gestionale dell'Istituzione, quale organo tecnico e straordinario della stessa. Ciò comporta sia l’assoggettamento alla responsabilità patrimoniale sia la soggezione alla giurisdizione della Corte dei conti. Con la sentenza nr. 52/2013 sono stati condannati alcuni amministratori di un Comune per il danno patrimoniale cagionato con la propria condotta illecita e derivante dall’esborso effettuato dall’Ente civico a titolo di spese legali, sostenute a fronte di iniziative giudiziarie civili avviate, in funzione di una scelta discrezionale assunta dalla Giunta, nei confronti di un privato e rivelatesi completamente infondate, tenendo conto dell’esistenza di elementi oggettivi che denotavano in modo palese, con giudizio “ex ante”, l’inconsistenza della tesi propugnata dall’Amministrazione. In tale contesto, il Collegio ha richiamato i canoni che si sono affermati in giurisprudenza relativamente alla possibilità, da parte del Giudice contabile, di sindacare le valutazioni e le decisioni connotate dalla presenza di discrezionalità amministrativa, considerando che la norma contenuta nell’articolo 1, comma 1, primo periodo, della Legge nr. 20 del 1994, stabilisce che “la 18 responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo e colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”. Nella Sentenza la Sezione ha evidenziato che la citata disposizione, per quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, non priva la Corte dei Conti della possibilità di controllare la conformità dell’attività amministrativa alla Legge; in altri termini, e con maggiore ampiezza esplicativa, l’attività discrezionale della Pubblica Amministrazione, anche quella che presenta caratteri di maggiore estensione, è sempre soggetta al rigoroso rispetto dei limiti interni dell’azione amministrativa, intimamente connessi alla natura della funzione esercitata e rappresentati dall’interesse pubblico, dalla causa del potere invocato e dai precetti di logica ed imparzialità, e dei limiti esterni correlati al canone del buon andamento fissato dall’articolo 97 della Costituzione, il quale costituisce un presidio immanente a tutela e garanzia del principio della legalità sostanziale e risulta ulteriormente specificato, dopo l’entrata in vigore della Legge nr. 241 del 1990, dai criteri di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, con particolare riferimento a quest’ultimo requisito che postula, come propugnato dalla Corte di legittimità, la sussistenza di un ragionevole rapporto tra costi e benefici. In definitiva, la Cassazione ha stabilito che le scelte discrezionali risultano subordinate non soltanto alla necessaria 19 verifica del collegamento teleologico con le finalità istituzionali dell’Ente pubblico, ma anche al riscontro circa la proporzione tra i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti, sul rilievo che, essendo ormai assunti tra i requisiti normativi che regolano l’attività amministrativa anche i prefati criteri di efficacia ed economicità, deve ritenersi che rientri tra i poteri della Corte dei Conti, nell’ambito del giudizio di responsabilità, anche quello di appurare la sussistenza di un ragionevole rapporto tra costi e benefici, dal momento che anche tale verifica è fondata su valutazioni di legittimità e non di mera opportunità. Del resto, la posizione della Suprema Corte avalla quell’orientamento emerso nella giurisprudenza della Corte dei Conti, secondo il quale il limite della insindacabilità non sussiste, e dunque non può essere invocato dal presunto responsabile del danno, allorché le scelte discrezionali, da cui sia derivato il nocumento patrimoniale, siano contrarie alla Legge o si rivelino gravemente illogiche, arbitrarie, irrazionali, contraddittorie, pretestuose ovvero antieconomiche, atteso che la predetta insindacabilità concerne la valutazione delle scelte tra più comportamenti legittimi attuati per il soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito e non ricomprende, al contrario, le scelte funzionalmente deviate rispetto al superiore e basilare postulato del buon andamento dell’azione amministrativa. 20 Con la sentenza nr. 123/2013 è stato condannato, in via principale, un farmacista e, in via sussidiaria, un medico di base, per il danno patrimoniale derivante dalla indebita prescrizione e consegna di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale, mentre altro medico specialista, coinvolto nella medesima vicenda ed in servizio presso una struttura pubblica diversa da quella che aveva sopportato il pregiudizio, è stato assolto per intervenuta prescrizione. Si segnala, anche, la sentenza n. 135/2013 con la quale la Sezione ha condannato il Dirigente di un Istituto Tecnico Statale per fatti di c.d. mobbing compiuti in danno del Direttore Amministrativo in servizio presso il medesimo istituto. In detta sentenza la Sezione ha statuito che nei fatti di c.d. mobbing accertati dal competente giudice civile è ravvisabile la ricorrenza di comportamenti oggettivamente idonei a determinare una lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore. Laddove l’Amministrazione datrice di lavoro abbia dovuto rispondere del danno conseguente a tali comportamenti imputabili ad un proprio Dirigente, l’azione di responsabilità amministrativa contro quest’ultimo è diretta a ristorare l’Amministrazione medesima, in via di rivalsa, del pregiudizio erariale sofferto. La condotta del convenuto risulta caratterizzata dal dolo, laddove si traduca, in base alle risultanze processuali, in un vero e proprio atteggiamento persecutorio messo in campo nei confronti 21 del sottoposto, diretto a umiliare e a svalutare l’immagine e l’attività di quest’ultimo e, in definitiva, a determinarne l’isolamento e l’allontanamento. La Sezione, a fronte del versamento spontaneo da parte del convenuto di una parte del danno e di una richiesta di cessazione della materia del contendere avanzata dalle parti in udienza, ha ritenuto di non potere accogliere tale richiesta, evidenziando come l’unico fatto capace di fare cessare la materia del contendere sia l’avvenuta, integrale, realizzazione del credito dell’Amministrazione. Il Collegio neppure ha potuto ravvisare una rinuncia del PM all’azione di responsabilità per parte del danno patrimoniale, stante la nota irretrattabilità della stessa, che, una volta esercitata, fuoriesce dalla disponibilità dell’organo requirente con l’effetto consequenziale della doverosità, per il Giudice, di pronunciarsi nel merito (principio recentemente ribadito da Corte dei conti, Sez. III, 10 gennaio 2013 n. 9). Si segnala, anche, la sentenza n. 158/2013, con la quale la Sezione ha condannato un insegnante di scuola materna per fatti di abuso di mezzi di correzione e disciplina (consistiti, nella specie, in una serie di atti ritenuti vessatori, tra cui punizioni umilianti, atteggiamenti eccessivamente severi e oppressivi, urla, ecc. nei confronti dei piccoli alunni della scuola materna, che avrebbe cagionato loro uno stato di permanente timore, con conseguenti reazioni di ansia, panico e shock emotivo e vari 22 disturbi psico-fisici), integranti il reato di cui all’art. 571 del codice penale. Nel processo svoltosi avanti il giudice penale il competente Ministero era stato condannato quale responsabile civile al risarcimento del danno in favore dei genitori dei bambini coinvolti. La Sezione, ravvisando tutti i presupposti della responsabilità amministrativa, e, quanto all’elemento soggettivo, il dolo, ha accolto integralmente la domanda della Procura Regionale pervenendo alla condanna dell’insegnante. La Sezione non ha invece ravvisato Scolastico, altresì corresponsabile per evocato omessa in in capo al Dirigente giudizio vigilanza, dalla una Procura condotta quale illecita concausa del danno. La Sezione evidenziava in proposito che l’eventuale mancata effettuazione di visite didattiche presso la scuola non assumeva rilievo con riferimento ai fatti di causa, dal momento che gli abusi perpetrati a danno degli alunni non sarebbero stati rilevabili nel corso di tali visite, mentre emergeva piuttosto una omessa o tardiva informazione, sugli specifici fatti in questione, da parte di coloro, che, anche per la loro posizione, come i colleghi, li conoscevano ovvero ne avevano il fondato sospetto. Con la sentenza n. 6/2013 la Sezione ha statuito che costituisce danno patrimoniale risarcibile la maggior spesa sostenuta dall’ente locale in un esercizio finanziario rispetto ai limiti 23 legali conseguenti al mancato rispetto delle regole del Patto di stabilità per l’anno precedente. Il riferimento temporale di cui all’art. 31, co. 28, L. 183/2011 si rivolge soltanto alle cd. “sanzioni” (rectius, limitazioni) finanziarie per l’Ente locale e non al danno erariale cagionato dalla condotta di amministratori o dipendenti pubblici che, falsamente attestando il rispetto del Patto di Stabilità, nell’anno immediatamente successivo all’inosservanza del medesimo abbiano agito sulla spesa come se i vincoli di finanza pubblica fossero stati rispettati. L’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 31, co. 31, della L. 12.11.2011, n. 183 non esclude la configurabilità di una concorrente responsabilità amministrativo-contabile dei suoi destinatari (amministratori e responsabile del servizio economicofinanziario) secondo le regole comuni dell’art. 52 R.D. 1214/34. Infatti, l’artificioso conseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità, previsto come illecito amministrativo secondo lo schema sanzionatorio, è una condotta che può essere anche produttiva di un danno erariale. La natura e la funzione delle limitazioni derivanti dal mancato rispetto del Patto di stabilità non consentono di ritenere le spese effettuate in violazioni di tali limiti legali - siano esse riferite alla parte corrente o all’assunzione di personale - in alcun modo ed in alcuna ipotesi giustificate per il sol fatto di essere rivolte 24 all’assolvimento di funzioni o allo svolgimento di servizi rivolti alla comunità amministrata. La sentenza ha anche affermato che l’analisi degli eventuali vantaggi comunque conseguiti, richiesta dall’art. 1, co. 1 bis, L. 20/94, non può essere ridotta ad un’automatica compensatio lucri cum damno, ma deve tener conto delle finalità della norma imperativa violata e dell’interesse pubblico primario da essa perseguito. La violazione delle limitazioni della spesa che incidono sulla finanza dell’ente locale, derivante dall’approvazione di un rendiconto inveritiero, procura l’interruzione del circuito virtuoso in cui sono coinvolti tutti i soggetti istituzionali tenuti a conseguire l’obiettivo dettato da regole derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea. Ne discende l’insussistenza di un mero vantaggio compensativo, algebrico, per l'amministrazione di appartenenza, o per altra amministrazione, o per la comunità amministrata in relazione al comportamento dei convenuti, essendo lo stesso Legislatore ad accordare la preminenza all’interesse pubblico alla salvaguardia degli equilibri di bilancio e di rispetto dei vincoli di finanza pubblica, imposti all’intera collettività nazionale (e quindi anche agli Enti territoriali) dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea. Ne consegue che rispondono a titolo di colpa grave i componenti della Giunta comunale che abbiano approvato una proposta di rendiconto recante una serie di gravi anomalie in 25 quanto collaborando con il Sindaco nel governo del Comune, a ciascun Assessore è intestato un dovere particolarmente pregnante e puntuale di diligenza nell’adempimento del proprio mandato, specie per i connessi rilevanti riflessi sulle finanze del Comune che derivano dall’approvazione di un atto fondamentale quale il rendiconto dell’esercizio finanziario precedente. Rispondono a titolo di colpa grave anche i Consiglieri comunali che abbiano omesso di esercitare con la necessaria diligenza il potere-dovere di analisi della proposta di Rendiconto recante una serie di gravi anomalie e che abbiano negligentemente omesso di “tenere motivatamente conto” di quanto espresso nella relazione dell’Organo di revisione. Con la sentenza n. 27/2013 la Sezione ha assolto il convenuto in quanto la circostanza che i gadgets distribuiti ai partecipanti ad un convegno internazionale finanziato da enti pubblici e privati rechino, oltre al logo del convegno stesso, la firma dell’organizzatore, dipendente dell’amministrazione, non porta automaticamente a ricondurre la distribuzione degli articoli stessi al mero interesse personale di veicolare all’esterno la sola immagine del convenuto stesso, e non quella dell’Amministrazione pubblica. Nella fattispecie, l’apposizione della firma dell’organizzatore sui gadgets (cravatte e foulards) unitamente ai loghi della Conferenza, non ha distratto la consegna agli ospiti di tali oggetti dalla finalità di rappresentanza dell’amministrazione di 26 appartenenza del convenuto, che risulta comunque soddisfatta dall’apposizione del logo distintivo del convegno. Con la sentenza n. 61/2013 è stato condannato, in via principale, a titolo di responsabilità contabile amministrativa dolosa, un cassiere dell’U.T.T. del Ministero della Difesa; in via sussidiaria, per omesso controllo sull’operato del predetto, sono stati condannati il Capo Gestione Denaro ed il Capo Servizio Amministrativo. La sentenza ha statuito che, nell’ambito del giudizio di responsabilità è precluso, in sede di conclusioni rassegnate nel corso della seconda udienza di discussione, successiva alla fase istruttoria, introdurre una modificazione della domanda in precedenza formulata e richiedere che, rispetto ad uno dei convenuti, venga accertata la responsabilità a titolo doloso, in luogo della responsabilità in via sussidiaria a titolo di colpa grave, dedotta in atto di citazione e nell’invito a dedurre, integrando tale nuova domanda una “mutatio libelli” inammissibile. Alla chiamata in giudizio di due o più soggetti a titolo diverso, in via principale e in via sussidiaria, sottendono due obbligazioni distinte, con titolarità individuale, che afferiscono, però, alla stessa fattispecie dannosa: la prima ha carattere restitutorio e fa capo a chi si sia appropriato direttamente e con dolo di denaro o valori pubblici, la seconda ha carattere risarcitorio e fa capo al 27 responsabile avente obblighi di controllo e vigilanza, il quale ultimo è tenuto a rispondere a titolo gravemente colposo in via sussidiaria. Il Capo servizio amministrativo e il Capo gestione denaro, che si sono alternati nella sottoscrizione in via congiunta – con il cassiere - degli assegni emessi al fine di alimentare la cassa corrente, sottoscrivendo altresì con superficialità vari documenti contabili attinenti la gestione di cassa, e che hanno omesso con colpa grave di svolgere i compiti di verifica e vigilanza sull’attività di gestione del cassiere rispondono in via sussidiaria del danno derivante dall’ammanco di cassa. Con sentenza n. 85 del 16.5.2013 è stato affermato che ricorrono i presupposti della responsabilità amministrativo-contabile per danno da disservizio nei confronti del responsabile dell’Ufficio tecnico – edilizia privata di un Comune che indebitamente omette di istruire e portare a conclusione, nel territorio comunale, i provvedimenti di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia. Il danno erariale c.d. da disservizio presuppone un pubblico servizio al quale correlarsi e consiste nell'effetto dannoso causato all'organizzazione e allo svolgimento dell'attività amministrativa, dal comportamento illecito di un dipendente o amministratore, il quale abbia impedito il conseguimento della attesa regolarità e legalità dell'azione pubblica o, comunque, abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione. Può quindi sussistere il danno da disservizio allorché l'azione non raggiunge, sotto il profilo 28 qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall'impiego di determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse. Con sentenza n. 86 del 16.5.2013 è stato ritenuto colpevole di danno all’immagine nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza il funzionario dell’Agenzia delle Entrate che, abusando della propria qualità e dei propri poteri, induce una serie di commercianti destinatari di controlli fiscali a consegnargli indebitamente prodotti o a prestare servizi ingenerando in essi il timore che, in assenza di tali elargizioni, possano essere fatti oggetto di ulteriori controlli e di attivazione di procedimenti e provvedimenti sanzionatori, con evidenti ripercussioni a loro danno. Del tutto ininfluente, ai fini dell’illiceità della condotta, la circostanza potesse, in che il funzionario concreto, disporre dell’Agenzia delle autonomamente Entrate non verifiche sui contribuenti dovendo necessariamente ricevere, per ogni singolo incarico, specifica autorizzazione del proprio capo servizio, in quanto la sola circostanza della qualifica interna ricoperta - che ne avrebbe imposto la previa autorizzazione per lo svolgimento di attività ispettiva- non esclude il "metus pubblicae potestatis", elemento proprio della fattispecie concussiva, tenuto conto che tale elemento non poteva essere noto ai destinatari dei controlli i quali – ricevuto l’accertamento - venivano indotti a credere e temere l’esercizio dei predetti poteri. 29 Ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 co. 30 ter del decreto legge 1° luglio 2009, n.78, come convertito nella legge 3 agosto 2009, n.102, e successivamente modificato dall’art.1 del decreto legge 3 agosto 2009, n.103, convertito nella legge 3 ottobre 2009, n.141, per la contestazione del danno all’immagine in presenza di una sentenza penale irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. in relazione ad un reato ricompreso tra quelli di cui al capo I del titolo II del libro II del Codice Penale. Secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 17, comma 30 ter d.l. n. 78/2009 e s.m.i., infatti, la locuzione “sentenza irrevocabile di condanna” ricomprende anche la pronuncia emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p, esponendosi ogni diversa soluzione ermeneutica ad un vizio di illegittimità costituzionale, in primo luogo per violazione del principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost.. Nel merito, il danno all’immagine non si identifica o si verifica soltanto quando, per ripristinarlo, l’Amministrazione pubblica sostiene delle spese in quanto siffatto tipo di pregiudizio si configura e si concreta anche nel caso in cui la rottura di quella aspettativa di legalità, imparzialità e correttezza che il cittadino e gli appartenenti all’Ente pubblico si attendono dall’apparato, viene spezzata da illecito comportamento dei suoi agenti. La risarcibilità del pregiudizio all’immagine non può rapportarsi, quindi, per la sua intrinseca lesione, al solo ristoro della 30 spesa che abbia inciso sul bilancio dell’Ente, ma deve essere vista come lesione ideale, con quantificazione da determinarsi secondo l’apprezzamento del Giudice, anche ricorrendo alla valutazione equitativa, ex art. 1226 c.c., la quale si può fondare su prove, anche presuntive (art. 2727 c.c.) od indiziarie, tra cui le conseguenze negative che, per dato di comune esperienza e conoscenza- anche con il concorso dei fatti notori, di cui all'art. 115, comma 2, c.p.c.- siano riferibili al comportamento lesivo dell'immagine. Sul versante dei parametri sociali è particolarmente significativo l’impatto negativo che la notizia della condotta illecita ha prodotto sull’opinione pubblica, in conseguenza dell’eco della vicenda sugli organi di informazione e, in particolare, il discredito gettato sull’Amministrazione di appartenenza. Rileva altresì lo sconcerto ed il naturale senso di mortificazione che, a seguito della rivelazione dei fatti, la vicenda origina nei colleghi del responsabile, impegnati quotidianamente nello svolgimento di servizi resi a favore della collettività. 31 I GIUDIZI PENSIONISTICI In tema di pensioni, nel decorso anno la Giurisdizionale per la Regione Piemonte ha definito 105 Sezione giudizi, anche in questo caso in notevole anticipo rispetto ai termini previsti dalla L. 89/2001 (cosiddetta Legge Pinto). La definizione dei giudizi pensionistici è così rapida che molto spesso gli stessi ricorrenti nemmeno formulano richiesta di sospensione. Si indicano, di seguito, le questioni più interessanti che sono state trattate. A proposito dell’indennità integrati a speciale, è stato affrontato il problema del: a) cumulo di pi indennità su pi pensioni. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 99, secondo comma, del Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, per contrasto con gli artt. 2, 3, 36 e 38 della Costituzione, è stata dichiarata in parte inammissibile e in parte infondata, nel merito, con sentenza della Corte Costituzionale n. 197 del 26 maggio – 4 giugno 2010. Di conseguenza, tutte le pronunce rese sono state adeguate all’orientamento negativo in materia di cumulo di plurime i.i.s. su plurime pensioni, ormai inequivocamente affermato non solo da tre 32 conformi successive pronunce delle Sezioni Riunite (n. 14/QM/ 2003; n. 2/QM/2006; n. 1/QM/2009) ma anche dall’attuale univoco orientamento delle tre Sezioni Centrali d’Appello della Corte dei conti (ex multis cfr. da ultimo Sez. Prima, sent. 589 del 25.10.2010; Sez. Seconda, sent. 427 del 25.10.2010; Sez. Terza, sent. 770 dell’11.11.2010), orientamento al quale ha pure aderito, infine, la stessa Sezione d'Appello Sicilia (v. sent. 253 del 15.12.2010), superando anch’essa il proprio precedente opposto orientamento (di cui era espressione, ex multis, sent. 100 del 6 marzo 2009). b) cumulo di pi indennità su pensione e retribu ione. Si è confermata (cfr. sentenze nn. 15-25-101 del 2013) la pacifica spettanza della doppia indennità in caso di contemporanea percezione di pensione e retribuzione, conformemente alla giurisprudenza contabile ormai definitivamente consolidatasi in materia, con condanna alle spese dell’Amministrazione soccombente ex art. 91 c.p.c.. Sentenza nr. 36 del 2013. La prefata pronuncia, in materia pensionistica, si è soffermata sulla questione relativa alla liquidazione di benefici economici a favore degli eredi di un Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri rimasto gra emente ferito durante un’a ione terroristica e successivamente deceduto per causa non direttamente riconducibile alle lesioni riportate. In dettaglio, il Giudice ha richiamato, in primo luogo, il 33 referente normativo inerente alla controversia, identificato dall’articolo 2, comma 3, della Legge nr. 407 del 1998 e successive modificazioni, il quale prevede che “in caso di decesso dei soggetti di cui al comma 1, ai superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità secondo le disposizioni del Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 e successive modificazioni, sono attribuite due annualità del suddetto trattamento pensionistico limitatamente al coniuge superstite, ai figli minori, ai figli maggiorenni inabili, ai genitori, e ai fratelli e sorelle, se conviventi ed a carico”. In secondo luogo, il Giudicante ha evidenziato che il presupposto per la concessione del descritto beneficio risiede, in funzione di una interpretazione piana e lineare della norma, nel decesso di uno dei soggetti di cui al comma 1: la posizione del defunto Sottufficiale rientrava in modo evidente nella prima parte del comma 1 dell’articolo 2 della fonte primaria in rassegna, laddove la disposizione evoca espressamente i soggetti che, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1, 2, 3, e 4 dell’articolo 1 della Legge 20 ottobre 1990, n. 302, come modificati dall’articolo 1, comma 1, della Legge in parola, subiscano una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa e che siano successivamente deceduti. Siffatta specifica condizione ricorreva nel caso esaminato, atteso 34 che il militare in via di rivalutazione aveva ottenuto “ex post” l’attribuzione di una complessiva invalidità, correlata all’atto terroristico subito, che al momento della morte era pari al 40%, secondo quanto certificato dal competente Organo medico-legale pubblico. Sentenza nr. 56 del 2013. La menzionata pronuncia, in materia pensionistica, ha esaminato la questione connessa al computo dell’indennità aggiuntiva di ricerca, percepita dal dipendente ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. nr. 382 del 1980, nella quota “A” del trattamento pensionistico ovvero nella quota “B” dello stesso. In particolare, è stato affermato che la suddetta indennità non può essere qualificata come una parte indistinta della retribuzione stipendiale o di posizione, priva di una sua autonoma rilevanza funzionale, partecipandone automaticamente degli stessi caratteri, costituendo, al contrario, emolumento di carattere pacificamente accessorio dotato di una propria peculiare identità e di per sé carente, dal punto di vista genetico, dei requisiti di fissità e di stabilità nel tempo, che viene corrisposto dall’Ente datore di lavoro, in presenza di determinate condizioni da vagliare preventivamente in concreto, soltanto a fronte di specifiche e ben determinate mansioni ricoperte dal personale; del resto, in disparte i termini letterali “in aggiunta” e “assegno aggiuntivo” utilizzati dal legislatore in relazione all’erogazione della citata indennità, la circostanza che lo stesso articolo 39 del D.P.R. nr. 382 del 1980 35 abbia previsto il carattere riassorbile dell’emolumento in parola con i miglioramenti economici di carriera, testimonia in modo chiaro e tangibile che lo stesso non può essere equiparato alla retribuzione stipendiale o di posizione e difetta dei caratteri di fissità nel tempo. In conclusione, la predetta indennità deve essere inserita nella quota “B” dell’assegno di quiescenza. . Con le sentenze nn. 142, 143, 152 e 153/2013 è stata fatta applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti in materia di ripetizione di indebito pensionistico emerso in sede di conguaglio tra pensione provvisoria e pensione definitiva. Sulla base dell’indirizzo delle SS.RR. (da ultimo, sent. n. 2/QM/2012), secondo cui “lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva ex se l’amministrazione del diritto-dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio” e “sussiste un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria”, deve essere valorizzato l’affidamento, inteso come stato di fiducia di un soggetto sull’apparenza delle situazioni giuridiche e della corrispondenza di queste ai fatti nella loro effettiva sostanza. Sempre secondo le SS.RR., detto affidamento – che impedisce la ripetibilità dell’indebito da parte della P.A. - non può identificarsi 36 solo con la scadenza del termine procedimentale previsto dalla L. n. 241/1990 e dai regolamenti di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo, ma si configura con il concorrere di una serie di elementi oggettivi e soggettivi, quali: a) il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, b) la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, c) le ragioni che provvisorio, hanno d) amministrazione, il giustificato momento di ogni di altro la modifica conoscenza, elemento del da trattamento parte necessario dell’ per la liquidazione del trattamento definitivo. L’atto con cui il pensionato, all’atto del collocamento a riposo, ha preso atto della provvisorietà del trattamento di quiescenza e rinunciato ad eccepire la buona fede, se in sede di determinazione definitiva fosse risultato un conguaglio a suo debito, va qualificato come rinuncia ad un diritto futuro, ovvero non ancora esistente nel patrimonio del soggetto al momento della rinuncia, e, in particolare, al diritto di trattenere quanto eventualmente percepito indebitamente, ma in buona fede, e di agire per la conseguente declaratoria giudiziale. Anche considerato che si verte in materia previdenziale, va ritenuto che tale rinuncia non sia idonea a produrre alcun effetto 37 abdicativo in quanto il relativo oggetto ancora non esisteva, al momento della rinuncia in questione, nel patrimonio rinunciante, apparendo come una mera eventualità. del Difettavano, quindi, o non erano attuali al momento dell’atto i presupposti indispensabili per il prodursi dei relativi effetti: disponibilità del diritto, capacità e legittimazione a rinunciare. In ogni caso, i suddetti effetti abdicativi vanno esclusi laddove non traspare dalla dichiarazione alcuna espressa o presunta volontà di prestare, comunque, acquiescenza al recupero di ogni indebito qualora sia decorso il termine per l’emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza. Detta eventuale acquiescenza sarebbe, sotto ulteriore profilo inammissibile in sede giurisdizionale, traducendosi, nella sostanza, in una preventiva abdicazione al diritto di difesa costituzionalmente tutelato. Con la sentenza n. 151/2013, invece, è stata respinta la domanda di declaratoria di irripetibilità di un indebito pensionistico, in considerazione della peculiarità della fattispecie. L’indebito, invero, non si era formato in sede di conguaglio tra pensione definitiva e provvisoria, come nei casi più ricorrenti nella pratica, bensì in revisione del decreto definitivo di pensione, avvenuta nel termine di un anno dalla relativa lavorazione mediante procedura automatizzata, ai sensi dell’art. 9 della L. n. 38 428/1985 e dell’art. 5 del D.P.R. n. 429/1986. Nello stesso termine, poi, era stata avviata la procedura di recupero dell’indebito. Il fatto che procedimentali non fossero rispettati consente di tutti attribuire i previsti alcuna termini rilevanza all’eventuale affidamento incolpevole del percettore. Con Sentenza n. 45/2013 è stato rigettato il ricorso promosso da pensionato avverso atto di recupero di indebito pensionistico, ammontante ad euro 134.303,23, avviato dall’INPS sulla pensione ordinaria di anzianità: recupero avente ad oggetto somme pagate in esecuzione di sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello. Nella controversia avente ad oggetto le restituzioni derivanti da fisiologica difformità tra le statuizioni della sentenza di primo grado e quelle della pronuncia di secondo grado non può darsi accesso alla riconsiderazione delle questioni di merito già fatte oggetto della decisione di appello opponendosi alla rivisitazione – in qualsiasi forma - il giudicato formatosi ai sensi dell’art. 2909 c.c.. La sentenza passata in giudicato costituisce provvedimento giurisdizionale al quale la legge conferisce peculiare valore giuridico e la doverosità del recupero delle somme pagate in esecuzione di sentenza di primo grado si riconnette alla valenza dell’ordine contenuto in detta statuizione. In tale contesto il decorso del tempo necessario alla definizione del giudizio, tra la sentenza di primo grado e quella di appello, non può pertanto scalfire, neppure 39 parzialmente, i contenuti del decisum della sentenza passata in giudicato, rilevando in tal caso il principio di intangibilità del giudicato. L'azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta dalla parte vittoriosa, in relazione alle prestazioni eseguite in base a sentenza poi annullata si connette ad un'esigenza di restaurazione sentenza della situazione patrimoniale anteriore a detta e non si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell'accipiens, non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Con sentenza 34/2013 è stato respinto un ricorso in quanto al fine della sussistenza del requisito sanitario richiesto per accedere alla pensione di inabilità è necessario che a causa delle infermità sia venuta meno in modo definitivo qualsiasi capacità lavorativa, sicché nel caso in cui residui la potenzialità di attendere ad attività lavorative confacenti alle proprie attitudini, indipendentemente dal ritorno reddituale che dalle stesse possa derivare e dal tipo di lavoro, sia esso subordinato, autonomo o professionale, il suddetto requisito deve ritenersi escluso. Con sentenza n. 120/2013 è stato accolto il ricorso proposto dall’ASL CN2 e, per l’effetto, dichiarata l’infondatezza della pretesa avanzata dall’INPS, Ufficio di Cuneo, volta al recupero di Euro 127.977,49 erogati indebitamente ad ex dipendente per 40 asserito errore compiuto dall’Azienda sanitaria nella determinazione in eccesso di trattamento provvisorio di quiescenza. Deve essere esclusa la legittimazione passiva dell’ASL rispetto alle pretese restitutorie avanzate dall’INPDAP (ora INPS) ai sensi dell’art. 8, c. 2 D.P.R. n. 538/1986, in relazione ad erronee comunicazioni di dati volti alla liquidazione del trattamento provvisorio di quiescenza riconducibili alle pregresse USSL. Infatti, in seguito alla soppressione delle U.S.S.L. per effetto del D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le AA.SS.LL., e per effetto degli artt. 6, comma 1, della l. n. 724/1994 e 2, comma 14, della l. n. 549 del 1995, che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi mediante apposite gestioni stralcio, poi trasformate in gestioni liquidatorie, si è verificata una successione ex lege delle Regioni nei rapporti di debito e credito già facenti capo alle vecchie UU.SS.LL., sicché deve escludersi, in relazione a debiti maturati prima del 31 dicembre 1994, la legittimazione passiva delle AA.SS.LL. L’obbligazione restitutoria di cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R. n. 538/1986 non può farsi risalire al momento della liquidazione della pensione definitiva dell’ex dipendente della disciolta U.S.L., al tempo in cui l’obbligazione sarebbe stata accertata, ma al momento in cui è giuridicamente sorta ovvero allorché si è realizzato il fatto 41 causativo dell’erogazione e, quindi allorquando, sulla base dell’erronea comunicazione, operata dalla disciolta U.S.L, è stato adottato il provvedimento provvisorio di quiescenza, sulla cui base sono stati avviati i pagamenti indebiti. Con riferimento al credito sorgente in capo all’Istituto previdenziale, derivante dalla previsione di cui al citato art. 8, co. 2, opera la prescrizione ordinaria decennale che inizia a decorrere dal momento della liquidazione della pensione provvisoria. Ai fini del decorso del termine decennale di prescrizione risulta irrilevante il momento di conclusione del contenzioso riguardante la legittimità del provvedimento di determinazione del trattamento definitivo di pensione, tenuto conto che non può attribuirsi all’azione intentata dal pensionato nei confronti dell’INPS un effetto interruttivo o sospensivo della prescrizione nel diverso rapporto creditorio tra INPS ed ex datore di lavoro (USL). Con sentenza n. 136/2013 è stato rigettato il ricorso promosso da ex dipendente delle Ferrovie dello Stato mirante al riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257 e s.m.i., norma che attribuisce ai la oratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni il diritto a che l’intero periodo lavorativo di esposizione sia moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5. 42 L'attribuzione del beneficio previdenziale di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992 e s.m.i. consegue al duplice accertamento in ordine all’adibizione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti una effettiva esposizione all’amianto e alla sussistenza del rischio morbigeno a causa della presenza, nei luoghi di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto che, per essere superiore ai valori limite indicati nella legislazione prevenzionale di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991 e successive modifiche renda concreta e non solo presunta la possibilità del manifestarsi delle patologie che la sostanza è idonea a generare. L’accertamento in ordine al superamento della soglia di esposizione deve essere effettuata non solo ai fini dell’applicazione dell’art. 47 del D.L. n. 269/03, convertito dalla Legge n. 326/03, ma anche in ipotesi di applicazione della disciplina originaria di cui all’art. 13 L. n. 257/1992 non potendosi ipotizzare un trattamento differenziato in base al momento della presentazione della domanda. La certificazione I.N.A.I.L. inerisce ad atto presupposto rispetto al riconoscimento dei benefici di cui all’art. 13 comma 8 della L. n. 257/1992 da parte dell’Istituto previdenziale senza che esso assuma per ciò stesso valenza di autonomo provvedimento lesivo di posizioni sostanziali del richiedente. In caso di impugnazione del provvedimento di diniego da parte dell’Istituto previdenziale rispetto alla concessione dei benefici previdenziali di 43 cui all’art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992 e s.m.i., la Corte dei conti, per l'accertamento e la valutazione dei fatti, dispone degli stessi poteri, anche istruttori, del giudice ordinario e, quindi, può e deve accertare l'esposizione all'amianto e conoscere della certificazione INAIL relativa con la stessa pienezza di poteri. Mentre appare sufficiente l'esistenza della certificazione INAIL per fondare certificazione il diritto INAIL alla non maggiorazione costituisce prova contributiva, esclusiva la della esposizione qualificata, persistendo ovviamente la possibilità che questa venga dimostrata in giudizio attraverso gli ordinari mezzi di prova. I CONTI GIUDIZIALI L’esame dei conti giudiziali è stato negli ultimi anni il “cavallo di battaglia” della Sezione Giurisdizionale della Regione Piemonte. Grazie all’intuizione del Presidente che mi ha preceduto, congiunto personale all’infaticabile lavoro amministrativo di dei colleghi supporto è Magistrati stata e del ricostruita “l’anagrafe degli agenti contabili”, necessario presupposto per una compiuta verifica delle gestioni che attraverso i conti sono rappresentate. 44 Ovviamente, l’anagrafe non è completa in quanto si concentra sulle figure di agenti contabili che potremmo definire “tradizionali” con esclusione, al momento, di tutti quei soggetti privati, e sono numerosissimi, che sono pur sempre agenti contabili anche se non sono ricompresi nel settore strettamente pubblico quali, solo per fare un esempio nell’ambito del sistema giudiziario, gli esattori del contributo unificato. Non si nasconde, però, che il settore dei conti giudiziali, per le numerosissime gestioni da esaminare, è quello che più soffre dell’attuale carenza di organico, sia magistratuale che di personale amministrativo della Sezione. Infatti, nel 2013 sono pervenuti ben 11.801 conti giudiziali (1.127 in più dell’anno precedente); tale dato fa della Sezione piemontese la prima Sezione Giurisdizionale d’Italia come conti giudiziali ricevuti, primato che si estende al numero di conti giudiziali esaminati e definiti (9.823), dei quali 68 con sentenza. Ciononostante, la giacenza finale continua inesorabilmente ad aumentare: infatti, a fine 2013 i conti giudiziali in attesa di definizione erano 42.754, con un incremento di 1.978 conti rispetto alla giacenza dell’anno precedente quando erano 40.776. Non si intende mettere le mani avanti, ma è una semplice constatazione che porta a dire che senza adeguata copertura dell’organico esistente –per la verità sarebbe necessario un suo incremento- la situazione è inevitabilmente destinata a collassare. 45 Passando all’esame delle pronunce rese in materia, si segnala la sentenza n. 98/2013 con la quale la Sezione si è pronunciata in relazione a giudizi sui conti giudiziali relativi alla riscossione dei diritti di edilizia, per gli anni 2007-2008-2009-2010-2011, resi dall’Agente contabile di un Comune. Nel corso dell’istruttoria era emerso che l’importo dei diritti era stato interamente versato al Tesoriere solo nel corso del 2012, ed a seguito dell'intervento del magistrato relatore. Stante il palese ritardo con cui sono stati effettuati i versamenti, si è provveduto al deferimento in udienza, al fine di valutare collegialmente la riscontrata situazione di irregolarità del Comune in merito alla gestione delle riscossioni dei diritti per il periodo 2007/2011. La Sezione, all’esito dell’esame dei conti, ha ravvisato una palese inosservanza delle norme gestionali richieste dalla contabilità pubblica in quanto le somme, da introitarsi nella casse comunali, dovevano essere versate, ad opera dell’agente contabile, al Tesoriere nelle debite forme e tempistiche. La conseguente declaratoria di responsabilità contabile a carico dell’agente, il quale non ha provveduto agli adempimenti necessari, si è tradotta nell’obbligo di risarcimento a favore dell’Ente degli interessi legali maturati ex art. 1282 c.c., interessi da calcolare con capitalizzazione annuale, potendosi equiparare alla “domanda giudiziale” di cui all’art. 1283 c.c. l’obbligo, per l’agente 46 contabile, di rendere in sede giurisdizionale il conto della propria gestione. Con sentenza n. 99/2013 la Sezione ha esaminato i conti giudiziali relativi alla gestione dell’anticipazione delle piccole spese compilati in ordine alla gestione economale, per gli anni 20072008-2009-2010-2011, dall’Agente contabile di un Comune. Unitamente alla documentazione relativa ai conti giudiziali è stata trasmessa, a firma del Segretario Comunale, una relazione accompagnatoria nella quale, oltre a rappresentare che trattasi di micro realtà locale con pochi abitanti, con organizzazione burocratica ridotta ai “minimi termini” e con un’unica dipendente comunale part-time soggetta negli anni a gravi problemi di salute, si è fatto presente che, pur avendo l’Ente, con debito provvedimento sindacale, nominato la dipendente part-time di ruolo, quale economo Comunale (nonché unico agente contabile), il servizio per le spese minute “non è stato svolto” – rectius, non è stato possibile organizzare un servizio economale appropriato a causa dei problemi sovraelencati ed i relativi rendiconti non presentano movimentazioni, pur risultando riportati a residui attivi e passivi gli impegni previsionali di bilancio. Di tal che si sarebbe assistito ad una gestione “volontaristica” non gravante sull’Ente per “piccoli interventi di pulizia”, “manutenzione” e, soprattutto, in relazione a limitate spese cosiddette di “rappresentanza”, quali “mazzi di fiori per matrimoni”, “piccoli omaggi per visitatori illustri”, “iniziative a favore della popolazione anziana” ecc…. L’aver sostenuto spese di carattere economale senza gravare sull’Ente, se può apparire, per un aspetto, encomiabile, per l’altro, sta invece a dimostrare un’irregolarità gestionale dovuta al 47 mancato utilizzo di adeguati e pure previsti strumenti di contabilità, nonché la totale inosservanza della norme di contabilità pubblica. Tuttavia, posto che detta irregolarità formale - indubbiamente sussistente - non ha comportato alcuna apprezzabile responsabilità contabile, attesa l'insussistenza di ammanchi o danni patrimoniali apprezzabili subiti dalla finanza comunale, è divenuto giocoforza il discarico dell'agente contabile relativamente agli esercizi finanziari considerati. Con sentenza 72/2013 è stato affermato che la gestione economale è una gestione annuale che deve chiudere in pareggio, e, per la stessa, è necessaria l’osservanza delle disposizioni del Regolamento di contabilità dell’Ente locale. Stante l’insieme di anomalie ed incongruenze riscontrate nella fattispecie, la gestione contabile non è stata dichiarata regolare e si è proceduto alla liquidazione del relativo debito a carico dell’agente contabile. Sentenza nr. 116 del 2013. La suddetta pronuncia, in materia di giudizio di conto, ha esaminato la questione connessa alla sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti di un Concessionario della riscossione che si trovi in regime di amministrazione straordinaria. In particolare, la Sezione ha chiarito che non è di ostacolo allo svolgimento del predetto giudizio circostanza che demandato l’agente alla contabile Magistratura sia in contabile la amministrazione straordinaria, ai sensi del Decreto Legislativo nr. 270 del 1999, atteso che la pendenza della procedura concorsuale, se impedisce l’esercizio di azioni esecutive individuali sui beni del debitore, pur con le eccezioni previste dalle norme di riferimento, non influisce, al 48 contrario, sull’accertamento attribuito alla Corte dei Conti dall’articolo 44 del R.D. nr. 1214 del 1934, che rimane del tutto integro ed intangibile; il giudizio di conto, infatti, come propugnato anche dalla Corte Costituzionale, rappresenta una procedura giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se l’agente contabile che ha avuto in carico risorse pubbliche sia in grado di rendere conto della propria gestione e, quindi, risulti gravato da obbligazioni di restituzione. Analogamente, del resto, è stata esclusa la forza attrattiva al Tribunale fallimentare, in funzione degli articoli 24 e 52 della Legge fallimentare, delle azioni di responsabilità amministrativa e contabile promosse contro un soggetto dichiarato fallito, ed è stato stabilito che, per concorrere alla distribuzione nella procedura concorsuale, l’Ente titolare del credito deve chiedere l’ammissione al passivo con riserva di accertamento del credito stesso da parte della Corte dei Conti. Con Ordinanza nr. 17 del 2013 la Sezione ha respinto l’istanza per resa di conto presentata dalla Procura Regionale, volta ad ottenere la fissazione del termine per il deposito dei conti giudiziali inerenti ai contributi percepiti dai Gruppi politici del Consiglio Regionale della Regione Piemonte nel periodo dal 2003 al 2008. In tale ottica, il Collegio, in via pregiudiziale, ha evidenziato il difetto di attribuzione della Corte dei Conti, per quanto concerne il giudizio di conto, nei confronti dei Consiglieri del Consiglio Regionale, assistiti da specifica immunità. Al riguardo, è 49 stato messo in risalto che l’immunità disciplinata dall’articolo 122, comma 4, della Costituzione, secondo cui i Consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni, attiene, secondo i consolidati principi affermati dalla Consulta (ex multis Sentenze nnrr. 81 del 1975, 70 del 1985, 289 del 1997, 392 del 1999 e 337 del 2009), alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio Regionale che costituzionalmente costituiscono garantita”, “esplicazione mediante lo di autonomia svolgimento delle funzioni consiliari, il cui nucleo caratterizzante è definito dall’articolo 121, comma 2, della Costituzione. I Gruppi consiliari rappresentano diretta ed imprescindibile emanazione del Consiglio Regionale e si configurano, come precisato più volte dal Giudice delle Leggi, quali articolazioni necessarie dell’Assemblea consiliare, svolgendo in tale veste attività direttamente ed esclusivamente strumentali rispetto all’esercizio di funzioni legislative intestate al Consiglio Regionale. Ciò chiarito, le attribuzioni dei singoli Consiglieri costituzionalmente previste, coperte da immunità, non si esauriscono evidentemente in quelle legislative, ma comprendono anche quelle di indirizzo politico, di controllo e di autorganizzazione. In particolare, la Corte Costituzionale ha precisato che tra le funzioni presidiate dalla citata immunità sono all’amministrazione sicuramente ed alla comprese gestione di fondi quelle relative assegnati alla Presidenza del Consiglio Regionale, in relazione ad attività legate 50 strettamente all’esplicazione del mandato rappresentativo. Il Collegio, inoltre, prescindendo dalla questione afferente al predetto istituto dell’immunità, ha sottolineato che nel caso dei Consiglieri regionali difetta comunque in modo palese la stessa figura dell’agente contabile tenuto alla resa del conto giudiziale, teorizzata invece dall’Ufficio Requirente, non soltanto per la carenza di una specifica disposizione normativa che attribuisca in modo espresso siffatta qualificazione nell’ambito dell’Ente territoriale, ma anche perché appaiono del tutto assenti i due imprescindibili presupposti che connotano in concreto l’agente contabile, ossia, da un lato, il maneggio diretto di denaro svolto in modo personale e continuativo, dall’altro, la gestione dei fondi effettuata attraverso uno specifico e predeterminato schema procedimentale di tipo contabile. Per doverosa completezza va segnalato che detta Ordinanza è stata riformata in appello dalla III Sezione Centrale che con Decreto n.14/2013 ha ritenuto sussistente l’obbligo della resa dei predetti conti giudiziali. Sempre per completezza, va anche evidenziato, che la Regione Piemonte ha sollevato, con ricorso alla Corte Costituzionale, conflitto di attribuzione, contestando la sussistenza del potere della Corte dei conti di ordinare il deposito del conto giudiziale da parte dei Capigruppo del Consiglio Regionale e di celebrare il conseguenziale giudizio di conto, con richiesta di 51 annullamento del decreto n.14/2013 della Terza Sezione Centrale d’Appello. In precedenza, anche la Regione Toscana aveva sollevato conflitto di attribuzione davanti la Corte Costituzionale avverso la decisione della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Toscana che aveva disposto il deposito dei conti giudiziali dei gruppi consiliari della Regione medesima riferibili alle annualità 2010-2011-2012, mentre i Presidenti dei Gruppi Consiliari della medesima Regione hanno proposto distinto regolamento preventivo di giurisdizione. Infine, non va sottaciuto che, sulla stessa problematica, si è in attesa di pronuncia da parte delle Sezioni Riunite della Corte dei conti su questione di massima sollevata dal Presidente della Corte dei conti. Si segnala l’Ordinanza n. 100/2013 che, in via interlocutoria, pronuncia sui conti giudiziali resi dall’agente della riscossione delle entrate di un Comune in relazione agli anni 20072008-2009-2010. Vi si afferma che il giudizio di conto, concernente la riscossione delle entrate ICI, TOSAP, TARSU e diritti pubbliche affissioni, operata dall’agente delle riscossioni di un Comune ha ad oggetto l’accertamento della regolarità delle stesse nell’interesse dell’Ente pubblico cui può ricollegarsi un’eventuale chiusura a debito del giudizio medesimo, quanto alle somme ancora dovute dall’agente. 52 Il giudizio di conto non ha come suo fine proprio il recupero del danno prodotto all’Amministrazione, ma l’accertamento della regolarità del conto cui può conseguire, in ipotesi di accertamento di ammanchi, la condanna dell’agente contabile al pagamento delle somme risultanti a debito. Trattasi di un giudizio assolutamente necessario, volto a garantire che il pubblico danaro, proveniente dalla generalità dei contribuenti, venga effettivamente destinato alla soddisfazione dei pubblici bisogni. L’ATTIVITA’ DELLA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO Si espongono, a seguire, i dati più salienti relativi alla copiosa attività svolta dalla Sezione Regionale di Controllo di questa Regione. 1) Controllo sui bilanci consuntivi 2011 degli enti locali della Regione Piemonte (art. 1, COMMI 166 e seguenti, Legge 266/2005 e art. 148 bis del TUEL, come introdotto dal D.L. n. 174/2012, convertito nella L. n. 213/2012). Il controllo ha riguardato 1.214 enti, di cui 133 Comuni con più di 5.000 abitanti, 1.073 Comuni con meno di 5.000 abitanti e 8 Province. La Sezione ha deliberato n. 232 pronunce. Le irregolarità emerse hanno riguardato principalmente: risultato negativo di amministrazione; mancato rispetto patto di stabilità; criticità nelle procedure di pagamento dei debiti, con i conseguenti effetti elusivi degli obblighi imposti dal Patto di Stabilità; 53 eccessivo ricorso ad anticipazioni di tesoreria; risultati di gestione ripetutamente negativi e squilibrio di parte corrente del bilancio; accertamento di entrate aventi carattere non ripetitivo destinate a spese ripetitive e in parte non riscosse; spese di rappresentanza non rispondenti alle finalità ed all'interesse istituzionale dell'Ente; non corretta contabilizzazione dei "servizi conto terzi"; riconoscimento di debiti fuori bilancio; criticità relativa agli organismi partecipati anche in relazione al mancato controllo sulle società, in particolare sugli organismi partecipati che operano in house; mancato aggiornamento dell'inventario; mancato rispetto dei limiti imposti dall'art. 6 comma 7, 8, 12 e 14 del D.L. n. 78/2010, conv. nella L. n. 122/2010; non corretta applicazione dell'art. 9 del D.L. n. 78/2009, conv. nella L. n. 102/2009; non corretta applicazione delle previsioni legislative in ordine al riaccertamento e/o eliminazione dei residui ed utilizzo dell'avanzo di amministrazione calcolato non rispettando il principio della prudenza e non provvedendo a stralciare i crediti di dubbia esigibilità dal conto del bilancio; mantenimento di un elevato importo di residui attivi in bilancio; 54 residui passivi finanziati da indebitamento non movimentati da oltre due anni; disallineamento tra i residui passivi del titolo IV della spesa ed i residui attivi del titolo VI dell'entrata; bassa capacità di riscossione del recupero delle sanzioni amministrative per violazione al codice della strada e dell'evasione tributaria; uso di fondi vincolati per il finanziamento di spese in conto capitale che incidono sulla situazione di equilibrio finanziario; mancato rispetto dei limiti di spesa per il personale; mancato invio del questionario. Per quanto riguarda gli Enti destinatari delle pronunce emanate ai sensi dell'art. 148 bis, co. 3, del TUEL, nel termine dei 60 giorni normativamente previsto, alcuni Enti hanno indicato le misure adottate e adottande ritenute in generale idonee al superamento delle criticità a alla correzione degli squilibri finanziari; per alcuni Enti, in mancanza di misure idonee, la Sezione regionale di controllo ha richiesto il blocco delle procedure di spesa. Si riportano a titolo esemplificativo alcune delle principali deliberazioni ai sensi dell'alt. 148 bis del TUEL: - delibera n. 159/2013, in ordine al risultato di amministrazione ed all'uso di fondi vincolati per il finanziamento di spese in conto capitale che incidono sulla situazione di equilibrio finanziario, al ricorso ad 55 anticipazioni di cassa in via continuativa e per importi elevati ed al superamento del limite di indebitamento. - delibera n. 266/2013, in ordine al risultato di amministrazione negativo, alla presenza in bilancio di elevati residui passivi di titolo II risalenti nel tempo non coperti da adeguati residui attivi e in assenza di disponibilità di cassa, al ricorso ad anticipazioni di tesoreria in via continuativa e per importi elevati. - delibera n. 267/2013, in ordine al mancato conseguimento degli equilibri di bilancio di parte corrente, al mantenimento di elevati residui attivi in bilancio, risalenti nel tempo, in relazione ai quali sussistono dubbi sull'effettiva esigibilità, al ricorso ad anticipazioni di cassa in via continuativa e per importi elevati. - delibera n. 291/2013, in materia di: a) risultato di amministrazione negativo, mancato conseguimento degli equilibri di parte corrente, mantenimento nel bilancio di elevati residui attivi in relazione ai quali sussistono dubbi sull'effettiva esigibilità e residui passivi di titolo II risalenti nel tempo; b) mancato rispetto del patto di stabilità; c) ricorso ad anticipazioni di tesoreria in via continuativa e per importi elevati ed all'utilizzo di fondi vincolati; d) elevato scostamento tra accertamento e riscossione relativo alle entrate per recupero evasione tributaria; e) mancato aggiornamento dell'inventario; f) mancata attivazione del sistema di controllo sulle Società partecipate, in particolare sugli Organismi partecipati che operano in house. 56 Per due Comuni è stata attivata la procedura di cui all'art. 148 bis co. 3 del TUEL, come introdotto dal D.L. n. 174/2012, per le seguenti criticità: residui passivi finanziati da indebitamento non movimentati da oltre due anni; risultato di gestione negativo per più esercizi e disequilibri di parte corrente e di parte capitale; differenza di parte corrente negativa coperta con entrate di carattere straordinario e plusvalenze da alienazioni di beni patrimoniali; bassa capacità di riscossione delle sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada e dell'evasione tributaria; non corretta applicazione ed osservanza delle previsioni legislative in ordine al riaccertamento ed al mantenimento nel bilancio dei residui; criticità delle procedure di pagamento dei debiti, con conseguenti possibili effetti elusivi sul rispetto del Patto di Stabilità. Più in particolare la Sezione ha rilevato che la permanenza di un disavanzo di gestione, derivante da ripetuti disequilibri di parte corrente, coperti amministrazione, da entrate esige la straordinarie e avanzo di massima attenzione affinché non si protragga una situazione finanziaria fortemente critica, che potrebbe generare, in prospettiva, un disequilibrio strutturale. E' stato richiamato l'art. 148, comma 2, TUEL (nel testo introdotto dal D.L. n. 174/2012 conv. in L. n. 213/2012), che prevede che il "disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio" possa attivare verifiche 57 sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile da parte del MEF — Ragioneria dello Stato, procedure che possono essere attivate anche dalle Sezioni di controllo della Corte dei conti. Ciò a maggior ragione laddove, in base alla relazione dell'organo di revisione sul rendiconto 2012, pubblicata nel sito internet dell'Ente, emerga che la differenza di parte corrente 2012 è fortemente negativa e in peggioramento rispetto all'esercizio 2011 e viene coperta, oltre che con le predette entrate, anche con applicazione dell'avanzo di amministrazione. L'Ente, anche al fine di dare piena ottemperanza alle precedenti deliberazioni della Sezione, deve quindi proseguire ed implementare l'opera di monitoraggio della copertura degli squilibri di parte corrente con entrate non ripetitive, quali i contributi per permesso di costruire, che, per il loro carattere di variabilità, non presentano alcuna garanzia che si ripetano nella stessa misura negli esercizi successivi, vigilando affinché le spese da finanziare con tali entrate siano essenzialmente, in un'ottica di sana gestione finanziaria, quelle d'investimento ovvero quelle correnti di carattere straordinario. Quanto, poi all'effettiva consistenza dell'avanzo di amministrazione (utilizzato sia nel 2011 che nel 2012 a copertura della spesa corrente), occorre sottolineare che su questa incidono in modo significativo gli ingenti residui attivi per il credito che l'Ente vanta nei confronti di una partecipata, sulla cui effettiva esigibilità la Sezione ha avanzato forti dubbi, stante la criticità della situazione economico-finanziaria della stessa. La Sezione ha poi osservato come, 58 in caso di mancato stralcio dal conto del bilancio di crediti di dubbia o difficile esazione, ai sensi dell'art. 230 comma 5 TUEL, debba essere costituito un vincolo di pari importo sull'avanzo di amministrazione. Invero, dal momento che possono essere mantenute fra i residui dell'esercizio solo le entrate accertate per le quali esista un effettivo titolo giuridico che costituisca l'Ente creditore (cfr. art. 189, comma 2 TUEL) e che i residui riportati nel bilancio concorrono a formare il risultato di amministrazione che l'Ente può applicare ed utilizzare negli esercizi successivi, è necessario che vengano mantenuti nel bilancio solo i crediti che l'Ente ha la ragionevole certezza di incassare. Dunque, è necessario che l'Ente proceda, in maniera adeguata, al loro riaccertamento, con particolare riguardo alle poste indicate, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento, in tutto o in parte, dei medesimi nel bilancio, ai sensi dell'art. 228, comma 3, TUEL. Tale accertamento dovrà essere non solo formale, ovvero limitato alla mera verifica della sussistenza del titolo giuridico del credito e del debitore, ma sostanziale, ovvero diretto ad accertare l'effettiva riscuotibilità del credito e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza, cosicché, ove risulti che esso, di fatto, non è più esistente, esigibile o, comunque, riscuotibile, giova ripetere, deve essere stralciato dal conto del bilancio e inserito nel conto del patrimonio in apposita voce fino al compimento del termine prescrizionale (cfr. art. 230, comma 5 TUEL), dopodiché deve essere eliminato anche dal conto del patrimonio, con contestuale riduzione di 59 questo. Il vincolo su una quota parte dell'avanzo di amministrazione è invece ammissibile se l'Ente ritiene che sussista qualche possibilità di incasso. Il mantenimento di tali residui attivi nel conto del bilancio è in grado di incidere sull'attendibilità del risultato contabile di amministrazione e sulla formazione dell'avanzo di amministrazione di cui all'art. 187 TUEL, che potrebbe pertanto risultare non sussistente, se non sotto il profilo contabile. Nella specie l'Ente ha mantenuto a bilancio crediti risalenti al 2004 e al 2007 di rilevante ammontare (in particolare verso società partecipate), di cui, alla luce di quanto sopra e anche in considerazione della situazione di tali società, occorre verificare attentamente l'effettiva e integrale esigibilità. 2) Controllo sugli atti di spesa relativi a incarichi di rappresentanza, pubblicità, mostre e convegni, nonché a collaborazioni, consulenze studi e ricerche ai sensi dell'art. 1, comma 173 L. n. 266/2005 — esercizi finanziari 2011 e 2012. (delibera n. 370/2013). Il numero complessivo di atti trasmessi al controllo nel 2011 è stato pari a 1282, mentre nel 2012 sono stati n. 857. Distinguendo per tipologia di atti, nel 2011 gli atti di spesa per gli incarichi esterni sono stati n. 1018, mentre quelli per rappresentanza, relazioni, mostre, pubblicità e convegni sono stati n. 264. Nel 2012, rispettivamente, n. 755 e n. 102. Nel valutare tali dati si è tenuto conto che l'obbligo d'invio al controllo (stabilito a livello normativo dall'art. 1 comma 173 L. n. 266/2005) interessa solo gli incarichi conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, nonché gli atti di spesa per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza d'importo non inferiore a curo 5.000,00, nonché del ritardo, rispetto alla chiusura dell'esercizio finanziario, con cui molti enti trasmettono tali atti alla Sezione. Va inoltre considerato l'inadempimento al predetto obbligo non è assistito da sanzione. che 60 Gli atti, rispettivamente di incarico esterno e di rappresentanza, inviati alla Sezione, sono stati suddivisi per tipologia di ente conferente e per incidenza sul totale della spesa. Gli Enti del SSN sono quelli che, nel 2011 e nel 2012, hanno conferito il maggior numero di incarichi esterni, incidendo rispettivamente per il 46% e il 55% sulla spesa complessiva (con un ammontare di poco più di 11 milioni di euro nel 2011 e di oltre 10,5 milioni nel 2012). Si deve peraltro rilevare, che trattasi, per la maggior parte dei casi, di collaborazioni esterne di personale medico per l'erogazione di servizi sanitari. Quanto alle spese di rappresentanza, il maggior numero di atti proviene dalla Regione, n. 173 nel 2011 e n. 67 nel 2012, cui corrisponde la maggior spesa, rispettivamente di circa 10 milioni di euro (1'85% del totale 2011) e di circa 4 milioni (1'83% del totale 2012). Del totale degli atti trasmessi (n. 1282 nel 2011 e n. 857 nel 2012), sono stati oggetto di istruttoria da parte della Sezione n. 103 atti del 2011 e n. 94 atti del 2012. Le osservazioni sugli atti, per gli esercizi considerati, sono relative a riscontrate anomalie, riferibili ai punti di seguito indicati: attuazione di procedura pubblica comparativa ai sensi dell'art. 7, comma 6-bis D.Lgs. n.65/2001 e s.m.i.; esistenza del requisito di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, ai sensi dell'art. 7, comma 6 bis D.Lgs. n. 165 e s.m.i.; avvenuto riscontro di una reale e circostanziata ricognizione della esistenza di strutture organizzative o professionalità interne all'Ente in grado di assicurare i medesimi servizi; eccezionalità, straordinarietà e durata temporanea dell'incarico; congruità/proporzione tra compenso, tipologia di prestazione e utilità conseguita dall'Ente; contenuto dettagliato, specifico dell'attività oggetto dell'incarico; puntuale e circostanziata motivazione, rapporto tra 61 la spesa sostenuta ed i fini istituzionali dell'Ente, nonché utilità della medesima in rapporto all'interesse pubblico locale perseguito. Statisticamente il rilievo più frequente riguarda la mancanza di una procedura pubblica comparativa e la reiterazione dell'incarico in violazione dei criteri di eccezionalità e durata temporanea; a tale tipo di inadempienza segue, per frequenza, la presenza di ricognizioni generiche o, addirittura, la loro assenza totale in riferimento alla presenza o meno di strutture organizzative o professionali all'interno dell'Ente in grado di assolvere alle funzioni oggetto di incarico esterno; violazione, quindi, del principio indefettibile di "autosufficienza organizzativa" dell'Ente. A conclusione dell'attività è stata adottata la deliberazione n. 370/2013. 3) Controllo successivo sulla gestione, per l'e.f. 2013 sugli atti di spesa relativi a incarichi di rappresentanza, pubblicità, mostre e convegni, nonché a collaborazioni, consulenze studi e ricerche ai sensi dell'art. 1, comma 173 L. n. 266/2005. La Sezione ha approvato n. 9 delibere in materia; in particolare con la deliberazione n. 362/2013, è stato definito l'ambito di tale controllo, fornendo agli Enti interessati i chiarimenti necessari per il corretto conferimento degli incarichi in oggetto. 4) Attività consultiva svolta ai sensi ex art.7 c. 8 Legge n. 131/2003. Nel corso del 2013 la Sezione ha reso 128 pareri. Si evidenziano alcuni deferimenti alle Sezione Autonomie delle questioni in materia di: "Verifica dei limiti di spesa per il personale che partecipa alla sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili prevista dall'art. 36 del D.Lgs. n. 118/2011." (Delibera n. 124/2013); "Contabilizzazione delle somme previste per un'assunzione programmata ma non potuta effettuare." (Delibera n. 347/2013) Si segnalano qui di seguito alcune delle questioni più significative, le problematiche affrontate ed i principi affermati nei pareri resi. 62 "Un Ente che voglia procedere alla trasformazione del Consorzio di bacino di cui fa parte in società di capitali e/o alla costituzione di una nuova società di capitali, anche mediante scissione ex art. 115 TUEL, a cui trasferire l'affidamento in house della gestione delle discariche, della gestione e riscossione della RIES corrispettivo e della gestione del patrimonio dell'ex Consorzio, deve rispettare i limiti posti dai principi e dalla normativa vigente in materia di scioglimento dei Consorzi di bacino, servizi pubblici locali, società strumentali, anche con riferimento alle seguenti disposizioni legislative: l'art. 4, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 135; l'art. 14, comma 32, del Di. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122. La società holding costituisce uno strumento critico per i possibili intenti elusivi che con essa possono essere posti in essere, in relazione agli obblighi e vincoli posti all'Ente locale, con riferimento, a titolo esemplificativo, al patto di stabilità, all'indebitamento, alle società strumentali, ai limiti di cui all'art. 3, comma 27, della L. 24 dicembre 2007, n. 244." (Delibera n. 44/2013). "La regolarizzazione delle spese "di somma urgenza" senza attivare la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio può essere disposta in tutti i casi in cui esistono stanziamenti in bilancio (anche ordinari) sufficientemente capienti all'effettuazione della spesa di somma urgenza. Nel caso in cui non vi siano idonei stanziamenti in bilancio, la Giunta, su proposta del responsabile del procedimento, attiva la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio di competenza consiliare. Il rinvio all'art. 194 TUEL è da intendersi unicamente riferito alla forma dell'atto e alla competenza dell'Organo (Consiglio) e quindi si ritiene che in nessun caso debba operare, per il riconoscimento della spesa, il limite "degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'Ente"." (Delibera n. 360/2013). 63 "Dalle disposizioni di leggi statali intervenute in materia di fondi immobiliari pubblici, cronologicamente successive alle norme del c.c. e di evidente natura speciale, emerge che lo scopo perseguito dal legislatore statale è quello di valorizzare, gestire, ed alienare il patrimonio pubblico nel rispetto dei requisiti, dei vincoli e delle finalità proprie dei beni pubblici e dell'intero sistema di tutele vigente in materia. Pertanto, nel caso di specie è da escludere, per la Regione, la possibilità di apportare ad un fondo immobiliare la proprietà di beni indisponibili mantenendo nel contempo il vincolo d'indisponibilità.." (Delibera n. 254/2013). "Assunzione di personale: a) Il significato da attribuire all'espressione "nel precedente anno" contenuta nell'art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) e s.m.i., si riferisce a cessazioni intervenute successivamente all'entrata in vigore della norma, anche in precedenti esercizi, rifluenti nell'anno precedente a quello nel quale si intende effettuare l'assunzione; b) il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso nell'ambito del quale la procedura concorsuale è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità: quest'ultima sconsiglia l'emanazione di un bando di concorso con clausola di subordinazione all'esito della contestuale procedura di mobilità stessa; c) l'art. 18 della L.R. Piemonte n. 11/2012 ha inteso fare salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere con le comunità montane soppresse, prevedendo incentivi finanziari per il trasferimento di tali rapporti di lavoro ad altri enti e non è di ostacolo all'assunzione di personale in un Comune qualora ricorrano tutti i presupposti di legge e sia sostenibile finanziariamente." (Delibera n. 280/2013). "Ai fini del calcolo della capacità d'indebitamento di cui all'art. 204, comma 1, TUEL l'Ente locale non deve tener conto degli interessi passivi relativi alle rate di ammortamento dei mutui garantiti con contributi in 64 annualità concessi dallo Stato o dalla Regione al fine di agevolare la realizzazione degli investimenti. Configurandosi le quote contributive annue alla stregua dei contributi di parte corrente (ovvero in conto esercizio, in quanto finalizzati alla riduzione dei costi di natura finanziaria dell'Ente), sarà possibile iscriverne l'importo al Titolo II, catg. 2 (contributi e trasferimenti correnti dalla Regione), avendo cura di riportarne l'importo anche dal lato della spesa." (Delibera n. 311/2013). "Spese di personale. L'inquadramento con contratto dirigenziale, ex art. 110 TUEL, del personale di staff contrasta con la configurazione degli uffici istituiti ai sensi dell'art. 90 TUEL. L'unità assunta ai sensi dell'art. 90 TUEL deve essere prevista nella pianta organica dell'ente locale. Qualora l'Amministrazione ricorra all'assunzione di personale esterno con contratto a tempo determinato, deve in ogni caso computare tale onere nell'ambito delle spese di personale che sono soggette a vincoli normativi generali di contenimento, senza possibilità di introdurre alcuna esclusione, dal predetto computo, che non sia espressamente prevista dalle leggi di finanza pubblica." (Delibera n. 312/2013). “Le associazioni che svolgono attività in favore della cittadinanza non rientrano nel divieto di erogazione di contributi di cui all'art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012: quest'ultimo è riferito agli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile che forniscono servizi a favore dell'amministrazione stessa anche a titolo gratuito. Il tenore letterale della norma e la presenza di eccezioni al divieto di ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche, tassativamente elencate, non può condurre all'introduzione di deroghe alla medesima in via interpretativa. L'applicabilità del precetto contenuto nell'art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012 alla specifica casistica elencata nel quesito richiede la valutazione delle singole fattispecie e dei relativi puntuali contorni, anche con riferimento al contenuto delle convenzioni tra l'ente locale e gli enti di 65 diritto privato interessati, non scrutinabile in termini generali in sede consultiva, ma rimessa all'ente richiedente." (Delibera n. 379/2013). "Parere in merito alla natura del parere reso dall'Organo di revisione. I pareri dell'Organo di svolgimento dei compiti del revisione sono funzionali allo Consiglio e devono essere resi a quest'ultimo nelle materie indicate nell'art. 239, co. 1, lett. b) del TUEL, fra le quali è compresa quella riferita alle "proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni" (n. 6). Al fine di individuare, in concreto, se l'atto debba essere preceduto dal parere dell'Organo di revisione non è rilevante la natura della transazione (giudiziale o stragiudiziale) ma se si tratti di atto di procedimento che deve concludersi con delibera del Consiglio, rientrando fra le sue attribuzioni funzionali." (Delibera n. 345/2013). "L'onere a carico del datore di lavoro di versamento di una maggiorazione della contribuzione previdenziale conseguente all'adesione dei dipendenti al Fondo di previdenza complementare Perseo (pari all'1% della retribuzione utile ai fini del TFR ed al 10% di quest'ultima ai fini del contributo di solidarietà) non è dipendente da scelte organizzative del singolo Ente ma deriva dall'applicazione del contratto collettivo di comparto e può essere considerato quale onere relativo ai rinnovi contrattuali e, come tale, escluso dal computo previsto dai co. 557 e 562 della legge n. 296 del 2006." (Delibera n. 380/2013). "Parere sulle società - gestione servizio idrico. Un Comune con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti può acquisire una partecipazione nella società alla quale l'Autorità d'Ambito ha affidato la gestione del ciclo integrato delle acque, sempre ché, in base alle regole di funzionamento della società ed all'organizzazione comunale, il Comune sia in grado di esplicare il controllo analogo sulla società in questione." (Delibera n. 335/2013). 66 "In materia di mercato dell'energia la Sezione ha espresso il parere che l'adesione di un comune richiedente ad un consorzio (nella specie il CEV: Consorzio Energia Veneto) costituito per l'acquisto in comune, l'approvvigionamento, la distribuzione, la ripartizione di fonti energetiche e attività connesse, sempre che realizzi le finalità previste dal quadro normativo in materia di mercato dell'energia, tra cui la convenienza economica (cfr. la Direttiva P.C.M. del 18 settembre 2000), e dalle disposizioni vincolistiche di cui all'art. 1 comma 7 e all'art. 4 comma 7 del D.L. n. 35/2012, con particolare riguardo alla necessità del rispetto delle norme sui contratti pubblici, deve rispettare anche l'art. 9 commi 1 e 6 del D.L. n. 35/2012, così come interpretato da Corte cost. 24 luglio 2013 n. 236 (secondo cui il divieto di istituire nuovi enti strumentali opera solo nei limiti della necessaria riduzione del 20 per cento dei costi relativi al loro funzionamento). Tuttavia, la Sezione, con riferimento alla possibilità, compresa nell'oggetto sociale, che il consorzio costituisca o partecipi ad organismi (associativi, consortili, societari) con soggetti aventi le stesse finalità, ha ritenuto che l'adesione da parte del comune ad un consorzio che mantenga tale possibilità nell'oggetto sociale si presterebbe ad una elusione della normativa (cfr. l'art. 14 comma 32 D.L. n. 78/2010) che vieta agli enti locali di ridotte dimensioni di costituire società e li obbliga a dismettere le partecipazioni." (Delibera n. 306/2013). "In materia di conferimento di diritti reali immobiliari ad una fondazione culturale, la Sezione ha affermato quanto segue. L'art. 6, comma 19 del D.L. n. 78/2010 conv. in L. n. 122/2010, che ha limitato la possibilità degli enti locali di effettuare operazioni di aumento di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, rilascio di garanzie in favore degli organismi partecipati, indica un principio di carattere generale diretto ad impedire che gli enti locali procedano al ripiano di perdite di organismi partecipati, a vario titolo, disperdendo risorse finanziarie, senza valutare 67 la convenienza della gestione e, pertanto, in linea di principio può ritenersi che, nel quadro di una sana e prudente gestione, sia possibile procedere ad operazioni sulla dotazione finanziaria di organismi diversi da quelli societari, come una fondazione di diritto privato, se ricorrono le condizioni indicate nel citato art. 6 comma 19 D.L. n. 78 (ovvero che non abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che non abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali, salvi i trasferimenti a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti). La dizione "enti e associazioni", contenuta nell'art. 4, comma 6 del D.L. n. 95/2012 conv. in L. n. 135/2012, è sufficientemente ampia da ricomprendere anche gli enti morali costituiti nella forma della fondazione, che, in quanto operanti nel campo delle attività culturali, oltre a quello dei servizi socioassistenziali, sono state esentati dal divieto di ricevere contribuzioni pubbliche stabilito dalla prima parte della norma." (Delibera n. 290/2013). "In merito al Patto di Stabilità interno, la Sezione ha osservato quanto segue. Non possono ritenersi consentite esclusioni dal patto di stabilità interno di entrate o di spese diverse da quelle previste dagli artt. 30, 31 e 32 della L. 12 novembre 2011 n. 183 - legge di stabilità per il 2012 - come modificati dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228 — legge di stabilità per il 2013 - disciplinanti il patto di stabilità interno per gli anni 2012, 2013 e successivi, atteso che ogni esclusione richiede una specifica previsione che si fondi sul reperimento delle adeguate risorse compensative a tutela degli equilibri di finanza pubblica (fattispecie relativa alle opere dirette ad attuare la riduzione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, mediante soppressione e accorpamento ai sensi del D.lgs. 7 settembre 2012 n. 155)." (Delibera n. 231/2013). 68 "In merito ai consorzi socio-assistenziali, la Sezione si è pronunciata come segue. A mente dell'art. 9 comma 1 D.L. n. 95/2012 (recante "Razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di enti, agenzie e organismi") le regioni, le province e i comuni sono tenuti a sopprimere, ad accorpare o, in ogni caso, ad assicurare la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per cento, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino, anche in via strumentale, funzioni fondamentali ex art. 117 e 118 Cost.. Tali disposizioni, in base al seguente comma 1 bis, non sono applicabili alle aziende speciali, agli enti ed alle istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali. Detta deroga rende esplicito il favore del legislatore verso enti, istituzioni e simili (tra cui possono annoverarsi i consorzi, che, anche in base alla legislazione regionale, sono particolarmente presenti in campo socioassistenziale) operanti in tali ambiti di particolare impatto sociale. Alla luce della normativa sopravvenuta, pertanto, può sostenersi che l'obbligo di soppressione dei consorzi di funzione, sancito dall'art. 2 comma 186 L. n. 191/2009, non sia più operante con riferimento ai consorzi socioassistenziali, senza più distinzione tra l'esercizio di funzioni ovvero di servizi." (Delibera n. 10/2013). 5) Relazione sull'attività di controllo sui bilanci dell'esercizio 2010 delle aziende sanitarie del Piemonte, ai sensi dell'articolo 1, comma 170, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, approvata con Delibera 90/2013 e singole pronunce su ciascuna azienda (delibere da 91/2013 a 111/2013). 1. Si è rilevato il cronicizzarsi dei ritardi delle Aziende nell'adozione dei bilanci rispetto ai termini previsti dalle normative regionali e nazionali, situazione rilevata dalla Sezione già per i bilanci relativi al 2008 e al 2009 e che — dai dati ad oggi disponibili- risulta reiterarsi anche per i bilanci degli esercizi successivi. 69 Le Aziende sono condizionate dal ritardo con il quale la Regione emana la circolare recante indicazioni per l'adozione del bilancio. Anche per l'esercizio 2010, detta circolare è stata emessa con notevole ritardo. E' infatti datata 5 giugno 2012, e prevede come termine per l'adozione dei bilanci il 29 giugno successivo. Al ritardo della Regione si è aggiunto, in molti casi, un ulteriore ritardo delle aziende. Come già più volte evidenziato dalla Sezione, i ritardi nell'adozione ed approvazione dei bilanci delle aziende sanitarie vanno stigmatizzati per le importanti conseguenze sulla programmazione del servizio sanitario, sia a livello regionale che aziendale, oltre che sui relativi controlli, non ultimo quello di questa Sezione, che si attiva solo a seguito dell'adozione dei bilanci da parte delle Aziende. Ma proprio avendo riguardo ai controlli delle Sezioni regionali di controllo sulle regioni, il legislatore ha di recente precisato che deve svolgersi tenendo conto dei risultati "definitivi" della gestione degli enti del Servizio Sanitario nazionale (art. 1, comma 4 del DI. 174/2012, convertito in legge 7 dicembre 2012 n. 213). Peraltro, va sottolineato come i rilevanti ritardi riscontrati nell'adozione dei bilanci delle aziende sanitarie costituiscano oltre che una grave irregolarità, ai sensi dell'art. 1, comma 170 della legge n. 266/2005 (non solo in quanto in contrasto con previsioni di legge, ma perché suscettibili di arrecare pregiudizi alla gestione delle stesse), anche una violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, cui fa riferimento l'art. 1, comma 7, del D.L. n. 174/2012 sopra richiamato, 2. Viene confermato il trend negativo dei risultati d'esercizio già rilevato nella relazione al bilancio 2009. La somma delle perdite registrate da tutte le aziende nel 2010 (-142.338 migliaia di euro) risulta superiore a quella degli esercizi precedenti (-71.899 migliaia di euro nel 2008 e 122.014 migliaia nel 2009). 70 Al riguardo, appare rilevante sottolineare, stando a quanto rilevato dall'analisi conclusa sui bilanci 2010, che: le perdite dell'esercizio non sono state precedute da una vera e propria autorizzazione preventiva da parte della Regione; nelle relazioni sulla gestione dei direttori generali è raro trovare riferimenti alle cause delle perdite, emergendo una sottovalutazione della rilevanza delle perdite conseguite dalle Aziende; per le stesse ragioni sono pochi i collegi sindacali che si sono espressi in merito alle modalità di copertura delle perdite ed alla loro attendibilità. Si conferma la tendenza, più volte rilevata, a tenere una gestione della spesa che non responsabilizza pienamente le aziende sanitarie, ovvero una gestione delle spese, da parte delle Aziende sanitarie regionali, non correlata strettamente alle risorse esistenti, affidandosi il ripiano delle perdite a successivi maggiori finanziamenti regionali e statali. Tanto risulta confermato dal sostanziale svuotamento di significato del bilancio previsionale. Si sottolinea, invece, la necessità di una valorizzazione del bilancio preventivo, nell'ambito di una programmazione tesa a garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in attuazione della nuova normativa introdotta con il D.Lgs. 118/ 2011. 3. Si è rilevata nuovamente, per il 2010, la prassi seguita dalla Regione Piemonte, ma da sempre stigmatizzata da questa Sezione, di destinare i contributi regionali a coprire non complessivamente le perdite economiche, ma solo le poste monetarie. Se ci si limita a considerare e, dunque, a coprire le componenti monetarie del risultato d'esercizio, il disavanzo del sistema sanitario regionale risulta meno della metà della perdita economica (-60.074 migliaia di euro, a fronte di — 142.338 migliaia di euro). Va in ogni caso ribadito che limitare il ripiano alle sole componenti monetarie della perdita vuol dire provvedere ad un ripiano solo parziale che rischia di appesantire le gestioni successive. 71 4. L'analisi sulle componenti positive di reddito ha rivelato come le maggiori assegnazioni di contributi in conto esercizio a consuntivo, e il generalizzato aumento del valore della produzione, non abbiano impedito il peggioramento dei risultati d'esercizio sopra rilevato. Ciò per l'andamento crescente dei costi di produzione (pari a 10.776.599 migliaia di curo nel 2010) che, nel triennio 2008-2010, crescono del 5,75%. Le voci di costo che incidono maggiormente sono quelle sugli acquisti di beni e servizi e quelle relative al personale, su cui l'analisi ha prestato particolare attenzione. Tra gli acquisti di beni e servizi assume rilievo la spesa farmaceutica (complessivamente pari a 1.433.244 migliaia di euro nel 2010) che ha registrato nel suo complesso un aumento, dal 2008 al 2010, del 6,23%, imputabile in particolare alla spesa per acquisto di beni. Quanto rilevato spiega anche lo sforamento del tetto programmato per l'ospedaliera (pari al 2,4% del finanziamento al SSN), rilevandosi per il Piemonte in base ai monitoraggi dell'AIFA, una percentuale pari al 5,2% nel 2010, in aumento rispetto al 2009. Questo risultato ha determinato anche lo sforamento del tetto della spesa farmaceutica complessiva (comprensiva della spesa farmaceutica territoriale), pari al 16,4% del finanziamento al SSN. Nel 2010, infatti, per il Piemonte tale valore è stato pari al 17,3%. Occorrerebbe una maggiore attenzione alle misure di controllo dell'appropriatezza prescrittiva, particolarmente rilevanti nella gestione della spesa farmaceutica. Passando alle spese per le prestazioni lavorative, si rileva come il macro aggregato comprensivo tanto del costo del personale, quanto del costo per le consulenze e per le altre forme di contratti atipici (inserito quest'ultimo nella voce "acquisti di servizi" del conto economico), passa da un valore di 2.925 milioni di curo del 2008 ad un valore di 3.023 milioni di euro del 72 2009, fino a raggiungere un valore di 3.069 milioni di euro nel 2010. Nel triennio è in particolare il costo del personale che aumenta, mentre il costo per consulenze e le altre forme di contratto atipiche nel complesso diminuisce. I rinnovi contrattuali giustificano in minima parte l'incremento, rappresentando, per la maggior parte delle aziende, meno del 35% della variazione rilevata. Infine solo alcune aziende hanno dimostrato di aver rispettato il limite alla spesa del personale previsto dall'art. 2, comma 71, della legge 191 del 2009 (ovvero il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento). Peraltro la Regione risulta aver rinviato al 2011 la determinazione degli indirizzi per l'attuazione di tale vincolo, per quanto operativo anche per il 2010. 5. Il saldo della mobilità intraregionale, che dovrebbe esser pari a zero, in realtà in tutti gli anni presenta un valore positivo, peraltro in continuo aumento (pari a 22.069 migliaia di euro nel 2008 e a 31.391 migliaia di euro nel 2009 e a 59.949 migliaia di euro nel 2010). Quanto alla mobilità extra regionale, si rileva nel triennio un saldo negativo che peggiora, passando da -93.027 migliaia di curo nel 2008 a -101.579 migliaia di euro nel 2009, a -117.475 migliaia di curo nel 2010. Questo peggioramento del saldo (del 16% circa rispetto al 2009 e del 26% circa rispetto al 2008) deriva soprattutto da una diminuzione del valore della mobilità attiva (ovvero delle entrate derivanti da prestazioni sanitarie rese dai presidi della regione Piemonte ad utenti di altre regioni), che passa da un valore di 219.294 migliaia di euro del 2008 ad un valore di 189.505 migliaia del 2010 (-14% rispetto al 2008). 7. Si rileva inoltre la tendenza a rimborsare i crediti più recenti: in quasi tutte le Aziende le variazioni più elevate riguardano crediti risalenti all'ultimo triennio. Sorgono dunque dubbi sull'esigibilità dei crediti non rimborsati. 73 La situazione appena descritta non può non influire negativamente sulle disponibilità liquide e dunque sulla situazione debitoria delle singole aziende. 8. Il debito verso fornitori, infatti, aumenta dal 2009 (1.949.804 migliaia di euro nel 2009, 2.231.451 migliaia di euro nel 2010). Anche i giorni di ritardo nei pagamenti verso fornitori sono tendenzialmente aumentati in quasi tutte le aziende. In media, nel 2010, le Aziende hanno pagato i fornitori dopo 228 giorni dalla fornitura: infatti ai 117 giorni di dilazioni concessi per contratto (già superiori ai 90 giorni che normalmente vengono concessi), si aggiungono 111 giorni di ritardo (entrambi questi valori sono in aumento rispetto ai precedenti due anni). Quanto sopra denota l'incapacità delle aziende di adempiere alle scadenze previste le proprie obbligazioni, e la tendenza ad utilizzare l'indebitamento verso i fornitori come una forma impropria di finanziamento. Peraltro la recente normativa contrasta questa tendenza delle Aziende a ritardare i pagamenti con i fornitori. A fronte del persistere, anche nel 2010, di una rilevante situazione debitoria e di interessi moratori per numerose aziende, nonché di una generalizzata crisi di liquidità, non sempre può trovare giustificazione la mancata costituzione di un fondo per interessi moratori, aspetto sul quale deve richiamarsi l'attenzione delle aziende sanitarie. Conferma, infine, la difficoltà di liquidità delle aziende sanitarie, il ricorso alle anticipazioni di tesoreria. 9. Con riguardo al piano di rientro sottoscritto dalla Regione Piemonte in data 29 luglio 2010 con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, è emerso il ridotto coinvolgimento, sin dal 2010, delle realtà aziendali, nell'attuazione delle misure da attuare in coerenza con il piano di rientro, circostanza che ha trovato corrispondenza in quanto emerso nei primi verbali redatti dal Tavolo di verifica degli adempimenti 74 regionali e dal Comitato permanente per la verifica dell'attuazione dei Piani di rientro per il 2010. 6) Pronunce sui bilanci dell'esercizio 2011 delle aziende sanitarie del Piemonte, ai sensi dell'articolo 1, comma 170, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (delibere da 439/2013 a 459/2013). I bilanci di previsione di tutte le ASR, che chiudono in perdita, non risultano adottati con un atto formale del direttore generale, denotando scarsa attenzione alla programmazione aziendale, in contrasto con la normativa nazionale e regionale (D.Lgs. n. 118/2011, L.R. n. 8/95). Si evidenzia la necessità di una valorizzazione del bilancio preventivo, nell'ambito di una programmazione economico finanziario della gestione. tesa a Questo garantire l'equilibrio documento, infatti, configurandosi alla stregua di un budget previsionale, acquista particolare significatività al fine di un più corretto apprestamento delle risorse necessarie per la gestione, da un lato, e di un più efficace controllo dei costi, dall'altro. Anche i bilanci d'esercizio di tutte le Aziende sono stati adottati in ritardo, disattendendo le tempistiche previste a livello nazionale e regionale. Al riguardo va sottolineato come le stesse indicazioni della Regione per l'adozione dei bilanci d'esercizio vengano fornite con notevole ritardo, fissando, di fatto, una nuova scadenza per l'adozione dei bilanci, diversa da quella prevista dalla legge. Per l'esercizio 2011, la circolare regionale è datata 30 novembre 2012 e fissa un termine, per l'adozione del bilancio delle ASR, di 30 giorni dall'approvazione da parte della Giunta regionale del bilancio 2010. Si rileva, in alcune aziende, il superamento del limite della spesa del personale previsto dall'art. 2, comma 71, della legge 191/2009. La spesa del personale 2011 è infatti risultata superiore a quella registrata nel 2004. La Regione Piemonte, con determinazione dirigenziale 516 dell’8 luglio 2011, derogando a quanto previsto dalla legge 191/2009, ha stabilito di 75 incrementare il tetto di spesa massimo per il 2008 (calcolato sulla base di quanto iscritto da ciascuna azienda nel bilancio preventivo dello stesso esercizio 2008, secondo le indicazioni della DGR 1-8611 del 16/04/2008), in misura non superiore a quanto preventivato, sempre dalle stesse aziende per il 2011, nonché di incrementarlo (per importi individuati dalla Regione per ciascuna azienda) per le prestazioni aggiuntive. Non può non sottolinearsi, da un lato, una modalità di determinazione del limite da parte della Regione che, per lo più, utilizza quale parametro, previsioni fatte dalle stesse aziende. Dall'altro, in ogni caso, si rileva, un importo delle spese in parola che supera il limite di legge e che dunque va monitorato, atteso anche che per l'esercizio successivo rispetto a quello in esame, il Tavolo di Monitoraggio ha accertato il mancato raggiungimento dell'equilibrio economico, come anche appurato da questa Sezione in sede di parifica. Si sono rilevate criticità negli accantonamenti al fondo rischi ed oneri. Alcune Aziende non hanno costituito il fondo per interessi moratori, pur in presenza di un debito scaduto e di interessi moratori. Si rileva la presenza, in alcune Aziende, di una gestione liquidatoria delle vecchie UUSSLL, i cui componenti non trovano collocazione nel bilancio d'esercizio, ma sono contabilizzati separatamente in un bilancio finanziario, in contrasto con l'art. 15 della L.R. 14 del 5 ottobre 2005 che prevedeva la chiusura, alla data del 31/12/2004, della contabilità separata delle gestioni liquidatorie. Da evidenziare in questa sede che le Aziende hanno giustificato il mancato rispetto della disposizione di legge regionale con l'assenza di precise istruzioni regionali in materia. In alcune aziende si sono anche rilevate criticità sui contratti con le strutture private per analisi e ricoveri: 76 -la mancata tempestiva stipulazione dei contratti, sia pure per gli esercizi successivi (2013), sottoscritti con le strutture private: le indicazioni per la sottoscrizione dei contratti per la produzione del 2013 sono pervenute tardivamente (a fine anno), e come addirittura il contratto per la produzione 2012 sia stato sottoscritto nell'anno successivo; -i tetti di spesa per l'esercizio in corso sono stati definiti dalla Regione - con una riduzione del budget del 3% rispetto a quello del 2011 - con DGR 226346 del 9/9/2013. 7) Esame del bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 2013 ai sensi dell'art. 1 co. 3, 4 e 7 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n. 213/2012. (delibera n. 407/2013) Con la delibera n. 407/2013, a seguito dell'esame della Relazione redatta, ai sensi dell'art. 1, co. 3 del D.L., 10 ottobre 2012, n. 174, dal Direttore del Settore finanziario della Regione Piemonte relativa al bilancio di previsione dell'esercizio 2013, sono state rilevate alcune irregolarità ed è stata invitata la Regione Piemonte a recepire le osservazioni formulate dalla Sezione e ad applicare ed osservare rigorosamente le previsioni delle leggi di contabilità, comunicando alla Sezione le iniziative ed i provvedimenti adottati. Per quanto riguarda il Servizio Sanitario Regionale si segnalano le seguenti criticità: Programmazione finanziaria. Si riscontra il permanere delle medesime carenze nella programmazione finanziaria del settore sanitario, già rilevate nella relazione sulla gestione finanziaria del settore sanitario annessa alla decisione di parifica sul rendiconto generale della Regione Piemonte, esercizio 2012 (approvata da questa Sezione con delibera n. 276/2013). Dalla relazione sul bilancio regionale 2013 è emerso che anche il bilancio preventivo 2013 non tiene conto del bilancio preventivo economico annuale consolidato del SSR, circostanza che, nel quadro normativo 77 delineato con il D.Lgs. 118 (che per l'appunto prevede un bilancio preventivo della Regione costruito previa deliberazione da parte della Giunta dei bilanci preventivi economici annuali degli enti del SSR e del bilancio preventivo economico annuale consolidato), è funzionale ad una maggiore valorizzazione del momento prograrnmatorio finanziario che implica un rafforzamento contestuale della programmazione della gestione del SSR, e dunque un maggiore controllo sugli obiettivi e risultati da raggiungere sotto entrambi i profili (finanziario e gestionale). La Giunta Regionale non ha provveduto ad approvare e pubblicare sul sito internet della Regione il bilancio preventivo economico annuale consolidato del SSR, dichiarando di provvedere a tale adempimento solo a seguito del riparto definitivo del FSN e dell'approvazione del programma operativo 2013-2015. In sede di contraddittorio, la Regione ha precisato che il ritardo nell'adozione delle delibere di riparto e di assegnazione alle Aziende sanitarie regionali è attribuibile alla mancata approvazione del riparto del FSN 2013 e delle relative quote vincolate. Infine, non si è attestata la coerenza dei bilanci preventivi economici annuali dei singoli enti del SSR con la programmazione economica finanziaria della Regione. Si è invece dichiarato che "il completamento dell'attività di verifica in particolare della programmazione sanitaria sarà effettuata dopo l'approvazione governativa del programma operativo 2013-2014". Si confermano, dunque, ancora una volta, le carenze della Regione nella programmazione finanziaria del settore, aspetto segnalato più volte da questa Sezione e reso di particolare evidenza proprio dallo svuotamento di significato del bilancio preventivo economico annuale dei singoli enti del SSR e, di conseguenza, del bilancio preventivo economico annuale consolidato. 78 Trasparenza dei conti sanitari. Dalla relazione sul bilancio regionale 2013 è emerso che anche il bilancio di previsione 2013, come già emerso in occasione dell'esame svolto ai fini del giudizio di parifica sul rendiconto 2012, non è stato articolato in capitoli tali da garantire, rispettivamente, nella sezione delle entrate e delle spese, separata evidenza delle voci relative al settore sanitario, secondo quanto previsto dall'art. perimetrazione 20 comma delle entrate 1 e del d.lgs delle 118/2011, uscite ad un rinviando la successivo provvedimento di Giunta regionale ancora in corso di predisposizione. In assenza della sopra citata perimetrazione, non risulta verificabile la corrispondenza al finanziamento sanitario corrente del bilancio preventivo della Regione, come dichiarato da quest'ultima. Si segnala ancora la presenza di capitoli ripetuti o non valorizzati, aspetto anche questo già segnalato in sede di giudizio di parifica sul rendiconto 2012. Il finanziamento del fabbisogno sanitario. Nella relazione sul preventivo 2013, la Regione ha indicato quale ammontare del disavanzo sanitario pregresso da coprire, l'importo quantificato nella riunione del Tavolo di Monitoraggio nella riunione del 4 aprile 2013, comprensivo di quanto emerso a seguito della riduzione degli impegni e delle perenzioni (pari a 864,045 mln di euro). Nella relazione sul preventivo 2013 viene dichiarata una copertura di 350 milioni di euro, rinviando al bilancio 2014 l'ulteriore copertura. Peraltro in assenza della sopra citata perimetrazione non si comprende in quali capitoli abbiano trovato iscrizione le risorse destinate a copertura del disavanzo pregresso. La Regione, in sede di contraddittorio, ha segnalato che le modalità di copertura del disavanzo pregresso sono state definite, successivamente alla legge di bilancio, con i Decreti del Presidente della Giunta Regionale, in qualità di Commissario ad acta, n. 48 e n. 49 del 5 79 luglio 2013 e derivano: per 803.724 migliaia di euro dalle misure previste dal D.L. n. 35/2013 per il pagamento dei debiti verso i fornitori del sistema sanitario regionale; per 60.322 migliaia di euro, quali fondi di esercizi pregressi non conferiti al servizio sanitario regionale. Con riguardo a questi ultimi fondi (fondi di esercizi pregressi non conferiti al servizio sanitario regionale) si rileva che, anche se non erogati alle Aziende, come precisato dalla Regione stessa, non sono stati iscritti nei bilanci e nei rendiconti regionali degli esercizi di competenza (per poi essere riportati negli anni successivi quali residui). Non risulta, infatti, alcuna evidenza di tale iscrizione, risultando gli stessi fondi invece iscritti nella gestione di competenza 2013. In merito, invece, agli 803 milioni di euro previsti ai sensi del D.L. 35/2013, non si può non rilevare come tale modalità di copertura sia onerosa, impegnando per 30 anni la Regione a restituire capitale e interessi. Peraltro la Regione, sempre in sede istruttoria, precisa che sono in corso le procedure per l'accesso ad una seconda tranche di anticipazioni dal MEF, ai sensi dello stesso D.L.35/2013, a copertura degli ammortamenti non sterilizzati per gli anni 2001-2011, per un importo di complessivi euro 642.979.202,92 (ai quali si aggiungono 341.659 migliaia di curo di interessi). Tuttavia, le criticità evidenziate in merito alla trasparenza dei conti sanitari, impediscono verifiche in ordine ai rapporti fra le coperture appena indicate e quella dichiarata nella relazione sul preventivo 2013 per 350 milioni di euro. Si ribadiscono in ogni caso le valutazioni formulate in sede di giudizio di parifica in ordine alla sottovalutazione del disavanzo computato per il 2012. Si segnala, infine, che il bilancio di previsione 2013 non tiene conto del provvedimento che definisce il fabbisogno assistenziale del SSR, non ancora formalizzato alle Aziende. Secondo quanto precisato nella relazione dalla Regione, la formalizzazione avverrà solo a seguito dell'approvazione dello stipulando programma operativo 2013-2015. 80 Accantonamento al fondo rischi ed oneri. La Regione dichiara la presenza, presso i singoli bilanci delle Aziende, di un accantonamento al fondo rischi per i contenziosi in atto. Al riguardo, ferme restando le verifiche sui bilanci delle singole aziende nell'ambito dei controlli ex art. 1 comma 170 legge 244/2005, si rileva che la Regione non ha dato atto della presenza di un eventuale accantonamento relativo alla gestione sanitaria accentrata. Peraltro sulla gestione sanitaria accentrata, già in sede di giudizio di parifica, erano emerse criticità, sul cui superamento la Sezione si riserva ulteriori verifiche in sede di analisi della relazione sul rendiconto 2013. Procedure di accreditamento. Si rilevano criticità nelle procedure di accreditamento istituzionale definitivo. Le procedure per 1'accreditamento non sono state concluse entro i termini previsti dalla normativa vigente. Inoltre, per quanto la Regione dichiari di verificare la sottoscrizione da parte di tutti gli operatori privati accreditati dei contratti che definiscono i volumi e i rispettivi budget, si rileva la presenza di contratti non sottoscritti per un valore di 8.548 migliaia di euro. A tal riguardo, la Regione non ha dato atto delle iniziative adottate nei confronti di coloro che non hanno sottoscritto tali contratti. La Regione peraltro non dà neppure atto di adottare controlli sistematici a consuntivo dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte a fronte di quanto previsto dagli accordi sottoscritti. Debiti verso fornitori e interessi moratori. Si rilevano infine criticità nel rapporto con i fornitori. La Regione ha adottato le procedure per l'accesso all'anticipazione di liquidità prevista dall'art. 3 del D.L. n. 35/2013, ottenendo una somma pari 81 a 803,724 milioni che costituisce anche una modalità di copertura di parte del disavanzo sanitario pregresso. Preme sottolineare come tale strumento rappresenti una mera soluzione temporanea al problema dei ritardi nei pagamenti dei debiti verso fornitori. Si segnala, inoltre, che dalla relazione è emerso che il bilancio di previsione 2013 non tiene conto di tutti gli interessi moratori che gli enti del servizio sanitario devono corrispondere ai fornitori, prevedendo, come trasferimenti a detti enti a copertura degli interessi stessi, solo le somme rese disponibili dal Ministero dell'Economia. Infine la Regione ha affermato, nella relazione, di verificare che gli enti del servizio sanitario regionale effettuino accantonamenti per interessi moratori. Dall'analisi dei questionari sui bilanci delle Aziende sanitarie ai sensi dell'art. 1 comma 170 della 1. 266/2005, tuttavia, è emerso che molte aziende non effettuano accantonamenti al fondo rischi ed oneri, adducendo come motivazione la capacità di stipulare accordi transattivi con i fornitori. Tale prassi contabile è sempre stata stigmatizzata da questa Sezione, data la presenza nei bilanci delle Aziende di elevati debiti verso fornitori scaduti e di interessi di mora. 8) Relazioni semestrali sulle tipologie di coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate nell'esercizio 2013 ai sensi dell'art. 1 co. 2 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n. 213/2012. (delibera n. 382/2013). L'analisi della tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle Leggi della Regione Piemonte nel primo semestre dell'anno 2013, ha interessato 11 provvedimenti legislativi. La relazione è stata approvata dalla Sezione con deliberazione n. 382/2013 e ha evidenziato che: -sia lo Statuto della Regione Piemonte che la legge di contabilità delineano le regole da seguire per l'osservanza dell'articolo 81 della Costituzione e le leggi regionali che sono state approvate nel primo 82 semestre dell'esercizio 2013 contengono specifiche clausole finanziarie che rimandano al bilancio annuale e pluriennale per la copertura dei nuovi interventi. Peraltro, nessuna specifica disposizione prevede le modalità di quantificazione degli oneri e, infatti, si tratta di un aspetto che non sempre è trattato nelle schede di accompagnamento dei progetti di legge. A tal proposito sarebbe auspicabile che il Consiglio regionale, nella sua autonomia, valuti l'opportunità di introdurre una specifica disciplina della materia; -la procedura che precede l'approvazione dei disegni di legge, dal momento della presentazione a quello della discussione finale, prevede un intervento necessario della Prima Commissione consiliare, quella deputata alla valutazione delle questioni finanziarie, allo scopo di verificare che le nuove disposizioni non si pongano in violazione dell'art. 81 della Costituzione; -si tratta di un elemento di garanzia, considerato che il parere della Commissione è reso per iscritto (art. 34, co. 1 del Regolamento consiliare), anche se non è vincolante poiché la Commissione competente ad esaminare nel merito la questione può procedere comunque, avendo, però, l'onere di motivare nella relazione finale "le conclusioni eventualmente difformi dal parere stesso" (co. 2, del citato art. 34); -occorre sottolineare che, in questo modo, la valutazione politica del Consiglio potrebbe condurre all'approvazione di una legge che presenti profili di contrasto con l'art. 81 della Costituzione. Anche considerata la recente modifica dell'art. 81 della Costituzione e la crescente centralità dell'equilibrio dei bilanci pubblici, sarebbe auspicabile che il Consiglio regionale, nella sua autonomia, valutasse se l'attuale formulazione dell'art. 34, co. 1 e 2 del Regolamento del Consiglio regionale sia coerente con il complessivo disegno costituzionale; 83 -da ultimo, in considerazione delle previsioni contenute negli artt. 9 — 12 della legge rinforzata 24 dicembre 2012, n. 243, il Consiglio regionale potrebbe valutare l'opportunità di procedere alla costituzione di un ufficio tecnico specificamente dedicato alla valutazione delle coperture finanziarie dei progetti di legge ed alla quantificazione degli oneri. 9) Giudizio di parifica sul rendiconto regionale e relazione sulla legittimità e regolarità della gestione, introdotto con il D.L. n. 174 del 2012 convertito in Legge n. 213/2012, art. 1, co. 5 e verifica annuale sulla regolarità della gestione, nonché dell'efficacia e sull'adeguatezza dei controlli interni della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 1 co. 6 D.L. n. 174/2012, convertito dalla L. n. 213/2012. (delibera n. 276/2013). Il rendiconto generale della Regione Piemonte relativo all'esercizio finanziario 2012, nella duplice componente del conto del bilancio e del conto del patrimonio, è stato approvato dalla Giunta regionale e successivamente è stato trasmesso dall'Amministrazione regionale alla Sezione, unitamente al disegno di legge contenente l'indicazione dei saldi e del risultato finanziario dell'esercizio ed agli allegati che concorrono a comporre il rendiconto, per l'esame propedeutico allo svolgimento del giudizio di parificazione. Peraltro, l'attività di verifica ed analisi della Sezione era iniziata ancor prima dell'approvazione da parte della Giunta regionale del progetto di rendiconto, avendo l'Amministrazione regionale trasmesso le risultanze contabili di preconsuntivo. In data 22 maggio 2013 il Presidente della Giunta regionale ha trasmesso la Relazione sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni, disciplinata dall'art. 1, co. 6 del D.L. n. 174 del 2012. Con la delibera n. 276, in data 19 luglio 2013, è stato parificato il rendiconto dell'esercizio 2012 della Regione Piemonte ed è stata approvata l'annessa relazione, elaborata ai sensi dell'art. 41 del T.U. delle 84 leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e dell'art. 1, comma 5, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213. Il rendiconto, adottato dalla Giunta regionale con delibera n. 338 in data 28 maggio 2013, è stato parificato, nelle sue componenti del conto del bilancio e del conto del patrimonio, con l'eccezione del quadro riassuntivo del disavanzo finanziario, come risultante dal prospetto riportato all'art. 4 del D.D.L. di approvazione del rendiconto stesso, che, riprendendo i dati del conto del bilancio, accerta un disavanzo finanziario pari ad euro 1.150.257.926,03, senza tenere conto delle seguenti passività riportate nel Conto del patrimonio: - euro 397.145.000,00 derivante da anticipazione straordinaria di cui alla D.G.R. 39-11230 del 14 aprile 2009; - euro 57.971.163,00 quale fondo rischi relativo alla sentenza della Corte d'appello di Torino n.465/10 del 12 dicembre 2012; - euro 370.000.000,00 quali passività pregresse inerenti al Trasporto pubblico locale; - euro 866.000.000,00 per passività definita "Allineamento con la situazione patrimoniale delle aziende sanitarie"; passività per effetto delle quali il disavanzo finanziario non può essere inferiore ad euro - 2.841.374.089,03. A seguito del giudizio di parifica la Giunta regionale ha presentato un emendamento al disegno di legge di approvazione del rendiconto ed il Consiglio regionale ha approvato il rendiconto dell'esercizio 2013 tenendo conto delle risultanze del giudizio di parifica (legge regionale n. 15, in data 6 agosto 2013). 10) Controllo preventivo e successivo di legittimità su atti, in materia di contabilità. Sono stati esaminati n. 346 provvedimenti soggetti al controllo preventivo di legittimità e n. 49 D.A.R.. 85 Dei 346 sopra citati provvedimenti, 315 sono stati registrati e 31 sottoposti a rilievo. I rilievi fatti si sono incentrati principalmente sulla completezza della motivazione, sulla tempestività dell'invio dei provvedimenti e sulla legittimità del ricorso all'istituto della reggenza. Per quanto riguarda le deliberazioni di controllo preventivo di legittimità, si segnalano qui di seguito le questioni più significative affrontate: "I provvedimenti d'incarico dirigenziale nominale sono previsti a livello di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e, trattandosi di tipologie d'incarichi diversi da quelli di cui al D.Lgs. n. 165/2001, non rientrano nel novero degli atti da sottoporre al controllo preventivo di legittimità di questa Corte ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), della L. n. 20/1994." (Delibera MIUR n. SRCPIE/4/2013/PREV.) "E' illegittimo il provvedimento di conferimento di incarico dirigenziale ad interim per violazione dell'art. 3 della Legge n. 241/1990 laddove l'atto evoca generiche esigenze di copertura dell'ufficio che sono comuni a qualsivoglia ente pubblico e che come tali non possono ritenersi oggettivamente qualificabili come urgenti, nonché laddove l'atto motiva con clausola generica la scelta del soggetto assegnatario." (Delibera MIBAC SRCPIE/230/2013/PREV.) "L'istituto della reggenza (orizzontale o verticale che sia) nell'ambito del sistema prefettizio non deve essere utilizzato sine die come mezzo di copertura ordinaria delle vacanze in organico. Pertanto, deve ritenersi indefettibile l'apposizione di un limite temporale alla reggenza, che, seppur non necessariamente coincidente con quello indicato nell'art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001, sia tale da contemperare l'esigenza di continuità dell'azione amministrativa con l'imparzialità e il buon andamento della P.A. consacrati nell'art. 97 Cost., di cui il principio di accesso concorsuale SRCPIE/5/2013/PREV.) è necessario corollario." (Delibera 86 11) Verifiche semestrali per le Province ed i Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, in riferimento all'esercizio finanziario 2013, sulla base dei referti a tal fine trasmessi dai Presidenti delle Province e dai Sindaci, ai sensi dell'art. 148 del TUEL modificato dall'art. 3 co. 1 lett. e) D.L. n. 174/2012, conv. nella Legge n. 213/2012. Sulla base dei referti trasmessi dai Presidenti delle Province e dai Sindaci è stata svolta l'attività istruttoria al fine di adottare specifiche delibere. Gli Enti della Regione Piemonte con popolazione superiore a 15,000 abitanti sono pari a 8 Province e 47 Comuni. Nel corso del 2013 sono state adottate 23 deliberazioni. In relazione alle criticità rilevate, è stata evidenziata la necessità di adottare specifici provvedimenti. 12) Attività di verifica della regolarità dei rendiconti dei Gruppi Consiliari della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 1 commi 10 e 11 del D.L. n. 174/2012, convertito dalla Legge n. 213/2012. L'attività sui Gruppi ha riguardato l'analisi dei rendiconti e della documentazione allegata, sulla base di quanto indicato nelle linee guida approvate da questa Sezione regionale di controllo con deliberazione n. 229 del 04/06/2013. In data 05/07/2013, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha reso la delibera n. 15, con la quale ha fornito indicazioni in merito ai criteri ed alle modalità di effettuazione dell'esame dei rendiconti dei Gruppi Consiliari relativi all'esercizio 2012 stabiliti con la propria precedente pronunzia n. 12 del 03/04/2013. In seguito è stata svolta attività istruttoria sui Gruppi Consiliari (con delibere n. 244, 245, 246, 247/2013) e con delibera n. 263 del 17/07/2013 la Sezione ha preso atto dei criteri e delle linee guida adottate dalla Sezione delle Autonomie ed ha invitato i Gruppi Consiliari ad integrare la produzione documentale entro il 20 settembre 2013. La Sezione ha svolto ulteriore attività istruttoria con delibere n. 264/2013 e 296/2013. A seguito di due ricorsi da parte della Regione Piemonte alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione ed alla Corte dei conti Sezioni 87 Riunite avverso la sopra citata delibera di questa Sezione n. 263/2013, con ordinanza n. 74 del 30/10/2013 questa Sezione ha disposto la sospensione del procedimento di controllo sui rendiconti dei Gruppi Consiliari della Regione Piemonte relativi all'esercizio 2012, fino alla definizione dei ricorsi proposti. 13) Controllo delle spese elettorali nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti ai sensi dell'art. 13 della Legge n. 9612012. Con provvedimento del Presidente è stata costituita la Commissione di Controllo sulle spese elettorali. I Comuni soggetti al controllo sono due: Ivrea (TO) e Orbassano (TO). Nel corso del 2013 la Commissione ha effettuato dodici richieste istruttorie (due ordinanze e dieci deliberazioni), al fine di verificare la conformità e la regolarità della documentazione delle spese sostenute, delle relative fonti di finanziamento dei rendiconti inviati dai rappresentanti dei partiti, liste e movimenti partecipanti alle elezioni. 88 CONCLUSIONI Al termine di questa relazione che ha voluto illustrare i tratti più salienti dell’attività istituzionale della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Piemonte nonché della Sezione di Controllo territoriale, manifesto l’impegno mio personale e dei colleghi Magistrati che mi affiancano a continuare a profondere ogni energia per garantire, anche per l’anno 2014, l’ottimale svolgimento del nostro lavoro in piena terzietà ed indipendenza con l’unico fine di assicurare una tempestiva e saggia amministrazione della giustizia nel settore di nostra competenza. Un doveroso ringraziamento desidero rivolgere ai rappresentanti del libero Foro e dell’Avvocatura erariale, nonché ai rappresentanti della Procura Regionale presso questa Sezione per il confronto dialettico di cui si sono resi protagonisti, improntato sempre a lealtà e professionalità. Profonda stima e massima gratitudine va ai militari della Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato per il contributo che hanno sempre fornito a questa Corte con professionalità, precisione e celerità. Apprezzamento va manifestato ai colleghi della Sezione Regionale di controllo le cui pregevoli deliberazioni ed illuminanti pareri sono un sicuro punto di riferimento non solo per gli Enti di 89 questa Regione, ma anche per l’esercizio della funzione di questa Sezione Giurisdizionale. Infine, manifesto profonda riconoscenza al personale amministrativo, sia delle due Sezioni che della Procura ma anche del Servizio Amministrativo Unico Regionale, per la preziosa, altamente professionale ed indispensabile attività quotidianamente profusa senza la quale questa Magistratura non potrebbe operare. Concludo rivolgendo un sentito ringraziamento a tutti gli intervenuti che con la loro presenza danno concreta testimonianza dell’affetto e della considerazione riservata alla Corte dei conti. 90 91 QUADRI SINOTTICI 92 93 TABELLA A GIUDIZI DI RESPONSABILITA' SENTENZE DI RESPONSABILITA' 2011 2012 2013 DI CONDANNA 21 28 27 DI ASSOLUZIONE 1 2 4 CESSATA MATERIA CONTENDERE - INAMMISSIBILITA' NULLITA' 8 14 7 SENTENZA PARZIALE NON DEFINITIVA 0 1 0 TOTALE 30 45 38 GIUDIZI PENDENTI ALL'INIZIO DELL'ANNO 19 31 18 ATTI DI CITAZIONE DEPOSITATI 41 31 36 ATTI DI SEQUESTRO CONSERVATIVO 3 0 2 ISTANZE DI PARTE 1 1 0 ISTANZE DI PROROGA PER L'EMISSIONE ATTO CITAZIONE 8 4 10 NUMERO GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO GENERALE 53 36 48 NUMERO GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO A FINE ANNO 72 67 66 NUMERO COMPLESSIVO SENTENZE PUBBLICATE 30 45 38 NUMERO COMPLESSIVO ORDINANZE PUBBLICATE 8 7 5 SENTENZE PUBBLICATE RELATIVE A GIUDIZI DI RESPONSABILITA' 30 45 38 GIUDIZI DI RESPONSABILITA' DEFINITI CON SENTENZA 30 45 38 ORDINANZE RELATIVE A ISTANZE DI PROROGA 8 4 10 GIUDIZI CAUTELARI DEFINITI 3 0 2 NUMERO COMPLESSIVO GIUDIZI DEFINITI 41 49 50 GIUDIZI PENDENTI ALLA FINE DELL'ANNO 31 18 16 94 95 TABELLA B GIUDIZI DI PENSIONE GIACENZE INIZIALI 2011 2012 2013 TOTALE 55 79 41 CIVILI 40 54 19 MILITARI GUERRA 13 2 24 1 21 1 RICORSI PERVENUTI 2011 2012 2013 TOTALE 211 137 124 CIVILI 130 73 83 MILITARI GUERRA 80 1 61 3 38 3 RICORSI DEFINITI 2011 2012 2013 TOTALE 187 175 105 CIVILI 116 108 56 MILITARI GUERRA 69 2 64 3 48 1 SENTENZE PUBBLICATE 2011 2012 2013 TOTALE 152 160 96 CIVILI 99 101 52 MILITARI GUERRA 51 2 56 3 43 1 ORDINANZE PUBBLICATE 2011 2012 2013 TOTALE 50 29 21 CIVILI 24 15 9 MILITARI GUERRA 24 2 12 2 11 1 GIACENZE FINALI 2011 2012 2013 TOTALE 79 41 60 CIVILI 54 19 46 MILITARI GUERRA 24 1 21 1 11 3 GIUDIZI CAUTELARI PERVENUTI 2011 2012 2013 TOTALE 38 31 15 CIVILI 18 18 6 MILITARI GUERRA 20 0 13 0 9 0 GIUDIZI DI OTTEMPERANZA PERVENUTI 2011 2012 2013 TOTALE 4 3 2 CIVILI 1 1 1 MILITARI GUERRA 3 0 2 0 1 0 GIUDIZI DI OTTEMPERANZA DEFINITI 2011 2012 2013 TOTALE 4 3 2 CIVILI 1 1 1 MILITARI GUERRA 3 0 2 0 1 0 96 97 TABELLA C CONTI GIUDIZIALI ANNI 2011 2012 2013 CONTI GIACENTI ALL'INIZIO DELL'ANNO 35.966 40.661 40.776 CONTI PERVENUTI NELL'ANNO 12.058 10.674 11.801 36 11 65 2 1 3 17 3 68 ORDINANZE EMESSE 3 1 2 DECRETI DI RESA DI CONTO 1 0 1 6.550 3.894 1.528 6.550 9.647 8.792 DECRETI DI DISCARICO 796 909 963 CONTI DISCARICATI CON DECRETO 796 909 963 7.363 10.559 9.823 40.661 40.776 42.754 CONTI ISCRITTI A RUOLO D'UDIENZA ISTANZE PER RESA DI CONTO ISCRITTE A RUOLO CONTI DEFINITI CON SENTENZA DECRETI DI ESTINZIONE CONTI DICHIARATI ESTINTI CONTI DEFINITI NELL'ANNO CONTI GIACENTI ALLA FINE DELL'ANNO 98 99 SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE ……….. ORGANICO MAGISTRATI PRESIDENTE GIOVANNI COPPOLA CONSIGLIERE LUIGI GILI CONSIGLIERE TOMMASO PARISI PRIMO REFERENDARIO WALTER BERRUTI REFERENDARIO ILARIA A. CHESTA CONSIGLIERE/REFERENDARIO VACANTE CONSIGLIERE/REFERENDARIO VACANTE